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La missione del sofferente nella Chiesa e nel mondo Un Cuore Immacolato per credere, adorare, sperare, amare ANC RA O L’ RIVISTA MENSILE DEL CENTRO VOLONTARI DELLA SOFFERENZA Settembre-Ottobre 2017 9-10 www.luiginovarese.org Poste Italiane spa spedizione in a.p. D.L.353/03 (conv. In L.27/02/2004 N°46) art.1 comma 2 e 3 AUT C/RM/103 2004

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La missione del sofferentenella Chiesa e nel mondo

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Diario della malattia“in pazienza e speranza”

Ugo Donati Bianchi

Cose mie

pp. 288 - 14 €

L’uomo di oggi, preso dalla frenesia del fare, dimentica facilmente quanto sia fragile la sua esistenza. La malattia è una di quelle condizioni che costringono a sperimentare precarietà e incertezza del domani; che obbligano a mettersi a nudo, a misurarsi con la fede, con i valori e gli affetti fondamentali.

Ugo Donato Bianchi raccoglie, in queste pagine di diario, la sua personale esperienza del mondo della sofferenza. Giovane sacerdote vive tra speranza e timore la malattia del fratello minore; uomo più maturo, Arcivescovo di Urbino già da oltre venti anni, è chiamato a confrontarsi con una grave patologia che mette alla prova la sua ‘pazienza’ e lo spinge a combattere, giorno per giorno, nella ‘speranza’.

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Il Cristo crocifisso, per me,è mistero d’amore?

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di Janusz Malski, Moderatore generale dei SOdC

Nel mese di ottobre si concluderanno le celebra-zioni collegate al centenario delle apparizioni della Vergine Santa a Fatima. Un importante

evento per tutta la Chiesa universale che ha consenti-to ai fedeli di approfondire e meditare sull’importanza che Maria ha sul piano della salvezza, nonché come fertile stimolo a rinnovare e rinvigorire la propria fede attraverso la preghiera quotidiana. Non a caso il sussidio che accompagna i Gruppi del CVS di quest’anno invita ad aprire il cuore all’univer-salità dell’amore attraverso il materno aiuto della Ver-gine Santa, un itinerario spirituale da percorrere con determinazione e fede, sempre aderenti ai messaggi che la Madonna ha consegnato ai tre pastorelli della Cova de Iria, propagatori di gioia, amore e speranza soprattutto nei luoghi in cui sono presenti sofferenza, disagio, rassegnazione.A proposito di amore universale, preziose sono state le parole di papa Francesco durante l’omelia tenuta a Santa Marta il 14 settembre scorso. La croce come “mistero d’amore”, un mistero che stimola a riflettere su una domanda fondamentale che sempre il Santo Padre offre come spunto di riflessione: “Il Cristo croci-fisso, per me, è mistero d’amore?”. Questo interroga-tivo ne implica altri sui quali deve focalizzarsi la nostra attenzione: “Io seguo Gesù senza croce, un maestro spirituale che riempie di consolazione, di consigli buo-ni? Seguo la croce senza Gesù, sempre lamentandomi, con questo “masochismo” dello spirito?». E ancora: «Mi lascio portare da questo mistero dell’abbassamen-to, svuotamento totale e innalzamento del Signore?».

Istanze che possono sicuramente accompagnare il no-stro cammino nell’anno pastorale appena cominciato, all’insegna dell’amore e della speranza certa.Sono lieto di annunciare che quest’anno il numero delle vocazioni sacerdotali tra i Silenziosi Operai della Croce è aumentato e ciò ci ha arrecato tanta gioia. In-vito tutti a sostenere con la preghiera e con un contri-buto economico sia le nuove vocazioni, sia il cammino di formazione intrapreso da alcuni giovani del conti-nente africano, affinchè aderiscano e restino fedeli al carisma del beato Luigi Novarese per evangelizzare ed illuminare il mondo dell’umana sofferenza.Il tema dei giovani sarà l’argomento che caratterizzerà il prossimo Sinodo dei vescovi e che riguarderà proprio “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Anche questo evento costituirà una preziosa occasio-ne per riflettere sui molteplici aspetti che caratterizza-no l’odierno mondo giovanile, condizionato e spesso immerso in una tecnologia esasperata e invadente, ma tuttavia affamato di spiritualità autentica, di sen-so del vivere, di poter dare un orientamento alla pro-pria vita attraverso scelte a volte difficili se considera-te inserite nell’odierna mentalità edonistica e utilita-ristica. Scelte che, comunque, esigono discernimento e coraggio. ■

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Fondatore: Mons. Luigi NovareseDirettore responsabile: Filippo Di Giacomo

Legale rappresentante: Giovan Giuseppe TorreRedazione:

Samar Al Nameh,Mauro Anselmo, Marisa Basello,

Angela Petitti, Mara StrazzacappaSegretario di redazione: Carmine Di Pinto

Progetto grafico e Art direction: Nevio De ZoltHanno collaborato:

Alessandro Anselmo, Mauro Anselmo, Ilaria Barigazzi, Pasquale Caracciolo, Giosy Cento, Letizia Ferraris,

Wojciech Grzegorek, Concetta Guarini, Robert Letasz, Janusz Malski, Walter Mazzoni, Mario Morigi,

Maria Teresa Neato, Mauro Orsatti, Angela Petitti, Mara Strazzacappa.

Foto: Jiří Rotrekl: p. 3, William Iven: p. 3, Antonio Pascucci: p. 11, 12, 13, 14, Ennio Cassera: p. 12, 15,

Khusen Rustamov: p. 18, Wojciech Grzegorek: p. 34, 35

Disegno: Nevio De Zolt, p. 17

Logo di copertina: Nevio De Zolt

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del 8/9/1986 nuova serie già registrata al Tribunale di Roma n°1516 del 19/4/1950

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Con permissione ecclesiastica

Mancini Edizioni s.r.l. - RomaCell. 335.5762727 - 335.7166301

Finito di stampare: Ottobre 2017

Periodico associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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3 IlCristocrocifisso,perme,èmisterod’amore? di Janusz Malski

6 èl’eradiMaria di Maria Teresa Neato

9 UnCuoreImmacolato percredere,adorare,sperareeamare di Alessandro Anselmo11 Ritornarealleradici di Mara Strazzacappa13 PerannunciareatuttilabellezzadelcarismadelCVS di Pasquale Caracciolo16 UnAnnopastoralediriflessione di Mauro Anselmo18 Laspiritualità,garanziadistabilitàedifedeltà di Mario Morigi20 Un’adesionevitale22 Lasalute?Uncompitospirituale di Mauro Anselmo

23 ViraccontiamoLuigi

27 Affrancatidallapaura Lectiodi Mauro Orsatti30 Coraggio,nonabbiatepaura! Celebrazionedi Concetta Guarini

32 SorellaElvira,leradicifemminilinell’apostolatodelbeatoNovarese

34 ApostolatoinAfrica di Wojciech Grzegorek36 “…consincerastimaegratitudine,

l’ultimodeisuoiconfratellinelSignore” di Robert Letasz38 Pretecolsorrisoda75anni a cura della Redazione39 IlCVSrispondeaGiovanni a cura di Giosy Cento42 “Lamiavitasenzalimitisostenutadallafede” a cura della Redazione

43 ImieiEsercizispiritualiaRe 44 Unasettimanaindimenticabile 45 PerfesteggiareinsiemeilbeatoelaRSA 46 Crescerenell’incontroconglialtri 46 CiaoGiacinto

informazione

indialogo

noicvs

una guida che continua

editoriale

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Sul mondo torna ad incombe-re lo spettro di un conflitto atomico. Mons. Lazzaro You

Heung-sik, vescovo di Daejeon e presidente della Commissione “Giustizia e pace” della Conferen-za episcopale coreana, a Roma il 5 settembre u.s. ha dichiarato: “Tut-ti si devono fermare. Perché se scoppia una guerra nucleare, non ci saranno vincitori. Saremo tutti perdenti. Con armi così sofisticate, sarà la distruzione totale... papa Francesco è preoccupato e prega molto, il rosario è la nostra forza”. (Fonte SIR)Quante volte il beato Luigi Novare-se ci ha esortati a far nostra questa preghiera per invocare la pace nel

mondo, unendovi quanto nella nostra vita è partecipazione al dono d’Amore salvifico offerto da Cristo sulla croce, ed impegno di conversione per essere sempre più a lui assimilati? Così scrive-va: “È l’era di Maria”: l’afferma-zione è del Santo Padre, che lo dice considerando le miserie del nostro tempo, e proprio in con-siderazione di esse (Paolo VI, Si-gnum Magnum n. 23, 13 maggio 1967, 50° apparizioni di Fatima). Il Papa nel discorso del 24 aprile 1970 aggiunge: “Dobbiamo cer-care di comprendere nuovamente le ragioni della nostra venerazione e della nostra fiducia verso la Ma-donna. Ne abbiamo bisogno? Sì.

Tutti ne abbiamo bisogno. Biso-gno e dovere”. In linea con questa direttiva, da-taci dal Vicario di Cristo... mi pare doveroso, per il Centro Volontari della Sofferenza, considerare il fine e lo scopo del suo essere nella Chiesa...“La Vergine Immacolata nel cam-mino storico della Chiesa, è perso-nalmente intervenuta. Lourdes e Fatima dicono interessamento del-la nostra Madre spirituale, per ri-chiamare la via della salvezza” (Lu-igi Novarese, L’Ancora, 7/1975).Ella continua ad agire nella storia stessa del mondo. Giovanni Paolo II il 25 marzo 1984 lo consacrò al suo Cuore Immacolato, con acco-rata preghiera: “Madre degli uo-mini e dei popoli… dalla fame e

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è l’era di Maria“PercomprendereedinserirsinelpianodellaMadonnaduepuntisonoindispensabili:

preghieraepenitenza.PerindicarcilalineadellapreghieralaVergineSantasiservedelrosario”(LuigiNovarese).

di Maria Teresa Neato

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dalla guerra, liberaci! Dalla guerra nucleare, da un’autodistruzione in-calcolabile, da ogni genere di guer-ra, liberaci”!In un’intervista filmata del 1993, suor Lucia affermò: “La consa-crazione del 1984 ha evitato una guerra atomica che sarebbe ac-caduta nel 1985”. Come faceva a saperlo?Lucia ebbe una visione nel 1984, di cui non si era mai par-lato, durante la quale la Madonna la ringraziava dell’avvenuta consa-crazione. Si suppone che allora la veggente abbia ricevuto pure tale precisazione. In effetti la passata gravissima tensione fra Est e Ovest aveva toc-cato il culmine nel 1983, con la crisi degli euromissili. Al Cremlino c’era Cernenko. Il sistema econo-mico sovietico era al collasso e la sfida militare imposta da Reagan metteva l’Urss davanti a una sola alternativa: un attacco preventivo all’Occidente, per evitare il crol-lo del suo regime. Invece... il 13 maggio 1984 ci fu l’esplosione dell’arsenale di Severomorsk, nel Mare del Nord. Senza quell’ap-parato missilistico che controllava l’Atlantico, l’Urss non aveva più alcuna speranza di vittoria. L’op-zione militare fu così cancellata. E l’embargo recentemente tolto agli archivi segreti inglesi dell’era Tatcher conferma questo scenario di grave crisi politica mondiale.Con la morte di Cernenko, pochi mesi dopo la consacrazione fatta dal Papa, fu chiamato al potere Mihail Gorbacev, che portò il co-munismo alla sua fine incruenta.

Egli firmò con Reagan il trattato per la riduzione degli armamenti e l’eliminazione degli euromissili il giorno 8 dicembre 1987.Pure coincidenze? Difficile cre-derlo! Tant’è che in Portogallo è uscito un libro intitolato: “Fatima, chiave di lettura della storia del XX secolo”.“Dinanzi ai mali che minacciano l’umanità, la Vergine Santa nel suo intervento a Lourdes ed a Fa-tima, unitamente alla preghiera, richiama il sacrificio quale mezzo incessante di riparazione che si eleva alla divina Maestà, da tutte le parti del mondo, in tutte le ore del giorno e della notte per im-petrare salvezza. Nell’apparizione del 13 luglio 1917, infatti, l’Imma-

colata dice ai tre piccoli confiden-ti: “Sacrificatevi per i peccatori e dite spesso, ma specialmente nel fare qualche sacrificio: - O Gesù, è per tuo amore, per la conversio-ne dei peccatori ed in riparazione delle ingiurie commesse contro il Cuore Immacolato di Maria”. L’invito alla penitenza significa: interiore cambiamento, morendo a se stessi, per vivere di Cristo e in Cristo, quali creature rinate at-traverso il Battesimo e a lui con-figurate, con le sue stesse reali finalità; partecipazione espiatrice ed impetratrice col proprio sacri-ficio alla passione di Cristo, per completarla nel tempo, attraverso i secoli, a beneficio della Chiesa” (Luigi Novarese).

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Ronald Regan e Mihail Gorbacev

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Il beato Luigi Novarese durante il Convegno nazionale del CVS tenutosi a Re (Vb) dal 6 al 10 maggio 1970 intitolato “L’ammalato e il matrimonio” dove venne affrontato il tema inerente ai vari aspetti del matrimonio soprattutto riguardo ai giovani disabili e invalidi. Fu proprio Monsignore ad organizzare questo importante incontro dimostrando di avere lungimiranza nell’affrontare problemi sociali di una certa rilevanza in netto anticipo sui tempi.

