L’ANALISI DEL PROGRESSO - I.S.I.S "GIULIO NATTA...

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1 L’ANALISI DEL PROGRESSO: Progresso come sviluppo tecnologico e regresso umano Tesina a cura di: Gianluca Piazzalunga Classe V BLST I.S.I.S. “Giulio Natta” - Viale Europa n. 15 - Bergamo Anno scolastico 2013 -2014

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L’ANALISI DEL PROGRESSO:

Progresso come sviluppo tecnologico e regresso umano

Tesina a cura di: Gianluca Piazzalunga Classe V BLST

I.S.I.S. “Giulio Natta” - Viale Europa n. 15 - Bergamo

Anno scolastico 2013 -2014

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INTRODUZIONE

Il progresso, nel linguaggio comune, è sinonimo di processo di avanzamento, miglioramento, di

sviluppo, di benessere. Storicamente questo termine ha accompagnato l’uomo durante la sua

evoluzione; il progresso non è che una propensione naturale dell’uomo, una tendenza innata alla

totalità, a cercare una spiegazione globale ed assoluta, per questo motivo l’uomo fin dall’antichità

cerca di superare i limiti dell’esperienza delle epoche precedenti.

Nel periodo moderno l’idea di progresso è nata con l’illuminismo, ampio movimento politico,

sociale, culturale e filosofico sviluppatosi approssimativamente nel secolo XVIII in Europa. Questo

movimento introdusse, nella cultura europea, la fede nella ragione ma principalmente diede vita ad

una visione ottimistica del progresso. Si pensò che la coniugazione tra ragione e modello

sperimentale della scienza avrebbe portato alla scoperta non solo delle leggi del mondo naturale, ma

anche di quelle di sviluppo sociale quindi avrebbe favorito un progresso indefinito della

conoscenza, della tecnica e della morale. Questo filone di pensiero è evidenziabile nella citazione di

uno dei suoi massimi esponenti, Victor Hugo: ”Ecco il mio motto progresso costante. se Dio avesse

voluto che l’uomo indietreggiasse, gli avrebbe messo un occhio dietro la testa. noi guardiamo sempre

dalla parte dell’ aurora, del bocciolo, della nascita.”

Tale pensiero filosofico verrà successivamente ripreso e rafforzato dalle dottrine positiviste. Il

Positivismo, movimento nato in Francia nella prima metà dell’ottocento ed espanso nel resto

d’Europa nella seconda metà dello stesso secolo, si configura come un movimento per certi aspetti

simile all'Illuminismo, di cui condivide la fiducia nella scienza e nel progresso scientifico-

tecnologico e, per altri aspetti, affine alla concezione romantica della storia che vede nella

progressiva affermazione della ragione la base del progresso o evoluzione sociale.

Il progresso, soprattutto quello tecnico e oggi quello tecnologico, ha fatto parte della cultura

occidentale in tutto il Novecento, fino a giungere ai giorni nostri. Il progresso scientifico e

tecnologico ha infatti innegabilmente migliorato la nostra vita con una serie di scoperte e di

invenzioni che hanno permesso all'uomo di aumentare la sua aspettativa e tenore di vita, di rendere

più efficiente il suo lavoro, di avvicinare luoghi, che nelle epoche precedenti sembravano

inarrivabili, attraverso un efficiente sistema di trasporti, di incrementare e migliorare le tecniche

produttive.

La scienza viene dunque da sempre impiegata per migliorare la qualità della vita dell'uomo, dall'uso

degli strumenti matematici e di calcolo per lo studio della realtà, all'uso del computer e dei supporti

informatici per migliorare e razionalizzare il lavoro (come nel caso della creazione di un database) o

all'utilizzo di Internet per scambiare informazioni in tempo reale e praticamente senza alcuna

restrizione.

Il progresso sembrerebbe rappresentare un processo assolutamente positivo, ma i sacrifici e le

conseguenze di tale fenomeno evidenziano molti aspetti negativi. Uno di questi aspetti, verrà

sottolineato da Pirandello, la meccanizzazione con la conseguente alienazione dell’uomo…

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Indice

LETTERATURA ITALIANA

La visione pirandelliana del progresso: pag. 4

Formazione e poetica

Introduzione all’opera di Pirandello: “I quaderni di Serafino Gubbio operatore” pag. 6

Trama e Analisi pag. 8

Tematiche: Alienazione pag. 8

Declassazione dell’intellettuale pag. 9

La perfezione e la distruzione dell’uomo pag. 10

Premessa seconda de “Il fu Mattia Pascal” pag. 10

Conclusioni pag. 11

STORIA

La seconda rivoluzione industriale pag. 12

Società di massa pag. 13

FISICA

L’elettricità pag. 15

La corrente elettrica pag. 15

I circuiti in corrente continua:

Legge di Ohm e resistenza pag. 16

Legge di Kirchhoff pag. 18

Condensatori e capacità pag. 19

Circuiti RC pag. 19

FILOSOFIA

L’alienazione secondo Marx pag. 21

INGLESE Charles Dickens: cenni biografici pag. 23

Commenti pag. 24

Hard times pag. 25

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PIRANDELLO: “FORMAZIONE E POETICA”

Pirandello è lo scrittore italiano del Novecento più famoso nel

mondo.

Grazie a Pirandello la letteratura italiana entra a contatto con

alcuni dei caratteri fondamentali della ricerca dell’avanguardia

europea del primo Novecento.

Essendo lo scrittore siciliano nato nel 1867 a Girgenti (ora

Agrigento) possiamo affermare che la sua iniziale attività

letteraria fu influenzata dal patriottismo e dai valori

risorgimentali, che caratterizzarono le correnti letterarie di quel

periodo.

Tenendo presente l’evoluzione artistica e culturale di Luigi

Pirandello, è possibile distinguere cinque diversi periodi nella

sua vita e nella sua produzione letteraria e teatrale:

1) il periodo della formazione che giunge sino al 1892 (si laurea a Bonn nel 1891), quando egli

decide di dedicarsi alla letteratura;

2) quello della coscienza della crisi, caratterizzato dall’ affiorare delle tematiche relativistiche;

3) il periodo della narrativa umoristica con la pubblicazione di “Il fu Mattia Pascal” (1904) e

“Quaderni di Serafino Gubbio operatore” (1915);

4) periodo del grande successo internazionale teatrale (1918-1922);

5) la stagione surrealistica segnata dai “miti teatrali” e dalla composizione delle ultime novelle.

Nel 1934 vince il premio Nobel per la letteratura.

Un primo dato vale la pena di sottolineare nell’opera di Pirandello: i suoi temi di fondo sono già

tutti presenti sin dal suo primo romanzo: contrariamente ad altri artisti la cui produzione testimonia

ricerche, svolte, pentimenti; Pirandello imbocca la sua strada dalla quale non si allontanerà più. I

tratti caratteristici della produzione pirandelliana sono: il contrasto tra realtà ed apparenza, lo

sfaccettarsi della verità (tante verità quanti sono quelli che presumono di possederla), l’assurdità

della condizione dell’uomo, fissato con la catalogazione (innocente, ladro, adultero ecc.) in una

forma che soffoca la vita. Ne il fu Mattia Pascal (1904), il protagonista deve constatare quanto

vincolanti siano le convenzioni sociali e come è impossibile uscirne. Da ciò deriva una situazione

conflittuale tra uomo e società: inutilmente l’uomo cercherà di realizzare pienamente se stesso

perché sbatterà contro questo carcere senza porte e senza finestre e inutilmente cercherà un dialogo

e la comprensione degli altri chiusi a loro volta nel proprio carcere. La vita associativa si dissolve in

pulviscolo di atomi, di monadi impenetrabili; le verità le certezze svelano la loro natura fittizia e

convenzionale.

