INSEGNAREDUCANDO . N°26 - aprile 2013

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finestre per captare l’arrivo della mietitrebbia. Sapevano tutto di semine e raccolti, mi insegnavano ogni giorno qualcosa del loro mondo e io con fatica cercavo di portarli oltre, verso orizzonti che non avevano mai considerato. Andammo a vedere il mare, perché sconosciuto, ma anche a spasso nelle loro terre a fotografare i rigagnoli d’acqua dove finivano gli anticrittogamici che loro distribuivano copiosamente sulla terra dopo la semina. Osservavamo molto, aprivamo finestre e ci confrontavamo, facevamo collegamenti, raccoglievamo le nuove conoscenze in grandi mappe che cercavamo di non chiudere mai. Il loro mondo era di terra; io dovevo pormi in ascolto e imparare quel “sapere” per poi riuscire a parlare loro d’acqua e di cielo, di ecosistemi ed equilibri. A partire dalle loro competenze, costruivamo insieme tutte le altre. Finivano gli anni ‘80. Vygotskij era un faro... Poi, le attenzioni della scuola si sono concentrate sulle singole discipline; ognuna è diventata un mare in cui tuffare gli allievi, senza il tempo di capire le connessioni tra una materia e le altre, tra la scuola e la vita. Nell’ottica di questa modalità di apprendimento, gli stu- denti hanno trovato altri maestri: i loro magici Iphon pronti a fornire tantissimi saperi veloci e spezzati. A loro basta. Non se ne fanno più nulla di insegnanti sapientoni in cattedra. E ce lo dicono apertamente. Anche le indi- cazioni per il curriculum affermano che i ragazzi hanno bisogno d’altro. Troveranno maestri capaci di aiutarli a osservare e ascoltare, fermarsi e confrontare, riflettere e discernere, includere e collegare, collaborare e costruire insieme? “Fare scuola oggi significa mettere in relazione la complessità con un’opera quotidiana di guida, attenta al metodo”. Vygotskij è tornato. Ce n’era bisogno! Possiamo ripartire. G.L. S’impara... nonostante la scuola! S’impara... nonostante la scuola! 1 per educare un bambino ci vuole ci vuole un villaggio un villaggio N° 26 - Aprile 2013 Che belle le nuove indicazioni per il curriculum verticale! La prima volta che sono state presentate dalla voce di Giancarlo Cerini, membro del nucleo redazionale, durante un convegno del Forum delle Scuole del Piemonte, hanno suscitato commozione in chi aveva alle spalle più o meno 30 anni di servizio. Dopo un ventennio di parcelizzazione dell’ apprendimento, queste giungono portando aria fresca e restituiscono funzione sociale alla scuola. Lo fanno partendo da un dato di realtà piuttosto crudo, scritto nella premessa: Per acquisire competenze specifiche spesso non vi è bisogno dei contesti scolastici. La scuola non ha più il monopolio delle informazioni e dei modi di apprendere. Le discipline e le vaste aree di cerniera tra le discipline sono tutte accessibili ed esplorate in mille forme, attraverso risorse in continua evoluzione”. La Scuola non serve più per conoscere! E allora a cosa serve??? Un attimo di silenzio prima di tentare una risposta. Il silenzio fa bene, ma lo abbiamo dimenticato. Prendiamoci una pausa per immaginare che la scuola sparisca del tutto: via edifici, aule, scale fredde e mura scostate; via libri e banchi mezzi rotti e via materie, professori delle materie... I ragazzi escono per strada la mattina, concentrati sul loro ultimi cellulari con connessione internet incorporata e sanno tutto! Cosa manca loro? L’immaginazione mi porta indietro nel tempo, ai primi anni della mia carriera in una super-pluriclasse in aperta campagna. La grammatica era un optional, ma la matematica era utile ai piccoli contadini. Venivano a sedersi nei banchi con gli orecchi tesi alle

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Una voce diversa nel mondo della scuola. La proposta di chi si impegna in prima linea per creare una comunita educante.

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finestre per captare l’arrivo della mietitrebbia. Sapevano tutto di semine e raccolti, mi insegnavanoogni giorno qualcosa del loro mondo e io con faticacercavo di portarli oltre, verso orizzonti che non avevano mai considerato. Andammo a vedere il mare,perché sconosciuto, ma anche a spasso nelle loro terrea fotografare i rigagnoli d’acqua dove finivano gli anticrittogamici che loro distribuivano copiosamentesulla terra dopo la semina. Osservavamo molto, aprivamo finestre e ci confrontavamo, facevamo collegamenti, raccoglievamo le nuove conoscenze ingrandi mappe che cercavamo di non chiudere mai.Il loro mondo era di terra; io dovevo pormi in ascolto eimparare quel “sapere” per poi riuscire a parlare lorod’acqua e di cielo, di ecosistemi ed equilibri. A partiredalle loro competenze, costruivamo insieme tutte lealtre. Finivano gli anni ‘80. Vygotskij era un faro...Poi, le attenzioni della scuola si sono concentrate sullesingole discipline; ognuna è diventata un mare in cuituffare gli allievi, senza il tempo di capire le connessionitra una materia e le altre, tra la scuola e la vita. Nell’ottica di questa modalità di apprendimento, gli stu-denti hanno trovato altri maestri: i loro magici Iphonpronti a fornire tantissimi saperi veloci e spezzati. A lorobasta. Non se ne fanno più nulla di insegnanti sapientoniin cattedra. E ce lo dicono apertamente. Anche le indi-cazioni per il curriculum affermano che i ragazzi hannobisogno d’altro. Troveranno maestri capaci di aiutarli aosservare e ascoltare, fermarsi e confrontare, riflettere ediscernere, includere e collegare, collaborare e costruireinsieme? “Fare scuola oggi significa mettere in relazionela complessità con un’opera quotidiana di guida, attenta al metodo”. Vygotskij è tornato. Ce n’era bisogno! Possiamo ripartire. G.L.

