Introduzione ai farmaci antinfiammatori e analgesici ... 15 sett... · gamma di proteine, induzione...

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IX Ciclo di Laboratori Chimici di Aggiornamento per i Docenti delle Scuole Medie Superiori Introduzione ai farmaci antinfiammatori e analgesici Sintesi del Paracetamolo Dr.ssa Alessandra Silvani ([email protected] ) Commissione Orientamento del Collegio Didattico del Dipartimento di Chimica 15 Settembre 2014 Aula G09, Settore Didattico Golgi Laboratorio 3070, via Golgi 19

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IX Ciclo di Laboratori Chimici di Aggiornamento

per i Docenti delle Scuole Medie Superiori

Introduzione ai farmaci

antinfiammatori e analgesici

Sintesi del Paracetamolo

Dr.ssa Alessandra Silvani ([email protected]) Commissione Orientamento del Collegio Didattico del Dipartimento di Chimica

15 Settembre 2014 Aula G09, Settore Didattico Golgi

Laboratorio 3070, via Golgi 19

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Sommario CHE COS’E’ L’INFIAMMAZIONE • I componenti della risposta infiammatoria • I mediatori chimici dell’infiammazione FARMACI ANTINFIAMMATORI (ED ANALGESICI) • Farmaci cortisonici (inibitori di fosfolipasi) • FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) DERIVATI PARA-AMINOFENOLICI (paracetamolo) FARMACI ANALGESICI ESPERIENZA DI LABORATORIO • Sintesi del paracetamolo

Farmaci antiinfiammatori ed analgesici

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INFIAMMAZIONE

L’infiammazione è una complessa reazione a scopo difensivo, che favorisce l’intervento di componenti del sistema immunitario nelle sedi in cui si verifica un danno tissutale. Serve a: • distruggere o confinare l'agente lesivo • produrre una riparazione del danno • ricostruire il tessuto danneggiato

Tipi di stimoli lesivi:

esogeni: • biologici (viventi: microrganismi; non viventi: tossine) • chimici (acidi, alcali, silice, asbesto) • fisici (radiazioni, temperature estreme, traumi, corpi estranei)

endogeni: • disordini metabolici • alterazioni immunitarie

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Cornelio Celso, uno scrittore romano (non medico) del primo secolo a.C., descrisse così i segni clinici dell’infiammazione: calor (calore) rubor (rossore) tumor (gonfiore) dolor (dolore) un quinto segno fu aggiunto più tardi da Rudolf Virchow, medico tedesco (1821-1902),

ed è la functio lesa (perdita di funzione).

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Si distinguono due tipi di infiammazione:

• acuta (angioflogosi): di breve durata, caratterizzata dalla comparsa di una serie di manifestazioni che fanno seguito a modificazioni del microcircolo (aumento della permeabilità dei capillari, presenza di un essudato composto da liquidi e proteine plasmatiche (edema), migrazione dei leucociti, soprattutto neutrofili). È caratterizzata dai 5 segni “cardinali”: - rubor - per la persistente dilatazione del letto vascolare periferico (arteriole, capillari, venule) - calor - conseguenza dell’aumentato flusso ematico nel microcircolo - tumor - aumento della permeabilità dell’endotelio e accumulo di componenti del plasma (essudato) - dolor - determinato dalla stimolazione degli algorecettori nell’ area interessata - functio lesa - perdita o riduzione della funzione muscolare causata dal dolore e dalla limitazione meccanica conseguente alla tumefazione.

• cronica (istoflogosi): di lunga durata, è caratterizzata dalla presenza di granulomi. I fenomeni essudativi sono attenuati, prevale la migrazione di cellule specifiche (monociti, linfociti) e la loro moltiplicazione e differenziazione in elementi diversi (macrofagi e plasmacellule). Può esserci fibrosi e necrosi tessutale.

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I componenti della risposta infiammatoria: cellule e proteine dei vasi sanguigni, cellule e proteine della matrice extracellulare.

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Le cellule coinvolte nel processo infiammatorio sono quiescenti in condizioni normali, ma si attivano nel sito d’infiammazione, producendo mediatori chimici.

Neutrofili • Leucociti presenti, in condizioni normali, solo nel sangue e nel midollo osseo. Vita

breve: 12-20 ore. • Sono dotati di elevata capacità battericida, conferita da diversi enzimi e dalla possibilità

di secernere radicali liberi dell’ossigeno. I microorganismi ingeriti sono demoliti attraverso la generazione di composti tossici dell’ossigeno. La loro presenza nei tessuti è indicativa di un’invasione batterica in atto.

Eosinofili • Nel sangue sono presenti 2-3 eosinofili ogni 55 neutrofili. Nei tessuti gli eosinofili sono

molto diffusi, specialmente nella mucosa del tratto gastroenterico. • Rispondono ad invasori più grandi, essendo la loro azione difensiva diretta nei confronti

di infestazioni parassitarie.