Nel 1908 con il saggio su “L’Umorismo” Pirandello integra quanto sopra con la teorizzazione di

una forma d’arte, l’umorismo appunto che si basa sul sentimento del contrario, cioè su una

contemporanea presenza di rappresentazione e riflessione, su una disposizione dell’artista a vedere

dietro alle “verità” la sostanziale precarietà della vita, a scomporre i vari momenti della nostra

personalità per coglierne le contraddizioni. Per questo Pirandello considera l´arte umoristica come

un mezzo perfetto per ritrarre la società del suo tempo, le sue contraddizioni e conflittualità. La

chiave umoristica non diventa dunque soltanto specchio di uno stato d’animo, è anche un modo per

spiegare i fatti della psiche dell’individuo, è un mezzo per riconoscere la vera realtà, un mezzo per

saper decifrarla. L’arte umorista, ha come base esprimere le condizioni totalizzanti, inevitabili e

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definitivi degli uomini. L’umorista è quello che cerca di scoprire l’oltre di ogni realtà per poter poi

conoscerla nella sua verità nascosta. Pirandello dunque riflette sulle contraddizioni della falsa realtà

e sulle forme e convenzioni da quella realtà imposte.

La fase essenziale della sua vita fu infatti il periodo della narrativa umoristica, che segnò una svolta

di fondamentale importanza per la sua produzione letteraria. Questo periodo risulta significativo,

oltre che per la pubblicazione de “Il fu Mattia Pascal” e “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”,

per l’elaborazione della poetica umoristica che contraddistingue tutte le opere pirandelliane di quel

periodo tra le quali: ”I vecchi e i giovani”, “Suo marito” e “Uno nessuno centomila”.

La progettazione della poetica dell’umorismo avvenne tra il 1904 e il 1908 anno in cui uscì il

volume “L’umorismo”. Nell’opera “ Il fu Mattia Pascal” bisogna evidenziare le due premesse

iniziali, che corrispondono ai primi due capitoli, che gettarono le basi della nuova poetica. Nelle due

elaborazioni è presente una sostanziale differenza riguardante la visione dell’ umorismo. Infatti nel

volume “L’umorismo” pubblicata nel 1908, sembra considerare l’ umorismo una caratteristica

perenne dell’arte, riscontrabile nell’antica Grecia come nell’Italia moderna. Mentre nelle due

premesse l’umorismo è strettamente legato alla nascita della modernità e in particolare alla scoperta

di Copernico.

Da questa differenza è osservabile la visione oscillante dell’umorismo di Pirandello. Lo scrittore

siciliano vacilla tra una visione eterna dell’umorismo, considerato come una possibilità perenne

dell’uomo, e invece una sua visione storica, derivante da particolari condizioni che hanno posto in

crisi le antiche certezze. Da un lato infatti Pirandello vede un limite connaturale all’uomo, che da

sempre vive in un mondo privo di senso e che tuttavia si crea una serie di illusioni, autoinganni

attraverso i quali cerca di dare significato all’esistenza. In questa prospettiva l’umorismo sarebbe

l’eterna tendenza dell’arte a svelare tale contraddizione. Dall’altro sostiene che l’affermazione della

modernità comporta ad un maggiore approfondimento e una maggiore attualità dell’atteggiamento

umoristico. Modernità condizionata dal relativismo ossia una posizione filosofica che pone in crisi

l’idea di una verità certa e oggettiva.

Inoltre la poetica elaborata da Pirandello volge continuamente ad evidenziare il contrasto tra forma

e vita e fra persona e personaggio. Il contrasto tra forma e vita è indubbiamente costitutivo dell’arte

pirandelliana e della stessa poetica dell’umorismo, che sottolinea ironicamente i modi con cui la

forma reprime la vita e rivela gli autoinganni con cui il soggetto si difende dalla forza sconvolgente

dei bisogni vitali.

Lo scrittore afferma, come già spiegato precedentemente nella visione dell’umorismo eterna,

nuovamente il suo punto di vista in cui l’uomo ha bisogno di illusioni ed autoinganni al fine di

attribuire un senso alla sua esistenza, perciò organizza la vita secondo convenzioni, riti, istituzioni

che in lui devono rafforzare tali illusioni. Gli autoinganni individuali e sociali costituiscono la

forma dell’ esistenza. La forma blocca la spinta anarchica delle pulsioni vitali, la tendenza a vivere

momento per momento al di fuori di ogni scopo ideale e di ogni legge civile, cristallizza e paralizza

la vita.

Possiamo sostenere inoltre che il contrasto successivo evidenziato dalla poetica pirandelliana sia

strettamente legato alla concezione di forma, in quanto l’uomo, costretto a vivere nella forma, non è

più una persona integra, coerente e compatta, fondata sulla corrispondenza armonica fra desideri e

realizzazione, passioni e ragione; ma si riduce ad una maschera o ad un personaggio che recita la

parte che la società esige da lui e che egli stesso si impone attraverso i suoi ideali morali. Il

personaggio non è solido, coerente perché non è più una persona. Innanzi a sé il personaggio ha un

bivio: una strada è costituita da incoscienza, ipocrisia, adeguamento passivo alle forme; la seconda

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porterebbe il soggetto a vivere consapevolmente, amaramente, e autoironicamente la scissione fra

forma e vita. In quest’ultimo caso la riflessione interviene continuamente a porre una distanza tra il

soggetto e i propri gesti, fra l’uomo e la vita. Più che vivere, il personaggio “si guarda vivere”. Chi

si guarda vivere, si pone fuori dall’esperienza vitale; condannato all’estraneità, guarda da fuori e

compatisce non solo gli altri ma anche se stesso.

Questo distacco riflessivo, amaro, pietoso ed ironico è il carattere distintivo dell’umorismo. Proprio

questo è il segno caratterizzante a distinguerlo nella comicità; Pirandello sostiene che il comico

nasce dal semplice e immediato “avvertimento del contrario”, dall’avvertire, con un sussulto

irresistibile che provoca il riso, che una situazione o un individuo sono il contrario di quello che

dovrebbero essere. Mentre l’umorismo è il “sentimento del contrario” che nasce dalla riflessione.

Riflettendo sulle ragioni per cui una persona o una situazione sono il contrario di come dovrebbero

essere, al riso subentra il sentimento amaro di pietà.

Questa sostanziale differenza la si può osservare nel volume “L’umorismo” parte seconda: “La

vecchia imbellettata”.

“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi

tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella

vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso

così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è

appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce

che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma

che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che parata così, nascondendo così

le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io

non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar

oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario

mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e

l’umoristico.

INTRODUZIONE ALL’ OPERA DI PIRANDELLO:

“Quaderni di Gubbio Serafino operatore” è probabilmente, con “Il fu Mattia Pascal”, il capolavoro

di Pirandello nel campo del romanzo. Inizialmente uscì a puntate nel 1915 sulla ‘Nuova Antologia’

e in volume l’anno seguente , intitolato “ Si gira”. Nel 1925 venne rielaborato e pubblicato con il

titolo odierno.

E’ un romanzo con il quale Pirandello vuole misurarsi con la nuova età del progresso tecnico. Lo

scrittore denuncia apertamente il pericolo che comportano le innovazioni tecnologiche.

Nel romanzo si riflette in pieno la poetica pirandelliana e cioè la sua visione negativa del mondo

dominato dalle macchine, dalle convenzioni e dalle condizioni sociali. La visione negativa del

mondo in cui l’individuo è immerso nella continua lotta tra la realtà e finzione. In questa opera

possiamo individuare molte problematiche tipiche della produzione pirandelliana: il concetto della

maschera degli individui la quale rappresenta una costante assoluta della poetica pirandelliana.

Maschera come mezzo per nascondere i veri sentimenti degli individui, un mezzo che fa

impenetrabile la loro anima. I personaggi mascherati dunque non svelano i veri sentimenti e questo

ha per l’effetto l’incomunicabilità, la falsità, l’ipocrisia. Il compito del personaggio umorista, il

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quale è senza dubbi Serafino Gubbio, per quanto gli sarà possibile, è denudare le anime nascoste,

strappargli le maschere e presentarle nella loro reale condizione.

Pirandello era avverso all´avveniente meccanizzazione, alla nuova età della tecnica. La sua visione

negativa si fa chiara appunto nei Quaderni, in cui possiamo osservare la polemica dello scrittore

contro “la macchina che meccanizza la vita”, fa dell´uomo schiavo e lo sottomette. Con ciò sorgono

le questioni delle conflittualità dell´individuo, come ad esempio il vivere e l´io nella nuova società

industriale. Società di massa che si fonda sull’esaltazione della tecnica e della bellezza.

