INSEGNAREDUCANDO. N ° 31 - dicembre 2013

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creando nuovi approcci, sperimentando, re-inven- tandosi in base alla provocazione e al contesto, qualcuno è riuscito a recuperare significati da gesti senza senso, provando ad ogni costo a trovare strade per offrire nuove chanche … Ecco. Piccole luci, alimentate dalla riflessione quo- tidiana sull’ agire educativo in contesti difficili. Questo numero dà ampio spazio a queste “co- mete” maturate in gruppi adulti (insegnanti, edu- catori, genitori...) che non hanno smesso di interrogarsi insieme, andando al di là dei dibattiti ideologici di totale insignificanza, ma cercando di comprendere davvero cosa fare nella complessità. Dallo spazio della riflessione condivisa, in un clima di ascolto profondo e non giudicante, continuano a nascere le idee, quelle alle quali non avevamo pen- sato, troppo presi dal fare e dal tempo: quell’idea diversa per accompagnare chi è affetto da ADHD, quella creativa per navigare con classi di giovani generazioni annoiate o provocatrici, oltre sé stessi, alla scoperta del filo rosso del proprio viaggio esistenziale che permette di ritrovare l’interesse e la voglia di imparare. Non tutto è come sembra, anche le situazioni più drammatiche possono rivelarsi grandi occasioni di apprendimento... per noi, innanzitutto. Con questi lumini di Natale vi auguriamo di illumi- nare le vostre feste, la vostra pausa vacanziera e ritrovare forza e serenità per ripartire nell’anno nuovo. G.L. Natale, finalmente! Prima era buio. Natale, finalmente! Prima era buio. 1 per educare un bambino ci vuole ci vuole un villaggio un villaggio N° 31 - dicembre 2013 Cari colleghi, questo ultimo numero 2013 è centrato sulla luce. Quando cammini al buio e fai fatica, non è una que- stione di oggetti. Quello che cambia è la tua perce- zione di essi che diventa incerta proprio perché non c’è luce a sufficienza per distinguerne le forme. Se qualcuno accendesse una lampadina, sarebbe tutto più semplice, gli oggetti non ingombrerebbero più anzi, ne apprezzeremmo la presenza. Da tanto tempo si sono spente le luci sul pensiero educativo e noi, insegnanti ed educatori, ci tro- viamo a lavorare al buio, a testa bassa, cercando di non inciampare, concentrati sul cosa fare qui e ora, come alla catena di montaggio, senza alzare lo sguardo a cogliere l’orizzonte per capire se ciò in cui siamo immersi è una bella prospettiva oppure una grande illusione collettiva. Fermiamoci un momento a guardarci. Siamo diven- tati esperti di carte, compiliamo profili, scriviamo pro- getti, stabiliamo programmi, emettiamo giudizi, compiliamo tabelle, definiamo traguardi (come fos- simo Dio) e poi... nessun dubbio? Oh si, quanti, sus- surrati sottovoce, mentre si compila l’ennesima scartoffia. Sarà forse questo l’educare? In questo nostro buio, nel quale tutto sembra essere diventato più complesso (e i problemi aumentano) ecco appare un lumino, un pensiero diverso che ci illumina una breccia. E le cose che erano d’ostacolo vengono viste diversamente... Qualcuno, che per anni ha lavorato al margine, sul confine, nello spazio dell’impossibile, riflettendo,

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Una voce diversa nel mondo della scuola. La proposta di chi si impegna in prima linea per creare una comunità educante.

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creando nuovi approcci, sperimentando, re-inven-tandosi in base alla provocazione e al contesto,qualcuno è riuscito a recuperare significati da gestisenza senso, provando ad ogni costo a trovarestrade per offrire nuove chanche … Ecco. Piccole luci, alimentate dalla riflessione quo-tidiana sull’ agire educativo in contesti difficili.Questo numero dà ampio spazio a queste “co-mete” maturate in gruppi adulti (insegnanti, edu-catori, genitori...) che non hanno smesso diinterrogarsi insieme, andando al di là dei dibattitiideologici di totale insignificanza, ma cercando dicomprendere davvero cosa fare nella complessità.Dallo spazio della riflessione condivisa, in un clima diascolto profondo e non giudicante, continuano anascere le idee, quelle alle quali non avevamo pen-sato, troppo presi dal fare e dal tempo: quell’idea diversa per accompagnare chi è affettoda ADHD, quella creativa per navigare con classi digiovani generazioni annoiate o provocatrici, oltre séstessi, alla scoperta del filo rosso del proprio viaggioesistenziale che permette di ritrovare l’interesse e lavoglia di imparare. Non tutto è come sembra, anche le situazioni piùdrammatiche possono rivelarsi grandi occasioni diapprendimento... per noi, innanzitutto. Con questi lumini di Natale vi auguriamo di illumi-nare le vostre feste, la vostra pausa vacanziera e ritrovare forza e serenità per ripartire nell’annonuovo.

G.L.

Natale, finalmente! Prima era buio.Natale, finalmente! Prima era buio.

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per educare un bambino

ci vuole ci vuole un villaggioun villaggio

N° 31 - dicembre 2013

Cari colleghi, questo ultimo numero 2013 è centrato sulla luce.Quando cammini al buio e fai fatica, non è una que-stione di oggetti. Quello che cambia è la tua perce-zione di essi che diventa incerta proprio perché nonc’è luce a sufficienza per distinguerne le forme. Sequalcuno accendesse una lampadina, sarebbetutto più semplice, gli oggetti non ingombrerebberopiù anzi, ne apprezzeremmo la presenza. Da tanto tempo si sono spente le luci sul pensieroeducativo e noi, insegnanti ed educatori, ci tro-viamo a lavorare al buio, a testa bassa, cercando dinon inciampare, concentrati sul cosa fare qui e ora,come alla catena di montaggio, senza alzare losguardo a cogliere l’orizzonte per capire se ciò in cuisiamo immersi è una bella prospettiva oppure unagrande illusione collettiva.Fermiamoci un momento a guardarci. Siamo diven-tati esperti di carte, compiliamo profili, scriviamo pro-getti, stabiliamo programmi, emettiamo giudizi,compiliamo tabelle, definiamo traguardi (come fos-simo Dio) e poi... nessun dubbio? Oh si, quanti, sus-surrati sottovoce, mentre si compila l’ennesimascartoffia. Sarà forse questo l’educare? In questo nostro buio, nel quale tutto sembra esserediventato più complesso (e i problemi aumentano)ecco appare un lumino, un pensiero diverso che ciillumina una breccia. E le cose che erano d’ostacolovengono viste diversamente...Qualcuno, che per anni ha lavorato al margine, sulconfine, nello spazio dell’impossibile, riflettendo,

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Appunti dalla relazione di Cesare Moreno a METIS - Genova

Lo stuzzicadenti

Aprire spazi mentali per ... Aprire spazi mentali per ...

