L'Asolano N°2-09

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Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale -70% DCB Mantova Anno 4 N°2 Marzo - Aprile 2009 €. 2,00 (arretrati: €. 2,50) l’asolano Periodico indipendente d’attualità e cultura del territorio di Asola Un Gran Carnevale!

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Un Gran Carnevale! Anno 4 N°2 Marzo - Aprile 2009 €. 2,00 (arretrati: €. 2,50) Periodico indipendente d’attualità e cultura del territorio di Asola Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale -70% DCB Mantova La vita è un viaggio, viaggiare è vivere due volte 2

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Pos te I ta l iane SpA - Spediz ione in Abbonamento Pos ta le -70% DCB Mantova

Anno 4 N°2 Marzo - Aprile 2009 €. 2,00 (arretrati: €. 2,50)

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Un Gran Carnevale!

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Il Madagascar non è una meta riservata solo agli amanti delle isole tropicali: questa terra offre molto più del “dolce far nien-te” su spiagge sabbiose o delle immersioni in acque cristalline. Al contrario delle vicine isole Mauritius, Réunion, Rodriguez e Comore, il Madagascar deve la propria genesi alla deriva dei continenti piuttosto che a un’eruzione vulcanica. L’isola si sepa-rò dal continente africano circa 165 milioni di anni fa ed è da considerarsi un vero e proprio continente in miniatura, che pre-senta habitat estremamente diversi tra loro ed un gran nume-ro di specie endemiche sia vegetali che animali, come i famosi Lemuri, le farfalle giganti, i camaleonti, i giganteschi Baobab e leforeste pluviali. Le diciotto etnie della popolazione discendo-no da incroci tra genti di origine indonesiano-malese, di bantu africani, arabi ed europei. Attraversando questo Paese, ci si trova spesso di fronte a situazioni di povertà che, come sem-pre accade, colpisce, per prima, i più deboli, ed in particolare i bambini che con i loro sorrisi e la loro allegria nascondono stati di sofferenza e disagio.

Alla scoperta del MadagascarTesto e foto di Simona Maffezzoli e Marco Zanoni

Filiale di Asola: Via Libertà, 12 Tel. 0376 1855911 - Fax 0376 1850372

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La vita è un viaggio, viaggiare è vivere due volte

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Il parco dell’Isalo, verso sud, con il suo massiccio policromo, offre autentiche rarità botaniche, tanto da essere conside-rato fra i più belli di tutto il Madagascar. Lì si cammina lungo i sentieri tracciati nella savana o lungo canyon dalle forme bizzarre. Nelle spaccature della roccia crescono baobab nani e sgorgano corsi d’acqua che formano piscine naturali circon-date da piante acquatiche. Nell’estremità settentrionale il Parco Nazionale Montagne d’ambre, la cui bellezza è data dai tanti laghi, cascate alte no a 80 m., foreste lussureggianti e magni ci luoghi, in altitudine, da cui si può ammirare la baia di Antsiranana. Nosy Be, ‘Isola grande’, conosciuta anche come “Isola dei profumi” per le coltivazioni di Ylang Ylang, Frangi-pane, Cacao e Vaniglia. E’ la più animata e anche la sola con l’ae- roporto, che la rende tappa obbligata per i turisti. L’Isola è ricca di spiagge e insenature e offre numerose strutture per il turismo, armoniosamente inserite nell’ambiente circostante. Anche qui troviamo nostri connazionali fuggiti dalla frenesia europea per abbracciare lo stile di vita ... Mora Mora ... piano piano, due parole accompagnate da un gentile sorriso che sen-tirete ripetere da Nord a Sud del Paese.

Le principali città sono Antananarivo, la capitale, comunemente chiamata Tanà. Sorge su un promontorio a 1400 metri, cao- tica, brulicante di vecchie Renault 4 e 2CV francesi e punto di partenza per un viaggio verso i parchi del sud; Antsirabè è caratterizzata da un incredibile numero di” Pousee Pousse”, particolari risciò coloratissimi, eredità degli operai cinesi che costruirono la ferrovia. La città è ricca di laboratori artigia-ni specializzati in ricami pregiati e oggetti in corno di Zebù.Tra pini ed eucalipti si giunge al Parco Nazionale di Ranomafana dove tutto è grande, orchidee, bambù, piante medicinali, carni-vore, felci ataviche e palme ravenala, che si aprono a ventaglio e sono dette “albero del viaggiatore” perché gon e d’acqua con cui, teoricamente, il viandante assetato può abbeverarsi. Ma, soprattutto, questo è il regno dei lemuri, tra cui i sifaka che dormono abbracciati, e l’apalemure dorato, una rarissima spe-cie che mangia il bambù.

Non perdetevi Nosy Tanikely. Il mare che circonda questa isola è dichiarato Parco Marino. Potrete vedere in pochi me-tri d’acqua moltissimi pesci, belle formazioni di corallo e le tartarughe di mare. Nosy Iranja, l’isola delle tartarughe, è un vero paradiso costituito da due isole unite da una lingua di sabbia bianchissima percorribile durante la bassa marea. I privilegiati clienti del Nosy Iranja Lodge avranno la fortuna di assistere alla schiusa delle uova delle tartarughe e vedere queste piccole creature che corrono istintivamente verso il mare. Dif cile resistere alla tentazione di aiutarle e di pro-teggerle nella loro corsa !

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ditorialedi Guido Baguzzi

Maometto riuscirà a scalare la montagna?

Ci siamo lasciati, nell’ultimo numero dell’Asolano con l’in-vito, rivolto agli elettori, di non dare voti abitudinari, alleprossime consultazioni amministrative, ma di fare una

scelta consapevole, come se il nostro voto fosse davvero quello decisivo per cambiare in meglio Asola. Oggi, se vogliamo spera-re di invertire la tendenza che la sta affossando, non è più suf-ficiente votare un candidato solo perchè lo riteniamo una “bra-va persona”, o lo consideriamo un amico. Dobbiamo convincerci che il concetto di “brava persona” e quello di “amicizia” non sononecessariamente sinonimo di capacità amministrativa. Nell’attua-le situazione, la sola domanda che ci dobbiamo porre è questa:<il candidato sindaco a cui intendiamo affidare le sorti di Asola, ha davvero le idee giuste e la capacità necessaria per metterle in pratica?> Ovviamente, nessuno possiede una formula magi-ca, ma noi dobbiamo cercare di capire, fra tutte le “chiacchere”elettorali, quali sono davvero le idee giuste che servono ad Asola.E fra di esse esistono anche priorità e scelte prioritarie che unabuona Amministrazione deve saper fare per spendere nel modo più oculato e redditizio il denaro pubblico. La scelta prioritariaper eccellenza, credo che, nonostante la crisi in atto e, a mag-gior ragione, proprio perché c’è questa crisi, debba essere quelladi attuare una concreta politica di sviluppo economico. Più volte ho affrontato il tema delle storiche conseguenze del calo demo-grafico, ed ora non voglio riaprire vecchie ferite. Mi limiterò, in-vece, alla stretta attualità e, in altre parole, a ciò che potrebbe accadere se Asola continuerà a perdere le sue ultime opportu-nità di sviluppo. Poco dopo che si era insediata questa Giuntaabbiamo appreso, da “Asola informa”, il solito stampato autoce-lebrativo a cui nessuna Amministrazione sa resistere, del propo-sito “di rilanciare l’economia locale, abbellendo il centro urbano”.Leggendo questa affermazione, che suonava come un’ ammissioned’impotenza, confesso di essermi lasciato prendere dallo sconforto.Quale futuro si stava delineando per Asola se l’Amministrazione,per il rilancio dell’economia locale, non aveva miglior soluzione cheabbellire il centro storico? Non che il Centro storico, e soprattutto

le sue strade, dopo anni di colpevole incuria, non avessero bisognodi interventi, tutt’altro. E, occorre anche riconoscere che la GiuntaCalcina abbia profuso un gran impegno nel rifacimento di strade,marciapiedi, giardini e, non solo. Il famoso “Palazzo della Cultura” e la nuova Scuola Media, sicuramente, sono due opere importanti chequalificano questo impegno e di cui anche si sentiva la necessità.Quando, però si spendono tanti milioni pubblici, ritengo che il pub-blico abbia anche diritto ad esprimere le proprie opinioni. Quindi, per rimanere nell’ambito di questa libertà d’opinione, e pur riconoscen-do l’importanza di queste opere, mi chiedo quali di esse possano essere funzionali al rilancio dell’economia locale. Certamente, non il “Palazzo della Cultura” la cui realizzazione, oltre a far chiuderein anticipo uno storico forno, non si può certo dire che darà bene-fici all’economia del Paese. La scelta di trasferire fuori dal CentroStorico le scuole medie, è stata fatta, certo, nella convinzione chela nuova sistemazione potesse essere, da un punto di vista didat-tico, la soluzione più razionale. Al contrario, a conti fatti, credo, sirivelerà la scelta più onerosa, oltre ad essere quella che contribuirà a complicare la vita a tante famiglie asolane. Certamente, priveràmolte piccole attività commerciali del centro di una clientela indotta, senza fornire, anche in questo caso, alcun beneficio reale all’econo-mia del Paese. Una speranza concreta di sviluppo economico, al di là dei facili proclami elettorali, da qualsiasi parte provengano, nonpuò prescindere da un piano a medio e lungo termine che favori-sca, sostanzialmente, quegli insediamenti produttivi idonei a crearenuovi e qualificati posti di lavoro e a far crescere il numero delle famiglie italiane residenti. Per un obiettivo non facile come questoservirebbe una decisa volontà politica, nuove idee e un nuovo ap-proccio che trovino la loro ragion d’essere in una seria e coraggiosastrategia imprenditoriale della nostra classe dirigente. Per sperare inqualche risultato positivo, non si può attendere che gli imprenditorigiusti vengano a bussare alla porta del Comune di Asola. Occorre che, finalmente, sia “Maometto” a scalare la montagna e per farlo è necessario che risponda alle seguenti domande: 1°) Quali impren-ditori potrebbero fare al caso nostro? 2°) Come trovarli? 3°) Cosa può convincerli ad investire il loro denaro ad Asola? 4°) Cosa siamo disposti a fare per favorire la loro decisione? Se una Giunta asolanavolesse, finalmente, dimostrare con i fatti di perseguire una politicadi sviluppo economico, dovrebbe rispondere in modo efficace a que-ste domande. In caso contrario, non ci resterà che ammirare i bei giardini, le strade ben asfaltate e cominciare a stringere la cinghia. E’ per questi motivi che, al di là di qualsiasi risibile giustificazione,sull’Amministrazione uscente grava come un macigno il mancato in-sediamento sul nostro territorio della famosa azienda metallurgicabresciana o, comunque, il disinteresse a cercare altre aziende. Per-chè Canneto è riuscita dove Asola ha fallito? Di questi tempi, perde-re un’opportunità che, in prospettiva, avrebbe potuto creare fino acirca 300 nuovi posti di lavoro, non è certo il migliore dei biglietti davisita per chi ambisce a ricandidarsi, per altri 5 anni, alla guida di unPaese che, già da tempo, sta vivendo un periodo di vacche magre.

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Avremmo pubblicato questa lettera sul numero scorso se la stessa ci fosse per-venuta in tempo utile. Lo facciamo co-munque, anche se ci rendiamo conto che il tempo trascorso ne ha stemperato l’at-tualità.

Egregio Direttore,nel numero 06/2008 de “L’ASOLANO” sono apparse alcune notizie su cui l’Am-ministrazione Comunale desidera fare qualche precisazione, perché i lettori del suo giornale possano avere informazioni corrette e complete. A pag. 22 sono ripor-tate fotografie di antichi oggetti in marmo conservati presso il magazzino Comunale con un titolo ad alto impatto scandalistico: “Le immagini della vergogna”. Si tratta di alcune lapidi provenienti in parte dalla ri-strutturazione del vecchio ospedale, delle due chiavi di volta delle porte delle mura e di qualche altro reperto lapideo. Le lapidi sono state per tanti anni nel cortile delle Scuole Elementari, all’aperto ed esposte a pericoli vari: quando si è reso disponibile il nuovo magazzino comunale, si è ritenu-to opportuno trasferirle nel cortile dello stesso, anche in vista di lavori da effettuare presso le Scuole Elementari, per sottrarle al pericolo di possibili danneggiamenti. Le due chiavi di volta erano invece collocate nei giardini del Chiese e nel giardino Ar-digò: sono pervenute all’Amministrazione Comunale varie segnalazioni di uso impro-prio delle stesse (addirittura come vespa-siani nelle ore serali); si è deciso pertanto di metterle al sicuro nel cortile del magaz-zino Comunale. A breve saranno trasporta-te presso il laboratorio di uno scultore per la realizzazione di una copia delle stesse da utilizzare in un progetto di arredo urbano (il tutto con l’autorizzazione della Sovrin-tendenza competente). A breve termine sia le chiavi di volta (originali), sia le varie lapidi prima citate, troveranno una defini-tiva e prestigiosa collocazione nella strut-tura dell’ex Monte Pegni. Appare pertanto strumentale, inopportuno e fuori tempo il tentativo di creare uno scandalo nel mo-mento in cui l’Amministrazione Comuna-le sta portando a termine una grande ope-ra come il restauro dell’ex Monte dei Pegni per dare una sistemazione e valorizzazione adeguata a tutto il materiale di interesse storico, artistico e culturale (ed è parec-

L’Amministrazione risponde a L’Asolano “Incriminato” l’ultimo numero del 2008 Il direttore rivendica il diritto alla libertà di opinione dei cittadini e del giornale che, semplicemente, si è fatto loro portavoce.

delle precedenti in cemento: sono panchi-ne acquistate da primaria ditta, e modello prodotto da anni, quindi già installate in vari altri Comuni: ma siamo comunque disponibili a verificare se il problema sol-levato esiste. Quanto alla “spigolatura” sulla mensa della nuova Scuola Media la notizia è totalmente falsa: forse prima di pubblicare cose non vere, sarebbe oppor-tuno assumere adeguate informazioni nel-le sedi opportune. Si sarebbe scoperto che la mensa della nuova Scuola Media potrà ospitare 100/120 ragazzi e che sarà dotata di un moderno self service che permetterà un rapido turn over nello stesso giorno per servire tutti i ragazzi. E’ evidente che l’uti-lizzo della mensa dalle varie classi avviene in giorni diversi: la nuova Scuola Media è dimensionata per circa 500 alunni, ma non è certo necessario né logico avere una mensa con 500 posti a sedere. La dimen-sione prevista è più che sufficiente per le necessità reali della scuola.Pertanto ci troviamo molto perplessi di fronte a queste continue critiche, notan-do, con dispiacere, che l’attenzione viene data sempre e solo a osservazioni negative, per di più di poca rilevanza. Certo è che se le “attenzioni” che ci vengono rivolte sono queste, forse in cinque anni di ammini-strazione non abbiamo fatto così male. Le parole, le critiche, le opinioni, per fortuna lasciano il tempo che trovano, i fatti invece restano nel tempo e con le innumerevoli opere realizzate in questi cinque anni sia-mo certi di aver abbondantemente dimo-strato il nostro impegno e di aver ripagato il mandato affidatoci dagli asolani.

