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INDICE:

CAPITOLO 1: LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

(pag. 2-4) - La rivoluzione del sistema produttivo

- La rivoluzione della vita delle persone

- Daimler e Benz: pionieri dell’ automobile

CAPITOLO 2: IL FUTURISMO IN ITALIA (pag. 5)

CAPITOLO 3: I MOTORI E IL LORO FUNZIONAMENTO

(pag. 6-9) - Motore 2 tempi

- Motore 4 tempi (cicloOtto)

- Motore Diesel

- Motore Wankel

- Motore a cilindri contrapposti (Boxer)

CAPITOLO 4: I COMBUSTIBILI E LA COMBUSTIONE

(pag. 10-13) - Gli idrocarburi e la loro classificazione

- Reazione di combustione

- Raffinazione del petrolio

- Combustibili alternativi

CAPITOLO 5: INQUINAMENTO ATMOSFERICO (pag. 14-17) - Le sostanze dannose

- Effetti sull’uomo

- Effetti sull’ambiente

- Rimedi e regolamentazioni

CAPITOLO 6: MUSEO DELLA SCIENZA E DELLA TECNICA

DI PRAGA (IN INGLESE) (pag. 18)

CAPITOLO 7: L’INFORMATICA NEL SETTORE

AUTOMOBILISTICO (pag. 19-20) - l’ informatica e l’automazione nelle grandi imprese automobilistiche

- Sicurezza informatica

- Computer di bordo

CAPITOLO 8: NUOVE TECNOLOGIE E INNOVAZIONI

FUTURE (pag. 21-24) - Auto elettrica

- Auto a idrogeno

- Auto ibrida

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LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Fra il XIX e il XX secolo, l'industrializzazione si impone come via necessaria e imprescindibile per lo sviluppo

economico. Il sistema di produzione in fabbrica continua a espandersi in Europa e fuori, cambiando radicalmente il

paesaggio e la società in molti paesi. L'economia dei paesi industrializzati, uscita dalla crisi degli anni della Grande

depressione di fine Ottocento, conosce una stagione di forte crescita produttiva su nuove basi energetiche e

tecnologiche, in un quadro che vede completarsi la spartizione coloniale del globo e l'Inghilterra cedere

progressivamente il suo primato a favore di nuove potenze economiche in Europa (Germania) e fuori d'Europa (USA).

La rivoluzione del sistema produttivo

Il sistema di produzione industriale, fra gli anni Settanta del XIX secolo e la Prima guerra mondiale, si trasforma

profondamente. S’instaura uno strettissimo rapporto tra scienza, tecnologia e industria; si rivoluziona la tecnologia

produttiva, delle comunicazioni e dei trasporti; cambiano i settori trainanti dello sviluppo; si utilizzano nuove fonti

energetiche; si intensificano i processi di concentrazione e ristrutturazione industriale; crescono le dimensioni delle

aziende; mutano i rapporti tra l'industria e gli istituti bancari e finanziari.

Dal 1870 in poi, si realizzò sia in Europa sia negli Stati Uniti uno sviluppo tecnologico senza precedenti, che assicurò ai

paesi occidentali la supremazia tecnica in tutto il mondo. La caratteristica che differenzia maggiormente la seconda

rivoluzione industriale dalla precedente sta nel fatto che le innovazioni tecnologiche non sono frutto di scoperte

occasionali ed individuali, bensì di ricerche specializzate in laboratori scientifici e nelle università finanziate dagli

imprenditori e dai governi nazionali per il miglioramento dell'apparato produttivo.

Tra i processi di riorganizzazione produttiva, il più importante riguarda l'utilizzo più razionale e scientifico dei

lavoratori, teso ad abbassare i costi del lavoro e ad accrescerne la produttività.

Il taylorismo s'interseca con le innovazioni organizzative introdotte nel 1913 da Henry Ford nella sua industria

automobilistica di Detroit. Ford riorganizza l'intero stabilimento attorno alla catena di montaggio, che unisce le diverse

fasi del lavoro di assemblaggio dell'automobile portando i pezzi ai lavoratori, ciascuno dei quali, fermo al suo posto e

sottoposto a un rigoroso controllo, si limita a eseguire una delle semplici operazioni che costituiscono il processo di

produzione; riducendo drasticamente i tempi e i costi.

Nel settore metallurgico, giocarono un ruolo fondamentale la realizzazione del Convertitore Bessemer e il Forno

Martin-Siemens. Essi permisero la realizzazione di macchine e utensili più robusti e resistenti del ferro che causava

problemi per la sua tendenza ad usurarsi rapidamente.

L'acciaio permise nuove soluzioni nel campo della meccanica e nel 1870 l'utilizzo del cemento armato in quello

delle costruzioni.

Nel campo chimico, vi furono tra le industrie, fortissime competizioni che portarono in pochissimi anni alla scoperta di

nuovi prodotti come fertilizzanti, coloranti sintetici, ammoniaca, dinamite, soda e prodotti farmaceutici quali

cloroformio, disinfettanti e analgesici.

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La rivoluzione della vita delle persone Quello che probabilmente maggiormente caratterizzò la Seconda rivoluzione industriale fu il fatto che le innovazioni

tecnologiche non furono rivolte solo al sistema produttivo, ma furono indirizzate soprattutto a migliorare la qualità della

vita dei cittadini. In quel periodo sembrava che il credo positivista di un progresso

continuo capace di migliorare inesorabilmente la vita di tutti i cittadini si stesse

davvero realizzando.

Lo sviluppo della tecnologia in questo ambito fu dovuto da un lato allo sviluppo

del settore chimico-farmaceutico e dall’altro dei settori elettrico e meccanico: la

scoperta di malattie endemiche; l’invenzione della lampadina, del telegrafo, del

telefono e l’avvio delle prime sperimentazioni che portarono alla creazione dei

motori a scoppio modificavano via via la condizione antropologica dell’uomo.

Una di queste invenzioni, l’automobile, era destinata a cambiare radicalmente la

società.

Lo sviluppo degli apparati elettrici ebbe un deciso incremento solo dopo il 1870,

quando si produssero i primi generatori (la dinamo e il motore elettrico). I

progressi in questo campo permisero la graduale diffusione della rete elettrica ad uso civile per l'illuminazione (e

successivamente l'utilizzo dei primi elettrodomestici), nelle case e nei luoghi di lavoro. Fu soprattutto nel periodo della

seconda rivoluzione industriale, più che nella prima, che vennero fatte numerose e importantissime scoperte in campo

medico e scientifico, infatti riuscirono a trovare una difesa contro antichi flagelli come la tubercolosi, la difterite,

l'antrace, la peste, la lebbra, la rabbia, la malaria.

Un'altra decisiva scoperta nel settore medico-sanitario fu l'adozione dell'anestesia a base di etere e cloroformio durante

gli interventi chirurgici e l'applicazione dei raggi x per le diagnosi interne.

Anche le comunicazioni si fecero più veloci e intense. La scoperta dell'elettromagnetismo con l'invenzione del

telegrafo prima e del telefono poi, permisero le prime comunicazioni intercontinentali.

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Daimler e Benz: i pionieri dell’automobile

L'inizio dell'evoluzione dell'automobile si ebbe a partire dal 1878 proprio nel contesto della Seconda rivoluzione

industriale, grazie soprattutto ai brillanti risultati ottenuti in Germania, che seguirono ai tentativi sporadici avviati in

Francia e in Italia. Nel paese tedesco l'affermazione del motore a scoppio a quattro tempi, ideato da N. Otto, permise la

realizzazione degli esperimenti dei due più significativi pionieri dell'automobile: G. Daimler e C. Benz. Il primo, dopo

aver partecipato agli studi compiuti da Otto, creò, insieme al tecnico W. Maybach, una propria officina a Canstatt e si

dedicò allo sviluppo del motore con alimentazione a benzina anziché a gas. Nel 1886 nacque la sua prima automobile

vera e propria: si presentava come un'autentica carrozza senza cavalli, le cui ruote posteriori erano mosse da un motore

di 462 cm3 erogante 1,1 CV a 650 giri al minuto. Questo veicolo era mosso dalla forza propulsiva di un motore

sistemato sotto il sedile posteriore e capace di trasmettere il movimento mediante ruota dentata alle due grandi ruote

posteriori, realizzate senza nessun ammortizzatore e con raggi di legno; lo sterzo, a manubrio, aveva un piantone

verticale raccordato direttamente alla timoneria della sala anteriore, che recava due ruote fisse più piccole.