I Quaderni di Serafino Gubbio operatore potremmo, in modo semplicistico, definire come un

romanzo sul ruolo delle macchine nella vita degli uomini. Tale definizione però risulta molto

esemplificativa e povera perché il romanzo del primo decennio dello secolo scorso è pieno di

estensioni simboliche, le quali, in virtù della capacità e modernità pirandelliana, potrebbero essere

facilmente applicate anche alla società contemporanea. Comunque è indiscutibile che la

problematica delle macchine è uno dei temi principali del romanzo.

Il congegno centrale del romanzo è infatti una sgomenta immagine della vita collettiva come

meccanismo agito dalle macchine, governato dalla loro “fame”, che dalla parte di Pirandello è

sinonimo di alienazione, mentre da parte dei futuristi diventava sinonimo di dominio, pronostico di

una stagione di rivincite per i nuovi “barbari” della fantasia tecnocratica.

La macchina, e in conseguenza, il cinema irrigidisce l´arte. La macchina riprende tutto

impassibilmente: e questa fredda oggettività sembra essere una delle cause dell’avversione di

Pirandello verso di essa. Questo processo di meccanizzazione, poi, coinvolge anche l'arte; il cinema,

attraverso cui gli attori possono trasmettere solo finzioni, nuovo divertimento di massa prende la

rivincita sul teatro il quale è ancora in grado di trasmettere veri sentimenti. È insomma una sfida

della velocità e della consumazione sui vecchi principi, sui vecchi valori.

Le macchine risucchiano la vita, trasformano ogni elemento di vita in cosa, la realtà in finzione e

l´artificio. Lo scrittore attribuisce alla macchina l´aggettivo “vorace” e in più le macchine vengono

designate per mezzo delle metafore che affiorano in tutto il romanzo.

Inoltre Pirandello avverte anche sul fatto che le macchine sostituiscono gli uomini nelle attività che

prima appartenevano ed erano svolte solo ed esclusivamente dall´uomo.

Infatti, i Quaderni annunciano la crisi del ceto medio dell´epoca in cui Pirandello li compone.

Pirandello era incline a scorgere nella tecnica il tecnicismo, nella macchina il macchinismo. Mentre

la società maggioritaria scorgeva nella tecnica un passo grandioso per l´umanità, Pirandello non ne

vedeva che aspetti negativi. La storia naturale della vita appare schiacciata, come avremo possibilità

di vedere più avanti, tutta raccolta in reliquari della memoria.

I Quaderni meritano notevole attenzione perché appunto qui Pirandello si misura direttamente con

l’imminente età industriale. Qui emerge in pieno la sua posizione di profonda diffidenza verso le

macchine. Pirandello segue le tracce della riduzione dell’uomo a cosa al contatto con la tecnica. E

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sono proprio i Quaderni che introducono questa problematica. Una problematica che conferma in

pieno la maestria e genio di Pirandello in quanto egli individua questa problematica ancora prima

che si faccia veramente attuale.

In questo romanzo Pirandello esegue un'attenta analisi sugli aspetti della vita e scava a fondo

inoltrandosi nei meandri della mente umana, l'umorismo, il pessimismo, il relativismo assoluto,

l'incomunicabilità e la crisi di valori che il progresso tecnologico inevitabilmente porta con sé, sono

i punti cardini della sua filosofia. I temi vengono presentati con un' innovativa struttura aperta,

sperimentale, quasi diaristica (‘Quaderni’) che si presenta ricca di anticipazioni, ritorni all'indietro

(flashback) e racconti nel racconto: la struttura narrativa di tipo tradizionale viene abbandonata

TRAMA & ANALISI

Il romanzo narra della vicenda di Serafino, un operatore cinematografico che quotidianamente

annota su dei quaderni tutti gli avvenimenti che riguardano quelli che lavorano nel suo ambiente e

soprattutto la storia di un'attrice russa, grande seduttrice di uomini, Varia Nestoroff.

Nella scena finale del romanzo Serafino riprende meccanicamente con la sua cinepresa una scena

terribile: un ex amante della Nestoroff (Aldo Nuti) sta girando una scena in cui deve uccidere una

tigre; tuttavia, invece di rivolgere l'arma verso l'animale, egli uccide la Nestoroff per vendicarsi

della sua insensibilità verso gli uomini e per gelosia. Rimane però ucciso a sua volta, sbranato dalla

stessa tigre. Serafino, che sta filmando la scena, diviene muto per lo shock e rinuncia ad ogni forma

di sentimento e di comunicazione.

Oltre a contenere tratti caratteristici della nuova poetica ,in questo romanzo Pirandello svolge una

convinta polemica contro la macchina, colpevole di mercificare la vita e la natura. La macchina

distrugge l'unicità e i sentimenti dell'uomo (Serafino resta impassibile a quello che accade per

filmare tutto essendo un' operatore a servizio della macchina). L'uomo non viene considerato nella

sua unicità, tutto deve essere "perfetto" senza emozioni e sentimenti. Secondo l'autore questo

meccanismo porterà, un giorno, alla distruzione totale e alla progressiva perdita di valori. In un

momento in cui i futuristi, e in generale tutta una tradizione ottocentesca e positivistica, esaltavano

le macchine e la tecnologia come fattori rivoluzionari di progresso e di miglioramento sociale,

Pirandello svolge, al contrario, una sua convinta polemica contro la macchina, colpevole, ai suoi

occhi, di mercificare la vita e la natura.

TEMATICHE:

ALIENAZIONE

Uno dei temi principali di quest’ opera è proprio il rapporto tra l’ uomo e la macchina e l’

alienazione che l’uomo subisce. Il nucleo centrale del romanzo poggia proprio sul contrasto

vita/macchina che determina l’impoverimento dell’uomo di vita e di creatività, che diventa servitore

di macchinari.

Sin dall’ inizio il protagonista è presentato nell’ atteggiamento di chi, estraniato dalla vita, la studia

per cercarvi invano un significato. Il suo stesso lavoro di operatore contribuisce a tale condizione.

Pirandello con ironia evidenzia la progressiva spersonalizzazione di Serafino Gubbio così come il

suo assoggettamento alla macchina, cioè alla cinepresa. E con umorismo amaro osserva: "Sono

operatore. Ma veramente, essere operatore, nel mondo in cui vivo e di cui vivo, non vuol dire mica

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dire operare. Io non opero nulla". Altri tracciano sul tappeto o sulla piattaforma i limiti entro i quali

gli attori debbono muoversi per tenere in fuoco la scena, egli non fa altro che prestare i suoi occhi

alla macchinetta perché possa indicare fin dove arriva a prendere. Apparecchiata la scena, il

direttore vi dispone gli attori e suggerisce loro l’azione da svolgere, dicendo approssimativamente il

numero di metri di pellicola che abbisognano, poi grida agli attori: attenti, si gira! E Serafino si

mette a girare la manovella, semplice esecutore di ordini che altri hanno dato. Al termine, deve solo

indicare quanti metri di pellicola sono stati impiegati. Per fare questo, non occorre aver un’anima o

una mente; la qualità principale che gli si richiede come operatore è di arrivare ad essere un serio

professionista in grado di rimanere impassibile davanti alla vita che lo circonda, come un

ingranaggio meccanico, la cui perfezione, in quanto tale, consiste nel raggiungere un totale stato

d’impassibilità.

DECLASSAZIONE DELL’ INTELLETTUALE

Serafino Gubbio è l’intellettuale che rinuncia a svolgere un ruolo ideologico propositivo; è il nuovo

intellettuale “senza qualità” che degradato alla pura mansione tecnica, alla fine si trova ridotto a “un

silenzio di cosa”. Il silenzio è l’ultimo approdo di una condizione in cui l’unica salvezza possibile

sta paradossalmente nella perfetta indifferenza, simile a quella che caratterizza la modernità

circostante. In questa situazione l’uomo non può sottrarsi, poiché la sua condizione non è che il

riflesso dell’ alienazione dominante.

