Jules Verne - Le Paglie Rotte

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Racconto

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GIULIO VERNE

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LE

PAGLIE ROTTE

COMMEDIA IN UN ATTO

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VOLUME UNICO

MILANO CASA EDITRICE GUIGONI

Via, Manzoni 31 1882

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PERSONAGGI

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DI ESBARD. FRONTINO. RAUL di ELMONT. UNO SVIZZERO. ENRICHETTA di ESBARD. MARINETTA.

Rappresentata la prima volta nel Théatre Historique, il 22 Giugno 1850.

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Proprietà lettararia.

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LE PAGLIE ROTTE ____________________________________

ATTO UNICO.

La scena rappresenta una stanza riccamente ammobigliata. Un'alcova, a diritta dell'attore, con letto. Nel fondo una porticina a due battenti. A destra, avanti, una porta che mette agli appartamenti di servizio. A sinistra, avanti, una porta che mette ad un gabinetto di teletta. Un tavolo; indietro una finestra sopra giardino.

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SCENA I.

FRONTINO, MARINETTA.

(Marinetta legge vicino ad un tavolo).

FRONTINO (entra con due candelabri).

Come, a quest'ora la tavola non è ancora allestita?

MARINETTA.

Frontino!

FRONTINO.

Converrà provvederti di una domestica.

MARINETTA.

Frontino!

FRONTINO.

Quando non si fa niente tutta la santa mattina, per terminare il lavoro bisogna calcolar sopra…

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MARINETTA.

Frontino!

FRONTINO.

Frontino di qua, Frontino di là. — Perdio che perdo la pazienza; Marinetta vuole mettermi in tutte le salse! Sa il cielo però che non sono, ne sarò mai l'ammiratore dei suoi vezzi….

MARINETTA.

Ma…

FRONTINO.

Ma voi volete diventare la mia domestica e non sapete neppur fare un letto! alla vostra età! Dove è dunque il guanciale?… E come non vi venne l'idea di spiumacciare questo capezzale; perchè il signore vada poi in collera ed imprechi contro di noi, questa sera, di avere i piedi più alti della testa?

MARINETTA.

E bene! quando voi sareste il mio servitore?

FRONTINO.

Davvero! ciò sarebbe molto lusinghiero! il vostro servitore basta appena per sé! i vostri servizi li contate forse a dozzine? La ragazza! corpo di bacco! voi pettegolate troppo! Credete voi che io resti qui colle braccia conserte? voi mi cantate, amica mia, una strana canzone! Io servo, primo, il signore, secondo la signora, terzo l'intendente, e in quarto luogo gli amici della signora che sono accettati dal padrone! Servo, lavorando quindici ore tutti i giorni, trecento sessantacinque o sei giorni per anno! Servo il gatto, servo il cane e servo il pappagallo dandogli il biscotto del pospasto! Mi sembra dunque di essere occupato abbastanza per non prendermi di soprammercato l'onore di servirvi!

MARINETTA.

Ma la signora, il signore e gli amici da loro ricevuti, non vi

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danno anche dei buoni scudi?

FRONTINO.

D'accordo… ma contro di me, ho il nostro intendente che digrigna, il cane che mi morde, il gatto che mi graffia, il pappagallo che passeggia sul mio dorso cicalando, cara amica, e voi potreste benissimo fare altrettanto!

MARINETTA.

Frontino l'impertinente mi sposerà, lo giuro!

FRONTINO.

Non arrischiatevi di farne una scommessa! Avete voi una dote?

MARINETTA.

Noi l'avremo!

FRONTINO.

Sì, eh!

MARINETTA.

Un sacco ben rotondo!…. è questa la vostra idea favorita? Che cosa è dunque l'amore?

FRONTINO.

È un albero di cuccagna, sul quale chi si arrampica si stanca, e corre il rischio di perdere anche colui che guadagna. A meno che, per fortuna, cadendo nel primo tentativo non si rompa una gamba, o non si fiacchi il collo.

MARINETTA.

Chi non risica non rosica!

FRONTINO.

Rosicare che cosa, vi prego! il diritto di essere annoiati dallo scherzo! In fede mia, che bel mestiere che è quello di sposo! Guardate il signore d'Esbard?….

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MARINETTA.

Un avaro! un geloso! che si lagna con tutti perchè si digerisce troppo presto, e vorrebbe che si potesse ingrassare coll'acqua pura. Un uomo grosso e grasso, forte come il ponte nuovo, che taglierebbe un centesimo e scorticherebbe un pidocchio.

FRONTINO.

Comprendete dunque, che bizzarra unione di due caratteri opposti fa il matrimonio! Diavolo! pensateci! giacché io vi dico schiettamente, che questi disgusti non mi piacciono? Il matrimonio inasprisce sempre il carattere! Quando l'uno vuole parlare, l'altro non vuole tacere! Si va in collera, si disputa, si litiga, oppure l'uno non vuole parlare e l'altro non dice niente! Tutte queste noie mi vanno come il Marzo in quaresima. — Io, sono nato celibe e morirò celibe. Quando un uomo ed una donna dividono il pane ed il letto si può scommettere con sicurezza che se la donna è vecchia, la s'inganna di nascosto; che se lo sposo è vecchio, la cosa è bella e fatta, e che, se sono tutti e due della stessa età, e della stessa confidenza, s'ingannano tutti e due reciprocamente. L'imene è come una battaglia dove notte e giorno si inganna; quando la signora vuole questo, il signore glielo rifiuta. Per esempio, il signore d'Esbard vuole oggi condurre seco la sposa in provincia, e la signora ha detto di no, ma invece alla sua volta vuole certi bei diamanti; allora il signore glieli rifiuta; e da questo nascono dei battibecchi! Tu verrai? — Io l'avrò! — No, tu non l'avrai! E non si finisce più.

MARINETTA.

Difatti! Io ne ho la prova! la moglie del signore….

FRONTINO.

Tu vuoi dire la vedova, mentre giammai, che io creda!….

MARINETTA.

Tacete dunque, Frontino!

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FRONTINO.

Infine, che cosa ha fatto la signora?

MARINETTA.

Ebbene, l'altra mattina, il signore la tormentava ancora per questo viaggio ed ella ruppe la paglia, ed è il partito migliore, quando non si sa come finire dei lunghi alterchi!

FRONTINO.

Rompere la paglia!… Bisogna bene che io sia una gran bestia, se non capisco questo superbo partito!

MARINETTA.

Gran Dio non è possibile! Ti avrebbero nutrito di erba, mio povero spiritosone! e tuttavia è molto semplice, e, da Roma a Parigi, non vi è fanciullo che non faccia questo gioco. Attento che io ti spiego la cosa applicandola a noi stessi!

FRONTINO.

Ascolto!

MARINETTA.

Supponiamo… che tu voglia la mia bella cuffietta ed io il tuo vecchio cappello, e che noi ci rifiutiamo questo vicendevole regalo; in questo caso noi prendiamo e rompiamo una paglia, e da questo momento la guerra è dichiarata.

FRONTINO,

E dopo?

MARINETTA.

Se tu ricevi qualche oggetto dalla mia mano, tu perdi e io guadagno il tuo vecchio cappello; ed io se ricevo dalla mano tua qualche cosa…

FRONTINO.

Guadagno la tua cuffietta!…. benissimo! ma quale è la posta fissata tra la signora ed il signor d'Esbard?

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MARINETTA (calcando sulla parole).