La significatività della scuola ha bisogno di spazi mentali,non tanto di spazi fisici.L'insegnante sta accanto ai ragazzini che stanno in quelluogo, aiutandoli a ri-significare quel luogo in modo chediventi il luogo della relazione significativa che arricchi-sce.La significatività inizia dalla ri-significazione dell’espe-rienza e in molti casi del dolore. Il mestiere dell'insegnante implica un tale coinvolgimentonella relazione che ci “prende” tantissimo come prendeuna relazione d'amore.Allora l'insegnante deve saper lavorare su di sé ed impa-rare a stare nel dolore.Quando si conclude un corso, una lezione, un percorsoscolastico, chiediamoci e chiediamo ai nostri allievi: abbiamo appreso o siamo cresciuti?C'è una bella differenza tra apprendere e crescere.Crescere significa soprattutto diventare padroni dei propri processi psichici:- consapevolezza- padronanza- sensoQualcuno lo chiama empowerment. Noi lo chiamiamo consapevolezza.Si apprende solo ciò che è significativo. Allora ladomanda: come si produce senso?

E' un processo sociale. E' un processo di produ-zione collettiva. E non è pensabile che il senso (delle discipline peresempio) sia dato con la ragione. Possiamo farloinvece attraverso la narrazione.Raccontiamo. Narriamo cosa è successo neltempo e nello spazio. Come è accaduto, comesi è giunti a una scoperta...Nella narrazione accade che la parola diventicommozione, perché tocca dentro; può acca-dere che il dolore e la parola di avvicinano.Attraverso la narrazione è possibile portare allacoscienza ciò che non è ancora consapevole.Prendere la parola, restituire spazio alla parolacome narrazione. Non è compito dell’insegnantedi Italiano! Usciamo da questa idea limitante chesolo all’insegnante di lettere sia concesso lo spa-zio della narrazione. Non è così. Creare contestiper far circolare la parola è compito di ogni inse-gnante che non ha abdicato al suo ruolo educa-tivo. Anzi, quello spazio è un dovere della scuolae un diritto per i ragazzi che vi accedono e tuttigli insegnanti devono farsene carico.Ma che cosa significa “prendere la parola”?

Continua a pagina 3

Chi ha seguito, in una delle otto città d’Italia, il seminario METIS (Metodologie Educative Territoriale per l’Inclusione Sociale),

ha respirato aria pulita. In quell’atmosfera da “Barbiana”, è emerso un altro modo di fare scuola,

nel quale l’interesse dei ragazzi è il fulcro del progetto educativo che viene messo in gioco da equipe di adulti

(insegnanti, educatori, psicologi, genitori) che co-progettano insieme.

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L’adulto è il custode

dello spazio di pensiero

(A.M.Ajello)

e svolge

il ruolo fondamentale

di aiutare il ragazzo

a mentalizzare l'azione,

a ricercarne il significato sotteso

per evitare di continuare

ad agire impulsivamente

e spesso violentemente.

di Poli Roberta - Orizzonte scuola

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Lo stuzzicadentiLo stuzzicadenti

Lo spazio di pensiero è:- uno spazio sociale di scambio di significati attraverso la parola;- un garante sociale; il gruppo ti garantisce ciò cheè giusto fare non perché ha delle ricette, ma per-ché può discutere e rielaborare tutto;- un luogo di coesistenza degli opposti nel quale èpossibile tollerare e promuovere la mediazione,stare nella propria posizione, accettando che altristiamo nelle loro. La regola nasce dalla media-zione. Quando è sbattuta in faccia, congela la re-lazione;- uno spazio di contenimento.

Il pensiero e la parola condivisi sono allora uno spa-zio di contenimento, quello spazio in cui è possibiletollerare l'intollerabile, dire l'indicibile.Anche gli adulti, che si strovano ad educare in-sieme un gruppo di ragazzi, necessitano di quellospazio. Un esempio: il viaggio in auto tra colleghiche vanno al lavoro può diventare spazio di con-divisione. Se io so che tu accogli le mie debolezze, ne pos-siamo parlare. Se io sento che c'è competizione,voglia di affermazione, non ti dirò nulla.

Nel caos in cui viviamo è possibile mantenere integri noistessi? Che fare quando le variabili di un contesto sonocomplesse e ci sfuggono? Non di tratta di controllare le variabili. Si tratta invece distare dentro il caos, attraversarlo, restando integri, attivando il pensiero. Non dimentichiamo che l'insegnanteè un professionista riflessivo.Se lavora in equipe può fermarsi a chiedersi: Cosa e' successo? Parliamone! Cosa ci sembra giustofare? Cose "ce ne facciamo” di questo episodio? Il gruppo e' in grado di gestire una cosa del genere?Il gruppo può crescere intorno alla narrazione di una situa-zione? E cosa accade?Accade che le giovani persone che incontriamo, i nostriallievi, colgano una comunità adulta che li ha a cuore eveglia sulla loro crescita. E questo fa un’enorme differenza.

Appunti dall’intervento di Cesare Moreno a METIS - GE

... far luce e modificarsi.... far luce e modificarsi.

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Cambiando paradigma nell’insegnare, si scopre che esistono modi semplici,capaci di giungere al cuore dell’apprendimento, senza troppo forzare,

senza pretendere inutilmente di trasmettere.E’ la magia della narrazione, quella parola che si mette in circolo in classe

( come anche nelle equipe di adulti)che tocca il ragazzo e lo fa sentire vicino alla materia dell’apprendere,

che chiarisce processi, agiti o visti, che permette di “digerire” l’oggetto in questione (qualunque esso sia, la disciplina come il vissuto)

attraverso un processo di confronto con gli altri che aiuta acomprendere ciò che accade.In questo modo tutto il vivere diventa materia di apprendimento:

la matematica come l’intervallo, il pianto come l’Odissea, la conquista geografica come il lavoro di gruppo.

Ecco l’approccio dei Maestri di Strada di Napoli che per decenni hanno riportato la scuolain contesti “impossibili”, restituendo parola a chi pareva non avere nessuna chance.