Così scrive il vescovo di Fatima: “Non possiamo essere indifferenti al male nè tentare di eluderlo. Si tratta di un messaggio di resistenza e superamento: è possi-bile vincerlo... a partire dalla conversione del cuore a Dio e dalla riparazione, intesa come una chiamata alla corresponsabilità con l’Amore Trinitario per la salvezza del mondo... Fatima ci aiuta così a leggere la storia con la consapevolezza di poterla mutare a partire da dentro, con la forza che viene dall’Alto. È una chiama-ta alla solidarietà salvifica. Dio ci chiede una risposta e ci viene incontro per Maria, onde trovare collaboratori a favore degli altri” (Don Antonio Marto, Lettera per il centenario).Noi SOdCVS (Silenziosi Operai della Croce e Centro Volontari della Sofferenza) portiamo questa specifica chiamata nel nostro DNA carismatico. Date ed eventi di settembre e ottobre ce la sottolineano fortemente. Esaltazione della Santa Croce e Madonna Addolorata; ultima apparizione di Fatima. Che mostrò ai pastorelli la Sacra Famiglia con Gesù Bambino e san Giuseppe benedicenti, poi il Signore che benediceva il mondo con accanto l’Addolorata, ed infine la Madonna del Carmine. La cui festa mise il sigillo alle apparizioni di Lourdes. Allora... quali e quante risposte? “Il tempo si fa breve, ed il mondo è da salvare”! (Luigi Novarese) Unendoci sempre più con Maria all’offerta d’Amore di Cristo. ■

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Un Cuore Immacolatoper credere, adorare, sperare e amare

AReeValleluogopergliincontridiprogrammazionedelnuovoAnnopastorale.

Al via l’Anno pastorale del Centro Volontari della Sofferenza con i con-

sueti Convegni nazionali di pro-grammazione che si sono tenuti nella Casa “Cuore Immacolato di Maria“ a Re (Verbania) dall’8 al 10 settembre per le diocesi del centro-nord Italia, e nella Casa “Beato Luigi Novarese” di Valle-

luogo (Ariano Irpino) per il cen-tro-sud, dal 15 al 17 settembre.Il Consiglio di Presidenza del-la Confederazione, quest’anno propone di “Camminare insieme nella gioia del Vangelo”, par-tendo da Maria «che ci richiama alla tenerezza di Dio – ha detto Resy Rizzini, delegata CVS Italia – e a trovare sempre nella fede

e nell’abbandono fiducioso alla sua volontà la forza di percorre-re anche la via del dolore e della sofferenza».Nell’introdurre gli incontri, Resy Rizzini, ha ricordato «l’importan-za del nostro carisma, sempre più necessario alla Chiesa, affinché l’uomo comprenda che non è solo, che la vita è sempre bella e

di Alessandro Anselmo

Valleluogo (Av). casa “Beato Luigi Novarese” re (Vb). casa “cuore immacolato di Maria”

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che anche al più grande dei dolori c’è rimedio: “Perché nessuna soffe-renza è inutile e tutto può diventare grazia e gioia” (cit. mons. Luigi No-varese)».Rizzini ha parlato dell’anno in cor-so, il Settantesimo dalla fondazione del CVS, il centenario delle appa-rizioni della Vergine a Fatima e ha poi concentrato l’attenzione su al-cuni aspetti da migliorare: «Resta urgente la necessità di potenziare l’azione apostolica, per dare conti-nuità e sviluppo al nostro carisma nelle realtà in cui viviamo». Ecco gli aspetti su cui lavorare: superare la mancanza di cultura associativa, porre l’attenzione sui settori giova-nili e ha poi sottolineato con forza l’importanza della formazione spi-rituale e apostolica «quale impe-gno primario indispensabile per il consolidamento della nostra iden-tità carismatica» e gli incontri agli Esercizi spirituali «come momento centrale e portante dell’attività for-mativa».Terminato l’intervento di Resy, An-gela Petitti, Presidente della Con-federazione CVS Internazionale, ha tenuto la relazione “Un cuore

immacolato per credere, adorare, sperare e amare”.«70 anni di fondazione del CVS – ha esordito sorella Angela. Questo anniversario ci parla della nostra storia associativa che in questi anni ha tracciato nella Chiesa e nella storia dell’umanità un solco impor-tante nella dura terra della soffe-renza umana. Ed è davvero così: la terra del dolore di cui ogni uomo fa esperienza è un terreno diffici-le, duro da lavorare. Molti se ne allontanano perché lo considerano improduttivo, inabitabile. Come un deserto inospitale. Ma non è for-se a questo deserto che noi siamo mandati? Non è forse del difficile che noi dobbiamo occuparci?».Tre le parole che hanno guidato la riflessione: promessa, primizia e profezia. La promessa riguarda l’inizio del-la nostra storia associativa, quella feconda e bella dei primi tempi in cui tutto era difficile, ma tutto realizzabile. Ma non solo: «Una promessa è sempre adempimento del futuro. Cos’è allora la promes-sa del carisma? Quale la promessa che Luigi Novarese ha incarnato e

portato avanti? È la promessa che nessuna sofferenza va perduta, che nessun uomo è privo di valore, che nessuna persona è senza un com-pito e che il compito del sofferente credente è quello di occuparsi della costruzione della Chiesa a partire dalle sue fondamenta nascoste e preziose. La promessa di occuparsi delle radici, di preparare i terreni togliendo le pietre e ciò che può ostacolare la crescita della fede».La primizia è «il frutto visibile di questi 70 anni. Così come siamo oggi, nel nostro volto diocesano e Internazionale. Una fioritura aper-ta sul presente di ogni giorno». La profezia riguarda «il nostro agi-re nel presente e nell’immediato futuro. Profezia non riguarda solo la parola ma anche l’agire. È un in-vestimento che parte dall’interiori-tà e va verso gli altri con la consi-stenza della fede e della speranza. Con la certezza della promessa di Dio».IlCammino. «Siamo qui per inizia-re un Anno pastorale che si propo-ne come un anno di sosta qualifica-ta – ha spiegato Angela. Un anno mariano perché vissuto in compa-

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gnia di Maria, scandito dalle feste che hanno fatto battere il suo cuo-re in vita e ancora lo fanno battere perché il cuore di una madre non cessa mai di occuparsi dei figli». Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ti con-durrà a Dio. Il nuovo Anno pasto-rale nasce e si sviluppa su questa promessa di Maria a Fatima. «Un itinerario quello di quest’anno di-retto verso l’interiorità, volto a far-ci protendere verso le radici della nostra appartenenza, rivisitando le motivazioni e rinnovando la volon-tà di appartenere e di agire in base all’essenziale in cui abbiamo cre-duto». Un itinerario mariano che «abbiamo desiderato presentarlo anche come un cammino scandito in modo diverso.Le tappe saranno quattro e non tre e la loro suddivisione non sarà secondo la suddivisione tradizio-nale dei tempi liturgici (Avvento – Pasqua – Tempo ordinario) ma se-condo l’esperienza di fede di Ma-ria. Inizierà l’8 settembre 2017, Festa della Natività di Maria e si concluderà il 15 agosto 2018, So-lennità della sua Assunzione». ■

1-Ilsussidio:“Oraèiltempodiseminare”Obiettivo del sussidio è invitare tutti a vivere quest’anno dall’interno in-vece che dal di fuori, cercando di metterci dentro quel seme che ogni parabola, ogni brano delle singole tappe ci presenterà, rinchiudendosi con lui e con lui attendiamo, sotto terra, conoscendo la mano di chi

getta il seme, sapendo chi è colui che poi lo farà crescere, convinti che nessuno cresce solo! Voglia-mo riflettere sulle situazioni e at-teggiamenti che possono impedire a chiunque di produrre un buon raccolto. “Qual è la causa del non avere “in sé radice”? Quali sono le nostre radici? Se non siamo radica-ti negli insegnamenti del Vangelo

Ritornare alle radicidi Mara Strazzacappa

Ritornarealleradici?Cosasignifica?Comprendiamocosa

significaessereCVSoggiconlanostrastoriadiieri?

Siamostanchidopo tuttigli impegniassociativi cheabbiamoavutonel2017?

Eoracosaciattende?Abbiamocapitochequello

checiattendeèunannodiriflessionesulnostroimpegno

ediapprofondimentodelcarismaripartendo

dalfondamentonostropiùimportante:Maria.

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e non lo viviamo costante-mente, il cuore di ognuno di noi può indurirsi, e il nostro impegno di apostolato con il CVS può solo affievolirsi.Dobbiamo essere convinti che è necessario seminare per avere in noi la forza di attendere, per essere ca-paci di donare, per essere capaci di rispondere, per riuscire ad ac-cogliere, soprattutto è necessario continuare a seminare per poter continuamente rinasceree racco-gliere i buoni frutti che Dio vorrà donarci.

2–L’eventoaReeValleluogoProponiamo per il nuovo anno un evento unico per tutte le fasce di età avente come obiettivo di risco-prire le radici carismatiche e la figu-ra del beato Luigi Novarese, rinno-vando il nostro impegno all’interno del CVS è come missionari nella Chiesa e della Chiesa.L’evento si terrà a Valleluogo dal 5 all’8 luglio e a Re dal 15 al 20 luglio 2018.

3-IlSinodoRispondendo alle sollecitazioni giun te dalla Confederazione e dal-la Chiesa, abbiamo pensato che il filo conduttore per i giovani in questo anno sarà rappresentato dalla domanda e dall’invito che papa Francesco ha posto nella let-tera preparatoria per il Sinodo dei vescovi che sarà su: “I giovani, la fede e il discernimento vocaziona-le”.“Che cosa cercate?”. Gli rispose-ro: “Rabbì – che, tradotto, signifi-ca Maestro –, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andaro-no dunque e videro dove egli di-morava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del po-meriggio» (Gv 1, 36-39).

Più sintetizzato: chi cercate?veniteevedrete!Gesù chiama tutti i giovani a un percorso interiore ma anche a una disponibilità a mettersi concretamente in movimento, senza ben sapere dove questo li porterà. Sarà un incontro me-morabile. Grazie al coraggio di

andare e vedere i discepoli speri-menteranno l’amicizia fedele di Cristo e potranno vivere quotidia-namente con lui, farsi interrogare e ispirare dalle sue parole, farsi col-pire e commuovere dai suoi gesti.Anche a noi Gesù rivolge la stessa domanda: Chi cercate?Diamo risposta a questa doman-da, andiamo e vediamo ancora una volta la bellezza del carisma del CVS, riscopriamo le intuizioni carismatiche che da sempre ci gui-dano, domandiamo cosa il CVS è stato per noi, cosa è e cosa voglia-mo diventi.In conclusione, tanti gli eventi e le sollecitazioni, a noi renderli pos-sibilità di crescita, conoscenza e vita. ■

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Ricorderemo come passaggio importante della vita del CVS Italia e della Confederazione l’Anno pastorale avviato con il Convegno nazionale di programmazio-ne di Re e Valleluogo del settembre scorso. Un anno di sosta – è stato detto – tra il triennio formativo 2015-17 e quello prossimo, vissuto all’insegna del “Cuore immacolato di Maria” per imparare a “credere, ado-rare, sperare ed amare”. Un anno di sosta, non per stare seduti in panchina, ma per costruire relazioni personali ed associative più intense, per sostenere le scelte di più ampio respiro già avviate, facendo tesoro delle perle preziose vissute: la beatificazione di monsignor Luigi Novarese del 2013, l’Udienza con papa Francesco del 2014, i 70 anni della nascita del CVS (1947), il centenario delle apparizioni di Fatima (1917).Si percepisce sempre più la necessità di non adagiar-si nelle comode consuetudini, nel “sempre si è fatto così”, per ripensarci, rinnovarci e trovare nuovi modi per annunciare a tutti, specialmente ai giovani, la bel-

lezza del carisma del CVS. Dobbiamo essere meno ti-midi e avere più coraggio nell’annunciare la “primizia” profetica del nostro fondatore, e cioè la soggettività degli ammalati e dei sofferenti, il loro protagonismo nella vita ecclesiale e sociale. Nonostante il Magistero dei Papi, specialmente a partire dalla Salvifici doloris del santo Giovanni Paolo II, è ancora prevalente nella Chiesa una pastorale “assistenziale”. Una pastorale certamente più attenta, più vicina, più amorosa, ma che vede ancora gli ammalati e i sofferenti come de-stinatari dell’attenzione degli altri e non come prota-gonisti. Qualcosa però sta cambiando. Significativo quanto è avvenuto all’ultimo Convegno nazionale della Pastorale della salute che si è tenuto a Bologna dall’8 al 10 maggio 2017. Il Direttore dell’uf-ficio nazionale don Carmine Arice nelle sue conclusio-ni ha detto testualmente: “L’indicazione più rilevante ci è stata offerta dal Presidente cardinale Montene-gro: pensare e progettare la Pastorale della salute non solo “per” o “con”, ma “degli” ammalati. Dobbiamo

studiare il modo di farli essere e sentire membra vive e protago-nisti della vita ecclesiale. Il beato Luigi Novarese, in questo, è stato un campione, perché tutta la sua azione pastorale ruotava attorno a questa idea”. Coraggio, allora. Facciamo promotori di questa vi-sione pastorale più vicina a quella Chiesa che papa Francesco defini-sce “Chiesa povera per i poveri”. Essi hanno molto da insegnare alle nostre Comunità cristiane. Il nuovo Anno pastorale sarà anche decisivo nel portare a compimento l’assetto organizzativo della Con-