Se egli riceve un oggetto dalla mano della signora egli perde e si sottomette a regalare i gioielli, secondo il desiderio della sua sposa, ma se egli riesce a fare accettare qualche cosa alla signora, questa, vinta a sua volta, obbedirà e partirà con lui per la provincia.

FRONTINO.

Magnifico mezzo per troncare le discordie coniugali. Il padrone in tutto non arrischia che un gioiello, mentre la signora arrischia la noia di andare, non so dove, con un vecchio marito che non è sempre allegro!

MARINETTA.

Sì, ma il signore perderà; la signora sa molto bene la sua parte! e quella donna, la quale ha avuto da Dio la minore quantità di spirito, ne ha sempre il doppio di suo marito!

FRONTINO.

È perciò che tu vuoi sposarmi! povera donna! ma tu perdi il tuo tempo!

MARINETTA.

Va bene! ecco la signora.

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SCENA II. DETTI ED ENRICHETTA.

ENRICHETTA - (entrando dal fondo).

Frontino, lasciateci! (Frontino esce dalla porta del fondo).

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SCENA III.

ENRICHETTA, MARINETTA.

ENRICHETTA.

Avvicinati! — Stavate disputando ancora!

MARINETTA.

Sissignora, sempre! quel mio futuro sposo è un gran bel tipo!

ENRICHETTA.

Lo sposi!

MARINETTA.

Signora, ciò che donna vuole il ciel lo vuole! è un vecchio proverbio; Frontino sarà mio marito, senza contare…..

ENRICHETTA.

Che cosa?

MARINETTA.

Gli etccetera.

ENRICHETTA.

Che cosa dici, Marinetta! quale orribile modo di parlare è il tuo?

MARINETTA.

Signora, mi è stato consegnato per voi un certo foglio…

ENRICHETTA.

Da chi?

MARINETTA.

Un gran facchino, un enorme valletto, che nascondeva nella mano un piccolo bigliettino.

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ENRICHETTA.

Che egli ti ha detto di consegnare?….

MARINETTA.

A voi stessa!

ENRICHETTA.

A me! (facendo delle difficoltà per prendere il biglietto). Ma da parte di chi?

MARINETTA.

Da qualcuno che vi ama!

ENRICHETTA.

Che maniere sono queste?

MARINETTA.

Ma in verità io non so niente, però io ho preso il biglietto, ed eccolo.

ENRICHETTA.

Va, dammelo (leggendo) è di d'Elmont.

MARINETTA.

Di d'Elmont?

ENRICHETTA.

Egli mi adora!

MARINETTA.

Ma chi è questo d' Elmont?

ENRICHETTA.

È ancora un fanciullo! egli sta per venir qui! Sono già tre anni che ci hanno separati e non 1'ho più veduto! è dragone; domani egli parte per la guerra.

MARINETTA.

È vostro parente?

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ENRICHETTA.

Sì, mio cugino, e mia madre voleva che ci sposassimo.

MARINETTA.

Bene, bene, bene! mi spiego benissimo ciò che vuole il dragone!….

ENRICHETTA.

Egli aveva diciannove anni! è un giovanotto appena, e il suo rozzo mestiere mi fa dispiacere; è così delicato, così timido, così dolce, che ai primi colpi, ohimè, certo me lo uccidono.

MARINETTA.

Educate dunque la gente perchè vadano a battersi e senza un profitto di sorta, per voi vadano a farsi tagliare in quattro; arricciateli, accarezzateli, amateli, per farne un bel giorno carne da cannone! la morte giuoca con essi come la palla coi birilli, e noi li ritroviamo, appoggiati su due stampelle, curvi, guerci, monchi, gottosi, pieni di cicatrici, ciechi, calvi, sordi e intieramente usati! Amore e onore sono due parole che non se la intendono fra di loro! Dunque, se volete darmi retta, o signora, prima della guerra approfittate dell'autore del biglietto, del gentile cherubino, fintanto che egli è completo, non si sa ciò che può accadere.

ENRICHETTA.

Ma pazza, e mio marito?

MARINETTA.

Che! che! il marito! parabola! allegoria! storia! aneddoto! romanzo! vecchio mobile fatto apposta per mettervi un giovine amante! ricevete il dragone e ci penso io!

ENRICHETTA.

Che rozzo consigliere! avrei molto da fare se ti ascoltassi! io vedrò questo fanciullo; ma come un semplice amico, come si vede un parente! Mi sembra ancora di sentirlo nel mio triste convento attraverso le inferriate dirmi: Io vi adoro! la sua

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bocca lo diceva più sommesso dei suoi occhi, perchè l'occhio, in amore, è ciò che parla meglio! io serbo ancora nel mio libro da messa delle povere violette e dei fiori di biancospino con delle margherite che egli coglieva, venendo, sulle rive della strada, e che portava alle labbra prendendomi la mano, e che io poi li nascondevo nei miei libri di studio, e che col lieto loro profumo popolavano la mia solitudine, di quei sogni dorati che fecero in tutti i tempi, fiutando dei fiori, le fanciulle di sedici anni! Così è di noi. Io ho soli diciannove anni, l'infanzia mi accarezza ancora col suo respiro; nessun amore ha cancellato questo amore nel mio cuore, io gli sorrido sempre, eppure tuttavia lo sento che mentre la fanciulla lascia il posto alla donna, nei solchi scavati nel fondo dell'anima, niente potrà germogliare in avvenire, che questa immensa speranza non è più che un ricordo! — Il mondo, vedi, è fatto così!… — Tutte le fanciulle hanno sognato degli amori eterni quando le inferriate del loro convento chiudevano al loro sguardo l'orizzonte, e tutte, freddamente, hanno visto in casa loro vicino al marito, seduto alla loro tavola, che mangiava, rideva e beveva, il cugino adorabile, quello che loro porgeva dei fiori e dal quale solo la morte avrebbe potuto dividerle.

MARINETTA.

Povero signor d'Elmont!

ENRICHETTA.

Tu lo compiangi, Marinetta?

MARINETTA.

Sì, la posizione mi sembra un poco troppo chiara e per il suo amor proprio e per il suo amore.

ENRICHETTA.

Ma ciò che io ti ho detto non lo dirò mai a lui.

MARINETTA.

Egli non è poi tanto da compiangere, il povero cherubino, giacché se voi sapeste fingere e ricevere da lui dei fiori come le

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altre volte, se voi tremaste ancora al dolce suono della sua voce e, se per meglio nascondergli una sì grande metamorfosi voi gli deste la mano e permetteste quello che gli permettevate allora in convento quando eravate fanciulla e che egli era un ragazzo, e le inferriate non essendo più fra voi due, o signora, voi potreste dargli ben altro che l'anima; e la pietà saprà in questo giorno trarvi molto più lontano di quello che mai non abbia saputo fare 1'amore.

ENRICHETTA.

Ti sbagli, io voglio dolcemente allontanarlo, senza che lui mi abbia nulla chiesto, ed io senza che nulla gli abbia detto. Egli vuole vedermi perchè parte domani. A questo povero soldato, che si mette in cammino, io faccio coraggio ed elemosina! È dunque un peccato essere pietosa?

MARINETTA.

Vada per la carità! che bella virtù quando si ha 19 anni e gli occhi celesti!….

ENRICHETTA.

Sai tu che cosa bisogna fare? perchè se mio marito sospetta!….

MARINETTA.

Ricevete il dragone!

ENRICHETTA.

Riceverlo?

MARINETTA.

Certo.

ENRICHETTA.

E se il signor d' Esbard….

MARINETTA.