Non solo il protagonista operatore risulta alienato, infatti nel romanzo Serafino incontra in un

ospizio di mendicità un vecchio violinista, che è proprio simbolo della sorte miserabile a cui il

continuo progresso condanna l’umanità. Malgrado i suoi tentativi di sottrarsi alla tirannia delle

macchine, il violinista, ridotto alla povertà dalla sua passione per il violino, viene ripetutamente

costretto ad accettare umili lavori, come quello di alimentare con forme di piombo le macchine da

stampa monotype, in modo da poter riscattare il suo prezioso strumento dal banco dei pegni. La

tragedia esplode quando una compagnia cinematografica assume il vagabondo per accompagnare

una pianola con il suo violino: la richiesta di asservire il suo talento artistico al ritmo automatico di

una macchina lo fa infuriare a tal punto da causargli un accesso di ira cieca che gli procura due

settimane di prigione. Rilasciato il vagabondo smette di suonare il suo violino.

Tutti i personaggi presenti all’ interno dell’opera avvertono confusamente un senso di vuoto, che il

loro corpo è quasi sottratto, soppresso, privato della sua realtà, del suo respiro, della sua voce, del

rumore che esso produce muovendosi, per diventare solamente un’immagine muta, che tremola per

un momento sullo schermo e scompare in silenzio, d’un tratto, come un’ombra inconsistente, gioco

d’illusione su uno squallido pezzo di tela.

Questa non è che un’ altra dimostrazione della situazione dell’uomo, surrogato dalla macchina.

Da questo tratto dell’opera possiamo comprendere il sentimento amaro che pervade lo scrittore

siciliano e la sua visione pessimista nei confronti della modernità e del continuo sviluppo

tecnologico.

Il valore metaforico della macchina da cinepresa emerge in tutta la sua profondità se collegata alla

concezione pirandelliana della vita. La realtà tutta è vita, perpetuo movimento vitale, flusso

continuo, Ciò che esce fuori da questo flusso perde forma, si irrigidisce, comincia a morire. Così

avviene per l’identità dell’uomo. La cinepresa, che fissa le azioni in una forma, diviene metafora

della tendenza dell’uomo a fissarsi in una realtà che egli stesso si dà.

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Ciascuna di queste forme è una visione fittizia, una maschera che noi stessi c’imponiamo e che

c’impone il contesto sociale. La presa di coscienza di questa inconsistenza dell’io suscita nei

personaggi pirandelliani smarrimento e dolore. La realtà non è più una totalità organica ma si

spezza in molti frammenti che non hanno un senso complessivo.

LA PERFEZIONE E LA DISTRUZIONE DELL’UOMO:

La vendetta compiuta da Serafino sul suo ruolo di automa, portandolo all’estremo, si ritorce, però,

contro di lui: lo choc, provocatogli dall’ultima scena del film in cui Nuti prima assassina con un

colpo di fucile la Nestoroff e poi si lascia sbranare dalla tigre, lo rende muto per sempre. Per

comunicare con gli uomini non gli resta che “una penna e un pezzo di carta”. L’afasia così

raggiunta è, tuttavia, anche la sua perfezione “come operatore”: il suo tanto vantato “silenzio di

cosa”, che lo assimila alla macchina fino alla contaminazione fisica con questa, è pervenuto al suo

punto culminante.

Questa parabola è stata anticipata all’inizio del romanzo dall’incontro con l’uomo del violino,

ridotto anch’egli al mutismo e senza nome, il violinista. Ma tale “professionale impassibilità”, tale

afasia, già dalle prime pagine del romanzo è qualcosa da scontare e di cui vendicarsi: “soddisfo,

scrivendo, ad un bisogno di sfogo, prepotente”. La scrittura diviene strumento conoscitivo, di

analisi, di oggettività: “studio la gente nelle sue più ordinate occupazioni, se mi riesca di scoprire

negli altri quello che manca a me per ogni cosa ch’io faccia - la certezza che capiscano ciò che

fanno”.

Il processo di disgregazione a cui l’umorismo di Pirandello ha sottoposto tutti i miti, che i suoi

contemporanei si sono creati, arriva all’impossibilità di pronunciare qualsiasi giudizio sulla vita e

sulle umane azioni.

2^ PREMESSA DE “IL FU MATTIA PASCAL”

Pirandello affronta la questione del progresso sia nella Premessa seconda (filosofica) del Il fu

Mattia Pascal (1904), sia nel corso del romanzo. Nella Premessa riprende la teoria

(antiprogressista) di Leopardi: l'umanità, scoprendo con Copernico le vere dimensioni della Terra e

il suo ruolo inessenziale all'interno dell'universo, ha visto crescere il senso angosciante della propria

relatività: dunque la sua condizione è peggiorata, non migliorata. Nei capitolo IX, dedicato a

Milano (questa città, di nuovo, viene presa come modello di vita moderna), Pirandello ripropone il

tema della massa cittadina, del «frastuono» della folla e dello «stordimento» prodotto dalle

macchine e dai nuovi tram elettrici. A questo punto incontriamo il passo che segue:

«Oh perché gli uomini», domandavo a me stesso smaniosamente, «si affannano così a rendere man

mano più complicato il congegno della loro vita? Perché tutto questo stordimento di macchine? E

che farà l'uomo quando le macchine faranno tutto? Si accorgerà allora che il così detto progresso

non ha nulla a che fare con la felicità? Di tutte le invenzioni, con cui la scienza crede onestamente

d'arricchire l'umanità (e la impoverisce, perché costano tanto care), che gioja in fondo proviamo

noi, anche ammirandole?».

In un tram elettrico, il giorno avanti, m'ero imbattuto in un pover'uomo, di quelli che non possono

fare a meno di comunicare agli altri tutto ciò che passa loro per la mente.

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— Che bella invenzione! —mi aveva detto. — Con due soldini, in pochi minuti, mi giro mezza Mi-

lano.

Vedeva soltanto i due soldini della corsa, quel pover'uomo, e non pensava che il suo stipendiuccio

se n'andava tutto quanto e non gli bastava per vivere intronato di quella vita fragorosa, col tram

elettrico, con la luce elettrica, ecc., ecc.

Eppure la scienza, pensavo, ha l'illusione di render più facile e più comoda l'esistenza ! Ma, anche

ammettendo che la renda veramente più facile, con tutte le sue macchine così difficili e complicate,

domando io: « E qual peggior servizio a chi sia condannato a una briga vana, che rendergliela

facile e quasi meccanica?»

CONCLUSIONE:

“La meccanizzazione ha tolto la possibilità di dare un senso al passare della vita ed il mutismo di Serafino

può essere visto come metafora dell'alienazione dell'artista e della riduzione dell'uomo a macchina, a ben

pensare tutto ciò può essere riscontrato nei giorni nostri dove la continua robotizzazione sta pian piano

sopprimendo tanti lavori a cui l'uomo poteva in passato dedicarsi, magari ha il lato positivo di velocizzare

l'andatura ma, a ben guardare rende tutto un po' più meccanico, un po' più alienante, un po' meno

umano. Sembra quasi che Pirandello, con la sua filosofia abbia previsto molto di ciò che accade oggi,

l'impassibilità sempre più dominante di fronte a tante ingiustizie e disastri, le continue "maschere" che

l'uomo è costretto ad indossare ogni giorno, vuoi per ottenere un posto di lavoro, vuoi per piacere di più

agli altri, vuoi per un senso generale di insicurezza che serpeggia senza che , con il cervello "centrifugato"

dai mass-media e da tutti i modelli che ci vengono proposti, o per meglio dire, inconsciamente imposti, ce

ne accorgiamo”.

La principale causa, se non l’unica, di tale rivoluzione sociale ed economica è la seconda

rivoluzione industriale che ha inizio a fine Ottocento.