S’impara... nonostante la scuola!S’impara... nonostante la scuola!

1

per educare un bambino

ci vuole ci vuole un villaggioun villaggio

N° 26 - Aprile 2013

Che belle le nuove indicazioni per il curriculum verticale!La prima volta che sono state presentate dalla voce di

Giancarlo Cerini, membro del nucleo redazionale, durante un convegno del Forum delle Scuole del

Piemonte, hanno suscitato commozione in chi avevaalle spalle più o meno 30 anni di servizio.

Dopo un ventennio di parcelizzazione dell’apprendimento, queste giungono portando aria fresca

e restituiscono funzione sociale alla scuola. Lo fanno partendo da un dato di realtà piuttosto crudo,

scritto nella premessa:“Per acquisire competenze specifiche spesso non vi èbisogno dei contesti scolastici. La scuola non ha più il

monopolio delle informazioni e dei modi di apprendere.Le discipline e le vaste aree di cerniera tra le discipline

sono tutte accessibili ed esplorate in mille forme, attraverso risorse in continua evoluzione”.

La Scuola non serve più per conoscere!E allora a cosa serve???

Un attimo di silenzio prima di tentare una risposta. Il silenzio fa bene, ma lo abbiamo dimenticato.

Prendiamoci una pausa per immaginare che la scuolasparisca del tutto: via edifici, aule, scale fredde e mura

scostate; via libri e banchi mezzi rotti e via materie, professori delle materie... I ragazzi escono per strada la

mattina, concentrati sul loro ultimi cellulari con connessione internet incorporata e sanno tutto!

Cosa manca loro? L’immaginazione mi porta indietro nel tempo, ai primi

anni della mia carriera in una super-pluriclasse in apertacampagna. La grammatica era un optional, ma la

matematica era utile ai piccoli contadini. Venivano a sedersi nei banchi con gli orecchi tesi alle

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http://www.giuntiscuola.it/scuoladellinfanzia/media/allegati-indicazioni-nazionali-SHMV88ZW.pdf

Lo stuzzicadenti

Le nuove indicazioni per il curricolo del primo ciclod’istruzione ci ricordano la verticalità del

crescere e ci regalano un pensiero globale che restituisce prospettiva all’apprendere.

“La premessa dà la chiave di lettura a tutto il documento: non azzera il lavoro fatto finora,

ma chiede di rivederlo in una luce nuova. Attenzione però:

la lettura deve essere collegiale!Sarebbe sbagliato costituire una commissione che

analizza il testo e scrive il curriculum.Tutto il collegio ha l’opportunità di diventare

un laboratorio che riflette, ragiona, discute.... Questa è un'occasione incredibile di confronto.” 1

Noi abbiamo letto e ripreso per voi alcune frasi essenziali della premessa.

Eccovene un assaggio.Per riprendere in mano le redini di una scuola

alla deriva e trasformarla in una comunità educante dove si apprende volentieri,

si può partire da qui.

1 -Premessa del Forum per le Scuole - Torino 23/1/2013

Comunità che provano...Comunità che provano...

Oggi 400 mila insegnanti lavorano negli istituti com-prensivi. Se un tempo ogni insegnante era concen-trato sugli obiettivi della sua materia per l’anno incorso, oggi non è più pensabile lavorare così. Le indi-cazioni per il curriculum che entrano in vigore presen-tano il profilo del 14enne e le competenze ATTESE. Il profilo non riguarda le indicazioni della terza media,ma riguarda tutti gli insegnanti che lo accompa-gnano dalla scuola dell'infanzia fino a quell'età.Nell'incontro con questo ragazzo 14enne dovrebbeapparire in filigrana il percorso coerente fatto in tantianni di scuola, attraverso i quali lui è stato aiutato adesplorare, giocare, incontrare, riflettere e scoprire unaconoscenza che è entrata in lui gradualmente grazieal contributo e all'aiuto di molti. Questo documento ha quindi una forte dimensioneverticale che non va banalizzata pensando a qual-che obiettivo per la continuità. Pensare in “verticale”significa immaginare insieme come aiutare il ragazzoa crescere, imparando per la prima volta, come adulticon profili professionali diversi, a lavorare in equipeverticale per sostenerlo nel raggiungimento di alcuneimprescindibili competenze. Il focus comune: favorireun apprendimento non inerte. In altre parole: ciò cheresta nell’allievo quando suona la campanella!

Un esempio concreto?Se il 14enne deve raggiungere la capacità di problem solving, cosa farà la comunità educante per farlo crescere in questa competenza dai 3 ai 14 anni? Quali stimoli potrà fornirgli dai 3 ai 6 anni? E dai 6 ai 9? E dai 9 agli 11? E dagli 11 ai 14? Come si può evolverein questa competenza attraverso la matematica, lalingua, l’arte, le scienze…? Quali attenzioni e processidobbiamo mettere in moto per raggiungere quelleabilità? Un piccolo esempio, un grandissimo lavorod’equipe. Ecco il compito dei docenti!

La scuola persegue

una doppia linea

formativa:

verticale e

orizzontale.

La linea verticale

esprime l’esigenza

di impostare una

formazione

che possa poi

continuare lungo

l’intero arco

della vita;

quella orizzontale

indica la necessità

di un’attenta

collaborazione fra

la scuola e gli attori

extrascolastici con

funzioni a vario

titolo educative:

la famiglia

in primo luogo.

D.P.R. 254 - pag.8

Il Decreto n. 254, del 16/11/ 2012, pubblicato il 5/02/2013, detta il regolamento con leNUOVE INDICAZIONI NAZIONALI PER IL CURRICOLO della scuola dell'infanzia e delprimo ciclo d'istruzione. Alcune riflessioni per facilitarne la lettura e l’applicazione.