Mastociti • Si trovano sia nelle mucose, sia nel connettivo della maggior parte dei tessuti ed organi. • Rilasciano istamina e altri mediatori dell’infiammazione.

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Basofili • Sono leucociti del sangue circolante. Rappresentano il corrispettivo “circolante” dei

mastociti tissutali: pur avendo precursori diversi, basofili e mastociti hanno struttura e funzioni simili.

Monociti/Macrofagi • Rappresentano due fasi della stessa cellula, la fase circolante e la fase tissutale. • Nella cronicizzazione della flogosi, subentrano definitivamente ai neutrofili. • Presiedono a molte attività: fagocitosi, angiogenesi, fibrosi, secrezione di una vasta

gamma di proteine, induzione della febbre e di altre reazioni generali dell’organismo nella flogosi.

Piastrine • Indispensabili per interrompere le emorragie. All’infiammazione partecipano col

rilascio di diversi tipi di molecole.

Fibroblasti • Sintetizzano collageno, elastina e glicosaminoglicani. Sono le cellule protagoniste del

processo riparativo.

Linfociti T, Linfociti B • Cellule della risposta immunitaria (specifica per un dato tipo di antigene). Possono

intervenire anche nella risposta flogistica (aspecifica).

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Il processo infiammatorio acuto è la reazione immediata del tessuto al danno ed ha lo scopo di portare in loco i costituenti difensivi del plasma. Si articola in 4 fasi:

1. Vasodilatazione arteriolare e aumento del flusso di sangue

2. Permeabilizzazione dei vasi, mediante apertura di gap intercellulari nell’endotelio, fuoriuscita di fluido plasmatico (edema) e conseguente aumento della viscosità del sangue.

3. Immigrazione dei leucociti: i leucociti tendono ad addossarsi alla parete del vaso e, grazie a molecole di adesione particolari, vi si attaccano e la attraversano, arrivando al tessuto danneggiato.

4. Attivazione dei leucociti (fagocitosi)

La microcircolazione è costituita dai vasi interposti tra le piccole arterie e le piccole vene: arteriole, capillari e venule. Questi sistemi si differenziano per le caratteristiche della loro parete.

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Esiti finali dell'infiammazione acuta: guarigione, trasformazione in fibrosi o in infiammazione cronica.

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Infiammazione cronica

Si tratta di un'infiammazione di lunga durata, nella quale coesistono distruzione di tessuto e tentativi di riparazione. Si instaura quando lo stimolo lesivo persiste.

Ad esempio:

Infezioni persistenti (micobatteri, ad es. tubercolosi, lebbra)

Esposizione prolungata ad agenti esogeni inerti (ad es. silicosi). Gli enzimi dei neutrofili non hanno la possibilità di distruggerli. Il materiale rimane come un irritante cronico all'interno dei tessuti. Materiali endogeni collocati in sede impropria o depositati in grande quantità, come i cristalli di acido urico (ad es. gotta) Fattori ancora ignoti (ad es. sarcoidosi)

Autoimmunità (ad es. artrite reumatoide)

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Stile di vita (errori alimentari, elevati e prolungati livelli di cortisolo, ormone dello stress, nel circolo sanguigno). L’infiammazione cronica (the secret killer) può portare, nel tempo, ad un vero e proprio esaurimento del sistema immunitario, o a predisporre il terreno per malattie autoimmuni.

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Mediatori Flogistici Mediatori chimici dell’infiammazione

Le alterazioni cellulari e tessutali che si manifestano nel corso di un processo infiammatorio sono causate dall’ azione di svariate sostanze di origine cellulare o plasmatica (mediatori).

Sono molecole distribuite nei vari tessuti in forma inattiva (come precursori o sequestrati nelle cellule). In seguito ad uno stimolo infiammatorio vengono “attivati” o “rilasciati”, ed esplicano la loro azione mediata da diversi recettori.

• Mediatori di origine cellulare: istamina, EDRF(Endotheline-derived relaxing factor), serotonina, citochine, enzimi lisosomiali, eicosanoidi.

• Mediatori di origine plasmatica: fattori di complemento, enzimi della coagulazione, chinine; sono componenti proteici sintetizzati altrove (fegato).

EC = endothelial cells

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Mediatori chimici dell’infiammazione

Ammine vasoattive:

• Istamina: presente nei granuli di mastociti, basofili e piastrine. E’ responsabile della dilatazione delle arteriole e della permeabilizzazione delle venule.

• Serotonina: ha azione simile all’istamina.

Proteasi plasmatiche:

• Complemento: è responsabile di vasodilatazione.

• Chinine: hanno azione vasopermeabilizzante, di contrazione della muscolatura liscia e dolorifica.