Venisse, io nasconderei il giovinotto, o signora, e dopo, e dopo ve lo renderei (avvicinandosi alla porta del fondo) ah, signora, guardate!

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ENRICHETTA (raggiungendola).

Che cosa?

MARINETTA.

La bella ciera che ha il signore! Che bell'abito e che figura elegante! egli viene così vestito per sedurvi; signora, tenete duro!

ENRICHETTA.

Non temere di nulla!

MARINETTA.

Eccolo.

ENRICHETTA.

Va! (Marinetta esce dalla porta di destra).

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SCENA IV.

ENRICHETTA E D'ESBARD.

D'ESBARD (a parte).

Cerchiamo di guadagnare questo viaggio senza pagare!

ENRICHETTA (a parte).

Guadagniamo questi diamanti; lo scommetto che guadagnerò (forte). Sono a momenti le otto! voi siete già pronto! Ah! mi piace molto vedervi così come siete adesso.

D'ESBARD (a parte).

Comincia ad assediarmi! non facciamo delle bestialità!

ENRICHETTA.

Per bacco! voi camminate molto pettoruto, signore.

D'ESBARD.

Infatti, io sto bene, e questo è un bell'abito!

ENRICHETTA.

Su questa sedia posate il vostro cappello e giratevi un poco ch'io vi contempli comodamente.

D'ESBARD

(depone il suo cappello sopra una poltrona e si pavoneggia).

ENRICHETTA.

Voi siete magnifico e quell'abito vi deve costare molto.

D'ESBARD.

E certo, ma non è nulla il prezzo dell'abito per: entrare nelle grazie dei re!

ENRICHETTA.

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Sarete finalmente presentato questa sera al re di Francia? Spero, che presenterete me pure un giorno!

D' ESBARD.

Voi sarete uno dei più belli ornamenti della corte.

ENRICHETTA.

Sì, se mi comperate quei diamanti, oppure se io li guadagno!

D' ESBARD.

Oh! oh! è impossibile!

ENRICHETTA.

Bah! voi pure siete accessibile alle seduzioni!

D' ESBARD.

Oh, oh!

ENRICHETTA.

Questi diamanti mi starebbero tanto bene! Voi li avrete per tre mila scudi. È una miseria!

D'ESBARD (a parte).

Diavolo, una miseria! sono molto cari (forte) guadagnateli!

ENRICHETTA.

Vi prego, forse che per me non avete più nessuna galanteria? perchè quest'avarizia? e perchè rifiutarmi questo stipetto? Sono poi così…. Volete Un bacio? (offrendo la guancia) prendete!

D'ESBARD.

No, no, no, no!

ENRICHETTA (a parte).

Oh! il gioco che tu giochi ti costerà più caro di quello che tu credi! (forte) Le mie guancie Vi sono riconoscenti del rifiuto, perchè assolutamente non si può essere più discreti di voi.

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D'ESBARD (con malizia).

Né più maligni!

ENRICHETTA.

Andiamo via! giacché con voi non si può intendersi, andate, signore, andate, il re deve aspettarvi e sapete che non si deve mai mancare.

D' ESBARD.

Voi vi burlate di me! voi dovete odiarmi: ma io preferisco così!

ENRICHETTA.

Voi siete un avaro! già fra finanzieri la cosa non è rara. Il denaro nelle loro casse è come se fosse in una tomba! prendete ed andatevene (gli presenta il cappello). Ecco il vostro cappello, andate presto alla corte, perchè il tempo stringe, prendete….

D'ESBARD (suonando il campanello).

Frontino!

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SCENA V.

DETTI E FRONTINO (entrando dalla porta del fondo).

FRONTINO.

Signore!

D' ESBARD.

Prendi ciò che la tua padrona ha in mano.

FRONTINO (prendendo il cappello).

Il cappello del signore?

D'ESBARD.

Precisamente, e mettimelo in testa.

FRONTINO (dopo avercelo messo.)

Ed ora?

D'ESBÀRD.

Ed ora, vattene! (Frontino esce dalla porta di fondo).

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SCENA VI. ENRICHETTA, D'ESBARD.

D' ESBABD.

Credete voi che io abbia ben giuocato?

ENRICHETTA.

Avrò molto da fare per vincere un così forte avversario! Ma non è tutto finito!

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D'ESBÀRD.

Io me ne vado subito allora! Sono più sicuro di me quando sono fuori di casa. Addio, signora!

ENRICHETTA.

Addio! (Esbard si avvia per uscire). Scusate se io vi richiamo, vi servite voi domani della nuova carrozza?

D' ESBARD.

No.

ENRICHETTA.

Mi permettete di servirmene, vi prometto che non la guasterò!…

D'ESBÀRD.

Mio Dio! servitevene! non ho già paura che la mia vettura si guasti! voi potete romperla se ciò vi diverte.

ENRICHETTA.

Ah! come siete galante e generoso, ciò vi farà male.

D'ESBARD.

Noi potremmo essere felici se voi lo voleste, Enrichetta!

ENRICHETTA.

E che cosa bisognerebbe fare?

D' ESBARD.

Ah! voi lo sapete bene.

ENRICHETTA.

Sempre la stessa cosa… lasciar Parigi? no, mai.

D'ESBARD.

Io conosco un bel paese….

ENRICHETTA.

È possibile, ma io preferisco Parigi.

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D'ESBARD.

Laggiù, si si trasforma….

ENRICHETTA.

In ova fresche, in latticinii, che potrebbero guastarsi nei giorni di temporale.

D'ESBARD.

Ciò sarebbe divertente!

ENRICHETTA.

È la ventesima volta che voi mi proponete questo piacere. Nei vostri boschi andatevene solo! Io resto!

D'ESBARD.

Suvvia, Enrichetta mia, tu vuoi questi diamanti! ebbene! io te li compero, se acconsenti a seguirmi laggiù.

ENRICHETTA.

Tenetevi i vostri diamanti, o signore, non li voglio! voi li vendete troppo cari! preferisco la scommessa che potrà darmi per niente questo ornamento!

D'ESBARD.

Se vincerete voi!

ENRICHETTA.

Io guadagnerò sempre. Lasciandovi partire solo potrò almeno restare qualche giorno senza vedervi. (tosse). D'altra parte sono troppo raffreddata per espormi all'aria.

D'ESBARD.

Oh povera amica! dove avete preso questo brutto raffreddore?

ENRICHETTA.

Vivendo con voi,

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D'ESBARD.

Bisogna curarvi!

ENRICHETTA.

Allora andatevene!

D'ESBARD.

Che fretta avete di vedermi lontano!

ENRICHETTA.

Conoscete voi qualche pastiglia che guarisca la tosse affinchè me la faccia comperare?

D'ESBARD (con gioia).

Oh non c'è bisogno, perchè ne ho sempre con me.

ENRICHETTA.

Vediamo! (D'Esbard porge la scatola) permettete ch'io ne prenda?

D'ESBARD.

Come? S'io lo permetto! questa scattola è tua carina, prendila dunque!

ENRICHETTA.

Che! voi me la date?

D'ESBARD.

Sì, certo.

ENRICHETTA.

Questa sera voi mi date tutto, voi mi stupite!

D'ESBARD.

Prendete!

ENRICHETTA (avvicinando e ritirando la mano).

Siete sicuro che questa pastiglia è buona per il mio raffreddore?

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D'ESBARD.

Il medico la ordina!

ENRICHETTA (come sopra).

Ma da qual confettiere la comperaste?

D'ESBARD.

In fede mia da quello del re!

