La comicità negata: il ruolo della donna nei cinepanettoni

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1 Università degli Studi di Milano-Bicocca Corso di Laurea in TEORIA E TECNOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE Tesina in PSICOLOGIA DELLE INFLUENZE SOCIALI ANNO ACCADEMICO: 2012/2013 LA COMICITÀ NEGATA Il ruolo della donna nei cinepanettoni A cura di: VALENTINA TOSCA MATR. 760392 Referenti: CHIARA VOLPATO PAOLA CICCIOLI

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Università degli Studi di Milano-Bicocca Corso di Laurea in

TEORIA E TECNOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE

Tesina in

PSICOLOGIA DELLE INFLUENZE SOCIALI

ANNO ACCADEMICO: 2012/2013

LA COMICITÀ NEGATA

Il ruolo della donna nei cinepanettoni

A cura di:

VALENTINA TOSCA MATR. 760392

Referenti:

CHIARA VOLPATO

PAOLA CICCIOLI

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. INDICE

. Introduzione ................................................................................................................... 3

1. Cos’è un cinepanettone? ............................................................................................ 5

1.1 La struttura del film........................................................................................................... 6

2. Il ruolo della donna ...................................................................................................... 7

2.1 Modelli negativi ................................................................................................................ 8

2.3 Il ruolo dell'uomo ............................................................................................................ 10

3. Analisi psicologica degli stereotipi di genere ................................................................ 12

4. Conclusione ................................................................................................................ 15

3. Bibliografia e Sitografia ............................................................................................. 16

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. INTRODUZIONE

Quando si parla di ruolo delle donne, di femminismo, di parità fra i sessi, non è raro vedere facce sconfortate: quelle di chi pensa che questa sia una battaglia ormai vinta e che quindi si tratti solo di vittimismo, e quelle di chi invece vede bene il divario tra i generi, e lo vede come un qualcosa di ontologicamente insuperabile.

Eppure come è innegabile che le donne abbiano fatto passi da gigante nella conquista dei diritti civili, è altresì vero che la strada verso la completa eguaglianza è ancora lunga e ricca di ostacoli, soprattutto a livello sociale: stereotipi negativi, pregiudizi vincolanti e soprattutto la poca disponibilità a credere che le differenze tra uomini e donne non siano biologiche, ma culturali.

Questo in particolare è il punto focale della questione, condizione necessaria ad un vero miglioramento: comprendere che una persona, di qualunque sesso sia, è il frutto delle abitudini sociali e culturali in cui vive. Ha dunque senso cercare di ottenere una sostanziale eguaglianza tra uomo e donna, oltre che nell’ambito lavorativo, anche in quello che potremmo definire “artistico”.

Parlando di arte e delle sue forme, che influenzano la società e ne arricchiscono la cultura, ci si dimentica sempre di quella un po’ abbietta, un po’ animalesca, ma sempre indispensabile e sempre presente in ogni società: la comicità. Che si tratti di teatro, cinema o una semplice barzelletta, sembra convinzione comune che il compito di “far ridere” sia appannaggio dell’uomo, mentre alla donna spetterebbe più propriamente il ruolo di spettatrice o tutt’al più di “spalla”.

Nel cinema degli anni cinquanta/sessanta, ad esempio, attrici comiche come Tina Pica, Lella Fabrizi o Ave Ninchi erano confinate in secondo piano verso i rispettivi esponenti maschili più illustri come Totò o Vittorio De Sica. Rare le eccezioni, come Sophia Loren, che con la sua esplosiva carica mediterranea spesso teneva la scena da sola, o Franca Valeri che in televisione si impose all’attenzione del pubblico con il personaggio-monologo della Signorina Cecioni.

Negli anni settanta/ottanta la situazione comincia a cambiare: nel cinema, come a teatro, si assiste ad una graduale emancipazione del ruolo dell’attrice comica. Non ci vengono presentate più donne del popolino ma figure femminili complesse, problematiche, autoironiche, e sfortunate. Sono attrici che spesso diventano le muse dei loro registi (come Monica Vitti con Michelangelo Antonioni) e che apparizione dopo apparizione conquistano sempre più spazio e attenzione.

Non così in televisione: il piccolo schermo è più “d’evasione” rispetto al cinema e non c’è posto per personaggi comici femminili troppo elaborati. A Drive–in (primo grande contenitore comico, dopo Non sto) il modello di comicità femminile propagandato riflette la concezione della donna di quegli anni, trasgressiva ma sottomessa, che anticipa quello della valletta semi-muta o della velina degli anni futuri.

Solo a partire dagli anni novanta si inizia a scorgere qualche radicale mutamento, dovuto anche ad un cambio di costume che per la prima volta profuma di internazionalità: si afferma la satira politica, la critica sociale, l’esigenza di far ridere riflettendo. E se finora la donna era stata brava a far ridere di sé ora diventa abile a far ridere degli altri, con la rappresentazione di stereotipi di classe o standard ideologici.