L’Amministrazione Comunale

chio) esistente nella nostra città, materiali lapidei compresi. Quindi nessuna vergo-gna, egregio Direttore, ma piuttosto una grande soddisfazione! E fa sorridere il fat-to che per anni siano state all’aperto, come tutti i marmi in qualsiasi città italiana e non sia mai comparso nessuno scandalo, men-tre nasca ora che sono collocate all’aperto in un magazzino comunale per di più recin-tato! Il problema forse sta più nella facilità con cui ci si può introdurre furtivamente nello stesso a scattare fotografie!Riguardo all’articolo a pag. 18 dal titolo “Spigoli e…. superficialità”, riteniamo che le fioriere in questione per la loro con-formazione e per la posizione in cui sono collocate, non possano presentare alcun aspetto di pericolosità: a pochi centime-tri dalle fioriere esistono i pilastrini della scalinata… devono essere demoliti anche quelli? Probabilmente se fossero state col-locate delle banali fioriere commerciali in cemento, nessuno avrebbe sollevato criti-che…. Vorremmo ricordare che l’Ammi-nistrazione Comunale è particolarmente attenta ai problemi della sicurezza, e rite-niamo di averlo dimostrato concretamente con importanti interventi: la sistemazione dello stesso piazzale delle Scuole Elemen-tari rientra proprio in questa ottica ( sol-tanto quattro anni fa le auto arrivavano fino alla scalinata zigzagando tra bambini e genitori….Ricorda?). All’interno del-la Scuola Elementare sono stati applicate apposite coperture in policarbonato a tutti i caloriferi (sia nel plesso di Asola che in quello di Castelnuovo) e sostituiti i vecchi appendini in metallo con nuovi appendini in materiale plastico: questo perché i ca-loriferi e gli appendini in ferro, possono essere pericolosi soprattutto nei corridoi, dove i bambini si muovono con vivacità durante la ricreazione; sono state inoltre restaurate e modificate le porte di ingresso per metterle a norma. E ricordiamo anche gli interventi presso il Centro Sportivo, che hanno permesso di ottenere finalmen-te il CPI (Certificato Prevenzione Incen-di) che il centro non possedeva pur esi-stendo da venticinque anni; ma di queste cose “L’Asolano” non riferisce!Chiudiamo con un breve commento alle “spigolature” di pag. 5: per quanto riguar-da le panchine dei giardini Ardigò…. È vero che sono di ca. 5 centimetri più basse

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Il Direttore rispondeNon ho voluto rispondere a questa lettera perchè entro i toni della civile dialettica, ognuno è libero di pensarla come crede. Mi soffermo, invece, solo sull’ultimo periodo perchè dà fastidio il tono vittimistico, col quale, non tanto velatamente, ci si accusa di faziosità. La Vostra perplessità, cari amministratori, è frutto della Vostra scarsa memoria. L’Asolano, non ha mai avuto preconcet-ti nei Vostri confronti, anzi Vi ha offerto subito la sua collaborazione e non pote-te negare la mia personale disponibilità nel metterVi a disposizione, gratuita-mente, più di una pagina per ospitare ciò che avreste dovuto dire ai cittadini. Purtroppo, dovete ammetterlo, lo spa-zio a disposizione, invece di stimolarVi a comunicare, mi è parso fosse diventa-to per Voi più un peso che un’opportu-nità. Quando mi sono stancato di que-stuare i Vostri scritti, sul giornale sono rimaste solo le “continue critiche” che ora tanto Vi dispiacciono, soprattutto in vista della prossima campagna elet-torale. Ma, esse sono solo le opinioni, giuste o sbagliate, dei tanti nostri lettori che Voi, per 5 anni, Vi siete permessi di snobbare. E L’Asolano, per non dispia-cerVi, dovrebbe censurarle?

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E’ sempre motivo di conforto e di speranza constatare ogni anno quanto la comunità sia sinceramente devota al proprio santo patro-no Giovanni Crisostomo. E’ poi motivo di riflessione il fatto che la festa, il 27 gennaio, segua di pochi giorni la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La reliquia, conservata nella cappella dedi-cata al Santo, è una presenza forte, che rimanda alla straordinaria personalità del Vescovo di Costantinopoli e alle problematiche dei rapporti tra Chiesa di Roma e Chiesa d’Oriente. La mattina del 27 gennaio il parroco don Riccardo Gobbi e il sindaco Giovanni Calcina si sono ritrovati prima della Messa delle sette per ripetere un gesto secolare: l’apertura dell’urna che contiene la reliquia. Un gesto compiuto non senza emozione, davanti a numerose persone ansiose di vedere il grado di lucidità del busto argenteo. Secondo un’antica credenza la lucentezza dovrebbe indicare l’andamento fa-vorevole o sfavorevole dell’annata.

La Messa solenne delle 18,30 è stata presieduta dal vescovo mons. Roberto Busti, lieto di ritrovarsi con un’assemblea tanto nume-rosa e partecipe, in un edificio sacro così maestoso, che favorisce l’elevazione della mente e del cuore. A sinistra del presbiterio lo stendardo del Comune e nei primi banchi le autorità cittadine, a significare il valore religioso e civile della festa. La corale S. Cecilia, diretta da Claudio Cristani e all’organo accompagnata da Alessan-dro Rizzotto, presente come sempre nelle celebrazioni religiose più significative, ha contribuito a rendere più intenso e solenne il rito. Nell’omelia il vescovo, commentando il passo della lettera di Paolo ai Filippesi, ha richiamato quanto l’Apostolo delle genti e il Crisostomo fossero così innamorati di Cristo da non temere perse-cuzioni e la stessa morte per la causa del Vangelo. Per entrambi la sapienza del mondo è stoltezza di fronte a Dio. La sapienza di Dio si è manifestata in una vita donata sulla croce. Una vita donata per amore: Cristo si è lasciato crocifiggere perché amava gli uomini. <E’ in Cristo – ha affermato mons. Busti – il grande snodo della no-stra fede>. Nella vita il Signore ci mette sempre alla prova, ma non ci lascia mai soli. Sull’esempio del patrono il vescovo ha invitato a sapere guardare a Cristo come Lui si è rivelato.

Durante tutta la giornata numerosi i fedeli che hanno sostato in preghiera davanti alla reliquia del Santo. Dopo la Messa il busto è stato portato in processione sulla piazza XX Settembre per la benedizione alla città. Nella bella preghiera letta dal sindaco ogni realtà umana, sociale, ogni situazione di lavoro, di studio, di salu-te, giovani, adulti e anziani sono stati affidati alla protezione del santo. Sempre in processione il patrono, riportato nella cappella a lui dedicata, è stato riposto nell’urna. Il sindaco ha chiuso l’anta con la chiave consegnatagli dal parroco. Il gesto compiuto insieme dall’autorità civile e quella religiosa sta ad indicare che entrambe sono preposte al bene della comunità. Il riunirsi in preghiera in onore del patrono significa riconoscersi coeredi e depositari di quella fede vissuta e predicata che il Crisostomo ha saputo tra-smettere dapprima ai cristiani affidati al suo ministero pastorale e poi, grazie alla fecondità dei suoi scritti e alla potenza della sua intercessione, anche alle generazioni successive. Fino alla nostra. Giusy Bolther

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Aspetti Sacri e profani dellaFesta del Santo Patrono S.Giovanni CrisostomoUna figura che non teme i secoli - Il Vescovo hapresieduto la Messa - La benedizione alla cittàLa premiazione delle Associazioni al San Carlo

Per fare la foto di gruppo di tutti i premiati Omar Clemente, che ringraziamo per la disponibilità, è stato costretto ad usare il grandangolo.

Lettera al direttore di un premiato delusoI premi a pioggia e una cerimonia dimessa hanno mortificato il merito.

Gentile Signor Direttore, sono un asolano doc. Amo la mia città e per questo faccio il volontario in un’associazione asolana. Quando il mio presidente mi ha detto che il Comune ci dava il riconoscimento di benemeriti per San Giovanni sono stato molto contento anche perché mi sono ricordato di un mio amico che aveva ricevuto il premio qualche anno fa. C’ero andato anch’io e era stata una bella cerimonia importante fatta con la pro-verbiale finezza asolana, con tutto il Consiglio riunito e con la serietà di una riunione ufficiale. Lunedì 26 gennaio ero un po’ emozionato. Mi sono vestito elegante e sono andato al Teatro San Carlo perché mi aspettavo che facessero una cerimonia secondo la tradizione. Sul palco c’erano il Sindaco e qualche assessore. Il Sindaco ha detto delle belle parole per ringraziare i volontari, poi c’è stata una distribuzione di targhe e di pergamene e poi uno spettacolo. Fatta così la cerimonia a me sembrava più la finale del Festival di Sanremo che la festa del nostro patrono. Non sono solo io a pensarla così perché non sono più molto giovane, anche altri più giovani di me la pensano così. Il premio Ercole d’oro è consegnato a quelli che hanno onorato il nome di Asola con la loro vita e è un onore riceverlo. Ma anche il modo di fare le cose è importante. Penso che se manteniamo con serietà le tradizioni aiutiamo specialmente i giovani che forse non sanno niente della nostra storia e del nostro passato. Infatti da chi li imparano se, magari, i genitori non sono di Asola e i professori neanche? Non ci si impegna di più quando si conosce e si ama il proprio paese? Ho scritto a lei Signor Direttore perché volevo sapere se non si può mai fare il Consiglio Comunale fuori dal municipio neanche in casi particolari come questo e perché so che lei ci tiene alla dignità di tutto quello che riguarda la nostra Asola. Ringraziandola,

Lettera firmata

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Auguri e solidarietà a Castelnuovo di Asola, giovedì 18 dicem-bre 2008, con i bambini della Scuola dell’Infanzia che hanno recitato, cantato e regalato sorrisi insieme alle loro insegnanti per augurare un Buon Natale a tutte le famiglie. Occasione non solo per scambiarsi buoni auspici in prossimità delle feste imminenti, ma anche per promuovere un’iniziativa

solidale per l’Abeo, l’associazione che aiuta i bambini emopatici ed oncologici. Durante la festa, organizzata dalle maestre e so-stenuta dalla Direzione Didattica di Asola presieduta dalla dott.ssa Luisa Bartoli, è stato allestito un “Dolce Mercatino” per la vendita di torte preparate da mamme più volenterose il cui il ri-cavato andrà all’Abeo. Presenti i referenti del Punto informativo Abeo di Asola, Graziella Losi e William Rizzieri che hanno ringraziato la scuola e i genitori presenti. “I bambini che soste-niamo, sono malati di tumori e leucemie ed hanno bisogno di tanto aiuto” – ha detto la dott.ssa Losi – “Con i contributi donati,

stiamo cercando di acquistare per nostro reparto di Pediatria e Ostetricia del presidio ospedaliero di Asola, un completamento delle apparecchiature elettromedicali per la sorveglianza del be-nessere neonatale”. In aiuto all’Abeo hanno partecipato qualche giorno fa, anche i piccoli della Scuola dell’Infanzia delle Suore Orsoline di Asola che hanno rinunciato a un dono di Santa Lu-cia a sostegno dei bambini malati. Il Punto Informativo Abeo è aperto ogni sabato dalle 10 alle 12 presso l’Ospedale di Asola.

* * *Ripresa la scuola, dopo la lunga pausa natalizia, la dirigente sco-lastica dott.ssa Luisa Bartoli della Direzione Didattica di Asola si è posta il problema di rendere più coinvolgente l’esperienza scolastica. Gli alunni della scuola Primaria hanno risposto con entusiasmo e fantasia, scrivendo i loro desideri su cartoncini a forma di “nuvoletta” che sono andati ad addobbare l’atrio della scuola. Fra i più gettonati: “mi piacerebbe una scuola più colo-rata”; “andare più volte nell’aula informatica per imparare bene ad usare il computer”; oppure “fare tante gite per conoscere po-sti nuovi” o “utilizzare un’aula come sala svago per imparare le regole di giochi di società, dama, scacchi, puzzle e altro…” Un bambino ha scritto nella sua nuvoletta: “occorre rendere la scuo-la più artistica”. “Per arte intendo tutto ciò che mette la persona nella condizione di esprimere in maniera spontanea ciò che ha di bello dentro” – ci ha detto la dirigente Luisa Bartoli “Il mio au-spicio è che tutti i laboratori, condotti in maniera fortemente in-tegrata dagli esperti esterni e dagli insegnanti, mettano i bambini nella condizione di esprimersi in modo spontaneo e libero perché questo è uno dei requisiti per imparare davvero”. Emerge così l’idea di una scuola più “attraente” e di qualità, dove si alternano momenti rigorosi, sistematici, a quelli di lezione aperta.

Castelnuovo di Asola - Via Mantova, 129 - Telefono e Fax 0376 - 74241

Raccolta, stoccaggio cerealiProdotti per l’agricoltura

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A Castelnuovo, con i bambini della Scuola d’infanzia

Messaggio di solidarietà ABEOdi Rosalba Le Favi

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“Stiamo vivendo un periodo dif cile” – ci dice il nuovo Parroco, Don Giovanni Tosoni – “una crisi economica di dimensioni globali. Tante famiglie fanno fatica a tirare avanti e i poveri nel mondo aumentano. La tentazione” – continua don Giovanni – “è quella di chiuderci diven-tando meno disposti ad aiutare. Questo modo di pensa-re contrasta con la nostra visione di solidarietà cristiana. Dobbiamo tener presente quello che Gesù ci ha insegnato e che la Chiesa ha incarnato e cioè : aiutare chi è nel biso-gno”. Le parrocchie di Casalromano, Fontanella Grazioli e Carzaghetto con le loro strutture sopravvivono grazie all’aiuto di persone sensibili e attente alla realtà parroc-chiale, che collaborano alle iniziative come la pulizia della Chiesa, alla preparazione dei ragazzi, con il cate-chismo, al grest estivo, all’organizzazione dei momenti di festa e a far visita agli ammalati e alle persone bisognose.

Un calendario di speranza quello che è stato donato dalla Parrocchia S. Giovanni Apostolo ed Evangelista di Ca-salromano durante le festività. E’ un piccolo e semplice dono, segno di amicizia e di attenzione da parte della comunità parrocchiale a tutti gli abitanti di Casalroma-no. Il calendario illustra, utilizzando varie foto d’epoca, il periodo che spazia dagli anni trenta ai giorni nostri. Esso propone immagini di Casalromano, divenute sto-riche, come quelle delle Cresime col Vescovo Mons. Antonio Poma e il Carnevale sotto la neve del 1956, o come quelle della rimozione delle Quattro Statue Li-gnee (sec. XVI- XVII) raf guranti i Santi Papi e portate al museo diocesano nel 1959. Momenti fotografati che raccontano la storia di Casalromano dalla trebbiatura de-gli anni trenta alla raccolta dei bachi da seta, nei primi anni cinquanta. Molti adulti di oggi in queste immagini si riconosceranno giovani o bambini, in compagnia del compianto don Learco quando facevano i chierichetti.

A Casalromano,per le festività, simpatico dono della Parrocchia

Un calendario per tutti! di Rosalba Le Favi

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13 gennaio 2009Due fratellini di Asola, per i loro comple-anni, hanno proposto ai loro amici invita-ti in un’unica festa, qualcosa di davvero nuovo e alternativo…. un compleanno di-dattico. Da che mondo è mondo mescola-re, impastare e pasticciare in cucina è uno dei sogni proibiti di tanti bambini. Non tutti lo possono fare a casa propria e allora perché non utilizzare le 2-3 ore della festa, tra un gioco e l’altro, e farlo sotto la guida gratuita, attenta ed esperta di Federico, un simpatico pizzaiolo e di Dino, un eccel-lente cuoco siciliano del ristorante Ava-lon, noleggiato per l’occasione??? Tutti i numerosi bambini, a turno, vestiti da piz-zaioli, hanno scoperto e sperimentato gio-cando, come si prepara una vera “pizza mediterranea” che, normalmente, viene trovata già pronta, cotta e farcita nel pro-prio piatto, senza saperne come nasce!!!! La novità ha insegnato molto anche ad al-cune mamme che avevano accompagnato i loro gli alla festa compleanno. Il nostro cuoco Dino ha fatto assaggiare e svelato alcuni segreti e ricette di alcuni semplici e veloci piatti tipici siciliani, per “prendere per la gola i propri mariti”. Questo locale, forse perché gestito proprio da persone del “caldo” Meridione, non è nuovo a gesti di generosa disponibilità nei confronti di as-sociazioni locali, gruppi e famiglie. Al ter-mine di questa festa davvero speciale, tutti i bambini entusiasti, si sono ripromessi di insegnare i piccoli segreti appresi alle loro mamme, per fare la pizza più buona del mondo!!! Ma, l’ingrediente più importan-te, che ha reso speciale ogni piatto, e che i nostri bambini vogliono svelare anche a noi grandi, è uno solo, ed è anche molto economico: “un pizzico di vero amore” capace di rendere più buono e gustoso an-che il piatto più povero. Mamma Antonella

Domenica 1 febbraio’09 Fin dalla mattina, la Comunità ha cele-brato tre temi che riguardano tutti. La Giornata della Vita, la Giornata della Pace e, nel pomeriggio, in oratorio, con le fa-miglie l’anniversario della morte di Don Giovanni Bosco, fondatore del primo ora-torio in Italia. La giornata è iniziata alle 9,30 con la S.Messa dedicata alle fami-glie. Al termine, tutti con i sacerdoti nella vicina piazza XX Settembre per il consue-to e spettacolare lancio dei palloncini che

alcuni nonni e papà hanno pazientemente gon ato per i bambini. L’atmosfera, resa ancora più magica dai occhi di neve, era intensa e raccolta, accompagnata dalla preghiera e dai canti del “Coro delle 9.30” e delle gente che, per una volta, cantava libera nella piazza “canzoni di chiesa”. Al tre, due, uno di don Riccardo il cielo si è riempito di palloncini che seguendo le cor-renti d’aria porteranno i messaggi di pace dei bambini asolani in paesi lontani…. Per le famiglie che lo desideravano la festa è continuata in oratorio con il pranzo con-diviso. Nel pomeriggio si sono alternati, ai giochi per grandi e piccini, momenti di crescita formativa a misura di bambi-no con una inaspettata sorpresa nale!!!! Don Riccardo ha rappresentato La Casa Oratorio di Don Bosco con un cartellone sul quale, con l’aiuto dei numerosi bam-bini presenti, ha applicato i simboli che la contraddistinguono da altre case: LA PORTA D’INGRESSO sempre aperta: LA CHITARRA: simbolo dello stare insieme; LA TORTA: richiamo di festa; IL PALLO-NE: segno del giocare insieme; LA TAR-TARUGA: per ricordare che in oratorio non bisogna avere fretta; LE COLOMBE: segno di Pace; GLI UCCELLINI: segno di libertà e di gioia; LA MONGOLFIE-RA: simbolo di unità di tutte le civiltà del mondo; LA CAMPANA: per ricordare che la Casa Oratorio di don Bosco doveva essere una casa di preghiera. I bambini, mentre giocavano, hanno avuto la sorpre-sa di una visita inaspettata…pensate un po’… all’oratorio di Asola è venuto a tro-

varli “Don Giovanni Bosco”, in perso-na, che, dopo essersi seduto tra i presen-ti, ha iniziato a raccontare la storia della sua vita, ricca di aneddoti con i quali ha catturato l’attenzione sia dei bambini che dei genitori. Nel pomeriggio molte altre famiglie si sono aggregate a quelle pre-senti n dal pranzo, per trascorrere insie-me piacevoli momenti dal sapore antico. La giornata non poteva terminare senza un ghiotto “pane e cioccolata-party”. Il grup-po delle famiglie dell’oratorio di Asola aperto, come la porta della casa di don Bosco, a tutte le giovani famiglie, au-spica che momenti come questi possano ripetersi con sempre maggior frequen-za per essere occasione di condivisione, crescita e divertimento e per far nascere dalla reciproca conoscenza, sentimenti di af nità ed amicizia. Prossimo appunta-mento: 8 marzo, per la “Festa del papà”.