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“Le tecniche e le competenze diventano obsolete nel

volgere di pochi anni. Per questo l’obiettivo della scuola

non può essere soprattutto quello di inseguire lo sviluppo

di singole tecniche e competenze. In tale scenario, alla

scuola spettano alcune finalità specifiche: offrire agli stu-

denti occasioni di apprendimento dei saperi e dei lin-

guaggi culturali di base; far sì che gli studenti acquisiscano

gli strumenti di pensiero necessari per apprendere a sele-

zionare le informazioni; promuovere negli studenti la ca-

pacità di elaborare metodi e categorie che siano in

grado di fare da bussola negli itinerari personali; favorire

l’autonomia di pensiero degli studenti, orientando la

propria didattica alla costruzione di saperi a partire da

concreti bisogni formativi”. (D.P.R. 254 -Pag. 7)

News insegnanti Gruppo Abele La bussola

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“Le finalità della scuola devono essere definite a par-tire dalla persona che apprende, con l’originalità delsuo percorso individuale e le aperture offerte dalla retedi relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti so-ciali. La definizione e la realizzazione delle strategie educa-tive e didattiche devono sempre tener conto della sin-golarità e complessità di ogni persona, della suaarticolata identità, delle sue aspirazioni, capacità edelle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di forma-zione.Particolare cura è necessario dedicare alla formazionedella classe come gruppo, alla promozione dei legamicooperativi fra i suoi componenti, alla gestione degliinevitabili conflitti indotti dalla socializzazione.La scuola si deve costruire come luogo accogliente,coinvolgendo in questo compito gli studenti stessi.Sono, infatti, importanti le condizioni che favorisconolo star bene a scuola, al fine di ottenere la partecipa-zione più ampia dei bambini e degli adolescenti a unprogetto educativo condiviso”. (D.P.R. 254 -Pag. 7)

“La storia della scuola italiana, caratterizzata da un approccio pedagogico e antropologico che cura lacentralità della persona che apprende, assegna allascuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione unruolo preminente (...) attribuisce grande importanzaalla relazione educativa e ai metodi didattici capacidi attivare pienamente le energie e le potenzialità diogni bambino e ragazzo. Al tempo stesso la scuola ita-liana ha imparato a riconoscere e a valorizzare ap-

prendimenti diffusi che avvengono fuori dalle sue mura, nei molteplici ambienti di vita in cui i bambini ei ragazzi crescono e attraverso nuovi media”. (pag.12)“La scuola italiana sviluppa la propria azione educa-tiva in coerenza con i principi dell’inclusione delle per-sone e dell’integrazione delle culture, considerandol’accoglienza della diversità un valore irrinunciabile. Questo processo richiede attività di studio, di forma-zione e di ricerca da parte di tutti gli operatori scola-stici ed in primo luogo da parte dei docenti.Determinante al riguardo risulta il ruolo del dirigentescolastico per la direzione, il coordinamento e la pro-mozione delle professionalità interne e, nello stessotempo, per favorire la collaborazione delle famiglie,degli enti locali, e per la valorizzazione delle risorse so-ciali, culturali ed economiche del territorio”. (pag.16)“La presenza di comunità scolastiche, impegnate nelproprio compito, rappresenta un presidio per la vitademocratica e civile perché fa di ogni scuola un luogoaperto, alle famiglie e ad ogni componente della so-cietà, che promuove la riflessione sui contenuti e suimodi dell’apprendimento, sulla funzione adulta e lesfide educative del nostro tempo, sul posto decisivodella conoscenza per lo sviluppo economico, raffor-zando la tenuta etica e la coesione sociale delPaese”. (D.P.R. 254 -Pag. 17)

“Nonostante tagli e limiti,

queste indicazioni permettono di riposarsi un po’ e

riprendere in mano il valore del nostro mestiere.

Se siamo disposti, però, a farci toccare dagli stimoli

e dalle opportunità che queste indicazioni ci

offrono.Ciò che accade a scuola è molto lontano da ciò

che viene pensato nel documento:

stanchezza, difficili rapporti con le famiglie,

gadget dati alle scuole in cambio di progetti

frammentati...Un curriculum presuppone l'idea che ci sia

un obiettivo comune, una scuola pensata e

progettata in forma collegiale dalla comunità

professionale e continuamente rivista nella sua

realizzazione.Nel “curriculum” ci sono quelle decisioni che

ci impegniamo a portare avanti come comunità

professionale per la scuola in cui operiamo.

Prendiamoci un triennio per pensare bene

a dove vogliamo andare!

Le indicazioni ci danno la bussola.

All'interno ci sono traguardi, 25 riquadri che ci

pongono delle tappe da raggiungere”.G.Cerini

... a pensare in verticale! ... a pensare in verticale! Nu

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“Se si cambiano solo i programmi

che figurano nei documenti,

senza scalfire quelli che sono nelle teste,

l’approccio per competenze

non ha nessun futuro”

P. Perrenoud

La bussola

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“Occorre che l’alunno sia attivamente impe-gnato nella costruzione del suo sapere e di unsuo metodo di studio, sia sollecitato a rifletteresu come e quanto impara, sia incoraggiato aesplicitare i suoi modi di comprendere e a co-municare ad altri i traguardi raggiunti. Ogni alunno va posto nelle condizioni di capireil compito assegnato e i traguardi da raggiun-gere, riconoscere le difficoltà e stimare le pro-prie abilità, imparando così a riflettere sui propririsultati, valutare i progressi compiuti, ricono-scere i limiti e le sfide da affrontare, rendersiconto degli esiti delle proprie azioni e trarneconsiderazioni per migliorare.Realizzare attività didattiche in forma di labora-torio, per favorire l’operatività e allo stessotempo il dialogo e la riflessione su quello che sifa. Il laboratorio, se ben organizzato, è la moda-lità di lavoro che meglio incoraggia la ricerca ela progettualità, coinvolge gli alunni nel pen-sare, realizzare, valutare attività vissute in modocondiviso e partecipato con altri, e può essereattivata sia nei diversi spazi e occasioni internialla scuola sia valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento”.(D.P.R. 254 -Pag. 26/27)