Carl Friedrich Benz nel 1885 realizzò un triciclo con motore a scoppio e, nel 1886, un veicolo a quattro ruote, anch'esso

mosso da un motore monocilindrico a quattro tempi alimentato a benzina e capace di sviluppare una potenza di 1,5 CV,

facendo raggiungere al mezzo la velocità di ca. 20 km/h. Rispetto ai modelli di Daimler, questo veicolo presentava

notevoli innovazioni: il raffreddamento a vaporizzazione d'acqua; l'accensione con magnete ad alta tensione e candela;

l'albero di trasmissione fra il motore e una sorta di cambio rudimentale; le ruote a raggi fisse ma gommate. Questi sono

tutti gli elementi che caratterizzarono per molti anni la produzione automobilistica più avanzata; inoltre il secondo

veicolo di Benz risultava, per la prima volta, da una progettazione integrale e si discostava alquanto, nella struttura,

dalla carrozza a cavalli. Le sperimentazione di Daimler e di Benz sfociarono negli anni successivi in un'attività

produttiva abbastanza intensa; ma si trattava pur sempre di realizzazioni d'avanguardia.

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IL FUTURISMO IN ITALIA

Il futurismo è stato un movimento artistico e culturale italiano del XX secolo. Ebbe influenza su movimenti artistici che

si svilupparono in altri Paesi, in particolare in Russia e Francia. I futuristi esplorarono ogni forma di espressione,

dalla pittura alla scultura, alla letteratura (poesia e teatro), la musica, l'architettura, la danza, la fotografia, il cinema e

persino la gastronomia. La denominazione ufficiale del movimento si deve al poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti.

Il fondatore del movimento futuristico, Filippo Tommaso Marinetti, a Parigi, nel febbraio del 1909, pubblica il

primo Manifesto del futurismo. Marinetti riassunse i principi fondamentali dei futuristi, che comprendevano un

appassionato disgusto per le idee del passato, specialmente per le tradizioni politiche ed artistiche. Marinetti e gli altri

sposarono l'amore per la velocità, la tecnologia e la violenza. L'automobile, l'aereo, le città industriali avevano tutte un

carattere mitico per i futuristi, perché rappresentavano il trionfo tecnologico dell'uomo sulla natura.

Inizia la nascita di una letteratura rivoluzionaria, liberata

da tutte le regole, anche quelle della grammatica,

dell'ortografia e della punteggiatura. I futuristi

sperimentano nuove forme di scrittura per dar vita ad

una poesia tutta movimento e libertà, negano la sintassi

tradizionale, modificano le parole, le dispongono sulla

pagina in modo da suggerire l'immagine che descrivono.

Nel maggio 1912, compare il "Manifesto tecnico della

letteratura futurista, nel 1914 riproposto sulla rivista

fiorentina "Lacerba", di Ardengo Soffici e Giovanni

Papini, che può essere definita la rivista ufficiale del

futurismo in quel periodo.

I poeti futuristi si riuniranno attorno alla

rivista Poesia fondata da Marinetti qualche anno prima.

Nei componimenti si trova generalmente l'esaltazione

del futuro e delle sensazioni forti associate alla velocità

e alla guerra. Gli esponenti più noti, oltre al Marinetti,

sono Aldo Palazzeschi (autore della poesia “e

lasciatemi divertire”) e Paolo Buzzi.

L'ideologia futurista di glorificazione della guerra come

espressione vitalista e purificatrice, unitamente a un

aggressivo e convinto nazionalismo, portò nel

dopoguerra prima all'ispirazione e poi a un rapporto

piuttosto problematico con il fascismo.

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I MOTORI E IL LORO FUNZIONAMENTO

Il motore a combustione interna è definito come macchina motrice termica che permette di convertire l'energia chimica,

posseduta da una miscela aria-combustibile, in lavoro meccanico disponibile all'albero. La conversione avviene nella

camera di combustione, dove i gas combusti spingono il pistone verso il basso, e a sua volta, quest'ultimo fa ruotare

l'albero motore. La miscela consiste in un combustibile che può essere benzina, gasolio, GPL e altri derivati del petrolio

mentre l’ ossigeno dell’aria funziona come comburente. Il tipo di combustibile determina le caratteristiche del motore e

quindi la sua applicazione nei vari ambiti.

L'invenzione può essere ricondotta a Eugenio Barsanti e a Felice Matteucci, che già nel 1853 ne dettagliarono il

funzionamento e la costruzione in documenti e brevetti.

Per calcolare la potenza specifica di un motore, bastano poche informazioni, le quali si possono ricavare dalla carta di

circolazione; la prima cosa da sapere è la potenza, la seconda la cilindrata esatta.

Se si vuole ottenere il valore in kW/l o kW/dm³, è sufficiente dividere la potenza del motore espressa in kW per la

cilindrata in cc o dm³ e moltiplicare per mille (1000 cc = 1 litro = 1 dm³).

Nel caso si voglia avere la potenza specifica in cavalli, è sufficiente moltiplicare il risultato ottenuto per 1,36 (1 kW =

1,36 cv); se invece la si vuole espressa in HP (misura inglese), è sufficiente moltiplicare il risultato per 1,34 (dato che 1

kW = 1,36 cv e 1 cv = 0,97 hp).

Per le automobili moderne, si hanno valori comuni che si attestano intorno a 50-60 Kw/dm³.

Motore 2 tempi

Il motore a due tempi è un tipo di motore a combustione interna, il quale viene alimentato da un impianto

d'alimentazione e scarica i prodotti esauriti (gas di scarico) tramite un impianto di scarico. Fu inventato da Dugald

Clerk nel 1879, mentre la prima sperimentazione la si ha nel 1880 da parte di Karl Benz.

Questo motore si differenzia dal più diffuso motore a quattro tempi principalmente per la differente alternanza delle fasi

attive in relazione ai giri dell'albero motore: infatti se nel quattro tempi si ha una fase attiva per ogni due giri dell'albero,

nel due tempi si ha una fase attiva (ovvero la fase in cui avviene la trasformazione effettiva dell'energia chimica in

termica e dunque cinetica, detta anche espansione) per ogni giro completo dell'albero.

Una caratteristica che distingue il motore a due tempi dal quattro tempi è quella di poter funzionare perfettamente in

entrambi i sensi di rotazione.

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Motore 4 tempi (ciclootto)

I motori a quattro tempi sono motori termici comunemente usati nelle automobili; esistono vari tipi di motori a quattro

tempi, in grado di bruciare molti combustibili fossili o naturali, come: benzina, gasolio, metano, GPL, metanolo, E85

(85% di etanolo e 15% di combustibili fossili) ed E95 (95% di etanolo e 5% di combustibili fossili).

Questo tipo di motore oltre che nelle automobili, è di larga diffusione sulle motociclette e più recentemente su molti

modelli di scooter.

Il termine a 4 tempi deriva dal fatto che la combustione avviene per quattro passaggi successivi:

1. Aspirazione: si ha l'introduzione di aria o di una miscela aria-combustibile nel cilindro;

2. Compressione: la miscela aria o aria-combustibile addotta viene compressa volumetricamente, generalmente

durante questa fase si ha l'inizio della combustione;

3. Espansione: si ha l'espansione volumetrica dei gas combusti, generalmente durante le prime fasi d'espansione

si ha la fine della combustione;

4. Scarico: si ha l'espulsione dei gas combusti dal motore.

Intuendo la possibilità di ottenere lavoro da una miscela chimica, Eugenio Barsanti, insegnante di fisica, costruì e

presentò ai suoi studenti un rudimentale congegno per cui, se intromessa una miscela e scoccata una scintilla,

trasformasse l'esplosione in forza lavoro. Perfezionandolo, costruì insieme all'Ing. Felice Matteucci un motore

monocilindrico con pistone verticale. Nel 1877 i tedeschi Otto e Langen idearono un motore 4 tempi a gas, con

accensione della miscela compressa, presentato l'anno dopo a Parigi. La grande intuizione di Otto stava nel far scoccare

la scintilla a miscela compressa anziché solamente aspirata, aumentando in questo modo il rendimento del motore.