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Notiziario A.Ge.con informazioni e foto fornite da Antonella Goldoni, Presidente dell’Associazione.

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Nella foto sopra che ci è stata cotesemente fornita dalla Presidente dell’Age; Antonel-la Goldoni, è ripreso un momento convi-viale in Oratorio, al quale hanno parteci-pato alcune famiglie, fra quelle che sono state protagoniste attive, il 1° febbraio scorso, della “Giornata della Pace, con il tradizionale lancio dei messaggi scritti dai bambini e mandati in cielo con i palloncini.

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alla spesa per la costruzione della nuova Pediatria di Mantova ed il nanziamento delle Pediatrie di Asola e Pieve di Coria-no per acquistare importanti apparecchia-ture elettromedicali, al ne di facilitare la diagnosi e la cura di alcune patologie, materiali didattici, ludici e di arredo in un rapporto di reale partnership con la Direzione dell’Azienda Ospedaliera “C. Poma” di Mantova, che ci ha accolto come veri protagonisti nel percorso assistenzia-le rivolto ai Bambini malati, per rendere meno drammatica anche l’esperienza della malattia. Non sempre le strutture pubbli-che sono in grado di rispondere alle neces-sità degli Utenti, ed è solo grazie ad Asso-ciazioni come ABEO che possono venire colmati dei vuoti nella rete assistenziale e che alcuni sogni possono diventare realtà. Per intraprendere il percorso di potenziale donatore di midollo osseo è possibile con-tattare i Volontari ABEO, opportunamente formati, presso l’Ospedale di Asola – Pun-to Informativo ABEO, aperto tutti i Sa-bato mattina non festivi dalle ore 10.00 alle ore 12.00 – cell. n. 3346098234; sarà poi possibile effettuare il primo prelie-vo di sangue periferico, per le necessarie indagini molecolari, presso il laborato-rio analisi di Asola, senza doversi recare a Mantova. I risultati saranno poi inseriti nel Registro internazionale dei potenziali donatori di midollo osseo. Tendiamo insie-me all’obiettivo guarigione: diventa an-che tu donatore di vita, di midollo osseo.

ABEO, Associazione Bambino Emopati-co Oncologico Mantova, vuole celebrare il successo del nuovo punto informativo di Asola. A soli due mesi dall’apertu-ra, molti nuovi Volontari hanno aderito all’iniziativa e sono disposti a collaborare per diffondere la cultura della donazione di Midollo Osseo, ma non solo; alcuni di loro parteciperanno anche attivamente alla vita di reparto presso la Pediatria di Asola per sostenere Bambini e Famiglie durante il ricovero accogliendoli, cercando di farli sorridere utilizzando i momenti liberi dalle cure mediche con giochi, attività manuali, letture sia nella zona ZaED (ad esclusivo divertimento) allestita da ABEO, che nelle stanze di degenza, sempre in collaborazio-ne con il Personale Infermieristico e Me-dico della Divisione. Nel gioco, i Bambini dialogano fra loro, si aprono, arrivano a mimare e quindi meglio comprendere ed accettare il comportamento degli adulti. Grazie al punto informativo ABEO Aso-la sono già stati reclutati alcuni potenziali donatori di midollo osseo, aspetto di gran-de rilevanza se si pensa che per molte pa-tologie, la donazione rappresenta l’unica speranza di guarigione e che la compatibi-lità è pari al 25% in ambito familiare, ma al di fuori di tale ambito sale ad 1:100.000; inoltre è doveroso segnalare che circa il 30% dei Bambini malati di leucemia e/o linfomi necessita di trapianto da donato-re compatibile, per guarire. Altri obiettivi di ABEO sono anche la partecipazione

Lettere al Direttore

Grazie ai volontari Graziella Losi e William Rizzieri

Successo del Punto Informativo di Asola dell’ABEO

(Associazione Bambino Emopatico Oncologico)

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9 Caro Direttore, se ha spazio libero sull’Asolano potreb-be scrivere due righe su un problema “elettrico” che c’è in una zona di Asola. Le riassumo brevemente. In una zona di Asola si riscontrano da mesi proble-mi alla rete elettrica. Ogni 4-5 minuti si avverte un calo di tensione elettrica. Lo si avverte chiaramente nei normali elettrodomestici come aspirapolvere, frigorifero, phon ecc. Le luci poi dimi-nuiscono un attimo di intensità. Questo si veri ca a qualsiasi ora e giorno. La zona interessata pare essere tra via Vir-gilio e via Mantova. Molti utenti han-no già chiamato l’ENEL, compreso il servizio guasti. Qualcuno è riuscito a far smuovere il servizio tecnico che si limita a controllare l’impianto domesti-co che, solitamente, si rivela in perfetto ordine. Anche gli stessi tecnici dicono di essere a conoscenza del problema, ma si limitano a riferire la cosa all’ ENEL. Le segnalazioni poi non hanno più nessun riscontro. Quindi il disguido pare essere sulla linea, forse inadegua-ta a sostenere il peso di nuove strutture o impianti (nuove scuole? imprese che assorbono corrente in modo non corret-to tramite apparecchi non a norma?). Visto che i cittadini non riescono a farsi ascoltare dall’ ENEL sarebbe logico che del problema si interessasse il Comune facendo richiesta di un controllo delle linee nella zona. Consiglio ai cittadini che rilevano il problema di chiamare, comunque, il servizio guasti ENEL al numero 803500 oppure al numero com-merciale 800 900 800. Lettera Firmata

* * *Spett.le Redazione,Mi sono decisa a scriverVi perchè mi sembra assurdo che il fabbricato della ex Banca Agricola sia coperto dalle im-palcature da diversi mesi, mentre per i lavori nessuno dimostra di aver fretta. Sono convinta che la banca possa per-mettersi di buttare i propri soldi dal-la nestra, visto che, poi, si rifà sulla clientela. Ma quello che più mi colpi-sce è che il Comune non abbia dato dei limiti di tempo entro i quali la Banca sia tenuta a terminare i lavori di ristrut-turazione, per eliminare al più presto il disagio, anche visivo, prodotto dal-la sua impalcatura. Forse, in Comune, qualcuno, ritiene che quell’impalcatu-ra, col tempo, possa diventare un pez-zo pregiato di arte contemporanea? O, forse, vista l’importanza della Banca, nessuno ha il coraggio di mettere in riga quei signori? Se al posto della Banca ci fosse un normale cittadino, il Comune sarebbe stato così accondiscendente? Lettera Firmata

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Nella prima puntata abbiamo ricordato i tragici antefatti che, nel 1917, portarono ad Asola le Suore Orsoline in sostituzio-ne delle Suore di Maria Bambina.In questa seconda puntata, con la nostra trattazione ritorneremo alle origini delle varie congregazioni religiose femminili e alla loro collocazione sociale, nel perio-do storico in cui si sono formate. Per prima cosa desidero rivolgere un sen-tito ringraziamento a Suor Giovannina che, con in nita pazienza, si è prestata a guidarmi in questo percorso abbastanza intricato, ma altrettanto interessante ed utile per comprendere lo spaccato stori-co in cui si collocano i riferimenti che stanno alla base di questo articolo. Spero di non deluderla e di proporre ai lettori una lettura semplice che possa suscitare il loro interesse, come ha interessato me ascoltare il racconto che mi ha fatto Suor Giovannina.

Brevi cenni storiciLe attuali Congregazioni devono la loro esistenza all’intuizione di Angela Merici di Desenzano (1474-1540) che nel 1536, durante un pellegrinaggio, fondò La Com-pagnia delle vergini di Sant’Orsola, scriven-done direttamente la Regola a cui, in segui-to, si ispirarono tutte le Congregazioni delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù.

Alla base di questa regola si ergeva l’Amo-re di Cristo croci sso, vedendo in quel Cuore tra tto, la sintesi di tutto il dramma del Suo Amore senza limiti per noi. “Non esiste un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv.15,13).

Gesù Croci sso, Figlio di Dio, è il fon-datore di ogni vita consacrata. Prima di S.Angela esistevano solo suore di clausu-ra che si ritiravano in convento a pregare, lasciando il mondo e le sue tentazioni. Vi-vere la verginità, a quei tempi, per le fan-ciulle, era sinonimo di chiudersi in con-vento per il resto della vita, lasciando, ad esempio, ai gli primo geniti della propria famiglia la possibilità di poter ereditare il patrimonio e l’eventuale titolo nobiliare. L’intuizione rivoluzionaria di Angela Me-rici fu quella di vivere la verginità restando nel mondo, in antitesi, perciò, con la situa-zione del periodo in cui la donna era con-siderata e trattata come un’eterna bambina che non poteva decidere nemmeno della sua vita. Lo stesso Cardinale Borromeo, comprendendo l’importanza della nuova regola, fondò a sua volta, una Compagnia di S.Orsola che ricalcava quella di Angela Merici e, successivamente, fondò a Milano anche la Compagnia di Sant’Anna (Madre della Madonna) che accoglieva vedove consacrate a Dio, madri che avevano il compito principale di aiutare le vergini. Le Compagnie fondate in quel periodo erano tutte autonome e si rivelarono importanti, per il ruolo che coprivano nella Società. Talmente importanti che San Carlo Bor-romeo obbligò ogni Vescovo della Dioce-si milanese di fondare una Compagnia di Sant’Orsola, al ne di diffondere, in modo più capillare, la dottrina Cristiana ed, in conformità a quanto sancito dal Concilio di Trento (1540), di impegnarsi anche nel-la normale attività bene ca nel mondo. Quando Napoleone Bonaparte, assunse il potere, soppresse molti conventi, sal-vo quelli che si distinguevano nell’inse-gnamento. Fu così che molti conventi, volendo evitare la chiusura, si adeguaro-no introducendo fra le proprie molteplici attività anche quella scolastica, af data a suore educatrici. Più tardi, questa funzione divenne talmente importante, da diventare un assioma, sinonimo di eccellenza: “…ha studiato dalle Orsoline!” I sentimen-ti di libertà che ispirarono Napoleone I° e che si propagarono in Europa, nirono per in uenzare anche le donne che, da allora, iniziarono a prendere coscienza di sé. Così, anche le donne che entrarono in convento in Italia, forse inconsciamente, portarono con sé i nuovi aneliti di liber-tà ed i sentimenti per una Patria unita, che caratterizzarono tutto l’800 italiano.Anche di questo bisogna tener conto se

vogliamo comprendere i segni dei tempi ed i cambiamenti che nirono per con-dizionare la Chiesa e la vita e gli idea-li delle suore all’interno dei conventi. Non più solo conventi di clausura, quin-di, ma conventi di vita attiva. Siamo già nel periodo post napoleonico che vede la riapertura di molte delle Compagnie precedentemente chiuse per volere del Bonaparte. Fra di esse, soprattutto, la Compagnia di Sant’Orsola di Brescia che mantenne la propria indipendenza e con essa acquisì un ruolo di guida mora-le per le altre Compagnie, iniziato con la beati cazione di Sant’Angela Merici, il cui processo di canonizzazione si aprì a Roma nel 1757. Con esso si consolidò, pur nella loro indipendenza, il legame morale ed ideale fra tutte le Compagnie.

Le origini delle Suore Orsoline di Asola

Benché le Orsoline siano nate nella diver-sità e ciascuna congregazione sia rimasta autonoma, c’è una consapevolezza di le-gami comuni. Certe Compagnie, ad esem-pio, adottano determinate usanze “perché le Orsoline di Brescia” le hanno adottate. La Congregazione delle Suore Orsoline di Asola deriva da quella delle Suore Orso-line San Girolamo, in Somasca, di Lecco, dove erano rimaste solo suore anziane. Le più giovani furono inviate dal Vesco-vo Camillo Guindani a Ponte San Pietro (BG) Questa decisione vescovile genera, di fatto, una separazione che, per la prima volta, ci presenta la gura di una Suora che assumerà un ruolo di primo piano nel-la nostra narrazione. Fu, quindi, per volere

di Mons. Guindani che a Ponte San Pie-tro andò la giovane Madre Ignazia Isac-chi, mentre nel convento di Somasca, che seguiva le regole imposte dalla fon-datrice, la Beata Madre Caterina Cit-tadini (1801-1857), rimase Suor Maria Teresa Ornaghi, anziana e paralizzata.

Storia della Congregazionedelle Suore Orsoline di Asola(Seconda Puntata)

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Ritratto della Beata Caterina Cittadini, beati cata il 29 aprile 2001 da Papa Giovanni Paolo II. Coadiuvata dalla sorella Giuditta, aprì a Somasca una scuola gratuita per fan-ciulle povere, una scuola festiva gratuita, se-guita da un educandato e da un orfanotro o.Un Ritratto di S.Angela Merici, olio su

tela, attribuito a Domenico Carretti.

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Per prima cosa, ci scusiamo con l’Amico Augusto Bolther, per aver dovuto tagliare il suo bel pezzo di cronaca dello spettacolo. E, ci scusiamo pure con molti artisti per non aver potuto proporre tutte le foto che li ritraevano. Mai come in questo numero lo spa-zio ci è stato tiranno. In ne, ringraziamo Giuseppe Tosini per le foto della serata gentilmente concesse al nostro giornale.

Anche quest’anno è ritornato, attuale e applauditissimo, il festival di S. Antonio Abate, promosso dalla parrocchia, organizzato dal Comitato presieduto da Alberto Guerre-

schi e con la collaborazione della cooperativa Società Agricoltori. La manifestazione al suo 15° anno di vita, si è svolta nelle serate del 20 e 21 gennaio. Il palco era addobbato di ori a cura di Luigi Dalla Lana e in sala il servizio sicurezza era garantito dai volon-tari della Protezione civile di Asola. Tecnico audio, luci e logistica, Costante Minuti. Puntualmente si inizia alle 21 e il parroco don Riccardo prende il microfono per ricordare e ringraziare tutti

coloro che nel corso degli anni hanno preso parte allo spettaco-lo. Sullo schermo appaiono i volti dei partecipanti e per tutti il sacerdote ha una parola signi cativa di elogio e di commento. In un’atmosfera di commozione scrosciano applausi quando appaio-no i volti degli scomparsi Dino Barbato, Italo Marchi, e Luigi

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Un successo che si rinnova nella tradizione

Il 15° Festival di S. AntonioLo spettacolo degli asolani: incalzante susseguirsi di musica, gags comiche, satira in un San Carlo tutto esaurito per due sere

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Coppia super comica è quella composta

dal duo Sandro Busi e Massimo

Sandrini, che hanno riproposto

“Il maestro unico”, scenetta resa famosa da Cochi e Renato.Dopo di loro “I bei

putei” gruppo dialet-tale di Acquanegra,

con Maria Ricci, Leardo Maraschi, Massimo Grazioli. Segue un cantante dalla voce intensa, Willy “the voice”

Rizzieri,

Benzoni, la cui memoria è tuttora viva tra i presenti. In tema di ringraziamenti, non potevano mancare quelli rivolti ad Alberto

Guerreschi, storico patron della manifestazione e le indimen-ticabili veline Anna Piccioli ed Emanuela Palastrelli che

passano il testimone alla coppia di conduttori: Graziella Losi e William Rizzieri. Ringraziamenti anche alle

preziose collaboratrici Katia Fainozzi e Gigliola Bolsieri.La scaletta presenta subito il gruppo rock esordiente degli

Strawdaze, composto da Marco Savi, Gabriele Benetti, Stefa-no Gobbi, Marco Premi, Carlo Neviani, Nicola Rizzieri.

che si presenta da solo, grazie al suo doppio ruolo

di presentatore ed interprete. Canta “La nostra favola” di Gimmy Fontana e “Un pu-gno di sabbia “ dei Nomadi

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Felice Piazza migliora di anno

in anno e sembra, sempre di più, un’anima sola

con la sua virtuosa sarmonica.

