Jules Verne - Due Anni Di Vacanze

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     JULES VERNE

    DUE ANNI DI VACANZE

    Disegni di Léon BennettIncisi da Bure, T.Delangle, Froment, F.Moller,

    Pannemaker, VintrautCopertina di Graziella Sarno

    TITOLO ORIGINALE DELL'OPERA

    DEUX ANS DE VACANCES(1888)

    Traduzione integrale dal francese di Giuseppe Mina

    Proprietà letteraria e artistica riservata - Printed in Italy © Copyright 1973 U. MURSIA & C.

    1539/AC - U. MURSIA &C. - Via Tadino, 29 - Milano

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     PRESENTAZIONE

    Questo romanzo, apparso nel 1888, dimostra ancora una volta la predilezione di Verne per il genere «Robinson» in tutte le suesfumature: ma se L'isola misteriosa e La scuola dei Robinsongravitano nell'orbita di Defoe, Due anni di vacanze segue piuttostola scia di Wyss e del suo Robinson svizzero.1  Fortunatamente, nelcaso del testo verniano il rigido senso moralistico del pastoreevangelico elvetico cede il posto a un'intonazione pedagogica che,

     pur risentendo del gusto dell'epoca, non è tuttavia né stucchevole né pedantesca. 

     Lo stesso Verne, in una sua breve prefazione al volume, fa notareche il genere «Robinson» è già stato abbondantemente sfruttato, macon una certa arguzia sostiene anche che, fra i tanti romanzi chetrattano tale argomento, nessuno aveva avuto per protagonistaaddirittura un intero collegio: ecco dunque la lacuna che egli

    intende colmare ed ecco comparire sulla scena dei «Viaggistraordinari» i ragazzi del neozelandese collegio Chairman, i quali -mentre si trovano da soli a bordo della goletta Sloughi - vengonotrascinati da una tempesta attraverso il Pacifico e naufragano suun'isola deserta dove rimarranno per circa due anni di... forzatevacanze. 

    Fra i giovani collegiali quattro sono quelli che hanno una partedi primo piano nello svolgimento del romanzo: l'americano Gordon,

    l'inglese Doniphan, il francese Briant e il negro Moko (quest'ultimoin realtà collegiale non è, bensì è il mozzo della Sloughi). Gordon èil maggiore dei ragazzi: pratico, prudente e riflessivo, è l'elementoequilibratore fra il «partito francofilo» capeggiato dal vivace Briante quello «anglofilo» capeggiato dal superbo Doniphan; infatti anche

    1  L'isola misteriosa e  La scuola dei Robinson sono già stati pubblicati presso la

    nostra Casa Editrice nell'edizione integrale di tutti « I viaggi straordinari » di JulesVerne. Il Robinson svizzero, di Johann David Wyss, è pure stato da noi pubblicatonella collana "Corticelli". (N.d.R.) 

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    in questo volume Verne non rinuncia a mettere in rilievol'antagonismo tra Francia e Inghilterra pur componendo a un certo punto il dissidio fra i loro due giovani rappresentanti. In Briant e Doniphan sembrano addirittura anticipati lo statista francese

     Aristide Briand (1862-1932) e quello inglese Austen Chamberlain(1863-1937). Quanto a Moko, ha un po' la funzione di un Venerdì,ma in tono minore: nonostante che il suo sia un ruolo importante, èsempre considerato come un domestico, fedele... ma servitore! Equesta posizione subalterna, che in qualche modo lo affianca(bisogna dirlo!) al cane Phann, è ancor più messa in risalto dallasua «negritudine». E forse non è senza ironia che Verne a un certo punto sottolinea: «A Moko, come negro, non era stato conferito ilmandato elettorale». Alla fin fine Moko è la figura convenzionale delservo negro tracciata in punta di penna. 

     Nel suo complesso, dunque, il romanzo, anche se si svolge nellascia di un filone «alla moda», ha ben precise caratteristiche che lodistinguono da tutti gli altri e ancora una volta presenta ai lettoriqualcosa di nuovo e di diverso.

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     JULES VERNE nacque a Nantes l'8 febbraio 1828. A undici anni,

    tentato dallo spirito d'avventura, cercò di imbarcarsiclandestinamente sulla nave La Coralie, ma fu scoperto per tempo e

    ricondotto dal padre. A vent'anni si trasferì a Parigi per studiarelegge, e nella capitale entrò in contatto con il miglior mondointellettuale dell'epoca. Frequentò soprattutto la casa di Dumas padre,dal quale venne incoraggiato nei suoi primi tentativi letterari.Intraprese dapprima la carriera teatrale, scrivendo commedie elibretti d'opera; ma lo scarso successo lo costrinse nel 1856 a cercareun'occupazione più redditizia presso un agente di cambio a Parigi.Un anno dopo sposava Honorine Morel. Nel frattempo entrava incontatto con l'editore Hetzel di Parigi e, nel 1863, pubblicava ilromanzo Cinque settimane in pallone. 

    La fama e il successo giunsero fulminei. Lasciato l'impiego, sidedicò esclusivamente alla letteratura e un anno dopo l'altro - in basea un contratto stipulato con l'editore Hetzel - venne via via pubblicando i romanzi che compongono l'imponente collana dei«Viaggi straordinari - I mondi conosciuti e sconosciuti» e che

    costituiscono il filone più avventuroso della sua narrativa. Viaggio alcentro della Terra, Dalla Terra alla Luna, Ventimila leghe sotto imari, L'isola misteriosa, Il giro del mondo in 80 giorni, MicheleStrogoff sono i titoli di alcuni fra i suoi libri più famosi. La sua operacompleta comprende un'ottantina fra romanzi e racconti lunghi, enumerose altre opere di divulgazione storica o scientifica.

    Con il successo era giunta anche l'agiatezza economica, e Verne,nel 1872, si stabilì definitivamente ad Amiens, dove continuò il suo

    lavoro di scrittore, conducendo, nonostante la celebrità acquistata,una vita semplice e metodica. La sua produzione letteraria ebbetermine solo poco prima della morte, sopravvenuta a settantasetteanni, il 24 marzo 1905.

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    Indice

    PRESENTAZIONE ________________________________________3 

     DUE ANNI DI VACANZE___________________________ 11 

    PREFAZIONE ___________________________________________11 

    Capitolo I ________________________________________________12 LA TEMPESTA — UNA GOLETTA DISALBERATA — QUATTRO

    RAGAZZI SUL PONTE DELLA SLOUGHI — LA VELA DI TRINCHETTO INPEZZI — VISITA ALL'INTERNO DELLO YACHT — IL MOZZO QUASISTRANGOLATO — UN'ONDATA DI POPPA — LA TERRA FRA LE NEBBIEDEL MATTINO — IL BANCO DI FRANGENTI _______________________ 12 

    Capitolo II _______________________________________________24 IN MEZZO ALLA RISACCA — BRIANT E DONIPHAN — SI SCRUTALA COSTA — PREPARATIVI DI SALVATAGGIO — IL CANOTTOCONTESO — DALL'ALTO DELL'ALBERO DI TRINCHETTO —CORAGGIOSO TENTATIVO DI BRIANT — COME UN'ONDA DICONTROMAREA________________________________________________ 24 

    Capitolo III ______________________________________________37 IL COLLEGIO CHAIRMAN AD AUCKLAND — GRANDI E PICCOLI —

    VACANZE IN MARE — LA GOLETTA SLOUGHI — LA NOTTE DEL 15

    FEBBRAIO — ALLA DERIVA — ABBORDAGGIO — TEMPESTA —INCHIESTA AD AUCKLAND — CIÒ CHE RIMANE DELLA GOLETTA__ 37 

    Capitolo IV_______________________________________________49 PRIMA ESPLORAZIONE DEL LITORALE — BRIANT E GORDON

    ATTRAVERSO IL BOSCO — INUTILE TENTATIVO PER TROVARE UNAGROTTA — INVENTARIO DEL MATERIALE — PROVVISTE, ARMI,ABITI, LETTI, UTENSILI VARI — PRIMA COLAZIONE — PRIMA NOTTE... _______________________________________________________________ 49 

    Capitolo V _______________________________________________61 ISOLA O CONTINENTE? — ESCURSIONE — BRIANT PARTE SOLO

     — LE FOCHE — UN BRANCO DI PINGUINI — COLAZIONE —DALL'ALTO DEL PROMONTORIO — LE ISOLETTE — UNA LINEAAZZURRA LUNGO L'ORIZZONTE — RITORNO ALLA SLOUGHI ______ 61 

    Capitolo VI_______________________________________________74 DISCUSSIONE — ESCURSIONE PROGETTATA E RIMANDATA —

    CATTIVO TEMPO — LA PESCA — I FUCHI GIGANTESCHI — COSTAR E

    DOLE A CAVALLO DI UN CORSIERO POCO RAPIDO — I PREPARATIVIPER LA PARTENZA — IN GINOCCHIO DAVANTI ALLA CROCE DEL SUD _______________________________________________________________ 74 

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    Capitolo VII______________________________________________86 IL BOSCO DI BETULLE — DALL'ALTO DELLA SCOGLIERA —

    ATTRAVERSO LA FORESTA — UNA DIGA SUL CREEK — ILFIUMICIATTOLO-GUIDA — ACCAMPAMENTO PER LA NOTTE —L'AJUPA — LA LINEA AZZURRA — PHANN SI DISSETA_____________ 86 

    Capitolo VIII _____________________________________________97 RICONOSCIMENTO DEL LAGO VERSO OVEST — DISCENDENDO

    LA RIVA — SI INTRAVEDONO DEGLI STRUZZI — UN FIUME CHE ESCEDAL LAGO — NOTTE TRANQUILLA — IL CONTRAFFORTE DELLASCOGLIERA — UNA DIGA — I PEZZI DI UN CANOTTO — L'ISCRIZIONE

     — LA CAVERNA ________________________________________________ 97 

    Capitolo IX______________________________________________107 VISITA ALLA CAVERNA — MOBILI E UTENSILI — LE BOLAS E IL

    LAZO — L'OROLOGIO — IL QUADERNO QUASI ILLEGGIBILE — LACARTA BEL NAUFRAGO — DOVE SI È — RITORNOALL'ACCAMPAMENTO — LA RIVA DESTRA DEL FIUME —L'ACQUITRINO — I SEGNALI DI GORDON ________________________ 107 

    Capitolo X ______________________________________________117 RELAZIONE DEL VIAGGIO — CI SI DECIDE AD ABBANDONARE LA

    SLOUGHI — SCARICO E DEMOLIZIONE DELLO YACHT — UNATEMPESTA FINISCE DI DEMOLIRLO — ACCAMPATI SOTTO LA TENDA

     — COSTRUZIONE DI UNA ZATTERA — CARICO E IMBARCO — DUE NOTTI SUL FIUME — ARRIVO A FRENCH-DEN____________________ 117 

    Capitolo XI______________________________________________131 PRIME SISTEMAZIONI ALL'INTERNO DI FRENCH-DEN — SCARICO

    DELLA ZATTERA — VISITA ALLA TOMBA DEL NAUFRAGO — GORDONE DONIPHAN — IL FORNELLO — SELVAGGINA DI PENNA E DI PELO —IL NANDÙ — PROGETTI DI SERVICE — LA CATTIVA STAGIONE SIAVVICINA.____________________________________________________ 131 

    Capitolo XII_____________________________________________143 INGRANDIMENTO DI FRENCH-DEN — RUMORE SOSPETTO —SCOMPARSA DI PHANN — RICOMPARSA DI PHANN — ANNESSIONE EARREDAMENTO DELLA HALL — CATTIVO TEMPO — NOMIASSEGNATI — L'ISOLA CHAIRMAN — IL CAPO DELLA COLONIA __ 143 