Come ci ricordava nella news precedente M.Lazzaretto,LA VEGLIA. Ecco il punto. Essere presenti nella traversata, nella notte, nel buio, dedicare lo sguardo e l’ascolto a vigilare sull’altro, su colui che mi è stato affidato. Osservare, essere accanto...non sostituirsi, imporre, manipolare, programmare tutto ...Genitori, educatori, insegnanti... gli adulti che accompagnano le nuove generazioni, sono chiamati a questo: IMPARARE A VEGLIARE INSIEME

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Un moderno saggio ha osservato come, di fronte allamorte di una persona amata, immaginare di essernein qualche modo colpevoli ci è più facile che accet-tarne la crudele casualità. E’ lo stesso procedimento psichico che rende preferi-bile all’essere umano addossarsi tutta la colpa dellacatastrofe naturale perché il riconoscerne la auto-noma sovranità lo angoscia e lo offende. Immaginaredi essere noi colpevoli della totale distruzione della na-tura è l’ultima difesa dall’idea che, oggi come sempre,la natura nel suo imperscrutabile cammino può distrug-gere noi, senza autorizzazione e senza preavviso. (...)Il crimine, la violenza, il ritiro sociale sono catastrofi del-l'umano di fronte alle quali prevale il desiderio di pren-dere le distanze, il desiderio di scoprire 'le cause' ,flagellarsi per colpe collettive ed individuali, ma maimettersi in gioco per riconoscere ciò che ci acco-muna. Per fare questo occorre essere poeti o professionisti oentrambe le cose possibilmente.Occorre ritornare nei luoghi della paura e dell'orrore,posare lo sguardo sulle fragilità dimenticate ed occorrefarlo senza farsi attrarre da quello stato di confusioneche in quelle zone regna tra un io forte ed un io debolesballottato dalle sue paure. L'empatia dunque si può costruire, è un attrezzo profes-sionale per mestieri impossibili quali lo psicologo e l'edu-catore, che sono impossibili proprio perchépretendono di curare l'altro curando se stessi. Ma nonsono impossibili se si riescono a creare dei luoghi in cuiè possibile ripartire dalle nostre fragilità in un contesto'protetto'. Questi sono i nostri - dei Maestri di Strada - gruppi riflessivi, quelli in cui riusciamo a fare visita all'infernoproteggendoci a vicenda; questo ci consente di svi-luppare una profonda empatia per i nostri sgangheratigiovani e la possibilità di accompagnarli in un percorsoeducativo. Cesare Moreno

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Empatia, attrezzo professionale...Empatia, attrezzo professionale...

E' possibile mettersi nei panni di un altro? Mai se non si sta nei propri. Per riconoscere qualcosa di comune con gli altribisogna riconoscerlo innanzi tutto in se stessi. E' questo il difficile, e' questo il motivo per cui chivuole fare l'educatore deve necessariamente fareun lavoro su di sé. Come si fa a riconoscere in sé l'aggressività, l'etno-centrismo, la violenza fascistoide di un quindicenneemarginato delle nostre periferie? Come si fa a riconoscersi nel mafioso assassino? Come si fa a riconoscersi nel pedofilo omicida? E' possibile quando riusciamo ad andare oltre lebarriere dell'aggressività, oltre la giusta distanzache è necessario mantenere da ogni compromis-sione o simpatia per il crimine o il criminale. Alla radice di ogni comportamento violento c'è undolore profondo, non detto ed indicibile, unapaura paralizzante di guardare dentro di sé, unafuga dall'orrore che genera nuovi orrori. E' in questa zona della coscienza, in questa perife-ria dimenticata e non vista, che c'è il punto di con-tatto con l'altro e al tempo stesso la differenza, ilpunto in cui l'uno riconoscendosi fragile si è incivi-lito, l'altro negandolo si è avvolto nel suo stesso do-lore. Noi abbiamo in comune la fragilità e la paura,lo smarrimento rispetto alla nostra casuale pre-senza nel cosmo. Siamo profondamente diversi percome abbiamo elaborato questo smarrimento. Carla Melazzini che alcuni commenti hanno evo-cato, scrisse a proposito di un evento geologicosconvolgente questo commento: “Da che l’uomo - unico tra gli animali - ha acquisitola capacità di pensare la propria morte, non moltesono le possibilità di affrontare saggiamente il pro-blema: tra le quali, il religioso timore dell’uomo an-tico di fronte alla potenza dell’aria, dell’acqua,della terra e del fuoco non è la più primitiva.

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... per mestieri impossibil... per mestieri impossibil ii

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È un volume pieno di speranza e di desideri, che parla alcuore e contribuisce - con parte del ricavato - ad un sognoche nell’ultimo anno è diventato reale: il Centro Insieme diScampia, doposcuola nonché punto focale del progetto“Vela: rendere consapevoli”. Perché a tutti noi sta a cuoreil destino dei bambini di Scampia.Questo libro parla proprio di loro, di quei bambini che Davideed i volontari del Centro abbracciano ogni giorno “quelliche, tra scheletri di amianto, ti sorridono da lontano quandoincontrano il tuo sguardo (...). È proprio da lui e da altre persone ed organizzazioni che cre-dono in questo cambiamento che nasce l’idea del progetto“Vela: rendere consapevoli” il cui obiettivo principale è re-stituire diritti fondamentali e dignità alle persone più deboli,come i bambini e i ragazzi che abitano uno dei quartieri piùdifficili di Napoli, ossia Scampia, e “far ripartire col vento inpoppa ed a vele spiegate una nave di sogni e desideri” La leggerezza e la concretezza di questa favola hanno lacapacità di far emozionare anche i grandi perché, in fondo,non si può non sentirsi accarezzati da quel respiro di speranzache questa storia ti lascia addosso.Per ricevere una copia del libro e contribuire così alle attivitàportate avanti dal CentroInsieme e dal progetto, potete scri-vere direttamente a Davide Cerullo [email protected]

http://www.unraggiodiluce.org/?contenuto=comunicati&id_comunicatosel=102

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La FIABA da regalare a Natale !La FIABA da regalare a Natale !

“C’era una volta il progetto di costruire una navemagnifica. Questo progetto fu dato ad un Mago(...) Ma quando tutti furono imbarcati, le vele spie-gate, i marinai ai posti assegnati e i fazzoletti bian-chi pronti a essere sventolati nel gesto di saluto,ecco che la nave non accennò al minimo movi-mento(...)-Che succede?- Esclamarono i passeggeri dalponte? - Perchè non partiamo?- Non ci fu rispo-sta...Un giorno il piccolo Ciccio, mentre stava curio-sando qua e là nonostante la mamma gli avesseproibito di passegggiare senza di lei, notò in fondoa uno dei tanti corridoi una porticina...”La deliziosa storia "La ciurma dei bambini e la sfidaal pirata Ozi" di Davide Cerullo, pubblicato da Li-breria Dante & Descartes, è una straordinaria fa-vola, una squisita metafora sul nobile lavoro cheDavide Cerullo sta portando avanti alle Vele diScampia. È un libro dolce e colorato che cattura e risveglianegli adulti la giusta dose di fantasia attraverso laquale tutti noi dovremmo riuscire a guardare lescene che la vita ci offre.