Il ruolo della donna nella comicità moderna può sembrare un tema minore se si pensa alle grandi lotte del femminismo, ma se consideriamo che oggigiorno lo svago avviene principalmente tramite canali mass-mediatici quali il cinema e la televisione e che questi hanno su di noi un’influenza non trascurabile, viene spontaneo domandarsi se la tanto agognata “parità dei sessi” sia stata conquistata in quest’ambito. Perché se il post-modernismo ha visto il sorgere della figura della comica nei teatri e in televisione (dove comunque la formula standard resta quella del cabaret, tipicamente teatrale), il cinema umoristico italiano – seppur anch’esso evochi quasi sempre la forma

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dello stacchetto comico teatrale - non riesce a staccarsi da pregiudizi sessisti a dir poco anacronistici.

Nelle opere comiche, la figura femminile è stata da sempre relegata a due stereotipi: quello di apparizione piacevole, bellissimo e agognato premio del protagonista che la potrà ottenere tramite mille disavventure, o - al contrario - quello di macchietta, vecchia, brutta e antipatica, il cui scopo è ostacolare il maschio, e che alla fine verrà inevitabilmente sconfitta e ridicolizzata.

E l’opera che più tenacemente perpetua questi stereotipi – e lo fa da ormai trent’anni – è senza dubbio quel filone cinematografico nostrano che, riproponendosi di anno in anno uguale e con uno schema ben radicato, è diventato ormai una pietra miliare della cinematografia italiana: il cosiddetto cinepanettone.

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1. COS’È UN CINEPANETTONE?

Il termine delinea in senso dispregiativo quel tipo di commedia cinematografica italiana che si ripete, nei personaggi e nelle forme, di anno in anno e che solitamente ha la propria data di release

nel periodo natalizio. I cinepanettoni si caratterizzano per la tendenza a ripetersi nella trama e nelle situazioni, per il tipo di comicità a buon mercato, per il linguaggio volgare e per i fortunati incassi nelle sale italiane. Con il passare del tempo, però, il termine è diventato di uso comune e ha perso in parte la sua connotazione negativa, al punto che spesso gli stessi attori e autori indicano le loro opere con questo nome.

Le pellicole etichettate come “cinepanettoni” sono numerosissime:

♦ Vacanze di Natale (1983) ♦ Vacanze di Natale '90 (1990) ♦ Vacanze di Natale '91 (1991) ♦ Vacanze di Natale '95 (1995) ♦ Vacanze di Natale 2000 (1999) ♦ Merry Christmas (2001) ♦ Natale sul Nilo (2002) ♦ Natale in India (2003) ♦ Christmas in Love (2004) ♦ Natale a Miami (2005) ♦ Natale a New York (2006) ♦ Natale in crociera (2007) ♦ Natale a Rio (2008) ♦ Natale a Beverly Hills (2009) ♦ Natale in Sudafrica (2010) ♦ Vacanze di Natale a Cortina (2011)

Ad eccezione del primo e di quelli girati dopo il 2005, tutti gli altri hanno visto protagonista la coppia Boldi-De Sica. Dal 2006 infatti Massimo Boldi ha lasciato il ruolo di compagno di Christian De Sica a Massimo Ghini e ha intrapreso quello che viene considerato dalla critica un filone di cinepanettoni “apocrifo” in compagnia di altri attori comici italiani. Tuttavia, dato che le caratteristiche peculiari di base sono mantenute anche in quest’ultimo, i film che ne fanno parte possono essere considerati anch’essi cinepanettoni a pieno titolo.

Si tratta di:

♦ Olé (2006) ♦ Matrimonio alle Bahamas (2007) ♦ La fidanzata di papà (2008) ♦ A Natale mi sposo (2010) ♦ Matrimonio a Parigi (2011)

Come si può intuire dalla genesi del nome, i detrattori del genere sono molto numerosi – soprattutto tra i critici cinematografici – eppure è un dato innegabile che ognuna di queste pellicole sia stata un successo commerciale. A fronte di una spesa di realizzazione irrisoria (gli attori principali sono meno di una decina, non ci sono effetti speciali né scene d’azione), i guadagni del botteghino parlano chiaro: i cinepanettoni sono una miniera d’oro.

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Il fatto che escano durante le feste natalizie poi è una strategia commerciale non indifferente. Per la gente le ferie natalizie sono il momento più propizio per andare al cinema, e spesso la gamma di film tra cui scegliere non è poi così vasta: tra il cinepanettone di Boldi, quello di De Sica, la commedia di Pieraccioni che si alterna di anno in anno con quella di Aldo, Giovanni e Giacomo, le new entry di Albanese e de I Soliti Idioti, parrebbe che in realtà la gente scelga il genere della commedia natalizia perché in fondo non ha scelta. Non è un caso che nel 2009 l’Italia sia stato l’unico Paese europeo a rimandare la data di uscita di un kolossal come Avatar di un mese esatto per evitare che togliesse spettatori ai film nostrani.

Si può dire che questi film fanno ormai parte della nostra tradizione, rispecchiano addirittura alcuni aspetti dell’Italia contemporanea, mentre allo stesso tempo contribuiscono a rinsaldarne certi stereotipi, in un circolo vizioso.