    Capitolo XIII ____________________________________________157 IL PROGRAMMA DEGLI STUDI — RISPETTO DELLA DOMENICA —

    PALLE DI NEVE — DONIPHAN E BRIANT — GRANDI FRED-DI — IL

    PROBLEMA DEL COMBUSTIBILE — ESCURSIONE A TRAPS-WOODS —ESCURSIONE A SLOUGHI-BAY — FOCHE E PINGUINI — UNAESECUZIONE PUBBLICA________________________________________ 157 

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    Capitolo XIV ____________________________________________172 ULTIME MANIFESTAZIONI DELL'INVERNO — IL CARRO —

    RITORNO DELLA PRIMAVERA — SERVICE E IL SUO NANDÙ —PREPARATIVI DI UNA SPEDIZIONE AL NORD — LE TANE — STOP-RIVER — FAUNA E FLORA — L'ESTREMITÀ DI FAMILY-LARE —

    SANDY-DESERT _______________________________________________ 172 Capitolo XV _____________________________________________185 

    STRADA DA SEGUIRE PER IL RITORNO — ESCURSIONE VERSOOVEST — TRULCA E ALGARROBE — ALBERO DEL TÉ — IL DIKE-CREEK — VIGOGNE — NOTTE AGITATA — GUANACHI — ABILITA DIBAXTER NEL LANCIARE IL LAZO — RITORNO A FRENCH-DEN ____ 185 

    Capitolo XVI ____________________________________________197 BRIANT PREOCCUPATO PER JACQUES — COSTRUZIONE DEL

    RECINTO E DEL CORTILE RUSTICO — ZUCCHERO D'ACERO — CACCIAALLE VOLPI — NUOVA SPEDIZIONE A SLOUGHI-BAY — IL CARROATTACCATO — UCCISIONE DI FOCHE — LE FESTE DI NATALE —EVVIVA BRIANT! ______________________________________________ 197 

    Capitolo XVII ___________________________________________212 PREPARATIVI IN VISTA DELL'INVERNO — PROPOSTA DI BRIANT

     — PARTENZA DI BRIANT, DI JACQUES E DI MOKO — TRAVERSATA DIFAMILY-LAKE — L'EAST-RIVER — PICCOLO PORTO ALLA FOCE — IL

    MARE VERSO EST — JACQUES E BRIANT — RITORNO A FRENCH-DEN ______________________________________________________________ 212 

    Capitolo XVIII___________________________________________227 LA SALINA — I TRAMPOLI — VISITA ALLE PALUDI — IN

    PREVISIONE DELL'INVERNO — DIVERSI GIOCHI — TRA DONIPHAN EBRIANT — INTERVENTO DI GORDON — PREOCCUPAZIONI PERL'AVVENIRE — ELEZIONE DEL 10 GIUGNO_______________________ 227 

    Capitolo XIX ____________________________________________240 

    L'ALBERO DELLE SEGNALAZIONI — GRANDI FREDDI — ILFENICOTTERO — IL PASCOLO — ABILITA DI JACQUES — DISOB-BEDIENZA DI DONIPHAN E DI CROSS — LA NEBBIA — JACQUES NEL

     NEBBIONE — IL COLPO DI CANNONE DI FRENCH-DEN — I PUNTI NERI — ATTEGGIAMENTO DI DONIPHAN _____________________________ 240 

    Capitolo XX _____________________________________________254 UNA SOSTA ALLA PUNTA SUD DEL LAGO — DONIPHAN, CROSS,

    WEBB E WILCOX — SEPARAZIONE — LA REGIONE DELLE DUNE —

    L'EAST-RIVER — SI SCENDE LA RIVA SINISTRA — SI ARRIVA ALLAFOCE _________________________________________________________ 254 

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    Capitolo XXI ____________________________________________264 ESPLORAZIONE DI DECEPTION-BAY — BEAR-ROCK-HARBOUR —

    PROGETTI DI RITORNO A FRENCH-DEN — ESPLORAZIONE AL NORDDELL'ISOLA — IL NORTH-CREEK — BEECHS-FOREST — SPAVENTOSATEMPESTA — NOTTE D'ALLUCINAZIONI — ALL'ALBA ____________ 264 

    Capitolo XXII ___________________________________________275 UN'IDEA DI BRIANT — GIOIA DEI PICCINI — COSTRUZIONE DI UN

    AQUILONE — ESPERIMENTO INTERROTTO — RATE — I SUPERSTITIDELLA SEVERN — PERICOLI CORSI DA DONIPHAN E DAI SUOI AMICI

     — DEVOZIONE DI BRIANT — TUTTI RIUNITI _____________________ 275 

    Capitolo XXIII___________________________________________290 IN QUALE SITUAZIONE CI SI TROVA — PRECAUZIONI ADOTTATE

     — MODIFICHE AL SISTEMA DI VITA — L'ALBERO DEL LATTE — UNAPROPOSTA DI RATE — BRIANT TORMENTATO DA UN'IDEA — IL SUOPROGETTO — DISCUSSIONE — A DOMANI_______________________ 290 

    Capitolo XXIV___________________________________________302 PRIMO ESPERIMENTO — INGRANDIMENTO DELL'APPARECCHIO

     — SECONDO ESPERIMENTO — SI RIMANDA LA PROVA ALL'INDOMANI — PROPOSTA DI BRIANT — PROPOSTA DI JACQUES — LACONFESSIONE — L'IDEA DI BRIANT — IN ARIA, DI NOTTE — CIÒ CHESI VEDE — IL VENTO, SI RAFFORZA — CONCLUSIONE ____________ 302 

    Capitolo XXV ___________________________________________315 LA LANCIA DELLA SEVERN — COSTAR AMMALATO — IL

    RITORNO DELLE RONDINI — SCORAGGIAMENTO — GLI UCCELLI DIRAPINA — IL GUANACO UCCISO DA UNA FUCILATA — LA PIPAROTTA — SORVEGLIANZA PIÙ ATTIVA — VIOLENTO URAGANO —UNA DETONAZIONE ALL'ESTERNO — OSPITE INATTESO — UN GRIDODI RATE ______________________________________________________ 315 

    Capitolo XXVI___________________________________________327 

    KATE E IL NOSTROMO — IL RACCONTO DI EVANS — DOPOL'ARENAMENTO DELLA LANCIA — WALSTON A BEAR-ROCK-HARBOUR — L'AQUILONE — FRENCH-DEN SCOPERTO — FUGA DIEVANS — LA TRAVERSATA DEL FIUME — PROGETTI — PROPOSTA DIGORDON — LE TERRE POSTE AD ORIENTE — L'ISOLA CHAIRMAN-HANNOVER ___________________________________________________ 327 

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    Capitolo XXVII __________________________________________340 LO STRETTO DI MAGELLANO — LE TERRE E LE ISOLE CHE LO

    FIANCHEGGIANO — PROGETTI PER L'AVVENIRE — FORZA OASTUZIA? — ROCK E FORBES — I FALSI NAUFRAGHI —

    ACCOGLIENZA OSPITALE — TRA LE UNDICI E LA MEZZANOTTE —EVANS TIRA UNA FUCILATA — INTERVENTO DI KATE ___________ 340 

    Capitolo XXVIII _________________________________________352 INTERROGATORIO DI FORBES — LA SITUAZIONE — UNA

    RICOGNIZIONE PROGETTATA — COMPUTO DELLE FORZE — TRACCEDELL'ACCAMPAMENTO — BRIANT SCOMPARSO — DONIPHAN VA INSUO SOCCORSO — GRAVE FERITA — GRIDO DALLA PARTE DIFRENCH-DEN — APPARIZIONE DI FORBES — UNA CANNONATA DIMORO ________________________________________________________ 352 

    Capitolo XXIX___________________________________________362 REAZIONE — GLI EROI BELLA BATTAGLIA — LA FINE DI UN

    DISGRAZIATO — ESCURSIONE NELLA FORESTA — CONVALESCENZADI DONIPHAN — A BEAR-ROCK-HARBOUR — IL RADDOBBO — LAPARTENZA — SI SCENDE IL FIUME ZEALAND — SALUTO A SLOUGHI-BAY — SI PERDE DI VISTA L'ISOLA CHAIRMAN __________________ 362 

    Capitolo XXX ___________________________________________373 TRA I CANALI — RITARDI A CAUSA DEI VENTI CONTRARI — LO

    STRETTO — IL PIROSCAFO GRAFTON — RITORNO AD AUCKLAND —ACCOGLIENZA NELLA CAPITALE DELLA NUOVA ZELANDA — EVANSE KATE — CONCLUSIONE ______________________________________ 373 

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    DUE ANNI DI VACANZE

     PREFAZIONE

     Molti Robinson hanno già risvegliato la curiosità dei nostrigiovani lettori. Daniel de Foe, nel suo immortale Robinson Crusoe,

    ha messo in scena l'uomo solo; Wyss, nel Robinson svizzero, la famiglia; Cooper, ne Il cratere, la società con i suoi molteplicielementi. Ne L'Isola misteriosa io ho descritto dei dotti alle prese conle necessità di questa situazione. Sono stati anche scritti il Robinsondi dodici anni, il Robinson dei ghiacci, il Robinson delle fanciulle,ecc. Ma, nonostante lo sterminato numero di romanzi checompongono il ciclo dei Robinson, m'è parso che, per completarlo,rimanesse da descrivere una schiera di ragazzi dagli otto ai tredicianni, abbandonati in una isola, costretti a lottare per l'esistenza inmezzo alle passioni ravvivate dalle differenze di nazionalità — inuna parola, un collegio di Robinson. 

     Del resto, in Un capitano di quindici anni mi ero proposto didimostrare che cosa possano fare il coraggio e l'intelligenza di unragazzo alle prese coi pericoli e le difficoltà di una responsabilitàsuperiore alla sua età. Ora ho pensato che l'insegnamento contenuto

    in quel libro, se poteva riuscire utile a tutti, doveva esserecompletato. Con questo duplice scopo ho scritto questo nuovo libro. 

    JULES VERNE

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    di tredici anni, più un mozzo dodicenne, di razza negra, erano riunitiintorno alla ruota del timone. Là, riunivano le loro forze perfronteggiare le alambardate che rischiavano di far andare lo yacht altraverso.

    Compito duro, poiché la ruota, girando loro malgrado, avrebbe potuto lanciarli al di sopra delle impavesate. Anzi, un po' prima dimezzanotte, un'ondata talmente violenta si abbatté sul fianco dellanave, che per un miracolo non mise il timone fuori uso.

    I ragazzi, che erano stati gettati a terra, si rialzarono subito. — Governa, Briant? — chiese uno di loro. — Sì, Gordon, — rispose Briant, che era tornato al suo posto e

    aveva conservato tutto il suo sangue freddo.Quindi, rivolgendosi al terzo: — Sta' attaccato saldamente, Doniphan, — aggiunse — non

     perdiamo coraggio!... Non ci siamo solo noi da salvare!Queste poche frasi erano state dette in inglese, benché in Briant

    l'accento denotasse l'origine francese.Quest'ultimo rivolto al mozzo: — Non sei ferito, Moko?

     — No, signor Briant — rispose il mozzo. — Ma soprattuttocerchiamo di tenere lo yacht con la prora alle onde, altrimentirischiamo di colare a picco!

    In quel momento la porta del tambuggio che portava al quadratodella goletta, venne aperta bruscamente. Due testine apparvero alivello del ponte, accanto al testone di un cane, che fu intesoabbaiare.