Motore diesel

Il motore Diesel, brevettato nel 1892, è una tipologia di motore a combustione interna, alimentato a gasolio, che sfrutta

il principio della compressione per ottenere l'accensione del combustibile e non l'azione delle candele

d'accensione impiegate invece da un motore ad accensione comandata.

Il motore Diesel è stato usato inizialmente per i mezzi d'opera, esteso poi ai mezzi industriali e infine nel terzo

millennio con la sua continua evoluzione, sta sempre più dominando il mercato dell'automobile.

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Il concetto di base del funzionamento del motore

Diesel è che quando un gas viene compresso, si

incendia. In questo motore viene utilizzata tale

proprietà comprimendo all' interno del cilindro la

sola aria a valori elevati fino alla quale il

combustibile iniettato si accende. Viene pertanto

definito motore ad accensione spontanea.

In questo tipo di motori è di fondamentale

importanza la precisione del sistema di

alimentazione ed in particolare della pompa del

combustibile, che regola la quantità esatta di

combustibile immessa nei cilindri, nonché il

momento esatto dell'immissione stessa.

Due sono oggi le tipologie di iniezione dei motori

Diesel: indiretta e diretta. La prima tipologia,

quasi scomparsa dai motori

Diesel automobilistici di ultima generazione, era

molto utilizzata per la sua semplicità; oggi invece

si utilizzano pistoni dal disegno della testa più

complessa accoppiati al sistema di iniezione di

tipo diretto.

Toyota Verso 1.6 D-4D diesel

Motore wankel

Il motore Wankel è un motore a combustione interna rotativo, dove il pistone non si muove di moto rettilineo alternato

ma ruota intorno a un asse.

I principali problemi di questi motori riguardavano la durata delle guarnizioni di tenuta del rotore che lavorano in

condizioni di pressione e temperatura elevata e la loro scarsa lubrificazione. Grazie allo sviluppo della tecnologia dei

materiali, la durata di vita di questi propulsori fu

notevolmente aumentata, consentendo una produzione

su larga scala. La casa automobilistica Mazda da oltre

trent'anni porta avanti lo studio e lo sviluppo di motori

rotativi ad alte prestazioni, e attualmente monta sulla

vettura Mazda RX-8 un birotore denominato "Renesis"

con cilindrata complessiva di 1.308 cm³, in grado di

sviluppare una potenza di 231 CV (170 kW) a 8.500

giri/min ed una coppia massima di 211 N·m a 5.500

giri/min. È a tutt'oggi l'ultima evoluzione del motore di

derivazione Wankel.

Il principio di funzionamento del Wankel è molto

semplice: un pistone a tre lobi (rotore) ruota

eccentricamente intorno all'albero motore, generando

con il suo movimento camere di lavoro, all'interno delle

quali si compiono ciclicamente le quattro classiche fasi

di aspirazione - compressione - combustione - scarico.

Motore Mazda

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Motore a cilindri contrapposti (boxer)

Il motore a cilindri contrapposti , il motore Boxer e il motore Boxer a cilindri contrapposti sono dei motori a

combustione nei quali i cilindri formano tra loro un angolo di 180°, rispetto al blocco motore. L'invenzione di questo

tipo di motore è attribuita a Karl Benz nel 1896.

La differenza, che a volte crea notevoli discussioni, tra i due tipi di motore è data dalla sistemazione dei piedi

di biella sull'albero motore.

I "motori Boxer" e i "motori a cilindri contrapposti" vengono anche detti a V di 180° o a V piatta.

Il vantaggio principale dato dal motore boxer è il naturale bilanciamento, in quanto le forze generate dal moto

dei pistoni si annullano reciprocamente, mentre nel caso di motore a cilindri contrapposti avendo i pistoni che si

muovono entrambi nella stessa direzione perché la biella di ogni pistone è vincolata alla stessa manovella si hanno delle

vibrazioni forti.

Quindi i motori Boxer rispetto ai motori a cilindri contrapposti non richiedono l'adozione di contro alberi di

bilanciamento che annullino le vibrazioni, mentre entrambi, grazie alla configurazione piatta, abbassano

il baricentro del blocco motore, quindi dell'intero veicolo. Loro difetti comuni, invece, sono il maggiore ingombro

(importante soprattutto se montato su motociclette, dato che le testate dei cilindri sporgono ai lati della moto), nonché la

maggiore complessità tecnica di realizzazione.

Questa tipologia di motori, in genere di piccola cilindrata, conobbe una grande popolarità dopo la fine della seconda

guerra mondiale. La Volkswagen Maggiolino e la Citroën 2CV montavano un motore boxer.

Attualmente le uniche case che restano fedeli al motore boxer sono Porsche e Subaru: ricordiamo che la prima monta

dei motori sei cilindri boxer su alcuni modelli sportivi quali: 911, Cayman e Boxster; mentre la seconda monta ormai da

diversi anni i motori boxer sulla propria gamma di autoveicoli dalla Legacy alla potente Subaru Impreza STI.

Bmw r1200

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I COMBUSTIBILI E LA COMBUSTIONE

Un combustibile è una sostanza chimica che viene ossidata nel processo di combustione (una reazione chimica di

ossidazione) producendo energia termica. I combustibili per motori termici di facile evaporazione, quali le benzine,

vengono detti anche carburanti.

I principali combustibili attualmente in uso sono: Benzina senza piombo, Diesel, Metano e GPL.

In Brasile e Stati Uniti si sono diffusi anche il Bioetanolo e il Biodiesel.

Gli idrocarburi e la loro classificazione

Gli idrocarburi costituiscono una vasta classe di composti organici contenenti atomi di carbonio (C) e idrogeno (H).

Dagli idrocarburi derivano formalmente, per sostituzione di uno o più atomi di idrogeno con gruppi funzionali, le varie

classi di composti organici.

Gli idrocarburi sono suddivisi in due grandi gruppi: idrocarburi alifatici e idrocarburi aromatici .

Gli idrocarburi alifatici comprendono tutti i composti che non contengono nella propria molecola anelli benzenici.

Negli idrocarburi a catena aperta gli atomi di carboni sono legati tra di loro in catene lineari o ramificate; negli

idrocarburi aliciclici le catene sono chiuse ad anello. Gli idrocarburi sono inoltre distinti in saturi o insaturi a seconda

che contengano, rispettivamente, solo legami semplici, oppure anche doppi o tripli legami.

Ciascuna famiglia di idrocarburi alifatici (alcani, alcheni, alchini, cicloalcani, cicloalcheni) è rappresentabile da una

stessa formula generale (costituisce una serie omologa).

Gli idrocarburi aromatici si distinguono a seconda che contengano un solo anello benzenico o più anelli benzenici

condensati in monociclici e policiclici.

Una proprietà comune degli idrocarburi è quella di essere insolubili in solventi polari (come l'acqua) e di essere molto

solubili in solventi apolari (etere, tetracloruro di carbonio). Il loro punto di ebollizione aumenta all'aumentare del

numero di atomi di carbonio (e del grado di ramificazione). Gli idrocarburi contenenti fino a 3-4 atomi di carbonio

sono gas, quelli fino a 15-16 atomi di carbonio sono liquidi, quelli con un numero maggiore di atomi di carbonio

sono solidi. Gli idrocarburi insaturi sono in genere più reattivi di quelli saturi. Gli idrocarburi aromatici si caratterizzano

per l'elevata stabilità chimica dell'anello benzenico, per cui risulta molto difficile spezzarlo, mentre è più facile

sostituire gli atomi di idrogeno all'anello con altri atomi o gruppi di atomi.