Il “Carnevale di Venezia” di Paganini e

“Libertango” di Astor Piazzolla

sono due brani impegnativi.

Felice domina il suo strumento e lo

costringe agli slanci del suo estro artisti-

co, entusiasmando il pubblico.

Sandro Busi, nei panni de l’Avvocato Buzzi recita da par suo una gustosa satira su vari temi di poli-tica locale e su don Riccardo che, con la scusa di benedire le cascine, fa incetta di agnolini, pollame e bottiglie di ottimo vino, mancando per un sof o i salami appesi in cantina.In chiusura, don Riccardo, parafrasando Cecco Angiolieri, immagina di ispirarsi ai quattro elementi:

terra, acqua, aria, fuo-co per riparare come

può ai dolori e alle ingiustizie del mondo.

Sulle note di “When the saints go marching” della band di Felice

Piazza, tra uno scro-sciare di applausi, il

pubblico, a gran voce, richiede una terza re-

plica dello spettacolo, soprattutto per le molte

persone che non hanno potuto vederlo.

Augusto Bolther

Molto applaudito il duo Roberto Calef

e Luciano Piazza, funamboli della risata,

che si presentavano col nome di “re-cessi-one” ed,

accompagnati dalle coreogra e delle

bravissime Antonella e Rita, hanno concluso il loro exploit con la

canzone “Svalutation”.Dopo di loro

Cristian Gallia, con “I semper ensèma” il grup-

po che ripropone musiche popolari di Renzo Arbore.

Molti applausi per “I reböt” cantautori dialettali di Cere-sara, con Marco Rossetti, Nicola Ruzzenenti, Mauro Sereni, Andrea Rebatto e Valerio Predari, che fanno rivivere in chiave comica l’atmosfera delle nebbie padane. Nella stessa atmo-sfera nascono le barzellette di Odoardo Uggeri, con i loro personaggi semplici, dalla loso a apparentemen-te ingenua, ricca di saggezza popolare che poggia su verità antiche.

Chiude la prima parte del programma il poeta dialettale Eros Aroldi che legge due sue liriche dal tono scherzoso, velato di sottile melanconia. Sergio Frizzi, con la sua chitarra, rievoca la nostalgia per gli amici prematuramente scomparsi: Dino Barbato e Italo Marchi.

Franco Magnani declama con ne

umorismo “Le sigarette del farmacista”. Dopo di

lui Navio Cogato con le poesie “Sera” e

“Tristezza” ricche di sen-timento e di spontaneità.

Felice Fanfaroni, dalla comicità inimitabile,

accompagnato alla sar-monica dall’inseparabile Gian, ricorda, sul lo di

una meta sica nostalgia il primo “Toto”.

Chi volesse prenotare e ritirare il DVD o la Video Cassetta

della 15a edizione del Festival di S.Antoniopuò rivolgersi presso il Centro Studi 54

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Grazie alla sua professione di reporter per il settimanale “TV Sorrisi e Canzoni”, si può dire, senza timore di essere smentiti, che l’asolano Egizio Fabbrici sia stato, per molti anni, un “ad-detto ai lavori” del Festival di Sanremo, uno di quei personaggi che, per necessità professionale, era autorizzato a frequentare il “dietro le quinte” del Festival. Da questo suo osservatorio privi-legiato è stato testimone, più o meno involontario, di tanti episodi che in quegli anni videro protagonisti i Vip della canzone. Gli abbiamo chiesto di raccontare ai nostri lettori qualche aneddoto fra i tanti che caratterizzarono il Festival.

< Festival ne ho fatti più di Trenta, ma li ho dimenticati quasi tutti. (si fa per dire) Era una settimana massacrante. Tutto il giorno in giro per alberghi per fotografare i cantanti, con gli abiti che avrebbero indossato alla serata. Con gli uomini era più facile, in genere met-tevano lo smoking, o qualche giacca colorata. Per le donne era più complicato perché c’era il truccatore, la sarta, l’aiutante della sarta, il parrucchiere, e io da una parte seduto ad aspettare, per fare… solo due foto. E poi via di corsa per la serata. Dopo mezzanotte, via, di corsa, a sviluppare le foto, e si niva per mangiare un pani-no... alle 4 del mattino. Tre ore di sonno e di nuovo, ricominciava la “maratona”. Quando nalmente, dopo una settimana, tornavo a casa, gli amici regolarmente mi dicevano: Beato te che sei andato al Festival, chissà come ti sei divertito! E allora ti veniva voglia di strozzare qualcuno!!! E adesso i ricordi. Il Festival che, non so per-ché, ricordo più di tutti è quello del 1961, vinto da Luciano Tajoli e Betty Curtis, la canzone era “ Al di là” testo di Mogol, autore alle prime armi. Secondi Celentano e Little Tony; terza Milva; nona Mina; undicesimo Umberto Bindi; dodicesimo Gino Paoli. Ricordo Celentano: fece scandalo! Per la prima volta un cantante iniziava voltando le spalle al pubblico. Gino Paoli voleva cantare indossando un maglione, lo convinsero ha mettersi un abito nero, ma ri utò la cravatta, alla ne, al posto della cravatta, mise un cordoncino. Milva girava nella hall dell’ albergo, con una “cofana” in testa (un toupèt) e un paio di orribili stivaletti gialli, di lamè. E Claudio Villa, sempre polemico, arrivato tra gli ultimi in classi-

ca uscì con una battuta memorabile, della serie “le ultime parole famose”: Vedremo cosa sarà di questi ragazzetti fra dieci, quindici anni...Fu cattivo profeta. Milva, invece, disse: Dopo questo Festi-val qui non tornerò più! Vi partecipò altre 15 volte!!! Anche Mina disse : Qui non tornerò più. E non tornò più! Nel 1962 la Rai decise di riprendere solo l’ultima serata del Festival, perché al pubblico televisivo non interessava. Salvo ricredersi, poi, negli anni a veni-re. L’anno che vinse Bobby Solo lo ricordo per una grande paura. In sala durante le prove si udì un ticchettio strano e contemporane-amente arrivò una telefonata. Cè una bomba in sala! Panico, fuori tutti cantanti, giornalisti, addetti hai lavori. Ma la bomba era solo una sveglia che qualcuno, in vena di scherzi, aveva messo sotto una poltrona. Altro scherzo a Iva Zanicchi che, per poco non lecostò la vittoria con la canzone “Zingara”. Qualche concorrente le fece recapitare una busta che, per fortuna, fu aperta dal suo discogra co e marito Tonino Ansoldi. La busta conteneva polvere per starnutire!

Ricordo la prima volta di Lucio Dalla. Arrivò all’Hotel Savoy, allora quartier generale del Festival, verso mezzanotte. Scese da una Volkswagen gialla, mezzo scassata in compagnia di Ro-salino Cellamare, in arte Ron, cantante e suo amico del cuore. Cantò la canzone “ Paff…Bum” e lo buttarono fuori subito. In seguito si rifece cantando “4 marzo 43”. E diventò Lucio Dal-la! Ricordo quando Modugno e la Cinquetti vinsero con la canzone “Dio come ti amo”. All’annuncio della vittoria Modu-gno sollevò la Cinquetti da terra, ma si sollevò anche l’abito da sera e si videro le mutandine bianche. In un attimo partirono i

ash dei fotogra . Il giorno dopo i giornali scrivevano: Giglio-la Cinquetti porta le mutandine! Come sono cambiati i tempi!!!

Egizio Fabbrici

Il Festival di SanremoRicordi e curiosità di un fotoreporter asolano (Prima parte)

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e selegato. Io farei una lege che chi fa il sindico per cinque anni deve sempre girare a piedi, così capisce. Vardi sior diretore, gnanche io ciò la patente della tumobile, perchè sotto le armi ho preso solo quela per gui-dare i muli, che anche loro povere bestie vanno sempre a piedi. Se fu-dessi più giovane mi meterei in lista per il cumune. Ma lei che a studiato ce lo deve dire al nuovo sindico questo consilio, che viene dal fondo dei piedi e per questa ragione è proprio giusto perchè i pie-di ce li anno tutti e le tumobili no. E poi ciavrei altri consili da dare ma ci scriverò la prosima volta.Adesso vado subito a spedire que-sta letera e sicome che hano tirato via la casseta dela posta dala piassa di ercole, sensa gnanche dire bao a nessuno, devo andare a lu cio po-stale e fare a piedi tuta la circovala-sione del vecchio macelo, che al suo posto ciano fatto la banca e il so-pramercato e così spero propio che le tumobili mi lascerebero arivare sano e salvo e che non mi stirano il gabanello.Con afetto mi sotoscrivo, suo

Galafassi Amilcare

studiare i gnari o le gnare. Ma non ci voglio contare la mia vita, se no avrei da impienire un libro alto così.Guardo sempre lasolano perchè ci sono tante cartoline di una volta, con tanti bei ricordi che purtropo non tornano più. Sicome ho sentito che al tempo del medere faranno un sindico nuovo, anche se sono vecchio entanato, ci volevo dare qualche consilio anchio. Ho visto che da per tuto anno fatto tante circolatorie, sfalti nuovi, sca-valca vie, tutto per le tumobili, ma per i piedoni chi ci pensa? A cami-nare in banda a tante strade e vie di Asola, sicome che queli che vanno a piedi sono tanti, si sentono i camion e le tumobili che ti sfrisigano e sensa i colonelli che ti riparano a volte si deve metere un piede sullo sfalto e l’altro nella molta, perchè per i pie-doni non ce il marciapiede svalsato

Lettere al direttoreCaro diretore, prima di tutto ci chiedo scusa se ci scrivo una letera con qualche sfon-done di taliano, ma tutto si spiega col fato che il poverino di mio padre, invece di mandarmi a scuola, mi a mandato a fare il famelio di fagotto che ci avevo ancora il smorsegno al naso. E ci spiego subito cosa vuol dire. Con un fagoto di camise, braghe di mio fratello grande, qualche calset-to e i trocoli ai piedi, sono andato a vivere in una cascina lontano da casa, a lavorare a dietro a le bestie tutto il giorno, a dormire sul eni-le, in mezzo a la palia e ai scarfogli del formentone e mangiare poco, ma io mi rangiavo lo stesso con la fame che ciavevo. Con le bestie mi trova-vo bene, ci parlavo in dialeto e loro capivano, mica come adesso, che il dialeto non lo capise quasi nessuno, con tutto quello che spendono per far

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Ad Asola, in via Mazzini, 51un nuovo negozio arricchisce la città

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Quando ho deciso di aprire un nuovo negozio ad Asola ho pensato di dar forma ad un’idea di seduzione per la donna elegante ma anche per l’uomo che ama raccontare il proprio stile con ciò che indossa. Per soddisfare le esigenze di una clientela sempre attenta alle tendenze del-la moda, ho scelto il meglio della qualità e della tradizione italiana. Ho puntato sul prodotto, sia nell’attenzione ai particolari che nella qualità dei materiali utilizzati, per proporre calzature co-mode, durature e sempre al passo con i tempi. Silvia Mari

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Si conclude in questo secondo numero dell’anno l’intervista a Luciano Tallarini, sorbarese doc., unanimamente riconosciu-to come il più grande ed innovativo fra i creativi illustratori di copertine dei “33 giri” dei più grandi cantanti italiani. A Lui si deve un diverso modo di guardare un disco.

Non hai citato i gloriosi “Del mio meglio...”< E come potrei dimenticarmene? Mai, prima di allora, si erano viste in Italia buste apribili a quattro ante con altrettante varianti di una stessa idea gra ca. Lo stesso titolo è stato creato da me, una sera in cui il direttore artistico Buffoli, l’ispettore alle vendite Gramegna ed io ci eravamo riuniti per de nire il progetto di un greatest hits di Mina. La busta del volume n°1, con i cartamodelli d’epoca, resta la migliore in assoluto della serie. e per racchiu-dere i primi 5 volumi avevo studiato una confezione metallica, simile alle pizze circolari contenenti le pellicole dei lm, con la scritta Mina in sovraimpressione. Devo averne ancora da qual-che parte realizzata in una acciaieria di Caronno Pertusella...>Chissà quanti di questi progetti non realizzati tieni nascosti in un cassetto...<Di idee folli, sia per gli LP che per gli spartiti che per i 45 giri, ne inventavamo ogni giorno; Mina trasformata in Medusa, oppure “incasellata” in uno schema delle parole crociate, o con la sua testa innestata sul corpo del David di Michelangelo (idea, questa, poi ripresa da Mauro per Rane supreme). Un altro pro-getto non andato in porto fu quello di una Mina ritratta in stile Picasso per l’Album del 1980. Fummo costretti a rinunciare per una questione di diritti di immagine con la Fondazione Picas-so di Parigi: papà Mazzini ritenne prudente evitare altre grane, dopo quelle procurate anni prima dalla copertina del singolo Amor mio con il quadro di Magritte sullo sfondo: per l’utilizzo dell’opera, infatti, la EMI francese dovette pagare non so quanti soldi alla vedova del pittore...>Anche sulle copertine dei 45 giri ci sarebbero mille curiosità da raccontare...<Dal punto di vista gra co, il singolo era solo apparentemente un fratellino minore del padellone da 33 giri; in realtà, richiedeva un lavoro di ricerca ancora più meticoloso ed estremo. I servizi foto-gra ci uf ciali erano solitamente riservati agli album e quindi, per i 45 giri dovevamo ricorrere ai ritagli di giornali o ad immagini “scartate” che si cercava di valorizzare al meglio con le elaborazio-ni più audaci. Copertine-capolavoro come quelle di Insieme, Gran-de grande grande o Lamento d’amore sono nate proprio così...>Come è nita con Mina?<Tutto ha una ne, prima o poi. Ma quei 15 anni insieme non si can-cellano: e credo che siano stati belli ed importanti, almeno per me>Di Mina, oggi, che cosa ti è rimasto?<Una cosa sola: il diminutivo Talla del mio cognome. Fu lei a co-niarlo per prima e ancora oggi chi mi conosce mi chiama così.>A sopravvivere, di quel periodo, è anche il tuo rapporto di ami-cizia e di collaborazione con Gianni Ronco, un “allievo” stra-ordinario che ha poi preso il volo da solo...<Gianni continua ad essere per me, oltre che un prezioso amico,anche un complice insostituibile nel lavoro. Unisce una fantasia

Autoritratto di un creativo di successoLuciano Tallarini si racconta alla grande stampa(seconda parte)

sterminata ad un talento manuale senza eguali. Altro che gioche-rellare con il computer: io glielo brucerei quel dannato mouse!>Tra le circa mille copertine che hai realizzato al di fuori della tua collaborazione con Mina quali salveresti?<Sai com’è.”Ogni scarrafone è bello a mamma sua!” Ma sicu-ramente Per amarti di Mia Martini, Un panino di birra e poi di Ornella Vanoni. Liberi liberi di Vasco Rossi, Traslocando e Bandabertè di Loredana Bertè, Di vero in fondo di Patty Pravo, Applausi di Raffaella Carrà, Cattura di Renato Zero.>Qual’è la migliore? <Quella che devo ancora fare.>E quale butteresti dalla torre?<Sicuramente quelle nate nel mio studio e poi riproposte da altri come originali.>E della gra ca di oggi che cosa ne pensi?<Almeno nel settore della discogra a, non mi entusiasma, tran-ne qualche raro caso. Di certo il passaggio dal grande formato dell’LP allo stiminzito 12x12 del CD è stato traumatico per chi fa il mio lavoro. E poi si è persa la capacità di stupire, manca com-pletamente l’ironia e si richiede sempre meno impegno e cultura. Forse ai discogra ci di oggi, qualche guru della comunicazione avrà suggerito che la creatività non conta più.>Tu professionalmente, oggi, cosa cerchi?<L’essenziale. Togliere ciò che non serve e valorizzare al meglio ciò che serve. Sartre diceva: “Creare è correggere” e a correggere ci vuole tempo. Ed oggi in un mondo che ha sempre più inspiega-bilmente fretta, non è facile.>Hai degli hobbies?<No. Mi interessa troppo quello che faccio, il tempo che mi avanza lo uso per pensare, ascoltare, parlare, ri ettere. Mi piace osservare e non solo vedere, cerco di vivere al meglio. E mi piace viaggiare.>Ti rimane qualche sogno nel cassetto?<Si, ed è un sogno che mi accompagna da quando entrai per la prima volta al Piccolo Teatro, negli anni Sessanta. Volevo fare il regista o lo scenografo, ho sempre pensato che la magia del teatro fosse irresistibile.>Che consiglio daresti ad un giovane che oggi si appresta ad iniziare il tuo lavoro?<Gli ripeterei quello che il vecchio cieco addetto alle proiezioni nel lm Nuovo cinema Paradiso dice al giovane che sta partendo per la grande città in cerca di se stesso: “Qualsiasi cosa farai, amala”. Tutto qui.>

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La foto di sinistra che risale agli anni ‘40, ritrae la piccola Rosanna Ruggeri mentre tiene la mano della mamma Enrica Vignali che, a sua volta, sostiene un curioso veicolo a due ruote adibito al trasporto del bidone del latte. La famiglia Ruggeri (i Trüchet) era titolare della centrale di raccolta del latte il cui negozio era in via Cavour (casa Pellegrini), dopo il laboratorio di riparazione delle bambole delle due vecchie sorelle Ceresa. Il latte che non veniva venduto in centrale veniva distribuito, a domicilio, mediante il “trasportino” della foto, dal quale veniva attinto con il tipico dosatore d’alluminio (simile ad un mestolo cilindrico, dal lungo manico detto müsürå). Mentre il padre, Bortolo, portiere dell’Asolana, detto “Zica” (nome di un portiere del Napoli) era in Russia, i suoi fratelli Edoardo e Davide, andavano nelle campagne, con il carretto, a raccogliere il latte.La foto sotto, gentilmente fornita dall’Associa-zione “Bei Tempi”, ritrae il 50° della Classe del 1929, con molti volti noti e alcuni meno. Purtroppo, fra di essi alcuni non ci sonopiù e di alcuni non riusciamo a ricordare i nomi.Come al solito, in questi casi, ci affidiamo alla memoria dei lettori per ricostruire le identità di tutti e 24 i personaggi ritratti in questa foto.