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«La sua favola è fatta della materia celeste con cui sono impastate le profezie.

E le profezie sono ordini dati al futuro. Le Vele salperanno» Dalla prefazione di Erri De Luca.

Ci sono Maestri di Strada......anzi, di VELA!Capitani coraggiosi che hanno la capacità empatica di “sentire” la sofferenza dei bambini e la forza di accompagnarli in un viaggio di liberazione. Davide Cerullo, che in una delle “difficili” Vele di Scampia ha aperto il CENTROINSIEME, uno spazio di gioco-studio-allegria-serietà per i bambini, ha scritto questa fiaba. Il ricavato della vendita del librosostiene questo bellissimo progetto.

LA CIURMA DEI BAMBINI E LA SFIDA AL PIRATA OZI

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“La società degli adulti (…) NON sa gestire né le pro-prie intemperanze né le proprie difficoltà e rispondeall’intemperanza del bambino con altrettante intem-peranti reazioni. Ci si ferma al comportamento delbambino perché non si è coltivata abbastanza l’em-patia per sentire quale sofferenza si manifesta nel suomodo di fare(...)La fisica quantistica è venuta a darci la sveglia: ogniapparente parte del Tutto è insieme parte e Tutto: èinsieme individuo e campo quantico; la goccia è in-sieme goccia e oceano. C’è un’influenza dell’osser-vatore su ciò che si osserva(...)Quanti sanno come si formano le coscienze e le per-sonalità, l’importanza dell’habitat di crescita, e quantovasta sia la rete di informazioni e influenze di cui unacoscienza è parte, consapevole o non? Oggi è ormai ben noto che il modello causa-effettodella causalità lineare, fino agli anni ’50 sotteso adogni metodo di ricerca, va necessariamente integratocon quello della causalità circolare.L’esperienza clinico-terapeutica racconta che lamaggior parte del disagio e della sofferenza psichicadegli educatori e dei terapeuti è inerente alla loro in

terpretazione soggettiva del comportamento delbambino, condizionata da esperienze individuali chealle volte non permettono di vederne i reali e naturalibisogni o desideri (...)Si affaccia alla nostra cultura un’inusuale ispirazioneche prende spunto dall’estremo della vita.L’accompagnamento empatico della sofferenza(...),quella che si manifesta alla fine dell’esistenza(…), hadiversi punti in comune con la sofferenza intorno all’ADHD: il morente e il bambino sono entrambi, peruna serie di ragioni, eminentemente empatici, e le per-sone a loro care sono estremamente coinvolte nellaloro sofferenza.Questo tipo di accompagnamento (…) richiede che sicoltivi uno stato di ascolto empatico, da cui si perce-piscono i bisogni dell’altro anche quando l’altro nonpuò più esprimerli nel modo convenzionale, ossia par-lando. Anche il bambino irrequieto ed ossessivo ha undisagio e non lo verbalizza; la stessa tecnica di ascoltoempatico sarà utile…per percepirne i bisogni reali, evi-tando di proiettare sulla sua sofferenza ciò che “cre-diamo” possa essere d’aiuto invece di ciò che eglivorrebbe davvero”.

La perlaNews insegnanti Gruppo Abele

Giù le mani da PierinoGiù le mani da Pierino

Davvero interessantissimo il libro “Giù le mani da Pierino”, Ed. Amrita. Emilia Costa e Daniela Muggia ci propongonoun approccio rivoluzionario per accompagnare i bambini con ADHD C’è una strada diversa della “camicia diforza chimica” per aiutare i più piccoli a

gestire le proprie intemperanze e difficoltà?Di risposte, in realtà ce ne sono parecchie. E passano tutte per l’educazione

o l’arricchimento della formazione degli adulticon cui i piccoli interagiscono.

Cambiare paradigma. Ecco il suggerimento che ci offrono Emilia Costa, docente di psichiatria e psi-coterapia della Sapienza di Roma insieme a Daniela Muggia, tanatologa, ideatrice, da oltre 20 anni,

del Metodo di Accompagnamento Empatico della fine della vita. Cambiare paradigma significa modificare quel complesso sistema di regole metodologiche, modelli e criteri di soluzione di problemi che utilizziamo solitamente. Ma soprattutto significa cambiare la pro-

spettiva dello sguardo da cui si analizza e si interviene sul problema. Nel caso dell’ADHD il paradigma attuale mette la lente d’ingrandimento sul bambino “malato” e

avvia prassi e protocolli definiti che ne modifichino il suo comportamento. In questo libro il focus, invece, è sull’adulto che viene accompagnato nel divenire

“traduttore” del disagio del bambino, attraverso un lavoro sul proprio sé adulto. Un lavoro di riscoperta della propria parte sana, capace di empatia, che sa accogliere e trasformare

la sofferenza di quel disagio. Un punto di vista davvero rivoluzionario. Ecco alcuni passaggi del loro prezioso libro.S.

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Un’idea che funziona! L’accompagnamento empatico dei bambini affetti da ADHD

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“Il bimbo di 9 anni aveva tentato sette volte il suici-dio. Lo chiameremo Vincenzo. Io lo incontrai dopoil ricovero, con i genitori presenti nel mio studio. Igenitori erano in via di separazione, ma venneroinsieme, pieni di sensi di colpa che dichiararonosubito, in presenza del piccolo: la loro sofferenzaera al centro del problema.Vincenzo era stato imbottito di psicofarmaci inospedale, ma da bravo iperattivo sgambettavaper lo studio, non rispondeva alle domande, l’at-tenzione dopo un secondo era già rivolta ad altro.Nel mio studio ci sono un divano e una bella pol-trona rilassante, che cercai di lasciare al bambino.Gli piaceva molto, la poltrona: piace a tutti…La prima manovra, insomma è accogliere e ascol-tare.I genitori raccontavano i loro problema, ma ioavevo voglia di sentire Vincenzo, che si compor-tava nei loro confronti da ostruzionista. Loro, imper-territi, continuavano a parlare… Mi domandai seavessero mai chiesto a Vincenzo che tipo di tera-pia volesse: era ormai anche lui un esperto! (...)

Gli chiesi semplicemente se gli andava di “fareuna cosa tutta per lui o una cosa coi i genitori”. Vincenzo non ebbe esitazioni: voleva una cosa“solo per lui”, non con i genitori. La comunicazionenon poteva essere più chiara: la SUA sofferenzachiedeva di essere presa in considerazione… Pierino dunque soffre. La sofferenza va accolta,ascoltata e la saggezza interiore di ognuno ricono-sciuta: anche Pierino può essere depositario di unasoluzione”.