• Fattori della coagulazione: presiedono alla formazione di trombina; questa è responsabile della proliferazione dei fibroblasti che a loro volta trasformano il fibrinogeno in fibrina.

Platelet activating factor (PAF):

• Prodotto da mastociti, neutrofili, endotelio e piastrine; è responsabile di vasocostrizione/vasodilatazione, broncocostrizione, aggregazione piastrinica ed attivazione dei leucociti.

Citochine:

• Mediatori polipeptidici, non antigene-specifici, che fungono da segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario.

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Ossido nitrico (NO):

• Gas libero solubile sintetizzato dall’endotelio. Ha un’azione transitoria e rapida che porta a vasodilatazione, aggregazione piastrinica e citotossicità.

Derivati dell’acido arachidonico:

• L’ acido arachidonico è un acido polinsaturo derivato dall’acido linoleico, il quale è presente nei fosfolipidi di membrana. Viene prodotto per attivazione di fosfolipasi.

Dall’acido arachidonico, per azione di enzimi ciclossigenasi, si arriva alla produzione di prostacicline (vasodilatazione ed inibizione dell’aggregazione piastrinica), tromboxani (vasocostrizione, promozione dell’aggregazione piastrinica) e prostaglandine (vasodilatazione ed edema).

Per azione di enzimi lipoossigenasi derivano invece i leucotrieni (vasocostrizione, broncospasmo).

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acido arachidonico

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Con il simbolo X sono stati indicati i bersagli molecolari dell'azione di alcuni farmaci antinfiammatori. COX= cyclooxygenase

FARMACI ANTINFIAMMATORI (ED ANALGESICI) Agiscono inibendo la sintesi di importanti mediatori chimici dell’infiammazione, quali le prostaglandine. L’inibizione può avvenire a livello degli enzimi fosfolipasi (blocco del rilascio di acido arachidonico in seguito a lesione delle membrane cellulari), oppure cicloossigenasi (blocco della conversione di acido arachidonico in prostaglandine).

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Prostaglandine • acidi grassi a 20 C • isolate per la prima volta da sperma umano • largamente diffuse nei tessuti animali • molteplici funzioni (regolazione di pressione e aggregazione piastrinica, contrazione muscolare, protezione gastrica, mantenimento del flusso renale) • la loro produzione aumenta nel corso di fenomeni infiammatori e attiva la percezione del dolore e la febbre • facile degradazione • uso terapeutico limitato al campo ginecologico (stimolazione delle contrazioni uterine)

Caratteristiche comuni: • anello ciclopentanico • catena C7 (COOH) • catena C8 (metile)

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L'infiammazione è sicuramente un meccanismo di difesa del nostro organismo. Tuttavia il processo infiammatorio provoca danni ai tessuti e dolore. Il dolore è legato alla presenza del fenomeno infiammatorio a carico di varie strutture (cute, articolazioni, ossa, tendini, muscoli, visceri) ed alla conseguente attivazione dei nocicettori periferici. I farmaci antiinfiammatori sono definiti sintomatici: non hanno veri e propri effetti terapeutici, ma, limitando l'infiammazione, favoriscono il recupero. • Cortisonici (solo antinfiammatori) • FANS (antinfiammatori ed analgesici) • Paracetamolo (debolmente antinfiammatorio; analgesico) • Oppioidi (analgesici)

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Appartengono alla classe strutturale degli steroidi (triterpeni modificati).

Farmaci cortisonici (inibitori di fosfolipasi)

I diversi steroidi si differenziano per la presenza o l’assenza degli atomi di carbonio identificati dai numeri superiori a 17 e per i gruppi funzionali presenti sul resto della struttura.

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Steroidi naturali: gli ormoni adrenocorticali (corticosteroidi) C21

• prodotti dalla corteccia delle ghiandole surrenali

• coinvolti in una varietà di meccanismi fisiologici, inclusi quelli che regolano l'infiammazione e il sistema immunitario.

I glucocorticoidi controllano in particolare il metabolismo di carboidrati, grassi e proteine

I mineralcorticoidi controllano i livelli di elettroliti e la quantità di acqua presenti nel sangue.

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Relazione struttura attività: • OH in posizione 17a conferisce attività glucocorticoide • Esteri su C21 aumentano il tempo di emivita nell’organismo • Introduzione di un doppio legame su C1-C2 aumenta l’attività • Sostituzioni in 9a aumentano l’attività • Modifiche contemporanee in 9a, 6a incrementano solo attività glucocorticoide • Modifiche in 16 (a o b) incrementano l’attività glucocorticoide

I farmaci cortisonici sono composti di sintesi dotati di spiccata attività antinfiammatoria ed immunosoppressiva. A differenza dei corticosteroidi naturali, anch’essi somministrati come farmaci, presentano maggior potenza di azione e minori effetti collaterali.