1.1 La struttura del film

È interessante notare come in realtà questi film più che parte di un filone, siano in realtà un replicarsi della stessa storia in diverse ambientazioni; i titoli stessi suggeriscono che ogni pellicola sia in realtà una sorta di remake della versione precedente. Persino i nomi dei personaggi – sebbene ogni film abbia una propria ambientazione a sé stante – si ripetono: per esempio, in Vacanze di

Natale 2000 viene riproposta la famiglia borghese che, come nel primo Vacanze di Natale, si chiama Covelli e il capo famiglia è sempre l'avvocato Giovanni Covelli; anche in Vacanze di Natale a Cortina De Sica interpreta un personaggio chiamato sempre Covelli.

Dire che la trama è ripetitiva è dunque un eufemismo: essa è sostanzialmente inesistente. Non c’è una storia da sviluppare, non si vuole “raccontare” nulla. Non ci sono neppure un inizio o una fine veri e propri, come non potrebbero esserci in una barzelletta: semplicemente il film introduce i personaggi, li fa muovere e incrociare in diverse situazioni e ad un determinato punto li abbandona. L’intreccio delle vicende ha come unico scopo quello di contestualizzare le gag degli attori, fornendo l’occasione per la battuta ironica, tanto che spesso alcune scene non hanno nessuna incidenza sulla trama e sembrano solo dei riempitivi.

Il leit motiv, che ricorre in tutte le pellicole, è senza dubbio l'adulterio: per nascondere alla moglie il tradimento, il fedifrago (solitamente interpretato da Christian de Sica) fa uso di macchinosi stratagemmi che danno origine a situazioni comiche, in particolare lo scambio di persona, altro tema ricorrente del filone. L'adultero è quasi sempre il partner maschile, che però viene presentato allo spettatore come un personaggio positivo perché simpatico e ingegnoso. Il tradimento non viene in generale considerato un'azione propriamente negativa, spesso anzi lo spettatore si sente portato a giustificare il gesto dal fatto che il protagonista sembra bloccato in un matrimonio infelice con una moglie petulante e poco attraente. È questo per esempio il caso di Gloria (interpretata da Moira Orfei), che in Vacanze di Natale '90 incarna lo stereotipo della moglie "provincialotta" e prevaricatrice, priva sia di attrattive fisiche che caratteriali, il cui ruolo sembra essere puramente quello di ostacolo alla felicità del marito traditore.

Gloria (Moira Orfei) rimprovera acidamente il marito in Vacanze di Natale '90

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2. IL RUOLO DELLA DONNA

Un aspetto non secondario dei cosiddetti cinepanettoni è indubbiamente la scelta del cast: mentre nei ruoli maschili ritroviamo i classici volti della comicità italiana (Massimo Boldi, Christian De Sica, Ezio Greggio, Diego Abatantuono) o le nuove leve fresche di gavetta televisiva (Fabio de Luigi, Alessandro Siani, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio), la scelta delle protagoniste femminili cade

immancabilmente sulle "starlette" dell'anno, come se invece di attrici il film necessitasse di vallette, a cui concede il momento di gloria e che dopo abbandona.

Infatti le belle protagoniste dei cinepanettoni non sono nomi noti, o comunque non lo sono divenute grazie alla partecipazione al film, semmai il contrario. Inoltre difficilmente appaiono in più di una pellicola. Si tratta nella maggior parte dei casi di giovani donne che non hanno mai recitato per il grande schermo, che avevano già raggiunto una certa notorietà in altri ambiti, soprattutto come modelle, e che non hanno mai mostrato inibizioni nel partecipare a scene di nudo.

Un discorso a parte va fatto per Michelle Hunziker, un volto televisivo estremamente noto, non per ruoli marginali o di valletta, ma come attrice comica (nella fortunata sit-com Love Bugs) e conduttrice, tra gli altri programmi, di Striscia

la Notizia, il tg satirico che ha lanciato la figura della "velina", la sensuale ragazza seminuda che balla e tace. Non sono molte le donne che sono riuscite a stare a quella

scrivania senza mostrare ampie porzioni di coscia, e non si può negare che la Hunziker lo abbia anche fatto discretamente bene: simpatica, vivace, poco propensa a stare all'ombra dei colleghi maschi, Michelle è una donna che sa come tenere la scena. Oltre a questo, Michelle Hunziker è anche un'icona della bellezza (ha iniziato la carriera come modella di intimo), dimostrando insomma che lo stereotipo maschilista di "bella uguale incapace" è un concetto ormai antiquato.

Proprio per queste ragioni è quasi sconvolgente il suo ruolo nei cinepanettoni: da personaggio in grado di catturare l'attenzione, è stata declassata a "bella da conquistare". In Natale a Rio (2008) è Linda, la cotta segreta di Fabio (Fabio De Luigi), un collega che cerca di sottrarla al fidanzato fedifrago e ottuso. Il suo ruolo sembra quasi uno spreco di talento: la parte della fidanzatina innamorata e devota, senza personalità né acume, avrebbe potuto adattarsi anche ad una persona completamente priva di espressività.