“Matteo approda alle elementari sapendo leg-gere, scrivere e far di conto. Non glielo ha inse-gnato nessuno, gli è bastato dare un’occhiata aicompiti della sorella, di tre anni più grande (…)Vive in un piccolo paese di montagna, e si ritrovain una pluriclasse (…) Naturalmente dopo un po’Matteo diventa distratto e allora incomincia a gi-rovagare per la classe, distraendo anche i com-pagni. La maestra si accorge che il piccolo èaperto, e ha un gran cuore, oltre che un grancervello. Se ne accorge soprattutto il giorno in cuilei sta spiegando una regola di aritmetica e di-versi bimbi fanno fatica a capire. Matteo si alza,va alla cattedra e le dice: “ Senti maestra, segliela spieghi così non la capiranno mai”. Non lodice con arroganza, è davvero preoccupato peri compagni. La maestra coglie la sua compas-sione, non si inalbera e gli dice: “Ok, se haiun’idea creativa tirala fuori!” Matteo sorride e incomincia a spiegare conesempi originalissimi, che subito i bimbi compren-dono. Da allora si prenderà ufficialmente cura ditutti i bimbi con difficoltà di studio della sua pluri-classe. Troverà modi originali per sostenere l’ap-prendimento individualmente, moltiplicandol’attenzione per ascoltare contemporaneamentel’insegnante e le eventuali difficoltà dei compa-gni”.

Continua a pag. 8

Lo stuzzicadentiNews insegnanti Gruppo Abele

“Giù le mani da Pierino” di Emilia Costa e Daniela Muggia

Ed. Amrita

3 regole d’oro per incontrare Pierino3 regole d’oro per incontrare Pierino

Il nostro Pierino iperattivo, il famoso

bambino terribile delle barzellette, chi è?

Un bimbo o una bimba disturbata,

superdotata, maleducata,

con un caratteraccio?

È un bimbo “cattivo” o “stupido”?

Cosa lo rende tale? Soffre?

Di certo fa soffrire noi…

Le autrici del libro ci presentano varie storie

reali di Pierini diversi che mettono in

scacco matto l’adulto.

...Ma se l’adulto sa ascoltare col cuore,

qualcosa accade...

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E qui viene la seconda regola d’oro: rimettere al centro il malato (se di malattia si tratta) ocomunque la sua sofferenza, che ha bisogno di esserericonosciuta(...)La terza regola d’oro è riconoscere che questo sofferente ha una sua innata saggezza che può guidare lui stesso il percorso di cura (…)

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Lo stuzzicadentiNews insegnanti Gruppo Abele

“Nella ‘mia’ prima elementare arrivò ‘il pezzo danovanta’, l’alunno che maggiormente mi avrebbeintrodotta a mettere in discussione le mie certezze,ma anche ad accendere spiragli di luce e di spe-ranza…(Durante) le periodiche crisi diventava fortementeoppositivo, rovesciava banchi, lanciava oggetti,graffiava chiunque gli capitasse a tiro, mordeva,lasciava andare gli sfinteri e si sporcava, talvoltaimbrattandosi di feci per sporcare chi gli stava in-torno. Gli erano stati prescritti pesanti farmaci ecalmanti che la famiglia si rifiutava di continuare asomministrare, avendo notato effetti di sonnolenzae assenza nel bambino.In quel primo anno di scuola elementare (…) l’inclusione di Walter da parte dei suoi piccoli com-pagni finì per contagiare la maggior parte delle fa-miglie. In seconda elementare, l’unica famiglia anon aver accettato Walter rimaneva la sua, per-ché…dal punto di vista emotivo non riuscivano acapire quelle sue difficoltà nell’avere comporta-menti socialmente accettabili.I compagni erano di solito la molla che facevascattare in lui atteggiamenti pro-sociali, laddove

fallivano gli adulti. Walter aveva un sorriso dolcis-simo e una grande passione per i suoi amici, per alcuni più che per altri, e sprizzava amorequando era tranquillo e riusciva per tempi più omeno lunghi a rimanere nel qui e ora: brevi ma pro-fondi sprazzi di presenza.I compagni si attivavano empaticamente per pre-venire le situazioni a rischio per lui, ovvero quelleche potenzialmente gli avrebbero provocato unaperdita di controllo; per esempio non alzavano maila voce, nemmeno in palestra per fare il tifo du-rante i giochi.Quando Walter diventava oppositivo, la prima strategia che metteva in atto era buttarsi sul pavi-mento dove si trovava e non schiodarsi più di lì…30, 90 minuti. Se ti spazientivi e tentavi di farlo alzaredi forza iniziavano calci e gli sputi, i graffi e le urla.Di solito lo si trascinava in un’apposita aula dovepoteva sfogare la sua crisi senza i compagni e lontano dallo sguardo di tutti. Davanti alle sue esplosioni di sofferenza mi ero fin lìsentita disarmata(…): il non poter far nulla, se nonaspettare che si esaurisse la sua sofferenza...”

Continua a pag.9

Primo: accogliere e ascoltarePrimo: accogliere e ascoltareLa perla

“Se facciamo del vivere nella compassione e nell’amore incondizionatolo scopo della nostra vita, il mondo diventerà davvero un giardino in cui

sbocceranno e cresceranno fiori d’ogni tipo” Elisabeth Kubler-Ross

Riportiamo qui di seguito una storia bellissima: una maestra ci racconta lo stare accanto ad un ragazzino molto sofferente

affetto da ADHD. La sua storia ci fa comprendere la differenza tra “fare qualcosa”

o “essere presente” accompagnando.

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Lo stuzzicadentiNews insegnanti Gruppo Abele La perla

Secondo: rimettere Pierino al centroSecondo: rimettere Pierino al centroContinua da pag. 8

Un anno dopo la mastra incontra lo strumento dellameditazione e comincia a praticare Samatha (lameditazione del Calmo dimorare o della tranquillità)con grande regolarità.