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Usi clinici dei cortisonici Uso topico in dermatologia (pruriti, eczemi, psoriasi) e oftalmologia Uso sistemico:

- terapia sostitutiva nell’insufficienza corticosurrenalica - malattie autoimmuni: artrite reumatoide, lupus eritematosus - malattie allergiche: febbre da fieno, orticaria, shock anafilattico, asma bronchiale - sarcoidosi - shock settico - malattie dell’intestino: coliti ulcerose, malattia di Crohn.

Gli effetti collaterali sono dovuti ad interazioni negative con: - metabolismo glucidico (effetto iperglicemizzante) - metabolismo proteico (aumento del catabolismo proteico, ciò causa atrofia

muscolare, fragilità capillare, ritardo nella crescita e lenta cicatrizzazione delle ferite) - equilibrio idro-salino (ritenzione idrica, ridotto assorbimento intestinale di calcio

(osteoporosi)) - metabolismo lipidico (aumento di grasso addominale) - SNC (variazioni del tono dell’umore, insonnia, e, alla sospensione, sintomi depressivi)

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FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) I FANS sono tra i farmaci più utilizzati al mondo. Hanno struttura chimica molto varia, pur essendo per la maggior parte acidi organici. Condividono alcune azioni terapeutiche (antiinfiammatoria, analgesica, antipiretica), nonché alcuni effetti collaterali (gastrolesività e nefrotossicità). Gli effetti terapeutici dei FANS dipendono in gran parte dalla inibizione della sintesi di prostaglandine. Nel 1971, Sir John Vane (premio Nobel per la medicina nel 1982) dimostrò per la prima volta che l’aspirina e l’indometacina inibivano in vitro l’enzima prostaglandina G/H sintasi, nota comunemente come cicloossigenasi (COX), prevenendo in tal modo la biosintesi delle prostaglandine.

aspirina

indometacina

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Sir John Vane

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La cicloossigenasi (COX) è un enzima dotato di due attività catalitiche: attività cicloossigenasica che converte l’acido arachidonico in PGG2, ed un’attività perossidasica che riduce la PGG2 a PGH2; la PGH2 è a sua volta substrato di numerose sintetasi tessuto-specifiche che la trasformano in prostanoidi biologicamente attivi quali PGD2, PGE2, PGF2α, TXA2, PGI2. I FANS bloccano esclusivamente l’attività cicloossigenasica.

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Esistono due isoforme dell’enzima, la cicloossigenasi-1 (COX-1), costitutiva, e la cicloossigenasi-2 (COX-2), inducibile. La struttura enzimatica è stata chiarita per cristallografia a raggi X (COX-1: Picot D. et al., Nature 1994; COX-2: Luong C et al., Nat Struct Biol 1996). La COX-1 è responsabile della produzione basale di prostaglandine, contribuendo, in tal modo, al controllo di importanti funzioni fisiologiche (es. protezione a livello gastrico). La COX-2 è indotta principalmente da stimoli infiammatori, in diversi tipi cellulari (es. macrofagi) ed è l’isoforma responsabile dell’aumentata biosintesi di prostaglandine nei processi infiammatori sia acuti che cronici.

tessuti normali sito d’infiammazione

Produzione fisiologica di prostaglandine

Produzione patologica di prostaglandine

COX-1 costitutiva

COX-2 inducibile

acido arachidonico

funzione normale infiammazione, dolore, febbre

FANS COX-2 inibitori (coxib)

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Confronto tra il sito catalitico delle COX-1 e COX-2 Le due isoforme mostrano più del 60% di omologia, e una simile affinità per l’acido arachidonico. Entrambe le COX sono configurate in modo tale che il sito attivo è posizionato al termine di un lungo canale idrofobico che i FANS non selettivi (es. ibuprofene) occupano, impedendo in tal modo all’acido arachidonico di raggiungere il sito catalitico cicloossigenasico, con conseguente inibizione della biosintesi delle prostaglandine.

(selettivo) (non selettivo)

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ibuprofene celecoxib

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1a generazione dei FANS: I salicilati Aspirina (o acido acetilsalicilico, nome IUPAC: acido 2-acetossibenzoico)

La sostanza attiva dell'estratto di corteccia del salice bianco (Salix alba), chiamato salicina, fu isolato in cristalli nel 1828 da Henry Leroux, un farmacista francese, e da Raffaele Piria, un chimico italiano. La salicina è abbastanza acida quando viene sciolta in acqua (una sua soluzione satura ha pH 2,4), per questo venne ribattezzata acido salicilico. Il composto fu isolato anche dai fiori di olmaria (Spiraea ulmaria) da alcuni ricercatori tedeschi nel 1839.