Come eravamo ...

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La fotogra a a anco risale all’incirca al 1958-’59 e ritrae un gruppo di ragazzi e una Lambretta davanti

al bar Cuore che era situato nel quartiere di Santa Maria, giù dalla “Rata di Genevini”. Da sinistra si

riconoscono il compianto Franco Bona, a salire, Luciano Peafrini, Angela Fornari, Roberto Sandrini, Sergio Scaglioni e Luciano Comini, in primo piano. Per questa foto dobbiamo ringraziare Luciano Pea-frini che ce l’ha prestata ma, indirettamente, anche Marisa Favalli, vedova di Franco Bona, che ha vo-

luto regalargliela a ricordo dell’amicizia che legava Peafrini a suo marito.

La stupenda fotogra a a piede pagina risale agli anni Trenta e ritrae un affollatissimo Carnevale dell’epoca. E’ curioso notare come Piazza XX

Settembre sia stracolma di persone, soprattutto uomini che, secondo consuetudine, indossavano

cappello e tabarro. Il grande carro, con l’elefante, trainato dai buoi, sta arrivando in piazza da via Garibaldi per passare davanti ad un palco della

Giuria stracolmo di persone.

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Come eravamo ...

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Praticante di arti marziali dal 1977, hatrascorsi nel nuoto e nell’atletica, a livel-lo giovanile, e ha praticato per un quin-quennio la scherma sportiva di oretto e spada. Dopo varie esperienze, scopre il Pancrazio, antica arte della percussione di origine ellenistica e, proprio a segui-to di questa frequentazione, conosce e si appassiona della scherma medievale. As-sociatosi all’IRSAST, diventa Istruttore di I° grado e nel 2001 fonda con alcuni suoi allievi la Sala d’Arme “France-sco Gonzaga”-“Accademia Zoiosa”, con la quale partecipa a numerosi even-ti di scherma nazionali e internazionali, stage, meetings e accademie formative. I corsi sono accessibili a tutti e non richie-dono una preparazione sica particolare,

Compagnia può annoverare la partecipa-zione al lm di Ermanno Olmi “Il me-stiere delle armi” e all’opera “Il Trova-tore” di Verdi, andata in scena al Teatro Regio di Parma.Nel 1998, dopo un lungo percorso nelle arti marziali orientali e oc-cidentali, Marco Rossi porta a Mantova, per la prima volta, la nuova ma antica esperienza della Scherma Medioevale, emulando idealmente la pratica schermi-stica della Scuola di Vittorino da Feltre, detta “La Gioiosa”, dove, tra le discipli-ne colte, si praticavano anche i “zoghi” schermistici dell’epoca (XV sec.), da di-fesa e da duello.

tranne la volontà e la costanza di appro-fondire gli aspetti di un mondo spesso sconosciuto, ma veramente affascinante che fa parte della nostra antica memoria storica. Attualmente la Sala d’arme “Se-renissima” conta 11 iscritti e si pre gge, come prossimo obiettivo, oltre alla pra-tica delle arti marziali, la costituzione di un gruppo storico per la partecipazione a rievocazioni e manifestazioni medievali e rinascimentali in costume. Per informa-zioni: contattare l’istruttore Marco Rossi: cellulare 340.8823146; Francesco Viola: cellulare 339.8254228, oppure consultare il sito: www.accademiazoiosa.it

Grazie ad un gruppo di appassionati

Scherma medievale e rinascimentale ad AsolaNella palestra delle Scuole elementari, adibita a sala d’arme,sotto la guida autorevole di Marco Rossi, fondatore dell’Accademia Zoiosa di Mantova. Lezioni al mercoledì dalle 20e30

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Anche Asola, dal novembre del 2007, ha la sua Sala d’arme che non poteva non assumere il nome di “Serenissi-ma”, se non altro, per confermare quel-la “fedeltà storica” che, per secoli, ha legato Asola alla Repubblica di Vene-zia. Spiegata la scelta del nome occorre anche spiegare che la scelta dell’istrut-tore è caduta su un personaggio, di grande carisma, la cui storia merita un breve approfondimento. Marco Rossi, mantovano, classe 1954, è l’istruttore responsabile della Sala d’Arme “Fran-cesco Gonzaga” - “Accademia Zoiosa” di Mantova, di cui è presidente e fon-datore.

Marco Rossi posa in tenuta da adde-stramento, con maschera e spada.

Nel 1997 ha fondato il gruppo di Scrima storica “La Zoiosa” e l’omonima Compa-gnia d’Arme, operante con grande succes-so in dimostrazioni e living history in tutta Italia. Oltre a numerose partecipazioni a ri-evocazioni medioevali e rinascimentali, la

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La morte è un’esperienza che entra furtivamente nella vita di cia-scuno di noi a partire dalla prima infanzia ed il funerale o meglio l’òbit, l’obito come dicevano i nostri vecchi, è la scena nale. Obito deriva dal latino obire, verbo composto dalla preposizione ob verso e ire andare; quindi andare verso, andare incontro. Obire mortem, andare incontro alla morte, dicevano i latini; obire diem suum, andare incontro al proprio giorno, inteso come ulti-mo; sol obit, il sole muore. Quest’ultimo riferimento al tramonto diventa ancora più caro se pensiamo al signi cato di Occidente, dal verbo occidere, che in latino oltre all’accezione che noi gli diamo in italiano aveva anche quello di cadere, di tramontare, il luogo quindi dove il sole va a morire. Quando ero bambino, la gente riusciva ancora a dare il giusto signi cato alla morte, che veniva considerata non la ne di tutto ma un passaggio, un pas-saggio ad una vita diversa e quindi l’obito assumeva i contorni di una festa, si dava l’arrivederci non l’addio, ad una persona cara, ripromettendoci di ritrovarla in un’altra vita. Oggi l’unica medi-cina contro la morte sembra essere diventata quella di ngere, di far nta che non esista e, quando non possiamo fare a meno di ignorarla, l’unico consiglio che riusciamo a dare a chi è stato colpito da un lutto è quello di dimenticare alla svelta, di andare avanti nella vita come se niente fosse successo, come se la morte fosse un incidente di percorso cui con un po’ di attenzione ci si possa sottrarre.

La prima volta che partecipai ad un obito fu nel 1952 all’ini-zio dell’autunno quando le giornate sono ancora calde ed il granoturco veniva steso sulle aie per l’essiccamento. Un

autocarro aveva investito il glio di Guarnieri, un agricoltore che abitava a Longure, un cascinale che in linea d’aria non dista-va più di un chilometro da casa mia. Invitto si chiamava il ragaz-zino e non aveva ancora compiuto undici anni. L’incidente era avvenuto sulla strada che porta a Mariana, un maledetto destino pensando che in quegli anni di autocarri su quella strada ne tran-sitavano in media un paio alla settimana. Il ragazzo stava recan-dosi dalla Emma a Gazzuoli per acquistare le sigarette al padre, el siur Steen, purtroppo quel camion lo aspettava sul tragitto.Per l’occasione mia madre mi fece indossare il vestito color pan-na della festa e in bicicletta tagliammo attraverso i prati verso la cascina vicina. Per strada incontrammo altre persone vestite con gli abiti migliori che, chi a piedi e chi in bici, si avviavano a gruppetti verso le Longure. Arrivati sul posto trovammo l’aia già gremita da una moltitudine variopinta di persone: contadini, bottegai, notabili e bambini. Questi ultimi si rincorrevano sotto le barchesse, richiamati di tanto in tanto ad un contegno più de-coroso dagli adulti che da parte loro non perdevano l’occasione per ritrovare parenti e conoscenti persi di vista da tempo. Come i matrimoni e le ere queste cerimonie servivano a rinsaldare i rapporti tra i lontani parenti che si incontravano solo in questi momenti. Non per niente dopo la cerimonia funebre era costume che i parenti si trovassero a cena in casa del defunto, dove le esequie sfociavano in una riunione conviviale di tutto rispetto.

Ricordo che la sera che precedeva l’obito di mio nonno Alessan-dro, non volevo andarmene a letto per rimanere in compagnia del gruppetto incaricato di vegliare il morto durante la notte. In tale circostanza, infatti, venivano raccontati aneddoti e storie interes-santi e tra un bicchiere di vino e una fetta di salame si andava avanti no al mattino in un lòss ad oltranza.Ma torniamo al funerale di Invitto quando, ad un certo momento, fece la sua comparsa il carro funebre, enorme, sontuoso, traina-to da una coppia di massicci cavalli scuri. Non avevo mai visto niente del genere e morivo dalla voglia di chiedere un passaggio al cocchiere che tron o ed impettito se ne stava a cassetta del monumentale cocchio posteggiato all’ombra di un gigantesco gelso che allargava le sue fronde sul anco del cascinale. Dopo parecchio tempo, preceduto dal parroco e da un folto stuo-lo di chierichetti, si snodò verso Gazzuoli un interminabile corteo tanto che, arrivato sull’Asinaria, la strada che collega Quattrostra-de a Mariana, potevo vedere l’inizio del corteo che si inoltrava nel borgo di Gazzuoli mentre gli ultimi uscivano dall’abitazione del bimbo defunto. Sembrava che tutta quella gente accompa-gnasse il giovanetto non in Chiesa ma dalla Emma per la com-missione che non era riuscito a portare a termine qualche giorno prima: le sigarette per il padre Stefano.

* * *Alcune espressioni tipiche asolane

Alb ros , vent e gos .Alba rosa, vento e pioggiaBel en fas , bröt en pias .Bello in fasce, brutto in piazza.Ca pai e piant pai, töcc i dé i è enguai.Levare pali e piantare pali, tutti i giorni sono uguali.Da Sant Caterin a Nedal ghe en mes engual.Da Santa Caterina a Natale, c’è un mese uguale.Dutur vecc, don zuen , ca picol e pursèl gros.Dottore vecchio, donna giovane, cane piccolo e maiale grosso.El pa di àter el ga set gröste.Il pane degli altri ha sette croste.Endà a Roma sens éder el Pap .Andare a Roma senza vedere il Papa.L’è mei ciucià n’os che ‘n caécc.E’ meglio succhiare un osso che un pezzo di legno.Lasag de vier enfìn chel scamp .Lasciargli da vivere no che scampa.Le maschere se le ent per Carneal.Le maschere si vendono per Carnevale.Margherit sta sö drit .Margherita sta su dritta.Pèrsech, ch e melù, töti al so stagiù.Pesche, chi e meloni, tutti alla sua stagione.Pulent e nus, mangià de spus.Polenta e noci, mangiare da sposi.Quant se nigul ‘n sö la brin , u l’é nef u l’é farin .Quando si rannuvola sulla brina o è neve o è farina.San Giuàn el va adré a l’ingàn.San Giovanni segue l’inganno.Tegner strich per la spin e mulà per el burù.Tenere stretto per la spina e lasciare per il burrone.Val de pö n’asen vif che en dutur mort.Vale di più un asino vivo che un dottore morto.Vöt ensignà a tò pader.Vuoi insegnare a tuo padre.

Eros Aroldi

Racconti asolaniObit - Autunno 1952

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Sabato 21 febbraio 2009 rimarrà nella storia di Asola come il giorno in cui si è “celebrata” la cerimonia d’inaugurazione del nuovo edi cio scolastico delle Scuole Medie Inferiori. Una cerimonia alla quale non è mancato proprio nulla, per rendere il più solenne possibile l’evento. Sono inter-venuti, infatti, il Presidente della Provin-cia, dott. Maurizio Fontanili; l’Assessore provinciale alla Pubblica Istruzione, Ar-mando Federici Canova; il Comandante della stazione dei carabinieri di Castiglio-ne delle Stiviere, Cap. Giovanni Pilitteri; ovviamente, il Sindaco Giovanni Calci-na e la Giunta al gran completo; il Parro-co di Asola, don Riccardo Gobbi; ed il Coro di Santa Cecilia, diretto dal Maestro Claudio Cristani, al quale è stata af data l’ottima esecuzione dell’Inno di Mame-li e il “Va pensiero” di Verdi, che hanno contribuito alla solennità del momento. Spiace constatare che la Regione Lombar-dia, che pure ha contribuito a nanziare l’opera, non sia riuscita ad essere presen-te, all’evento, nemmeno con l’ultimo dei suoi “tirapiedi”. Durante il suo breve di-scorso di presentazione, Giovanni Calci-na, visibilmente commosso, nel rievocare le dif coltà incontrate nella realizzazione dell’opera, e il coinvolgimento personale che la stessa ha richiesto, non ha saputo trattenere due “lacrimucce” liberatorie che hanno strappato applausi e simpatia. Dopo il tradizionale taglio del nastro, suggella-to dai ash dei molti fotogra presenti, le autorità hanno preceduto il folto pubblico, nella visita guidata all’interno dell’edi -cio. “Dulcis in fundo”, l’altrettanto tradi-zionale rinfresco che, certamente, ha fatto da signi cativo e accattivante contorno all’importante cerimonia. Così, ora, non resta che spendere due parole sull’impres-sione destata dal nuovo edi cio scolastico. Premesso che nessuno di noi ha la pretesa, né la competenza, per giudicare la funzio-nalità del progetto, da un punto di vista di-dattico, la prima cosa che balza agli occhi sono i colori, ed il piglio di modernità che essi conferiscono all’ambiente. Osservan-do il depliant illustrativo messo a gentile disposizione del pubblico, oltre ai neces-sari vani di servizio, abbiamo contato di-ciannove aule, una sala professori, dodici laboratori, una biblioteca, una sala proie- zioni, una palestra, una mensa con cucina, un auditorium, tre uf ci e pure una non meglio precisata terrazza di lettura. Non si può negare che per questa realizzazione

non siano state investite notevoli risorse ed altre ancora ne dovranno venir profuse per dotare il complesso di un’adeguata viabi-lità. Ora, fermo restando il giudizio posi-tivo che, da profani, possiamo dare della costruzione, la domanda che ci poniamo e, che non vuole essere, affatto, polemica è: “ma era proprio necessaria, un’opera tanto faraonica, in rapporto alle risorse ed alle necessità del nostro Paese?” Cer-tamente, l’amministrazione ha voluto la-sciare un segno del suo passaggio e, non dubitiamo che, per studenti e professori, sarà bello vivere in una scuola di questo tipo. Ciò non di meno, per mentalità o, for-se, per senso pratico, guardiamo con dif -denza tutto quanto eccede il necessario, il funzionale, il sobrio. Siamo convinti che nella preparazione, di prim’ordine, che

to della scuola. A nostro parere, questa scelta impoverirà ulteriormente il Centro Storico e creerà nuovi problemi a molte famiglie, che dovranno organizzarsi per accompagnare i gli a scuola. Fatte queste precisazioni che nulla tolgono a quanto di buono c’è nel nuovo edi cio, riconoscia-mo a questa Amministrazione, di essere riuscita a realizzare ciò in cui ha sempre creduto ed anche se possiamo non condi-viderne le scelte, crediamo che per questo meriti il nostro plauso. Ma, in questa occa-sione, vogliamo anche fare i nostri augu-ri ad insegnanti ed alunni, con l’auspicio che, insieme, possano sempre dimostra-re di meritare gli sforzi che la Comunità di Asola ha sostenuto e dovrà sostenere, per consentir loro di studiare e di cresce-re in un ambiente così bello e stimolante.