Le fonti principali degli idrocarburi sono il carbone fossile, il gas naturale (costituito per circa il 99% da metano) e

soprattutto il petrolio. Gli idrocarburi presenti nel petrolio sono alcune centinaia, mediamente rappresentati, per l'80%,

da idrocarburi alifatici e, per il 20%, da idrocarburi aromatici.

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Raffinazione del petrolio

La raffinazione del greggio avviene in opportune torri di

distillazione frazionata, dove ha luogo la raffinazione primaria. In

seguito possono essere impiegati vari processi di chimica

industriale atti a modulare la produttività di una raffineria

aumentando in genere la resa in benzine o altri prodotti richiesti.

Nella distillazione primaria, l’olio greggio passa attraverso una

fornace per il riscaldamento iniziale e poi viene immesso alla base

della colonna di raffinazione. La separazione in varie famiglie di

idrocarburi avviene per effetto della diversa temperatura di

ebollizione dei vari composti presenti nel greggio.

Le varie camere di distillazione frazionata sono separate da piatti

contenenti opportuni fori con camini e coperchi.

Questi hanno funzione di lasciar passare le frazioni gassose

dirette verso la testa della colonna, mentre permettono di

raccogliere i condensati liquidi che si adagiano sui piatti stessi.

La prima separazione da luogo alla condensazione degli oli

combustibili (dai 300 ai 400° C), mentre la parte non evaporata

in uscita dalla fornace precipita verso il basso dando origine a oli lubrificanti, cere paraffiniche e bitumi.

Salendo verso l’alto si separano nell’ordine i gasoli (attorno ai 180-360°C), il cherosene (attorno ai 150-300°C), le

benzine (attorno ai 20-200°C) ed infine i combustibili gassosi che fuoriescono al di sotto dei 20°C.

Torre di distillazione frazionata

dell’Istituto “Giulio Natta”

Reazione di combustione

Quasi tutti gli alcani possono essere utilizzati come combustibili liquidi o gassosi.

Gli idrocarburi bruciano all’aria dando anidride carbonica e acqua e sviluppando una notevole quantità di calore, che è

il principale prodotto di questa reazione ossidativa.

La reazione di combustione in presenza dell’ossigeno dell’aria non è spontanea a temperatura ambiente, ma deve essere

innescata, ad esempio con una fiamma.

Nella reazione, ogni atomo di carbonio si trasforma in diossido di carbonio e l’idrogeno si unisce all’ossigeno per

formare acqua.

Anche la combustione procede attraverso un meccanismo radicalico molto complesso.

L’equazione stechiometrica della combustione totale di un alcano è:

CnH2n+2 + (3n/2+1/2) O2 → CO2 + (n+1) H2O

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In realtà però essa non viene mai rigorosamente rispettata. Anche in presenza della corretta quantità di ossigeno, e

specialmente se l’idrocarburo è molto complesso, rimangono residui di molecola non combusti, come si verifica nei gas

uscenti dai tubi di scarico dei motori diesel e nei residui carboniosi che si accumulano all’interno delle caldaie e ne

causano il deterioramento.

La combustione avviene nei cilindri delle auto, nelle centrali termoelettriche, nelle case quando si utilizza il GPL o il

metano.

Per il metano e l’ottano le reazioni di combustione sono così schematizzabili:

CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O + calore

C8H18 + 12,5 O2 → 8CO2 + 9 H2O + calore

Se la combustione avviene in difetto di aria, può accadere che oltre all’anidride carbonica si formi anche una certa

quantità di ossido di carbonio (CO) che rende estremamente tossico l’ambiente.

Ecco il motivo per cui bisogna bruciare questi combustibili in buone condizioni di ventilazione, per evitare disastrose

conseguenze come quelle a cui si va incontro quando si mantiene acceso il motore dell’auto all’interno di un garage o di

un qualsiasi altro luogo chiuso.

Combustibili alternativi

I biocombustibili rappresentano l’ alternativa più promettente al petrolio che oggi copre la quasi totalità degli utilizzi

finali nel settore dei trasporti. Essi derivano dal materiale organico che costituisce la biomassa, una forma di risorsa

rinnovabile che può essere convertita direttamente in combustibile.

I biocarburanti utilizzati a scopi di autotrazione possono dare un contributo importante al problema della dipendenza

energetica dalle fonti fossili. Questo settore, infatti, è responsabile del consumo del 30% di energia e del 20% circa

delle emissioni di gas serra nell’Unione Europea.

Allo stato attuale, gli unici biocarburanti prodotti e utilizzati su larga scala sono:

- Biodiesel

- Bioetanolo

BIODIESEL

Il biodiesel è un biocombustibile ottenuto dal trattamento chimico (trans esterificazione) di oli vegetali quali colza,

girasole, palma, noce di cocco, soia e anche grassi animali provenienti dall’industria della carne. Esso può essere

utilizzato puro o in miscela (5-20%), come sostituto del gasolio nel settore dei trasporti e del riscaldamento senza

modificare i motori e caldaie, consentendo una riduzione significativa di emissioni rispetto al gasolio minerale.

La trans esterificazione avviene usando un reagente alcolico (metanolo o etanolo) con aggiunta di soda caustica(NaOH).

L’alcol reagendo con gli acidi grassi produce da un lato biodiesel e dall’altro glicerolo.

I vantaggi ambientali offerti dal biodiesel sono:

- Emissioni nulle di CO2 considerando l’intero ciclo

di vita perché essendo di origine vegetale la quantità

di anidride carbonica emessa in atmosfera è pari a

quella immagazzinata nella pianta, quindi il bilancio

è complessivamente pari a zero.

- Minori emissioni di CO (-30/50%)

- Minore produzione di idrocarburi incombusti

(-20%)

- Migliore combustione dovuta alla presenza di

ossigeno nella molecola

- Biodegradabilità

- Punto di infiammabilità più alto (limita il pericolo

di autocombustione durante il trasposto)

- Accensione del motore più rapida

Il grafico mostra l’interesse sempre crescente dal 2002 in poi nell’ Unione Europea

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BIOETANOLO

L’uso di carburanti di origine vegetale per autotrazione risale ai primo di ‘900 quando Henry Ford ne promosse

l’utilizzo; ma l’interesse americano per l’etanolo svanì dopo la seconda guerra mondiale in seguito all’enorme

disponibilità di olio e gas. Negli anni ’70 , a seguito della prima crisi di petrolio, si ricominciò a parlare di etanolo e, alla

fine del decennio diverse compagnie petrolifere misero in commercio benzina contenente il 10% di etanolo, il

cosiddetto gasohol.

Oggi il bioetanolo è ritornato al centro dell’interesse della ottica mondiale come biocombustibile utile per ridurre le

emissioni di CO2, essendo di origine vegetale.

Il bioetanolo è prodotto mediante un processo di fermentazione alcolica di prodotti agricoli ricchi di zucchero (canna da

zucchero, barbabietola da zucchero, mais, orzo, grano, patate) o ricchi di cellulosa.

Ha caratteristiche fisico-chimiche simili alla benzina e questo permette il suo utilizzo in percentuali fino al 20% (senza

modificare il motore) o anche un utilizzo puro nel caso dei motori Flex (come in Brasile)

Oggi rappresenta il biocarburante di maggiore interesse, con una stragrande maggioranza produttiva negli USA e in

Brasile.

Tuttavia il suo impiego pone problematiche di natura etica sul reale vantaggio di destinare i terreni agricoli alla

produzione di “prodotti energetici” rispetto alla “produzione alimentare”.

Alcune ricerche su questo campo si stanno orientando per la produzione di “biofuel di seconda generazione” che non

derivano da materie prime agroalimentari (materiali ligneo cellulosici, oli e grassi non commestibili).

Questi biocarburanti, nati dall’esigenza di non entrare in conflitto con le produzioni alimentari, presenta bilanci

energetici e ambientali molto più vantaggiosi rispetto ai combustibili di prima generazione.

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INQUINAMENTO ATMOSFERICO

Le sostanze dannose

Le particelle che possono alterare la qualità dell’atmosfera si distinguono in naturali e antropiche, ovvero provocate

dalle attività umane.

