Inserto Mamma! - I Siciliani Giovani #02

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La rivista di satira che fa giornalismo a fumetti contribuisce al rilancio del giornalismo di Pippo Fava, che oggi e' tenuto in vita da Riccardo Orioles. Con Marco Pinna, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Flaviano Armentaro, Alessandro Leogrande, Marco Vicari, PV, Gianni Allegra, Frago, Darix, Kanjano, Lele & Fante, Ricciotti Ricciotti.

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E' appena andato via, e gia' ci manca.

Viene da rimpiangere l'ondata di indignazione che c'era ai tempi del signor B. Perfino la violenza gratuita e cretina di "Er Pelliccia" era più generatrice di questo grigio e conformistico appiattirsi sul nuovo uomo della provvidenza, accettando per fede cieca l'assenza di qualunque alternativa.Ieri ci strappavamo le vesti quando B. mentiva alla polizia dicendo che il suo oggetto del desiderio era parente di un capo di stato, oggi stiamo tutti zitti e ci beviamo le menzogne molto più pericolose ed eversive dei sobri e rispettabili alfieri della finanza.Un esempio concreto? Roberto Sommella di "Milano Finanza", che dal salotto televisivo di Santoro ha potuto dire impunemente senza scatenare una pioggia di pomodori e uova marce che "il debito si taglia vendendo degli asset", perché dire "vendendo il patrimonio pubblico" sarebbe stato troppo maleducato. In pratica per tappare i buchi fatti dai ricchi dovremmo vendere le risorse di tutti, e fare quattrini con la Fontana di Trevi come faceva Totò, con la differenza che stavolta la vendita/truffa sarebbe legale in quanto certificata dallo stato, dai banchieri e dalle eminenze grigie della casta tecnico-finanziaria.Io però vorrei sentire anche qualcuno che pensa di dover mettere le mani in tasca ai più ricchi prima di svendere il patrimonio pubblico, magari a banche di nazioni straniere che vorrebbero conquistarci senza nemmeno perdere tempo con la guerra e altre tecniche primitive del secolo scorso.Vorrei che qualcuno si alzasse durante una di queste lezioncine televisive dei finanzieri per fare una pernacchia e dire che "le ricette neoliberiste sono una cagata pazzesca", come faceva Fantozzi alla millesima proiezione della "Corazzata Potemkin". Vorrei qualcuno

che ci spieghi gli effetti devastanti sulle economie di intere nazioni che hanno avuto le privatizzazioni camuffate da liberalizzazioni, una cura in supposte che stanno per prescriverci a dispetto di qualunque risultato referendario. Vorrei sentire qualcuno scatenarsi contro il vero tabù da demolire, che non è quello sull'articolo 18 ma il tabù della tassazione sui patrimoni e i forzieri di chi si è mangiato il paese.Vorrei che l'allievo di James Tobin di nome Mario, chiamato a dirigere l'Italia come un esecutore testamentario pagato dai parenti più ricchi del defunto, ci spieghi cosa impedisce di tassare le transazioni finanziarie, come già fanno in Inghilterra con una "imposta di bollo" del 5 per mille su ogni operazione del grande "Casinò della finanza", sempre più slegato dall'economia reale. Vorrei capire cosa impedisce di tassare le rendite finanziarie dei "paperoni d'italia" (quel "capital gain" tassato al 12,5%) tanto quanto la tazzina di caffè che beve al bar il disoccupato (attualmente tassata al 21%) e cosa impedisce di chiederci se l'economia era più o meno solida quando l'aliquota Irpef per i più ricchi del paese

era del 72%, prima che qualcuno l'abbattesse al 43% con la scusa che la pressione fiscale scoraggia gli investimenti e quindi la possibilità di creare posti di lavoro.Peccato che i soldi risparmiati dai paperoni con questi tagli alle tasse non siano stati investiti nell'economia reale ma siano stati destinati alle speculazioni finanziarie, che sono potenzialmente più redditizie e più rapide. Ma di questo i "tecnici" preferiscono non parlare, meglio predicare il vangelo neoliberista anche se i suoi adepti poi razzolano male, e spostano sui giochi di borsa i soldi che tolgono al lavoro e alla produzione.Se io che non ho fatto la Bocconi preferendo le scuole tecniche sono arrivato a capire che i giornalisti di Milano Finanza dicono fesserie semplicemente leggendo tre o quattro libri, qual è il livello di ignoranza a cui hanno portato il popolo italiano per lanciare impunemente queste balle spaziali in diretta televisiva, e senza che nessuno si metta a ridere? Ai posteri l'ardua sentenza.