ENRICHETTA (come sopra).

Dal confettiere del re! quello precisamente che mi piace tanto.

D'ESBARD.

Prendete!

ENRICHETTA (come sopra).

Ma ditemi quanto costa questa pastiglia!

D'ESBARD.

Perchè?

ENRICHETTA.

Lo voglio.

D'ESBARD.

Uno scudo.

ENRICHETTA (come sopra).

È molto caro! è dolce o amara?

D'ESBARD.

È dolce!

ENRICHETTA.

È dolce, allora non resisto! (suona).

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SCENA VII.

DETTI E MARINETTA.

D'ESBARD.

Ebbene, che cosa fate?

ENRICHETTA.

Chiamo Marinetta (a Marinetta); dammi quella scattola.

MARINETTA.

Ah! eccola!

ENRICHETTA.

Benissimo!

MARINETTA.

Che cosa è?

ENRICHETTA

(prendendo la pastiglia dalla scatola). Dei dolci per il raffreddore!

MARINETTA.

Guarda! guarda! il padrone si mette in spesa di dolci per sua moglie! molto bene, signore!…. posso prenderne, signora?

ENRICHETTA.

Sei tu raffreddata?

MARINETTA.

Oh, no! ma è dolce e ciò mi guarirà dal raffreddore venturo.

ENRICIIETTA (prendendo la scatola delle pastiglie).

Questi dolci sono squisiti! Bisogna che io ne prenda ancora. Tante cose al re!

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D'ESBARD.

Hum!

MARINETTA.

Altrettante alla regina! (Marinetta ed Enrichetta si dirigono verso la porta di destra)

D'ESBARD.

Rendetemi almeno la scattola.

ENRICHETTA (offrendogli la scatola).

Ma come! eccola.

D'ESBARD (RITIRANDO LE MANI).

Marinetta prendila.

MARINETTA (prendendola ed intascandola).

Grazie, signore, grazie! (Enrichetta e Marinetta escono).

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SCENA VIII.

D'ESBARD solo.

Che indegna scommessa! che Dio mi perdoni, si dà quando si perde e si dà per guadagnare. Eccomi sbeffato, giuocato, battuto, vinto, senza contare che ci sono oramai caduto per uno scudetto! (suona).

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SCENA IX. DETTO E FRONTINO.

FRONTINO (entrando).

Il signore mi ha chiamato?

D'ESBARD.

Voi no, ho chiamato Marinetta.

FRONTINO.

Il signore dunque non esce?

D'ESBARD.

No, ho male di testa, va e cercami questa ragazza. Hai capito?

FRONTINO.

Sì, ho capito.

D'ESBARD.

Che cera hai questa sera? ebbene, dunque?….

FRONTINO.

Vado (Frontino si volta per andarsene).

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D'ESBARD (richiamando Frontino).

Che cosa è, Frontino? vieni, te ne prego! girati un poco! (vedendo che ha le mani legate dietro la schiena). Che sorta di scherzi!

FRONTINO.

Scusatemi, signore, io non ischerzo, io non sarei riuscito a far questo.

D'ESBARD.

In questo caso parla! rispondi! Chi dunque vi ha fatto la burla di legarti le mani?

FRONTINO.

Signore, fu il vostro svizzero, uomo di molto buon senso, che se avesse succhiato al seno della scienza sarebbe salito ben alto!

D' ESBARD.

Ma perchè questa legatura?

FRONTINO.

Signore, ecco come sta la cosa! Ho rotto come voi una paglia, e mi espongo, se non istò attento, a perdere in questa scommessa, il diritto di burlarmi d'ora in avanti dei mariti.

D' ESBARD.

Io non ti capisco!

FRONTINO.

A mio rischio e pericolo, sono costretto a nozze colla Marinetta! essa mi sposa se… io perdo, se io ricevo dalla sua piccola mano cosa qualsiasi. E sebbene, guadagnando la scommessa, io mi sottragga al suo amore, davanti al colpo col quale il destino potrebbe cogliermi, ogni risata e ogni spiritosità sono fuori di posto.

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D' ESBARD.

Se non è che questo!

FRONTINO.

Signore, è abbastanza.

D'ESBARD.

Chi dunque ti ha potuto sollevare contro il matrimonio?

FRONTINO (gravemente).

Come lo sfortunato pescatore di conchiglie cola al fondo dei mari e sovente non prende dalle onde che egli sfida che un ciottolo senza valore. Tale è lo sposo insensato, lo sciocco, il cialtrone, egli non porta a casa, molte volte che una conchiglia d'ostriche e considerandola troppo tardi con dispiacere vede che non ha trovato nulla di ciò che egli sperava. Così parlava mio padre; ed io gli credo! Quando il vino è spremuto bisogna berlo fosse anche un vinello, e il partito più saggio è quello d'inebbriarsene. Mio padre era uomo di grande esperienza e sapeva che sopra 200 mariti, senza contare i morti, 180 sono… ciò che non si potrebbe essere restando celibe.

D'ESBARD.

Queste prospettive sono molto poco seducenti!

FRONTINO.

Le cifre sono esatte.

D'ESBARD.

Frontino, tu mi spaventi! tuo padre esagerava; non gli si può credere!

FRONTINO (con tutta serietà.)

Mio padre…. non ha voluto ammogliarsi.

D'ESBARD.

Eh, per me! signor Frontino, ti credo ipocondriaco! vi sono delle donne oneste delle quali si potrebbe garantire; la signora

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d'Esbard….

FRONTINO.

Ah! non dico più nulla… non parlo che di me!

D'ESBARD.

Per conto tuo solamente! benissimo! Giacché questa Marinetta, fisicamente parlando è svelta!

FRONTINO.

E moralmente! dunque! di una vivacità, di un brio!

D' ESBARD.

È delle più facili a sedurre al minimo desiderio, in modo, che la sua virtù fuggirebbe portata sopra le ali del zeffiro fino all'estremità della terra e forse più lontano ancora; tanto io la credo leggiera.

FRONTINO.

Sopra le ali del zeffiro! oh, signore! giudicate dunque di ciò che diverrebbe nei giorni che soffia l'aquilone! di modo che per la servetta tengo le mani legate.

D'ESBARD.

Ma ora chi mi servirà?

FRONTINO.

Marinetta!

D' ESBARD.

Sarei molto ben servito! non ostante voglio sapere, col suo mezzo, i desideri di Enrichetta.

FRONTINO.

Questo è attraente!

D'ESBÁRD.

Vorrà poi ella parlare?

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FRONTINO.

E un molino che va continuamente anche quando non soffia il vento.

D'ESBARD.

Benissimo, va a cercarla.

FRONTINO.

Sopratutto prendetela colle buone!

D'ESBARD.

Sta in guardia, Frontino, per non romperti il collo (Frontino esce dalla porta di destra).

________________

SCENA X. D'ESBARD solo.

Questo Frontino mi ha detto delle grandi verità! I mariti ingannati non sono certo una leggenda. Se dovessi anch'io un giorno trovarmi in questo numero?… Questo Frontino mi ha detto delle grandi verità!

________________

SCENA XI DETTO E MARINETTA (entrando dalla diritta).

MARINETTA.

Il signore mi domanda?

D'ESBARD.

Accostati, Marinetta.

MARINETTA.

Page 31: Jules Verne - Le Paglie Rotte

Il signore non esce?

D'ESBARD (prendendola il mento).

Sempre più graziosa! sovente ti ho dato….

MARINETTA.

Mai niente! mai niente!

D'ESBARD.