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LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Negli ultimi tre decenni dell’Ottocento si

verificano delle innovazioni economiche, che

gli storici chiamano seconda rivoluzione

industriale. Il processo di affermazione della

società industriale conobbe, a partire dagli anni

settanta dell’Ottocento, non solo

un’accelerazione poderosa, ma anche una

trasformazione qualitativa. L’ultimo trentennio

dell’Ottocento fu una fase di grande

innovazione tecnologica. La meccanica vide un

incessante perfezionamento dei macchinari. Dal

canto suo, il settore siderurgico conobbe la

rivoluzione dell’acciaio, una lega di ferro e

carbonio, conosciuta e apprezzata da tempo per la sua robustezza. Ma il grande salto di qualità della

seconda rivoluzione industriale venne dalla chimica, dall’elettricità e dal petrolio. La chimica

permise la fabbricazione di nuovi materiali, come l’alluminio, e diffuse la soda, i coloranti artificiali

e i concimi. Il petrolio, combustibile di alto rendimento e facile trasportabilità, consentì l’enorme

sviluppo dei motori a combustione interna: iniziava così l’era dell’automobile, che sostituì la

ferrovia quale bene strategico della civiltà industriale. Si diffuse l’impiego dell’acido solforico per

la preparazione di concimi ed esplosivi.

Nel settore agricolo, grazie allo sviluppo dei trasporti, i mercati mondiali furono inondati dai cereali

prodotti da Stati Uniti, Canada, Argentina, Australia. Poiché il loro prezzo era inferiore a quello

europeo, si verificò una tendenza al ribasso dei prezzi agricoli in Europa. I produttori europei

reagirono a queste difficoltà in due modi: da un lato chiedendo e ottenendo dai governi l’adozione

di politiche protezionistiche (dazi sulle importazioni); dall’altro con investimenti per innalzare la

produttività delle aziende agricole (meccanizzazioni, impegno di nuovi concimi chimici).

Naturalmente, solo le agricolture meglio attrezzate poterono compiere tale conversioni.

In campo industriale la crisi fu originata da sovrapproduzione. Per quanto riguarda l’offerta, ciò

derivò dalla comparsa sul mercato di nuove potenze industriali, come Stati Uniti, la Germania e il

Giappone, e dell’industrializzazione delle periferie europee: Austria, Russia, Italia. La massa della

produzione tendeva a crescere in modo eccessivo rispetto alla domanda, che rimaneva modesta a

causa del basso reddito di gran parte della popolazione. Nei settori che necessitavano

dell’investimento di capitali molto ingenti le imprese meno dotate di capitali non sopravvissero.

Alcune fallirono, altre su fusero e altre furono assorbite da aziende maggiori. Tutto ciò contrastava

con la teoria della libera concorrenza e favoriva la nascita di monopoli.

Si verifica una situazione di monopolio quando c’è solo un venditore a fronte di molti compratori.

Prima della rivoluzione industriale la maggior parte della popolazione era addetta all’agricoltura e a

vivere nelle campagne. Con la nascita e lo sviluppo delle fabbriche molti si spostarono andando a

vivere nelle città. Inizialmente le condizioni igieniche lasciavano molto a desiderare. Il sistema

delle fognature fu costruito, nelle grandi città europee, solo nel corso dell’Ottocento.

Si affermarono i primi trasporti pubblici, per collegare i quartieri delle grandi città : dapprima i tram

trinati dai cavalli, poi quelli elettrici e, sul finire del secolo, le ferrovie metropolitane.

Il trasferimento di grandi masse nelle nuove città dell’età industriali, produsse una profonda

trasformazione anche sul piano dei rapporti sociali. Se osserviamo i loro abitanti dal punto di vista

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dell’occupazione, del reddito e della loro collocazione nella scala sociale, vediamo che le città

presentavano un quadro molto più articolato del passato. Un tempo, infatti nelle città vivevano

prevalentemente nobili e uomini di Chiesa, ricchi borghesi, domestici e poveri, più una minoranza

di artigiani e operai. L’industria degli svaghi e dei divertimenti diventava sempre più ricca e piena

di novità con il circo, l’operetta, il cinema: la più recente forma di intrattenimento inventata nel

1895 dai fratelli Lumière in Francia. Nei paesi più progrediti nacquero i moderni sistemi di

istruzione pubblica.

Con l’avvento della società industriale di massa mutarono in modo profondo anche le istituzioni e la

concezione stessa della vita politica. Le masse, infatti, entrarono sulla scena della storia non più in

forma episodica, come era stato nella Rivoluzione francese e nei moti ottocenteschi, ma in modo

stabile e duraturo. Strumento di questa trasformazione fu il suffragio universale maschile.

Come organizzare la vita politica della nuova società industriale di massa? Strumento organizzativo

e politico di questa trasformazione fu il partito di massa.

I primi a creare partiti secondo questo modello furono i socialisti. L’industrializzazione accrescendo

la classe operaia e, soprattutto, concentrando grandi quantità di lavoratori in fabbriche, favorì la

nascita di organizzazioni di massa del movimento operaio: i sindacati, che organizzavano

rivendicazioni e scioperi anche di milioni di lavoratori, e i partiti, in cui il movimento socialista vide

uno strumento capace di dare ai lavoratori l’unità e la forza per incidere sulla vita politica nazionale,

ottenendo miglioramenti e riforme.

Sulla questa strada si mossero anche i cattolici. Leone XIII, papa dal 1878 al 1903, aveva compreso

che la chiesa non poteva rimanere estranea ai problemi sociali posti dall’industrializzazione.

SOCIETÀ DI MASSA

Si tratta di società caratterizzate da un significativo ruolo delle masse nello svolgimento della vita

politica e sociale, ma anche da una loro crescente omologazione, perdita di autonomia individuale,

conformismo, facilità di manipolazione. L’avvento della società di massa viene solitamente datato

tra la fine del IX sec. e gli inizi del XX e ha caratterizzato tutto il Novecento, parallelamente con

l’affermarsi della società industriale, della produzione in serie e del mercato dei consumi di massa

tipici di taylorismo e fordismo. L’aumento demografico, l’urbanizzazione di massa, la diffusione

della scolarità, l’estendersi del diritto di voto hanno completato il quadro, favorendo un ruolo più

consapevole e una maggiore partecipazione politica delle masse (non a caso è questa l’epoca anche

dei partiti di massa), ma parallelamente la crescente burocratizzazione e concentrazione del potere,

sempre più impersonale, il ruolo sempre più forte di strutture e organizzazioni rispetto ai singoli

favorirono una crisi dell’individuo e della sua autonomia e un suo graduale immergersi e

omologarsi nella società di massa. Tali processi hanno a loro volta creato un terreno favorevole al

predominio di ristrette élite e all’avvento di regimi totalitari, che G.L. Mosse ha legato alla

«nazionalizzazione delle masse». L’uso dei moderni mezzi di comunicazione di massa, dal cinema

alla radio, ha costituito un’ulteriore importante componente di tale processo, come il ruolo crescente

e pervasivo svolto dalla pubblicità nelle società democratiche nei decenni postbellici.

Massificazione ed etero direzione dei comportamenti sono dunque avanzate ulteriormente nella

seconda metà del XX secolo. La stessa crescita economica e l’estendersi del mercato dei consumi di

massa hanno fatto sì che alle differenze economiche e sociali abbia corrisposto una graduale

omogeneizzazione di costumi, stili di vita e modelli culturali, delineando un nuovo tipo di società di

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massa: la società dei consumi. Parallelamente, la forza dei moderni mass-media, stampa e

televisione in primo luogo, ha accresciuto le possibilità di manipolazione dell’opinione pubblica e

dei comportamenti sociali. Molti studiosi hanno quindi individuato nelle società di massa una

divisione fra un «pubblico di élite, composto da gruppi dirigenti e avanguardie intellettuali, e un

«pubblico di massa, ossia un insieme di persone dotate di un sistema di credenze cognitivamente

povere ed emotivamente instabili e pertanto esposte alle manipolazioni delle élite. In questo senso,

le teorie sulla società di massa mettono in luce come alcuni processi di modernizzazione tendano a

costruire una società di “uguali” che, se da una parte poggia su una base estesa di

democratizzazione, dall’altra – accrescendo le disuguaglianze in termini economici e di potere e

alimentando dinamiche di omologazione e atomizzazione sociale, allontana le masse stesse

dall’esercizio della sovranità e in qualche caso dalla stessa partecipazione politica.