Le prime sono causate dalla sabbia dei deserti, dall’erosione del suolo o dalle eruzioni vulcaniche. Le sostanze disperse

attraverso questi fenomeni vengono trasportate dal vento fino a migliaia di chilometri di distanza.

Le sostanze di origine antropica sono senza dubbio più influenti e sono generalmente provocate dalla combustione,

quindi dai motori a scoppio delle automobili e dalle attività industriali, ma anche dagli impianti

di riscaldamento. Persino la cottura degli alimenti e il fumo di sigaretta possono inquinare, come anche l’usura degli

edifici contribuisce alla dispersione di particelle nocive nell’atmosfera.

Si distinguono inoltre in particolato e contaminanti gassosi.

Il particolato

Con questo termine si intende la presenza di particelle solide, che vengono indicate con la sigla PTS

(Polveri Totali Sospese). Vengono misurate in micron, un millesimo di millimetro, e quanto più sono sottili, tanto più

riescono a raggiungere le vie respiratorie fino agli alveoli polmonari, causando diversi disturbi.

Ad essere nocive sono già le PM10, ovvero inferiori ai 10 micron di diametro. Ma di recente si sta concentrando

l’attenzione sulle PM2,5 le particelle dette polveri supersottili che sono le più pericolose per la salute. È stato rilevato

che in Europa occidentale fanno perdere ai cittadini quasi 9 mesi di vita e per questo motivo sono state sostituite alle

PM10 come misura di riferimento nelle rilevazioni delle polveri sottili nell’aria.

Monossido di carbonio - CO

Cause: è causato da alcune lavorazioni industriali, ma in misura molto maggiore dalle automobili. Deriva dalla

combustione incompleta dei combustibili fossili e si trova in quantità maggiori nei pressi delle zone più trafficate.

Effetti: si lega all’emoglobina, rendendo difficoltoso il trasporto di ossigeno. Causa quindi mal di testa, fatica e

problemi respiratori. In dosi eccessive e in seguito a un’esposizione prolungata, può essere fonte di avvelenamento.

Anidride carbonica – CO2

Cause: deriva anch’esso dalla combustione, soprattutto dei motori a scoppio a idrocarburi, tranne il metano.

Effetti: è una delle cause principali del surriscaldamento globale.

Piombo - Pb

Cause: il piombo è un metallo pesante presente nella benzina, la cui combustione lo libera nell’aria sotto forma di

cloruro o ossido di piombo. L’introduzione delle benzine verdi, ovvero senza piombo, ha ridotto la sua presenza

nell’aria, ma anche gli elementi utilizzati in sua sostituzione (come il benzene) possono avere effetti dannosi.

Effetti: è neurotossico, quindi pericoloso in particolare per il cervello. Si accumula nelle ossa, nelle ghiandole e nel

fegato e spesso può essere cancerogeno.

Ozono – O3

Cause: l’ozono presente nella stratosfera serve a farci da barriera contro le radiazioni UV del sole, ma quando presente

nella troposfera, causato di solito dalle automobili, è nocivo. Si tratta di un inquinante secondario, ovvero deriva da

reazioni fotochimiche di altre sostanze.

Effetti: infiammazioni delle vie respiratorie che possono portare a tosse e asma.

Ossidi di azoto - NOx

Cause: viene prodotto dalle combustioni che utilizzano grandi quantità di ossigeno ad elevate temperature, quindi

inevitabilmente da combustioni a legna, centrali idroelettriche e motori a scoppio.

Effetti: può provocare irritazioni agli occhi, problemi alle vie respiratorie, soprattutto nelle persone soggette ad asma, e

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può causare la produzione di metaemoglobina nel sangue, che ostacola il trasporto dell’ossigeno.

Per quanto riguarda l’ambiente, legandosi alle particelle d’acqua, è una delle cause delle piogge acide e dello smog.

Ossidi di zolfo - SOx

Cause: in natura vengono dispersi dalle eruzioni vulcaniche. Dall’uomo attraverso le combustioni di carburanti che

contengono zolfo, principalmente dalle industrie metallurgiche, inceneritori, impianti di riscaldamento, nella produzione

della plastica e dalle centrali termoelettriche.

Effetti: causano irritazioni a pelle e occhi, nonché problemi alle vie respiratorie, fino a portare all’asfissia in caso di dosi

eccessive.

Effetti sull’uomo

Gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico sulla salute dell’uomo non sono mai stati sufficientemente chiari ed è

difficile rilevarne l’influenza sull’aumento di alcune patologie e decessi.

Certo è che, come abbiamo visto, può essere causa di diverse forme di irritazione a occhi e pelle e di problemi legati

all’apparato circolatorio e cardiovascolare.

Molti gas nocivi presenti nell’aria sono incolori e inodori, per cui difficilmente ci accorgiamo di inalarli, se non quando

siamo immersi nel traffico e percepiamo gli odori sgradevoli dei gas di scarico.

Ovviamente bambini e anziani sono i più a rischio, nonché persone soggette a malattie cardiovascolari o respiratorie

come bronchiti e forme d’asma che possono subire peggioramenti.

È importante sottolineare la differenza tra due diversi tipi di malessere da inquinamento atmosferico.

Uno determina peggioramenti in caso di periodi ad alto tasso di inquinamento, di solito in caso di incidenti, in cui il

livello di polveri sottili supera la media.

Più difficili da individuare sono invece i problemi legati all’esposizione a bassi livelli di inquinamento atmosferico sul

lungo periodo. Non c’è ancora chiarezza su questo tipo di effetti, ma si registrano di solito come un aumento dei casi di

malattie respiratorie e cardiovascolari

Effetti sull’ambiente

Il buco dell’ozono

Nella stratosfera l’ozono forma una coltre che ci protegge dalle radiazioni ultraviolette emanate dal sole, altrimenti

pericolose per le vegetazioni e per l’uomo. Durante il periodo primaverile dell’emisfero australe questo strato si

assottiglia, per cause naturali, nell’area sovrastante il Polo Sud, ma dalla metà degli anni ‘70 questo fenomeno sta

aumentando e si sta espandendo in altre zone con effetti dannosi.

Cause di questo fenomeno sono stati prevalentemente i clorofluorocarburi (CFC), poi vietati e sostituiti dagli

idrofluorocarburi. Ma poiché sono comunque in grado di attaccare l’ozono, la loro produzione deve cessare entro il

2020 nei paesi industrializzati e entro il 2040 in quelli in via di sviluppo.

La riduzione dello strato d’ozono e la conseguente esposizione alle radiazioni UV porta a mutazioni nel DNA che

aumentano il rischio di cancro alla pelle; inibisce la fotosintesi clorofilliana, rallentando la crescita della vegetazione e

anche quella del fitoplancton, che essendo alla base della catena alimentare marina, rischia di compromettere l’intero

ecosistema acquatico.

Effetto serra

Questo termine in realtà definisce un fenomeno indispensabile per la vita sulla terra. Si tratta di un membrana formata

dai gas serra (soprattutto anidride carbonica, vapore acqueo e metano) in quantità moderate, che permette ai raggi del

sole di passare attraverso l’atmosfera e impedisce la dispersione di quello emanato dalla terra, come una vera e propria

serra.

Senza questa coltre gassosa la temperatura della terra sarebbe in media inferiore di 30° C e la maggior parte delle forme

di vita presenti non esisterebbero.

Negli ultimi decenni però le produzioni industriali emanano quantitativi di gas serra che modificano la composizione

chimica dell’atmosfera, determinando un aumento della temperatura terrestre.

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Non si hanno ancora dati certi sulle conseguenze ambientali, a parte l’accentuazione di fenomeni metereologici

pericolosi quali uragani, tempeste e inondazioni.

Piogge acide

Di solito si usa questo termine per indicare le precipitazioni caratterizzate da un alto livello di acidità. In realtà queste

rappresentano solo una parte del fenomeno: la deposizione acida umida. Quando invece le sostanze inquinanti non si

legano a gocce d’acqua, raggiungono il suolo attraverso una deposizione secca.