Nel film, per far capire al pubblico che il suo fidanzamento è sbagliato e che quindi il protagonista maschile non sta commettendo nessun atto immorale nel cercare di sottrarre ad un altro uomo la sua donna (tema a cui evidentemente lo spettatore è molto più sensibile rispetto a quello di un marito adultero), mostrano alcune scene dove il fidanzato di Linda non si cura di lei, ma anzi flirta apertamente con una ballerina. La reazione di lei è inesistente: guarda con aria preoccupata il fidanzato ma non agisce, mentre Fabio tenta di attirare la sua attenzione ignorando le sensuali ballerine che provano a distrarlo. Si tratta di una scena lunghissima, in cui la ragazza sta seduta senza far niente mentre ha davanti agli occhi il suo fidanzato che balla sensualmente con un'altra.

La locandina di Vacanze di Natale 2000 sa quali personaggi vanno messi

in primo piano.

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Fabio (Christian De Sica) dà consigli al figlio su come comportarsi con una ragazza

in Merry Christmas (2008)

In altre pellicole riesce ad ottenere qualche spazio in più, ma sembra che nell'universo dei Vanzina e dei Neri Parenti non ci sia spazio per più di una caratteristica a personaggio per volta: o sei bella, o sei in grado di far ridere, una cosa esclude l'altra.

Non che manchino le donne con un ruolo apertamente comico, come la già citata Moira Orfei, ma si tratta in tutti i casi di donne quasi snaturate, private dei loro lati "umani" e più simili a mostri da ridicolizzare. Ed è così che la donna fa ridere: non ridi con lei, ma di lei.

Per restare in tema di Natale a Rio, possiamo prendere a esempio Maria, una signora decisamente poco attraente che aiuta la coppia Sica-Ghini ospitandoli e offrendogli vestiti poiché rimasti senza soldi. L'atteggiamento dei due nei suoi confronti è di repulsione fin dal primo incontro, quasi al limite dell'educazione; non si tratta di un personaggio negativo, anzi è in un certo senso la loro salvezza, ma non per questo esitano nell'appiopparle il triste soprannome di "buzzicozza" (e questo dopo che lei ha regalato loro vestiti e alloggio!) o nell'assumere atteggiamenti schifati al solo averla di fronte, né il loro atteggiamento muta favorevolmente qualsiasi buona azione essa intraprenda.

2.1 Modelli negativi

Quello che esce da un film del genere è quindi un'immagine svilita della donna, e questo non solo a causa dei personaggi privi di spessore e stereotipati, ma anche per via di alcune generalizzazioni o per il modo in cui vengono gestite le situazioni.

Nel film Merry Christmas (2001), De Sica interpreta Fabio Trivellone (nome parlante degno di una commedia di Plauto), un pilota d'aerei che vive una doppia identità: è infatti sposato con due donne distinte dalle quali ha rispettivamente un figlio e una figlia.

Il film cerca di ironizzare su come si educhino diversamente maschi e femmine, ma lo fa in modo volgare e sessista. Mentre alla figlia impone comportamenti castigati e cerca di metterla in guardia dai ragazzi con frasi del tipo "Gli uomini sono solo dei porci", insegna al figlio proprio il tipo di comportamento che prima biasimava:

cercare di perdere la verginità in fretta e di "divertirsi" il più possibile; il tutto condito da qualche volgare luogo comune («Hai trovato un'italiana? Bravo figliolo, le italiane in vacanza sono le più troie!»).

I film sono davvero pieni di stereotipi volgari, molti dei quali omofobi e razzisti. Gli atteggiamenti omofobi (mostrare verso un gay una repulsione che sembra a volte vero e proprio panico) ricordano molto quelli rivolti a donne poco avvenenti, di cui i film sono pieni (subito dopo la scena sopradescritta, per esempio, De Sica si rivolge alla cameriera asiatica che gli sorride con un antipatico «Ma rifatte i denti!»); questo atteggiamento di repulsione all'idea di avere vicino un omosessuale o una donna brutta è demotivante, perché fa sembrare che l'avere una compagna

La "buzzicozza" di Natale a Rio (2008)

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attraente sia uno status symbol più che un reale desiderio e rende la donna niente più che un accessorio di lusso.

A supportare questa tesi c'è una scena di Natale in

Crociera (2007) dove il capitano della nave chiede a Magda (Aida Yespica) di partecipare al concorso di Miss Crociera, ma lei è reticente: «Mi vergogno e poi mi scoccerebbe perdere». Paolo (De Sica), il suo compagno, risponde, come se si stesse vantando di un'auto nuova: «Perdere? Con 'ste due bocce? Capitano, tocchi, son de marmo! E tocchi!».

Oltre alle scene dove la donna viene trattata palesemente come un oggetto sessuale, ce ne sono altre che sono offensive non tanto per il linguaggio volgare o per la battuta un po' pesante, ma proprio per l'idea stessa di donna che ne sta alla base.

È il caso per esempio di una scena secondaria di Natale a Rio, dove vediamo un professore de La Sapienza (Massimo Ghini) parlare con una studentessa - con cui intrattiene da lungo tempo una relazione.

La graziosa studentessa appare acida e saccente, mentre inscena un dialogo quasi surreale: «Ricordi com'è andato il mio secondo esame di Etica?» «Perfettamente, ti ho dato 30 e lode.» «E io cosa ti ho dato?» «Come il primo esame… il solito.»

Infine la studentessa gli svela di averlo filmato e lo ricatta.