“Malgrado fossi una neofita, mi accorsi (…) di averein mano un nuovo strumento per entrare in contattocon le crisi di Walter (…) Nelle lunghe ore passate in isolamento nell’appositastanzetta, mentre Walter ancora smaniava e sfarfal-lava con le mani o a terra gridava parolacce e be-stemmie, io mi sedevo in un cantuccio esilenziosamente cercavo di acquietare la mente,come meglio potevo, osservando il mio respiro (…) Mi resi conto, così, che l’uscita dalla crisi non dipen-deva da ciò che facevo o dicevo, ma dalla qualitàdella mia presenza. E un giorno Walter, invece di ripetere all’infinito la

frase: “Sei arrabbiata?” che era uno dei suoicomportamenti stereotipati (…) mi chiese:“cosa stai facendo?” e da come mi guardavanegli occhi capii che questa volta stava aspet-tando risposta.“Respiro, Walter, respiro e sto attenta a come lofaccio, così divento calma e tranquilla”Da quel momento mi accorsi che era in gradodi seguire ciò che facevo, era chiaro che per-cepiva lo stato di quiete che raggiungevo, econtemporaneamente si calmava anche lui, epoco dopo mi chiedeva di poter tornare inclasse, dai suoi adorati compagni”Incominciai a coinvolgerlo nell’esercizio: perbrevi istanti lo invitavo ad ascoltare in primapersona il suo respiro, ma non era ancora ingrado di mantenere l’attenzione a lungo, e michiedeva di farlo per lui. Talvolta, all’inizio della crisi, ancora nel corri-doio, mi guardava e mi chiedeva: RESPIRI?”

Terzo: r i conoscere la saggezza innata Terzo: r i conoscere la saggezza innata

Abbiamo riportato

qualche stralcio tratto

dal libro

“Giù le mani da Pierino”

Un assaggio della

quantità di suggerimenti

che emergono da chi

ha lavorato accanto

a questo tipo

di sofferenza.

Vi consigliamo

di leggerlo

da cima a fondo

perchè c’è davvero

tanto da imparare!

S.O.S. A

DH

D

“Giù le mani da Pierino” - Emilia Costa, Daniela Muggia - Ed AMRITA - pag 68/72

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Lo stuzzicadenti

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News insegnanti Gruppo Abele

Il mio nome è Romina e ho 23 anni. Sono nata in unacittà molto somigliante a Torino, Timişoara nella zonaovest della Romania. Anche la mia città è attraver-sata da un fiume, la Bega, che è un po’ come il Po aTorino. Sono due città costruite dai romani e ognigiorno trovo varie similitudini, per questo un po’ misento a casa. Quando mi sono trasferita a Torino per raggiungere imiei genitori e il mio fratellino avevo già 17 anni.Un’età difficile e con tante responsabilità. Tutto il tempo trascorso a scuola in Romania, mi por-tava delle soddisfazioni. Dopo la fine delle medie hoiniziato le superiori con un indirizzo ambientale e mipiaceva molto. I risultati erano molto buoni e il rap-porto con i professori era ottimo. Nella scuola in Ro-mania c’era tanto rispetto e meno confidenza traallievi e l’insegnante.

Se avevo bisogno di un consiglio anche nella sfera personale alcuni di loro c’erano sempre e mi aiu-tavano a concentrarmi sullo studio. Mi ricordo un mo-mento difficile quando i miei avevano l’intenzione disepararsi e c’è stato un insegnante di tecnologia chemi ha aiutato a superare la tristezza e la preoccupa-zione per i litigi dei miei genitori. Lui ha provato a co-noscermi al di là dell’immagine che davo di me, ed èuna cosa che io considero particolarmente impor-tante. Ero a volte scontrosa e altri professori vedevanoil mio atteggiamento come un’arroganza, invece luimi vedeva come una ragazza ambiziosa, diciamoche passava al di là delle apparenze. Purtroppo devo dire che non ho deciso io di lasciareTimişoara per arrivare a Torino. Questi erano i piani deimiei genitori, che ho dovuto seguire. Se fossi stata io ascegliere sarei stata adesso all’università in Romania.

Quando il background non conta nulla.Quando il background non conta nulla.Lettera a una professoressa

A Timişoara Romina andava bene a scuola. Le superiori con un indirizzo ambientale le piacevano molto.

I risultati erano molto buoni e il rapporto con i professori era ottimo. Ma i genitori decidono di emigrare.

E Romina si ritrova a Torino dove il suo PORTFOLIO non vale nulla.

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Lo stuzzicadenti

Nel mese di settembre del 2008, ci siamo imbarcati nella macchina di famiglia per fare ilgrande passo. A 17 anni lasciare gli amici e lascuola e in più tutti i miei progetti è molto compli-cato. Potrei dire che sono arrivata a Torino pian-gendo. La prima impressione è stata molto brutta:siamo arrivati di sera con tanto traffico e un caldo infernale. Avevo la sensazione di non poter respi-rare. All’inizio non parlavo una parola d’italiano,non uscivo quasi di casa. Naturalmente, andandonei giardini vicino a casa ho incontrato altri con-nazionali più o meno della mia età. A novembre mi sono iscritta al CTP per prenderela terza media. Trovavo tutto molto noioso, il livellodel corso era molto basso, mi interessava solo ilcorso d’italiano e altre attività extra (informatica,inglese, formazione anti-droga). Era una classemolto strana mi trovavo a studiare accanto a si-gnore del Nord Africa ultra quarantenni, diverse si-gnore di colore senegalesi e qualche cinese,ognuna con un livello di italiano diverso. In questocontesto, pure l’italiano mi sembrava molto facileperché, essendo il rumeno una lingua neolatina,io riuscivo a fare subito il paragone e capivo ilsenso. A fine anno ho passato l’esame con unvoto molto buono e con l’aiuto del mio tutor misono iscritta ad un Istituto superiore, al corsodiurno. E lì c’è stato un altro shock. All’epocaavevo quasi 19 anni e mi hanno iscritto in prima.Praticamente andavo in classe con dei ragazzini.Mi è stato spiegato seccamente che i miei dueanni di superiori in Romania non contavano nullae che non potevo avere dei crediti per iscrivermiin una classe superiore. Peccato che se mi aves-sero detto che c’era la possibilità di frequentare ilserale io lo avrei scelto, così non perdevo altri dueanni di scuola. Purtroppo nessuno mi ha orientatoverso una scuola serale e quindi ho iniziato la miaodiseea in una classe non adatta alla mia età.Adesso posso dire che non è una bella espe-rienza: mi è capitato di essere presa in giro o di es-sere vittima di scherzi poco gradevoli e infantili. Un episodio spiacevole è successo nella secondaquando uno dei miei compagni ha scritto unafrase e l’ha letta davanti alla classe, una frase of-fensiva verso tutti noi rumeni. Io ho reagito in unmodo brusco, però la reazione della professoressapresente in classe mi ha deluso. Ha solo ripreso ilmio compagno con una frase del tipo “così nonsi fa”. La mancata reazione della professoressa miha offesa ancor di più, perché la battuta del miocompagno è stata esplicitamente razzista.

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News insegnanti Gruppo Abele Lettera a una professoressa ...

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Sono arrivata qui, piangendo...Sono arrivata qui, piangendo...