     — Briant?... Briant?... — gridò un ragazzino di nove anni. — Che

    c'è, dunque? — Niente, Iverson, niente! — ribatté Briant. — Torna sotto con

    Dole... e svelto, sai! — È che abbiamo una paura tremenda! — rincarò l'altro

    ragazzino, che era un po' minore di età. — E gli altri?... — chiese Doniphan. — Anche loro! — sostenne Dole.

     — Su, tornate sottocoperta! — risposte Briant. — Chiudetevi,nascondetevi sotto le coperte, chiudete gli occhi e non avrete più

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     paura. Non c'è pericolo! — Attenzione!... Un'altra ondata! — urlò Moko.Un urto violento scosse la poppa dello yacht. Questa volta per

    fortuna l'acqua non inondò il ponte, perché se fosse penetrata

    all'interno attraverso la porta del tambuggio lo yacht, appesantito,non avrebbe più potuto affrontare il mare grosso.

     — Rientrate dunque! — esclamò Gordon. — Rientrate... o viaggiusto io!

     — Andiamo, rientrate, piccini! — aggiunse Briant in tono più benevolo. Le due teste scomparvero nel momento in cui un altroragazzetto, apparendo nel vano della porta del tambuggio, diceva:

     — Non hai bisogno di noi, Briant? — No, Baxter, — rispose Briant. — Cross, Webb, Service,

    Wilcox e tu restate coi piccoli!... Noi quattro bastiamo!Baxter chiuse la porta dall'interno.«Anche gli altri hanno paura!» aveva detto Dole.Ma c'erano dunque solo dei ragazzi a bordo di quella goletta

    trascinata dall'uragano? Sì, solo dei ragazzi! E quanti erano, a bordo?Quindici, contando Gordon, Briant, Doniphan e il mozzo. E in quali

    circostanze si erano imbarcati? Lo sapremo fra poco.Ma nemmeno un uomo sullo yacht? Non un capitano percomandarlo? Non un marinaio per occuparsi delle manovre? Non untimoniere per governare in mezzo a quella tempesta? No! Nessuno!

    Così, nessuno a bordo avrebbe potuto dire qual era la posizioneesatta della Sloughi su quell'oceano!... E che oceano! Il più grande ditutti, il Pacifico, che ha duemila leghe di larghezza dall'Australia edalla Nuova Zelanda fino al litorale del Sud-America.

    Che cosa era accaduto? L'equipaggio della goletta era scomparsoin qualche catastrofe? I pirati malesi l'avevano rapito, lasciando a bordo solo pochi giovani passeggeri abbandonati a se stessi, ilmaggiore dei quali aveva appena quattordici anni? Uno yacht dicento tonnellate richiede, a dir poco, un capitano, un nostromo,cinque o sei uomini: ma, di quel personale, indispensabile per lemanovre, non rimaneva che il mozzo!... Insomma, di dove veniva

    quella goletta, da quale zona dell'Australasia o da quali arcipelaghidell'Oceania, e da quanto tempo e con quale destinazione? A tali

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    domande, che qualsiasi capitano avrebbe fatto se avesse incontrato laSloughi in quei mari lontani, certo quei ragazzi avrebbero potutorispondere; però non c'era nessuna nave in vista, né di queitransatlantici, le cui rotte si intersecano sui mari dell'Oceania, né di

    quei mercantili, a vapore o a vela, che l'Europa o l'America inviano acentinaia verso i porti del Pacifico. E anche nel caso che uno di quei bastimenti, tanto possenti grazie alla loro macchina o al loro apparatovelico, si fosse trovato in quei paraggi, non avrebbe potuto prestaresoccorso allo yacht, che il mare sballottava come un relitto dinaufragio, trovandosi a sua volta impegnato a lottare contro latempesta!

    Frattanto Briant e i suoi compagni facevano del loro meglio perimpedire che la goletta non sbandasse su un fianco o sull'altro.

     — Che dobbiamo fare?... — chiese allora Doniphan. — Tutto quello che sarà possibile per salvarci, con l'aiuto di Dio!

     — rispose Briant.Ed era un ragazzo, a parlare così, in una situazione in cui l'uomo

     più energico avrebbe appena conservato un po' di speranza!Infatti la tempesta raddoppiava di violenza. Il vento «spazzava il

    mare», come dicono i marinai, e l'espressione è appropriatissima poiché la Sloughi rischiava proprio di essere «spazzata via» dalleraffiche. D'altronde, da quarantotto ore, mezzo disalberato, conl'albero di maestra spezzato quattro piedi al disopra della mastra, nonera stato possibile issare una vela di cappa, che avrebbe permesso digovernare con maggior sicurezza. L'albero di trinchetto, decapitatodel suo alberetto di velaccino, reggeva ancora, ma era prevedibileche presto privato delle sue sartie, si sarebbe abbattuto sul ponte. A

     prora, i brandelli del controfiocco sbattevano con uno scoppiettiosimile a quello di un'arma da fuoco. Per tutta velatura rimaneva solola vela di trinchetto, che stava per stracciarsi, perché i ragazzi nonavevano avuto la forza di prenderne l'ultima mano di terzaruolo perdiminuire la sua superficie. Se ciò fosse accaduto non sarebbe stato più possibile mantenere la goletta nel letto del vento, le ondatel'avrebbero assalita al traverso, essa si sarebbe capovolta e sarebbe

    colata a picco, e i passeggeri sarebbero scomparsi con lei nell'abisso.E fino a quel momento, non un'isola era stata segnalata, non un

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    della vela di trinchetto, gli angoli inferiori di questa, serrati con duefalsi bracci, vennero saldamente fissati alle caviglie di murata, nonsenza che i due coraggiosi ragazzi avessero rischiato un sacco divolte di essere trascinati via dalle onde.

    Con quella velatura estremamente ridotta la goletta potémantenersi nella direzione che seguiva già da molto tempo. Anchesolo con lo scafo offriva sufficiente resistenza al vento per avanzarealla velocità di una torpediniera. La cosa più importante, però, erache potesse sottrarsi alle ondate fuggendo più rapidamente di loro, per non imbarcare qualche pericoloso frangente al di sopra delcoronamento.

    Dopo di che, Briant e Moko ritornarono accanto a Gordon e aDoniphan per aiutarli a governare.

    In quella la porta del tambuggio venne aperta per la seconda volta.Un ragazzo cacciò fuori la testa. Era Jacques, fratello di Briant eminore di lui di tre anni.

     — Che c'è Jacques? — gli chiese il fratello. — Vieni!... vieni!... — rispose Jacques. — C'è acqua fino nel

    quadrato.

     — Possibile? — gridò Briant.E precipitandosi verso il tambuggio, scese di sotto con gran furia.Il quadrato era confusamente illuminato da una lampada che il

    rollio faceva oscillare violentemente. A quella luce si poteva vedereuna decina di ragazzetti distesi sui divani e sulle cuccette. I più piccoli (ve ne erano alcuni sugli otto-nove anni) stretti gli uni aglialtri, erano in preda allo spavento.

     — Non c'è pericolo! — disse Briant, che voleva anzi tutto

    rassicurarli. — Ci siamo noi!... Non abbiate paura!Allora, osservando con una lanterna l'impiantito del salotto,

    Briant poté riconoscere che una certa quantità d'acqua scorreva da un bordo all'altro dello yacht.

    Da dove veniva quell'acqua? Era penetrata attraverso qualchefenditura del fasciame? Bisognava accertarsene subito.

    A prora del quadrato si trovavano il locale più grande di bordo,

     poi la sala da pranzo e l'alloggio dell'equipaggio.Briant visitò quei diversi compartimenti ed osservò che l'acqua

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    della droma, le due lance di bordo e la iole, benché fossero staterientrate sul ponte, più alcune antenne e persino l'abitacolo della bussola. Per fortuna, avendo il colpo sfondato le impavesate, l'acqua poté scorrere via rapidamente il che salvò lo yacht dal pericolo di

    andare a picco per quell'enorme aumento di peso. — Moko!... Moko! — gridò Briant, appena fu in grado di parlare. — È stato forse gettato in mare?... — chiese Doniphan. — No!... Non lo si vede... Non lo si sente! — disse Gordon, che si

    era sporto fuori bordo. — Bisogna salvarlo... gettargli un gavitello... qualche cavo! —

    rispose Briant.E, in un periodo di calma durato alcuni secondi, gridò ancora con

    voce che echeggiò all'intorno: — Moko?... Moko?... — Aiuto!... Aiuto!... — rispose il mozzo. — Non è in mare, — disse Gordon. — La voce viene da prora. — Lo salverò! — gridò Briant.Ed eccolo strisciare sul ponte, evitando alla meglio i colpi dei

     bozzelli che oscillavano all'estremità delle manovre semiallentate,

     per garantirsi dalle cadute che il rollio rendeva quasi inevitabili sul ponte scivoloso.La voce del mozzo attraversò ancora una volta lo spazio. Poi tutto

    tacque.Però con i maggiori sforzi, Briant era riuscito a raggiungere il

    tambuggio dell'alloggio marinai.Chiamò... Nessuna risposta.

    Moko era forse stato trascinato via da un'altra ondata dopo averlanciato quell'ultimo grido? In tal caso, il povero ragazzo ora dovevaessere lontano, molto lontano sopravvento, poiché il mare nonavrebbe potuto trasportarlo con la stessa velocità della goletta. Eallora egli era perduto...

    Ma no! Un grido più debole giunse fino a Briant, che si slanciòverso il mulinello, nella colonnina del quale s'incastrava il piede del

     bompresso. Là le sue mani toccarono un corpo che si dibatteva...Era il mozzo, che era rimasto incastrato nell'angolo formato dalla

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    congiunzione dell'impavesata a prora. Una drizza, che i suoi sforzirendevano sempre più tesa, lo stringeva alla gola. Tale drizza, dopoaverlo trattenuto nel momento in cui l'enorme ondata stava per portarlo via, doveva ora strangolarlo?

    Briant aprì il suo coltello e, non senza fatica, riuscì a tagliare icordami nei quali il mozzo era impigliato.

    Moko fu allora ricondotto a poppa, e appena fu in grado di parlare:

     — Grazie, signor Briant, grazie! — disse.Riprese il posto al timone, e tutti e quattro vi si legarono, per

    resistere alle enormi ondate che si abbattevano a sopravvento dellaSloughi. 

    Contrariamente a quanto aveva creduto Briant, la rapidità delloyacht era un po' diminuita, dopo che la vela di trinchetto era sparita,e questo costituiva un nuovo pericolo. Infatti, le ondate, correndo piùveloci della nave, potevano investirla da poppa e sommergerla. Macome rimediarvi? Era impossibile issare il minimo pezzo di velatura.

     Nell'emisfero australe, il mese di marzo corrisponde al mese disettembre dell'emisfero boreale, e le notti hanno ormai una durata

    media. Ora, perché erano circa le quattro del mattino, l'orizzonte nondoveva tardare a rischiararsi verso est, cioè al disopra di quella partedell'Oceano verso la quale la tempesta trascinava la Sloughi. Forsecon la comparsa del giorno la violenza della raffiche sarebbediminuita? O forse anche si sarebbe avvistata una qualche terra, inmodo che in pochi minuti la sorte di quell'equipaggio di ragazzi sisarebbe decisa? Lo si sarebbe visto, non appena l'alba avessecolorato gli orizzonti lontani.