La rivoluzione industriale è un processo di trasformazione in cui un sistema prevalentemente

agricolo-artigianale-commerciale diviene un sistema industriale. Da tale processo di trasformazione

ne conseguono numerosi miglioramenti. La seconda rivoluzione industriale portò ad una serie di

novità, in particolare investirono il campo elettrico, soprattutto in Italia, con la costruzione della

centrale termoelettrica a carbone per opera di Galileo Ferraris. In Italia, mancando il carbone fossile

e scarseggiando il carbone bianco si sfruttarono i corsi d'acqua per la produzione di energia

elettrica. Così facendo non si andò incontro alle esose spese per l'importazione di carbone.

Contrariamente al miglioramento del settore chimico, lo sviluppo dell’apparato elettrico fu

decisamente più lento; infatti questo particolare settore ebbe un deciso incremento dopo il 1870,

quando si produssero i primi generatori (la dinamo e il motore elettrico). I progressi in questo

campo permisero la graduale diffusione della rete elettrica ad uso civile per l'illuminazione (e

successivamente l'utilizzo dei primi elettrodomestici), nelle case e nei luoghi di lavoro.

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ELETTRICITA’

Col termine elettricità (deriva dal greco, il significato originale è "ambra") si fa riferimento

genericamente a tutti i fenomeni fisici su scala macroscopica che coinvolgono una delle interazioni

fondamentali, la forza elettromagnetica, con particolare riferimento all'elettrostatica. A livello

microscopico tali fenomeni sono riconducibili all'interazione tra particelle cariche su scala

molecolare: i protoni nel nucleo di atomi o molecole ionizzate, e gli elettroni. I tipici effetti

macroscopici di tali interazioni sono le correnti elettriche e l'attrazione o repulsione di corpi

elettricamente carichi.

L'elettricità è responsabile di ben noti fenomeni fisici come il fulmine o l'elettrizzazione, e

rappresenta l'elemento essenziale di alcune applicazioni industriali come l'elettronica e

l'elettrotecnica attraverso segnali elettrici. Divenuta contemporaneamente il più diffuso mezzo di

trasporto per l'energia nelle reti elettriche e uno dei più diffusi mezzi di trasporto per l'informazione

nelle telecomunicazioni (comunicazioni elettriche), l'elettricità è diventata il simbolo del mondo

moderno: illumina le abitazioni, fa funzionare le fabbriche e rende vicini i popoli più lontani.

TEMATICA SVOLTA: CORRENTE ELETTRICA:

Nel vasto campo dell’ elettricità mi soffermerò sul tema della corrente elettrica e dei circuiti in

corrente continua. Innanzitutto iniziamo a definire la corrente elettrica.

La corrente elettrica è un flusso di cariche elettriche tra due punti, principalmente la carica è

trasportata da elettroni che si muovono in un filo di metallo. Con tutti i limiti di un’analogia del

genere, gli elettroni che scorrono in un filo possono essere paragonati alle molecole d’acqua che

scorrono all’interno di un tubo per annaffiare il giardino.

In particolare supponiamo che una carica Q attraversi una

certa sezione del filo in u n tempo t; in questo caso diciamo

che la corrente elettrica I nel filo ha intensità:

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L’unità di misura dell’intensità di corrente, l’AMPERE

(A), prende il nome dal matematico francese André-

Marie Ampère (1775-1836) ed è definita semplicemente

come 1 coulomb al secondo. Da cui ne deriva: 1 A = 1

C/s.

Quando una carica si muove lungo un percorso chiuso e

ritorna al suo punto di partenza, definiamo tale percorso come circuito elettrico. I circuiti elettrici

possono essere di due tipologie: circuiti in corrente continua e circuiti in corrente alternata. La

prima tipologia è caratterizzata dal flusso di corrente che scorre sempre nella stessa direzione. Può

essere denominata inoltre con la sigla CC oppure DC (dall’inglese direct current). Mentre nella

seconda tipologia, la corrente inverte periodicamente la sua direzione; questa può essere

denominata CA oppure AC (dall’inglese alternating current).

LEGGE DI OHM E RESISTENZA

Gli elettroni all’interno dei fili metallici si muovono con relativa facilità, nonostante ciò i fili

metallici influiscono sul movimento degli elettroni, in quanto creano una resistenza al loro

movimento in modo molto simile all’effetto dell’attrito. Per far si che gli elettroni vincano la

resistenza del filo è necessario applicare una differenza di potenziale agli estremi del filo. Per un

filo con una resistenza costante R, la differenza di potenziale V necessaria per ottenere una corrente

I è data dalla Legge di Ohm, dal nome del fisico tedesco Georg Simon Ohm (1789-1854).

Da cui ne deriva la formula: V = I*R nel sistema internazionale l’unità di misura è il volt (V)

R è la resistenza che si ottiene risolvendo la legge di Ohm: 1Ohm = 1 V/A.

La grandezza che caratterizza la resistenza di un dato materiale è la resistività o resistenza specifica

p. Quindi maggiore sarà la resistenza maggiore sarà la resistività. La resistenza di un filo dipende

anche dalla sua lunghezza L e dall’area A della sua sezione.

Da queste osservazioni ne deriva la formula: Dato che l’ unità di misura di L è il metro

(m) e quella di A è il metro quadrato (m^2) ne consegue che la resistività si misura in Ohm*m. Un

elemento tipico di circuito è il cosiddetto resistore, o resistenza. Un codice a barre colorate ne indica

il valore R e la sua tolleranza (10%, 5%,...). Resistori tipicamente usati in circuiti elettronici variano

da pochi a migliaia di kiloohm (k), _fino al milione di (megaohm, ).

Perché una corrente continui a circolare in un circuito

occorre la presenza di un generatore di differenza di

potenziale, o d.d.p.: un dispositivo (una batteria) che

tramite reazioni elettrochimiche fornisce energia alle

cariche.

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Quindi la batteria utilizza reazioni chimiche per produrre una differenza di potenziale elettrico ai

suoi estremi, denominati terminali o poli. Il simbolo della batteria è:

Solitamente i circuiti elettrici contengono un gran numero di resistenze collegate tra loro in vario

modo. Quando le resistenze sono collegate in fila una dopo l’altra diciamo che sono collegate in

serie, l’effetto complessivo delle resistenze in serie è equivalente a quello di un’unica

resistenza, denominata resistenza equivalente Req.

La formula: Req= somma algebrica delle singole

resistenze. L’unità di misura è Ohm. Quindi la resistenza equivalente è sempre maggiore della

più grande delle singole resistenze che compongono il circuito in serie. Collegare resistenze in serie

è come rendere una singola resistenza più lunga: all’aumentare della lunghezza aumenta anche la

sua resistenza.

Le resistenze come abbiamo detto in precedenza possono essere disposte in vario modo. Oltre alla

disposizione in serie, le resistenze possono avere una disposizione in parallelo

Grazie all’immagine sopra riportate riusciamo ad evidenziare le differenze tra le due disposizioni;

oltre alla rappresentazione cambia anche la formula per calcolare la resistenza equivalente:

Formula in cui Rt corrisponde alla resistenza equivalente.

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LEGGE DI KIRCHHOFF

Per calcolare le correnti e le differenze di potenziale in un qualunque circuito elettrico si utilizzano

due regole introdotte la prima volta dal fisico tedesco Gustav Kirchhoff (1824-1887) Le leggi di

Kirchhoff non sono altro che un modo particolare di esprimere la conservazione della carica ( legge

dei nodi) e la conservazione dell’energia (legge delle maglie) in un circuito chiuso. Queste due leggi

hanno una validità universale.

La legge dei nodi sostiene che la somma algebrica di tutte le correnti che convergono in un nodo di

un circuito deve essere uguale a 0.

La legge delle maglie afferma che: la somma algebrica di tutte le differenze di potenziale lungo una

maglia chiusa in un circuito è nulla.

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CONDENSATORI E CAPACITA’

Non esistono circuiti costituiti solamente da resistenze ma esistono circuiti contenenti condensatori.

Come i circuiti contenenti resistenze anche questo categoria di circuiti si dividono in due tipologie,

condensatori in serie e condensatori in parallelo.