“A novembre mi sono iscritta al CTP per

prendere la terza media.

Trovavo tutto molto noioso, il livello del

corso era molto basso...

ho passato l’esame, poi mi sono iscritta ad

una scuola superiore, nel turno diurno.

E lì c’è stato un altro shock.

All’epoca avevo quasi 19 anni

e mi hanno iscritto in prima.

Praticamente andavo in classe

con dei ragazzini.

Mi è stato spiegato seccamente che

i miei due anni di superiori in Romania

non contavano nulla”

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News insegnanti Gruppo Abele

Continua da pag. 11

Ho invece un bel ricordo del mio prof. di biologia che,anche se non gli competeva, ha preso a cuore i ra-gazzi stranieri che avevano dei problemi con l’ita-liano. Praticamente si inventava dei giochetti dilogica, indovinelli che ci aiutavano a capire meglio ilsenso delle parole italiane. Ho apprezzato molto il suomodo di coinvolgerci: erano giochi di matematicache richiedevano che noi capissimo il senso di ogniparola. Era al di là della matematica e dell’italiano:semplicemente ci aiutava a pensare e questa è unacosa fantastica. Riusciva a presentare in un modo in-teressante e divertente la sua materia, non ci anno-iavamo mai, le sue lezioni erano diventate unpiacere. Era una sfida seguire la logica per arrivarealle risposte in un modo leggero e divertente. La mia storia scolastica è continuata tra alti e bassinel senso che continuavo a fare dei paragoni con lamia esperienza nella scuola rumena. Mi dispiace dirloma da noi a Timişoara le scuole vengono ristrutturateo comunque ridecorate tutti gli anni, invece qui misono trovata con delle soffitte aperte, i bagni senzacartongesso dove si vedevano tutti i tubi...e in classec’era un buco di un metro quadrato nella parete.

In seconda non sono riuscita a integrarmi con i com-pagni e allora ho deciso di proseguire con il corso se-rale in un altro Istituto, stesso indirizzo, in modo dapoter anche trovare qualche lavoretto da fare digiorno. Al corso serale mi sono trovata bene, la terzae la quarta sono passate benissimo: i compagnierano ora degli adulti con cui mi veniva più semplicediscorrere. Coi prof, che cambiavano ogni anno sco-lastico, tutto ok, a parte uno, di chimica organica,che ammetteva esplicitamente che non gli stavanosimpatici gli stranieri. Ovviamente premetteva a que-ste affermazioni: “Io non sono razzista…”. In quarta, però, mi sono resa conto che la chimicanon faceva per me: non mi vedo a lavorare in unastanza chiusa a fare sempre le stesse operazioni…Quindi, ho fatto l’ennesimo cambiamento di scuola!Ora frequento di nuovo la quarta di economia azien-dale (non avevo le basi per poter essere iscritta subitoin quinta), sempre al corso serale. Spero di prenderepresto il diploma e di iscrivermi poi all’Università, allaFacoltà di Economia e Commercio.

Romina Aparaschive

Lettera a una professoressa

Quello che accade ai ragazzi chemigrano nelle nostre scuoleè un dolore sordo e inascoltato: il loro percorso scolastico non vieneconsiderato per niente. Un colpo di spugna che cancella edisorienta. E così inizia la via crucis, da una scuola all’altra, in classi inferiori, spesso ripetenti... il gap coi coetanei aumenta fino a diventare insopportabile. E il ragazzo “molla la scuola”.Il racconto di Romina è a lieto fine,ma lacscia trasparire una fatica esagerata che pochi migranti riescono a reggere.

Cambiare 1000 scuole... per ritrovarsiCambiare 1000 scuole... per ritrovarsi

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i bambini non sono scatole vuotei bambini non sono scatole vuoteLo stuzzicadenti

Sul web abbiamo trovato questa riflessione breve e incisiva che pone il focus suuna cosa interessante: conosciamo davvero i nostri allievi?

Chi scrive è un’amica, insegnante con tanti anni di esperienza nella scuola.

News insegnanti Gruppo Abele Lettera a una professoressa ...

I bambini non sono scatolevuote, essi entrano nellascuola con un loro bagagliodi conoscenze, di sentimenti,di ricordi e di emozioni, di vis-suti insomma di cui non si puònon tener conto quando ci siaccosta a loro.È da qui che dobbiamo par-tire. Noi insegnanti dobbiamo im-parare a conoscerli. La conoscenza non è peròsemplicemente quella rac-colta di dati anamnestici,quell’accumulo di notizie checi dà l’illusione di sapere giàtutto quello che si deve sa-pere e che soprattutto ci per-mette di catalogare fin dalprimo approccio il bambinoin una casella piuttosto chein un’altra. Un accumulo dinotizie questo che, invece ditenerci lontano dal pregiudi-zio, può rafforzarlo.La conoscenza avviene nellarelazione quotidiana, in uncolloquio costante e attento,direi instancabile quello, chesi contrappone al giudizioprecostituito che oggetti-vando il sapere del bambino,rischia di oggettivare il bam-bino stesso.

Emilia de Rienzo

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Lo stuzzicadenti

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News insegnanti Gruppo Abele

Come una proposta culturale molto forte, il lavoroeducativo, può diventare anche una proposta politica che si fa realtà. Lo capiamo subito arrivando a Villa Vecchia a MontePorzio Catone, bellissimo albergo con grande parcoe piscina, che paga lo scotto di essere stato dichia-rato bene confiscato perché, subito dopo aver saputo che era stato sottratto alla ‘ndrangheta, i suoiclienti hanno disdetto le prenotazioni. Ora lo fa rivivere l’impegno quotidiano dei dipendenti che vorrebbero costituirsi in cooperativa. In questo luogo,dal 22 al 24 Novembre, Libera ha accolto una cinquantina di docenti del centro Italia per proporrel’edizione 2013 di Abitare i Margini. È così che Liberaabita i territori, proponendo una riflessione sul sensodel nostro lavoro tra condivisione e concretezza, traantimafia sociale e proposta educativa.Con Enrico Fontana e Nando dalla Chiesa ci interro-ghiamo su cosa bisogna fare e viene fuori l’esigenzaimprescindibile di riaffermare le infrastrutture culturali:1) la capacità di ASCOLTO che va formata; 2) il RISPETTO – filo silenzioso che unisce tutti gli articoli

della Costituzione – architrave delle relazioni umanee sociali; 3) la LINGUA, quella ricca e precisa, altrimenti non sipuò fare l’antimafia, non si possono descrivere le millesfumature della “zona grigia”; 4) il senso della STORIA che ti fa sentire che ci sonobattaglie giuste perché ristabiliscono la verità. Quella verità che emerge dall’intenso documentario“GENERALE” che la nipote Dora, figlia di Nando, ci hapresentato con la timidezza dei suoi giovani anni. Unritratto familiare che ha al centro suo nonno, Carlo Alberto Dalla Chiesa, con la sua tenacia e la sua solitudine, quella dei giusti che vanno a morire in questo paese solo perché fanno bene e fino in fondoil loro lavoro. La stessa verità incompiuta, emergedalle parole sommesse e tenere di Alessandro Antiochia che ci parla di suo fratello Roberto e di suamadre, la grandissima Saveria Antiochia che insiemea Don Ciotti ha fondato Libera.Stare in un corso per insegnanti di Libera significa sempre fare i conti con la memoria di questo paesee con i volti e le storie di tutti quelli che hanno pagatocon la vita il loro impegno. Continua a pag.15