    Verso le quattro e mezzo, alcuni chiarori diffusi si spinsero finoallo zenit. Disgraziatamente, le nebbie limitavano ancora il raggiovisuale a meno di un quarto di miglio. Si sentiva che le nubi passavano con rapidità spaventosa. L'uragano non aveva perdutonulla della sua forza, e, al largo, il mare scompariva sotto la schiumadi rabbiosi frangenti. La goletta, ora sollevata sulla cresta di un'onda,ora precipitata in fondo a una voragine, avrebbe potuto capovolgere

    venti volte se fosse stata presa al traverso.I quattro fissavano quel caos di flutti sconvolti. Capivano troppo

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     bene, che se la calma tardava a giungere, la loro situazione sarebbestata disperata. La Sloughi non avrebbe potuto resistere altreventiquattro ore ai colpi furiosi delle onde, che avrebbero finito persfondare i tambuggi.

    Ma allora ecco Moko gridare: — Terra!... Terra!Attraverso uno strappo delle nebbie, il mozzo aveva creduto di

    scorgere il profilo di una costa verso oriente. Si sbagliava, forse?Infatti è molto difficile riconoscere quelle linee indistinte che tantofacilmente si confondono con le volute delle nuvole.

     — Terra?... — aveva detto Briant. — Sì... — rispose Moko, — una terra... a est!E indicava un punto dell'orizzonte, nascosto dell'ammasso dei

    vapori. — Sei sicuro?... — chiese Doniphan. — Sì!... Sì!... Sicurissimo... — rispose il mozzo. — Se la nebbia

    si apre ancora, guardate attentamente... laggiù... un po' a destradell'albero di trinchetto... Ecco!... Ecco!...

    Le nebbie, riapertesi in quel momento, cominciavano a diradarsi e

    salivano verso le zone più elevate dell'atmosfera. Pochi momentidopo l'Oceano ricomparve per uno spazio di parecchie miglia davantiallo yacht.

     — Sì!... La terra!... Proprio la terra!... — esclamò Briant. — E molto bassa! — aggiunse Gordon, che aveva esaminato più

    attentamente il litorale segnalato. Non c'era più da dubitare, questa volta. Una terra, continente o

    isola, si disegnava, a cinque o sei miglia, in un largo segmento

    dell'orizzonte. Per la rotta che seguiva e dalla quale la tempesta nonle permetteva di scostarsi, la Sloughi vi sarebbe stata certamentespinta contro in meno di un'ora. C'era da temere che vi si sfasciassesoprattutto se c'erano degli scogli a impedirle di accostare laspiaggia. Ma quei ragazzi non pensavano nemmeno a un simile pericolo. In quella terra che si presentava improvvisamente ai lorosguardi, non vedevano, non potevano vedere che la salvezza.

    In quel momento il vento riprese a soffiare con rinnovata furia. LaSloughi, trasportata come una piuma, si precipitò verso la costa, che

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    si stagliava netta come un disegno a china sul fondo biancastro delcielo. Sullo sfondo si ergeva una scogliera la cui altezza non dovevasuperare i centocinquanta-duecento piedi. In primo piano si stendevauna spiaggia gialliccia limitata a destra da masse tondeggianti, che

    sembravano appartenere a una foresta dell'interno.Ah! se la Sloughi avesse potuto raggiungere quella spiaggia

    sabbiosa senza incontrare scogli, se la foce di un fiume le avesse potuto offrire rifugio, forse i suoi giovani passeggeri ne sarebberousciti sani e salvi!

    Mentre Doniphan, Gordon e Moko rimanevano al timone, Briantsi era portato a prora e scrutava la terra che si avvicinava a vistad'occhio, tanta era la velocità della nave. Ma invano cercava qualche punto, in cui lo yacht potesse andare in costa in condizionifavorevoli. Non si vedeva né la foce di un fiume o di un ruscello, néuna striscia di sabbia, sulla quale fosse possibile incagliarsi senz'altroinconveniente. Infatti davanti alla spiaggia si stendeva una fila difrangenti, le cui teste nere emergevano dalle onde ed eranocontinuamente flagellate da una terribile risacca. Contro di essi, al primo urto, la Sloughi sarebbe andata in pezzi.

    Briant pensò allora che sarebbe stato meglio che tutti i suoicompagni si trovassero sul ponte al momento in cui sarebbe accadutol'urto, e, aperta la porta del tambuggio, gridò:

     — Tutti in coperta!Subito il cane si slanciò fuori, seguito da una decina di ragazzini

    che si trascinarono a poppa. I più piccoli, nel vedere le onde che ilfondale basso rendeva più paurose, gettarono urla di spavento...

    Un po' prima delle sei del mattino, la Sloughi era giunta in

     prossimità dei frangenti. — Attaccatevi bene!... Attaccatevi bene! — urlò Briant.E, toltosi metà degli abiti, si tenne pronto ad andare in aiuto di

    quanti fossero trascinati via dalla risacca, poiché di certo lo yachtstava per essere gettato sugli scogli.

    Quand'ecco che si avvertì una prima scossa. La Sloughi avevatallonato col calcagnolo di poppa; ma benché tutto il suo scafo fosse

    rimasto lesionato, l'acqua non penetrò attraverso il fasciame.Sollevata da una seconda ondata, la nave venne spinta una

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    cinquantina di piedi in avanti, senza nemmeno aver sfiorato le rocce,le cui punte emergevano a migliaia dall'acqua. Poi, inclinatasi sullasinistra, rimase immobile in mezzo al ribollire della risacca.

     Non era più in alto mare, ma si trovava ancora a un quarto di

    miglio dal litorale.

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    C  APITOLO II

     IN   MEZZO  ALLA  RISACCA  —  BRIANT  E   DONIPHAN   — SI  SCRUTA  LA COSTA  — PREPARATIVI   DI  

    SALVATAGGIO  —  IL CANOTTO CONTESO  —  DALL'ALTO  DELL'ALBERO  DI  TRINCHETTO  — CORAGGIOSO TENTATIVO  DI   BRIANT   — COME  

    UN'ONDA  DI  CONTROMAREA

    A QUELL'ORA l'orizzonte liberato dal velario di nebbia permettevaallo sguardo di stendersi per ampio tratto intorno alla goletta. Le nubicontinuavano a fuggire con grande rapidità; la burrasca non eraancora assolutamente diminuita di violenza. Forse però quelli eranogli ultimi colpi ad abbattersi su quei paraggi sconosciuti dell'oceano

    Pacifico.Bisognava sperarlo, poiché la situazione non offriva pericoliminori di quelli della notte, allorché la Sloughi tentava di opporsi allaviolenza del mare aperto. Stretti gli uni accanto agli altri, i ragazzidovevano credersi perduti, quando qualche ondata si frangeva aldisopra delle murate e li copriva di spuma. Gli urti erano tanto piùviolenti, dal momento che la goletta non poteva sottrarvisi. Tuttavia,se ad ogni colpo sussultava fin nell'ossatura, non sembrava che il suo

    fasciame si fosse aperto, né tallonando contro gli scogli, né allorchési era per così dire incastrata fra le punte delle rocce. Briant eGordon, dopo essere scesi nelle cabine, si erano resi conto chel'acqua non entrava nell'interno della cala.

    Rassicurarono perciò meglio che poterono i loro compagni,soprattutto i piccoli.

     — Non abbiate paura! — ripeteva Briant. — Lo yacht è

    robusto!... La costa non è lontana... Aspettiamo e poi cercheremo diraggiungere la riva!

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     — E perché aspettare?... — chiese Doniphan. — Già... perché?... — aggiunse un altro ragazzo di circa dodici

    anni, di nome Wilcox. — Doniphan ha ragione... Perché aspettare? — Perché il mare è ancora troppo cattivo e ci sbatterebbe contro

    le rocce! — rispose Briant. — E se lo yacht si sfascia? — esclamò un terzo ragazzo chiamato

    Webb, che poteva avere pressappoco l'età di Wilcox. — Non credo che ci sia da temerlo — ribatté Briant, — almeno

    finché la marea calerà. Quando si sarà ritirata quel tanto che permetterà il vento, ci occuperemo del salvataggio.

    Briant aveva ragione. Quantunque le maree siano relativamente poco forti nell'oceano Pacifico, possono però produrre una differenzadi livello abbastanza sensibile (fra i momenti di alta e di bassa).Sarebbe quindi valsa la pena di aspettare qualche ora, soprattutto se ilvento fosse venuto a calare. Forse il riflusso avrebbe messo alloscoperto una parte del banco di scogli. Allora sarebbe stato meno pericoloso lasciare la goletta e più facile superare il quarto di miglioche la separava dalla spiaggia.

    Ma, per quanto un simile consiglio fosse ragionevole, Doniphan e

    due o tre altri non sembrarono affatto disposti a seguirlo. Si riunironoa prora e presero a discutere a bassa voce. Si capiva chiaramenteormai che Doniphan, Wilcox, Webb e un altro ragazzo di nomeCross non avevano nessuna intenzione di accordarsi con Briant. Se,durante la lunga traversata della Sloughi, avevano accettato diobbedirgli era stato perché Briant, come si è detto, possedeva unacerta pratica di navigazione. Ma avevano sempre pensato che, appenafossero stati a terra, avrebbero ripreso la loro libertà d'azione,

    specialmente Doniphan, che per intelligenza e istruzione si credevasuperiore a Briant, come a tutti i suoi altri compagni. Del resto,quella gelosia di Doniphan a proposito di Briant era di vecchia data e per il solo fatto che questi era francese, dei ragazzi inglesi dovevanoessere poco inclini a sopportare la sua superiorità.

    C'era dunque da temere che tali disposizioni aumentassero lagravità di una situazione già assai pericolosa.

    Intanto, Doniphan, Wilcox, Cross e Webb osservavano quellasuperficie di schiume, disseminata di vortici, solcata da correnti, che

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    appariva molto pericolosa da attraversare. Il nuotatore più abile nonavrebbe potuto resistere alla risacca della marea calante che il ventocolpiva frontalmente. Il consiglio di aspettare qualche ora era perciòfin troppo giustificato. Doniphan e i suoi compagni dovettero

    arrendersi all'evidenza e alla fine tornarono a poppa, dove stavano i più giovani.

    Briant diceva in quel momento a Gordon e ad alcuni di quelli chegli stavano intorno:

     — Guai se ci separiamo!... Restiamo uniti o siamo perduti!... — Non pretenderai di imporci la tua volontà! — gridò Doniphan

    che lo aveva udito. — Non pretendo niente, — rispose Briant, — se non che bisogna

    agire d'accordo per la salvezza di tutti! — Briant ha ragione! — aggiunse Gordon, ragazzo calmo e serio,

    che non parlava mai senza aver ben riflettuto. — Sì!... sì!... — esclamarono due o tre dei piccoli, che un segreto

    istinto portava a tenere per Briant.Doniphan non replicò; ma i suoi compagni e lui persistettero a

    tenersi in disparte, aspettando il momento di procedere al

    salvataggio.Ma ora che terra era quella? Apparteneva a un'isola dell'oceanoPacifico o a un continente? Questa domanda non poteva trovarerisposta perché la Sloughi si trovava troppo vicina al litorale per poter rilevare il profilo per un tratto sufficiente. Esso si apriva in unalarga baia e terminava con due promontori, uno piuttosto alto etagliato a picco verso nord, l'altro affilato in punta verso sud. Ma, aldi là di quei due capi, il mare girava in modo da bagnare i contorni di

    un'isola? Briant tentò invano di chiarire questo punto mediante unodei cannocchiali di bordo.