Queste sostanze derivano dalla combustione di industrie e automobili e si tratta di solito di acidi di azoto e di zolfo. A

contatto con l’acqua, i primi si trasformano in acido nitrico, i secondi in acido solforico.

Questo porta a precipitazioni con valori di PH inferiori alla norma che portano danni all’ambiente e alle costruzioni. Il

marmo, gli intonaci e il cemento tendono a sgretolarsi, mentre i metalli vengono corrosi.

Le vegetazioni ne risentono nell’apporto di sostanze nutritive e gli alimenti derivati possono diventare nocivi per la

salute dell’uomo.

Porta poi gravi problemi ai corsi d’acqua. Si sono rilevati casi in cui questi raggiungevano un Ph di 5.5, molto al di sotto

dei valori naturali, con conseguente scomparsa totale di pesci in diversi laghi in tutto il mondo.

Il traffico

Come emerso dalla classificazione degli agenti inquinanti, la combustione utilizzata dalle automobili è la principale

causa dell’inquinamento, essendo alla base della quasi totalità delle particelle dannose presenti nell’aria. Per quanto

riguarda la sola anidride carbonica, il traffico è responsabile del 40% della sua emissione.

I motori a scoppio utilizzano un carburante e l’aria come agente ossidante. All’interno di un impianto di alimentazione

producono calore, che si trasforma in lavoro meccanico, e gas che viene eliminato attraverso un impianto di scarico.

Questo è il gas che vediamo ogni giorno uscire dalle marmitte di colore piuttosto scuro, fino ad alzarsi nell’aria e

scomparire.

Nonostante si allontani dalla nostra vista, rimane nell’atmosfera sottoforma di quelle particelle che abbiamo sopra

elencato.

Il traffico automobilistico è uno dei problemi a cui a stento si riesce a trovare una soluzione. I frequenti trasporti per

studio o per lavoro causano congestioni sulle strade, soprattutto nelle aree fortemente urbanizzate, provocando tassi di

polveri sottili pericolosi per la salute.

Oltre al fatto che spesso l’uso dell’auto è preferito rispetto a quello dei mezzi pubblici, il numero eccessivo di

automobili sulle strade è causato dal fatto di essere occupate per lo più dal solo conducente. È radicato nello stile di vita

del cittadino considerare l’uso dell’auto strettamente connesso al possesso e raramente si pensa alla possibilità di

condividerla o di cercare un passaggio da colleghi o amici. Ma se si considera il numero di posti per ogni veicolo,

automaticamente ci si rende conto di quante auto si potrebbero togliere dalle strade se solo si riuscisse a riempirle.

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Rimedi e regolamentazioni

Gli interventi contro l’inquinamento atmosferico si basano prevalentemente sull’utilizzo di energie alternative per

quanto riguarda la combustione dei motori a scoppio e l’utilizzo di speciali depuratori per le produzioni industriali.

La maggior parte dei gas di scarico prodotti dalle automobili derivano dall’incompleta combustione dei carburanti,

quindi il primo intervento è stato la dotazione di sistemi che assicurino la completa combustione. L’altra innovazione

che permette di ridurre le emissioni dannose è l’invenzione di marmitte in grado di trasformare i gas di scarico in

sostanze meno inquinanti.

Sul tema la normativa europea si è espressa stabilendo che tutte le automobili immatricolate a partire dal 1° gennaio

2006 devono essere dotate del dispositivo Euro4, che consente di mantenere le emissioni inquinanti entro i valori fissati

dalla normativa comunitaria.

Si possono anche preferire fonti di energia alternative come quella eolica, ma anche il gas GPL o il gas naturale

compresso GNC, al posto di benzina e diesel.

Come abbiamo visto, l’inquinamento atmosferico è un fenomeno di interesse globale, motivo per cui deve essere

trattato a livello transnazionale.

In Europa, quando negli anni ‘60 ci si accorse dei livelli di acidità raggiunti in alcuni laghi della Scandinavia a causa

delle sostanze provenienti da altri paesi, si iniziò a prendere atto della necessità di una collaborazione tra i vari paesi.

Nel 1979 i paesi membri dell’UECE (United Nations Economic Commission for Europe) firmarono a Ginevra la

Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza, che ha stabilito una serie di protocolli per

ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici.

I primi tentativi di gestione mondiale del problema si ebbero col Protocollo di Montréal, firmato da 35 paesi nel 1987

con cui si impegnavano a ridurre la produzione e l’uso dei principali clorofluorocarburi, fino al 50% da raggiungere

entro il 1998.

L’altro grande progetto arrivò dieci anni dopo col Protocollo di Kyoto del 1997, che stabiliva i valori delle emissioni

che i paesi firmatari dovevano raggiungere entro il 2012.

Di fatto pare che sia di difficile attuazione, tanto che ha avuto difficoltà a diventare parte delle normative dei diversi

paesi.

La normativa italiana segue quanto dettato dalle direttive europee, che affidano la definizione dei piani per il

risanamento dell’aria a province e regioni autonome. I programmi però sono di difficile attuazione perché necessitano

del contributo di diverse discipline scientifiche e coinvolgono soggetti pubblici e privati interessati alle proposte di

risanamento e alla messa in opera degli interventi.

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THE MUSEUM OF SCIENCE AND TECHNOLOGY IN PRAGUE

During this academic year, our school organized a trip abroad to Czech Republic. We spent one day in Cesky Krumlov

and the remaining five days in Prague. On the fourth day there, we visited the Museum of Science and Technology in

the town centre.

The museum of science and technology is divided in five floors: the underground floor gives room for the mining and

metal crafting exhibition, the ground floor with the main hall, the first floor with printing and time measurement, the

second floor with chemistry and photography displays, and finally the top floor which includes home technology and

architecture exhibitions.

The main exhibition hall is where adults become kids again and start admiring things with their eyes wide open. The

multitude of objects in the main hall is exciting and heads turn from up, to the airplanes hanging from the roof, to down

where cars and locomotives are all around.

The history of transportation is all around visitors, with some really amazing pieces such as early Bugatti models and

race cars from the ‘30s. The exhibition is divided in separate rooms, each one of them shows the entire history

development of car, motorcycle, bike, plane and boat transportation.

The “Transportation hall” is traditionally the most popular among visitors. The world of old technology comes alive

here: the first cars which ran on combustion or steam engines, numerous motorcycles showing their development from

the end of the 19th century to present, samples of railway technology and airplanes suspended at 8 meters. All of this

creates a unique atmosphere, a kind of cathedral of technology in which the famed machines that provided their grant to

history get their payback.

.

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L’INFORMATICA NEL SETTORE AUTOMOBILISTICO

L’informatica e l’ automazione nelle grandi imprese

automobilistiche

L’evoluzione tecnologica è uno dei fattori fondamentali dello sviluppo costante dell’industria automobilistica.

Le tecnologie applicate all’industria sono state il punto di forza di tutte le imprese operanti nei più svariati settori

industriali, questo perché hanno permesso di poter migliorare in continuazione sia la produzione che i prodotti.

L’informatica iniziò a essere utilizzata nelle imprese di tutto il mondo tramite i mainframe e i minicomputer, questo fu

un punto di svolta che permise cambiamenti enormi ed evoluzioni impensabili all’interno delle imprese stesse.

Nell’industria automobilistica odierna l’informatica è presente in modo stabile e massiccio, sotto forma di telematica,

applicazioni software e apparecchi hardware di ogni tipo.

Le grandi imprese industriali che producono automobili sono ormai legate all’informatica e al progresso tecnologico in

modo indissolubile, questo perché le produzioni dei grandi marchi presenti nel mercato sono caratterizzate da una

imponente automazione che può essere implementata ed utilizzata solo grazie a computer e software che, interagendo

con l’utente, possano tradurre le sue richieste in azioni da far compiere agli apparecchi robotizzati. Per esempio i

software di gestione delle macchine operatrici utilizzate nelle linee di produzione sostituiscono la manodopera nei lavori

di precisione o nei lavori che se svolti da un essere umano impiegherebbero un tempo troppo elevato per essere eseguiti

e soddisfare i ritmi incessanti del mercato. In questo modo si sono ottimizzati i costi di produzione elevando il numero

di beni prodotti e diminuendo radicalmente gli errori umani dovuti a distrazioni e sbagli e quindi eventuali scarti di

produzione.