Erodoto (V sec a.C.) narrava che esisteva un popolo stranamente più resistente di altri alle comuni malattie; tale popolo usava mangiare le foglie di salice. Ippocrate, considerato il padre della medicina, descrisse nel V secolo a.C. una polvere amara estratta dalla corteccia del salice che era utile per alleviare il dolore ed abbassare la febbre. Un rimedio simile è citato anche dai sumeri, dagli antichi egiziani e dagli assiri.

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fiore di olmaria

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Nel 1897 Felix Hoffmann, dopo l'idea del suo superiore Arthur Eichengrün, chimici impiegati presso la Bayer, derivatizzò il gruppo ossidrile (-OH) dell'acido salicilico con un gruppo acetile, formando l'acido acetil-salicilico. Tale composto presentava gli stessi effetti terapeutici dell'acido salicilico, ma con minori effetti collaterali. Nacque così il primo farmaco sintetico - una molecola nuova, non una copia di una molecola già esistente in natura - e la moderna industria farmaceutica.

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Il nome "aspirina" fu brevettato dalla Bayer nel 1899, componendo il prefisso "a-" (per il gruppo acetile) con "-spir-" (dal fiore Spiraea, da cui si ricava l'acido spireico, ovvero l’acido salicilico) e col suffisso "-ina" (generalmente usato per i farmaci all'epoca). Già nel 1917, prima ancora che il brevetto scadesse, la Bayer non riuscì ad impedire che il nome e la formula del farmaco fossero impiegati da altri. Sul mercato apparvero quindi "Aspirine" prodotte da numerose diverse case farmaceutiche finché nel 1921 una sentenza della corte federale degli Stati Uniti fece di "aspirina" un nome generico non più soggetto a brevetto. In altre nazioni, tra cui l‘Italia ed il Canada, il nome "Aspirina" è invece ancora un marchio registrato.

Felix Hoffmann

Il meccanismo di azione dell'aspirina fu conosciuto in dettaglio solamente nel 1970. Come già detto, in una ricerca che gli valse il premio Nobel, il londinese John Vane dimostrò che l'aspirina nell'organismo umano blocca la produzione delle prostaglandine. Questo avviene perché l'enzima cicloossigenasi - coinvolto nella loro sintesi - viene inibito irreversibilmente dall’aspirina, mediante acetilazione.

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Acidi arilpropionici L’ibuprofene trova indicazione nel trattamento del dolore e flogosi nelle malattie reumatiche. È’ in genere tollerato meglio dell’aspirina e dell’indometacina. Il fenoprofene ha un’attività antinfiammatoria leggermente superiore all’ibuprofene. Il flurbiprofene presenta un’attività antinfiammatoria più potente rispetto all’ibuprofene. Il naprossene è uno dei FANS più utilizzati. E’ circa 50 volte più potente dell’aspirina.

2a generazione dei FANS (1960-1970):

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Acidi eteroaril acetici Il diclofenac è indicato per il trattamento a lungo termine del dolore e della flogosi nell’artrite reumatoide, nell’osteoartrite e nella spondilite anchilosante. Presenta una selettività maggiore verso la COX-2 rispetto ad altri FANS. Il tolmetin non è in commercio in Italia. Il ketorolac possiede un’elevata attività analgesica e una modesta efficacia antipiretica e antiflogistica.

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Acidi indolo e indene acetici L’indometacina è un FANS molto potente utilizzato principalmente come farmaco antinfiammatorio nelle malattie articolari degenerative, quali la spondilite anchilosante e l’osteoartrite. E’ anche molto efficace nel trattamento acuto della gotta. L’etodolac è un inibitore COX, con una certa selettività verso la COX-2. Il sulindac è un profarmaco la cui attività antinfiammatoria risiede nel suo metabolita solfuro.

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3a generazione dei FANS (1980):

Acidi enolici (OXICAM) Gli oxicam sono strutturalmente diversi dagli altri FANS in quanto non sono acidi carbossilici, ma derivati delle 4-idrossi-1,2-benzotiazincarbossiammidi. Il piroxicam è stato introdotto in terapia negli Stati Uniti nel 1982 con il nome di Feldene ed è tutt’ora uno dei farmaci maggiormente prescritti. L’elemento che contraddistingue questo FANS è la lunga emivita plasmatica (40-50 ore).

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4a generazione dei FANS (1980-2000):

SOLFONILIDICI La nimesulide inibisce entrambe le isoforme dell'enzima cicloossigenasi (COX1 e COX2) ma preferenzialmente, anche se non in modo esclusivo, inibisce la COX-2. Tale caratteristica lo colloca a metà strada tra i FANS classici non selettivi e i COX-2 selettivi (celecoxib). Le preparazioni sistemiche di nimesulide sono state ritirate dal mercato di diversi Paesi per il rischio di tossicità epatica.