    Infatti, nel caso che quella terra fosse stata un'isola, come sarebbestato possibile lasciarla, se non si fosse potuto rimettere a galla lagoletta, che la marea crescente avrebbe presto demolito trascinandolasugli scogli? E se quell'isola era deserta - ve ne sono nei mari delPacifico - in che modo quei ragazzi, abbandonati a loro stessi, non

    avendo che le provviste salvate dallo yacht, avrebbero affrontato ledifficoltà dell'esistenza?

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    Su un continente, invece, le probabilità di salvezza sarebbero statenotevolmente maggiori, poiché tale continente non avrebbe potutoessere che l'America del Sud. Là, attraverso i territori del Cile o dellaBolivia, si sarebbe trovata dell'assistenza, se non immediata, almeno

     pochi giorni dopo aver toccata terra. È vero che sul litorale vicinoalle Pampas si potevano temere parecchi pericolosi incontri. Ma peril momento il punto essenziale era di toccare terra.

    Il tempo era buono abbastanza da lasciarne vedere tutti i particolari. Si distingueva nettamente il primo piano della riva, lascogliera che le faceva da sfondo così come i gruppi degli alberi allasua base. Briant notò anche la foce di un fiume sul lato destro dellariva.

    Insomma, se l'aspetto di quella costa non aveva nulla di particolarmente attraente, la cortina di verde indicava una certafertilità, del tipo di quella delle zone di media latitudine.Probabilmente, al di là della scogliera al riparo dai venti del largo, lavegetazione, trovando un terreno più favorevole, doveva svilupparsicon un certo vigore.

    Quanto all'essere abitato non pareva che quel tratto di costa lo

    fosse. Non vi si vedevano né case né capanne, neppure alla foce delfiume. Che gli indigeni (se indigeni erano) preferissero abitarenell'interno del paese, dove erano meno esposti ai violenti assalti deiventi di occidente?

     — Non vedo il minimo fil di fumo! — fece Briant abbassando ilcannocchiale.

     — E sulla spiaggia non c'è neanche una barca! — osservò Moko. — Perché dovrebbero essercene, dal momento che non c'è un

     porto? — replicò Doniphan. — Non è necessario che ci sia un porto, — obiettò Gordon. —

    Delle barche da pesca possono trovare rifugio all'imboccatura di unfiume, e potrebbe darsi che la tempesta abbia obbligato a portarleverso l'interno.

    L'osservazione di Gordon era giusta. Ma ad ogni modo, per unmotivo o per l'altro, non si vide nessuna imbarcazione ed

    effettivamente quella parte del litorale pareva assolutamentedisabitata. Ma sarebbe stata abitabile qualora i giovani naufraghi

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    avessero dovuto trascorrervi alcune settimane? Ecco quanto essidovevano accertare innanzitutto.

    Intanto la marea a poco a poco si ritirava, molto lentamente, inverità; poiché il vento del largo la ostacolava, quantunque desse

    l'impressione di calmarsi piegando verso nord-ovest. Bisognava,quindi, tenersi pronti per il momento in cui il banco di scogli avesseofferto un passaggio praticabile.

    Erano circa le sette. Tutti si dedicarono a trasportare sul ponte glioggetti di prima necessità: gli altri sarebbero stati raccolti quando ilmare li avesse spinti sulla spiaggia. Piccoli e grandi lavoravanoinsieme. A bordo c'era una notevole provvista di viveri in scatola, biscotti, carni salate e affumicate. Se ne fecero dei grossi pacchi,destinati ad essere suddivisi fra i più grandi che dovevano aver curadi portarli a terra.

    Ma per effettuare quel trasporto era necessario che il banco discogli rimanesse a secco. Ciò si sarebbe verificato a bassa marea, e ilriflusso sarebbe stato sufficiente a liberare le rocce fino alla riva?

    Briant e Gordon si misero ad osservare attentamente il mare.Essendosi modificata la direzione del vento, la calma andava

    ristabilendosi e il ribollire della risacca cominciava a diminuire. Era perciò facile notare il decrescere delle acque lungo le punteemergenti. Dal canto suo anche la goletta risentiva gli effetti diquella diminuzione inclinandosi sempre più verso sinistra. Se la suainclinazione aumentava, c'era da temere che si coricasse sul fianco,dato che era di forme molto slanciate, con madieri rialzati e unagrande altezza di puntale, come gli yacht grandi camminatori. Inquesto caso, se l'acqua avesse invaso il ponte prima che fosse stato

     possibile abbandonarla, la situazione sarebbe stata estremamentegrave.

    Era stata una vera disgrazia che le lance fossero state portate viadalla tempesta! Con quelle imbarcazioni, che potevano contenerlitutti, Briant e i suoi compagni avrebbero potuto sin d'ora tentare diraggiungere la costa. E poi sarebbe stato facile stabilire unacomunicazione tra il litorale e la goletta per trasportare molti oggetti

    utili che momentaneamente si sarebbero dovuti lasciare a bordo! E lanotte seguente, se la Sloughi fosse andata in pezzi, a che cosa

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    sarebbero serviti i suoi relitti, una volta che la risacca li avessesbattuti fra gli scogli? Sarebbe stato possibile utilizzarli ancora?Quanto rimasto delle provviste non sarebbe stato irrimediabilmenteavariato? I giovani naufraghi non sarebbero stati presto ridotti a

    contare sui soli prodotti del suolo? Che disgrazia davvero che non cifossero più lance per effettuare il salvataggio!

    Ma ecco che improvvisamente delle grida scoppiarono a prora.Baxter aveva fatta una scoperta, che era di grande importanza.

    La iole della goletta, che si credeva perduta, era invece impigliatatra le briglie del bompresso. Quella iole certo non poteva portare checinque o sei persone; ma poiché era intatta (come si poté constataredopo che la si ebbe nuovamente issata sul ponte) non sarebbe statoimpossibile utilizzarla nel caso che il mare non avesse permesso disuperare i frangenti senza bagnarsi. Era quindi opportuno attendereche la marea fosse giunta al suo minimo; ma ciò nonostante sorseuna vivace discussione, nella quale Briant e Doniphan si trovarono dinuovo alle prese.

    Infatti, Doniphan, Wilcox, Webb e Cross, dopo essersiimpadroniti della iole, si preparavano a lanciarla in mare, quando

    Briant si avvicinò loro: — Che volete fare?... — chiese. — Quel che ci pare!... — rispose Wilcox. — Imbarcarvi su questo canotto?... — Già — replicò Doniphan, — e non sarai tu a impedircelo! — Sarò io — fece Briant, — io e tutti quelli che vuoi

    abbandonare. — Abbandonare?... Come puoi saperlo? — rispose Doniphan con

    alterigia. — Non voglio abbandonare nessuno, hai capito?... Unavolta raggiunta la riva, uno di noi riporterà la iole...

     — E se la barca non riesce a ritornare, — gridò Briant, che sitratteneva con grande fatica — e se si fracassa contro gli scogli?...

     — Imbarchiamoci!... Imbarchiamoci! — rispose Webb dopo averrespinto Briant.

    Poi, aiutato da Wilcox e da Cross, sollevò l'imbarcazione per

    spingerla in mare.Briant afferrò la iole ad una delle estremità. — Voi non vi

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    imbarcherete! — disse. — È quello che vedremo! — replicò Doniphan. — Non vi imbarcherete! — ripeté Briant, decisissimo a resistere

    nell'interesse comune. — La iole dev'essere riservata ai più piccoli,

    se a bassa marea rimane ancora troppa acqua perché si possaraggiungere la spiaggia a piedi asciutti...

     — Ma lasciaci in pace! — urlò Doniphan, che era in preda allacollera. — Te lo ripeto, Briant, non sarai tu a impedirci di fare quelloche vogliamo!

     — Io invece ti ripeto Doniphan — gridò Briant — che lo farò proprio! I due ragazzi stavano per gettarsi l'uno contro l'altro. Nellitigio Wilcox, Webb e Cross avrebbero naturalmente preso le partidi Doniphan, mentre Baxter, Service e Garnett si sarebbero schieratidal lato di Briant. Ne potevano derivare delle conseguenzedeplorevoli, ma ecco che Gordon intervenne. Gordon, il maggiore eanche il più padrone di sé, comprendendo quante spiacevoliconseguenze avrebbero potuto sorgere da un simile precedente, ebbeil buon senso di intromettersi a favore di Briant.

     — Andiamo andiamo! — disse, — pazienza, Doniphan! Vedi

     bene che il mare è ancora troppo grosso, e che rischieremmo di perdere la iole! — Non voglio che Briant detti legge, — urlò Doniphan — come

    invece da un po' ha preso l'abitudine di fare! — Nemmeno noi!... — aggiunsero Cross e Webb. — Non pretendo di dettar legge a nessuno, — rispose Briant —

    ma non voglio nemmeno che nessuno la detti quando si trattadell'interesse generale.

     — Ci preoccupiamo di questo quanto te! — ribatté Doniphan. —Ed ora che siamo a terra...

     — Non ancora, purtroppo, — replicò Gordon. — Doniphan, nonostinarti, e aspettiamo un momento favorevole per adoperare la iole.

    Gordon aveva assunto molto a proposito la parte di moderatore fraDoniphan e Briant — cosa che gli era già successa più di una volta -e i suoi compagni si arresero alle sue osservazioni.

    La marea allora era calata di due piedi. Esisteva un canale fra gliscogli?

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    marmellate e di biscotti.Briant si premurò di tener d'occhio soprattutto i piccoli. Jenkins,

    Iverson, Dole, Costar, con la spensieratezza propria della loro età,cominciavano a riprendere animo e forse si sarebbero rimpinzati

    eccessivamente, dal momento che praticamente non avevano presoniente da ventiquattr'ore. Ma tutto procedette bene, e qualche gocciadi brandy abbondantemente annacquato costituì una bibitaristoratrice.

    Dopo di che, Briant ritornò verso la prora della goletta e là,appoggiatosi all'impavesata, riprese a osservare gli scogli.

    Come calava lentamente la marea! Pure era evidente che il suolivello si abbassava, dato che l'inclinazione dello yacht andava viavia aumentando. Moko, che aveva gettato uno scandaglio, fecenotare che al disopra del banco rimanevano ancora almeno otto piedid'acqua. Ora, si poteva sperare che la marea calasse tanto da lasciarloall'asciutto? Moko non lo pensava e ritenne opportuno informarnesegretamente Briant per non spaventare nessuno.

    Briant a sua volta riferì a Gordon la cosa. Entrambi capivano beneche quantunque il vento fosse risalito verso nord, esso continuava ad

    impedire alla marea di abbassarsi quanto soleva con tempo calmo. — Che cosa dobbiamo fare? — fece Gordon. — Non lo so... non lo so!... — rispose Briant. — E che disgrazia

    non sapere... essere solo dei ragazzi quando bisognerebbe esseredegli uomini!

     — La necessità ci insegnerà! — ribatté Gordon. — Nonlasciamoci prendere dalla disperazione, Briant e agiamo con prudenza!...

     — Sì, agiamo, Gordon! Se non avremo abbandonato la Sloughi prima che la marea torni a salire, se resteremo ancora una notte a bordo, siamo perduti...

     — Hai tutte le ragioni, perché lo yacht verrà fatto a pezzi! Quindidobbiamo lasciarlo ad ogni costo...

     — Sì, ad ogni costo, Gordon! — Non sarebbe il caso di fabbricare una specie di zattera, un

    traghetto?... — Ci avevo già pensato, — rispose Briant. — Purtroppo, quasi

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    tutta la attrezzatura di rispetto è stata portata via durante la tempesta.E non ci rimane più il tempo di sfasciare le impavesate per fare unazattera coi loro pezzi! Rimane la iole, di cui non possiamo servirci perché il mare è troppo grosso. No! Si potrebbe tentare di portare un

    cavo al di là del banco di scogli e fissarne un capo a qualchespuntone di roccia. Forse grazie a quello sarebbe possibile trascinarsifino alla spiaggia...