Sicurezza informatica

L’informatica ha permesso di ottimizzare e creare sistemi informativi indispensabili per l’industria dell’auto, soprattutto

per la grande mole di dati e informazioni che si trovano ad utilizzare.

L’utilizzo sempre più intensivo dell’informatica in azienda e dei suoi strumenti astratti per lo scambio, la condivisione,

l’elaborazione e lo stoccaggio dei dati, ha reso necessaria la considerazione della sicurezza negli aspetti fondamentali

della riservatezza, dell’integrità e dell’affidabilità dei dati e dei sistemi.

I motivi per i quali un’impresa industriale produttrice di auto deve tutelarsi sul punto di vista della sicurezza sono i più

svariati, vanno da attacchi accidentali dovuti a fattori umani o non umani, come cali di tensione o eventi naturali,

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oppure eventi indesiderati di tipo volontario, da parte di criminali informatici che attaccano le imprese per ottenere dati

da vendere ad altre imprese, o per compromettere dei dati per recare danni.

L’industria dell’auto, per poter svolgere un attività remunerativa deve basarsi sull’innovazione dei progetti legati ai

prodotti che, al giorno d’oggi, sono per la maggioranza dei casi implementati e salvati in formato digitale, se questi dati

non fossero messi in sicurezza tramite appositi accorgimenti potrebbero essere rubati, intercettati, modificati o persi

durante il loro “passaggio” nella rete.

I dati devono poi poter essere condivisi in modo da poterne garantire la riservatezza durante il loro passaggio nella rete,

per questo vengono utilizzati sistemi di crittazione dei messaggi; ciò significa che un messaggio anche se intercettato

non potrà essere utilizzato senza conoscere la chiave di cifratura, soprattutto nel caso della cifratura asimmetrica, che

comporta l’utilizzo di due chiavi di cifratura diverse, una pubblica e una privata, per cifrare e decifrare un messaggio.

Un metodo efficace è quello di dedicare una “macchina” a funzione di firewall tra connessione Internet e rete interna,

così che possa verificare costantemente tutti gli accessi e gli scambi di dati fra “interno” ed “esterno”; ciò però non

basta perché vi è comunque il rischio di violazione della riservatezza dei dati, che può essere facilmente neutralizzato

tramite la registrazione di ogni singolo utente della rete aziendale con l’utilizzo di password gestite dall’amministratore

di rete, che, a sua volta, può verificare l’esistenza di eventuali intrusioni ricorrendo alla visualizzazione delle richieste di

connessioni e del traffico dati della rete.

Computer di bordo

L’informatica all’interno dell’industria dell’auto è presente non solo nella gestione e nell’organizzazione delle società

stesse, ma anche nei prodotti che offrono al consumatore finale.

Le automobili prodotte negli ultimi decenni sono state sempre più all’avanguardia tecnologicamente, fino ad avere veri

e propri computer a bordo per gestire tutto ciò che l’elettronica governa.

L’ultima frontiera dell’informatica nelle auto è la possibilità che siano connesse in rete per potersi scambiare dati e

informazioni, cosi da aumentare sempre di più l’affidabilità e la sicurezza, oltre che per ottenere una miglior gestione

del veicolo stesso, sotto il punto di vista dei consumi e della manutenzione.

I prodotti offerti dall’industria automobilistica, grazie all’innovazione tecnologica e all’informatica sono sempre più

interattivi e multimediali e ciò permette di avere prodotti sempre più sicuri e versatili, oltre che al passo con i tempi,

quindi sempre adatti ad un mercato che si evolve in continuazione.

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NUOVE TECNOLOGIE E INNOVAZIONI FUTURE

Auto elettrica

In realtà l’ auto elettrica è una rivoluzione tecnologica che dovrebbe contribuire ad una mobilità più sostenibile, ed era

già commercializzata negli anni ‘30 del 1800!

Grazie al belga Camille Jenatzy, già nel 1899, per la prima volta, un'auto elettrica superò il muro dei 100 km/h,

coprendo il chilometro lanciato in 34 secondi.

Negli anni ’10 del Novecento le auto a benzina hanno soppiantato le auto elettriche che non furono in grado di evolvere

per i limiti tecnologici dell’epoca, particolarmente riguardo alle batterie.

Nonostante l’ottima immagine pubblica e le politiche di sostegno a suo favore, la penetrazione dell’auto elettrica nel

mercato è in realtà ancora oggi molto modesta, i modelli attualmente in commercio sono adatti a percorrenze urbane o a

coprire brevi distanze extraurbane e soffrono ancora di alti costi e insufficienti infrastrutture per la ricarica.

La pura auto elettrica in sostanza è un veicolo che converte l’ energia chimica contenuta nelle batterie in energia

elettrica e quindi, tramite un motore elettrico, in energia meccanica, destinata a muovere il mezzo.

Dall’esterno l’auto elettrica è come un auto tradizionale a benzina o diesel.

E’ aprendo il cofano che si scoprono le differenze. Il motore a benzina è sostituito da un motore elettrico. Non ci sono

cambio e frizione visto che generalmente il motore elettrico è a presa diretta (direttamente accoppiato al differenziale ed

alle ruote) e neppure esiste un tubo di scappamento od un serbatoio della benzina, che di fatto è sostituito dalla batteria.

In realtà le componenti ed il funzionamento dell’auto elettrica sono minori e più semplici dell’auto

a combustione interna (più elettronica e meno meccanica).

Le batterie che alimentano il motore sono ricaricate

tramite la rete elettrica.

I tempi per una piena ricarica a 220V sono normalmente

nell’ordine di 4-8 ore, tempo perfetto per una ricarica

notturna presso il proprio garage.

Tempi più brevi sono raggiungibili sfruttando la

corrente industriale da 380V.

Le principali città stanno installando stazioni di ricarica

presso i principali parcheggi o centri commerciali, ma le

infrastrutture di ricarica sono ancora ampiamente

insufficienti.

A differenza della ricarica conduttiva che richiede il

collegamento con un cavo elettrico ad una presa, la

ricarica induttiva avviene tramite trasferendo l’energia

da un captatore elettromagnetico installato nel suolo di una stazione di ricarica ed il captatore montato sull’auto. Al

momento pare che il sistema difficilmente avrà diffusione a causa degli elevati costi.

A meno che la fonte di generazione elettrica sia rinnovabile, in realtà si può parlare di assenza di emissioni

in atmosfera solo durante la marcia del veicolo (polveri sottili, monossido di carbonio, ossidi

di azoto e idrocarburi incombusti) in quanto le emissioni sono causate a monte, nella fase di generazione termoelettrica.

Il bilancio dunque molto dipende dal mix di generazione a monte.

L’assenza di emissioni inquinanti durante il suo utilizzo viene generalmente premiata con l’accesso libero alle zone di

traffico limitato e parcheggi riservati, particolarmente nei centri cittadini, dove le frequenti accensioni/spegnimenti

rendono invece i motori a combustione interna più impattanti sull’ambiente.

In commercio le auto elettriche si presentano al prezzo di 28.000 - 38.000 Euro e sono in linea di massima più costose

delle consorelle a combustione interna.

L’elemento che più incide sul costo sono le batterie.

Secondo l'ENEA il costo della batteria di ultima generazione si aggira sui 300 $/kWh (230 Euro/kWh).

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Una batteria da 30 kWh, appropriata per una berlina con una autonomia intorno ai 150 km, inciderà sul costo dell’auto

per circa 9.000 Euro. Prezzo che viene attenuato dal vantaggio del minor costo d’esercizio del veicolo elettrico (2,5

Euro/100 km contro 7,1 Euro/100 km per un analoga auto a motore endotermico).