Lo stuzzicadentiNews insegnanti Gruppo Abele La bussola

“Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni,per ancorarvi nuovi contenuti. Nel processo di appren-dimento l’alunno porta una grande ricchezza di espe-rienze e conoscenze acquisite fuori dalla scuola (...)mette in gioco aspettative ed emozioni, si presentacon una dotazione di informazioni, abilità, modalità diapprendere che l’azione didattica dovrà opportuna-mente richiamare, esplorare, problematizzare. In que-sto modo l’allievo riesce a dare senso a quello che vaimparando.Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità,per fare in modo che non diventino disuguaglianze.In questa prospettiva, la problematizzazione svolge unafunzione insostituibile: sollecita gli alunni a individuareproblemi, a sollevare domande, a mettere in discus-sione le conoscenze già elaborate, a trovare appro-priate piste d’indagine, a cercare soluzioni originali. Incoraggiare l’apprendimento collaborativo. Impararenon è solo un processo individuale. La dimensione so-ciale dell’apprendimento svolge un ruolo significativo.In tal senso, molte sono le forme di interazione e colla-borazione che possono essere introdotte (dall’aiuto reciproco all’apprendimento cooperativo, all’appren-dimento tra pari), sia all’interno della classe, sia attra-verso la formazione di gruppi di lavoro con alunni diclassi e di età diverse”.

“Come un individuo riuscirà a collocarsi nello spazio culturale – senza esserne sommerso - quello

è lo spazio della sua libertà personale. Occorre essere ben consapevoli delle “trappole” della so-

cietà della conoscenza (o dell’apprendimento pervasivo),

che apparentemente mette alla portata di tutti conoscenze, informazioni, beni immateriali,

quasi senza bisogno di un tirocinio. E’ vero, ormai l’80% delle conoscenze un ragazzino le ap-

prende in contesti esterni alla scuola, in modo informale, ma possiamo pensare che il 20% che

resta alla scuola abbia un valore strategico, fondativo: dia gli strumenti

per mettere ordine nella caoticità dei messaggi, per costruire gerarchie, mappe,

reti di comprensione, per collegare quanto già si sa con il “nuovo” che si incontra.

Per connettere diversi tipi di informazioni e di saperi.

Si privilegia, dunque, una “testa ben fatta” piuttosto che una testa ben piena”.

(Fonti e riferimenti per le nuove Indicazioni di Giancarlo Cerini)

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Lo stuzzicadentiLo stuzzicadenti

Queste indicazioni sono un invito a diventare una vera comunità professionale.Riprendiamoci in mano il mestiere, ritorniamo ad essere professionisti appassionati e

orgogliosi del proprio compito! Dobbiamo essere disponibili, però, ad elaborare il lutto per la perdita del programma! La scuola ha bisogno di professionisti riflessivi.

Insegnanti capaci di chiedersi: quanto spazio per il pensiero riflessivo coi ragazzi? Oppure solo spazio per pensiero riflettente?

Comunità non si nasce, si diventa!Se si vuole davvero lavorare in equipe,bisogna essere disposti a cambiare. Molti gruppi di professionisti dell’educarelavorano in equipe, verificano metodi-camente il loro operato con la supervi-sione di una figura super partes con cuiconfrontare e comprendere meglio ri-sorse e strategie. Gli insegnanti sono ancora lungi dall’es-sere equipe di lavoro... Possono, però, anzi devono ininziare!Cinzia Mion ci dà qualche idea:

Atteggiamenti necessari per iniziare aragionare su un curriculum verticale chesia un vero cammino :

1) Imparare ad auto-percepirsi e auto-valutarsi. Scegliere un apprendimentorielaborativo e trasfomativo. Quando noiapprendiamo un modo, esso continua ad agire in noi.2) Cambiare paradigma: accettare lamulti-logica: essere disposti a tenere in-sieme idee contrastanti, contrariamente alla logica della linearitàche risponde alla visione binaria: o que-sto o quello. 3) Superare la polarità: vuol dire acco-gliere e coniugare aspetti congruentiche possono stare insieme. Quindi: la fa-tica di pensare!4) Il dubbio: che rapporto ho io col dub-bio, l'incertezza, l'errore. Se accettiamodi metterci in contatto col nostro limitepossiamo iniziare a lavorare insieme suun curriculum verticale che sia un verocammino. Superare l'accusa, il puntareil dito, il voler vedere la causa di un defi-cit dell'apprendimento nel collega checi ha preceduto o affiancato.5) Il confronto: per saperci confrontareveramente dobbiamo essere capaci diascoltare. (L'arte di ascoltare)

Cinzia Mion

Diventare Comunità Professionale Diventare Comunità Professionale

Ritornare alla Metacognizione.E’ fondamentale insegnare come si affronta uncompito, pensando a voce alta.L'adulto esperto, l’ insegnante, mette a disposizionedegli allievi la sua capacità di svolgere un compito(esempio una traduzione di latino) ovvero ragionaa voce alta: " Allora ragzzi, qui vedo molte proposi-zioni, quindi devo cercare qual è quella principalee quali le subordinate. Bene, dobbiamo vederedove troviamo..."

Condividiamo coi ragazzi il processo che mettiamoin moto, poi chiediamo a loro che vengano a pro-vare a far gli insegnanti.Le prove oggettive correggono la soggettività deimodi di correzione delle prove. Ma non vanno in-contro a ciò che denunciava don Milani cioè adaiutare il minore a superare le difficoltà.