La prova che più tardi ti vorrei bene. Ti prometto più ancora!…

MARINETTA.

Ah! questo è troppo poco!

D'ESBARD.

Marinetta, quale sarà mai il motivo per il quale mia moglie sembra disgustata meco!

MARINETTA.

Perfettamente.

D'ESBARD.

Quale dunque?

MARINETTA

E perchè voi siete vecchio.

D'ESBARD.

Mi nasce un dubbio!

MARINETTA.

Non ve ne nasce che uno?

D'ESBARD (a parte).

Ah! (forte) se Enrichetta rifiuta di seguirmi ha certo un motivo secreto! Tutto ciò che desideri io te lo darò se saprai illuminarmi.

Page 32: Jules Verne - Le Paglie Rotte

MARINETTA (prendendo la candela).

Io vi illuminerò!

D'ESBARD.

Tu che la conosci molto bene, dimmi un poco ciò che Enrichetta desidera!

MARINETTA.

Ah! caspita!… ella desidera i vostri diamanti!

D'ESBARD.

Lo so! ma qualche cosa ancora di un prezzo inferiore.

MARINETTA.

Questo potrebbe essere in oro?

D'ESBARD.

Hum!…

MARINETTA.

Ma infine, perchè queste domande?

D'ESBARD.

Per l'onore dei mariti! ella ha un certo cugino…

MARINETTA.

Se ella ha un cugino non vogliate per questo percuoterla; io signore, ne ho quattro dei cugini, tutti giovani, tutti belli e quando verrà il tempo opportuno, io spero che Frontino, signore, sarà contento di averli.

D'ESBARD.

Vorrei dunque sapere….

MARINETTA.

Sì, voi volete sapere ciò che desidera vostra moglie per sorprenderla!

Page 33: Jules Verne - Le Paglie Rotte

D'ESBARD.

Appunto questo! Qualche oggetto di piccolissimo valore!

MARINETTA.

E non ostante di apparenza galante e seducente.

D'ESBARD (a parte).

Una volta recitata la commedia, me lo farò restituire.

MARINETTA.

Voi non le dareste un nulla se questo si potesse prendere!

D'ESBARD.

Hai ragione!

MARINETTA (cercando).

Questo è assai difficile, però si potrebbe trovare.

D'ESBARD (anch'egli cercando).

Cerca, fanciulla mia.

MARINETTA (battendosi la fronte).

Eh cerco!

D'ESBARD (fra il timore e la speranza).

Trovi tu?

MARINETTA.

Faccio il possibile!… ecco! Se voi le regalaste un'altra domestica che servisse Marinetta?

D'ESBARD (alzando le spalle).

Mai!

MARINETTA.

Ecco! Se voi le regalaste il vostro cuore! zitto! piano! Hem?

Page 34: Jules Verne - Le Paglie Rotte

D'ESBARD.

Ci vorrebbe un oggetto di piccolo volume che si potesse chiudere in mano.

MARINETTA (ridendo).

Delle pastiglie per il raffreddore.

D'ESBARD.

Ah ragazza! questo è un burlarsi di me.

MARINETTA.

Vi dichiaro di non trovar nulla e perchè io, Marinetta, non ho trovato nulla, voi pure non troverete niente.

D'ESBARD.

Come è stupida questa ragazza (sì dirige verso il fondo).

MARINETTA.

Sopra tutto non le regalate né cagnolini, nò buffoni, perchè in tutti gli angoli della casa ce ne sono in abbondanza.

D'ESBARD (esce furibondo).

________________

SCENA XII. MARINETTA sola.

(Marinetta si avvicina alla finestra della Galleria). Se ne va furioso, rosso come un pomo! con a fianco Frontino. Se sapesse, il buon uomo, che in quei paraggi deve aggirarsi un certo cuginetto, egli sarebbe ancora più rosso! Ecco Frontino che ritorna colle mani legate e la carrozza del padrone che si allontana! Mi sembra bene di scorgere qualche cosa che assomiglia a un amante, strisciare laggiù tra le piante! si avvicina! non mi sbaglio! spiava che lo sposo se ne andasse! (venendo avanti)

Page 35: Jules Verne - Le Paglie Rotte

ah, perchè non ho anch' io il mio cherubino dalla fronte bianca come la neve! (si fa sul davanti della scena).

________________

SCENA XIII. MARINETTA, RAUL.

RAUL (abbracciando Marinetta).

Ecco!

MARINETTA.

Che cosa è, signore! imparate se vi accomoda…

RAUL.

Tuo marito, sono certo, deve essere grosso stupido, brutto e rosso come un tramonto di settembre…

MARINETTA.

Signore, che cosa volete?

RAUL.

Una cameriera che si chiama Marinetta.

MARINETTA.

Sono io. RAUL (abbracciandola ancora).

Sei tu Marinetta? ebbene, ecco per te!

MARINETTA.

Signore!…

RAUL

Va a dire subito alla tua padrona che quello stesso che ella attende, è qui!… e ciò preme.

MARINETTA.

La mia padrona non aspetta nessuno.

Page 36: Jules Verne - Le Paglie Rotte

RAUL.

E il cugino d'Elmont?

MARINETTA.

Siete voi?

RAUL.

Per Bacco!

MARINETTA (sortendo dalla diritta).

Ah, ecco il cherubino di cui parlava la signora! all' inferno se ne friggono di più dolci di questo!

RAUL.

Sbrigati, figlia mia!

________________

SCENA XIV.

RAUL solo.

RAUL.

Finalmente rivedrò la mia bella educanda e noi ci ameremo come allora! come allora? che dico io mai? per tutti i diavoli! assai meglio di allora?

________________

SCENA XV.

RAUL, ENRICHETTA.

ENRICHETTA (entrando dalla destra).

Che dice Marinetta… ah, Raul!

RAUL.

Per tutti gli Dei, viva il giardiniere che coltiva in questo luogo

Page 37: Jules Verne - Le Paglie Rotte

un sì bel fiore!

ENRICHETTA.

Ah, quanto sono contenta di vedervi! e quanto sono contenta che vi piaccia sacrificare un breve momento….

RAUL.

Mettiamolo dunque a profitto. Mi si ama tuttavia.

ENRICHETTA.

Come se vi si ama?

RAUL.

Sì una volta mi si amava! Si ama forse meno Malbroug perchè va alla guerra? Ora che sto per diventare un Turenne, un Vauban, un conquistatore di città.

ENRICHETTA.

Oh quali modi ha imparato mio cugino — oh, Raul, che peccato?

RAUL.

Mi trovate migliore di prima, non è vero?

ENRICHETTA.

Ahimè!

RAUL.

Sicuro, tre anni di guarnigione fanno di un figlio di famiglia un perfetto soldato, quando egli sappia approfittare delle lezioni che gli danno le donne dei luoghi dove egli è stato di guarnigione.

ENRICHETTA.

Qual tono, quali parole!… voi dimenticate… RAUL.

Al contrario, io mi ricordo e m'inginocchio ai vostri piedi! eccomi! ragioniamo!… Tempo fa il cugino aveva fatto breccia

Page 38: Jules Verne - Le Paglie Rotte

nel vostro cuore, o signora; voi gli tendevate una mano che egli baciava con tenerezza; qualche volta, perfino, attraverso il cancello, la vostra fronte, rossa di pudore, ma calda di febbre, si sporgeva per venire incontro alle sue labbra; e le sue labbra toccando quella fronte dicevano sotto voce « Enrichetta, e chi mai non vi amerebbe? » e voi, o suprema felicità, voi rispondevate « O voi non mi amate quanto io vi amo! » Ebbene, dal momento che è stato detto e che è stato risposto, il dirlo di nuovo sarebbe tempo perso, o signora, e a mio giudizio, il meglio è riprendere le cose al punto dove le abbiamo lasciate. Ora noi le abbiamo lasciate a mezzo, vi offro la mano per condurle a termine.