Per annunciare a tutti la bellezza del carisma del CVS

di Pasquale Caracciolo, Equipe nazionale CVS Italia

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federazione CVS Internazionale, costituita nel 2004. Verrà, infatti, attuato per la prima volta quanto previ-sto dagli art. 7 “Assemblea Generale” e 14 “Delega-zioni territoriali” approvati dall’Assemblea Generale della Confederazione del 21-26 novembre 2014. Bisogna mettersi d’impegno. Acquisire una cultura associativa più robusta. Ancora si percepisce il par-lare di statuti, di regolamenti come una scocciatura. L’applicare le regole di vita interna ci appare come un appesantimento burocratico, quasi un ostacolo all’attività apostolica. Una volta acquisita una certa dimestichezza scopriremo, invece, che ne trarremo vantaggio. Innanzitutto non dobbiamo perdere di vi-sta i contenuti. La Confederazione è la realizzazione della volontà del nostro padre e fondatore. Dobbiamo avere memoria. L’attività internazionale del CVS ebbe inizio con il viaggio che sorella Elvira Myriam Psorul-la fece negli Stati Uniti d’America nel 1956. Fu un buon inizio per raggiungere quello che è sempre stato il sogno di mons. Novarese: l’Unione mondiale degli ammalati.Per il beato Novaresela Casa di Re doveva essere un punto di partenza per andare oltre i confini d’Italia e ancora oltre i confini della vicina Svizzera, dove l’apostolato era presente. Negli anni questo è stato possibile: vennero in questa Casa gruppi di ammala-ti provenienti dalla Polonia, dal Portogallo, dagli Stati Uniti, dal Kenya, dal Giappone, dall’Ungheria.Queste furono delle buone occasioni per iniziare o rinforzare l’apostolato in queste nazioni.Oggi l’Unione mondia-le degli ammalati è una realtà con l’approvazione del-lo Statuto della Confederazione CVS Internazionale da parte del Pontificio Consiglio dei Laici. Tra l’altro, lo Statuto della Confe-derazione e il Regolamento del CVS Italia consentono di espri-mere efficacemente la “natura ecclesiale” della nostra Asso-ciazione, prevedendo un’artico-lazione interna corrispondente a quella che la Chiesa italiana si è data negli ultimi decenni: la CEI, le Conferenze episcopa-

li regionali, le diocesi. Ciò consente alle Associazioni diocesane confederate, coordinate ai livelli regionale e nazionale, di partecipare attivamente agli Organismi di partecipazione ecclesiale come la Consulta pasto-rale della Salute, la pastorale giovanile, la pastorale familiare e la Consulta delle Aggregazioni laicali. Mons. Novarese aveva già le idee chiare. In una lette-ra del 1978 ai CVS diocesani dell’Umbria che aveva-no costituito un Coordinamento regionale e avevano chiesto la sua approvazione, egli scriveva: “L’attività del Centro regionale è importante per vari motivi ed ha alcuni precisi obiettivi. Prima di tutto il Centro re-gionale crea l’unità d’azione dei Centri diocesani per l’attuazione del programma stabilito dal Centro na-zionale, anche se nelle diocesi alcune iniziative vanno calate con sfumature diverse: sfumature che non toc-cano affatto la sostanza del messaggio che dobbiamo annunciare. Il Centro regionale ha poi il compito di sostenere ed aiutare i Centri in difficoltà e di forma-re i Centri nelle diocesi dove ancora non esistono. In poche parole: coordina l’apostolato delle diocesi pur lasciando loro autonomia ed il contatto diretto con il Centro nazionale. Vivendo in questo modo il Cen-tro regionale diventa veramente il sostegno di tutte le attività; cementa quella conoscenza e quella uni-tà che sono elementi indispensabili per un fruttuoso apostolato”. Mettiamoci quindi tutto l’impegno. Stu-diamo e approfondiamo i testi dei regolamenti pre-sentati e illustrati al recente Convegno nazionale di programmazione di Re e Valleluogo: il “Regolamento attuativo degli artt. 7 e 14 dello Statuto” che è riferito

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all’attuale struttura organizzativa della Confederazio-ne CVS Internazionale che vede riconosciuta la sola Delegazione nazionale dell’Italia, mentre nelle altre nazioni sono presenti le singole Associazioni diocesa-ne confederate. Esso resterà valido sino a quando non si verificheranno significative variazioni nella struttura organizzativa della Confederazione. Gli altri due Re-golamenti, quelli riferiti alla Confederazione e al CVS Italia, regoleranno il percorso partecipativo della Con-federazione e quello italiano che si realizzerà lungo l’Anno pastorale 2017-18 e che culminerà con l’As-semblea Generale della Confederazione CVS Interna-zionale del 2-4 novembre 2018. Una volta concluso questo percorso questi due Regolamenti cesseranno la loro funzione, pur restando validi nella loro strut-tura portante. Il Signore Gesù, Maria Immacolata e il padre fondatore siano di sostegno ai nostri propositi per realizzare fedelmente quanto programmato e per vivere un intenso e fruttuoso anno di apostolato. ■

Le tappe del percorso partecipativoche culminerà con l’Assemblea Generale della Confederazione

CVS Internazionale• Entro il 2017 si terrà il Consiglio di Presidenza della Con-

federazione CVS Internazionale che approverà la proposta di “Regolamento attuativo degli artt. 7 e 14 dello Statuto confederale” e i Regolamenti del percorso partecipativo rife-riti alla Confederazione CVS Internazionale e al CVS Italia. Predisporrà altresì il Documento preparatorio contenente le problematiche di natura organizzativa e la proposta di Piano triennale formativo da portare all’esame preliminare delle Associazioni diocesane e delle Assemblee regionali e nazionale della nazione Italia e delle Associazioni diocesane delle altre nazioni.

• Entro aprile 2018 si terranno le Assemblee diocesane del-le Associazioni confederate d’Italia e delle altre nazioni per eleggere i nuovi Consigli diocesani che rimarranno in carica sei anni ed esaminare il Documento preparatorio predispo-sto dal Consiglio di Presidenza.

• Entro giugno 2018 si terranno le Assemblee regionali delle Associazioni diocesane confederate d’Italia per eleggere, per la prima volta, i Consigli regionali che rimarranno in carica per sei anni ed esaminare il Documento preparatorio predi-sposto dal Consiglio di Presidenza.

• Dal 14 al 16 settembre 2018 si svolgerà a Roma l’Assem-blea nazionale delle Associazioni diocesane confederate d’I-talia che eleggerà, per la prima volta, il Consiglio nazionale che rimarrà in carica sei anni ed esaminerà il Documento preparatorio predisposto dal Consiglio di Presidenza. L’As-semblea sarà pure luogo di programmazione per l’anno 2018-2019.

Entro ottobre 2018 il Consiglio di Presidenza, alla luce delle modifiche e/o integrazioni pervenute dalle Assemblee diocesane, dalle Assemblee regionali e nazionale della na-zione Italia e dalle Assemblee diocesane delle altre nazioni, redige il Documento definitivo da presentare all’esame ed approvazione dell’Assemblea Generale della Confederazio-ne.

• Dal 2 al 4 novembre 2018 si terrà l’Assemblea Generale della Confederazione CVS Internazionale che eleggerà il nuovo Consiglio di Presidenza che rimarrà in carica 6 anni e definirà il Piano programmatico e formativo del triennio 2018-2021.

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16 Un Anno pastorale di riflessione

di Mauro Anselmo

IntervistaasorellaAngelaPetitti,Responsabileperl’apostolatodelCVS.L’ereditàdelbeatoNovarese,l’impegnospirituale,losviluppodell’Associazione.Einuoviobiettiviperilfuturo.

L’Anno pastorale 2018 sarà, per il Centro Volon-tari della Sofferenza, diverso dai precedenti. Alla guida dell’apostolato da pochi mesi, so-

rella Angela Petitti ha lavorato con impegno alla pre-parazione del programma. Nel leggere le sue osser-vazioni, nel prendere visione del suo punto di vista, si resta colpiti dalla sincerità di un’analisi che culmina in una proposta precisa: la necessità di un’attenta ri-flessione collettiva sulle radici spirituali del CVS, dalla quale l’Associazione possa trarre un nuovo, forte im-pulso per l’apostolato del futuro. In che modo? E con quali iniziative? Lo abbiamo chiesto a sorella Angela.

Leihadefinitol’Annopastorale2018“untempodi sosta”, “una pausa di interiorità per andareal centrodelnostroessere credenti”.Che cosarappresentaquestoAnnoperilCVS?“Come ogni inizio, l’Anno pastorale ci chiede di essere desiderosi di met-terci in gioco. E porta in sé quella che è chiamata “la grazia degli inizi”, una grande spinta motivazionale che aiu-ta a rituffarci nell’impegno e a perse-verare. Gli anni passano ed è umano che, davanti alle difficoltà, emergano

momenti di stanchezza. È da 70 anni che il CVS la-scia tracce profonde e visibili nella Chiesa: molti di noi sono iscritti della prima ora, numerosi CVS italiani hanno festeggiato i 50–60 anni di esistenza. Questo impegno potrebbe, in alcuni casi, far emergere l’im-pressione che lo slancio apostolico abbia perso attrat-tiva e che la grazia degli inizi si sia un po’ appannata. Io non credo che sia così, e proprio per questo ho voluto proporre una “pausa di interiorità” che ci aiuti a recuperare la grazia degli inizi, quella che ci ha fatto domandare: che cosa posso fare, che cosa devo fare?

Qualisonoicontenutidiquestaproposta?Essa si svilupperà su quattro verbi: credere, adora-re, sperare, amare. Sono verbi che derivano da una preghiera che l’Angelo ha insegnato ai pastorelli a Fatima. Nel celebrare il centenario delle apparizio-

ni, abbiamo deciso di farci insegnare dall’Angelo la modalità di una “vita credente” che, nell’interiorità rinno-vata dalla Parola di Dio e dai sacra-menti, diventa uno spazio libero per la presenza di Dio in noi: un luogo dove si concentra la nostra appartenenza a lui. Aggiungo che, nella proposta for-

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mativa della Scuola associativa, per meglio completare il senso di questi quattro verbi, faremo una riflessione sulle virtù cardinali: la temperanza, la giustizia, la for-tezza e la prudenza. Come le ha definite il teologo Karl Rahner, quattro forme per amare.

L’Anno pastorale è un richia-mo forte alla spiritualità delCVS.Inchemodoilsemepian-tato70annifadalbeatoNovaresepuòesserediaiuto,oggi,all’umanitàsofferente?La contemporaneità si presenta come una sfida non solo dal punto di vista religioso, ma anche culturale: dagli stili di vita, alla comprensione stessa del vive-re e del morire. Uno degli insegnamenti più impor-tanti che il carisma di Novarese ci consegna è una luce sull’esperienza della sofferenza, letta dal punto di vista di Cristo. Se l’uomo contemporaneo è disin-teressato alla vita e all’esperienza di Cristo, non di meno soffre e sente il peso del non senso e del vuo-to. Le domande fondamentali, anche quando non emergono esplicitamente, abitano comunque nel cuore dell’uomo. Primo compito del CVS è di suscita-re, oggi, domande di senso anche là dove esse non vengono poste, accompagnandole con risposte che aiutino le persone a capire la vita nella sua preziosità, bellezza e anche nella sua eternità.

Undiscorsodifficile…Ma necessario: la vita per l’uomo è sempre vita eter-na, vita dell’Eterno in noi. Questo significa che non siamo soli ma figli di Dio Padre, che siamo salvati e curati. Se la contemporaneità è complessa, dobbia-mo sforzarci di trovare risposte con parole semplici che tocchino i cuori; risposte di compagnia e di tene-rezza che, come dice il Papa, è una grande modalità evangelizzatrice sull’esempio di Maria.

LeihaannunciatocheilnuovoAnnopastoralesisvolgerànonsecondoitempiliturgici,ma“se-condo l’esperienzadi fedediMaria”.Checosasignificaquestascelta?Il sussidio che accompagna gli incontri di Gruppo di

solito seguiva la prospettiva liturgica: Avvento–Natale, Quaresima–Pasqua, Tempo ordinario. Poiché ci propo-niamo un tempo di sosta accanto al Cuore Immaco-lato di Maria (Lei a Fatima si era presentata così: il suo Cuore Immacolato come ri-fugio-sosta e cammino ver-so Dio), abbiamo pensato di offrire un percorso liturgico

mariano. Le tappe, quattro, saranno scandite dalle grandi solennità di Maria: la Natività (8 settembre) l’Immacolata Concezione (8 dicembre) e così via. Le tappe liturgiche tradizionali non sono annullate, ma ricomprese in questa prospettiva.

IlCVSguardaalfuturo.Leihapreparatoancheuna“Bozzadiprogettotriennale”perl’aposto-latochehacomebasealcunipuntidellaEvange-lii GaudiumdipapaFrancesco.Cipuòspiegareilsuoprogetto?Il progetto è, appunto, ancora in bozza. La proposta sarà consegnata a tutti i CVS e ognuno sarà invitato a dare il suo contributo di riflessione. Nel novembre 2018 si svolgerà l’Assemblea della Confederazione CVS Internazionale, dove saremo chiamati ad ap-provare il Progetto formativo triennale che ci guiderà fino al 2020. Nella bozza abbiamo voluto riprendere alcuni contenuti della Evagelii Gaudium che il Papa ha definito documento programmatico per la Chiesa. Lavoreremo sui quattro principi: la realtà è più grande dell’idea, il tempo è superiore allo spazio, l’unità pre-vale sul conflitto, il tutto è superiore alla parte.

Da gennaio a giugno il CVS dell’Emilia Roma-gnahaespostolestampellediMonsignorenellediocesicoinvolgendonumerosifedeli.Checosapensadiquestaesperienza?L’ho considerata da subito una proposta molto bella ma, sinceramente, non avevo idea di tutto il bene che avrebbe fatto. Siamo grati ai CVS dell’Emilia Roma-gna per aver creduto in questo percorso e averlo por-tato avanti con grande capacità organizzativa. Anche il Piemonte si sta muovendo in questa direzione. ■

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Per tanti secoli la stella polare ha guidato i popoli in viaggio per ter-ra e sulle vie dei mari. Era l’unica luce sicura per affrontare le oscu-rità della notte. Prezioso anche il lampeggio dei fari per guidare al porto piroscafi e navigli vari. Que-ste immagini esprimono un’idea dominante. Anzi, un bisogno in-sopprimibile. Nelle tenebre la luce orienta. A noi sta a cuore un’altra

La spiritualità,garanzia di stabilità e di fedeltà

luce, per affrontare un altro buio. Tutti, infatti, dobbiamo ammet-tere di incontrare lungo la strada disavventure, crisi, cadute, nebbie fitte anche se siamo discepoli del Signore. C’è una luce inestinguibile per non smarrirci. In quei momenti abbiamo bisogno di essere guida-ti, sorretti da Cristo. “Gesù parlò e disse: «Io sono la Luce del mon-do; chi segue me, non camminerà

nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”» (Gv 8, 12).