     — Ma chi porterà il cavo? — Io, — rispose Briant. — E io ti aiuterò!... — fece Gordon. — No, andrò solo!... — ribatté Briant. — Vuoi usare la iole? — Sarebbe rischiare di perderla, Gordon, ed è meglio conservarla

    come ultima risorsa!Tuttavia, prima di realizzare il suo pericoloso progetto, Briant

    volle prendere un'utile precauzione, per prevenire qualsiasieventualità.

    A bordo c'erano alcuni salvagente ed egli costrinse i piccoli aindossarli. Qualora avessero dovuto abbandonare lo yacht e quando

    l'acqua fosse stata ancora troppo profonda perché essi potessero«toccare», i salvagente li avrebbero tenuti a galla e i grandi alloraavrebbero cercato di spingerli verso la riva, servendosi del cavo.

    Erano allora le dieci e un quarto. Entro quarantacinque minuti lamarea avrebbe raggiunto il suo livello minimo. Dalla ruota di pruadella Sloughi non si misuravano più che quattro o cinque piedi diacqua; ma pareva che il mare dovesse ormai calare solo di pochi pollici. È vero che una sessantina di iarde più in là, il fondo risaliva

    sensibilmente — cosa che si poteva riconoscere dal colore nerastrodell'acqua e dalle numerose punte che emergevano lungo la riva. Ildifficile sarebbe stato superare le acque profonde davanti alla proradello yacht. Tuttavia se Briant fosse riuscito a portare un cavo daquella parte e a darlo volta saldamente a una roccia, tale cavo, dopoessere stato tesato da bordo mediante l'argano, avrebbe permesso diraggiungere uno dei punti in cui si cominciava a «toccare». Inoltre,

    facendo scorrere lungo il cavo i fagotti contenenti le provviste e gliutensili indispensabili, essi sarebbero giunti a riva senza danni.

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    Briant fu irresistibilmente attirato verso il centro del vortice. — Aiuto!... Alate!... Alate!... — ebbe la forza di gridare prima di

    scomparire.A bordo dello yacht lo spavento fu grandissimo.

     — Alate!... — ordinò senza perdere la testa Gordon.E i suoi compagni si affrettarono a riavvolgere il cavo per

    riportare Briant a bordo prima che fosse annegato per la troppo lungaimmersione.

    In meno di un minuto, Briant fu nuovamente issato sul ponte:svenuto, è vero, ma riprese presto i sensi, fra le braccia del fratello.

    Così, il tentativo di gettare un cavo al disopra del banco di scogliera fallito. Nessuno avrebbe potuto riprenderlo con qualche probabilità di successo. I poveri ragazzi erano perciò costretti adaspettare... Aspettare che cosa?... Un soccorso?... E da quale parte, eda parte di chi avrebbe potuto giungere loro?

    Erano le dodici passate. La marea si faceva già sentire e la risaccaaumentava. E anzi, essendo luna nuova, il flusso sarebbe stato piùforte che non il giorno precedente. E, se il vento avesse ripreso asoffiare dal largo, la goletta avrebbe corso il rischio di essere

    sollevata dal suo letto di rocce... Avrebbe nuovamente tallonato colcalcagnolo di poppa, si sarebbe rovesciata sopra gli scogli!... Nessuno sarebbe sopravvissuto a quest'ultima fase del naufragio! Enon poter fare nulla, nulla!

    Tutti a poppa, i piccoli circondati dai grandi, guardavano il mareche si gonfiava, a mano a mano che le punte delle rocce sparivanouna dopo l'altra. Per disgrazia, il vento aveva ripreso a soffiare daovest e come la notte precedente, flagellava senza pietà la terra.

    Aumentando il livello dell'acqua, le ondate, più alte, coprivano laSloughi di spruzzi e non avrebbero tardato a frangersi su di essa. SoloDio poteva venire in soccorso dei giovani naufraghi. Alle loro gridadi spavento si unirono le preghiere.

    Un po' prima delle due, la goletta, risollevata dalla marea, non era più inclinata sulla sinistra, ma, a causa del beccheggio, la proraurtava contro il fondo, mentre il dritto di poppa rimaneva ancora

    incastrato fra le rocce. Ben presto i tallonamenti si susseguironosenza posa e la Sloughi  prese ad abbattersi prima a dritta poi a

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    sinistra. I ragazzi dovettero aggrapparsi gli uni agli altri per nonessere scagliati fuori bordo.

    In quella una montagna spumeggiante, che proveniva dal largo, silevò a due lunghezze di cavo dallo yacht. Si sarebbe detto che fosse

    un'enorme onda di contromarea di una barra di flusso, la cui altezzasuperava i venti piedi. Arrivò con la furia di un torrente, coperse perintero il banco di scogli, sollevò la Sloughi, la trascinò al disopradelle rocce, senza che il suo scafo ne fosse nemmeno sfiorato.

    In meno di un minuto, in mezzo al ribollire di quella massa diacqua, la Sloughi, trasportata fino in mezzo alla spiaggia, andò adincastrarsi in un cumulo di sabbia, a duecento piedi dai primi alberi.E là rimase immobile -sulla terraferma, questa volta - mentre il mare,ritirandosi, lasciava tutta la spiaggia all'asciutto.

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    C  APITOLO III

     IL COLLEGIO CHAIRMAN   AD  AUCKLAND  — GRANDI  E  PICCOLI   — VACANZE   IN   MARE   —  LA GOLETTA 

    SLOUGHI   —  LA  NOTTE   DEL 15 FEBBRAIO  —  ALLA  DERIVA  —  ABBORDAGGIO  — TEMPESTA  — 

     INCHIESTA  AD  AUCKLAND  — CIÒ CHE   RIMANE   DELLA GOLETTA

    A QUELL'EPOCA il collegio Chairman era uno dei più consideratidella città d'Auckland, capitale della Nuova Zelanda, che èun'importante colonia inglese del Pacifico. Esso ospitava uncentinaio di allievi, appartenenti alle migliori famiglie del paese. IMaori, che sono gli indigeni di quell'arcipelago, non avrebbero

     potuto farvi ammettere i loro ragazzi, ai quali, tuttavia, eranoriservate altre scuole. Nel collegio Chairman c'erano solo ragazziinglesi, francesi, americani, tedeschi, figli di proprietari terrieri, diagiati borghesi, di negozianti o di funzionari del paese. Vi ricevevanoun'educazione completa, identica a quella che viene impartita negliistituti analoghi del Regno Unito.

    L'arcipelago della Nuova Zelanda è formato da due isole principali: a nord, Ika-Na-Mawi o Isola del Paese, a sud, Tawai-

    Ponamu o Terra della Giada Verde. Separate dallo stretto di Cook,esse sono situate fra il 34° e il 45° parallelo sud, posizione cheequivale a quella che, nell'emisfero boreale, occupano quella partedell'Europa che comprende la Francia e la parte settentrionaledell'Africa.

    L'isola di Ika-Na-Mawi, molto frastagliata nella parte a sud, ha laforma di una specie di trapezio irregolare, che si prolunga verso

    nord-ovest, seguendo una curva che termina col capo Van Diemen.Pressappoco all'inizio di questa curva, in un punto ove la penisola

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    curati nell'abbigliamento e - cosa particolarmente degna di nota - poco inclini a usare la simulazione o la menzogna, anche quando sitratta di sottrarsi a qualche giusto castigo. Bisogna pure osservareche, in quegli istituti scolastici, i ragazzi sono meno obbligati alle

    regole della vita comune e alle leggi del silenzio, che ne sono laconseguenza. Generalmente, ognuno occupa una cameretta singola,dove può anche prendere alcuni pasti, quando va in refettorio può parlare con tutta libertà.

    Gli alunni sono suddivisi a seconda dell'età. Nel collegioChairman vi erano cinque classi. Se nella prima e nella seconda i piccoli avevano ancora l'abitudine di baciare sulle guance i genitori,già nella terza i grandicelli sostituivano al bacio filiale la stretta dimano dell'uomo fatto. Quindi, niente istitutori per sorvegliarli, permessa la lettura di giornali e romanzi; concessioni frequenti digiorni di vacanza; ore di studio non in numero eccessivo; esercizifisici fatti intelligentemente; ginnastica, boxe e giochi di ogni genere.Però, come correttivo a questa indipendenza, di cui gli allieviabusano di rado, erano prescritti i castighi corporali, soprattutto lafrusta. Del resto, i ragazzi anglo-sassoni non ritengono che l'essere

    frustati costituisca un disonore e si sottopongono senza protestare aquella punizione quando sanno di averla meritata.Gli inglesi, nessuno lo ignora, hanno grande considerazione per le

    tradizioni sia nella vita privata sia nella vita pubblica, e questetradizioni non sono meno rispettate - anche quando sono assurde -negli istituti scolastici, dove non rassomigliano minimamente aglischerzi goliardici francesi. Gli alunni anziani sono incaricati di proteggere i nuovi, ma a condizione che questi ultimi, in cambio,

     prestino loro certi servizi, ai quali non possono sottrarsi. Questiservizi, che consistono nel servire la colazione al mattino, nellospazzolare gli abiti, nel lucidare le scarpe, nel recarsi a fare lecommissioni, sono conosciuti col nome di fagismo, e coloro che sonotenuti a farli sono chiamati fags. Sono i più piccoli, quelli delle primeclassi, che servono da  fags agli alunni delle classi superiori, e, se sirifiutano di obbedire, non la passano liscia. Ma nessuno di loro vi

     pensa, e questo li abitua a sottostare ad una disciplina, che nons'incontra negli allievi dei licei francesi. D'altronde la tradizione lo

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    esige, e se c'è un paese che osservi le consuetudini quello è il RegnoUnito, dove essa si impone al più umile «cockney» della strada cosìcome ai Pari della Camera Alta.

    Gli allievi che dovevano partecipare all'escursione a bordo della

    Sloughi, appartenevano alle diverse classi del collegio Chairman.Come si è già potuto osservare, a bordo della goletta, essi andavanodagli otto ai quattordici anni. E quei quindici ragazzi, compreso ilmozzo, stavano per essere trascinati lontano e per lungo tempo interribili avventure!

    Sarà opportuno riportare i loro nomi, l'età, le loro abitudini, icaratteri, la situazione di famiglia e quali rapporti esistevano fra loronel collegio, che avevano lasciato all'epoca consueta delle vacanze.

    Ad eccezione di due francesi, Briant e suo fratello, e di Gordon,che è americano, sono tutti di origine inglese.

    Doniphan e Cross appartengono a una famiglia di ricchi proprietari, che sono in primo piano nella buona società della NuovaZelanda. Hanno tredici anni e qualche mese, sono cugini eappartengono entrambi alla quinta classe. Doniphan, elegante eabituato a curare molto la propria persona, è certamente l'allievo più

    distinto di tutti. Intelligente e studioso, si preoccupa di essere sempreil primo in tutto, sia per il desiderio di apprendere, sia per quello diaverla vinta sui suoi compagni. Certe sue arie aristocratiche gli hannovalso il soprannome di «lord Doniphan», e il suo carattere autoritariolo porta a voler dominare dovunque si trovi. Da ciò deriva quellarivalità fra Briant e lui che risale a parecchi anni e che si è inaspritasoprattutto dopo che le circostanze hanno aumentato l'influenza diBriant sui compagni. Quanto a Cross, è un allievo qualunque, ma

     pieno di ammirazione per tutto quello che pensa, dice o fa suo cuginoDoniphan.