Il modo più semplice di connettere i condensatori, a differenza delle resistenze, consiste nel

collegarli in parallelo. La capacità equivalente si ottiene dalla somma algebrica delle singole

capacità.

Formula:

I condensatori in serie corrispondono alle resistenze in parallelo. Difatti la formula è uguale a quella

delle resistenze in parallelo ma il soggetto è la capacità dei condensatori in serie:

Nel sistema internazionale la capacità equivalente si misura in Farad (F)

CIRCUITI RC

I circuiti, infine, possono essere composti sia da condensatori sia da resistenze, tali circuiti vengono

denominati CIRCUITI RC. Questa tipologia di circuiti sono caratterizzati dalla presenza di una

costante, chiamata costante di tempo caratteristico.

Questi circuiti si dividono in due fasi: una di carica e l’altra di scarica.

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In un circuito RC la carica sul condensatore varia nel tempo secondo la relazione:

Se su un condensatore in un circuito RC è presente una carica Q all’ istante t=0 la sua carica in

ogni istante successivo è data dalla relazione:

Tipologia circuito:

La rivoluzione industriale ebbe anche effetti negativi che vennero sottolineati da Marx e Dickens

nonostante vivessero in due contesti completamenti diversi: uno in Germania e Dickens in Gran

Bretagna

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L’ALIENAZIONE SECONDO MARX.

Premessa:

Alienazione deriva dall’aggettivo latino alienuse

questo, a sua volta, dal pronome indefinito “alius” (in

greco allos): altro. Il termine fa riferimento a colui o a

ciò che è altro, straniero, non appartenente alla nostra

comunità, in pratica che “non è dei nostri” e che,

quindi, ci è estraneo. L’alienazione, nel suo verbo

“alienare”, fa parimenti riferimento all’atto

dell’allontanare o dell’estraniare da sé e, quindi,

all’atto di prendere distanza da qualcuno o da

qualcosa.

TEORIA DI MARX:

Alla base del marxismo vi è il proposito di trasformare la realtà, in modo da liberare l’uomo

dall’alienazione.

Marx si concentra sullo studio di due ambiti come la religione e la società e si preoccupa

principalmente della figura dell’uomo all’interno di questi ambiti.

Il filosofo tedesco sostiene la critica di Feurbach sul terreno religioso, in particolare la denuncia

dell’alienazione religiosa. Feurbach criticava la religione in quanto secondo il filosofo non fu Dio

che creò l’uomo ma l’uomo stesso che formò Dio; quindi la figura dell’uomo non è altro che una

proiezione dell’essenza umana, una personificazione delle qualità e delle aspirazioni umane. Perciò

la figura divina è un prodotto umano/culturale.

Da questa teoria ne consegue la visione dell’uomo alienato dalla religione, in quanto ”più dà a Dio

più toglie all’uomo stesso”.

Marx, in parte d’accordo con la teoria di Feurbach, considera la religione come l’immagine di un

mondo rovesciato in cui, al posto dell’uomo reale, è stata messa l’essenza astratta dell’uomo.

La religione è l’oppio dell’uomo: l’opera di un’umanità sofferente e oppressa costretta a cercare

consolazione nell’universo immaginario della fede. Secondo Marx, come per Feuerbach, per

liberare l’uomo da questa alienazione bisogna mutare le situazioni concrete della vita che

condizionano e portano l’uomo a credere alla religione, ma ciò si può realizzare solo se si elimina il

disagio che fa soffrire l’uomo.

L’ elaborazione di questa teoria portò Marx a sostenere che alla base dell’alienazione religiosa vi è

quella economica.

Marx si contrappone alla visione degli economisti e filosofi borghesi, i quali presentavano certi

aspetti della società capitalistica (proletari, salari, rendite, profitti, sfruttamento e proprietà privata)

come conquiste dell’umanità sulla strada del progresso, ritenendoli esiti necessari e fondamentali

per lo sviluppo dell’uomo.

Consapevolmente o inconsapevolmente questo pensiero non porta che ad una mistificazione della

realtà.

Nell’economia capitalistica, il proprietario dei mezzi di produzione ( ra i quali non vi sono

solamente gli strumenti ma anche ciò a cui si applicano) è anche il proprietario del lavoro e dei

prodotti altrui. Il lavoratore è ridotto a merce in quanto cede al capitalista la forza delle sue braccia,

il tempo del suo lavoro e il prodotto stesso del suo lavoro. Quindi tutto ciò non gli appartiene più,

gli è estraneo, il lavoratore ne è espropriato.

Il prodotto, separandosi dal produttore, sembra assumere una vita propria, diventa una potenza

ostile.

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Da questo ragionamento, il lavoratore risulta alienato da ciò che ha prodotto e dalla propria attività

dunque alienato da se stesso.

Secondo Marx l’alienazione è autoalienazione (alienazione da se stessi), questo porta ad un

aumento della svalutazione del mondo umano favorendo l’accrescimento del valore del mondo delle

cose.

Inoltre, per il filosofo tedesco, la divisione del lavoro del sistema lavorativo capitalistico favorisce

l’accrescere dell’alienazione, poiché il lavoratore rimane legato ad un unico pezzo del prodotto.

Da ciò ne consegue un impoverimento drammatico della natura e della creatività umana, in quanto

viene negato lo sviluppo completo dell’individuo, portando ad una separazione del lavoro mentale

da quello fisico; il lavoratore cosi diviene una “ mera macchina” rotta nel corpo e brutalizzata nello

spirito; l’uomo viene mutilato e ridotto ad un frammento di essere umano.

L’alienazione, sostiene Marx nei “Manoscritti economico-filosofici del 1844”, non è un fatto eterno

ed inevitabile ma è il prodotto di un particolare processo storico. Questa situazione è il prodotto

dello sviluppo della borghesia, ossia del sistema capitalistico.

Nell’opera Marx differenzia l’uomo dall’animale, sostenendo che l’uomo diventa tale solo quando

comincia a produrre i propri mezzi di sussistenza: il lavoro e la produzione non sono quindi una

condanna, bensì sono l’uomo stesso.

Il lavoro è l’unica manifestazione della libertà umana. Tuttavia, la condizione dell’uomo nella

società capitalistica è definita da Marx, come “Alienazione”: Marx vi trova uomini non realizzati

ma alienati, espropriati del proprio valore di uomini a causa dell’espropriazione o alienazione del

loro lavoro.

Il prodotto del lavoro dell’uomo, viene alienato dallo stesso uomo perché diventa proprietà privata

dell’altro sotto forma di capitale. Non è l’operaio che adopera i mezzi di produzione ma viceversa.

Costituendo il lavoro l’essenza dell’uomo, ma essendo egli alienato nel lavoro, è alienato da sé:

Autoalienazione.

Nella sua filosofia Marx sottolinea il rapporto tra macchina e uomo, in cui assegna al ruolo sempre

più rilevante della macchina la causa della spersonalizzazione del lavoro. In questo sistema le

macchine garantiscono un lavoro maggiormente livellato, ma da questo ne consegue un notevole

ridimensionamento del ruolo dell’uomo, il quale diventa un semplice addetto sostituibile,

intercambiabile. Perciò invece che liberare il lavoratore, la macchina lo ha definitivamente asservito

ad un potere estraneo.

Il lavoro è organizzato in funzione delle esigenze della fabbrica e delle macchine (“il ciclo

produttivo non si può fermare”) e l’ operaio non può influenzare il processo produttivo.

Un’altra responsabile di questa posizione dell’uomo è l’economia politica : contrasto tra uomo

“bourgeois” (società borghese) e l’uomo “citoyen” (società politica), che occulta l’alienazione che è

nell’essenza del lavoro, questo accade perché l’economia politica non considera “ il rapporto

immediato fra il lavoratore e la produzione”.

La soluzione possibile secondo Marx è il comunismo: lo considera l’unica possibilità per liberare

l’uomo dall’alienazione permettendogli di riappropriarsi di se stesso, cioè della sua essenza.

Questa nuova forma politica-economica-sociale riporterà l’uomo alla sua essenza di uomo sociale,

umano.