COXIB Sono stati sviluppati con l’obiettivo di ridurre la tossicità gastrointestinale attraverso il risparmio dell’attività della COX-1 del tratto gastrointestinale. Chimicamente si dividono in: derivati sulfonamidi; derivati metilsulfonici; derivati fenilacetici.

Farmaci antiinfiammatori ed analgesici

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Poiché sono stati evidenziati rischi elevati di complicanze cardiovascolari (ictus, crisi cardiache), l’uso dei coxib è stato recentemente sottoposto a restrizioni: L’uso dei COXIB altamente selettivi non è raccomandato di routine nella artrite reumatoide e nell’osteoartrosi in sostituzione degli altri FANS, ma solo in pazienti ad alto rischio di serie complicazioni gastro-intestinali:

pazienti >65 anni, in terapia concomitanti con farmaci con documentata azione gastro-lesiva che richiedono trattamenti prolungati ad alti dosaggi, o con serie co-morbilità.

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Azioni farmacologiche dei FANS Effetto antinfiammatorio: le prostaglandine sintetizzate e rilasciate causano i fenomeni di vasodilatazione ed aumento della permeabilità vascolare tipici della reazione infiammatoria. L'inibizione della sintesi delle prostaglandine interferisce con il processo infiammatorio, sia acuto che cronico. L’effetto antinfiammatorio clinicamente si evidenzia più tardi rispetto a quello analgesico.

Effetto analgesico: le prostaglandine aumentano la sensibilità dei recettori periferici del dolore a stimoli meccanici o chimici, attraverso il rilascio di mediatori d’attivazione (bradichinina, istamina). Attraverso un meccanismo periferico riconducibile alla inibizione locale della cicloossigenasi, i FANS sono attivi sul dolore di bassa o media intensità. Effetto antipiretico: la febbre ha, entro certi limiti, un ruolo specifico nel favorire le difese dell’ospite. Negli stati patologici si osserva un aumento della sintesi di prostaglandina PGE2 che, a sua volta, innalza la soglia di termoregolazione con conseguente vasocostrizione cutanea, diminuita perdita di calore, febbre. L’effetto antipiretico centrale è riconducibile alla inibizione della cicloossigenasi a livello ipotalamico (centro incaricato della termoregolazione). Nel caso dei derivati salicilici, si ha anche un effetto periferico che induce la dispersione di calore (aumento del flusso sanguigno a livello della cute; aumento della sudorazione).

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Azione antiaggregante piastrinica: l’azione antiaggregante è caratteristica in particolare dell’aspirina (l’unico FANS utilizzato nelle malattie tromboemboliche), che provoca una inibizione irreversibile della COX a livello delle piastrine.

Indicazioni terapeutiche comuni dei FANS Come antinfiammatori: a dose piena particolarmente efficaci nelle artriti infiammatorie croniche (es. artrite reumatoide, osteoartrite), nelle artrosi e più in generale in tutte le affezioni che interessano i muscoli, i tendini e le articolazioni. Come analgesici: efficaci contro il dolore da lieve a moderato che si manifesta nel corso di stati infiammatori transitori a carico dell’apparato muscoloscheletrico, ed, inoltre, in caso di nevralgie, sciatalgie, mal di denti, cefalee, dolore post-traumatico e post-operatorio. Come antipiretici: i più impiegati sono l’aspirina ed il paracetamolo, entrambi caratterizzati da una rapida insorgenza d’azione (30-60 min.) utile quando si vuole intervenire rapidamente per il trattamento della febbre.

Recenti indicazioni terapeutiche dei FANS di ultima generazione

Poliposi del colon, carcinoma del colon retto, tumori testa-collo in associazione alla radioterapia (Coxib).

Prevenzione e progressione del morbo di Alzheimer.

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Effetti indesiderati Poiché la proprietà comune di tutti i FANS è quella di inibire la biosintesi delle prostaglandine, questi farmaci, oltre a condividere molte azioni terapeutiche, presentano anche numerosi effetti collaterali in comune.

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DERIVATI PARA-AMINOFENOLICI Il paracetamolo (acetaminofene; N-acetil-p-aminofenolo, Tachipirina, Efferalgan) ha effetti analgesici e antipiretici paragonabili a quelli dell’aspirina, ma solo lievi effetti antinfiammatori. Non è da considerarsi un FANS.

Il farmaco è più efficace nell’inibire la biosintesi delle prostaglandine a livello cerebrale (effetti sistemici), che locale (effetti antinfiammatori). Probabilmente agisce su una terza isoforma dell’enzima cicloossigenasi (COX-3), presente solo a livello centrale, oltre che su altri sistemi recettoriali del SNC.