Cinzia Mion

Invece di ascrivere la responsabilità totale

del mancato apprendimento al ragazzo che

non s'impegna e non studia e ai suoi genitori

che non lo seguono, prima l'insegnante

si auto-osserva e impara a conoscere

la proprie routine. La valutazione formativa è l'insegnante

che mette in moto tutta la sua competenza

professionale per vedere se può attivare

processi che possano aiutare l'allievo

a superare quella difficoltà. Quindi ci vuole una profonda riflessività

dell’ insegnante che si chiede: c'è qualcosa

che devo cambiare nel modello relazionale

e metodologico che ho messo in moto?

Cosa posso cambiare?E’ fondamentale uscire dalle proprie

gabbie ripetitive.Le prove oggettive che ci ha suggerito

la decimologia servono a comprendere

dove sta la classe. Il lavoro inizia dopo, quando io parto

da quel dato per vedere cosa mettere in atto

per insegnare meglio.

Vertecchi

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News insegnanti Gruppo Abele La bussola

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Forum regionale per l’educazione e la scuola del Piemonte: http://nuke.forumscuolapiemonte.it/

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La perlaNews insegnanti Gruppo Abele

Mettersi in gioco per primiMettersi in gioco per primiCi sono modi e modi per imparare. Spesso ci dimentichiamo che non siamo fatti solo

di parola e pensiero. S’ impara anche, e più profondamente, a partire dal corpo, dal movimento, dall’ascolto interiore, sentendo e percependo un cambiamento dei nostri

paradigmi ad un livello più profondo. Un apprendimento chenon si dimentica più.Gli stage di teatro-ascolto, che il Gruppo Abele attiva da qualche anno per insegnanti ed

educatori, restituiscono questa abilità relazionale agli adulti perchè possano farla sperimentare ai ragazzi a scuola o nei gruppi di appartenenza.

Una condizione è necessaria però: non bisogna aver paura di mettersi in gioco!

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Non è facile incontrare professionisti capaci di zittire le parole, sospendere il giudizio e mettersi in gioco in prima persona!

Nell’ultimo stage un gruppo meraviglioso!

Di che si tratta?

"Le parole non bastano a risolvere i problemi che producono".

Per quanto ci sforziamo, spesso incontriamo grossi limiti a comunicare in modo efficace, soprattutto se si tratta

di sensazioni ed emozioni che stanno dietro i nostri pensieri.

Come entrare il relazione profonda con l'altro?

Come comprenderlo e farci comprendere realmente? Esistono solo le parole?

Lo stage, incrociando diversi strumenti creativi del Teatro dell’Oppresso di Augusto Boal e della relazione tera-

peutica di Carl Rogers, stimola i partecipanti a prendere coscienza della globalità delle forme di comunica-

zione che abbiamo a disposizione. Attraverso l'esperienza, col corpo ed altre forme espressive, verifica la

possibilità di entrare in comunicazione autentica, sana ed efficace con “l'altro”.

Il percorso è stato condotto da Paolo Senor, Regista formativo dell'Associazione Livres Como o Vento.

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Ho deciso di partecipare ad una formazione "strana". Me ne aveva parlato un collega: " Devi provare - mi avevasollecitato - questi laboratori sono avanti anni luce!"Tutto qui, non era riuscito a dirmi altro: " Difficile da spiegarecon le parole"Così parto: tuta, calze antiscivolo. Nessun foglio, computer,cellulare.Nel salone-palestra col pavimento di parquet ci accogliela musica e un conduttore che ha più l'aspetto di un giullareche di un formatore.Un cerchio e s'inizia: zittiamo le parole, qui non servono.Anche la vista: e' assai inquinata. Occhi chiusi e iniziamoad esplorare. La mia mente s’affolla di pensieri:“Che ci faccio qui, chi sono questi strani individui che ho in-torno? Ci sarà da fidarsi? Se fossimo tutti vittime di un tra-nello: ho bisogno di una bella formazione, non di perderetempo a "giocare". Devo dire che ci vuole coraggio la prima volta. Mi guardointorno sbirciando sottecchi: tutti ci stanno, molti sorridonosereni. Solo io avrò dubbi? Che fare?La serenità degli altri mi permette a poco a poco di la-sciarmi andare: chiudo gli occhi anch'io e...Il resto accade: e' conoscenza profonda, apprendimento,comprensione di meccanismi interiori e sociali, intuizione disoluzioni.Qualcosa accade quando spengo i sensi più utilizzati oquando ritorno al gioco, come facevo da bambina:esploro spazi, visi, contatti, ritrovo energia e silenzi, osservovisi, posture, intuisco azioni e direzioni da intraprendere. Leparole che riportiamo alla luce solo nelle condivisioni in cer-chio faticano a spiegare cosa e' appena accaduto: com-prensioni intense tra colleghi sconosciuti.

Scopro che si può imparare moltissimo dall'osservazione si-lenziosa della realtà; scopro che nel gioco affiorano le mieombre e i miei limiti ma altrettanto esplodono le mie millepossibilità di andare oltre la consueta e spesso triste realtà.

Intravedo potenzialità da mettere in campo, atteggiamentifacilitanti e relazioni efficaci e meravigliose che possiamocostruire.Il corpo parla. Non siamo solo cervello. Due giorni di full immersion così mi catapultano oltre le mie piccole certezzee i miei saperi certi. Mi si aprono orizzonti altri che invitanoad essere approfonditi.Vengo poi a sapere dai miei compagni di ventura che ac-cade proprio così: chi sperimenta il teatro dell'oppressoscopre che la conoscenza non passa attraverso le parole,ma attraverso il sentire di tutti i sensi dove la parola diventa“essenziale”, esiste nella sua funzione sintetica ed e' l'ultimaa poter dire la sua, senza dominare.Ho fatto così tante formazioni seduta per ore e ore di frontea relatori preparatissimi ed ero affascinata. Poi tornavonella mia realtà e dimenticavo.Qui ho ascoltato silenzi, mani, corpi, relazioni, interconnes-sioni,forze contrapposte che mi hanno "parlato" di com’èil mondo che mi circonda. E mi hanno fatto apprenderecon decisione quanto io sia in relazione agli altri, soggettoattivo di una interrelazione che può solo tradussi in coope-razione perché vivere interconnessi e' semplicemente me-raviglioso. Scusate se poco. Per il mio mestiere poi… Ho dimenticato di dirvi che sono un insegnante.