ENRICHETTA.

Avete dimenticato, m'immagino, con chi parlate.

RAUL.

Abbiamo perduto molto tempo, cugina, bisogna riguadagnarlo.

ENRICHETTA.

Siete pazzo? riflettete un poco, o signore, e pensate dove siete.

RAUL.

Ma io sono vicino a voi, mi sembra, e felice che il caso mi abbia riavvicinato alle 9 della sera, in casa del mio carissimo cugino, il signor d'Esbard, un uomo grasso, grosso, rotondo come una botte, che è partito or ora per andare alla corte, la di cui moglie, in altri tempi, mi adorava. Ebbene, che mi dite, o signora, sono pazzo, o sono savio?

ENRICHETTA.

Signor d'Elmont, è vero… vi amavo.

RAUL.

Maledetto il vostro matrimonio!

ENRICHETTA.

Però il mio amore non vi ha mai dato un tal pegno da

Page 39: Jules Verne - Le Paglie Rotte

permettervi di usare con me un simile linguaggio.

RAUL.

Ah, sì voi mi parlavate di stelle, di fiori ed io bagnavo le vostre mani colle mie lagrime, di quelle lagrime colle quali, il timido amore si placa; ma allora io avevo 19 anni e voi ne avevate 16 e noi nulla conoscevamo delle dolci verità e dei secreti di amore, che col tempo abbiamo imparati. Ma da allora ho scoperti tanti misteri nei cieli azzurri, ho contate tante stelle, ho seminati tanti fiori sopra orme adorate! ho tanto pianto su belle mani! che a forza di piangere la mia pupilla è arida, che a forza di brillare il mio firmamento è muto, che a forza dì fiori il mio giardino è avvizzito… Trattatemi adunque, o cugina, da uomo rovinato il quale, a chi vuole navigare sul terreno, risponde: il cammino è troppo lungo ed io non posso aspettare.

ENRICHETTA.

Ebbene, non aspettate, o signore, non sono già io che vi ha chiamato qui.

RAUL.

No, affé mia! sono io che, ignorando che la fortezza era presa, sono venuto a conturbarvi… scusate dell'errore!

ENRICHETTA.

Che la fortezza è presa?

RAUL.

Sì!

ENRICHETTA.

Scusate, spiegatevi a vostra volta, o signore!

RAUL.

È chiaro, il mio ritorno disturba un certo progetto, che una certa cugina non vuole confessare, ma che io indovino.

ENRICHETTA.

Un certo progetto?

Page 40: Jules Verne - Le Paglie Rotte

RAUL.

Vediamo! parlatemi francamente… A che giova disturbarvi?… noi abbiamo un amante e il povero cugino arriva troppo tardi; insomma l'errore è mio!… cugina, è almeno un buon gentiluomo il mio successore?

ENRICHETTA.

Signore!

RAUL.

Ha un bel aspetto? vi prevengo che se non è almeno duca o pari, io reclamo!

ENRICHETTA.

Oh, Raul, quale infamie mi dite!

RAUL.

Noi conosciamo le donne e sappiamo che il disprezzo che esse hanno per uno deriva dall' amore che hanno per l'altro.

ENRICHETTA.

Ma che io ami qualcuno o no che cosa v'importa?

RAUL.

Il giovane affetto è dunque morto nel vostro cuore? Ah! eterni giuramenti che durate un sol giorno.

ENRICHETTA.

Sì, tutto passa, o signore, tutto muore anche l'amore!

RAUL.

Nel più profondo dell'animo con gioia si sepellisce; e il vostro cuore deve essere un cimitero… potrei del mio epitaffio conoscere il tenore? sapere se di una tomba mi abbiate concesso l'onore, se nei vostri giorni velati di tristezza fastidiosa di una lagrima repressa questa tomba sia stata bagnata? Se io, sebbene vinto, fra i miei rivali abbia qualche cosa che mi distingua? o se abbandonandomi alla mia povera

Page 41: Jules Verne - Le Paglie Rotte

sorte, io giaccia semplicemente nella fossa comune?

ENRICHETTA.

Voi non siete in nessun luogo.

RAUL.

Questo è poco consolante! — dunque è molto geloso il signore che mi rimpiazza.

ENRICHETTA.

Gelosissimo.

RAUL.

Lo compiango.

ENRICHETTA.

E perchè?

RAUL.

Povero uomo, avrà molto da fare e sarei curioso di vedere come se la cava.

ENRICHETTA.

Benissimo!

RAUL.

Ha dunque dello spirito?

ENRICHETTA.

Moltissimo, signore.

RAUL.

Ed è….

ENRICHETTA.

È mio marito.

RAUL.

Come, voi amate il signore d'Esbard?

Page 42: Jules Verne - Le Paglie Rotte

ENRICHETTA.

Io l'amo.

RAUL.

Dal primo giorno?

ENRICHETTA.

Da quel giorno stesso.

RAUL.

Ma voi mi ricevete quando appunto egli esce!

ENRICHETTA.

Ma se io vi ho ricevuto non è stato per altro che per avvertirvi che d'ora in avanti la mia porta è chiusa per voi!

RAUL.

Suvvia! avrò sempre qualche cosa da portar meco di questo dolce colloquio.

ENRICHETTA.

E che cosa?

RAUL.

La convinzione che si ama il proprio sposo per… (esita)

ENRICHETTA.

Per?…

RAUL.

Per il suo denaro. Che il cuore fa da usuraio, e che in questo caso il vostro fa ancora di più. Che una fanciulla può vendere il suo cuore di sedici anni a chi le farà suonar davanti dei sacchi molto pesanti; che per non esser da meno in generosità, dopo di aver dato il fiore della sua giovinezza, la bella dovendo troncar un amore appena sbozzato, amerà anche suo marito! Ho io ben compreso, signora, ciò che volevate dire? — Un altro ne piangerebbe, io preferisco riderne. — Ridiamone tutti e due

Page 43: Jules Verne - Le Paglie Rotte

perchè finalmente in verità questa deve esserne la morale! Come voi non ridete? —

ENRICHETTA.

Oh! io cedo le armi. Voi siete il più forte. — (piange)

RAUL.

Avete ancora delle lagrime. — È sempre qualche cosa.

ENRICHETTA.

Oh signore!

RAUL.

Voi piangete?

ENRICHETTA. (scoppiando)

Ma voi lo vedete bene che io piango.

RAUL.

Oh! Enrichetta, sì, io sono un miserabile! — L'uomo che, come me fa piangere una donna è un vile.

ENRICHETTA (volendo alzarsi)

Sta bene!

RAUL.