Questa scena non è propriamente volgare o "eccessiva", eppure è annichilente la naturalezza con cui viene presentata la relazione tra i due. Si tratta di un professore universitario che non ha problemi ad avere una relazione extraconiugale con una studentessa dell'età di suo figlio (nel film la cosa viene anche sottolineata) in cambio di buoni voti, ma è soprattutto il tono di normalità con cui la ragazza mette in chiaro le sue richieste minatorie a scombussolare: davvero è una cosa così comune vendere buoni voti in cambio di prestazioni sessuali? E davvero è così normale che un'amante giovane e bella sia anche furbetta e opportunista?

È questo in fondo a disturbare in ogni cinepanettone: il fatto che i comportamenti negativi siano visti come tipici e normali, tanto da essere sempre accondiscesi, se non addirittura premiati. Nel film non c'è traccia di punizione per la ragazza che ricatta, o per il fatto che abbia comprato dei voti: lei è bella e può farlo, perché così fan tutte. Nello stesso film un ragazzo intrattiene numerose relazioni contemporaneamente, ma alla fine della pellicola non sembra esserci né una punizione né un riscatto, come se in realtà il tradimento non fosse un'azione propriamente negativa e quindi non necessiti una catarsi finale.

È la struttura della trama ad essere fallace: i buoni vengono premiati e i cattivi pure; perché, anzi, spesso sono proprio questi ultimi i protagonisti del film. E non si parla solo di tradimenti e scappatelle, ma di veri e propri modelli negativi che non vengono derisi, né subiscono qualche sorta di punizione o cambiamento in positivo alla fine del film.

Uno tra i più eclatanti è il protagonista di Natale a Beverly Hills (2009), Carlo, interpretato come sempre da Christian De Sica. Belloccio un po' stagionato, il suo stile di vita consiste nel sedurre facoltose anziane per farsi mantenere. Anche in questo caso sono le donne di cui si approfitta ad

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essere prese di mira, non lui che si prostituisce; eppure non è difficile credere che se i ruoli fossero invertiti, l'empatia del pubblico andrebbe sempre all'uomo.

Un comportamento simile è presente anche in Natale a New York (2006): il protagonista (sempre De Sica) introduce il suo personaggio con il seguente monologo.

«Ho sposato Milena, unica erede del più grande impero immobiliare d'Europa. Dopo il matrimonio la

mia vita è cambiata, come si dice "ho attaccato il cappello". […] Chi stava meglio di me? Ma come in

tutte le cose c'era anche un lato negativo: per non essere cacciato da questo paradiso terrestre c'era

una cosa che assolutamente non potevo fare. Se avessi tradito Milena, avrei perso tutto e sarei tornato

povero. Per venticinque anni ho resistito ad ogni tentazione, praticamente gli ho fatto un nodo! Ma non

mi sono potuto trattenere quando ho incontrato Barbara, una mia vecchia fiamma, ex Miss Ciociaria.»

Sembra che la fedeltà nell'universo dei cinepanettoni non sia una questione morale, né sia legata ad aspetti emotivi, ma riguardi piuttosto una sorta di resistenza, come se si trattasse di una prova fisica. È un aspetto molto peculiare di questo tipo di comicità: l'uomo si trattiene dal "provarci" con altre donne, proprio come un obeso a dieta si trattiene dal mangiare dolci; la comicità scatta quando una bella ragazza entra in scena come un succulento dessert. Per quanto possa sembrare un tipo di ironia "innocente", la situazione ritorna sempre al suo fulcro: la donna non ha psicologia, non ha caratterizzazione a parte l'essere bella, e ha quindi la stessa importanza di un oggetto da status symbol, ricercato, ma pur sempre un oggetto.

L'immagine della donna non risulta svilita quindi solo dai ruoli che interpreta (che si tratti di un oggetto sessuale piuttosto che di una macchietta da ridicolizzare), ma anche per riflesso dai comportamenti maschili che nella loro impunibilità mettono in luce il distacco che c'è tra il trattamento riservato ai maschi e quello riservato alle femmine. È vero, come abbiamo visto nel caso della studentessa che compra i voti in Natale a Rio, che anche le donne nei film adottano comportamenti immorali senza essere tacciate per questo, ma si tratta sempre di personaggi visti negativamente perché di ostacolo ai protagonisti, che fanno quindi una brutta fine (fine che non assume però un valore catartico in quanto non dipendente dalle cattive azioni) e che a differenza della controparte maschile non ispirano allo spettatore alcuna simpatia.

Quando poi i ruoli si invertono su temi come l'infedeltà, nel caso cioè che sia una ragazza a tradire, il giudizio maschile cade inesorabile. In Natale in Sudafrica (2010) tra i protagonisti c'è una ragazza (Laura Esquivel) che intrattiene relazioni amorose con due diversi coetanei; in una scena chiede a uno sconosciuto (De Sica) di fingere di essere suo padre per poter uscire da una situazione contorta in cui rischiava di far scoprire a uno dei due amanti il tradimento. Mentre gli spiega frettolosamente la situazione, De Sica commenta con un «…insomma, sei un po' troia.» Commento che lascia basiti se si pensa che in tutte le altre pellicole della saga il suo personaggio si è distinto come l'uomo fedifrago per antonomasia.