Dunque, anche se il costo di un ‘pieno’ è di soli 2-3 euro, l’auto elettrica fatica ancora a competere economicamente

con quella diesel, in mancanza di appropriati incentivi.

Auto a idrogeno

Molto spesso l'idrogeno viene indicato come una soluzione definitiva al problema energetico e al problema

dell'inquinamento ambientale, perché rappresenta un’ energia “pulita”.

L’idea di poter sfruttare l’elemento più diffuso nell’ universo e sulla Terra per muovere le nostre automobili è molto

attraente, ma nella realtà si scontra con gli elevati costi e con la mancanza di infrastrutture adeguate

di distribuzione dell’idrogeno presso gli utilizzatori finali.

Il totale passaggio ad un’economia ad idrogeno implica innanzitutto sistemi efficienti di produzione di questo elemento,

che non è una fonte energetica ma un vettore energetico, come l'elettricità. Questo significa che non è disponibile in

natura in forma molecolare 'libera', cioè come H2, pronto per essere utilizzato, ma che bisogna prima produrlo a partire

dalle sostanze che lo contengono, poi sfruttarlo per i vari usi.

Produrre idrogeno costa in termini energetici, perché bisogna spendere molta energia per ricavarlo: i metodi adottati,

infatti, hanno efficienze limitate, nel senso che impegnano molta potenza per produrre 'poco' idrogeno.

I primi tentativi di sviluppare un motore ad idrogeno risalgono al 1820, quando l’inglese W.Cecil affermava di aver

creato una macchina che produceva potenza attraverso il movimento di un pistone da una camera a pressione

atmosferica verso una camera in cui è stato fatto il vuoto bruciando idrogeno.

Oggi, le crescenti preoccupazioni sull’inquinamento atmosferico e la necessità di ridurre la dipendenza dalle fonti

fossili hanno risvegliato l’interesse verso l’idrogeno come combustibile per autoveicoli, fin’ora ampiamente utilizzato

soltanto in programmi spaziali.

L’idrogeno per la movimentazione dei veicoli trova applicazione:

- nei normali motori in sostituzione della benzina

- nelle celle a combustibile che generano energia elettrica per far funzionare motori elettrici.

MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA

L’idrogeno può essere impiegato in un motore in sostituzione della benzina, con il notevole vantaggio di emettere

allo scarico vapore acqueo anziché CO2 e altri inquinanti (CO, idrocarburi incombusti, particolato)

Il problema sta nel fare rifornimento, perché l’idrogeno in forma gassosa è altamente esplosivo, difficile da trasportare e

condensare se non a pressioni notevoli.

L’idrogeno ha una bassa energia di ignizione. Questo significa che è più facile far partire l’accensione di una miscela

aria-idrogeno anche in condizioni di miscela povera, cioè con meno idrogeno rispetto alle condizioni ideali. Però le

temperature che si sviluppano nel processo sono sufficienti a provocare l’ignizione prematura della miscela in

condizioni pericolose e non controllate. Gli studi per migliorare l’applicabilità dei sistemi a combustione interna

all’idrogeno mirano proprio a migliorare la progettazione del sistema di alimentazione di questo combustibile per

ridurre il pericolo di ignizione prematura.

Un’altra proprietà dell’idrogeno che influisce sul suo funzionamento in un motore a scoppio è la bassa densità. Questo

implica la necessità di avere volumi sufficientemente grandi dove poterlo contenere, con conseguenti problemi di spazio

e di costo che, nell’ottimizzazione di un motore a combustione interna, sono parametri importantissimi da valutare.

Nonostante ciò, quasi tutte le grandi case automobilistiche stanno progettando e sperimentando automobili ad idrogeno.

Esse sono ancora lontane dalla maturità commerciale, ma la ricerca va avanti con l’obbiettivo di trovare soluzioni

economicamente competitive per la produzione e la distribuzione dell’H2 e per lo stoccaggio efficiente e sicuro sul

piano energetico.

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La BMW che è stata una delle prime case

automobilistiche a presentare un’automobile con

motore a scoppio alimentato ad idrogeno. I recenti

sviluppi del programma di ricerca denominato

H2Bvplus, che vede la partecipazione

dell’Università di Vienna e di Graz, hanno portato

alla progettazione di un motore a pistoni

alimentato ad idrogeno, con un rendimento del 43

%, superiore a quello del migliore turbodiesel in

circolazione. La BMW sta concentrando i proprio

sforzi di ricerca su motori a pistoni alimentati ad

idrogeno, diversamente dagli altri costruttori che

invece vedono l’idrogeno come combustibile

all’interno di fuel cells per produrre elettricità e far

andare auto elettriche.

CELLE A COMBUSTIBILE

Le fuel cells, in italiano celle a combustibile, sono sistemi in cui l'idrogeno, legandosi all'ossigeno produce energia

elettrica ed acqua come prodotto della reazione.

Esistono diversi tipi di celle a combustibile, ma il loro funzionamento prevede che l’idrogeno, una volta alimentato,

venga ‘privato’ dei suoi elettroni: a questo punto gli elettroni passano attraverso un circuito esterno creando una

corrente elettrica, mentre le cariche positive migrano

dalla parte opposta e si combinano con l’ossigeno per

formare acqua.

I vantaggi delle celle a combustibile sono:

- Elevati rendimenti di produzione di energia elettrica

(> 40 %), poco dipendenti dalla dimensioni. Questi

valori sono maggiori dei rendimenti dei motori a

combustione interna convenzionali.

- Elevate affidabilità (non ci sono parti in movimento

che hanno una maggiore probabilità di rompersi)

- Basso impatto ambientale

- Silenziosità

Mentre la problematiche sono:

- Elevati costi di produzione rispetto alla vita utile.

- Necessitano di combustibili con basso contenuto di impurezze.

In conclusione si può affermare che le potenzialità dell’idrogeno nel settore dei trasporti sono evidenti, anche alla luce

delle ridotte emissioni (CO2 e particolato).

Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga prima di poter affermare che costituisce una soluzione definitiva al

problema energetico, anche a causa della mancanza di infrastrutture adeguate in grado di sostenere, da qui a breve, il

totale passaggio ad un’economia ad idrogeno.

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Auto ibrida

L'auto ibrida dispone di un sistema di trazione doppio, cioè è dotata di un motore a benzina (motore termico) e di un

motore elettrico che funzionano in parallelo.

Il primo fornisce energia al secondo attraverso un sistema di produzione e di accumulo di energia elettrica.

Nelle auto ibride il motore a scoppio lavorando ad un numero di giri costante muove un generatore elettrico che

accumula energia in una batteria, che alimenta il motore elettrico.

Le condizioni di marcia più impegnative (per esempio l’avvio, l’accelerata, la frenata), che comportano i maggiori

consumi ed emissioni allo scarico, sono a carico della parte elettrica quindi, in condizioni di traffico urbano, dove

l’andamento è piuttosto discontinuo, le auto ibride permettono di ridurre i consumi del 10-15 %.

Il motore elettrico lavora alle basse velocità (fino a 40 km/h tipiche del traffico cittadino) evitando di consumare

carburante, mentre il motore a benzina entra automaticamente in funzione alle velocità superiori.

La batteria che alimenta il motore elettrico si ricarica automaticamente attraverso l’impianto frenante. In un’auto

tradizionale, quando si frena, si perde energia sottoforma di calore. L’auto ibrida, invece, possiede un sistema che

trasforma il calore disperso dai freni in energia elettrica per ricaricare la batteria (frenata rigenerativa). In questo modo

il motore elettrico si comporta come un alternatore e ricarica la batteria durante le fasi di frenata.

Toyota Yaris Ibrida

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BIBLIOGRAFIA

- www.wikipedia.org

- www.treccani.it/enciclopedia

- www.ntm.cz

- https://sites.google.com/site/storiaindustriaauto/tecnologia-e-informatica

- www.chimicaorganica.net/la-combustione

- www.orizzontenergia.it

- www.tandemobility.com/Attualita/Primo_piano/Inquinamento_atmosferico.kl

- www.sapere.it/enciclopedia

Alessandro Ferrari

Bergamo, Giugno 2014