Lo stuzzicadentiNews insegnanti Gruppo Abele

Imparare sulla pelle... prima di insegnare.Imparare sulla pelle... prima di insegnare.Due testimonianze ci raccontano cos’è uno stage

di TdO e ci ricordano che possiamo ancora

imparare tanto e senza rigidità come

facevamo da bambini.

La perla

Vivere sulla propria pelle la comunicazione e i suoitranelli, i voli e le cadute, la fiducia e il dubbio, la

realtà e l'interpretazione, l'ego e l'altro... è stato entusiasmante, semi nuovi che avremo cura di coltivare ognuno nel proprio ambiente ma uniti da questa favolosa esperienza. Grazie di cuore per questo dono! L.S. 7

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Lo stuzzicadenti

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News insegnanti Gruppo Abele

Il cuore del problema che voglio affrontare è il seguente.Le scuole non possono più funzionare con il modello di de-lega allo Stato ed ai suoi rappresentanti. Da diversi decennisi aspettano riforme che non arrivano e da almeno diecianni i tagli hanno messo in crisi gli stessi servizi educativi edil diritto allo studio sancito dalla Costituzione. Inoltre, con lacrisi economica, è ormai chiaro che la manutenzione degliedifici scolastici è abbandonata alla provvidenza.La gestione condivisa richiede alla scuola e alla sua comu-nità di incontrarsi e confrontarsi per definire insieme il suosogno, ed un sogno condiviso può contare su risorse ina-spettate, creative, forse infiniteLa crisi della scuola viene da più lontano della crisi econo-mica che, tuttavia, oggi è l'occasione per fare un passoavanti. Il fatto che la pubblica amministrazione non è più ingrado di assolvere da sola alla gestione e al funzionamentodella scuola pubblica non dipende dai tagli ma dalla de-bolezza del modello della delega che è rimasto incastratoin meccanismi che non hanno nulla a che fare con il benecomune "scuola". Se si chiede ai cittadini italiani su cosaoperare i tagli quasi tutti salverebbero la scuola; ma ciò nonè rappresentato nel modello della delega che uniforma lascuola alle altre voci di spesa del bilancio dello Stato.

Il tempo della delega è scaduto anche per la scuolaPotremmo dire con uno slogan attuale: non è più il tempodella delega! Ma poi dovremmo porci il problema di quali

alternative, leggere la realtà in trasformazione e compren-dere che tempo è venuto. Ed allora dobbiamo riconoscerecon onestà cosa funziona e cosa no in questo tempo cheviviamo.Non funziona lasciare la scuola ai soli "addetti ai lavori"; i la-voratori della scuola sono necessari e fanno la differenzama non sono più sufficienti. Dopo l'unità d'Italia e per circaun secolo, con la forte spinta per l'alfabetizzazione cheporta la scuola italiana a farsi carico anche delle condizionidi miseria di molti bambini, che vengono tenuti a scuolatutto il giorno e portati in vacanza nelle colonie per tenerlilontano dalle strade, la scuola ha avuto un ruolo straordi-nario di cambiamento a fronte della inadeguatezza cultu-rale delle famiglie di allora.Ma oggi, di fronte alle nuove sfide questo non è più suffi-ciente, servono altre strategie per dare un futuro alle gio-vani generazioni.Non ha neppure funzionato, più recentemente, mettere lascuola in mano ai tecnici/manager perché le risorse umanesono vincolate, non ci sono capitali da gestire, né profitti damassimizzare. Né peraltro si è investito sulla formazione dellerisorse umane che sono state abbandonate a se stesse. Siè giocato facile andando a tagliare le risorse senza dare alternative e affidandosi di fatto alle riserve di umanità diffusa nella scuola dove di fronte al disagio ed alle diffi-coltà non si possono "chiudere le attività".

(Continua a pag. 9)

Le scuole di comunità, un sogno realizzatoLe scuole di comunità, un sogno realizzatoLa perla

Un genitore di Roma, impegnato da anni in un bellissimo progetto scolastico del suoquartiere, ci propone una tesi interessante per far funzionare la scuola in questo tempo

di crisi: il modello della gestione condivisa.Una gestione che mette in comune le risorse di una comunità, dando spazio a tutti i

cittadini: un enorme capitale sociale che - l’esperienza insegna - è disponibile a mobilitarsi gratuitamente per il bene comune "scuola".

Page 9: INSEGNAREDUCANDO . N°26 - aprile 2013

Lo stuzzicadenti

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News insegnanti Gruppo Abele Lo stuzzicadenti

Un nuovo modello di gestione condivisaUn nuovo modello di gestione condivisa(Continua da pag. 8)

I modelli tradizionaliIl limite più importante è che i due modelli (statalista edaziendalista) sono modelli gerarchici che partono dallostesso principio: pensano di poter fare da soli senza il coin-volgimento attivo delle persone. Ed è per questo principal-mente che hanno fallito. Perché la scuola è fattaprincipalmente di capitale sociale e la risorsa più impor-tante a disposizione è da sempre la gratuità che segue le regole della condivisione, della partecipazione attiva, delcambiamento personale e collettivo.Per fortuna abbiamo anche esperienze che hanno funzio-nato ed a cui possiamo riferirci per immaginare un modellodiverso. Si tratta innanzitutto dell'esperienza dei decreti de-legati che hanno scritto una pagina importante negli ultimidecenni sperimentando una scuola partecipata dai geni-tori e dagli studenti.