2.3 Il ruolo dell'uomo

Un altro appunto interessante che si potrebbe fare su questo genere cinematografico riguarda non solo il confronto uomo-donna, ma anche quello uomo-uomo. Se da una parte il cinepanettone esalta l'uomo borghese, ben inquadrato, donnaiolo e omofobo, dall'altra svilisce la figura dell'uomo onesto, innamorato e rispettoso della sua amata.

In Natale a Rio, Fabio (De Luigi) a causa di un equivoco deve fingere con il padre di Linda (di cui è realmente innamorato) di essere il suo fidanzato. Si tratta di un personaggio assolutamente positivo, pieno di premure e onesto - come viene mostrato in numerose scene - eppure il giudizio del padre di lei è molto strano. La prende da parte e le dice «Il tuo fidanzato è un po' un coglione,

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però vedo che ti vuole bene davvero.» Non ci sono state scene in cui Fabio ha fatto figuracce o gaffe davanti al padre di lei, viene definito in quel modo a prescindere, il che è piuttosto straniante dato che fino a quel momento non ci era stato presentato come incapace o stupido, ma anzi vediamo che la sua sfortuna in amore è dovuta solo alle continue intromissioni del fidanzato di lei. Quindi a che cosa lo spettatore deve imputare un simile giudizio?

Definire "coglione" il personaggio del bravo ragazzo che scansa l'opportunità di tresche erotiche e che cerca in tutti i modi di conquistare la ragazza di cui è innamorato, è un messaggio molto forte che implicitamente giustifica tutti quei comportamenti che ha invece il maschio dominante: il fidanzato fedifrago infatti non viene mai giudicato negativamente, anzi, quando alla fine del film Linda lo lascia per Fabio, lui si consola subito chiamando al telefono un'altra.

Il cinepanettone sembra quindi fare una discriminazione a livello di giudizio sociale non tra onesti e disonesti, ma tra furbi e "gabbati", in un'ottica che prende di mira il cornuto, non il fedifrago. Questo porta inevitabilmente a premiare comportamenti tipicamente sessisti e discriminatori, secondo la regola - espressa volgarmente nei film - "Se non insegui la figa, sei un finocchio".

Un altro esempio è quello di Natale a Beverly Hills. Il protagonista incontra casualmente dopo sedici anni una sua ex (interpretata da Sabrina Ferilli) che aveva abbandonato incinta al settimo mese. Per una serie di equivoci si trova a dover trascorrere del tempo con lei, suo figlio e il padre adottivo (Massimo Ghini). Il film ci mostra che il figlio non ha mai accettato il marito della madre come padre, anche se quest'ultimo si è preso cura di lui per ben sedici anni; sente invece una forte affinità con Carlo (De Sica), il padre biologico che vive facendo il gigolò. Forse l'intento degli sceneggiatori era mostrare che il legame del sangue è molto forte, ma per come la situazione è stata resa sulla pellicola, quello che più colpisce è il fatto che il padre putativo venga visto come un incapace (seppur non ci siano situazioni che lo mostrano apertamente, viene solo considerato tale a prescindere), mentre il padre biologico che aveva abbandonato la madre incinta viene invece visto come un personaggio affascinante e arguto.

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3. ANALISI PSICOLOGICA DEGLI STEREOTIPI DI GENERE

Gli esempi sopracitati sono perfetti episodi di un fenomeno definito dalla Psicologia Sociale come deumanizzazione.

Propriamente, per "deumanizzazione" si intende quel processo «che introduce un’asimmetria tra chi gode della qualità proto-tipiche dell’umano e chi ne è considerato carente»1, ovvero tra chi si pone al di sopra di un altro essere umano, o meglio di un'altra categoria di esseri umani, e legittima tale prevaricazione sminuendo l'altro al punto da non volerlo più identificare con connotati tipicamente umani.

Esistono numerose forme di deumanizzazione, nei secoli si sono succedute rappresentate di volta in volta da metafore subumane, sovraumane, oggettuali, biologiche e meccaniche, in accordo con il contesto sociale e lo Zeitgeist, lo "spirito del tempo". Quella che appare più evidente dall'analisi svolta, è sicuramente l'oggettivazione, il vedere l'altro come un mero strumento o addirittura una merce.

Questa forma di discriminazione si differenzia dalle altre sopracitate per una caratteristica fondamentale: mentre le altre agiscono in funzione di un allontanamento della categoria deumanizzata dal proprio gruppo, nel processo di oggettivazione è sempre presente la percezione dell'utile. La persona deumanizzata viene cioè considerata solo in funzione ad uno scopo: per esempio, uno schiavo verrà considerato positivamente solo in base a quanto lavoro può svolgere; nell'ottica dell'oggettivazione sessuale la donna verrà trattata con riguardo se e solo se possiede delle spiccate denotazioni di carattere erotico.