ricevemmo circa 50 anni fa allo Schian-tarelli, non abbiano affatto contribuito le condizioni del fabbricato ma, il merito sia da attribuire alla severità degli insegnanti, e dei nostri genitori che li appoggiavano, ol-tre che di programmi più pragmatici e, for-se, meno dispersivi degli attuali. Avremmo imparato di più se, a quei tempi, avessimo avuto a disposizione un edi cio scolastico più bello? Crediamo che una scuola capa-ce di insegnare, e di formare i giovani, sia fatta principalmente di contenuti e non di contenitori. Vi è poi un altro aspetto non trascurabile che riguarda il decentramen-

Alla presenza del Presidente Fontanili

Inaugurata la nuova Scuola Media

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Desidero prima di tutto ringraziare da parte mia e del direttivo tutti i volonta-ri che con la loro volontà e disponibilità hanno contribuito a far crescere la nostra associazione. Un doveroso ringrazia-mento all’Amministrazione Comunale di Asola e Mariana, all’Assessore Pro-vinciale e ai loro collaboratori, alla Po-lizia Locale ed al suo Comandante che, dall’alto della sua esperienza, ci ha dato consigli utili per capire come comporta-ci in tutte le attività che siamo chiamati a svolgere. Un ringraziamento al Dott. Bonaglia, al Dott. Cottarelli e al Dott. Rubes per la loro disponibilità, all’ANC, Associazione.Nazionale Carabinieri, con cui collaboriamo attivamente, alla CRI, Croce Rossa Italiana, delegazione di Asola e tutti quelli che con il loro contri-buto fanno si che questa associazione sia operativa in ogni situazione. Con il 2009 siamo entrati nel quinto anno di attività, è stata una continua crescita di esperien-ze, uomini, mezzi e attrezzature che ci permettono una buona autonomia in caso di bisogno. All’inizio avevamo un fuo-ristrada, gentilmente donato dalla ditta Trere, con il contributo della Fondazio-ne Cariplo abbiamo acquistato una torre faro con generatore, poi abbiamo aggiun-to un furgone donato dalla ditta Ceriali e una Fiat panda donata da un privato, è arrivata una tenda con il contributo del gruppo teatrale “le Ciacere asolane” e la Parrocchia. Una nuova motopompa con il contributo di un socio sostenitore. Abbiamo sistemato una barca a motore regalata da un volontario; ora è operati-va. E’ arrivata un’altra barca sistemata gratuitamente dalla Carrozzeria FR e un motore marino da 25 hp donato da un vo-lontario. Un altro progetto avviato è Pio-nieri di PC che coinvolge i ragazzi dai 16 ai 18 anni per avere sempre forze nuove a disposizione.Ora alcuni numeri :Nel 2004 soci fondatori 25Nel 2005 inizio attività soci 40 ore 1500Nel 2006 soci 42 ore 2000Nel 2007 soci 48 ore 3000Nel 2008 soci 57 + 3 pionieri ore 2800Mi sembra che i numeri parlino chiaro. Ora, nel proseguire con le attività cerche-

Durante il pranzo dell’Associazione ”Città di Asola” Pro Emergenze, tenutosi la scorsa domenica 25 gennaio

Discorso ai Soci del Presidente Aristide Conzadori Premiazioni dei volontari

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remo di specializzarci sempre di più per eventuali emergenze, non perdendo mai di vista che siamo volontari e abbiamo un cuore grande. Un ringraziamento alle mogli e mariti, gli/e, danzate/i, padri e madri dei volontari che magari a volte vengono lasciati in un po’ in disparte per partecipare alle attività dell’Associazione. Portate pazienza, grazie. Dopo il pran-zo nella sala convegni sono stati pre-miati alcuni volontari: il sig. Franco Parolini, Giuseppe Morbio e Afro Lorenzin, Emanuela Moreni e per i pionieri Elia Bandierafronteggiare nel miglior modo possibile.

Tutti i giorni: Pasta fresca fatta a mano, come a casa vostra: Ravioli, tortelli, crespelle, ecc.

Piatti pronti di carne e pesce.Al venerdì: Pesce fritto, rane e“bertagnì”Al sabato: Arrosti, stinchi e polli allo spiedo

Alla sera: Pizza al taglio

Castelnuovo di Asola, Via Solferino, 6 - Tel. 0376 / 730056

di Marisa Broglia e Nadia Artoni & C.

Gastronomia

Tre momenti delle premiazioni di Loren-zin, Emanuela Moreni e Morbio.

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Bar Milano di Erika e Cristian

PANINI - TOAST PIADINE Serie A e Champions League

CHIUSO IL LUNEDI’

Castelnuovo di Asola - Tel. 0376 / 74192

del progetto la notevole somma di L. 500.000 a fondo perduto.Il passaggio per Piadena è più breve e sarà preferito dal Go-verno cui spetta la decisione nale 7. La polemica si trascina stancamente sino al 7 maggio 1880, in cui si fa cenno di una lettera di protesta, sempre del comune di Bozzolo, contro le accuse di separatismo. Questi contrasti porteranno nella sedu-ta del consiglio provinciale dell’11 dicembre ad una revoca di tutte le delibere precedenti e, viste quelle dei comuni interes-sati Bozzolo, Marcaria, Rivarolo, Acquanegra, si decide di as-sumere gli oneri di legge per il concorso di spesa, purché la Parma-Brescia passi per Bozzolo. Si costruirà il tratto Parma-Casalmaggiore-Piadena che nel 1884 è gia in esercizio. L’al-tro, Piadena-Brescia, andrà ancora per le lunghe, tanto che, nel resoconto morale redatto dall’amministrazione provinciale di Mantova dell’anno 1886-87, il tracciato non è ancora de nito, ma è palese la volontà politica per il passaggio a destra del Chiese, come poi si farà.

Note:1 Gazzetta di Mantova del 20 e 29 aprile 1880. 2 Nella sua trattazione, la linea si può considerare divisa in due parti: la prima

no all’incrocio con la Mantova-Cremona, partendo da Parma e una seconda dal crocevia predetto no a Brescia. La prima parte si realizzerà abbastanza celermente, la seconda sarà molto più lenta. Si attuerà il passaggio a Piadena e non a Bozzolo, e la linea da Piadena seguirà la riva destra del Chiese secondo il progetto dell’ing. Mantegazza. 3 Tra l’altro in fase di stesura dell’articolo, il prof. Bruno Broglia mi accenna di una proposta che sarebbe stata fatta all’epoca per edi care lo snodo ferro-viario proprio ad Asola. Tale ipotesi sarebbe saltata perché non vi furono gli appoggi politici indispensabili.4 Relazione del consigliere Giani circa la costruzione delle ferrovie in provin-cia di Mantova del 2 luglio 1878.5 Progetto dell’ing. Panini.6 Gazzetta di Mantova, 17 aprile 18807 La legge del luglio 1879 poneva 3/10 dell’onere nanziario a carico dello Stato

La progettazione di questa strada ferrata, così importante da più di un secolo allo sviluppo dell’economia asolana, è fonte all’epo-ca di vivaci polemiche spesso e volentieri derivanti -niente di nuovo sotto il sole!- da campanilismi e speculazioni politiche d’in mo valore. Si parla persino di separatismo tra i comuni mantovani che si ritengono danneggiati 1. Chi si fa più sentire in particolare è il comune di Bozzolo, che spera sia tracciato sul suo territorio invece che a Piadena, come sarà fatto in seguito, lo snodo della linea ferroviaria 2. Questa tra l’altro non è ben accetta a Mantova, perché è vista come una via atta a dirottare i traf ci commerciali verso le province limitrofe ed in particolare a Brescia. In un primo tempo si parla di una linea Parma-Man-tova attraverso Marcaria. In seguito si pensa ad un’opzione che prevede una linea diretta Parma-Brescia per Casalmaggiore con varianti a Piadena e per Bozzolo. In ne, è ipotizzata una terza variante che penetra profondamente in territorio cremonese e che cade a causa della linea Cremona-Brescia per Verolanuo-va, quindi incuneata nella provincia bresciana, con cui sarebbe stata in concorrenza. Si giunge così all’ottobre 1874, quando su domanda di Brescia, in fase di progetto della linea con Parma, l’amministrazione provinciale di Mantova delibera di entrare in trattative alla condizione che la linea invece di toccare Piadena e correre a destra della riva del Chiese, passi per Bozzolo, Ac-quanegra, Asola 3, Castel Goffredo, ecc 4. Ma le polemiche si fanno sempre più aspre: sulla Gazzetta di Mantova del 10 aprile 1880 si osserva come la Brescia-Parma sia poco vantaggiosa per Mantova, perché periferica rispetto al centro e il capoluogo virgiliano per la sua economia privilegia la Mantova-Modena. Si fa anche presente che se la linea fosse eseguita a sinistra del Chiese e passante per Bozzolo la cifra preventivata sarebbe notevole. Per contro, se la linea attraversasse Piadena e a destra del Chiese 5, si avrebbero i seguenti vantaggi: la parte occi-dentale della provincia di Mantova sarebbe servita abbastanza bene e il tracciato pur correndo in territorio cremonese, sarebbe rasente al territorio virgiliano e di conseguenza, la spesa per la sua costruzione minima. Il foglio d’informazione continua la sua battaglia polemica 6. Nella seduta dell’amministrazione provinciale del 20 aprile 1880, si discute ancora del progetto. Il consigliere Rosati avan-za ulteriori dubbi sull’utilità per Mantova della linea. Quindi l’amministrazione della provincia delibera per il tracciato per Piadena e a destra del Chiese. Ciò provoca le dimissioni in seno al consiglio del delegato del distretto di Bozzolo, l’avv. Aporti, che si sente colpevole della delibera sfavorevole a Bozzolo per-ché assente dalla seduta. La Gazzetta di Mantova riportando la notizia deplora questo modo di fare che subordina gli interessi provinciali alle sorti elettorali. Il quotidiano prosegue ponendo l’accento sul fatto che se anche Mantova votasse il passaggio per Bozzolo, non è detto che il tracciato sia eseguito secondo tal espressione di voto. Le province di Cremona, Parma e Brescia sostengono l’opzione per Piadena secondo il progetto dell’ing. Mantegazza. Cremona poi è disposta a versare per l’attuazione

La linea Parma-Bresciadi Enrico Ferro

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Ex perpetua in canonica. Aveva compiuto da poco i cent’anniSi è spenta Giacomina Uggeri vedova CornaliLa sua vita è stata segnata dalla morte del glio, pilota da caccia, in un incidente aereo nel 1966 di Rosalba Le Favi

Si è spenta nei giorni scorsi, mercole-dì 14 gennaio, Giacomina Uggeri, vedova Cornali, ex perpetua di Aso-

la, tanto cara agli asolani che proprio nel maggio 2008 aveva raggiunto il traguardo delle cento candeline. Molti sono stati i cittadini asolani e dei paesi limitro che le hanno fatto visita, nella Chiesetta di S. Maria dove la salma è stata posta per due giorni e dopo trasportata in Cattedrale per l’ultimo saluto. Il rito funebre è stato celebrato venerdì pomeriggio da Mons. Egidio Faglioni e concelebrato da quattro sacerdoti: don Riccardo Gobbi, don Gu-glielmo Gabella, don Renato Zenezini e don Simone Pecoracci. Ad onorare la ce-rimonia anche il Vessillo della Sezione Ae-ronautica di Asola. Una vita intensa quella della Giacomina, classe 1908 che era nata a Fiesse (Bs) e che nel 1924, quando aprì i battenti la landa ad Asola, della ditta Predeval-Bianchetti, fu tra le prime ad es-sere assunta come maestra delle landie-re. Non solo ad Asola trovò il lavoro ma anche l’amore. Sposò nel ‘32 l’agricoltore Giovanni Cornali da cui ebbe l’amato ed unico adorato glio Giorgio che purtrop-po perse la vita nell’estate del 1966 quan-do precipitò con il suo jet nelle campagne mantovane, durante un addestramento

dell’Aeronautica Militare. Attraverso la disperazione, il dolore, Giacomina trovò la forza di continuare attivandosi nel so-ciale e nel volontariato. I sacerdoti infatti le chiesero di collaborare nella cura del-la canonica, un impegno costante che è durato no al 1994. In tanti la ricordano come perpetua e affettuosamente come la “mamma dei preti. Dal 2006 viveva in canonica nella la parrocchia di Mariana, presso il parroco asolano don Guglielmo Gabella dove ogni domenica l’affezio-nato nipote Federico di Brescia, andava a trovarla. Al termine della funzione re-ligiosa il feretro è stato accompagnato al cimitero di Asola per la tumulazione vi-cino al marito Giovanni e il glio Giorgio

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Note di Redazione

Più di un lettore è venuto in redazione per chiederci di ren-dere pubblica una protesta po-polare che trae origine da un disagio sentito da molti cittadi-ni. Dopo che è stata tolta anche quella in piazza xx Settembre, che ne hanno fatto le casset-te per le lettere? E’ vero che oggi con internet si usa sempre di più la posta elettronica, ma sono proprio gli anziani, poco abituati alle nuove tecnologie, che chiedono di ripristinare le vecchie, care cassette per le lettere (quelle scritte sulla car-ta con la penna, Vi ricordate?)

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“Iorana” ( salve )spero di aver creato un po’di curiosità ed interesse per i luoghi lontani e per alcuni sconosciuti con il precedente articolo “un asolano tra i varani” e spero perciò di fare cosa gradita coin-volgendovi di nuovo portandovi idealmente nell’altro emisfe-ro terrestre e di parlarvi di una nuova meta: la lontana e mi-steriosa ISOLA DI PASQUA. L’isola di Pasqua è una piccola isola vulcanica formatasi nel punto in cui la lava fuoruscita da tre diversi vulcani si unì per formare una singola massa di ter-ra triangolare. La sua super cie totale è di 117 km. quadrati, con una lunghezza massima di 24 km. ed una larghezza di 12 km. E’ uno degli angoli più remoti della terra, l’isola è posta a 1900 km. dall’area abitata più vicina , l’isola Pitcairn (nota per aver ospitato gli ammutinati del Bounty) e a 3760 km. dalla costa cilena (nazione a cui appartiene dal 1888) e il cui vero nome è RAPA NUI (la “Grande Tartaruga”) è ancora oggi un luogo dalle origini sconosciute e un sito archeologico tra i più affascinanti del mondo.

L’Isola di Pasqua(Rapa Nui) Appunti di viaggio di Giambattista Schiavi(Prima Parte)

mezzi di sussistenza tra cui galline, topi commestibili e forse anche maiali e vari tipi di piante da coltivare come la patata dolce, il banano, la canna da zucchero, il taro ed altre. Poiché il suolo era molto fertile essendo di natura vulcanica, le piante si riprodussero in fretta e il momentaneo benessere fece crescere di molto la popolazione con la conseguenza di disboscare l’iso-la per far posto a nuove coltivazioni. Il crescente fabbisogno di lega da ardere, per fare canoe e quella di trasportare i Moai fece scomparire nel giro di un millenio tutti gli alberi con con-seguenze disastrose: le piogge incominciarono ad erodere il ter-reno causando impoverimento della terra con conseguente di-minuzione della produzione agricola quando la popolazione era al culmine demogra co (circa 9000 persone). La mancanza di alberi impedì la costruzione di nuove canoe “imprigionando per sempre” gli abitanti dell’isola e principalmente di procurarsi il cibo mediante la pesca. Così incominciarono a mangiare oltre al pollame domestico tutti gli uccelli autoctoni dell’isola, ster-minandoli completamente. La fame spinse la popolazione ad atti di cannibalismo ed il malessere sociale portò nel 1600-1700 alle guerre tra clan e quindi alla diminuzione degli abitanti (cir-ca 2000). Quando nel 1722 gli olandesi sbarcarono si trovarono di fronte ad un’isola brulla e desolata abitata da pochi disgra-ziati affamati ed in lotta fra loro. Fu poi la volta degli spagnoli nel 1770 e dal capitano inglese Cook nel 1774. Seguirono altri esploratori ma fu nel 1862 che mercanti di schiavi peruviani attuarono una crudele incursione sull’isola dove rapirono circa un miglio di isolani , inclusi il re e quasi tutti i loro “sapienti” (maori) e li portarono a lavorare nei depositi di guano delle isole Chinca in Peru’. Dopo le proteste del vescovo tahitiano Jaussen al rappresentante francese a Lima, le autorità peruvia-ne permisero ai deportati di ritornare alla loro isola. Purtroppo a causa del duro lavoro e varie epidemie se ne salvarono solo un centinaio e di conseguenza andarono anche disperse le cono-scenze e la cultura di questo popolo.