Il dono di una spiritualità ma-turaNon basta una spiritualità di fac-ciata. Sono prete, sono frate, sono nel CVS, ecc. Non basta. Nei mo-menti difficili non basta una spiri-tualità mediocre. La scomparsa di un amore caro, lasciarsi irretire in

di Mario Morigi

Solol’amorefioritonellaPasquadiCristoraggiungenelprofondoelìguariscedallasofferenzacheimprigiona.CristoconlasuaLuceliberadaognioscurità.

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tormentosi rancori, rottu-ra di relazioni famigliari: questo ed altro, può creare traumi irreparabili nella vita. Una grave malattia diagno-sticata, interiori crolli, mo-menti di fragilità, l’ansia che imprigiona, tutte cose che fanno star male, e potrem-mo rischiare tutto. Nel buio della coscienza, con gli occhi accecati da lacrime, lo smar-rimento incombe. Ma Gesù è lì, resta fedele accanto a te. Il Signore tende la mano verso di te per soccorrerti. Se hai una buona spiritualità cadi tra le sue braccia o ti abbraccia Maria, la Madre.In che consiste una buona spiritua-lità? Penso a quelle parole: “In alto i nostri cuori! Sono rivolti al Signo-re!”. Penso ad una vita cristiana-mente ben impostata e guidata, aperta a una relazione di fede to-talizzante con il Signore. Questo? Richiede di dimorare in un clima di preghiera. Impegna in un uso frequente, corretto e fruttuoso dei sacramenti. Altro contesto, accanto alla prece-dente relazione con Dio, è quello in cui il fedele si sente amabilmen-te avvolto dall’amore di fratelli e di sorelle. Il Gruppo d’avanguardia potrà essere un buon sostegno. Ecco: dalla preghiera si sviluppa l’amore appassionato, fino alla vita rinnovata dal Signore. Questa è la spiritualità che aiuta. Questo è il vero dono ricevuto e trafficato. Questa è una ricchezza da custo-dire. E che ci custodisce! Dinanzi simili e incresciosi imprevisti della vita che producono un allarmante

turbamento, solo l’amore fiorito nella Pasqua di Cristo ci raggiunge nel profondo. E lì mi guarisce. For-se non è una guarigione sanitaria. Ma mi guarisce: dà valore alla sof-ferenza che m’imprigionava. Cristo mi libera dall’oscurità e dalla mia prigionia. Gesù è la Luce, si fa mia luce.

Il beato Luigi ha aperto stradeÈ chiaro: i tempi difficili della vita ci trovano spesso impari oltre che impreparati. Una buona vita in-teriore, insieme a forti rapporti di comunione cristiana, sono fonti di grande aiuto. Un lutto che ti spez-za il cuore, lo scoppio di una crisi matrimoniale, la perdita irrimedia-bile del posto di lavoro, chi non regge al pensiero della vecchiaia che viene: impossibile fare un elen-co. Con particolare riguardo a sta-ti di carenza di salute psicofisica, il beato Luigi è stato un maestro molto lucido. Nel vortice di psico-patie o malattie varie, un ottimo rapporto con Gesù è garanzia di salvezza. E di Maria si sperimenta la maternità. La cosa da chiedere come grazia e da perseguire è la

propria vita spirituale «al massimo». Questo è il modo di affrontare nel Signore certe crisi. Cristo salva: dai miei errori mi guida a venir-ne fuori; dai miei peccati mi perdona e guarisce; dalle sconfitte della vita mi riapre una nuova strada. Tra soffe-renze insanabili, tiene acce-sa la speranza.Nella sua prima giovinezza il beato Luigi Novarese ha

sofferto molto. A molti sembrava tutto finito, spacciato. Forse anche a lui, in qualche momento. Ma la grazia di Gesù, nell’intercessione di Maria, ha ribaltato tutto. Luigi lo sperava. S’adoperava con im-pegno. Ha cercato aiuti. Nella pre-ghiera è venuto un aiuto così gran-de da consentirgli di portare senso, verità e novità piena a tante per-sone malate e sofferenti in genere. Dal Vangelo si percepisce che anche Maria e Giuseppe hanno incontrato passaggi difficili. Non serve né sco-raggiarsi né inasprirsi. Certe batta-glie sono da vincere. Noi, in realtà, abbiamo diversi aiuti a disposizio-ne. Anche umani. Ma mai prescin-dere dall’aiuto del Signore. La sua misericordiosa bontà è a portata di mano. Anche quando il trauma rimane, la fede illumina. La Luce del Signore non viene meno. “Chi segue me, non camminerà nelle te-nebre”. Ci avvolge, ci trasforma. È una Luce permeante. Ci cambia il cuore e il volto. Anche nelle vicen-de più buie, la Luce di Cristo non si spegne. Egli ci fa riflesso della sua Luce per molti fratelli e sorelle dal cuore affaticato. ■

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Un’adesione vitaleChiamiamo adesione l’atto con cui sottoscriviamo il nostro impegno verso il CVS di anno in anno. Un atto che non è una realtà formale o burocratica ma di affidamento a Cristo,

per le mani di Maria, della nostra vita segnata dalla comprensione della fragilità.

Nelle parole che papa Francesco ha indirizzato alle persone ammalate a Fatima, egli ha par-lato della verità di Gesù Cristo che conosce

il dolore, ci capisce, ci consola e ci dà forza. Anche Gesù parte dalla sua esperienza personale, senza la quale nemmeno lui si sente autorizzato a rivolgersi alle persone sofferenti, invitandole a fare un percorso di offerta e chiamandole beati.Avvalorato dalla sua esperienza di dolore, può rivol-gersi a ognuno di noi consolandoci con la sua grazia e trasformando la nostra debolezza.È stato così anche il percorso di Luigi Novarese, al cui progetto apostolico noi aderiamo. Impariamo da lui e con lui cosa significa l’esperienza del dolore nella vita di una persona, come condizioni e come schiuda possibilità, come abbatte e come possa essere un’oc-casione di maturazione, come si passa dall’essere concentrati in se stessi a fare della propria vita un’of-ferta, ad amare di più.Si tratta di un itinerario che coinvolge l’interiorità e la prossimità agli altri. Senza convinzioni personali ac-

creditate dalla preghiera, dalla lotta inevitabile che ognuno deve fare per credere e sperare, non ci sono parole autentiche né atteggiamenti durevoli di soli-darietà. Per questo, chi aderisce sa di volersi impe-gnare prima di tutto a vivere in se stesso un percorso di conversione, una disponibilità a Dio che si impara con la preghiera di adorazione e con la preghiera del santo rosario (sequela della vita di Cristo passo per passo, con il Cuore di Maria), una volontà decisa di allontanarsi da qualsiasi esperienza di peccato.Chi aderisce dà il suo assenso a coinvolgersi con i de-stini dell’umanità perché diventino destinazioni verso Dio. Si decide di esercitarsi nella rinuncia a vivere per se stessi, per poter aiutare altri a vivere. Ci si impegna a pregare per chi non prega, a credere per chi non crede, a sperare per chi crede di non avere più ragio-ni di speranza. Chi aderisce decide che nessuna sofferenza gli sarà estranea e, perciò, andrà alla ricerca di ogni persona che soffre per coinvolgerla nel progetto di collabo-razione con Dio per la salvezza del mondo. Perché

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si trova il senso dell’esistenza solo nell’uscire da se stessi. “La missione della Chiesa è animata da una spiritualità di continuo esodo. Si tratta di «uscire dal-la propria comodità e avere il coraggio di raggiunge-re tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 20). La mis-sione della Chiesa stimola un atteggiamento di conti-nuo pellegrinaggio attraverso i vari deserti della vita, attraverso le varie esperienze di fame e sete di veri-tà e di giustizia. La missione della Chiesa ispira una esperienza di continuo esilio, per fare sentire all’uo-mo assetato di infinito la sua condizione di esule in cammino verso la patria finale, proteso tra il “già” e il “non ancora” del Regno dei Cieli”. (Papa France-sco, Messaggio per la Giornata Missionaria 2017).Chi aderisce sa che nel CVS si vive e si agisce come un’Associazione. Questo significa che si lavora in-sieme ad altri e che si è disposti a offrire il proprio contributo senza imporlo e senza ritirarlo quando le situazioni si fanno difficili. Lavorare insieme agli altri è una sfida ed è una forza. A volte si considera solo la fatica e non la gioia di non essere soli.Chi aderisce sa che così si cresce insieme e che il lavoro fatto in comune è espressione di Chiesa. Chi ade-risce, scriveva mons. Novarese nel 1961 sa che questo suo gesto “vuol dire segnare il punto di par-tenza per un’azione più vasta ed ordinata, con programmi studiati e stabiliti che diventano attuabili sol-tanto con l’operosità che ciascuno dona”.E poi prosegue: “I vantaggi che si hanno sono evidenti: non si è soli ad opporsi al male. Nell’unione di pro-gramma, nella comunanza dei meto-di e dei mezzi di azione e di conquista, nel sostegno vicendevole per l’esplica-zione dell’apostolato, si ha maggiore forza” (Luigi Novarese, da L’Ancora, n. 5, maggio 1961, pp. 17-19). Aderiamo attivamente, lavoriamo serena-mente, seminiamo gioia e speranza.

(A.P.)

aM M i ss i o n e(Articolo 9 – Statuto del CVS)

L’iscrizione avviene tramite richiesta scritta da presentare al Consiglio competente, indicando la rispettiva sezione: laici (VS – FA) o chierici (LSM), e richiedendo l’assegnazione ad un Gruppo.

L’iscrizione, da rinnovarsi annualmente, comporta per le sole persone maggiorenni,

l’obbligo del versamento di una quota(fissata dal Consiglio diocesano).

teM Po di

i s Cr i z i o n e

al Cvs !Con l’iscrizione testimoniamo la nostra totale adesione alla Chiesa per avvicinare i fratelli e sorelle sofferenti, secondo il carisma del beato Luigi Novarese. L’iscrizione al Centro Volontari della Sofferenza è organizzata a livello diocesano e comporta il contributo di una quota annuale da versare al proprio Consiglio diocesano che rilascerà la “tessera associativa” per l’anno 2017/2018.La persona iscritta riceve L’Ancora e partecipa alle diverse attività formative, spirituali e ricreative, organizzate dal Centro Volontari della Sofferenza a livello parrocchiale, diocesano, nazionale e Internazionale (come Confederazione CVS Internazionale alla quale il proprio CVSdiocesano è iscritto).

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Il beato Novarese, “l’apostolo dei malati”, non è rimasto in silenzio davanti alla medicina del suo tem-

po. Si è preso cura della spiritualità degli infermi ma, nello stesso tempo, fin dagli anni Cinquanta, ha messo in guardia i medici dal non sottovalutare gli stati d’animo dei loro pazienti. “In patologia, nei mali che siamo abi-

tuati a curare non trovo catalogata una malattia tanto comune negli uomini, che

crea complicazioni nelle cure mediche: la tristezza”. Così inizia l’importante articolo intitolato “La tristez-za di alcuni ammalati” che il sacerdote scrive nel di-cembre 1950 per la rivista l’Ancora. Un articolo che contiene un’idea precisa di come dovrebbe agire la scienza medica.Sottovalutare o, peggio ancora, ignorare lo sconforto dei pazienti, dice Novarese, è un errore. Il malato per-sonalizza la malattia: il pensiero e la psiche interagiscono con l’evolversi del male, una cura che non tenga conto della re-azione mentale e psi-chica che esso suscita nell’infermo, non è una buona cura.Per sostenere la sua tesi il sacerdote cita un esempio concre-to. “In campo fisico – scrive – le stesse me-dicine date ad alcuni individui affetti dalla stessa malattia, non

di rado hanno un risultato ben diverso, a seconda dell’indole serena o malinconica del paziente”. I malati non tristi guariscono prima rispetto a quelli malinconici. La riflessione di Novarese è innovativa ri-spetto al suo tempo: egli non ha scritto saggi specifici su temi medici, ci ha lasciato piuttosto una serie di intuizioni preziose derivate dalla sua esperienza con i malati. Un aspetto del suo insegnamento riguarda anche il nostro rapporto con la salute. Medico della guarigio-ne interiore, Novarese ci insegna che lo stare bene è anche un compito spirituale. Gesù è il Maestro che ci aiuta a evitare le “malattie” che ci allontanano da lui. Egoismo, ambizione, indifferenza verso gli altri, assuefazione ai vizi e agli idoli del mondo, sono i vele-ni che minacciano la salute dell’anima. E che, prima o poi, fanno ammalare anche il corpo. ■

La salute?Un compito spirituale

di Mauro Anselmo

La spiritualitae l’insegnamento

del beatoLuigi

Novarese

oggi e domani

Re (Vb) Esercizi spiritualidei bambini e adolescenti (luglio 2017)

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Testobiblico23Salito sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. 24Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. 25Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: “Salvaci, Signore, siamo perduti!”. 26Ed egli disse loro: “Perché avete paura, gente di poca fede?”. Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bo-naccia. 27Tutti, pieni di stupore, dicevano: “Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?”.