Carlo [email protected]

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Psicosi Cortina

Di Marco Vicari

"I gay sono malati" ha detto lo psichiatra Bruno. Stringendo forte la mano di Vespa.

Malinconico puntualizza sulle sue vacanze: "Ci sarebbe da pagare il Frigobar".

Il sindaco di Cortina vuole i danni dallo Stato. Su un conto cifrato a Lugano.

Psicosi Cortina: Il Giornale: "Controlli a Roma". Ma risalgono all’editto di Diocleziano.

I rifiuti di Napoli salpano via nave per l’Olanda. I Camorristi al porto: "Non è un addio. E’ un arrivederci".

"Il sistema bancario non è a rischio" ha assicurato Monti "Continuate a portare lingotti a Lugano".

La Lega non ascolta il discorso di fine anno di Napolitano. Su Italia 1 c’è Shrek.

Amicizie pericolose per il Trota: oggi è stato visto mentre parlava da solo.

Rincari: La benzina sale a 1,722 euro a flut.

Calcio in crisi: tante le partite rimaste invendute.

"Fukushima ora è sotto controllo" hanno dichiarato oggi i Pokemon.

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Capire l'onore

Scrive Hobbes nel Leviatiano: “Obbedire è onorare, perché nessuno ubbidisce a chi si ritiene non abbia alcun potere per aiutarci o nuocerci. Di conseguenza disobbedire è disonorare.” Nel XVII secolo, il filosofo inglese colse pienamente la dimensione dinamica dell'onore, come esso si colloca nella relazione tra soggetti. L'onore ha a che fare con il potere e la tenuta delle strutture di potere; metterlo in discussione vuol dire disobbedire, scuotere dalle fondamenta quelle stesse strutture. Cosa c'entra questo breve passo tratto da uno dei testi fondamentali del pensiero politico con gli “uomini d'onore” di Cosa nostra, camorra, 'ndrangheta? C'entra moltissimo, perché rivela il loro modo di intendere il potere e di preservarlo. E ci aiuta a capire che l'onore non è solo un prodotto dell'arretratezza culturale, del familismo amorale, del tribalismo clanico meridionale. No, esso è essenziale alla creazione di una struttura organizzativa fondata sulla lealtà e sul controllo totalitario dei suoi affiliati.La mafia non è semplicemente la somma di comportamenti malavitosi, è un'organizzazione con le sue leggi. Vuole gestire un nuovo ordine, il suo, anche quando si avventura nei meccanismi della finanza e dell'economia globali. L'onore, qualcosa che ci sembra arcaico, è l'architrave di tutto questo, è l'antidoto alla disgregazione. I mafiosi temono l'anarchia più della morte. Non è quindi

solo per un vecchio retaggio culturale che l'onore è tanto importante tra gli “uomini d'onore”. Per contro, il collaboratore di giustizia, “l'infame”, è colui che disonora. E la sua testimonianza (come insegnano tutte le inchieste di mafia) è tanto pericolosa proprio perché mette in discussione quella struttura di potere. Perché – tornando a Hobbes – disonorando, disobbedisce. E disobbedendo, oltre che “sputtanando”, delegittima i suoi capi. Ciò vale anche nell'epoca delle “mafie liquide”. Anzi, proprio nel momento in cui si pongono come imperi trans-nazionali, le mafie più potenti hanno sempre più bisogno di onore per garantire la sopravvivenza dell'organizzazione.

Alessandro Leogrande

Nell'Italia del 2012

Su un vecchio libro polveroso degli anni 70 leggo di un sistema fiscale definito "progressivo". Vuol dire che chi guadagna di più, paga tasse più alte. A quei tempi uno che guadagnava 42 milioni di lire pagava quasi 5 milioni di imposte, meno del 12%; un ricco con un reddito di 1,2 miliardi, ne dava al fisco il 42%; un ricchissimo da 6 miliardi, ne