La Cittadinanza si forma... a ScuolaLa Cittadinanza si forma... a ScuolaAgorà LIBERA

Un elemento imprescindibile dei percorsi educativi di apprendimento èl’educazione alla cittadinanza, fondamento di ogni disciplina.

Ma spesso, troppo spesso, la scuola non presidia questa MATERIA.Dal convegno ABITARE I MARGINI organizzato da LIBERA a Roma ci giungono

importanti riflessioni

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Lo stuzzicadenti

(Continua da pag.14)Raffaele Mantegazza, pedagogista dal tocco lieveed allegro, ci stimola partendo da una provocazione:può darsi che la scuola sia finita, è una invenzioneumana come la macchina da scrivere…E allora per descrivere questa fine perché non partiredall’ inferno dantesco (azzeccate le diapositive conle immagini di Doré) e tornare ad esprimere il nostroessere contro: - Contro la scuola degli AVARI, per dire che è in attouna privatizzazione delle questioni educative e sociali,che significa dare ma anche pretendere solo risposteindividuali (es. mio figlio non può stare in classe controppi extra-comunitari, altrimenti non impara niente).Risposta: insegnare la socializzazione. Come affer-mava già Comenio nel 1600 “la scuola è il luogo dovesi insegna tutto a tutti”.- Contro la scuola degli IGNAVI, occorre insegnare laresponsabilità personale.- Contro la scuola degli INDOVINI, quella dell’ “è statosempre così” , la scuola deve saper insegnare la pro-fezia radicale e reale guardando avanti.E quindi uscimmo a riveder le stelle… ma il viaggiocon Mantegazza è stato entusiasmante facendocisentire davvero in-segna-nti, ovvero coloro che lasciano il segno!Abitare i Margini è proseguito con tanto lavoro digruppo, sulla scia degli stimoli ricevuti che abbiamosaputo interpretare, sotto la guida intelligente e sicuradi Michele Gagliardo, per dar vita all’individuazionedi metodi ed esperienze tra scuola e territorio. Sono venute fuori le bellissime attività che stiamo por-tando avanti, spesso in solitudine, nelle scuole di ogniordine e grado. Ci siamo mescolati, conosciuti e riconosciuti nei percorsi differenti di ciascuna. Abbiamo dato vita ad una lettura collettiva dei bisogni dei territori, specialmente quelli più marginalidell’ emarginazione, dell’integrazione, della multicul-turalità per arrivare ad individuare dei nodi fonda-mentali dell’educazione: - La condivisione, ovvero il sentirsi parte di un sistemadi relazioni;- La consapevolezza che il nostro lavoro deve aiutarea far crescere i giovani educandoli alla relazione conse stessi, con gli altri, con il territorio. Farli sentire partedi una realtà, aiutarli a trovare il senso;- La pratica di didattiche inclusive e partecipative, trail locale ed il globale.È così che la scuola può creare SISTEMI TERRITORIALIINCLUSIVI.

Ultima, ma non meno importante informazione: abbiamo scoperto che ci sono altre reti di insegnantiche si confrontano sulla scuola viva che, ancora,ogni giorno, viene attivata da noi con passione. E Li-bera ci aiuta: a primavera del prossimo anno avremoforse il nostro primo appuntamento importante a li-vello nazionale. Faremo il punto, ma soprattutto, an-cora una volta ci conosceremo e riconosceremo periniziare a fare un cammino insieme!Antonella GuerriniPresidio Scuola “G. Rechichi” Perugia

News insegnanti Gruppo Abele Agorà LIBERA

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Sistemi Territoriali InclusiviSistemi Territoriali InclusiviMemoria ed educazione in tempi di crisi della scuola.

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L’isola che c’è

Felice...MenteFelice...MenteNews insegnanti Gruppo Abele lo stuzzicadenti

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Ci lamentiamo spesso dell’agitazione e della distrazione che gli allievi manifestanoin classe. Ecco uno strumento efficacissimo per iniziare a spiegare ai bambini

come funziona la mente e attrezzarli a riconoscere gli stati mentali e le emozioniper prendersene cura. Un percorso di educazione alla consapevolezza che

sviluppa l’attenzione e facilita l’apprendimento, aumenta l’autostima, la resilienzae la capacità di apprezzare pienamente la vita.

Cari colleghi, termina qui l’ultima news del 2013.A tutti voi un caro augurio di BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO!Che le feste natalizie siano FELICE...MENTE serene!Arrivederci al 2014!!!

Grazia Roncaglia, insegnante

elementare, sa bene come parlare ai

bambini e lo fa attraverso

immagini concrete che permettono

loro di immaginare e quindi

comprendere concetti “da grandi”.

Il suo libro FELICE...MENTE

(Edizioni L'Età dell'Acquario)

conduce i bambini in un viaggio

avventuroso attraverso 4 isole,

narrando di vecchi viaggiatori

ed esploratori del cuore, che hanno

lasciato a noi importanti mappe per

navigare nella vita, senza perderci.

Un libro bellissimo,

dalle illustrazioni invitanti,

per intraprendere un viaggio alla con-

quista di una terra inesplorata: la terra

del nostro cuore.

Dovremmo regalarlo

a tutti i bambini che conosciamo, ma

soprattutto dovremmo regalarlo a

tutti gli adulti che li accompagnano

nella crescita.

Il percorso narrato in questo libro è

stato sperimentato da qualche

tempo in una classe alla periferia di

Torino.

Ve lo abbiamo raccontato

attraverso questa news, nel numero

27 che potete sfogliare a questo link:

ht tp :// i s suu.com/ insegnaredu-

cando/docs/27insegnareducando-

news-mag-giu2013

Su youtube trovate le tracce audio

che guidano bambini e adulti

in questo viaggio dentro se stessi:

http://www.youtube.com/watch?v=v

jw5tDhMc2Y