(Segue sul prossimo numero)

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E’ famosa soprattutto per le gigantesche statue chiamate “moai, testimonianza di una civiltà scomparsa, che si ergo-no tra verdi colline e crateri di vulcani spenti. Alcuni “moai” sono alti no a 9 metri e le modalità della loro costruzione e trasporto nei vari luoghi dell’isola sono ancora un mistero, ma vi posso garantire che il lungo viaggio per raggiungerla ne è valso veramente la pena. Inizierò raccontandovi una breve storia dell’isola di Pasqua, che prende questo nome essendo stata scoperta o meglio riscoperta dagli olandesi il giorno di Pasqua del 1722 dall’ammiraglio Jacob Roggeveen. La sto-ria dell’isola ha molto da insegnarci e da ri ettere. Rapa Nui era un’isola verdissima dove crescevano varia piante (analisi dei pollini) tra cui moltissime palme conifere e altre specie arboree ormai estinte. Anche la fauna avicola era ricchissima , infatti essendo l’unica isola nel raggio di moltissimi chilometri , si concentravano molte specie di uccelli sia marini che terrestri come sule, gu , aironi, pappagalli ed altri. I primi polinesiani arrivarono sull’isola intorno al 400 d.c., probabilmente alcune diecine di uomini di razza Maori che portavano con loro tutti i

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Nelle ultime ri essioni ho fatto riferimento alle grandi virtù della fede e della speranza, cercando di darne una lettura “umana” oltre che religiosa. In questo articolo complete-

rò la ri essione analizzando l’ultima grande virtù dell’antropolo-gia cristiana: la carità. San Paolo così afferma : “tre sono le cose importanti per il credente: la fede, la speranza e la carità, ma più grande di tutte è la carità” (1Cor 13,13). Non appena si fa men-zione di questa parola “carità-amore”, si entra in un oceano nel quale è facile annegare. L’uomo infatti, è creato per amare e la vita è viva soprattutto quando l’amore mette in gioco la persona. Ma è possibile orientare l’amore verso una sua espressione otti-male? Il nostro linguaggio usa indistintamente la parola “amore” per tanti signi cati. La Bibbia invece usa una terminologia spe-ci ca per distinguere i vari aspetti dell’amore, ad esempio eros, philia, agàpe per indicare rispettivamente sentimento, amicizia, carità. Purtroppo nella nostra cultura non si contano le sopraffa-zioni che vengono fatte passare per amore, nei mass media, nei

lm, nei romanzi… Le misti cazioni dell’amore sono moltissi-me e non aiutano certo a capire la vera sostanza di questa virtù basilare per la vita umana. Per questo cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Il signi cato religioso di amore-carità si può indicare in modo tripartito: l’amore di Dio per noi; l’amore di noi per Dio, l’amore di ciascuno di noi per il prossimo. Queste tre forme sono presentate in modo distinto solo per necessità di discorso, in realtà costituiscono un’unica realtà. Ogni esperienza umana vista dal punto di vista della fede ha il suo inizio in Dio, è prima di tutto un dono che viene dall’alto: non c’è amore cristiano se non viene da Dio. Dio infatti ci ha amato per primo e Lui compie sempre il primo gesto di amore, come possiamo leggere nel dono della vita, della intelligenza, della sapienza, della salute, dei sen-timenti…tutte cose che non vengono da noi, ma ci sono donate. E questo dinamismo ci coinvolge nella risposta che suscita, perché all’amore donato è possibile rispondere soltanto con un amore ricambiato, in questo caso verso Dio, come suggerisce il co-mandamento fondamentale: “ama il Signore tuo Dio con tutto te stesso”. Lo sviluppo della forza dell’amore si riversa in ne nella disponibilità verso il prossimo perché è il segno visibile della presenza di Dio in questo mondo. Il Vangelo afferma chiaramen-te “ogni volta che avete fatto queste cose (dar da mangiare, dar da bere, vestire, visitare…) ad uno di questi miei fratelli più piccoli (bisognosi) l’avete fatto a me”. Riconosciamo Dio nel prossi-mo. Comprendiamo dunque le tre dimensioni dell’amore-carità in una stretta unità. Nascono da qui tutte le forme di amore che la nostra esperienza religiosa propone: l’amore dello sposo per la sposa, l’amore della consacrazione religiosa, l’amore di amicizia, l’amore di bene cenza, l’amore di volontariato e di varie forme di sostegno, l’amore incarnato in una professione a favore delle situazioni deboli della vita umana. E’ confortante anche conside-rare le diverse forme di amore che nascono anche al di fuori del cristianesimo e di ogni altra religione, come espressione di una energia insita nel cuore, connessa con l’essere umano stesso. La più alta forma di amore è il martirio, cioè il dono della vita spesa per la causa in cui una persona crede e fonda il senso del proprio vivere; la croce di Cristo in questo senso ne è l’emblema. Anche accettando questa impostazione, rimane però sempre la domanda di fondo: perché impegnarci per gli altri?

Perchè in particolare aiutare i deboli? Quando ti rendi disponi-bile, va a nire che ti crei sempre qualche grattacapo… perché dunque? Potrei riferirmi ancora all’esempio di Gesù, che sempre è stato attemto proprio ai deboli. Ma c’è da considerare un moti-vo più importante che parte da noi stessi. Se trascuriamo i deboli infatti, rinforziamo un clima di angustia e durezza. Se noi stessi diventiamo deboli, soffriamo per questo clima che si è venuto a creare. Ci assale il timore che gli altri non si curino di noi. Ci sen-tiamo impotenti. Quello che facciamo al fratello debole in ultima analisi è un bene che può venire anche a nostro vantaggio. San Benedetto, da buon esperto della vita comunitaria, ammonisce l’abate a trattare i confratelli in modo tale che i forti vengano sollecitati e i deboli non vengano umiliati. Questa è una regola fondamentale e saggia. I forti hanno bisogno di una s da per cre-scere e mettere i loro punti forti al servizio della comunità. Una comunità che glori chi i deboli può togliere il respiro anche ai forti. In questo modo danneggerebbe se stessa. C’è bisogno di un buon equilibrio fra forti e deboli. Entrambi dunque dovrebbero essere s dati e dovrebbero poter vivere nella comunità in modo tale da crescere in essa. Ritengo che questo possa essere un inse-gnamento molto utile anche per la nostra comunità asolana.

Don Riccardo Gobbi Carità - Amore fondamento di vita

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Possa Dio benedirti e proteggerti sempre, possa tu costruire una scala verso le stelle e salirne ogni gradino. Possa il tuo cuore essere sempre gioioso e possa la tua canzone essere sempre cantata. Da qualche parte, tra silenzio e sonno, sei diventato il sole che illumina la vita nei nostri cuori. Maura, Elisa, Paola e Tommaso

Italo Marchi12 marzo 2005 - 12 marzo 2009

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“Ho ristrutturato un’abitazione demolendo, per cause acciden-tali, la metà del muro con nante con l’abitazione del vicino. Posso ricostruire la parte del muro demolita senza il consenso del vicino dato che al medesimo non va bene alcun tipo di rico-struzione proposta seppur tecnicamente valida?”.

< Nel rispetto dei principi generali in materia di comunione, per la ricostruzione del muro comune è necessario il consenso di tutti i comproprietari a meno che non ricorra il carattere dell’ur-genza, nel qual caso uno dei comproprietari può prendere l’ini-ziativa da solo.Laddove manchi l’urgenza è, quindi, necessario il consenso di tutti i comproprietari; la mancanza di tale consenso non deter-mina però l’illeceità dell’opera ma potrebbe far insorgere con-testazioni sulle modalità di esecuzione (Cass. 17899/2003). Eb-bene il muro posto sul con ne che serve da divisione tra edi ci (come nel caso presentato dal lettore), salvo prova di proprietà esclusiva in capo ad uno dei con nanti, ai sensi dell’art. 880 c.c. si presume comune. Tale presunzione è invocabile ogni qual volta un’unica struttura divisoria separi entità fondiarie nitime appartenenti a proprietari diversi (Cass. Civ. 1220/93). Le spe-se di ricostruzione del muro comune cioè quelle dipendenti dal deterioramento derivante dal normale uso sono a carico di tutti coloro che vi hanno diritto ed in proporzione al proprio diritto. In pratica l’obbligo di ricostruzione si innesta nel rapporto reale di comunione trasferendosi in capo a chiunque sia proprietario della cosa al momento in cui si presenta la necessità di ripara-zione. Diversamente, laddove la necessità di riparazioni sia la conseguenza del fatto di uno dei partecipanti alla comunione la responsabilità grava esclusivamente su di lui e la relativa obbli-gazione, pur inerendo al rapporto reale di comunione, mantiene la propria autonomia assumendo carattere personale. Nel caso speci co visto che la demolizione del muro è conseguenza del fatto arbitrario del lettore appare evidente come l’obbligo di ri-pristino sia a carico del medesimo il quale, salvo diverso accor-do con gli altri comproprietari, nel provvedere dovrà rispettare e mantenere inalterato l’originario assetto della muraglia. >

“Ragnet” ha rappresentato un sicuro punto di riferimento, un pezzo della nostra Asola, che ci ha accompagnato, dalla prima giovinezza, no ad oggi. I “Ragnet” iniziarono, giovani sposi, negli anni belli in cui il commercio era ancora un’attività che dava soddisfazioni. Poi vennero gli anni dif cili e, trattandosi di una macelleria, li potremmo de nire “gli anni delle vacche ma-gre”, con l’afta epizootica dei maiali, la triste storia della “mucca pazza”, no in tempi più recenti dell’infezione aviaria fra i polli. Ma, al di là di questi incidenti di percorso che sono stati superati con relativa facilità, la vera iattura per i piccoli negozi sotto casa si chiama, più in generale, “grande distribuzione” e politica com-merciale. La concorrenza talvolta sleale delle grandi catene di supermercati, con il loro strapotere economico che riesce a con-dizionare i bisogni dei cittadini ed una politica miope e talvolta interessata che penalizza i piccoli per favorire i grandi, sta alla base di questa dolorosa defezione dei nostri “Ragnet”.

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L’Avvocato risponde

Ha chiuso un altro negozio del Centro storico

La macelleria Zanonialla ne del 2008, dopo 53 anni di servizio, ha chiuso per sempre i battenti, in via Libertà.

Era di venerdì quel 17 marzo 1956, quasi 53 anni fa, quando Aldo e Lorenza Zanoni, detti “i Ragnet”, che si erano sposati 5 anni prima, inaugurarono il loro negozio, al n° 5 di via Libertà, subentrando ad un vecchio negozio di frutta e verdura. Oggi, fa molta tristezza, passando per la via, vedere quel negozio vuoto, dove fervono i lavori di rammodernamento. Forse, presto, que-sto spazio sarà occupato da un’altra attività, ma per noi “ra-gazzi del ‘49” e per tutti gli asolani “veri” la macelleria dei

In questa ultima foto ricordo che abbiamo voluto scattare pochi giorni prima della chiusura, sono riconoscibili Aldo Zanoni, la mo-glie Lorenza (ma il suo vero nome è Vittorina Brighenti) ed il loro secondo glio Guglielmo che, dal 1996 era subentrato nell’attività dei genitori.

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Nel bel mezzo dell’estate 1943, una vecchia nave da carico fende faticosamente le onde

dell’Atlantico. Le stive sono piene di militari italiani, ammassati in gruppi di duecento per ogni cassone, fatti prigio-nieri in Tunisia nel maggio precedente, diretti negli Stati Uniti. Il sole arro-venta le lamiere, sotto coperta si sof-foca, ma l’aria è concessa per un’ora al giorno, a turno. C’è tutto il tempo per pensare ai propri trascorsi, alla fa-miglia, alla guerra ancora in corso. E’ quello che fa il sergente Vittorio Gui-dorizzi, classe 1914. Di leva nel ’35, era tenuto a fare solo sei mesi, perché a casa aveva sei fratelli, nei pressi di Ve-rona, ma gli toccarono 18 mesi. Viene chiamato nel ’39, entra nei ranghi della Divisione Ariete, reparto autocentro. Dopo vari spostamenti, a fine 1940 vie-ne “parcheggiato” a Napoli, in attesa di imbarco per l’Africa settentrionale. Arriva a Tunisi nel febbraio del ’41, prende parte con i suoi camion SPA 38 alle vicende delle varie battaglie con-tro gli inglesi, avanti e indietro, sotto i mitragliamenti aerei, durante i quali i soldati si rifugiano sotto gli automezzi, dove però i proiettili arrivano a colpire. Così resta morto un suo autista, steso al suo fianco:fortuna! Le cose si mettono male ma Vittorio ha diritto ad una li-cenza e ai primi di maggio ’43, cerca di imbarcarsi a Tunisi, ma non trova po-sto: sfortuna! Il giorno 11, il gen. Mes-se firma la resa e tutte le truppe italiane sono fatte prigioniere. Campi provviso-ri nel deserto, marce sotto il sole, sete, così per due mesi. Poi l’imbarco con al-tri cinquantamila militari italiani sulle navi americane, in convoglio scortato, per un viaggio di 22 giorni. Il primo campo dove il nostro sergente è ospita-to si trova in Nebraska, terra di barba-bietole e zanzare. Il trattamento è buo-no, almeno nei primi tempi… Dopo l’8 settembre i prigionieri vengono invitati a collaborare con l’esercito americano con lavori anche retribuiti in fabbriche locali. Un terzo dei prigionieri rifiuta la proposta e tre questi c’è il nostro Vitto-rio Guidorizzi, che finirà, per questo, in un “criminal camp” a Hereford, in Texas, assieme ad altri mille tra uffi-ciali e soldati. Qui le cose cambiano. Il cibo è limitato a settecento calorie al giorno, ci sono frizioni con il personale di custodia. In qualche caso si cerca di

migliora, le razioni sono più abbondan-ti: si capisce che i prigionieri vengono un po’ ingrassati in vista del rimpatrio…Finalmente, nel marzo del 1946, sem-pre in nave, dalla California, attraverso il canale di Panama, si punta su strac-cioni in una città semidistrutta, Napoli, da dove Vittorio era partito oltre cin-que anni prima. Una fanfara accoglie i reduci, che sbarcano come nella quale, a sera, si raccomanda loro di girare in gruppo, per evitare cattivi incontri.Un vagone merci porta Vittorio ed altri del Nord fino a Roma. Da qui in camion fino a Pisa e, poi, di notte si passa l’ap-pennino, col timore di cattivi incontri, si raggiunge Bologna, Ferrara, Rovigo. Il gruppo diminuisce, gli ultimi arriva-no a Verona con un’auto di noleggio.Vittorio riprende a lavorare nell’impre-sa di famiglia, con la solita energia e con le idee chiare. Lavorerà poi in una grossa industria alimentare di Bologna. Si trasferirà ad Asola nel 1984 dove abita la figlia Emanuela, andata sposa all’ing. Edoardo Palastrelli. Mi racconta l’ultima. < Gli americani ci davano dei fascisti, e noi sulle garitte delle guardie, gli abbiamo pitturato delle belle falci e martello. Si arrabbiarono tantissimo. Noi facemmo un altro giorno di digiu-no, tutti e mille… La fame era grande, ma la soddisfazione ancora di più. Do-vevo fare il militare solo per sei mesi, ed ho finito di passare sotto le armi più di otto anni, anzi, “otto e mezzo!”>

fiaccare la resistenza dei non collabo-ratori con la tortura della sete: i pri-gionieri sotto il sole, per ore, con un bidone d’acqua a pochi metri, al di là di una linea tracciata in terra, che è vietato oltrepassare, pena una fucilata. Ci sarà un morto. <Volevano farmi la-vare la biancheria degli americani, ma io mi sono rifiutato, e ho beccato 10 giorni di prigione> dice Vittorio ancora con una punta di orgoglio. Le guardie perlustravano le baracche armate di un robusto bastone. Una di esse, un gior-no, ordinò ad un prigioniero di stacca-re dalla parete, a fianco della branda, una foto di Mussolini. Il deciso rifiuto del militare provocò l’ira della guardia che rifilò al fedelissimo del duce una solenne bastonatura.Il giorno dopo, al giro di ispezione delle guardie, i mille italiani sfilarono i paletti che tenevano tesi i teli delle brande e appiopparono agli americani un sacco di legnate. Ci fu un allarme, arrivarono camionate di militari dai campi vicini, si minaccia-rono punizioni drastiche, ci fu anche l’intervento di un alto prelato cattoli-co di New York, e tutto finì con un di-giuno generale di tre giorni. Passano i mesi, si lavora nelle fattorie vicine per la raccolta del cotone, si seguono con apprensione le notizie sull’andamento della guerra, portate spesso da oriundi italiani residenti negli Stati Uniti.Finisce il conflitto mondiale ma la libertà non arriva. Verso la fine del 1945 il vitto

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Vittorio, otto e mezzoStorie vere: a cura di Romano Zucchelli

Nella foto, scattata in Africa del Nord, nel 1942 è documentato un momento di relax delle truppe. Vittorio Guidorizzi, a destra, in primo piano, sostiene il tubo dell’acquache consente ai due “imbucati” di fare la doccia.

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Un Gran Carnevale!di una grande organizzatrice.

