Inserto Mamma! - I Siciliani Giovani n. 1 - dicembre 2011

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Mamma! - la rivista di satira che fa giornalismo a fumetti - contribuisce con il suo inserto al rilancio del giornalismo di Pippo Fava, che oggi e' tenuto in vita da Riccardo Orioles su "I Siciliani Giovani". Otto pagine di giornalismo a fumetti, satira senza sconti e grandi illustratori. Con Marco Pinna, Carlo Gubitosa, Flaviano Armentaro, Marco Scalia, Marco Vicari, Giuliano Cangiano, Mauro Biani, Alessandro Leogrande.

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Satiri e giornalisti, da soli contro il potere

Il potere non mi piace. Corrompe, seduce, rovina la gente, le comunità, le economie. Mi piace ancora meno quando chi sta sotto applaude inebetito, come gli italiani che applaudivano alla Mafia pur di togliersi dai piedi Mussolini. E smette definitivamente di piacermi quando una intera classe di intellettuali si nasconde dietro i “lasciamolo lavorare”, “è ancora presto per fare valutazioni”, “sempre meglio di quello che c’era prima”, “in fin dei conti non c’erano alternative”, “il voto sarebbe stato una follia che ci avrebbe portato al fallimento”.

Vogliono farci credere che le regole economiche sono indiscutibili, e quelle democratiche sono un optional per quando non c'è crisi, che il default è peggio di un regime di nominati, che la migliore scuola possibile è quella privata, che gli unici bravi a gestire gli squali della finanza sono i pescecani delle lobbies, che le regole del gioco possono saltare ma la finanza deve restare in piedi.

C’è chi ci crede, e se la beve, scavando con la sua stessa ignoranza il terreno minato dove i “macellai sociali” ci faranno saltare in aria. Ma c’è chi ha già digerito fin troppe favolette del potere per credere all’ennesima bufala dell’”uomo forte”, e rifiuta ogni prospettiva messianica e salvifica che passi attraverso la delega al Salvatore di turno. C’è chi vuole sentirsi cittadino tra cittadini, uomo tra gli uomini, lavoratore tra i lavoratori, e non accetta ricatti dalle banche, dai finanzieri, dai ricchi tecnocrati che stanno spremendo l’Europa come un limone.

Cosa fare quando lo schiavista ti ha incatenato alla barca? Meglio affogare liberi o remare da schiavi? Di fronte a questa scelta c'è chi sceglie di mentire a

se stesso rassicurare "i mercati", ma c'è anche chi è pronto ad affondare assieme alla barca per dire la verità. E di fronte al rischio della vita, cosa volete che sia l'uscita dall'Euro, il default, il declassamento dei nostri titoli di stato? Perché abbiamo così tanta paura della morte inevitabile di un modello economico basato sullo sfruttamento e sulle lotterie della finanza?

E’ per questo che noi satiri, assieme ai giornalisti antimafia, siamo tra i pochi a criticare i Monti, che applaudono i Marchionne, che incassano l’appoggio dei Fassino, che inciuciano coi Fini, che governano coi Berlusconi, che abbracciano i Dell’Utri, che prendono condanne per associazione mafiosa. Non possiamo fare altrimenti, è la nostra natura. Come lo scorpione della favola che punge la rana su cui si appoggia anche a costo di annegare, anche noi stiamo annegando in una editoria dove siamo costretti a pungere senza pietà i partiti, gli inserzionisti, i gruppi editoriali

e gli uomini di potere che ci accoglierebbero a braccia aperte coprendoci d’oro. E lo farebbero più che volentieri, se solo smettessimo di cercare sempre il pelo nell’uovo, se solo imparassimo a capire le cose di cui non si può parlare, se solo sapessimo fare inchieste strabiche guardando dappertutto tranne sotto il nostro naso, se solo riuscissimo a smettere di fare “pernacchie e informazione” contro il potere.

L'opinione pubblica è unanime nell’applaudire i cavalli di Galigola nominati senatori, la lotta sociale è imbavagliata e sotto ricatto, perfino chi è d’accordo con te nella sostanza ti critica nella forma perché non è il momento di fare gli schizzinosi spaventando i mercati: chi si mette di traverso oggi è un pazzo, o un satiro, o un giornalista.

Carlo Gubitosa

I SicilianiI Sicilianigiovanigiovani – pag. 66 – pag. 66

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Singin' with the Rom

La Lega Nord ha sempre il commento adatto per ogni evenienza. Ricordate quando prese fuoco il CPT di Lampedusa? I leghisti si indignarono: “Chi è che ha accesso il riscaldamento a Settembre?!?!?”.

Due mesi dopo, invece, in Italia è stata la stagione delle alluvioni. A Roma Alemanno ha nominato le sue paperelle all’Atac e ha vietato la pesca ai gay con le fiocine. Gli allagamenti hanno interessato anche il Nord. Bossi, durante i comizi, urlava: “Snorkylandia libera!”.