Lectio

Affrancatidalla paura

La barca nella tempesta (Mt 8, 23-27)

La paura è una brutta compagnia. Anche nella migliore ipotesi, che cioè nessuno ci abbia mai impauriti, ce la tro-viamo addosso come triste eredità. Può essere la paura del buio o del domani, il timore di qualche nemico o di una malattia, qualcosa comunque che viene a turbare la nostra serenità, impedendoci la realizzazione della felicità.Un giorno, sul lago di Tiberiade, anche i discepoli di Gesù provarono una grande paura, perché la loro barca rischiava di inabissarsi. Fortunatamente c’era Gesù. Il suo intervento riporta serenità, dapprima nei loro cuori, e poi sul lago agitato. Il brano vale come esempio e come monito a cacciare le nostre paure, anche quelle fondate, perché il Signore Gesù è il forte, capace di superare qualsiasi ostacolo. Con lui non c’è nulla da temere.

di Mauro Orsatti

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BrevecommentoMolti discepoli erano figli del lago e perciò abituati alle sue intemperanze. Tuttavia quel giorno la tempesta dovette essere di particolare violenza, a tal punto che la barca era coperta dalle onde. Scatta allora la paura perché è seriamente minacciata l’incolumità delle per-sone che sono a bordo. Ciò che sorprendeva e forse faceva anche un po’ rabbia, era la tranquillità di Gesù che dormiva, pressoché incurante del pericolo. All’in-furiare minaccioso della tempesta fa da contrappun-to il quieto dormire di Gesù. I discepoli, già testimoni di numerosi interventi prodigiosi, dovrebbero restare tranquilli, rassicurati ancora di più dal suo sonno.Invece la paura prende il sopravvento e gridano: «Sal-vaci, Signore, siamo perduti». Il messaggio di soccorso è stato raccolto da Gesù che ha prestato un aiuto che va ben oltre la serenità meteorologica garantita con la potenza del suo intervento. Oltre al porto sicuro, li aiuta ad approdare a una certezza nuova.Memori della loro esperienza, i discepoli saranno in-viati nel mondo a raccogliere gli SOS di tutti coloro che tra i flutti delle difficoltà avranno bisogno di es-sere indirizzati al porto della serenità. Anche loro do-vranno aiutare a superare gli scogli della paura, addi-tando Cristo come la causa della pace interiore.

La fedeIl tema della fede è complesso. Rischia di rimanere

evanescente, se non ha il supporto di un evento che lo incarna in parole, gesti e sentimenti. Il presente brano può servire a dare concretezza al tema.Che si tratti di fede, lo dimostra il vocabolario stesso: «Gente di poca fede» è il titolo, non certo elogiativo, che Gesù riserva ai suoi discepoli. Certamente sono uomini di fede perché hanno creduto in lui e lo se-guono, però la loro fede non ha ancora raggiunto la maturità, rimanendo quasi embrionale. Non devono solo limitarsi a seguirlo, devono soprattutto aver fidu-cia che con lui non c’è nulla da temere. Non si vuole negare al credente l’aspetto umano della paura davanti al pericolo, tanto più se questo è grave. Si vuole tuttavia ricordargli che la presenza di Gesù aiuta a ridimensionare la paura, fino a scacciarla. Il vero credente è sicuro dell’assistenza divina, anche in situazioni umanamente disperate. Scrive a questo proposito J. Daniélou: «Oggetto della fede non è cre-dere nell’esistenza di un Dio inaccessibile, conosciuto attraverso simboli e miti. La fede è il credere in azioni divine, in un Dio che interviene nell’esistenza umana e che vi si manifesta compiendovi opere che egli solo ha il potere di compiere». Accettiamo e teniamo pre-sente che la fede è anche “rischio” e “fatica”. Così si esprime B. Besset: «Una vita di fede non è un equili-brio tranquillo. Una vita di fede è uno squilibrio per-menente in Dio».Gesù che dorme invita i discepoli impauriti a scoprire

Perlariflessionepersonaleedigruppo1. La preghiera nei momenti di “tempesta” è spontanea. Quasi istintiva. So pregare anche nei mo-

menti di “bonaccia”? La mia preghiera è matura, e cioè sa non solo chiedere ma anche offrire, lodare, ringraziare?

2. Posso dire di aver fede non solo perché credo nell’esistenza di Dio, ma perché so riconoscere i suoi interventi di salvezza nella storia dell’umanità e nella mia storia? Ricordo qualche caso concreto in cui ho manifestato la mia fede?

3. Ho bisogno di sperimentare in modo sensibile la presenza di Dio nella mia vita, o mi basta la sicu-rezza della sua presenza? Sono sicuro anche quando “lui dorme” nella mia vita?

4. Quali sono i problemi che affliggono oggi le comunità ecclesiali? Partecipo alla vita ecclesiale con-siderandomi sulla stessa barca? Sono forse uno spettatore dalla riva? Come sono inserito nella mia comunità parrocchiale? E in quella diocesana? Come potrei migliorare la qualità della mia presenza e della mia collaborazione?

5. Posso dire che la mia scoperta di Cristo è continua e progressiva? Lo conosco meglio oggi di alcuni anni fa? Perché? Quali sono le persone che mi aiutano in questa scoperta? E io, a mia volta, aiuto qualcuno a compiere questo cammino?

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cammino iniziato e mai concluso. Aderire a Gesù si-gnifica avventurarsi in una grande impresa di cono-scenza e di scoperta progressiva. Il brano termina con l’interrogativo: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» che riecheggia nei secoli e interpella tutte le persone.Gesù non è uno che si possa catalogare tra la gente comune. Eppure non è enigmatico come una sfinge, perché con la sua parola e con i suoi comportamenti favorisce la decodificazione del suo mistero, prean-nunciato dalle Scritture. Occorre, con pazienza e con umiltà, continuare l’esal-tante cammino di scoperta. Anche questo è un aspet-to della fede. ■

attraverso il silenzio e l’apparente disinteresse, la pre-senza amorosa di colui che può tutto.La poca fede dei discepoli sta nell’aver pensato, anche solo per un istante, che egli li avrebbe abbandonati al loro destino. Il dubbio è sul suo intervento, sulla sua persona, in ultima analisi, sul suo amore. Anziché guardare con animo ansioso la situazione, era meglio stare vicino a colui che riposava tranquillo. Come in al-tri casi, egli avrebbe aiutato ad affrontare le difficoltà e superarle. I discepoli invece seguono la via istintiva, quella umanamente più logica, ma evangelicamente meno efficace: per questo sono uomini di poca fede.Quello di Gesù è un dolce rimprovero per ricordare che devono ancora “camminare” parecchio per se-guire il Maestro. Come la sequela, così la fede è un

O Signore, tu conosci la nostra paura e tanti nostri timori.Anche se cresciuti e adulti, siamo spesso smarriti e insicuri come bambini.Tante cose, troppe, creano in noi ansia e inquietudine. E poi ci sono le persone che temiamo o quelle di cui non ci fidiamo.Abbiamo bisogno di riscoprire che, con te presente, le nostre paure sono ridimensionate fino ad azzerarsi.Discreta e amorosa, la tua presenza ci assicurache non possono essere dimenticati o trascurati

coloro che il Padre ha creato, che tu hai redento e che lo Spirito ha santificato.Mentre ti chiediamo, Signore, di liberarci dalle nostre paure, ti preghiamo di lasciarcene una, quella di perderti o di restare lontani da te.

Amen.

Preghiera

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di Concetta Guarini

Coraggio, non abbiate paura!Celebrazione

(Celebrazione inizio Anno pastorale)

Canto.

Saluto del Celebrante.

Guida: L’Anno pastorale appena iniziato, chiama ciascuno ad intraprendere vie nuove, per rispondere sempre meglio alle sfide che la Chiesa propone alla nostra responsabilità di cristiani. Papa Francesco, nel suo pellegrinaggio a Fatima, si è rivolto agli ammalati con queste parole: “Cari malati, vivete la vostra vita come un dono e dite alla Madonna, come i pastorel-li, che vi volete offrire a Dio con tutto il cuore. Non ritenetevi soltanto destinatari di solidarietà caritativa, ma sentitevi partecipi a pieno titolo della vita e della missione della Chiesa. La vostra presenza silenziosa, ma più eloquente di molte parole, la vostra preghiera, l’offerta quotidiana delle vostre sofferenze in unione con quelle di Gesù crocifisso per la salvezza del mon-do, l’accettazione paziente e persino gioiosa della vo-stra condizione sono una risorsa spirituale, un patri-monio per ogni comunità cristiana. Non vi vergognate di essere un prezioso tesoro della Chiesa”.

Tutti:Ci presentiamo a te Signore, donaci la forza e il coraggio per vivere con fecondità questo nuovo Anno

pastorale. Tu, che ci hai reso figli della luce col tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tene-bre dell’errore, ma restiamo luminosi dello splendore della verità. Amen.

Ascolto della parola di Matteo 8, 23-27.

Qualche istante di riflessione silenziosa.

Lettore: Le possibilità di oggi, sono molto di più di quelle di ieri. Nulla ci potrà fermare nell’attuazione del nostro programma di conquista e di salvezza, per-ché la volontà di Dio è appunto questa: che tutti cre-dano in lui e nel Figlio che ha mandato, Gesù Cristo. Il Signore ama e sostiene tutto quello che cresce e si sviluppa sulla pietra angolare da lui posta. Invano il nemico delle anime nostre cerca di impedire l’azio-ne vivificatrice del Figlio di Dio, nulla egli può contro di lui e contro quelli che con lui formano una cosa sola. Che cosa temiamo da un cane legato a catena, oppure da un leone che ruggisce e cerca di divorare, ma che non può toccare se non soltanto quelli che si lasciano divorare? Abbiamo quindi una profonda e serena fiducia nelle nostre azioni. Ciascuno di noi non sia “chiuso in se stesso”. (Beato Luigi Novarese)

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Ascolto del canto Il mare è profondo in C’è ancora mare di Giosy Cento.

Pausa di silenzio. Facciamo risuonare nel nostro cuore le parole del canto che liberamente condivideremo ad alta voce.

Tutti: Se senti vacillare la fede per la violenza della tempesta, calmati: Dio ti guarda.Se ogni cosa che passa cade nel nulla, senza più ritor-nare, calmati: Dio rimane.Se il tuo cuore è agitato e in preda alla tristezza, cal-mati: Dio perdona.Se la morte ti spaventa e temi il mistero e l’ombra del sonno notturno, calmati: Dio risveglia.Dio ci ascolta, quando nulla ci risponde;è con noi, quando ci crediamo soli; ci ama, anche quando sembra che ci abbandoni.(Sant’Agostino)

Guida:Guardando sempre avanti, scopriamo gli oriz-zonti infiniti della vita. C’è ancora mare per navigare, insieme ai fratelli: un cammino illuminato dalla croce di Cristo.

Lettore:Abbiamo tanto da fare: settori nuovi da con-quistare ed affermare, per cui, per non essere dei de-lusi o per non deludere, dobbiamo andare incontro ai disegni di Dio con la perenne gioia del “Magnificat”, consapevoli che se dopo l’Annunciazione viene il Calvario, si resta sul Calva-rio con l’animo straziato sì, ma tranquilli, perché perenne-mente immersi nel pen-siero dell’attuazione della divina volontà. Poniamo, quindi, mano alla pianta con forza e dinami-cità d’azione. Sol-tanto mediante una calda e fresca ondata di vita potremo com-piere nuovi passi, tanto necessari. Scuotiamoci, facciamo un serio esame di coscienza e lavoriamo. Il Signore

e la Madonna sono con noi e questo sia il motivo della nostra grande fiducia e della nostra inalterabile sereni-tà. (Beato Luigi Novarese)

Celebrante:Guarda sempre avanti così fa Dioverso orizzonti che non hanno limiti.Non abbiate paura io ho vinto il mondoandate in mare aperto, io sono con voi.

Tutti: Tu sarai insieme a noiCristo risorto, tu vita, gioia e libertà.Tu sarai insieme a noic’è tanto mare da navigare, un’eternità.(tratto dal testo di Giosy Cento in C’è ancora mare).

Celebrante: Guardiamo il mondo in cui viviamo, il ne-mico delle anime non dorme! Scuotiamoci dal nostro torpore di tranquillo accontentamento per ciò che già abbiamo fatto e vediamo, invece, quanto possiamo fare […] Oggi è il tempo del risveglio! Il Centro Volontari della Sofferenza non vuole niente di più e niente di meno che una consapevole conoscenza della propria voca-zione. Dopo i continui appelli del Pontefice non ci è lecito rimanere nella inattività. Il mondo ha bisogno di ammalati che sentano la bellezza e l’urgenza della propria vocazione a sostegno di tutta la Chiesa. (Beato Luigi Novarese)

Tutti: Signore, vogliamo che tu salga sul-la nostra barca, poi non ci importa

com’è l’umore del mare. Sap-piamo che ci sei tu, sappia-

mo che tu calmi il vento e vinci la paura, sappia-

mo che tu ci parli, ci dai forza. Quella tua parola - “Coraggio, non abbiate paura” - inonda la nostra vita: nessun vento

contrario potrà fer-marci. Anche Maria è

con noi. Amen.

Conclusione e benedizio-ne del Celebrante.

Canto.

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C’è un interrogativo che si delinea lun-go l’intera Opera del beato Novarese. Come prendevano forma i suoi proget-

ti? E come diventavano realtà? Una risposta potrebbe essere questa: Monsignore progettava le sue opere seguendo un metodo di lavoro preciso e degno di at-tenzione. Sappiamo che le grandi iniziative (dal nuovo aposto-lato dei malati, alla fondazione delle Associazioni e così via) erano il frutto di uno straordinario slancio spirituale unito a un geniale talento organizzativo. I progetti del sacerdote avevano origine dalla sua espe-rienza di ammalato. Si trattava di idee e intuizioni dai contenuti fortemente innovativi rispetto al suo tem-po, che egli sottoponeva al giudizio dei superiori (in particolare il Sostituto della Segreteria di Stato della Santa Sede, Giovan Battista Montini) prima di dare inizio alla realizzazione. La fase iniziale era dunque la più importante. Nova-rese pensava, programmava e quindi agiva. Ma nella prima parte del percorso, quella riguardante il mo-mento progettuale, non operava da solo: cercava il confronto, sentiva la necessità di sottoporre le idee a un’intelligenza amica, a una persona che stimava e della cui discrezione e intuito aveva piena fiducia. Questa persona era Elvira Myriam Psorulla. Nella testimonianza resa al processo di beatificazione di Novarese, fu lei, la ex impiegata di banca che si era consacrata alla Madonna, a sottolineare con de-licatezza l’importanza di questo ruolo. Ne parlò rac-contando come avvenne la fondazione dei Silenziosi

Operai della Croce nel novembre 1950. “Poiché au-mentava il numero dei malati che simpatizzavano per la sua Opera (il CVS, fondato da don Luigi ed Elvira Myriam nel 1947, ndr.) il servo di Dio pregava molto perché essa non venisse troncata alla sua morte ma potesse continuare anche attraverso un’Associazio-ne di consacrati. Ne parlava con me e so di sicuro che ne parlava anche con monsignor Montini e i suoi collaboratori”.