Ne io resto ai vostri piedi e bacio le vostre mani; voglio che ora di me sappiate tutta la verità. Oh! perdono mille volte! — Fu una falsa vergogna che mi ha spinto a parlare come ho fatto! Io non sono tale, non sono perfetto, ma ho sempre del cuore e sempre vi amo! Ciò che voi avete veduto di me non mi appartiene! Il mio orgoglio mi teneva come in una prigione. — Perciò, sciocco che io era! mi credevo forzato di usare della forma dei discorsi di caserma, di vestir questo amore della mia montura, di far risuonare davanti a voi il mio scetticismo coi miei speroni servendomi di bestemmie e di nascondere, per avere dell'importanza, la mia troppa timidità sotto l'impertinenza. — Dopo tre anni passati lontano da voi credetti che se voi mi aveste riveduto come già mi avevate visto avrei

Page 44: Jules Verne - Le Paglie Rotte

avuto l'aspetto di un semplicione, e per ciò volli sembrare ciò che non era e ciò che non so essere. Ecco la verità, o cugina, ne volete un'altra prova? — Io sono ai vostri ginocchi come là al convento. Ecco la mia mano trema come tremava quando noi eravamo assieme. Il mio cuore batteva! ebbene ora batte. Ascoltate! La mia voce è commossa come altra volta. Io sono giovane e non ho nulla perduto della mia giovinezza! io vi amo, e della mia tenerezza non ho nulla perduto! Dicono che siano trascorsi tre anni, ma non è vero! Noi ci siamo divisi nei primi giorni di maggio ed ecco che maggio fiorisce. Lungo la via io coglievo dei fiori per voi, non è vero? Senza dubbio voi ve ne ricordate? Ebbene, ecco dei fiori che vi porto. Non sono giusti i colori che voi preferivate? E sembrano secchi perchè li avevo nascosti nel mio seno, ma avvicinandoli un poco alla vostra fronte essi risorgeranno come sotto al sole? Ebbene sono io cangiato, o sono ancora lo stesso?

ENRICHETTA.

Ah! sì, sì, Raul, io credo di amarvi!

________________

SCENA XVI. DETTI E MARINETTA.

MARINETTA.

Ecco il padrone!

ENRICHETTA (alzandosi)

Mio Dio! fuggite!

MARINETTA (nascondendolo nel gabinetto).

Per di qua…. (Raul si nasconde)

ENRICHETTA.

Che fai?

Page 45: Jules Verne - Le Paglie Rotte

MARINETTA.

Lo nascondo.

ENRICHETTA.

E la chiave?

MARINETTA.

Eccola!

________________

SCENA XVII. DETTI, D'ESBARD E FRONTINO, (colle mani legate)

D'ESBARD (entrando dal fondo).

Fu veduto.

FRONTINO.

No.

D' ESBARD.

Lui.

ENRICHETTA.

Chi?

D' ESBARD.

La signora mi interroga quando nella sua stanza si trova un amante. — Quando la signora invita a simili colloqui degli arditi amanti che non sono il suo sposo! Perdio! Se questo ladro ha rubato l'onore del padrone egli non è ancora fuggito dalla finestra, egli è qui!

MARINETTA.

Egli! finalmente è un pronome!

Page 46: Jules Verne - Le Paglie Rotte

D'ESBARD.

Che cosa importa il pronome quando questo è maschile.

ENRICHETTA.

Ma, signore!

D'ESBARD

Tacete! — Marinetta, fedeli…. piccioni portatori di biglietti sotto l'ali.

MARINETTA.

Ma, signore!

D'ESBARD.

Tacete!….. E colui che si crede obbligato dal suo sesso di mostrarsi furbo, lasciandosi sedurre da una pettegola presta all'amante la schiena perchè questi se ne serva da scala! — Sventura a te, Frontino, imperocché altri ti faranno arrampicare la vergogna fino alla fronte.

FRONTINO.

Ah! signore!

D' ESBARD.

Tacete! Sono informato di tutto dallo Svizzero.

MARINETTA.

Egli si inganna.

D' ESBARD.

Basta! Che tutto ciò finisca! Il mio Svizzero sa spiare molto bene, perchè da poco tempo si è rimaritato: (a Enrichetta) Il vostro amante è qui?

ENRICHETTA.

No, signore!

Page 47: Jules Verne - Le Paglie Rotte

D'ESBARD.

È falso! Egli è qui, perchè io lo giuro! Rispondete senza mentire, altrimenti io non so a qual punto potrà giungere la mia collera! — Il vostro amante è nascosto!

ENRICHETTA.

Sì, signore!

D' ESBARD.

Vedete come la perfida mentiva! Dunque? chi è quest'uomo? È vostro cugino?

ENRICHETTA.

Sì!

D'ESBARD.

Questo d'Elmont libertino, arrivato oggi stesso?

ENRICHETTA.

Sì.

D'ESBARD,

L'avete nascosto?

ENRICHETTA.

Sì!

D'ESBARD (guardando il gabinetto).

Là?

ENRICHETTA.

Sì.

D'ESBARD.

Sì! la chiave!

ENRICHETTA.

No! no!

Page 48: Jules Verne - Le Paglie Rotte

D'ESBARD (irritato).

La chiave, vi dico!

ENRICHETTA.

Grazia!

D' ESBARD.

Io voglio la chiave!

ENRICHETTA.

No! No!

D' ESBARD.

Ho le vertigini! La chiave!

ENRICHETTA.

Voi l'uccidereste! no!

D' ESBARD.

Questo braccio è potente!

ENRICHETTA

Grazia! grazia!

D' ESBARD.

La chiave! Ho bisogno del suo sangue! (strappando la chiave dalle mani di Enrichetta). Ah! finalmente!

ENRICHETTA (ridendo).

Ah! ah!

D' ESBARD.

del mio delirio….

ENRICHETTA.

Ah! ah! ah!

D' ESBARD.

Perdio, signora, si osa ridere!

Page 49: Jules Verne - Le Paglie Rotte

ENRICHETTA.

Ah! ah!

D' ESBARD.

Che cosa è dunque?

ENRICHETTA.

Ah! ah!

D'ESBARD.

Rispondetemi!

ENRICHETTA.

Non lo posso! ah! ah! ah!

D' ESBARD.

Perchè?

ENRICHETTA.

Ah! io soffoco!

D'ESBARD.

Ebbene?

ENRICHETTA.

Aspettate che mi calmi!

FRONTINO.

He! he!

D'ESBARD.

Frontino!

FRONTINO.

He! he!

D'ESBARD.

Io…

Page 50: Jules Verne - Le Paglie Rotte

FRONTINO.

He! he! he!

D'ESBARD.

Ti scaccio!

MARINETTA.

Hi! hi!

D'ESBARD.

Marinetta, per Dio la vedremo!

TUTTI TRE.

Ah! he! he! hi! hi! noi soffochiamo!

D'ESBARD (andando verso il gabinetto).

Oh! io vi castigherò senza pietà! ve lo giuro!

ENRICHETTA (fermandolo).

Spero che il signore vorrà comperarmi quei brillanti?

D'ESBARD.

I vostri brillanti! che cosa!

ENRICHETTA.

Voi siete tutto sconvolto! voi avete, signore, ricevuto dalle mie mani la chiave!

FRONTINO.

He! he! he!

D'ESBARD.

Ah, è vero! ho perduto; davvero, signore, che voi avete recitato molto bene la vostra parte! questa chiave. Oh! oh! oh! io che credevo davvero che voi aveste colà chiuso il vostro amante! allora io sono vinto!….

FRONTINO.

He! he!

Page 51: Jules Verne - Le Paglie Rotte

D'ESBARD.

Il giuoco è buono e Frontino e Marinetta oh! oh! io vi perdono! oh! oh! (a parte). Che dente mi hanno strappato!

ENRICHETTA.

I brillanti sono miei.

D'ESBARD.

Vado a prenderli…. oh!…. (esce).

________________

SCENA XVIII. MARINETTA, FRONTINO, ENRICHETTA poi RAUL.

FRONTINO.