A Novembre allerta pioggia anche a Torino. Quando l’allarme è rientrato le famiglie sono tornate nelle case, i commercianti sono tornati nei negozi e il PD nel Museo Egizio.

A darne l’annuncio è stato il sindaco Fassino al termine di un vertice in Prefettura cui hanno preso parte anche il Prefetto Di Pace, il Presidente della Provincia Saitta e il delfino Flipper.

Pericolo rientrato quindi? Macchè. Dopo la pioggia è arrivata la grandine: il commento del leghista di turno. “La pioggia è riuscita a sgomberare il campo nomadi abusivo in Lungo Stura Lazio!” ha detto il deputato Cavallotto della Lega “E senza lasciare macchie o aloni!” Poi ha aggiunto: “Ora mi auguro che il Comune provveda a identificare i nomadi”.

Giusto, chi è sopravvissuto merita una pena esemplare! E tutto questo perché, secondo Cavallotto, “I torinesi vogliono meno zingari irregolari”. E più Ministeri al Nord abusivi.

Dure le reazioni politiche alla “Pioggia sgombera Rom” di Cavallotto. “Frasi inqualificabili” ha commentato Adolf Eichmann. L’insediamento rom torinese era stato in parte svuotato perché minacciato dalla piena del torrente. La baraccopoli è comunque scampata alla tragedia. I Rom confermano: “Qui stiamo bene. L’allagamento ha spento i roghi delle stufine”.

Marco Vicari

I SicilianiI Sicilianigiovanigiovani – pag. 67 – pag. 67

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Affondate quella nave

Il 28 marzo del 1997 segna uno spartiacque nella storia del nostro paese. Nel tardo pomeriggio di quel giorno, la Kater i Rades, una motovedetta stracarica di uomini, donne e soprattutto bambini, in fuga dalla guerra civile albanese, viene speronata dalla Sibilla, una corvetta della Marina militare italiana. I profughi chiedono accoglienza, ricevono in cambio isteria. Contro di loro si scatena un inseguimento che dura un paio d’ore nel Canale d’Otranto e si conclude nella maniera più tragica: al culmine di operazioni di “interdizione cinematica”, per la prima volta volute e fatte applicare da un governo italiano, la Sibilla travolge la piccola imbarcazione. I morti sono 81: 31 hanno meno di 16 anni.

Raccontare la strage della Kater non vuol dire solo ricordare uno dei maggiori naufragi avvenuti nel Mediterraneo. Vuol dire raccontare un evento che non ha niente di “naturale” e che è stato la

logica conseguenza dell’applicazione – da parte della nostra Marina militare – di politiche di respingimento. Perché parlarne ora? Perché anche nell’ultimo anno migliaia di esseri umani hanno continuato a partire su barconi malfermi e a morire nel Mediterraneo. Dal 1 gennaio a oggi, oltre 2 mila persone sono state risucchiate dalle acque, e questi sono solo i dati certi. Quelli “incerti” farebbero lievitare la cifra ulteriormente.

Queste strage silenziosa, inaccettabile, non è un prodotto “naturale”. Se il desiderio di partire ha a che fare con la fame dell’Africa, con i sogni dell’Asia, con i sommovimenti dell’area mediterranea, la pericolosità dei viaggi nasce anche dall’elaborazione di politiche di contenimento, contrasto, controllo... che hanno nella tragedia della Kater i Rades la loro pietra di paragone.

Perché, inoltre, parlare ora della Kater i Rades? Perché il lungo processo che si è aperto per accertare la verità è stato sinistramente simile ad altri processi in cui si è provato ad accertare le

responsabilità dei piani alti. Alla fine il comandante della Sibilla è stato condannato per naufragio colposo, ma è stato impossibile ricostruire la catena di comando alle sue spalle. Depistaggi, dichiarazioni concordate, silenzi, prove sparite hanno eretto un muro di gomma che ha garantito la piena impunità dei vertici della Marina. Come per la Diaz, per Ustica, per la notte di Pinelli, anche per la Kater c’è una zona d’ombra. Sono casi diversissimi tra loro, eppure c’è una strana aria di famiglia che li lega. Per questo occorre scrivere e fare inchieste. Serve ad aprire uno spazio di riflessione, analisi, racconto su ciò che in genere non si lascia raccontare, né tanto meno processare: ciò che un tale chiamò “il sovversivismo delle classi dirigenti”.

Alessandro Leogrande

(Saggista, vicedirettore de “Lo Straniero”, autore del libro “Il Naufragio. Morte nel mediterraneo”).

I SicilianiI Sicilianigiovanigiovani – pag. 71 – pag. 71

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