Fu lei ad affiancare Monsignore in tutto il cammino fondazionaledell’Opera e il suo contributo fu decisivo.

Sorella Elvira,le radici femminili nell’apostolato

del beato Novarese

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primo corso di Esercizi spirituali per ammalati (Oropa, 1952)

A Lourdes insiemea don Remigio Fusi

in pellegrinaggio della LSM

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Novarese si confrontava dunque con Montini ed El-vira Myriam. Fu lei ad accompagnarlo lungo le tappe del percorso fondazionale e dare linfa vitale alle radici femminili dell’Opera. Fu lei, con la sua fede indomita e l’impegno generoso, ma anche con il suo stile, l’ele-ganza, una sensibilità non comune, a condividere con Monsignore la grande avventura spirituale a fianco degli ammalati. La troviamo presente in ogni iniziativa. Quando, nel 1952 Novarese annuncia sull’Ancora i primi corsi di Esercizi spirituali per malati e disabili che si svolgono a Oropa dal 9 al 15 settembre, Elvira Myriam sa che dovrà affrontare l’impegno più gravoso: raccogliere i fondi per i malati che non possono pagare la quota, prendere in affitto i treni, organizzare il soggiorno ga-rantendo l’assistenza necessaria. Sarà un’esperienza fondamentale.Elvira non immagina che da quell’evento nascerà il progetto per la costruzione della Casa “Cuore Imma-colato di Maria” a Re. E che toccherà ancora

a lei, qualche anno dopo, raggiungere gli Stati Uniti alla ricerca dei finanziamen-ti per sostenere l’iniziativa. Una trasferta di sette mesi nei quali busserà a tutte le porte, incontrerà vescovi,

benefattori e semplici fedeli, per poi tornare in Italia con 25 milioni di vecchie lire (una cifra importante a quei tempi) e uno slancio apostolico ancora più forte. Era una donna determinata sorella Elvira. È ancora lei, nel 1954, a pretendere “l’atto di obbedienza” all’ammalata Claudia Giustiniani, che aprì un nuo-vo capitolo nella storia dell’Associazione. L’episodio, avvenuto il 16 agosto a Re, è noto. Novarese ave-va chiesto “un segno alla Madonna” per dare vita ai primi corsi professionali per i disabili. Sorella Elvira si rivolse a Claudia, Silenziosa Operaia della Croce che si reggeva sulle stampelle: “Chiedi alla mamma di Gesù la tua guarigione: se essa avviene, sarà il segno che Monsignore desidera”. Claudia esitava, ma Elvira insistette: “Fallo per obbe-dienza!”. La ragazza obbedì e, poco dopo, trovandosi davanti a una cappella della Vergine, si accorse che poteva stare in piedi senza stampelle. Due mesi dopo Novarese inaugurava il primo laboratorio di maglieria per ragazze disabili. Altre iniziative seguirono. Presero vita i Gruppi d’a-vanguardia, entrarono in scena i Fratelli e le Sorelle degli Ammalati, i pellegrinaggi a Lourdes della Lega Sacerdotale Mariana diventarono ben presto un ap-puntamento obbligato per migliaia di fedeli. Furono anni entusiasmanti. Sorella Elvira curava an-che la formazione delle novizie, arredava con il suo

gusto le nuove residenze dell’Associazio-ne, era a fianco di Monsignore nel ribat-tere con ardore alle malevoli obiezioni di coloro che, anche in ambito eccle-siastico, ostacolavano in ogni modo il nuovo apostolato dei malati. Nel 1988, con l’Esortazione apostolica Christifi-deles laici, Giovanni Paolo mise fine a ogni obiezione. Definì il malato come “soggetto attivo e responsabile dell’o-pera di evangelizzazione e salvezza” confermando l’importanza dell’inse-gnamento di Novarese. Il futuro beato aveva concluso la sua vita terrena quattro anni prima. So-rella Elvira ne era considerata l’erede spirituale. (M.A.) ■

Sorella Elvira nel suo studiodi via dei Bresciani 2 a Roma

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34 Sabine parla con le mani. È una ragazza giovane, che è cresciuta nella Fondazione

Bethleem. Sabine è sordomuta. Fuori probabilmente non avrebbe avuto la possibilità di ricevere ne-anche l’educazione elementare, ma nella Fondazione, grazie alla scuola lingua dei segni, oggi è una delle responsabili dell’asilo dove sono ospitati i bambini che riman-gono orfani a causa della morte delle mamme. Luigi Hamadou è un neonato, portato dal papà all’asilo il 20 lu-glio 2017, il giorno della memo-ria liturgica del beato Novarese. Il papà, dopo la morte della mamma al momento del parto, non ha vo-luto neanche dare il nome al bam-bino, perché per lui era diventato un peso che la sua famiglia non avrebbe potuto sostenere. Bassi e Ngaya, che vivono e fre-quentano la scuola nella Fonda-zione, sono figli di Waldaraï, una donna con dei disturbi psichico-mentali che è stata abusata.Agnès è un’altra signorina con delle disabilità mentali che sa ac-cogliere tutti coloro che arrivano

nella Fondazione con un grande sorriso. Anche lei è stata sfruttata da qualcuno che aveva delle inten-zioni ambigue.Hamann ha una disabilità fisica, poliomelite agli arti inferiori e gra-zie alla formazione professionale ricevuta nella Fondazione, adesso fabbrica cuscini per i tricicli (pro-dotti nelle officine della Fondazio-ne) e materassi per i letti. Joséph è un ragazzo che è arrivato nella Fondazione con tutte e due le gambe lese dal fuoco, ma da ferite ancora più profonde era se-gnata la sua anima, che non riusci-

Apostolato in AfricaLosguardodelbeatoLuigiNovarese,

furivoltoall’esternodeiconfinidell’Italia.oggil’operadaluiiniziataesisteindiversepartidel

mondo.Hoavutorecentementel’opportunitàdivisitareilCamerun.Checosapotremmoimpararedallarealtà

dell’apostolatoinAfrica?

di Wojciech Grzegorek

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va a ritrovare la gioia dopo l’incidente. L’ac-coglienza nella Fonda-zione gli ha permesso di ritrovare la serenità. Fratello Hermann è un Piccolo Fratello del Vangelo (una del-le congregazioni della famiglia di Charles de

Foucauld) accolto nella Fon-dazione per la convalescenza dopo una brutta frattura del-la gamba subita in uno dei frequenti incidenti sulle stra-de camerunensi. Hermann nel messaggio del beato Luigi Novarese ha trovato il senso della sua formazione personale.

Come viene declinato in questa realtà della Fon-dazione il messaggio del beato Novarese sul valore della sofferenza vissuta in comunione con Gesù?Sicuramente non ci si può sempre appoggiare su schemi fissi elabora-ti in Italia, ma bisogna, in umiltà e obbedien-za, lasciarsi interrogare dalla vita delle persone che incontriamo e, «alla luce della fede e nella meditazione della Pa-rola di Dio (…) sempre e dovunque, ricono-

scere Dio nel quale “viviamo, ci muo-viamo e siamo” (At 17, 28), cer-care in ogni avve-

nimento la sua volontà,

vedere il Cristo in ogni uomo, vi-cino o estraneo» (Apostolicam Ac-tuositatem, n. 4).La sfida del nostro apostolato in Africa è quella di far passare il perché delle opere che si fanno, cioè trovare le parole e le occa-sioni giuste per dire la ricchezza della vita vissuta con Gesù che ci innesta nella realtà della Trinità che è Amore. L’amore universale, che vuole raggiungere ogni uomo – specialmente quello che si tro-va in una situazione di disagio, di bisogno urgente, di sofferenza – e renderlo, così, soggetto attivo della propria esistenza, a tal pun-to che diventa persino capace di spenderla per gli altri in risposta all’amore sconfinato ricevuto dal Padre. Il CVS non si limita a fare delle opere buone per gli altri, ma vuole incontrare l’altro come fra-tello con cui condividere il grembo di Maria, per formarsi insieme alla piena statura di Cristo. È una cosa grande quella che fac-ciamo, una cosa che ci oltrepassa! Non è certamente alla misura delle nostre capacità e delle nostre for-ze. A volte siamo inclini a far sca-dere un tale obiettivo o in un atti-vismo che non tiene conto del Si-gnore, oppure in uno spiritualismo che non tiene conto dell’uomo che incontriamo oggi. Ma, con l’aiuto di Dio, possiamo evitare questi estremi dando «la priorità al tem-po», preoccupati solo «di iniziare processi più che di possedere spa-zi» (Evangelii Gaudium, n. 223), forti della convinzione che ogni persona è un valore da promuove-re perché amata dal Signore. ■

ComecontattarelaFondation“Bethleem”diMoudaB.P. 316 MarouaNord [email protected]

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Ho fatto amicizia con mons. Luna, vescovo di Zacapa (Guate-

mala) nei primi anni Ottanta, in occasione del funerale del reve-rendo John Smus che si celebrò in Massachiusetts. Durante il viag-gio di ritorno verso il New Jersey, il vescovo mi chiese di iniziare l’A-postolato della Sofferenza negli Stati Uniti. Un primo significativo ricordo legato a lui, risale al 1983, nel giorno dedicato all’Apostolato

della Sofferenza al santuario della National Blue Army a Washing-ton (New Jersey), essendoci una grande folla che attendeva di par-tecipare alla messa – mentre lui era impegnato nelle confessioni – mi chiese di intrattenere i fedeli, spiegando cosa fosse l’apostolato del CVS.Fu qualche anno dopo, esatta-mente nel 1986, che il dottor Raymond Gagnon e sua moglie Jeannine offrirono al CVS ameri-cano una fattoria con un terreno, un fienile e un garage (l’attuale sede del CVS negli USA chiamata “Mary Farm”). Di questa gene-rosa offerta, prima di procedere alla donazione, viste le numerose riparazioni da apportare, chiesi al vescovo Luna, il quale mi consigliò di accettare con una raccomanda-zione: “Fai il meglio che puoi con ciò che hai e metti i risultati nelle mani della Divina Provvidenza”. Consiglio che continuo a seguire tutt’oggi.Dopo aver eseguito tutte le ripa-razioni alla casa, il vescovo, ormai

“…con sincera stima e gratitudine, l’ultimo dei suoi confratelli nel Signore”

A venti anni dalla scomparsa di mons. Costantino Luna(1 settembre 1997), vescovo aggregato dei Silenziosi Operai

della Croce, riportiamo unatestimonianzadiRobertLetasz primo fratello dei SOdC di “vita in famiglia” negli Stati Uniti e suo

stretto collaboratore nella promozione del carisma associativo.

in pensione, veniva a visitarci ogni estate. A lui non piaceva il fred-do tipico dell’inverno americano e tornava in Guatemala per il suo clima mite fino alla primavera suc-cessiva. A volte gli ho sentito raccontare un episodio risalente a un perio-do particolarmente doloroso della sua vita: dopo la sua partenza dal-la Cina, colpito dalla depressione, aveva deciso di andare in pellegri-naggio a Lourdes. Una sera, men-tre era in preghiera davanti alla Grotta, si addormentò e, la matti-na seguente, fu svegliato da una guardia. Al suo destarsi, avvertì subito che il “cancro spirituale” della depressione era sparito e, da quel momento, non ebbe più a soffrirne. Nel 1987 mons. Luna venne in pellegrinaggio a Roma per festeg-giare il 40esimo anniversario del Centro Volontari della Sofferenza: fu un’esperienza meravigliosa per tutti noi con a seguito anche tan-te persone in sedia a rotelle. ■

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Roma, 14 novembre 1964

A mons. Luigi Novarese

ReverendissimoMonsignore,nell’entrare a far parte dei Silenziosi Operai della Croce ho il solo scopo di fare qualche cosa per la Chiesa, il Papa, di darmi di più a Dio per mezzo della Madonna, di moltiplicare i miei sforzi per rispondere al Messaggio di Lourdes e Fatima: preghiera e sacrificio.Ho letto con grande interesse lo “Statuto” dei “Silenziosi Operai della Croce” (Opus Mariae).La prego di non preoccuparsi perché io sono vescovo: tanto piccolo e indegno. Io desidero fare il possibile per compiere tutto quello che mi riguarda secondo lo “Statuto”. Lo leggerò e lo studierò per metterlo in pratica. Io, perciò, riconosco Lei, Monsignore, come il Padre a cui devo obbedire, inviando anche la relazione come prescrive lo Statuto.D’altra parte io sono così debole e tanto abituato alla libertà, alla indipendenza che ho proprio bisogno che qualcuno mi aiuti, mi comandi, costi quello che costi. Grazie del favore che mi fa di poter appartenere a un gruppo che lavora unicamente per Mariam, cum Mariam e in Maria. Faccia per piacere ed amore alla Madonna pregare tanto per la mia conversione e santificazione. Mi benedica. Iddio la ricompensi.La Madonna protegga e diriga quest’opera per il maggior bene delle anime e gloria del suo Divino Figliuolo.Sempre con sincera stima e gratitudine, l’ultimo dei suoi confratelli nel Signore, devotissimo

+CostantinoLunaVescovo di ZacapaGuatemala C.A.