Il modello della gestione condivisaPoi negli ultimi anni con riferimento all'ultimo comma del-l'art.118 della Costituzione sono cresciute le esperienze di"sussidiarietà", di sostegno, di partecipazione e di scambioall'interno della comunità scolastica e con il territorio.Una ulteriore chiarezza che abbiamo recuperato con lacrisi economica è che è necessario guardare a modelli so-stenibili; molte esperienze di sussidiarietà di questi ultimi annihanno proprio questa caratteristica. Allora un modello so-stenibile oggi per la scuola è la "gestione condivisa": unagestione che metta in comune le risorse che una comunitàha e che chiama in causa tutti i cittadini e non solo i rap-presentanti dello Stato.Si tratta di partire da ciò che c'è: i locali scolastici di pro-prietà comunale/statale, il personale docente e non do-cente comunale (infanzia) o dello Stato, i genitori, i nonni,gli operatori che già frequentano le scuole quotidiana-mente, i progetti educativi, sociali, culturali, sportivi intornoalla scuola sostenuti dagli enti locali, da enti no-profit delterzo settore e fondazioni. E immaginare una gestione con-divisa che sostenga le necessità educative e la manuten-zione con le risorse che la comunità mette a disposizione.Che non sono solo economiche. Anzi è necessario partiredalle riserve di gratuità e pensare alle risorse economichesolo come uno degli strumenti a disposizione. Passare dalmodello (spesso deviato) di "quello che si può fare con isoldi disponibili" al modello (in genere più sano)che si faquello che è dovuto ai giovani, con o senza i soldi disponi-bili.

Il sogno delle scuole di comunitàCon questa nuova impostazione si è scoperto in molteesperienze che la comunità ha un enorme capitale socialedisponibile a mobilitarsi gratuitamente per il bene comune"scuola" ed accanto ad essa; genitori e nonni, pensionati ecittadini attivi, studenti delle scuole secondarie e universitari, amministratori e funzionari pubblici che guardano al fu-turo della loro comunità. Per tutte queste persone è chiaroche la scuola è il futuro ed è necessario investire su di essa.Con conseguenze immediate sul piano della gestione dellerisorse economiche collettive. Cosa succede infatti dei no-stri soldi con questo nuovo approccio di gestione dellescuole?

L'amministrazione condivisa permette una gestione più tra-sparente e quindi più attenta delle risorse pubbliche. Escelte più consapevoli sugli investimenti da fare. Può alloraaccadere in modo molto naturale che una comunitàscelga di avere "una strada in meno" e dedicare le risorsepubbliche per "una scuola in più" o per la manutenzione diquella che c'è. O forse, investita del problema, troverà ilmodo, se sono entrambe importanti, di fare tutte e due!La conclusione di questo percorso è che se i soldi sono unarisorsa e non l'obiettivo la comunità riesce a realizzare i suoisogni senza che essi siano un ostacolo. Si apre anzi un nuovoscenario: l'amministrazione condivisa richiede alla scuola ealla sua comunità di incontrarsi e confrontarsi per definireinsieme il suo sogno, il progetto di sviluppo, di migliora-mento, di cambiamento per il futuro. Ed un sogno condivisopuò contare su risorse inaspettate, creative, forse infinite.

Una nuova strada per la scuola pubblicaSono arrivato dove già molti studiosi ci hanno indicato negliultimi anni. I beni comuni sono una miniera aperta, una ri-sorsa intorno alla quale la comunità può trovare le risposteal proprio futuro mantenendo la qualità della vita ed il sod-disfacimento dei bisogni di ognuno.E' per questo che credo in questa strada nuova per lascuola che va rafforzata nelle esperienze, portata a cono-scenza nei territori e resa "praticabile" a chi opera nellascuola (lavoratori e altri soggetti).Se questa strada ha un cuore andrà avanti; se non si pre-tende di "far da soli" ma si permette al mondo della scuoladi aprire esperienze multiple, ricche di sfumature e di solu-zioni appropriate ai diversi contesti, questa strada può ac-compagnare le trasformazioni in corso verso la scuola delfuturo.

8 aprile 2013 -Gianluca Cantisani - www.labsus.org

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Ho 16 anni e sono “nullafacente”.Ho 16 anni e sono “nullafacente”.

Mi chiamo S., ho 16 anni, sono un “nullafacente”. Cerco lavoro come muratore, nell’ultimo anno ho la-vorato con mio padre in questo settore, occasional-mente.Ho frequentato la prima media per due volte, sonostato bocciato anche in seconda e poi ho preso lalicenza media tramite il corso “PROVACI ANCORASAM “, a quindici anni. Si tratta di un corso che pre-vedeva alcune ore di elettricista insieme alla scuolamedia.Dopo la licenzia media non ho continuato perchénon avevo più voglia, pensavo che fosse una per-dita di tempo e che non facesse per me. I motivi erano diversi: problemi a casa, compagniesbagliate...Ricordo che già alle elementari la scuola non mi pia-ceva; io ero ribelle, non accettavo le regole impo-ste, già da piccolo ero addirittura minaccioso versogli insegnanti. In particolare, avevo un insegnante direligione che mi chiamava per cognome anzichéper nome e a me dava molto fastidio. Ero l’unico adessere chiamato così, non solo in tutta la classe, main tutta la scuola. Il rapporto con le maestre non erasemplice, insomma…

Lo stuzzicadenti

S. è un ragazzo incontrato dagli operatori del Gruppo Abele che seguono il progetto "Stradivaris" di educativa di strada, attivo da 5 anni nei quartieri Madonna di Campagna e San Paolo di Torino.

Tra una partita a biliardino e due tiri a pallone, S. ha raccontato agli educatori il suo travagliato rapporto con la scuola.