Secondo Galinsky, il processo di oggettivazione comporta una «frammentazione strumentale nella percezione sociale, la divisione della persona in parti che servono scopi e funzioni specifici dell’osservatore». 2 Questo è più che mai evidente nel caso dei cinepanettoni: come abbiamo visto finora, della donna non solo non interessano la psicologia o il carattere, ma neppure la persona fisica in quanto tale. Nell'episodio descritto a pag. 9, per esempio, la bellezza della ragazza viene

valutata in base alla misura del seno: non viene mai fatto accenno di altre qualità, anche solo fisiche.

Le parti del corpo femminile che sanciscono la femminilità, la bellezza e quindi il valore della donna restano quelle più meramente sessuali: le gambe, le natiche e il seno. Sono infatti numerosissime le scene in cui la protagonista si ritrova svestita e - per la gioia del

telespettatore maschile - la telecamera si focalizza sugli aspetti fisici più procaci (vedi immagini a lato).

Questa aspetto peculiare dell'oggettivazione, ovvero la frammentazione del

1 C. VOLPATO, Deumanizzazione. Come si legitt-ima la violenza, Laterza, Roma-Bari 2011 2 D.H. GRUENFELD, M.E. INESI, J.C. MAGEE, A.D. GALINSKY, Power and the Objectification of Social Targets, in: «Journal of Personality and Social Psychology», vol. XCV, n. 1, 2008

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soggetto in parti - alle quali verrà attribuito valore solo se considerate "utili", porta ad una negazione dell'individualità e di conseguenza all'interscambiabilità dei soggetti stessi. Non è un caso infatti, come già fatto notare nel cap.2, che i ruoli femminili non siano interpretati da attrici, ma da modelle o show girl che vengono sostituite di anno in anno.

Il pubblico non si affeziona a loro, come potrebbe? Non hanno psicologia né personalità; non sono mosse da motivazioni, non pensano e non amano. Non amano neppure il protagonista maschile, il sentimento che esalano è più simile all'ossequiosità. Ed è questo che il protagonista dei cinepanettoni vuole: avere la bella per sé, non farla innamorare; egli non è neppure vittima delle proprie debolezze ormonali, la vuole esclusivamente come status symbol.

C'è una scena di Natale in Crociera che spiega egregiamente questo concetto: De Sica deve scegliere se stare con l'amante e spalmarle sensualmente la crema solare o controllare che il cognato - ignaro della tresca - sia occupato. Sceglie la seconda (sebbene per tutto il film non abbia fatto altro che macchinazioni per giungere a quel momento) e - per far sì che l'amante non si accorga della sua assenza - delega il massaggio a un vicino di sdraio. La conversazione tra i due avviene a gesti: De Sica indica la moglie dell'uomo e finge di vomitare; l'altro alza le spalle rattristato come a dire "Questo passa il convento"; De Sica invita il vicino a tastare le natiche della propria donna e -mentre questi accetta con entusiasmo - si dilegua.

Quello che un episodio simile trasmette è l'idea che il protagonista non voglia la compagna in sé, come persona, neppure come oggetto della libido, ma la voglia invece accanto per quello che rappresenta: una partner molto più giovane e bella è sinonimo di potere, di machismo e di possibilità economiche. Più o meno come una Ferrari, la donna è una merce di lusso, e come la Ferrari, può essere prestata agli amici desiderosi di farci un giro.

Se l'unica causa motrice degli eventi, in questi film, fosse, come molti critici hanno detto, il desiderio sessuale, sarebbero presenti altri atteggiamenti di possessività, come la gelosia, che invece non si manifestano quasi mai. Tutto il circuito degli avvenimenti e delle relazioni ha una sola funzione: sancire il ruolo di maschio dominante sugli altri maschi. Le figure femminili sono solo dei riempitivi.

Infatti, come abbiamo notato nel capitolo precedente, anche la figura dell'uomo viene svilita: l'uomo leale e onesto viene considerato impacciato e stupido; tutte i rapporti interpersonali nei film sembrano avere un unico fine: consacrare la superiorità dell'uomo sveglio e opportunista, che incarna non tanto lo spirito dell'uomo medio, quanto piuttosto quello che l'uomo medio vorrebbe essere.

Si ritorna dunque alla percezione dell'utile: una volta capito qual è lo scopo da raggiungere, diventa improvvisamente chiaro il perché di certi comportamenti: se mostrare di apprezzare una bella donna in modo forte ed esagerato è virile, per contrappasso verso una donna poco avvenente deve essere mostrata repulsione. Quella stessa repulsione che va sbandierata nei confronti degli omosessuali, in modo che non vi sia il minimo dubbio sull'orientamento che ha il nostro uomo. Il machismo si evolve così in discriminazione.

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L'oggettivare le donne e più in generale le persone, come abbiamo visto per quanto riguarda gli omosessuali, ha una conseguenza ancora più terribile: vivendo in una realtà dominata da queste regole, dove tutti adottano questi atteggiamenti e danno per assodati questi valori, spesso la vittima della discriminazione tende a valutare se stessa in modo diverso. È quella che si definisce auto-oggettivazione.

Capita dunque che sia la donna in primis a sminuirsi o a darsi valore solo in base ai canoni stabiliti dal gruppo dominante: la bellezza diventa fondamentale, la lotta per averla inevitabile. Uno stereotipo legato a questa mentalità è quello della rivalità tra donne. Esiste una sorta di convinzione radicata (spesso sono le ragazze stesse ad esserne convinte!) che considera impossibile l'amicizia tra donne, in quanto sarebbero eternamente in competizione sulla bellezza.