CoStAntIno LunA nasce il 19 dicembre 1910 a Recoaro Terme (Vi). Bimbo timido, ben presto fa esperienza del distacco e della soffe-renza: a sei anni gli muore il padre.Dopo aver frequentato il seminario di Chiampo (Vi), all’età di 23 anni termina il suo periodo di noviziato e il 1º luglio 1934 è ordinato sacer-dote per l’Ordine dei Frati Minori.Nel settembre dell’anno successivo è missionario in Cina: a causa della guerra tra Cina e Giappone assiste alla morte di diversi amici e sacerdoti innocenti e alla completa distruzione della cittadina dove sorge la sua missione. Viene arrestato e rinchiuso in cella; è messo a morte ma un soldato cinese che aveva conosciuto e convertito al cristianesimo offre, da martire, la sua vita.Dopo una serie di trasferimenti in alcune missioni in Cina, torna in Italia a Roma dove completa gli studi universitari al Collegio Urbano, conseguendo un dottorato in Diritto canonico e missionologia.Nel 1952 mons. Luna viene inviato in Guatemala come pastore della splendida chiesa dell’Immacolata Concezione nella città di Retalhleu. Tre anni dopo, il 6 gennaio 1955 è ordinato primo vescovo di Zacapa (Guatemala).Conosce il Centro Volontari della Sofferenza, apprezzandone il carisma e l’apostolato tra i sofferenti, durante il Concilio Vaticano ed entra tra i vescovi aggregati dei Silenziosi Operai della Croce l’8 dicembre 1964. Visita quasi tutte le Case dell’Associazione ammirandone le diverse at-tività svolte e incontrando numerosi ammalati tra cui Angiolino Bo-netta la cui profondità spirituale lo colpisce e lo accompagnerà come modello di vita cristiana.Il 16 febbraio 1980 rassegna le dimissioni e resta vescovo emerito della diocesi di Zacapa, continuando a vivere, così come aveva sempre fatto, in grande semplicità al fianco dei più poveri.Il 1º settembre 1997, colpito da un ictus, muore: prendono parte al suo funerale oltre 8000 guatemaltechi.

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Sta per compiere i 75 anni di sacerdozio. Don Pietro Bonfadini, Silenzioso Operaio della Croce presso la Casa “Maria Madre della Chiesa” di

Montichiari (Brescia), indossa la talare nera come nei tempi in cui insegnava ai ragazzi, curava la formazio-ne spirituale dei seminaristi e faceva il parroco nella comunità di Cristo Re a Brescia. Don Pietro ha compiuto 97 anni il 16 giugno scorso. E oggi, salute permettendo, continua a rendere evi-denti alle persone che lo frequentano le sue qualità di uomo del Signore: la capacità di ascolto, il caratte-re amabile, una fede limpida unita alla bonaria ironia capace di regalare battute di spirito e trasmettere se-renità in chi lo ascolta. Settantacinque anni vissuti da prete per seguire Gesù. “Imparate da me che sono mite e umile di

cuore e troverete ristoro per la vostra vita” (Matteo 11, 29).

Nato a Chiari (Brescia) nel 1920, don Pietro ricorderà l’anniversario dell’ordinazio-ne presbiterale il prossimo 19

dicembre, circondato dall’affetto della

Comunità. Vi era entrato nel 1982, affasci-nato dall’inse-gnamento del beato Novare-se. “Quando lo ascoltai – rac-conta il sacer-dote – mentre spiegava agli ammalati che potevano esse-re apostoli del Signore anche seduti in car-rozzina o sdraiati su una barella, capii che dovevo percorre con lui la mia strada”. Don Pietro ha percorso con l’abito talare il Novecen-to. Nel passato ha visto le chiese gremite di fedeli e i seminari frequentati da tanti giovani; nel presente assiste all’indebolimento del sentimento religioso e alla crisi delle vocazioni. I tempi sono cambiati, ma il sacerdote è rimasto fedele a se stesso: dolce nello sguardo, mite nel cuore, sempre pronto ad annun-ciare nella messa la croce trionfante del Cristo risorto “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani” (1Co-rinzi 1, 18-23). Il 15 luglio scorso, nel celebrare a Montichiari la Me-moria liturgica del beato Novarese, i Silenziosi Operai della Croce e il CVS della Lombardia hanno ricordato i 75 anni di ordinazione sacerdotale di don Pietro e i 30 anni di don Marco Castellazzi. Una festa bellissi-ma, che è rimasta nel cuore di tutti. ■

La storia di don Pietro Bonfadini, Silenzioso Operaio della Croce a Montichiari.Direttore spirituale dei seminaristi, parroco, assistente degli ammalati.

L’incontro con il beato Novarese.

Prete col sorriso da 75 anni

a cura della Redazione

Discorso di don pietro al seminario mminore di Brescia

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CarissimoGiovanni,

devi sentire la forza positiva dell’a-

more che ti aiuta e ti… guarisce!

A scriverti è un gruppo del CVS di

Taranto, formato da persone fragili

e segnate dalla sofferenza in vario

modo. Dio ci ha voluto da sempre

ed ha per ognuno un progetto di

bene, ci è fedele, è con noi. Ognu-

no è per lui un capolavoro, per

ognuno di noi è morto e risorto.

Questo ci rende certi della sua pre-

senza che si manifesta nella Chiesa

e nei credenti che incontriamo e

che magari ci scrivono con sempli-

cità una lettera. Vivi le circostanze

dolorose come una visita speciale

del Signore che vuole farsi più vici-

no a te, in modo misterioso. Acco-

gli la sua compagnia, abbandonati

alla sua volontà, sarà meno dura la

croce! Prova! La tua vita è impor-

tante per tutti, puoi aiutare anche

noi che ti pensiamo e ti siamo vi-

Il CVS risponde a GiovanniSulnumerodell’Ancoradiaprile,donGiosyCentohapubblicatounaletteradiunmedico,Giovanni,echiedevaailettorilalorovicinanzaepreghiera.

Larispostanonsièfattaattendere:varietelefonatesonogiuntealladirezionegeneralementrediverseemailsonostateindirizzatedirettamenteadonGiosy

chenehasceltoalcunedapubblicare.

a cura di Giosy Cento

cini. Se puoi, offri le tue sofferen-

ze per qualcuno a cui vuoi bene,

ti sentirai utile. Cogli il bene che

c’è intorno a te, vivi intensamente

ogni attimo. Prova a decentrarti,

guarda Gesù, stai attaccato a lui.

Ti sentirai in pace, più forte. Mons.

Novarese diceva che lo spirito gua-

risce il corpo e ha risorse inimmagi-

nabili! Un grosso abbraccio da noi,

Aldo, Pina, Anna Maria, Lina, Pal-

ma, Eva e Anna

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Molto reverendo don Giosy,

sono un sacerdote della diocesi di Pinerolo; il mio

nome è Castagno Luigi e faccio parte del CVS (Cen-

tro Volontari della Sofferenza). Nel numero di aprile

2017 della rivista l’Ancora ho letto l’articolo dal ti-

tolo “Se è la morte a dare spettacolo”. Si tratta della

lettera di Giovanni a cui lei dice di aver risposto.

Le sarei grato se potesse inviarmi tale risposta, per-

ché ho un medico che si trova nelle stesse condizio-

ni di Giovanni: come lui medico, affetto da tumore

al pancreas, non credente. Al presente si trova in

condizioni molto gravi ed è disperato...

Sono certo che quanto ha scritto lei a Giovanni

potrebbe aiutare anche me ad avvicinare questo

mio conoscente. Sto pregando per lui e, lo confes-

so, sono molto angustiato essendo stato richiesto da

suoi amici ad avvicinarlo.

Ho trovato provvidenziale il citato articolo e, ho fi-

ducia che lei mi possa aiutare.

Di cuore la ringrazio per l’attenzione che vorrà ac-

cordare a questa mia richiesta… in Comunione di

preghiera, fraterni saluti. d. Luigi

Ringrazio don Giosy per la pubbli-

cazione della lettera di Giovanni alla

quale desidero rispondere.

Anch’io parlerò con il “tu” perché

quando si vuole esprimere i sentimenti

e confidarsi non è possibile la “forma-

lità”.

Caro Giovanni, ho letto più volte al-

cuni passi della tua lettera ma le sen-

sazioni che ho provato la prima volta

non sono cambiate, anzi, forse si sono

consolidate.

“…un animo che non può rivolgersi a

Dio… perché non ho fede”. Mamma

mia quanta fede sento io tra le righe

delle tue parole. Quando scrivi che

vorresti accorciare questa tua soffe-

renza… Mi sembra che sia lo stesso

grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio per-

ché mi hai abbandonato?”.

E questo era Gesù; forse credi che

Gesù non avesse fede?

Forse tu sei proprio in questa sua stes-

sa situazione e stai cercando quell’ap-

piglio di speranza, di luce che ti renda

capace di affrontare tutto questo.

Nessuno riuscirà a darti questo appi-

glio se non LUI; quel lui che è già den-

tro di te e che, senza che te ne renda

conto, ti ha già assunto come suo apo-

stolo.

Non sono parole retoriche le mie, leg-

go solo tra le righe della tua lettera:

“Ho incontrato persone… ho cercato

di essere… ho cercato di vedere… Ho

cercato di intercettare… ho cercato di

comprendere…”.

Ma quanta gioia, quanta consolazio-

ne, quanta misericordia hai condiviso

con gli altri?

Da ciò che hai scritto, sento che tu

“ammalato” hai potuto avere la vera

compassione per l’altro che una per-

sona sana, pur brava che sia, non po-

trà mai dare perché non vive la stessa

realtà.

Ecco ciò che sei, ecco la tua missio-

ne ora: navigare nella bufera non per

sballare te stesso ma per raggiungere

quelle barche alla deriva che attendo-

no una mano tesa da afferrare per non

farsi sopraffare dalle onde.

Paroloni, certo, forse ti ho solo detto

tanti paroloni facili da dire a chi è in

salute…

Non so che significa l’angoscia della

malattia, del dolore ecc., ma nono-

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stante questo sono stata catturata

dall’intuizione del beato Luigi No-

varese e penso che la cosa più bella

per un ammalato è proprio quella di

comprendere che non è un oggetto

di compassione, o peggio ancora

una cosa inutile forse un peso… ma

un mezzo straordinario attraverso il

quale Dio elargisce la sua compas-

sione.

Per salutarti faccio un appello attra-

verso una frase che ho ascoltato agli

Esercizi spirituali riguardo al valore

redentivo della sofferenza offerta e

condivisa e che sempre mi rode den-

tro “… pensate a quanta sofferenza

va sprecata”.

Con stima e ammirazione,

Micaela

Caro Giovanni, come per la tua lettera a Giosy Cento, anch’io uso il “tu” per rivolgermi a te, il privilegio mi è dato dal fatto che potrei essere una nonna… anche “bis”.I miei anni non sono lontani dai novanta e, dico grazie a Dio per il dono della vita, malgrado il suo percorso sia stato e sia tutt’ora un po’ acciden-tato.Ho conosciuto fin dalla più tenera infanzia le sale operatorie di ortopedia e, tanto per variare, anche l’asportazione di un tumore al colon. Quando ero bambina, la mia mamma per confortarmi mi diceva: “Pensa a Gesù che lo hanno messo in croce”… il mio pensiero a quelle parole era: “Ma lui in tre giorni ha fatto tutto!”.Forse è nata proprio qui la consapevolezza di guardare a quella croce, a co-lui che si è sacrificato per la nostra salvezza e, per la sua grazia, mi accom-pagna anche oggi. Umanamente, proprio rivolti a lui, non sono mancati i “perché?”; anche Gesù nella sua umanità ha chiesto: “Padre se possibile allontana da me questo calice… sia fatta non la mia ma la tua volontà”, questo mi aiuta e mi consola.Tu dici di non avere fede, abbiamo però un pastore che ha una particolare predilezione per la pecorella smarrita, tanto da lasciarne novantanove per trovarla: ti troverà sicuramente e ti ritroverai nel suo abbraccio infinito!Il nostro beato Luigi Novarese, di lassù ti guarderà, lui che ha fatto tanto per la valorizzazione della sofferenza.Giovanni, ammiro molto il tuo ideale di essere medico, il tuo scritto ti ha fatto entrare nel mio cuore e soprattutto nella mia preghiera. Ti ringrazio, sarai con me ogni sera quando dirò al Signore: “Tu mi hai nascosto il momento e l’ora della mia partenza da questo mondo (lui non tiene conto delle statistiche), non ti chiedo nulla se non di vivere inten-samente il momento presente guardando a quell’ora, non nella tristezza come chi non ha speranza, ma con serenità, pensando al tuo abbraccio che sarà di gioia!”.Con gioia affettuosa ti abbraccio.