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Alle dosi terapeutiche (fino a 4 g al giorno), il paracetamolo è generalmente ben tollerato. E’ in commercio in numerose associazioni con FANS (Algopirina®, …), antistaminici (Triaminic®, Zerinol®,…), vitamina C (Tachiflu®, …), codeina (Co-efferalgan®, Tachidol®,..) altri analgesici (Veramon®, Saridon®,…). In dosi terapeutiche, il paracetamolo non è gastrolesivo e può essere assunto anche dai pazienti con rischio di danno gastrico. Dosi terapeutiche non sono associate a nefrotossicità, né a danno epatico. Può essere impiegato nei pazienti con patologie cardiovascolari e ipertensione. Non ha effetti sulla aggregazione piastrinica ed è considerato sicuro nei pazienti con disordini della coagulazione. Dosi terapeutiche non hanno effetti sul sistema respiratorio e sono generalmente ben tollerate dai pazienti asmatici.

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A differenza degli altri FANS, che devono essere utilizzati con cautela durante la gravidanza, il paracetamolo può essere utilizzato in tutti i trimestri di gravidanza (“Nessuna segnalazione di pericolosità”, dalla Guida all’uso dei farmaci, 2007).

Grazie all’elevato rapporto beneficio/rischio il paracetamolo è il farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore lieve-moderato.

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FARMACI ANALGESICI Scala analgesica dell’OMS Dolore lieve Paracetamolo, FANS (più adiuvanti) Dolore moderato Oppioidi minori, Paracetamolo, FANS (più adiuvanti) Dolore forte Oppioidi forti, Paracetamolo, FANS (più adiuvanti) Per adiuvanti si intende: antidepressivi, miorilassanti, corticosteroidi, anestetici locali, ansiolitici. L’associazione oppioide-FANS e oppioide-paracetamolo è utile e migliora la qualità dell’analgesia, perché i due gruppi di farmaci hanno un meccanismo d’azione diverso. In questo modo si può diminuire la dose di ciascun farmaco, riducendo gli effetti collaterali. Normalmente, per il trattamento del dolore si fa una distinzione tra: • Dolore acuto • Dolore cronico benigno • Dolore cronico da cancro

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Dolore cronico: anch’esso scatenato da un evento traumatico, può continuare per fattori che non sono direttamente correlati alla causa iniziale. Il trauma può superare la capacità di guarigione del corpo e il dolore diventa esso stesso malattia.

Dolore cronico benigno (articolare, neuropatico (post-herpetico, trigemino), cefalea) Il trattamento è di lunga durata e gli effetti collaterali sono importanti. I farmaci utilizzati sono soprattutto i FANS e il paracetamolo. Si sta facendo strada l’impiego di farmaci oppiacei anche nel dolore cronico benigno, soprattutto: - quando gli effetti collaterali dei farmaci utilizzati sono inaccettabili (es. nell’anziano, nel nefropatico) -quando il dolore non risponde ad altri trattamenti

Dolore cronico da cancro Il 40% dei pazienti prova dolore ad uno stato precoce o già al momento della diagnosi di tumore. Circa il 70% dei pazienti ha dolore in uno stadio avanzato della patologia. Quasi tutti i pazienti terminali hanno dolore. Si utilizza la scala OMS in relazione all’aumentare del dolore, sapendo che si tratta di un trattamento limitato nel tempo.

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Per analgesici oppioidi si intende:

• Morfina e derivati dell'oppio

• Molecole di sintesi morfino-mimetiche

La coltivazione del papavero ed i suoi effetti erano noti ai Sumeri già nel 3400 a. C. Nel 1803 un chimico tedesco, Friedrich Sertuener, identificò il principio attivo, la morfina. Nel 1827 la Meck & Co. iniziò a produrre la morfina per scopi commerciali.

struttura dei principali oppiacei naturali

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struttura di alcuni oppiacei sintetici:

meperidina metadone tramadolo fentanyl

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Gli oppioidi agiscono da agonisti su recettori specifici distribuiti sul SNC, la cui identità è stata chiarita negli anni ‘80, in seguito all’isolamento e la caratterizzazione dei loro leganti endogeni, le endomorfine (o endorfine), cioè composti analgesici endogeni. Il sistema dei recettori oppioidi presiede alla modulazione centrale del dolore. Questi recettori (m, d, k) sono capaci di legare svariati composti, non solo chimicamente correlati ai leganti naturali o alla morfina.

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Il panorama degli analgesici oppioidi è vasto e complesso. Le varie molecole si distinguono per diversi parametri: • Affinità: espressione della stabilità di legame con il recettore e quindi della durata d’azione. • Attività intrinseca: espressione dell’ intensità della risposta biologica – maggiore è l’attività intrinseca, minore è il numero di recettori occupati per un identico effetto – quando l’effetto è parziale (malgrado l’occupazione della quasi totalità dei recettori) si parla di agonisti parziali. • Efficacia: espressione della facilità con cui il farmaco riesce ad accedere ai recettori. Nel caso dei recettori oppioidi, poiché il sito primario d’azione è il SNC, è importante modulare la liposolubilità, per favorire il passaggio dalla BEE (barriera emato-encefalica). • Potenza: è definita dal rapporto fra la dose somministrata e l’effetto ottenuto.