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News insegnanti Gruppo Abele

A partire dalla quinta elementare ho frequentato uncentro diurno dove venivo aiutato a fare i compiti edero seguito da alcuni educatori. Alle medie la situazione non è cambiata, anzi è peg-giorata. La cosa che più mi infastidiva era dover sottostare aquanto mi dicevano gli insegnanti. Io ho sempre ascol-tato solo me stesso, non ho mai voluto fare quello chemi dicevano gli altri, anche a casa. L’unica cosa chemi piaceva della scuola era far casino con i compa-gni… Ora capisco che il mio atteggiamento era sbagliato,se potessi tornare indietro non rifarei gli stessi errori…A pensarci bene, c’era una materia che mi piaceva:artistica. Mi è sempre piaciuto disegnare e penso di es-sere bravo. Prendevo dei buoni voti, ma purtroppo fa-cevano media con le prove di storia dell’arte. Quelloche mi piaceva del disegno era poter creare dellecose a partire dalla mia fantasia e dalla mia immagi-nazione, senza troppe costrizioni imposte da qualcunaltro.

(Continua a pag.11)

Lettera a una professoressa ...

S. è venuto a sapere che la NEWS

aveva aperto una rubrica ai ragazzi che

vogliono scrivere ai loro professori.

Così è arrivato un giorno dagli educatori

di strada con cui gioca molti pomeriggi

in un parco di Torino, deciso a raccon-

tarsi.Lo ringraziamo per la sua testimonianza:

ci scuote, ci interpella, ci ricorda

tantissimi altri S. che la scuola non riesce

ad interessare e perde per strada.

Ognuno di loro ha un prof che ricorda

con affetto... spesso, però, uno solo non

basta.I tanti S. hanno bisogno di trovare un’in-

tera comunità educante.

Page 11: INSEGNAREDUCANDO . N°26 - aprile 2013

Lo stuzzicadenti

(Continua da pag.10)

Una volta, sempre nelle ore di artistica , ho fattoun disegno di un uccello con uno sfondo albe-rato che è venuto benissimo. Ero molto orgo-glioso, secondo me avrebbero dovuto esporlo…Alle medie ho avuto comunque dei prof con cuimi sono trovato bene, come ad esempio quelladi matematica: mi sapeva prendere e io ricam-biavo. Mi capiva. Era una con cui si poteva par-lare. Io la percepivo come una personapresente, vicina, era più di una prof per me.Come dicevo, oggi mi rendo conto di aver co-munque sbagliato, non rifarei gli stessi errori. Il prossimo anno conto di iscrivermi a un corso datornitore meccanico. Sono determinato a pren-dere una qualifica, per potermi costruire un fu-turo nel mondo del lavoro. Che tipo di scuolaspero di trovare il prossimo settembre? Unascuola che sappia apprezzare le mie capacitàcreative e dei prof capaci di ascoltare e di ca-pire le mie “difficoltà” senza fare “muro contromuro”, come la mia prof di mate delle medie,che quando non facevo i compiti a casa midava la possibilità di farli in classe, anziché met-termi una nota come facevano altri…

S.

News insegnanti Gruppo Abele Lettera a una professoressa ...

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Page 12: INSEGNAREDUCANDO . N°26 - aprile 2013

L’isola che c’è

Crisi = pericolo e opportunitàCrisi = pericolo e opportunità

News insegnanti Gruppo Abele lo stuzzicadenti

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Cari colleghi, Vi ricordiamo che il settore insegnanti del Gruppo Abele è adisposizione per un supporto a insegnanti e consigli di classeche devono affrontare situazioni complesse.Inoltre organizza stage di formazione partecipata su varitemi: la relazione, l’ascolto empatico, il cooperative learning,la gestione del gruppo-classe...E’ sufficiente telefonare allo lo sportello d’ascolto attivato adhoc. A tutti voi buon lavoro!

Un’ultima riflessione tratta dal blog lascuolaciriguardatutti.In tempo di crisi, un post augura ai lettori di riscoprirci...e riscoprire.

Quando ciò che sta accade nella società è la perdita totale di capacità politica (= abilità a governare il bene comune),

andiamo alla ricerca di piccole perle di saggezza e di azioni di grande responsabi-lità sociale agita nel quotidiano che ci rincuorano e fanno risorgere la speranza.

Si dice a gran voce che la scuola deve

cambiare. E non c'è nulla di più vero. Si

richiede questo cambiamento a chi ci

governa. Ed è chiaro che questo deve

avvenire e dobbiamo lottare perché un

giorno la scuola trovi la sua giusta collo-

cazione nelle cosiddette agende politi-

che.Ma nulla cambierà davvero se non

cambiamo noi, se non ci impegniamo in

prima persona a comprendere ciò di cui

i bambini, i ragazzi hanno davvero biso-

gno per trovare nella scuola una vera

opportunità, per trovare un luogo che li

accolga come individui e persone, che

rispetti le loro storie e le loro difficoltà, se

non ci lasciamo interrogare. Senza l'im-

pegno di ognuno di noi ogni riforma

sarà un contenitore vuoto.

Chi si lascia interrogare non ha mai finito

di fare i conti con l’incertezza e grazie a

questo, però, forse riuscirà a mettersi in

rapporto con il rischio del cambiamento

che i giovani continuamente gli ripro-

pongono. Aver paura del cambia-

mento, di esplorare il nuovo, vuol dire

lasciare i giovani soli di fronte ad una re-

altà difficile, rinunciare al nostro ruolo di

adulto che, come tale, non deve im-

porre, ma affiancare il giovane, mentre

a tentoni ricerca la sua strada. (...)

È vero, sono in crisi e ci mettono in crisi.

Ma essere in crisi può avere una conno-

tazione molto positiva. Nei caratteri ci-

nesi la parola crisi è formata dalla

combinazione di due ideogrammi che

separatamente significano "pericolo" e

"opportunità".

Emilia De Rienzo

http://lascuolariguardatutti.blogspot.it

Per Informazioni e contatti: Corso Trapani 91/b Torino Ufficio insegnanti3315753853

011 3841052 [email protected]