dava più della metà, quasi il 59% .A quei tempi dovevano essere pazzi, o molto ignoranti. I nostri professori ci dicono tutti i giorni che le tasse troppo alte non aiutano l'economia e sono sono contro la libertà.Per fortuna oggi è tutto diverso. Nell'Italia del 2012 uno che guadagna 22 mila euro (le lire non ci sono mica più) paga suppergiù 4200 euro, cioè il 19,2%; chi ne guadagna 620 mila, paga 260mila euri, il 42%; chi arriva a 3,1 milioni, ne sborsa allo stato 1,326, cioè il 42,7%. Una bella differenza. E' il progresso che ha preso il posto della progressività. Lo stato, ai tempi del mio libro polveroso, da quei tre cittadini ricavava quasi 4 miliardi di lire. Con le regole di oggi, quindi col progresso, quei tre avrebbero pagato molto meno: poco più di 3 miliardi. E lo stato? Con un miliardo in meno, forse avrebbe chiesto denaro in prestito, magari a quel cittadino ricchissimo che ha pagato il 42,7% invece del 59%. Certo, versare degli interessi ai cittadini più ricchi, per avere denaro fin lì prelevato sottoforma di imposte, più che progresso pare una grande sciocchezza...Sul mio libro è scritto che fino all'82 in Italia si pagava il 72% di imposte sugli scaglioni di reddito più alti, oggi siamo al 43%. Non sarà che questa sciocchezza è un pezzo di storia del debito pubblico italiano?

Ricciotti Ricciotti

I SicilianiI Sicilianigiovanigiovani – pag. 71 – pag. 71

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Se puoi leggere questo fumetto, devi ringraziare Giambattista Scidà, che fino all’ultimo ha so-stenuto la rinascita di questo giornale per raccogliere la pas-sione di impegno civile lasciata in eredita’ alle nuove generazioni da "I Siciliani" di Pippo Fava.

Per Scidà non ci saranno commemorazioni collettive o movimenti di piazza in suo nome. E’ il destino degli onesti che muoiono di morte naturale.

Wikipedia post mortem

Avremo poca memoria, ma buona. Per capire che dire-zione, che senso dare al nostro impegno guardando chi ci ha preceduto non c’è bisogno di grossi riti cele-brativi, ma basterà il ricordo di Riccardo Orioles:

“Dai Cavalieri a Ciancio, dall’impresa e politica collusa alle infiltrazioni d’affari in tutti i palazzi: compreso quello di Giustizia.”

carlo gubitosa - mauro biani

"per vent’anni Scidà fu fra i po-chissimi che combatterono, non una volta ogni tanto ma ogni giorno, e non con mezze parole ma apertamente, il sistema di potere catanese".

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“Lui, Fava e D’Urso furono gli eroi incorruttibili di questa guerra. Giuseppe Fava lo am-mazzarono nell’84. Scidà e D’Urso ne ripresero, coi suoi ragazzi, la lotta. Giuseppe D’Urso morì, di malattia mi-steriosa, nel ’96. Scidà - dispersi i ragazzi di Fava, chiusi per la seconda volta i Siciliani - rimase solo. Dunque, dovet-te fare per tre”.

Il tempo della delega ai leader lascia il passo alla stagione dell’impegno individuale: ognuno di noi è chiamato a difendere quel poco di memoria che ci resta, per capire cos’è bianco e cosa nero, dov’è la giustizia e dove l’errore, chi cerca l’onestà e chi l’infamia.

Dal 20 novembre dobbiamo fare a meno di lui, e sta-volta la sua eredi-tà sarà spezzetta-ta in migliaia di pezzetti, affidati a tutte le persone di buona volontà che non si rassegnano all’ingiustizia.

Ma il nostro "Pequod76" ci tiene a parlare dei "vizi privati di Scida’", e ritiene degne di men-zione enciclopedica le dichiarazioni di Lo Puzzo su presunte molestie compiute dal magi-strato ai danni di un carcerato della sezione minorenni, fatti che non hanno trovato alcun riscontro al di fuori delle parole del pentito.

E allora cominciamo subito a difenderci da "Pequod76" l’anonimo utente di Wikipedia che sul suo profilo si defini-sce estimatore di perso-naggi come il fascista Roberto Fiore e che ha gettato fango su Giam-battista Scidà a poche ore dalla sua scomparsa.

Un fango di vecchia data, relativo ad accuse lanciate nel 1987 dal pentito Filippo Lo Puzzo, cadute nel vuoto perchè giudicato inattendibile perfino quando accusava se stesso.

Per alcuni, questo è sufficiente a gettare l’ombra di un sospetto. Per noi è sufficiente a capire che c’è gente scomoda anche da morta, e che la vigliaccheria dei fascisti e dei nemici dell’antimafia è in agguato anche negli angoli piu’ insospettabili della rete.