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Effetti degli oppioidi (oltre all’analgesia) • euforia, sedazione • depressione respiratoria • nausea, vomito • ridotta motilità gastrointestinale • diminuzione della diuresi • immunosoppressione

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ESPERIENZA DI LABORATORIO Sintesi del paracetamolo La curiosa storia del paracetamolo:

nel 1886 due medici tedeschi, Cahn e Hepp, scoprirono casualmente che l’acetanilide dimostrava una straordinaria capacità di abbassare la febbre. L’acetanilide fu quindi introdotta nel 1887 in terapia col nome di antifebbrina. In seguito, il direttore della ricerca della Bayer, Carl Duisberg, avendo a disposizione tonnellate di para-amminofenolo, quale sottoprodotto di un processo industriale, pensò di utilizzarlo per sintetizzare qualcosa di simile all’acetanalide e valutarne le eventuali stesse attività antipiretiche. Duisberg ottenne una sostanza chiamata fenacetina, che si dimostrò un analgesico e un antipiretico molto efficace, ma con pericolosi effetti collaterali a livello ematologico, epatico e renale.

Carl Duisberg

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Molti anni dopo si scoprì che gli effetti antipiretici e analgesici prodotti in seguito all’assunzione sia di acetanilide che di fenacetina erano determinati dal fatto che entrambe queste molecole si trasformavano in paracetamolo. Quando una sostanza farmacologicamente attiva si origina, come nel caso del paracetamolo, dopo che un altro prodotto è stato assunto (l’acetanilide o la fenacetina), essa si chiama “metabolita” attivo. Il paracetamolo era dunque il metabolita attivo sia dell’acetanilide che della fenacetina. Il paracetamolo ha due vantaggi importanti rispetto ai suoi predecessori, in quanto non è tossico ed è più facile da sintetizzare, almeno rispetto alla fenacetina. Dal 1949 il paracetamolo ha iniziato ad essere molto usato in clinica.

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Sintesi applicabile industrialmente:

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Reagenti: p-aminofenolo, P. M, = 109,13 g/mol; anidride acetica, P. M. = 102,09 g/mol,

densità = 1,08 g/mL; acqua distillata.

Vetreria: pallone a un collo da 25 mL; ancoretta magnetica; vetrino d’orologio e imbuto; cilindro graduto da 10 mL pasteur e tettarelle; contenitore da bagnomaria; piastra agitante/riscaldante; buchner; beuta codata.

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Sintesi del paracetamolo

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Si disperdono 2 g di p-aminofenolo (0,018 mol, 1 eq) in 6 mL di acqua distillata, contenuti in un pallone ad un collo da 25 mL. Predisporre il pallone a bagnomaria all'interno di un contenitore, riempito con acqua portata all'ebollizione. Sotto vigorosa agitazione, si aggiungono 2.2 mL di anidride acetica (0,023 mmol, 1,25 eq), gocciolando tramite una pasteur nell’arco di 10 minuti, fino a completa dissoluzione del solido. Portare a temperatura ambiente, mantenendo una vigorosa agitazione fino alla formazione di un precipitato finemente disperso. Filtrare il solido su buchner, lavando con 3 mL di acqua distillata fredda, aspirando il più possibile per rimuovere acqua e acido acetico. Riporre il solido in stufa a 75 °C per 3 ore; si ottengono 2,25 g di paracetamolo già piuttosto puro (P. M. = 151,17 g/mol, 0,015 mol, resa = 83 %). Si può cristallizzare il prodotto ponendolo a caldo in 14 mL di acqua distillata, sotto vigorosa agitazione. Bisogna pazientare, poiché inizialmente sembra non solubilizzarsi, ma con l'aumentare della temperatura e una costante agitazione tutto il solido va in soluzione. Lasciare raffreddare la soluzione a temperatura ambiente per un'ora o porre in frigorifero per almeno 20 minuti. Dalla soluzione si formano cristalli romboidali di paracetamolo puro. Si raccoglie il prodotto filtrandolo su buchner, senza alcun lavaggio. Lasciare asciugare in stufa a 75 °C per 3 ore oppure all’aria; si ottengono 2,18 g di paracetamolo puro (P. M. = 151,17 g/mol, 0,014 mol, resa = 80 %). Controllare la purezza in TLC seminando il p-aminofenolo, paracetamolo commerciale e paracetamolo sintetizzato, sciolti in metanolo, con le rispettive sovrapposte, ed eluendo con CH2Cl2/CH3OH 95:5 (Rf prodotto = 0,35).

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