…Credere che un amante è…

ENRICHETTA.

Uscite subito….

RAUL.

Ma vi rivedrò, non è vero?

ENRICHETTA.

Fuggite presto, mio marito sta per ritornare, e noi saremmo perduti se egli vi trovasse qui!

RAUL.

Voi non mi serbate rancore?

ENRICHETTA.

No!

RAUL.

Voi mi amate sempre?

Page 52: Jules Verne - Le Paglie Rotte

ENRICHETTA.

Sì!

RAUL.

Io ne voglio una prova!

ENRICHETTA.

Ricominciamo un secondo tentativo?

RAUL.

Non voglio che una sola parola!

ENRICHETTA.

Dite!

RAUL.

Mi scriverete?

ENRICHETTA.

Giammai!

RAUL.

Allora io resto!

ENRICHETTA.

Tutto ciò che voi vorrete, ma partite!

RAUL.

Sì, parto!

MARINETTA (a parte).

Ah, non è senza, dolore!

ENRICHETTA.

Addio!

RAUL.

Il mio reggimento va in Lorena domani!

Page 53: Jules Verne - Le Paglie Rotte

ENRICHETTA.

Bene! la Lorena!

RAUL.

Scrivetemi laggiù! non dimenticatemi!

MARINETTA.

Oh! non lo dimenticherà!

ENRICHETTA (spingendo Raul).

Partite! (escono).

________________

SCENA XIX. MARINETTA e FRONTINO.

FRONTINO.

He! he! Questo marito che s'inganna!

MARINETTA.

Frontino!

FRONTINO.

Lasciarsi prendere da un cosi semplice inganno!

MARINETTA.

Frontino!

FRONTINO.

Mi si offrirebbero invano 36 chiavi! ma già quando uno si marita entra in quel tal numero.

MARINETTA,

Frontino!

Page 54: Jules Verne - Le Paglie Rotte

FRONTINO.

Ne rido ancora — ingannato così! « Aprite! presto o io atterro la porta! Un uomo è presso di voi? — sì! — questo D'Edmont libertino arrivato oggi stesso! — sì! — voi l'avete nascosto! — sì! — sì! sì! sì! sì! sì! sì! ad ognuna delle vostre domande! allora io sono…..ma sì, mio caro signore, voi lo siete!

MARINETTA.

Suvvia dunque tacerete voi insipido ciarlone! voi ci sareste caduto come il signor d'Esbard.

FRONTINO.

Niente affatto!

MARINETTA.

Voi avreste presa la chiave.

FRONTINO.

Oh! mosca fina! no! no!

MARINETTA.

Sì!

FRONTINO.

Vi dico di no! colla mia propria bocca!

MARINETTA.

Riderà bene chi riderà ultimo!

FRONTINO.

Oh, ma piangerà bene chi piangerà!

MARINETTA.

Frontino!

FRONTINO.

La vostra bisaccia di gherminelle è vuota!

Page 55: Jules Verne - Le Paglie Rotte

MARINETTA.

Frontino!

FRONTINO.

Io non posso nulla ricevere, la scaltra! kys! kys! kys!

MARINETTA.

Silenzio!

FRONTINO.

Me ne rido di voi! kys! kys!

MARINETTA.

Olà!…

FRONTINO.

Kys! kys! non si può nulla ricevere, kys!

MARINETTA (dandogli uno schiaffo).

Ecco!!!

________________

SCENA XX.

MARINETTA, FRONTINO, ENRICPIETTA.

ENRICHETTA.

Ebbene! che cosa ho inteso?

MARINETTA.

È fatto!

ENRICHETTA.

Che storia è questa!

MARINETTA.

Niente! ho guadagnato, signora, al giuoco della paglia.

Page 56: Jules Verne - Le Paglie Rotte

FRONTINO.

Come!

MARINETTA.

Egli ha riavuto uno schiaffo di mia mano ed ha perduto!

FRONTINO.

Come?

MARINETTA.

Le nostre nozze a domani!

ENRICHETTA.

Io doto Marinetta.

FRONTINO.

Oh, la bella giornata! ho venduto il mio onore.

MARINETTA.

La mia mano è vostra! e silenzio sopra quel giovinotto.

FRONTINO.

E dopo?

MARINETTA.

E dopo sono vostra moglie, e ve lo proverò!

________________

SCENA XXI.

DETTI E D'ESBARD.

D'ESBARD

Oh, io ne riderò sempre! preso così al momento in cui andava sfondare quella porta. Ho perduto, bella signora, ed ora io ne rido come il più ingannato dei mariti ingannati. Ecco lo stipo! (lo pone sopra la tavola).

Page 57: Jules Verne - Le Paglie Rotte

ENRICHETTA.

Grazie!

D'ESBARD.

Partiremo noi, mia cara?

ENRICHETTA.

Partire! no, signore!

D'ESBARD.

Sempre così ribelle!

ENRICHETTA.

Sì!

D'ESBARD.

Partire con me, io credo che sia senza pericolo!

ENRICHETTA.

Senza dubbio!

D'ESBARD.

Conoscendo l'ovest, bisogna viaggiare verso l'est.

ENRICHETTA.

No! no!

D'ESBÁRD.

Visitare…

ENRICHETTA.

No, né l'est, né il sud, né il nord.

D'ESBÁRD.

La Lorena!

ENRICHETTA.

La… la… Lorena!….

Page 58: Jules Verne - Le Paglie Rotte

D'ESBARD.

Ebbene?

ENRICHETTA.

Signore!…

D' ESBARD.

Non volete!

ENRICHETTA.

Ci tenete molto?

D'ESBARD.

Molto!

ENRICHETTA.

Siete voi che lo volete!

D'ESBARD.

Con rabbia, amor mio!

ENRICHETTA.

Ci andrò! io mi devo sottomettere!

FRONTINO.

Oh se gli dessi la mia corda per appiccarsi!

MARINETTA.

Ecco come vi ubbidirò!

D'ESBARD.

Frontino ha dunque perduto!

MARINETTA.

Ma sì!

FRONTINO.

Miserere!!! (chiamando) tu, lo Svizzero, venite qua. — È per farmi slegare! legandomi le mani ho fatto una sciocchezza!!

Page 59: Jules Verne - Le Paglie Rotte

bisognava che io le legassi a mia moglie.

________________

SCENA XXII. MARINETTA, FRONTINO, ENRICHETTA, D'ESBARD, LO

SVIZZERO.

(Lo Svizzero slega Frontino).

FRONTINO (soffiandosi il naso).

Erano già due ore che voleva soffiarmi il naso.

D'ESBARD.

Partiamo! (a parte) il mio onore mi costa tremila scudi.

MARINETTA.

È sempre il marito che vuole mettersi in viaggio!

ENRICHETTA (dando una borsa allo Svizzero).

Silenzio!

MARINETTA.

Va bene! ci guadagniamo tutti!

FRONTINO.

Da parte mia guadagno la speranza di essere un giorno ciò che è il signor D' Esbard.

LO SVIZZERO (al pubblico).

Signori. Il signor D'Esbard sta gondento; gonduce senza foi, pene inteso, la sua sposa in Lorena; Marinetta star gondenta e gol dempo, il Frontino finirà col star gondento. Il signor D'Elmont se ne fa gondento; l'amore l'ubbriaga; la signora star droppo gondenta di seguirlo; (mostrando la borsa) io star gondento di afer afuto questa. Li attori star gondenti di trofarsi qui… e l'autore star gondento se foi pure star gondenti.

FINE.