    Baxter, della stessa classe, tredici anni, ragazzo freddo, riflessivo,lavoratore, molto ingegnoso, abilissimo nei lavori manuali, è figlio diun commerciante che non ha un gran patrimonio.

    Webb e Wilcox, dodici anni e mezzo, sono allievi della quartaclasse. Di intelligenza media, indisciplinati e litigiosi, si sono sempre

    dimostrati molto esigenti nell'osservanza delle consuetudini delfagismo. Le loro famiglie sono ricche e diversi loro membri fanno

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     parte della magistratura del paese.Garnett, della terza classe, e il suo amico Service - dodici anni

    tutti e due - sono figli, l'uno di un capitano di marina a riposo, l'altrodi un agiato colono, che risiedono nel North-Shore sul lato

    settentrionale del porto di Waitemala. Le due famiglie sono moltolegate, e da questa amicizia deriva il fatto che Garnett e Service sonodiventati inseparabili. Sono di buon cuore, ma hanno poca passione per il lavoro, e, se venisse loro data la possibilità di filarsela,approfitterebbero subito dell'occasione. Garnett ha l'hobby - ahimè! -della fisarmonica, strumento apprezzatissimo nella marina inglese.Così, da degno figlio di marinaio, nei ritagli di tempo suona il suostrumento prediletto, e non ha trascurato di portarlo a bordo dellaSloughi. Quanto invece a Service, senza ombra di dubbio è il piùallegro, il più svagato di tutti quanti, praticamente il buffone delcollegio Chairman: sogna solo viaggi avventurosi e sa a memoria il Robinson Crusoe e il  Robinson svizzero, che sono le sue letturefavorite.

    Poi bisogna citare due altri ragazzi, di nove anni. Il primo,Jenkins, è figlio del direttore dell'Accademia delle Scienze, la «New-

    Zealand Royal Society»; l'altro, Iverson, è figlio del pastore dellachiesa metropolitana di Saint-Paul. Appartengono per ora solo allaterza e alla seconda classe, ma figurano già fra i buoni allievi delcollegio.

    Vengono in seguito due piccolini, Dole, otto anni e mezzo, eCostar, otto anni, entrambi figli di ufficiali dell'esercito anglo-zelandese, che vivono nella cittadina di Uchunga, a sei miglia daAuckland, sul litorale del porto di Manukau. Sono di quei ragazzini,

    su cui non c'è niente da dire, tranne che Dole è molto testardo, eCostar molto goloso. Benché non siano i migliori della prima classe,tuttavia essi si credono molto bravi perché sanno leggere e scrivere,cosa di cui alla loro età non c'è proprio motivo di vantarsi.

    Come si vede, questi ragazzi appartenevano tutti a stimatefamiglie, stabilite da lungo tempo nella Nuova Zelanda.

    Resta ora da parlare dei tre altri ragazzi, imbarcati sulla goletta,

    l'americano e i due francesi.L'americano è Gordon, quattordici anni. Tanto il suo viso quanto i

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    suoi atteggiamenti rivelano già una certa rudezza tutta yankee.Benché un po' goffo, un po' pesante, è senza dubbio il più maturo fragli allievi della quinta classe. Se non è brillante come il suocompagno Doniphan, è profondamente giusto e possiede un senso

     pratico di cui ha dato spesso prova. Gli piacciono le cose serie, poiché è di carattere riflessivo e di temperamento freddo. Metodicofino alla pignoleria, ordina le idee nel cervello come gli oggetti sullasua scrivania, dove tutto è classificato, etichettato e annotato su unapposito taccuino. Insomma, i compagni lo stimano, riconoscono lesue qualità e, benché non sia inglese di nascita, lo hanno sempreaccolto favorevolmente. Gordon è di Boston; ma, orfano di padre e dimadre, ha per solo parente il suo tutore, ex agente consolare che,dopo aver fatto fortuna, si è stabilito nella Nuova Zelanda e che giàda alcuni anni risiede in una di quelle graziose ville sparse sullealture intorno al villaggio di Mount-Saint-John.

    I due francesi, Briant e Jacques, sono figli di un noto ingegnere,che da due anni e mezzo è venuto ad assumere la direzione di certigrandi lavori di prosciugamento nelle paludi del centro di Ika-Na-Mawi. Il maggiore ha tredici anni. Poco diligente benché molto

    intelligente, gli capita spesso di essere uno degli ultimi della quintaclasse. Tuttavia, quando ci si mette, grazie alla sua facilità diapprendere e alla sua notevole memoria, arriva al primo posto ed è proprio di questo che Doniphan è geloso. Perciò Briant e lui nonsono mai andati molto d'accordo nel collegio Chairman, e già si sonoviste le conseguenze di questo dissidio a bordo della Sloughi. E poiBriant è ardito, intraprendente, abile negli esercizi fisici, di risposta pronta, ma anche servizievole, di buon carattere, senza nessuna delle

    arie di Doniphan, un po' trasandato, se si vuole, e un po' maleducato,in una parola molto francese, e proprio per questo molto diverso daicompagni d'origine inglese. Del resto, spesso ha protetto i più debolicontro l'abuso che i più grandi facevano della loro forza, e, dal cantosuo, non ha mai voluto sottomettersi agli obblighi del fagismo. Daciò resistenze, lotte, battaglie, dalle quali, grazie alla sua forza e alsuo coraggio, è quasi sempre uscito vincitore. Perciò è benvoluto

    quasi da tutti e, quando si è trattato di dirigere la Sloughi, i suoicompagni, tranne poche eccezioni, non hanno esitato a obbedirgli,

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    tanto più che, come si sa, egli aveva potuto acquistare alcunecognizioni nautiche durante la sua traversata dall'Europa alla NuovaZelanda.

    Suo fratello minore, Jacques, era stato considerato fino allora

    come il più birichino della terza classe - se non di tutto il collegioChairman compreso Service - poiché ne combinava di tutti i colori,giocava tiri birboni ai compagni ed era punito un po' troppo difrequente. Ma, come si vedrà, il suo carattere era decisamente mutatodopo la partenza dello yacht, senza che se ne sapesse il motivo.

    Questi sono i ragazzi che la tempesta aveva gettato su una dellecoste dell'oceano Pacifico.

    Durante quella gita lungo le coste della Nuova Zelanda, la Sloughidoveva essere comandata dal suo proprietario, il padre di Garnett,uno dei più arditi yachtsmen dell'Australasia. Quante volte la golettaera scomparsa nelle acque della Nuova Caledonia, della NuovaOlanda, dallo stretto di Torres alle punte meridionali della Tasmania,e perfino in quei mari delle Molucche, delle Filippine e di Celebes,tanto pericolosi a volte per le navi di maggior tonnellaggio! Ma essaera uno yacht di costruzione solidissima, ottimo veliero e in grado di

    tenere perfettamente il mare anche con tempo cattivo.L'equipaggio era composto da un nostromo, sei marinai, un cuocoe un mozzo, Moko, ragazzo negro di dodici anni, la cui famiglia erada tempo al servizio di un colono della Nuova Zelanda. Bisognaricordare anche un bel cane da caccia, Phann, di razza americana, cheapparteneva a Gordon e non lasciava mai il suo padrone.

    La partenza era stata fissata per il 15 febbraio. Nell'attesa laSloughi restava ormeggiata mediante un cavo a poppa, all'estremità

    del Commercial-pier e di conseguenza piuttosto al largo nel porto.L'equipaggio non si trovava a bordo, quando, il 14 sera, i giovani

     passeggeri si imbarcarono. Il capitano Garnett non doveva giungereche al momento di salpare. A ricevere Gordon e i suoi compagnirimasero solo il nostromo e il mozzo, poiché i marinai erano andati ascolarsi un ultimo bicchiere di whisky. E anzi, dopo che tutti furonoinstallati e coricati, il nostromo ritenne di poter andare a raggiungere

    il suo equipaggio in una taverna del porto, dove ebbe l'imperdonabiletorto di rimanere fino a un'ora avanzata della notte. Il mozzo invece

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    si era addormentato nell'alloggio per i marinai.Che cosa avvenne allora? Probabilmente non lo si sarebbe mai

    saputo. Quel che è certo è che l'ormeggio dello yacht venne sciolto o per negligenza o per dolo... A bordo nessuno si accorse di nulla.

    La più cupa oscurità avvolgeva il porto e il golfo Hauraki. Il ventodi terra spirava con forza e la goletta, trascinata da una corrente diriflusso che andava verso il largo, iniziò a fuggire verso l'alto mare.

    Quando il mozzo si svegliò, la Sloughi rollava come se fosse statacullata da un mare che non era possibile confondere con la consuetarisacca di porto. Moko si affrettò allora a salire sul ponte... Lo yachtera alla deriva!

    Alle grida del mozzo, Gordon, Briant, Doniphan e alcuni altri, balzati dalle loro cuccette, corsero fuori del tambuggio. Ma invanochiamarono aiuto. Non vedevano più neppure un lume della città odel porto. La goletta era già in mezzo al golfo, a tre miglia dallacosta.

    Dapprima, per consiglio di Briant, al quale si affiancò il mozzo, iragazzi tentarono di issare una vela, per rientrare in porto dopo avercorso su un bordo. Ma la vela, troppo pesante per poter essere

    orientata adeguatamente, ebbe come unico risultato quello ditrascinarli più lontano a causa della presa che offriva al vento diovest. La Sloughi scapolò il capo Colville, varcò lo stretto che losepara dall'isola Grande Barriera, e si trovò in breve a molte migliadalla Nuova Zelanda.

    Si capisce la gravità di una simile situazione. Briant e i suoicompagni non potevano più sperare in nessun soccorso da terra. Nelcaso che qualche nave del porto si fosse messa alla loro ricerca,

    sarebbero trascorse parecchie ore prima che essa avesse potutoraggiungerli, ammesso che fosse possibile ritrovare la goletta inquella profonda oscurità. E, d'altra parte, una volta che fosse venutogiorno, come sarebbe stato possibile avvistare una nave tanto piccola, perduta in alto mare? Ma come sarebbero riusciti a cavarsid'impaccio quei ragazzi con le loro sole forze? Se il vento non fossecambiato, avrebbero dovuto rinunciare a ritornare verso terra.

    Rimaneva, è vero, la possibilità di imbattersi in un bastimento chefaceva rotta verso uno dei porti della Nuova Zelanda. Ecco, perché,

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     per problematica che fosse questa eventualità, Moko si affrettò aissare un fanale in testa all'albero di trinchetto. Non rimase altro,allora, che aspettare l'alba.

    Quanto ai piccoli, siccome il tumulto non li aveva svegliati, era

    sembrato opportuno lasciarli dormire. Il loro spavento non avrebbe potuto che diffondere il disordine a bordo.

    Ciononostante si fecero ancora numerosi tentativi per ricondurrela Sloughi sopravvento. Ma essa manteneva per poco quella posizione e derivava verso est con grande velocità.

    A un tratto venne avvistato un fanale a due o tre miglia. Era unfanale bianco, in testa d'albero, che è il segnale che distingue i piroscafi in navigazione. Ben presto apparvero i due fanali di posizione, rosso e verde, e dal momento che essi erano visibilicontemporaneamente, ciò voleva dire che il piroscafo procedevadritto contro lo yacht.

    I ragazzi lanciarono invano grida di aiuto. Il fragore delle onde, ilsibilo del vapore che usciva dalle valvole del piroscafo, il vento cheal largo si era fatto più violento, tutto contribuiva a far si che le lorovoci si perdessero nello spazio.