Quel Carnevale che gli asolani, almeno quelli che hanno voluto essere in piazza domenica 15 febbraio, hanno avuto la fortuna di ammirare non è stata una manifestazione qualsiasi ma, un Gran Carnevale, di quelli che ad Asola, dif cilmente, qualcuno ricorda semplicemente perchè, se davvero vogliamo fare paragoni, dobbiamo tornare con il ricordo ai carnevali degli anni ‘30 dei quali, a pagina 17 di questo giornale, abbiamo, non casualmente, pubblicato una fotogra a emblematica.Piazza XX Settembre allora, come do-menica scorsa, era stracolma di gente ma, mentre quelli erano tempi in cui ci si sapeva accontentare, perchè non c’era la televisione, non tutti si pote-vano permettere la radio e l’automobi-

le era un privilegio riservato a pochi, oggi, riuscire a portare in piazza tantagente e a farla divertire, non è stata un’impresa trascurabile. Ci è riuscita Antonella Goldoni, la dinamica Presidentessa dell’A.Ge. e, occorre riconoscerlo, ci è riuscita bene, nonostante, in molti casi, le sia venuta a mancare quel minimo di col-laborazione che avrebbe meritato, per rendere ancora migliore il “suo” Gran Carnevale. Nello scrivere questo arti-colo, eravamo partiti con l’idea di fare la solita cronaca. Ma, poi abbiamo pensato che sarebbe stato un ripetere quanto era già stato scritto dai quo-tidiani e dai settimanali locali. Così, abbiamo sfruttato lo spazio disponibi-le in modo diverso, per rendere onore a questa intraprendente, giovane

donna, madre di quattro gli, carica di tanta energia, da riuscire sempre a trovare il bandolo della matassa di tutti i suoi molteplici impegni.Non molto tempo fa, lo scorso 20 di dicembre, Antonella era riuscita ad ideare ed a mandare felicemen-te in porto una riuscitissima prima edizione de “la notte magica” nella quale, coinvolgendo quasi tutti i commercianti, aveva saputo realiz-zare una manifestazione di successo.Ora, a distanza di pochi mesi, siamo qui a commentare un altro suo suc-cesso a cui, forse, in pochi credevano e che oggi, in molti, sono costretti a trovare giusti cazioni, per la collaborazione che non hanno saputo o voluto darle. In questa vicenda, Antonella ha dimostrato che anche ad Asola, se c’è l’entusiasmo e la determinazione giusti, si possono ottenere risultati impensabili. Ma, ora Antonella dovrà guardarsi dall’invidia e dalla catti-veria di chi cercherà di ostacolarla perchè, con i suoi successi, ha evi-denziato l’altrui mediocrità. Per que-sto, parafrasando il Sommo Poeta, vorremmo lanciarle questo messag-gio: “non ti curar di lor, ma guarda e passa.” e vorremmo farle giungere forte il plauso dei tanti asolani che l’apprezzano e la sostengono. Brava Antonella!!! GiBa

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beta-bloccanti, neurolettici, antistaminici, pillola anticoncezionale, per il trattamen-to dell’emicrania, dell’ipertensione, delledermopatie, del morbo di Parkinson, del-le malattie neoplastiche, dei disturbi della menopausa.CONSERVANTIPer il trattamento degli “occhi secchi”

sono del tutto inadatte le lacrime arti ciali che contengono conservanti quali benzalconio cloruro, poiche’ questi ultimi distruggono lo strato lipidico stabilizzante del lm lacrimale, provocando quindi l’eccesiva evaporazione del liquido lacrimale.CONDIZIONAMENTO/RISCALDA-MENTO/CORRENTI D’ARIAMolte persone che lavorano o viaggia-no spesso in ambienti climatizzati o riscaldati, e quindi secchi, lamentano di soffrire di “occhi secchi”. L’aria secca o le correnti d’aria negli uf ci, sugli aerei, sui treni o in auto, fa evaporare il liquido lacrimale molto rapidamente.OZONOOggi vengono misurati valori di ozono troppo elevati, soprattutto nelle calde giornate estive, non soltanto nelle grandi citta’. Questo gas molto pericoloso, generato dai gas di scarico delle auto e dalle industrie,

Provoca disturbi della lubri cazione della super cie oculare. Nel nostro paese il numero delle persone interessate da questo disturbo e’ in costante aumento. Provoca bruciore o prurito agli occhi, uniti alla sensazione di avere granelli di sabbia negli occhi anche in persone di giovane età. Si ipotizza un legame con fattori ambientali, con lo stile di vita e i ritmi di lavoro moderni.LAVORO AL COMPUTERUn numero sempre piu’ elevato di persone trascorre gran parte della propria giornata lavorativa, e spesso anche molte ore del proprio tempo libero, davanti al computer.Ciò riduce sensibilmente il battito delle palpebre e di conseguenza il lm lacrimale non viene più distribuito con la stessa frequenza, rendendo instabile lo strato lipidico.LENTI A CONTATTOLa percentuale di “occhio secco” e’ molto elevata tra i portatori di lenti a contatto (64%). E’ per questo motivo che i contattologi consigliano, in questi casi, l’utilizzo di lenti di nuova generazione per controllare meglio la disidratazione, contenere l’accumulo di depositi sulle lenti, ed assicurare il giusto apporto di ossigeno alla cornea.INFIAMMAZIONI DELLE PALPE-BRE - PALPEBRE ARROSATELo strato lipidico del lm lacrimale puo’ essere attaccato anche a causa di in ammazioni delle palpebre, de nite in linguaggio medico Blefariti. SBALZI ORMONALIFattori ormonali possono provocare la sindrome da“occhio secco” nelle donne. In gravidanza o in menopausa molte donne lamentano problemi oculari di questo genere.FARMACILo strato mucoso e lo strato lipidico del

lm lacrimale possono risultare danneggiati dall’assunzione di farmaci, generando o aggravando il disturbo degli“occhi secchi”. Gli occhi secchi possono essere provocati dai seguenti farmaci:antidepressivi, analgesici, sonniferi,

IL RIMEDIO Qualche tempo fa i sostituti lacrimali offrivano una durata d’azione molto limitata e richiedevano una instillazione frequente. Inoltre, il conservante utilizzato per aumentare il tempo di conservazione (cloruro di belzalconio), causava tossicita’ alla super cie oculare. Oggi si segue un approccio completamente diverso che prevede l’impiego di liposomi, i quali agiscono sullo strato lipidico del lm lacrimale, ristabilizzandolo. E’ qui infatti che risiede solitamente l’origine degli “occhi secchi”. L’instabilita’ dello strato lipidico, provocata da un malfunziona-mento delle ghiandole di Meibomio, porta a un’anomalia di alcune importanti molecole lipidiche, i cosiddetti fosfolipidi, che sono contenuti nello strato lipidico. A disposizione degli ottici-optometristi c’e’ tutta una serie di integratori per il lm lacrimale con aggiunta di ipromellosa, ialuronato di sodio, ginko biloba e fosfolipidi (estratti dalla lecitina di soia). Basta instillare

qualche goccia negli occhi più volte al giorno! Principali cause scatenanti:Uso eccessivo di computer, TV, Videogiochi, guida prolungata.Riscaldamento, aria condizionata, vento, smog, fumo di sigaretta.Uso di farmaci ansiolitici, antidepres-sivi, antistaminici... Vapori chimici irritanti, cloro in piscina, cosmetici per occhi...

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Sindrome da “Occhio Secco”Cause e rimedi

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La cataratta è una progressiva e costante opacizzazione del cri-stallino dell’occhio, che impedisce, o blocca del tutto, il pas-saggio della luce necessaria per una visione nitida. Il cristallino - una piccola lente, a forma di lenticchia, posta, al centro della pupilla, dietro l’iride, la parte colorata dell’occhio - perde la sua trasparenza per diversi motivi: età avanzata, traumi, ma-lattie come il diabete, uso prolungato di certi farmaci, fattori ereditari. La cataratta può svilupparsi rapidamente, oppure può essere lenta e progressiva. I sintomi più comuni che il paziente avverte sono: riduzione della capacità visiva, con la comparsa di una visione annebbiata e l’alterazione della percezione dei colori; un facile abbagliamento; un peggioramento della visio-ne contro luce e un falso miglioramento della visione da vicino. L’unica terapia per la cataratta è la rimozione chirurgica. Una volta che l’oculista ha diagnosticato la cataratta, il momento migliore per decidere l’intervento dipende dal paziente, perché, fortunatamente, non è più necessario aspettare la “maturazione” della cataratta: al contrario attendere troppo può comportare dei problemi nella strategia dell’intervento. Dopo alcuni esami pre operatori di routine, si esegue l’intervento per asportare la cata-ratta con la tecnica chiamata facoemulsi cazione, che oggi è la più usata. Una sonda a ultrasuoni frammenta la cataratta, con-sentendone la rimozione attraverso una piccola incisione di soli 3 millimetri. L’intervento è eseguito generalmente in anestesia topica (collirio) e dura circa 20 minuti. Non si avverte dolore né al momento della anestesia né durante e dopo l’operazione. Il chirurgo opera sempre con l’ausilio del microscopio. Se l’oc-chio lo permette, nella quasi totalità dei casi viene asportato il cristallino opaco e sostituito con uno arti ciale permanente. Questa lente arti ciale, in materiale plastico perfettamente tol-lerato, viene inserita al posto del vecchio cristallino, ancorata ai suoi legamenti naturali, rimanendo per sempre all’interno dell’occhio. La visione si riacquista rapidamente e progressiva-mente n dal primo giorno, raggiungendo la stabilità verso l’ot-tavo giorno. Talvolta, passato questo termine, sono necessari gli occhiali per ottimizzare la visione per lontano e per vicino. Nella gran parte dei casi, il paziente viene dimesso dopo alcune ore dall’intervento, con una benda, che protegge l’occhio ope-rato per le 24 ore successive. La prima visita di controllo vie-ne effettuata il giorno successivo l’intervento. Per due-quattro settimane il paziente, a casa, deve mettere delle gocce di colli-rio nell’occhio operato. Possono essere utili gli occhiali scuri a scopo protettivo. Il paziente puo’ avvertire diversi sintomi del tutto normali, che spariranno in breve tempo: un lieve fastidio in zona oculare, con arrossamento e lacrimazione; sensazioni visive di corpuscoli scuri vaganti; la luce, talvolta, appare con dominanti azzurro/verdi; le luci possono sembrare allungate, con degli aloni. Appena dimesso, il paziente deve chinarsi con una certa prudenza e non deve sollevare pesi eccessivi. Può lavarsi il viso e fare il bagno già il giorno dell’intervento, evitando di toccare la regione oculare, mentre è consigliabile attendere almeno qualche giorno per la doccia e lo shampoo. Dopo sette giorni si può andare dal parrucchiere. I pazienti che svolgono un lavoro sedentario pos-sono riprenderlo non appena se lo sentono. Chi svolge un lavoro manuale pesante può riprenderlo dopo due settimane. A distanza di alcuni mesi dall’intervento, in alcuni casi anche di anni, la vec-chia capsula del cristallino, dove è adagiata la nuova lente arti cia-le, si può opacare (cataratta secondaria), annebbiando di nuovo la

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visione. In questa eventualità si ricorre all’utilizzo del laser, che ambulatorialmente, in pochi minuti e senza dolore, toglie il fasti-dioso annebbiamento. Oggi l’intervento di cataratta è, dunque, di-ventato un’operazione di routine, che va affrontata con serenità, seguendo i consigli del proprio oculista.

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Oltre agli occhi anche l’udito!Dal 6 febbraio 2009 è iniziata,

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che a causa della guerra ha sofferto ed è stato duramente colpito.

Serata magica a CasalmoroSerata doppiamente magica quella di sa-bato scorso, 7 febbraio 2009, alla scuola primaria di Casalmoro. Magica per l’affa-scinante e misterioso spettacolo col quale il “mago” Paolo ha saputo intrattenere per ben due ore un folto pubblico di bambi-ni, genitori, zii e nonni accorsi nonostante l’acquazzone del tardo pomeriggio, magi-camente nito poco prima dell’inizio della serata. Doppiamente magica perché le nu-merose e generose offerte degli spettatori sono state interamente versate sul conto corrente che il Comitato “Opera per Opa-ra” ha aperto presso la banca locale per la raccolta dei fondi necessari perché un no-stro concittadino, il signor Opara, padre di due bambini, possa essere sottoposto al delicato intervento di trapianto del rene. Il sistema sanitario infatti non copre i costi relativi agli accertamenti medici e all’in-tervento del donatore, in quanto residente all’estero. Ma lasciamo un momento l’im-portantissimo scopo bene co della serata per tornare alla magia dello spettacolo del mago Paolo. Musiche misteriose e luci soffuse hanno trasformato l’ambien-te scolastico, noto ai bambini, in un luogo magico, dove una corda tagliata a pezzi e messa in un un sacchetto si ricompone integra fra lo stupore del pubblico, dove da contenitori in amme escono colombe vere, dove l’immancabile coniglietto bian-co sbuca dal cappello visibilmente vuoto, dove il mago, coperto da una maschera e avvolto in un lenzuolo come se fosse un fantasma, costruisce sotto gli occhi di tut-ti una casetta di cartone dalla quale esce improvvisamente un altro fantasma che, smascherato, si scopre essere lui stesso, mentre il primo fantasma, tolta la masche-

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L’insegnamento è rivolto a bambini e adulti che sono interessati ad impa-rare o migliorare il proprio inglese, partendo da un livello base a quello più avanzato.Le lezioni potranno essere individua-li o a piccoli gruppi, con programmi studiati su misura per ogni esigenza. L’insegnante sarà a vostra completa disposizione per concordare gli ora-ri e dove effettuare le lezioni (anche a casa), secondo le necessità degli studenti.Per maggiori informazione contattare:Jenny, cell. 333 3904564 Andrew, cell. 334 3649435e-mail: [email protected]

* * *Un lettore, dopo aver visto pubblicato sul N°6 del 2008 il ricordo che abbiamo fatto al sig. Bruno Mazzali, suggerisce a chi ne ha il potere di intitolargli il Ga-gliardetto dell’Associazione Mutilati ed Invalidi di Guerra, sezione di Asola. Ov-viamente, anche l’Asolano non può che essere d’accordo con l’autore di questa richiesta che ha lo scopo di ricordare in maniera più signi cativa una persona

L’Asolanobimestrale

Periodico indipendente d’attualità e cultura del territorio di Asola

ANNO 4 - N° 1Gennaio / Febbraio 2009

Autorizzazione Tribunale di Mantova N° 2 / 06 del 16 / Giugno 2006

Direttore Responsabile: Guido Baguzzi

Albo Giornalisti N° 110821 e-mail: [email protected]

Direzione e Redazione: Asola (Mantova)

Via Cantarane, 39 - Tel. 338.1516966Sito internet: www.asolano.it

Raccolta pubblicitaria: Guido Baguzzi

Via Libertà, 51 - Tel. 0376.720777Pubblicità: inferiore al 45%

Stampa:

Gescom - Viterbo

Editore: Associazione Culturale “L’Asolano”

Presidente: Dario Compagnonie-mail: [email protected]

Asola, via Pignole, 24Registrata l’11 agosto 2005

Uff. Reg. Castiglione Stiv. N° 3119 / 3

Collaboratori:Annalisa Antonini, Eros Aroldi,

Cristiana Azzali, Cav.Rep.A. Bertuzzi,Augusto e Giusy Bolther, Ester Cauzzi, Dario Compagnoni, Egizio Fabbrici, Enrico Ferro, Don Riccardo Gobbi, Antonella Goldoni, Rosalba Le Favi,

Marco Peri, William Rizzieri,Anna Sbalchiero, Gianbattista Schiavi,Bruno Solazzi, Massimiliano Todeschi,Rosanna Viapiana, Romano Zucchelli

Attuale Zona di Diffusione:Asola, Acquanegra, Casalmoro,

Casalromano, Castelnuovo, Casaloldo, Ceresara, Piubega.

Tiratura attuale: 1.000 copie

I cittadini segnalano

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ra, rivela il volto non del mago, come tut-ti si aspettavano, ma della sua assistente.Di grande effetto poi il numero in cui una ragazza, fra melodie e luci misteriose, re-sta sospesa nel vuoto fra l’incredulità del pubblico. Grazie al gruppo di mamme che ha organizzato lo spettacolo. Grazie al mago Paolo (contattabile al numero 333 4962518) che ha simpaticamente coinvolto i bambini ed ha incuriosito i grandi. Grazie all’Amministrazione Comunale di Casal-moro e all’Istituto Comprensivo di Asola che, unitamente al personale docente e non, hanno concesso i locali della scuola prima-ria. Grazie al Comitato “Opera per Opara” che, con il prezioso aiuto di tante persone, ha promosso e realizzato questa iniziativa. Grazie a tutte le persone che hanno par-tecipato alla serata e grazie a tutti coloro che vorranno sostenere economicamente la raccolta fondi tramite donazioni sul conto corrente bancario numero 7402 della liale Mantovabanca 1896 di Casalmoro (IBAN: IT2100800157500000000007402).

Simone Peverada

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