Uno stereotipo così banale e stupido non poteva mancare nella saga cinematografica nostrana, e se possibile viene rappresentato in modo ancora peggiore. In una scena di Natale in Sudafrica, la moglie di De Sica incontra la ex moglie di lui e tra loro si scatena una sorta di battaglia di frecciatine, basate sulla taglia di seno e sulla quantità di regali costosi ricevuti.

Non si tratta dunque nemmeno di bellezza in senso stretto, ma solo di sex appeal, che evidentemente si misura in base a quanto un uomo è disposto a spendere per conquistare. Ebbene sì, per la donna dei cinepanettoni non è svilente avere un prezzo, l'importante è che sia alto. Almeno più alto di quello delle altre.

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4. CONCLUSIONE

Il cinepanettone è da considerarsi a tutti gli effetti un fenomeno culturale preoccupante, il reiterarsi di anno in anno di una soluzione cinematografica sessista e omofoba. Non può essere salvato con la motivazione dell’ironia, perché la sua pecca non sta nel il linguaggio volgare o nell’allusione sessuale, bensì nel perpetrare stereotipi anacronistici e nel proporre come positivi modelli di comportamento devianti e ottusi.

Si tratta di un genere che non ammette volti nuovi, o meglio volti innovativi: ogni film propone gli stessi personaggi, le stesse macchiette, mentre cambia invece puntualmente la “velina” di turno per puntare ogni volta sulla giovinezza e sulla bellezza, facendole vestire però inevitabilmente sempre e solo i panni della bella statuina.

Ed è a questo che fa riferimento il titolo di questa tesina, “la comicità negata”: oggi sono moltissime le donne che facendo comicità sono riuscite a ritagliarsi posti da protagoniste in trasmissioni televisive o nei teatri, eppure un fenomeno di larga scala come il cinepanettone non solo ignora questo fatto, ma sembra tentare in tutti i modi di mantenere invariato il suo copione. “Far ridere” resta una peculiarità maschile, le donne possono solo essere dei belli e sensuali oggetti di scena, o al contrario delle marionette brutte e ridicole.

Anche gli altri personaggi maschili di contorno servono allo scopo: il marito tonto e cornuto fa convergere la simpatia del pubblico verso l’amante scaltro e machiavellico, mettendo così in buona luce comportamenti altrimenti malvisti. Infatti i protagonisti, per quante azioni spregevoli commettano, vengono sempre presentati al pubblico come piccoli eroi, vittime della sfortuna a cui perdonare tutto, mai responsabili delle proprie azioni.

Il film presenta i suoi personaggi come alter ego dell’italiano medio e si aspetta che lo spettatore li prenda in simpatia perché si identifica con loro; non è così. I personaggi non ricalcano nessun aspetto dell’italiano contemporaneo, tutt’al più dell’italiano delle barzellette, soprattutto per il larghissimo uso di stereotipi sessisti e omofobi tipici della comicità da storiella volgare.

Ed è questo aspetto in fondo che rende il cinepanettone una stonatura nel panorama cinematografico italiano: il film non fa satira sociale, non prende in giro aspetti dell’uomo medio ma anzi propone un modello sociale, quello del borghese benestante dalle numerose avventure erotiche. Per contrappeso, la figura della donna risulta svuotata di qualsiasi psicologia, assumendo tratti distintivi puramente estetici: bella o brutta, in un universo dove le donne si comportano tutte allo stesso modo, pretendono, ricattano e hanno in generale un atteggiamento viziato, che va accondisceso se sono avvenenti, sopportato o deriso se invece non lo sono.

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3. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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. " Power and the Objectification of Social Targets ", D.H. GRUENFELD, M.E. INESI, J.C. MAGEE, A.D. GALINSKY, in: «Journal of Personality and Social Psychology», vol. XCV, n. 1, 2008

. “Cosa è cambiato nelle strategie di marketing dei Cinepanettoni”, ANGELO DI PIETRO, NinjaMarketing, 10 gennaio 2011

. “Cinepanettone” pagina di Wikipedia consultata in data 3 gennaio 2013

. “Il cattivo gusto del (cine)panettone”, ANDREA CHINAPPI, L’intellettuale dissidente, 12 ottobre 2012

. “I cinepanettoni temono Avatar?”, NICOLA TORREGROSSA, BlogSicilia, 16 dicembre 2009

. “Il riscossa dei film di Natale”, CANDIDA MORVILLO, IoDonna, 23 ottobre 2012

. “Comicità femminile, ‘anche far ridere è più difficile per una donna’”, IRENE BONINO, DonnediFatto, 18 giugno 2012

. “Sorpresa: in tv la comicità è donna.”, MARIDA CATERINI, Panorama.it, 14 ottobre 2012

. “Donne e comicità”, ELISA CUTULLÈ, PassaParola Magazine, 22 febbraio 2010

. “Il piacere delle donne”, RiminiDonna, 13 aprile 2012

. “Alle origini della comicità”, FRANCESCA FELLETTI, Vogue Italia, 1 settembre 2010