    Ma, se non potevano udirli, i marinai di guardia non avrebberodovuto avvistare il fanale della Sloughi? Ecco un'ultima speranza.Per disgrazia, a causa di un colpo di beccheggio, la drizza si

    ruppe, il fanale cadde a mare, e nulla indicò più la presenza dellaSloughi, contro la quale il piroscafo avanzava alla velocità di dodicimiglia all'ora.

    Pochi secondi dopo lo yacht fu abbordato e sarebbe affondatoall'istante, se fosse stato preso al traverso; ma la collisione avvenne

    solo di poppa e si limitò a demolire una parte del quadro, senzaurtare lo scafo.

    L'urto era stato così debole, insomma, che, abbandonando laSloughi alla mercé di una tempesta imminente, il piroscafo continuòla propria rotta.

    Troppo spesso i capitani non si preoccupano minimamente disoccorrere le navi che hanno investito. È una condotta criminosa, di

    cui si hanno numerosi esempi. Ma, in questo caso, era possibilissimoche a bordo del piroscafo non ci si fosse nemmeno accorti della

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    su una terra sconosciuta dell'oceano Pacifico.E ora, quale sarebbe stata la sorte di quel collegio di naufraghi,

    trascinati a mille e ottocento leghe dalla Nuova Zelanda? Da quale parte avrebbero ricevuto il soccorso, che non avrebbero potuto

    trovare in se stessi?...In ogni caso le loro famiglie non avevano che troppi motivi di

    crederli affondati con la goletta.Ecco perché:Ad Auckland, quando nella stessa notte fra il 14 e il 15 febbraio

    venne constatata la scomparsa della Sloughi, si avvertirono subito ilcapitano Garnett e le famiglie dei disgraziati ragazzi. Inutiledescrivere l'impressione che tale avvenimento produsse in città, dovela costernazione fu generale.

    Ma se il cavo d'ormeggio si era sciolto o spezzato, forse lacorrente non aveva spinto la goletta al largo nel golfo. Forse sarebbestato possibile ritrovarla, benché il vento di ponente, che andavarinforzando, ispirasse le più dolorose inquietudini.

    Così, senza perdere un istante, il capitano del porto prese lemisure necessarie per andare in soccorso dello yacht. Due piccole

    navi a vapore estesero le ricerche su uno spazio di parecchie migliaall'esterno del golfo Hauraki. Per tutta la notte batterono la zona,dove il mare cominciava a farsi grosso. Ma quando ritornarono,all'alba, furono costrette a togliere ogni speranza alle famiglie colpiteda quella spaventosa catastrofe.

    Infatti, se non avevano trovato la Sloughi, quelle navi ne avevano per lo meno raccolto i relitti. Erano i frammenti del coronamento,caduti in mare, dopo la collisione con il piroscafo peruviano Quito,

    collisione di cui quella nave non s'era nemmeno accorta.Su quei frammenti si leggevano ancora tre o quattro lettere del

    nome Sloughi. Sembrò dunque certo che lo yacht doveva essere statosfasciato da qualche ondata, e che, in seguito a quell'accidente, si era perduto corpo e beni una dozzina di miglia al largo della NuovaZelanda.

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    C  APITOLO IV

    PRIMA ESPLORAZIONE   DEL  LITORALE   —  BRIANT  E  GORDON   ATTRAVERSO  IL  BOSCO  —  INUTILE  TENTATIVO PER TROVARE  UNA GROTTA  — 

     INVENTARIO  DEL  MATERIALE   — PROVVISTE,  ARMI,  ABITI,  LETTI, UTENSILI  VARI   — PRIMA COLAZIONE   — 

    PRIMA  NOTTE...

    LA RIVA era deserta, come aveva riconosciuto Briant quando si eraarrampicato in osservazione sui pennoni dell'albero di trinchetto. Daun'ora la goletta giaceva sul lido, nel suo letto di sabbia; e non si eraancora visto nessun indigeno. Né sotto gli alberi, che siammassavano davanti alla scogliera, né sulle rive del fiumicello

    riempito dalle acque del flusso, si vedeva una casa, una capanna, unricovero qualunque. Non un'impronta di piede umano sul lido, che allimite del bagnasciuga era bordato da un lungo cordone di alghe. Nessuna barca da pesca alla foce del piccolo corso d'acqua. Infinenessuna voluta di fumo saliva nell'aria in tutto il perimetro della baiacompreso fra i due promontori del sud e del nord.

    Prima di tutto Briant e Gordon pensarono di spingersi fra glialberi per raggiungere la scogliera e salirvi, se ciò fosse stato

     possibile. — Eccoci a terra, è già qualche cosa! — disse Gordon. — Ma che

    terra è questa, che sembra disabitata... — L'importante è che non sia inabitabile — rispose Briant. —

     Noi abbiamo provviste e munizioni per un certo periodo di tempo!...Ci manca solo un ricovero, e bisogna trovarlo... almeno per i piccoli... Loro prima di tutto!

     — Sì!... hai ragione!... — replicò Gordon. — Quanto a sapere dove siamo — riprese Briant — avremo

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    una zona ben diversa, senza verde, senza dislivelli di terreno. La sisarebbe detta un vasto acquitrino che si estendeva fino all'orizzontemeridionale.

    Delusi nelle loro speranze, senza essere riusciti ad arrivare alla

    sommità della scogliera da dove avrebbero certo potuto osservare il paese per un raggio di parecchie miglia, Briant e Gordon ritornaronoverso la Sloughi. 

    Doniphan e qualche altro passeggiavano sulle rocce, mentreJenkins, Iverson, Dole e Costar si divertivano a raccogliereconchiglie.

    Durante un colloquio avuto con i più grandi Briant e Gordonesposero il risultato della loro esplorazione. In attesa che leinvestigazioni potessero essere spinte più lontano si ritenneopportuno non abbandonare la goletta. Quantunque avesse la carenafracassata e fosse assai inclinata da sinistra a dritta, avrebbe potutoservire come abitazione provvisoria, nel luogo stessodell'incagliamento. Benché a prora, al disopra del locale perl'equipaggio, il ponte si fosse aperto, il quadrato e le cabine di poppaoffrivano, almeno, un riparo sufficiente contro le raffiche. La cucina

    non aveva per nulla sofferto in seguito al tallonamento sugli scoglicon grande soddisfazione dei piccoli, i quali erano particolarmenteinteressati al problema dei pasti.

    A dire il vero, era una fortuna che i ragazzi non fossero statiobbligati a trasportare sul lido gli oggetti indispensabili alla loroinstallazione. Anche ammesso che vi fossero riusciti, quantedifficoltà, quante fatiche avrebbero dovuto incontrare! Se la Sloughifosse rimasta esposta sulla prima linea di frangenti, come avrebbero

     potuto portare in salvo il materiale? Il mare avrebbe demolitorapidamente lo yacht, e dai suoi pochi relitti sparsi sul litorale comesarebbe stato possibile recuperare conserve, armi, munizioni, abiti,letti, gli utensili di ogni tipo tanto necessari all'esistenza di quel piccolo gruppo? Per fortuna l'onda di contromarea aveva gettato laSloughi al di là del banco di scogli. Se essa ora non era ormai più ingrado di navigare, almeno era abitabile, dal momento che le sue parti

    superiori avevano resistito prima alla tempesta poi all'urto, e chenulla ormai poteva strapparla da quel solco sabbioso, nel quale era

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    affondata la sua chiglia. Senza dubbio, sotto l'azione continua delsole e della pioggia, essa avrebbe finito per aprirsi del tutto, i suoicorsi avrebbero ceduto, il ponte si sarebbe spaccato completamente, eil rifugio che ora poteva ancora offrire sarebbe divenuto

    insufficiente. Ma prima di quel momento o i giovani naufraghiavrebbero potuto raggiungere qualche città, qualche villaggio, o, sela tempesta li aveva relegati in un'isola deserta, avrebbero scopertoqualche grotta nelle rocce del litorale.

    La cosa migliore era dunque rimanere provvisoriamente a bordodella Sloughi. Alla sistemazione si provvide quello stesso giorno.Una biscaglina, disposta a dritta, dalla parte verso cui lo yacht erainclinato, permise ai grandi come ai piccoli di raggiungere itambuggi del ponte. Moko, che sapeva un po' cucinare, nella suaqualità di mozzo e aiutato da Service, che si divertiva a pasticciareattorno ai fornelli, si preoccupò di preparare un pasto. Tuttimangiarono di buon appetito e anzi Jenkins, Iverson, Dole e Costarripresero il loro buon umore. Solo Jacques, il fratello di Briant, untempo il caposcarico del collegio, continuò a tenersi in disparte. Uncambiamento del genere nel suo carattere e nelle sue abitudini non

     poteva che stupire; ma Jacques, divenuto molto silenzioso, avevasempre evitato di rispondere alle osservazioni che i compagni gliavevano fatto in proposito.

    Infine, stanchissimi, dopo tanti giorni e tante notti passati inmezzo ai mille pericoli della tempesta, tutti non pensarono più che adormire. I piccini si suddivisero nelle cabine dello yacht, dove igrandi non tardarono a raggiungerli. Però Briant, Gordon e Doniphanvollero vegliare a turno. Non era forse il caso di temere la comparsa

    di qualche branco di bestie feroci, o addirittura di una bandad'indigeni che non sarebbero stati meno temibili? Ma non avvennenulla. La notte trascorse tranquilla, e quando sorse il sole, dopo una preghiera di ringraziamento a Dio, ci si occupò dei lavori richiestidalle circostanze.

    Prima di tutto, si dovette fare l'inventario delle provviste delloyacht, poi del materiale, cioè armi, strumenti, utensili, abiti, ecc. La

    questione dei viveri era la più seria, perché quella costa sembravadeserta. Le risorse si sarebbero limitate ai prodotti della pesca e della

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    caccia, sempre che non fosse mancata la selvaggina. Doniphan, cheera un esperto cacciatore, non aveva visto che fitti stormi di volatilialla superficie degli scogli e delle rocce del litorale. Ma sarebbe statoassai spiacevole essere ridotti a cibarsi di uccelli marini. Importava

    saper fin da allora quanto tempo avrebbero potuto durare le provvistedella goletta facendone un uso moderato.

    Ora, dopo aver condotto a termine l'esame, tranne la galletta, dellaquale c'era una provvista ragguardevole, conserve, salumi, biscotti dicarne (cioè composti con farina di prima qualità, carne di maialetritata e spezie), corn-beef, carne in salamoia, scatole di stufato, tuttociò non sarebbe durato più di due mesi anche ricorrendovi conestrema parsimonia. Così, fin dall'inizio sarebbe stato opportunoricorrere ai prodotti del paese per risparmiare le provviste nel casofosse necessario percorrere alcune centinaia di miglia perraggiungere i porti del litorale o le città dell'interno.

     — Purché queste conserve non abbiano sofferto! — osservòBaxter. — Se l'acqua è penetrata nella stiva, dopo che ci siamoincagliati...

     — È quello che vedremo aprendo le scatole che ci sembreranno

    avariate... — rispose Gordon. — Forse se si facesse cuocere di nuovoil contenuto, potremmo servircene... — Me ne incarico io — rispose Moko. — E mettiti subito al lavoro — riprese Briant — perché, nei primi

    giorni, saremo costretti a ricorrere alle provviste della Sloughi.  — E perché non cominciare fin da oggi — osservò Wilcox — a

    visitare le rocce che si ergono nella parte nord della baia, perraccogliervi delle uova commestibili?

     — Sì!... sì!..