Una nonna

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“La mia vitasenza limitisostenuta dalla fede”

Sono nato senza braccia e sen-za gambe. Eppure, nonostan-te il mio handicap, vivo come

se non avessi alcuna limitazione. Infatti giro il mondo in lungo e in largo per incoraggiare migliaia di persone a superare le avversità con fede e speranza e a realizzare i propri sogni”.Nick Vujicic, 35 anni, di origini ser-be, nato e cresciuto in Australia ma naturalizzato americano, sorri-

“ cuni capitoli della sua biografia contengono riflessioni che rivela-no una sorprendente sintonia con l’insegnamento del beato Novare-se. L’handicap fisico non deve costitu-ire un limite: “Non abbattetevi! Ri-alzatevi e respingete qualsiasi pen-siero che vi impedisca di coltivare i vostri talenti. Io so che, pur con l’handicap, posso costruire una vita meravigliosa”. Il pensiero di Vujicic è di contenu-to antropologico ma anche religio-so. Per lui, uomo di fede cristiano evangelica – come per don Luigi, sacerdote e “apostolo dei malati” – la fede in Gesù è la forza decisi-va che aiuta a scalare ogni giorno le vette della speranza. “La mia immaginazione passa attraverso lo sguardo di Dio. Le sue braccia amorevoli possono raggiungere ciascuno di noi, ovunque. E ci sor-reggono nel fare la nostra parte per essere di aiuto agli altri”. ■

de sulla copertina della sua nuova autobiografia (“Vita senza limiti”, La Casa della Bibbia editore) tra-dotta, poco prima dell’estate, in italiano. Nelle scorse settimane ha fatto il giro dell’Europa per raccon-tare la sua storia. Nato sprovvisto degli arti superiori e inferiori, non si è arreso davanti ai propri limiti: “Ho accettato la sfida per capire chi sono, qual è il mio posto nel mondo e come posso impiegare i doni che ho ricevuto per il bene delle altre persone”. Sposato, due lauree, due figli e una coppia di gemelli in arrivo, Nick vive negli Stati Uniti e fa come mestiere lo “speaker motivaziona-le”. Tiene conferenze – i suoi in-contri registrano il tutto esaurito – nuota, gioca a golf, dirige l’as-sociazione no profit Life Without Limbs (Vita senza arti), incontra le persone bisognose di aiuto a ritro-vare l’autostima e l’amore di sé. Perché parliamo di lui? Perché al-

La storia di Nick Vujicic, nato senza braccia e senza gambe che ha accettato la sfida affidandosial Signore. Nella sua autobiografia le pagine che ricordano il pensiero del beato Novarese.

a cura della Redazione

bologna

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Dopo ore di viaggio, finalmente la val Vi-gezzo e Re. Abbracci e saluti di benve-nuti ci accolgono. Chi sarà il sacerdote

predicatore? A cena ci viene detto che terrà gli Esercizi spirituali, don Federico Pellegrini. Per noi di Bologna è una bella notizia: lo conoscia-mo. Lunedì 3 luglio iniziamo gli Esercizi con l’in-tronizzazione della Parola e il silenzio. Tema di quest’anno: “Da Eva madre dei viventi a Ma-ria madre del Vivente”, le lectio riguardano le donne dell’Antico Testamento: Eva, Sara, Ester, Anna, Rut. Argomento interessante che ha come centro la preghiera di queste donne. Don Federico, da bravo liturgista, fa il confron-to con le preghiere inserite nella santa messa: un esempio è la trasposizione del modello della supplica di Ester nella preghiera che precede

l’offertorio. Altro punto in comune di queste donne è la loro totale fiducia in Dio, la loro certezza di essere esaudite perché il Signore è l’Onnipotente vicino a chi lo invoca. Le cate-chesi terminano con la figura di Maria madre del Vivente. La Madonna, spiega ancora don Pellegrini, ci guida a Gesù insegnandoci a ge-nerarlo, con le parole e l’esempio, negli altri, facendoci diventare, a nostra volta, madri del suo Figlio. Gli Esercizi spirituali e le giornate di studio si concludono. Resta l’incontro col Signore nella Parola, nell’Eucaristia, nella Confessione, nella pre-ghiera personale e comunitaria. Resta l’incon-tro con Maria nella recita del santo rosario. Rimane nel nostro cuore, l’incontro con per-sone che conosciamo e con persone nuove con cui abbiamo condiviso gli stessi ideali. Il pullman ci riporta a casa più ricchi, con “le pile cariche”, pronti a portare ciò che abbia-mo recepito nelle nostre vite di ogni giorno, dove il Signore e Maria ci chiamano ad esse-re testimoni credibili di quello stesso Vangelo che anche il beato Luigi Novarese ha vissuto. (Claudia) ■

I miei Esercizi spirituali a Re

Il vescovo, Mitchell Rozanski ha presieduto il ritiro mensile

a Mary Farm (Springfield). Hanno partecipato i Cavalieri di Colombo insieme al CVS locale.

Le Confessioni sono state svolte sotto gli alberi. Ha fatto seguito,

all’aperto anche un conviviale picnic (18 giugno 2017).

Usa (Massachusetts)

bologna

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S Una settimanaindimenticabile

vallelUogo (av)

Abbiamo trascorso una set-timana indimenticabile e unica a Valleluogo (dal

10 al 14 luglio). Col passare dei giorni ci siamo sentiti sempre più coinvolti per merito della calorosa accoglienza e dell’eu-forica compagnia dei membri del CVS. I primi giorni sono stati davvero intensi ma non per questo noiosi e demotivan-ti, anzi, grazie alle attività svolte abbiamo tutti quanti riscoperto la bellezza delle cose semplici, dei sorrisi spontanei e soprat-tutto abbiamo superato il muro dei pregiudizi. Sottolineo tutti quanti poiché apparentemente, prima di questa settimana, alcu-ni non hanno mai dimostrato di essere così gentili o aperti con gli altri. Il primo giorno ci siamo presentati in un modo particola-re: abbiamo preso un gomitolo e ognuno di noi doveva reggere un capo del filo per poi lanciare il gomitolo ad un’altra persona e così via fino a quando non si so-no presentati tutti. Già da quel momento ci siamo sentiti più uniti. Durante i giorni in cui sia-mo stati insieme al Gruppo at-

tivo del CVS abbiamo messo in scena la storia di Nemo parago-nandola alla storia di Giona in modo tale da poter trasmettere la parola di Dio anche al Grup-po attivo; è stato molto emozio-nante per tutti. Il terzo giorno c’è stata l’adorazione di sera ed è stato davvero toccante vedere come chiunque si sia sentito un tutt’uno con il Signore. Il quarto giorno, abbiamo concluso in-sieme l’avventura di Nemo. Da quel momento sapevamo che sarebbe mancato poco al rien-tro a casa del Gruppo attivo e la malinconia, come previsto, non ha tardato a presentarsi. Ed è vero che gli addii non sono mai una cosa felice, pertanto ci siamo augurati che quello non fosse un addio, bensì un arrive-derci. Il giorno dopo, li abbiamo salutati tutti e ci siamo sentiti come se li conoscessimo da una vita. Mentre, dal pomeriggio in poi, abbiamo approfittato della nostra “solitudine” per affron-

tare attività molto più intense (ovvero il lucernario e il deser-to); sono state d’aiuto per tutti. Inoltre, dato l’ambiente circo-stante, ci è stato permesso di ef-fettuare queste attività nel modo migliore possibile. In conclusio-ne, questa esperienza può essere ripetuta più volte per riprovare queste bellissime sensazioni co-me può anche bastare una volta sola per lasciare un segno inde-lebile nella mente e nel cuore. In una settimana (se non di me-no) si comprende il valore della vita, ma anche di tutti i piccoli gesti che quotidianamente non facciamo perché li riteniamo bizzarri; si impara a conoscere e migliorare se stessi. Inoltre, la nostra, è stata una vera e propria sfida. Anche se dal principio non era stato fissato alcun obiet-tivo, noi siamo stati in grado di trovarlo: riconoscere i nostri li-miti e le nostre paure e abbatter-le con l’aiuto del gruppo; perché insieme tutto è più semplice. (i ragazzi del gruppo giovanissimi della parrocchia Madonna della Fiducia di Taranto) ■

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S per festeggiare insiemeil beato e la rSA

re (vb)

Il 23 luglio u.s. presso la Casa “Cuore Immacolato di Ma-ria” a Re (Vb) è stata ce-

lebrata la festa del beato Luigi Novarese e l’anniversario della RSA, l’attività di accoglienza e assistenza degli anziani che, assieme a quella degli Esercizi spirituali, per cui questa Casa è nata per volere degli amma-lati stessi, dona la possibilità di esprimere in modo completo l’attenzione che il beato No-varese aveva verso la persona sofferente.Alla celebrazione eucaristi-ca, presieduta da don Janusz Malski, Moderatore generale dei SOdC, hanno preso parte, oltre alla Comunità dei Silen-ziosi Operai della Croce di Re, alcuni membri giunti dalla Co-munità di Moncrivello, sacer-doti, alcuni novizi dei SOdC, gli ospiti della RSA, gli opera-tori, i parenti, gli amici e diver-se persone del paese.Durante l’omelia, commentan-do il Vangelo del giorno, don

Janusz ha mes-so in luce come “il bene e il male fanno parte della vita di ciascuno”: “Anche la sofferen-za – ha sottolineato don Janusz – è vista come male, come quella zizzania che dà fastidio, che si vorrebbe eliminare dalla propria esistenza, ma di fronte alla quale il Signore ci chiede di avere pazienza e che può essere trasformata e divenire grano”.Su queste note ha poi offerto alcuni insegnamenti che il be-ato Luigi Novarese ha lasciato a quanti vivono l’esperienza della sofferenza, focalizzando il ruolo attivo delle persone soffe-renti, secondo le richieste del-la Vergine Santa a Fatima e a Lourdes.Non è mancato, da parte di don Janusz, uno stimolo anche per gli operatori sanitari che vivo-no ogni giorno il proprio servi-

zio di assistenza e di cura agli anziani ospiti: “Il vo-stro lavoro - come sottoline-ato nella Carta degli Opera-

tori Sanitari - non è solo un lavo-ro, è una vocazione! Voi siete, per tutti coloro di cui vi prendete cura, il prolungamento di Cristo che si è abbassato verso tutti i malati”. Al termine della celebrazione, bello è stato il pranzo aperto a tutti, dando un vero senso di famiglia in festa.Il pomeriggio è stato allietato dallo spettacolo di giocoleria. Oltre allo spettacolo, diversi amici e operatori della RSA “Cuore Immacolato di Maria” hanno rallegrato i presenti con musiche, balli, banco di benefi-cenza, estrazione a premi, Run-ditt Vigezzini.E uno spazio tutto particolare è stato dato alla mostra delle “Erbe Aromatiche” e quella degli oggetti realizzati dagli an-ziani stessi della RSA, come at-tività dell’anno. ■

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crescere nell’incontro con gli altri

Ciao Giacintocasale Monferrato (al)

Domenica 27 agosto 2017 si è tenuta la festa annuale del Centro Volontari della Sofferenza di Mantova, nell’usuale punto di ritrovo del gruppo virgiliano, sito nell’oasi di pace di Corte Ca-pannelle, nelle campagne del comune di Ceresara, a circa 30 km dalla città.

A questo raduno hanno partecipato 400 persone tra membri e simpatizzanti, tra cui i sacerdoti amici delle Capannelle, il Moderatore generale dei Silenziosi Operai della Croce don Janusz Malski e il vescovo emerito della diocesi di Mantova, monsignor Egidio Caporello. Per chi ha partecipato è stata una bella occasione di confronto non solo rispetto al carisma del Centro, infatti la meditazio-ne è stata dettata da don Valerio Antonioli sul tema ‘La missione del sofferente nella chiesa e nel mondo’, ma anche di conoscenza di altre realtà, nella consapevolezza che è nell’incontro con gli altri, con ciò che è diverso da noi, che è possibile crescere. ■

Il 13 settembre u.s. è tornato alla Casa del Padre Giacinto Lazzarini, di Casale Monfer-

rato, vigile urbano in pensione che da circa trent’anni è stato di grande aiuto e supporto alla Co-munità di Casale, come giardi-niere e volontario alla Cascina Serniola (casa natale di Luigi Novarese) sempre disponibile e ben voluto da tutti. Lo scorso marzo Giacinto aveva donato all’hospice “Mons. Zaccheo” di

Casale, dove ha concluso la sua vita terrena, una composizione in legno riguardante il beato Novarese, realizzata da un in-treccio di tralci di vite, chia-mata “L’albero della speranza”. Posizionata all’ingresso dell’ho-spice, tra alcune composizioni floreali e vicino al diario sul quale i visitatori del centro pos-sono annotare un pensiero, un ringraziamento, o una preghie-ra, l’opera introduce gli ospiti al corridoio in cui vi sono le stanze dei degenti. «Non so neanche io come ho fatto a farla – spiegava Giacinto sull’Ancora di Aprile –, non avevo mai lavorato il legno prima d’ora e sono sicuro che Monsignore mi abbia aiuta-to. Quando un anno fa mi han-

no detto la temuta frase “signor Lazzarini, lei ha un tumore”, ho incominciato a pensare di rea-lizzare qualcosa per far conosce-re a miei concittadini, in parti-colare agli ammalati oncologici come me, la figura del “nostro” beato». Sulla scultura, in legno, alta più di un metro, si trovano l’immagine di monsignor Nova-rese, la preghiera per chiedere l’intercessione tramite il beato e il testo legislativo del 1978 redatto grazie al contributo del sacerdote casalese sull’Assisten-za spirituale presso le strutture ospedaliere. «È anche merito di Monsignore – aveva concluso Giacinto – se oggi è possibile trovare un sacerdote nei presidi sanitari». ■

Mantova

Novità

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A distanza di quasi 30 anni dalla sua prima pubblicazione, riconsegniamo

nelle mani di tutti questo testo, semplice e senza pretese,con lo scopo di riportare

ai “fratelli e sorelle, ammalati e sani,le parole della Madonna di Lourdes

e di Fatima, affinché avendole sott’occhio,

possiate leggerle e meditarle”.Sorella Elvira Myriam Psorulla,

autrice del libro, non aveva pensato di aggiungere dei commenti, ma di porgere

i fatti nella loro sorgente, raccontati in modo spoglio e essenziale dai piccoli

veggenti Bernardetta, Francesco, Giacinta e Lucia.

Quasi un vangelo sine glossa.L’essenziale, infatti, ha più bisogno

di essere capito che spiegato, e solo le persone genuine, i puri di cuore,

possono comprenderlo.

Lourdes 1858 - Fatima 1917Elvira Myriam Psorulla

Due richiami un solo scopo

pp. 248 - 10 €

editorialeNovitàDUE RICHIAMIUN SOLO SCOPO

Per richiedere coPie: [email protected] oppure 0639674243

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