Per sostenere questa nuova teoria Marx utilizza il linguaggio Hegeliano ponendo il comunismo

come “negazione della negazione”. La dialettica hegeliana diventa cosi lo strumento del pensiero e

della pratica rivoluzionaria, non è più la legge del divenire dello spirito poiché secondo Marx non

esiste una ragione che governa il mondo e la storia.

Il comunismo non si realizza per una maturazione spirituale, per una riforma filosofica o per un

mutamento di mentalità, ma solo attraverso un radicale cambiamento politico ed economico, che

abolisce il fondamento materiale dell’alienazione ossia la proprietà privata.

La storia è giunta, con la formazione del proletariato, all’estrema disumanizzazione dell’uomo.

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CHARLES DICKENS

Biographical notes

Charles Dickens was born in Hampshire, in

the south of England. The young Charles moved with his family to

London where at the age of 12, was sent to

work 12 hours a day in a factory. His

education up to this moment had been scarce

but the factory owner, a friend of his father's,

took pity on him and gave him some private

tuition. His father's financial situation,

however, was so bad that the whole family

was committed to the Marshalsea debtor's

prison, due to unpaid debts. Fortunately the

family's situation improved slightly when

Dickens's grandmother died and left the

family a small amount of money which

helped clear their

debts and release

them from prison.

This two

experiences

marked him for

ever, probably it is

for this reasons

that Dickens is so

critical toward

society. Dickens

obtained a formal

education, and in

1827 began to

work, first as a solicitor's clerk and then as a

freelance journalist. He also began to write

various paper anonymously for the Monthly

Magazine and the Evening Chronicle,

adopting the pseudonym, Boz. In 1836

Dickens married Catherine Hogarth and had

10 children but the couple separated in

1858.The success of his first works led him to

publish, in installment form, his first novel,

by now under the name of Charles Dickens.

Cenni biografici

Charles Dickens nacque nella regione dell'

Hampshire, nell'Inghilterra meridionale. Il giovane Charles si trasferì con la sua

famiglia a Londra, dove, all'età di dodici anni,

fu mandato a lavorare in una fabbrica per

dodici ore al giorno. Fino a quel tempo la sua istruzione era stata

scarsa, ma il proprietario della fabbrica, un

amico del padre, si impietosì e gli impartì

delle lezioni private. La situazione finanziaria

del padre, però, era così drammatica che tutta

la famiglia fu rinchiusa a Marshalsea, la

prigione dei debitori, a causa di debiti non

pagati. Fortunatamente la situazione

finanziaria della famiglia migliorò lievemente

quando la nonna di Dickens morì e lasciò alla

famiglia una piccola somma di denaro, che

permise loro di saldare i debiti, con il

conseguente rilascio dalla prigione. Queste

due esperienze lo segnarono per sempre,

probabilmente è per questi motivi che

Dickens è così critico nei confronti della

società. Dickens ricevette in seguito un'istruzione

regolare, e nel 1827 iniziò a lavorare, prima

come impiegato presso un avvocato e poi

come giornalista freelance. Iniziò anche a

scrivere articoli anonimi per il “Monthly

Magazine” e l'“Evening Chronicle”, sotto lo

pseudonimo di Boz. Nel 1836 sposò

Catherine Hogarth ed ebbe 10 figli, ma le

coppia si separò nel 1858. Il successo dei suoi

primi lavori lo spinse a pubblicare il suo

primo romanzo, a puntate, con il suo vero

nome.

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Commentary

Charles Dickens is one of the most prolific

writers in English literature. His works are

also amongst the most popular, being adapted

for radio, theatre, cinema and television still

today. His childhood poverty had a profound

effect on him and his writing and also seems

to have given him an acute sensitivity towards

his environment, his age and those who

populated it. It also provided him with

firsthand knowledge of the other, darker face

of the Victorian age which he then

transformed into material for his works,

producing unforgettable characters and

situation which blatantly exposed the

inhumanities of his day. The English author

did not propose revolutionary changes for his

period as he was, after all, a true Victorian.

Rather, he advocated a moral solution as,

more often than not, in his tales good would

overcome evil.

Commento

Charles Dickens è uno degli scrittori più

prolifici della letteratura inglese. Le sue opere

sono ancora oggi tra le più popolari, con

adattamenti per la radio, il teatro, il cinema e

la televisione. La sua infanzia povera ha avuto

un profondo effetto su di lui e sulla sua

scrittura e sembra anche avergli dato una

particolare sensibilità riguardo all'ambiente e

all'epoca in cui ha vissuto e le persone che ne

hanno fatto parte. Inoltre, gli ha fornito una

conoscenza di prima mano dell'altra faccia

dell'età Vittoriana, quella più oscura, che ha in

seguito trasformato in materia per le sue

opere, dando vita a personaggi e situazioni

indimenticabili, che mettono in luce

apertamente le crudeltà del suo tempo.

L'autore inglese non ha proposto cambiamenti

rivoluzionari per il suo tempo, poiché, dopo

tutto, era un autentico uomo vittoriano.

Piuttosto, ha invocato una soluzione morale,

perchè, il più delle volte, nei suoi racconti il

bene vince sul male.

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Hard times

Written after “Oliver Twist”, this novel is

divided into three parts: Sowing, Reaping and

Garnering. These recall quite clearly the

words from the Bible: "As ye sow, so shall ye

reap". The "sowing" (which includes the

extract we are going to look at) in Hard Times

is represented by family values and the

education system of the time; a system which

posed an opposition between fact and fancy.

Dickens exaggerates the rigid Victorian

emphasis on facts in education as a criticism

to the harsh, yet popular, utilitarian attitude to

life at the time, promoted by the philosopher

and economist, John Stuart Mill. It was an

attitude which praised success, the self-made

man and hard work and despised poverty,

lack of initiative and anything which was not

productive or useful to the community. These

two conflicting poles:

facts, production, wealth

versus imagination,

feelings and emotions,

are represented in

various ways throughout

the novel. Coketown and the

factories within it create

a gloomy, grey and often heartless backdrop

to the developments of the novel and is a

constant reminder of how an economic

dependency on industry has now been created

and how it can come to govern the lives of

people. .

Tempi difficili Scritto dopo “Oliver Twist”, questo romanzo

è diviso in tre parti: la Semina, la Mietitura e

il Raccolto. Queste parti rimandano piuttosto

chiaramente alle parole della Bibbia: "Chi

semina, raccoglie". La parte relativa alla

"Semina", in “Tempi Difficili”, è

rappresentata dai valori familiari e dal sistema

educativo del tempo; un sistema che

contrapponeva fatti e fantasia. Dickens

esagera la rigida enfasi vittoriana sui fatti nel

campo dell'istruzione, per criticare la dura, ma

ancora popolare, attitudine utilitaristica alla

vita di quel tempo, promossa dal filosofo ed

economista, John Stuart Mill. Era un

atteggiamento che elogiava il successo, il self-

made man, e il duro lavoro e disprezzava la

povertà, la mancanza di iniziativa e tutto ciò

che non era produttivo o utile per la società.

Questi due poli

contrastanti: i fatti, la

produzione, la ricchezza

contro l'immaginazione,

i sentimenti e le

emozioni, sono

rappresentati in vari

modi in tutto il

romanzo. Coketown e le fabbriche al suo interno creano

uno scenario cupo, grigio e spesso spietato

che fa da sfondo agli sviluppi del romanzo ed

è un costante monito di come si sia ormai

generata una dipendenza economica

dall'industria e come essa governi la vita delle

persone.

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Bibliografia:

• James S. Walker- “Fisica, volume terzo”, Elettromagnetismo Fisica atomica e subatomica, edizione linx;

• Alberto De Bernardi, Scipione Guarracino- ” I saperi della storia 3 Il Novecento, Mondadori 2006;

• Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, Donnarumma-“La scrittura e l’ interpretazione”, tomo B;

• Medaglia, Young - “With rhymes and reason” casa editrice: Loescher,2006;

• La Vergata, Trabattoni- “Filosofia cultura e cittadinanza” volume 3, La nuova Italia 2011;

• Wikipedia, the free encyclopedia, www.wikipedia.org ;