InMeteo Magazine 13

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Anno V – Nr 13 APRILE 2011 SPECIALE CIRCOLAZIONE ATMOSFERICA Il tentativo di spiegare il clima del luogo in cui si vive risale ad Aristotele, che nel suo Meteorologia, cercava di spiegare il tempo atmosferico attraverso i quattro elementi costituenti dell’universo nella sua fosofa, l’aria, l’acqua, la terra ed il fuoco. Il primo a parlare di una circolazione globale fu l’inglese Hadley, il quale teorizzò l’esistenza di una supercella che portava calore dall’equatore ai poli. Ma non aveva tenuto conto nel suo modello della forza di Coriolis, che nella realtà spezza la circolazione in tre celle convettive. Colui che arrivò a questa conclusione fu qualche lustro dopo il francese Ferrel. Ma cosa si intende per circolazione atmosferica globale? Continua a pagina 3 DIVENTA SOCIO INMETEO! CON MENO DI 1.70 AL MESE* POTRAI USURFRUIRE DELLE NOSTRE CONVENZIONI (SCONTI SULL'ACQUISTO DELLE STAZIONI METEO, SCONTI SU LIBRI, BIBLIOTECA ON LINE). * Quota complessiva 20 euro, valida per 365 giorni dal momento del versamento. © ASSOCIAZIONE CULTURALE INMETEO METEO ENERGIA CULTURA Il blocco meteorologico Giancarlo Modugno a pag 4 L'industria nucleare alla conquista dell'industria italiana Davide Tosches a pag 14 I proverbi meteo Edoardo Mastantuoni a pag 11 La storia della meteorologia Francesco Vaccaro a pag 12

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Anno V – Nr 13 APRILE 2011

SPECIALE CIRCOLAZIONE ATMOSFERICA

Il tentativo di spiegare il clima del luogo in cui si vive risale ad Aristotele, che nel suo Meteorologia, cercava di spiegare il tempo atmosferico attraverso i quattro elementi costituenti dell’universo nella sua fosofa, l’aria, l’acqua, la terra ed il fuoco. Il primo a parlare di una circolazione globale fu l’inglese Hadley, il quale teorizzò l’esistenza di una supercella che portava calore dall’equatore ai poli. Ma non aveva tenuto conto nel suo modello della forza di Coriolis, che nella realtà spezza la circolazione in tre celle convettive. Colui che arrivò a questa conclusione fu qualche lustro dopo il francese Ferrel. Ma cosa si intende per circolazione atmosferica globale?

Continua a pagina 3

DIVENTA SOCIO INMETEO! CON MENO DI 1.70 AL MESE* POTRAI USURFRUIRE DELLE NOSTRE CONVENZIONI (SCONTI SULL'ACQUISTO DELLE STAZIONI METEO, SCONTI SU LIBRI, BIBLIOTECA ON LINE).

* Quota complessiva 20 euro, valida per 365 giorni dal momento del versamento.

© ASSOCIAZIONE CULTURALE INMETEO

METEO

ENERGIA

CULTURA

Il blocco meteorologico

Giancarlo Modugno a pag 4

L'industria nucleare alla conquista dell'industria italiana

Davide Tosches a pag 14

I proverbi meteo

Edoardo Mastantuoni a pag 11La storia della meteorologia

Francesco Vaccaro a pag 12

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2 InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13

EDITORIALE

CIRCOLARE, CIRCOLARE!

di Giancarlo Modugno

Cercare di spiegare quale sia il complesso meccanismo con cui le correnti d'aria si predispongano sul pianeta non è semplice, anzi occorrerebbe un libro intero solo per questo argomento. Ciò nonostante abbiamo deciso di dedicare questo numero alla circolazione atmosferica, mostrandone le caratteristiche generali, alcune situazioni particolari e uno studio attraverso gli indici teleconnettivi su una parte della nostra penisola. Nel mese di marzo di quest'anno ci siamo accorti, a causa del disastro nucleare giapponese, che le conoscenze sulla circolazione atmosferica sono basilari in situazioni in cui è fondamentale monitorare i movimenti lagrangiani di un tracciante pericoloso (in questo caso particelle radioattive). In maniera quasi istantanea sono stati fatti “correre” i modelli di circolazione atmosferica per prevedere la dispersione nel futuro di queste particelle; come c'era da aspettarsi, la nube avrebbe percorso circa una settimana per raggiungere le coste dell'America occidentale dopo una prima forte diluizione, seguita da un'altra settimana (circa) per arrivare in Atlantico ancora più diluita e infne qualche altro giorno per arrivare in Europa, con concentrazioni molto trascurabili. Al lettore attento non sarà sfuggito che il valore “magico” è il 7: infatti, il trasporto di traccianti in senso longitudinale alle medie latitudini per le distanze in questione è proprio legato a periodi di circa 7 giorni (un esempio pratico

è che le depressioni che si formano sul Labrador ci impieghino proprio 6-7 giorni per arrivare in Europa). Questo non è un caso, anzi è legato proprio alle cosiddette “onde di Rossby”. Molto altro si potrebbe dire sulla circolazione atmosferica (e molto altro leggeremo in questo numero) ma bisogna capire che qui si ferma il lavoro del meteorologo in queste situazioni. Dopo si passa il testimone agli altri esperti: valori così bassi di particelle radioattive non dovrebbero portare problemi alla salute in Europa e quindi in Italia; ma c'è anche chi è di parere leggermente diverso, alludendo al fatto che, sebbene non sia deterministica, vi può essere una correlazione tra la capacità di contrarre il cancro e la continua esposizione anche a bassi valori di radioattività. Già questi due pareri, esistenti ma diversi, ci inducono a pensare che il lavoro degli esperti (tra meteorologi, nucleari e medici) debba necessariamente intrecciarsi, producendo un resoconto dettagliato e possibilmente completo.

Sarà capitato a molti in questi ultimi giorni di avere a disposizione sui media impeccabili dimostrazioni di esperti nel

proprio campo; tuttavia non è stato raro il disagio nell'apprendere una notizia magari da un fsico nucleare e subito dopo vederla da un'altra prospettiva in un altro sito o giornale da un medico o un fsico dell'atmosfera, creando quindi forti dubbi al lettore. Com'è sempre consigliato in qualsiasi situazione, bisognerebbe avere più fonti possibili e confrontarne le informazioni sensibili, senza fermarsi al primo sito o giornale trovato. La questione non è “farsi un'idea”, come si allude in qualche (terrifcante) spot televisivo (si legga a proposito l'articolo a pagina 14 “L'industria nucleare alla conquista dell'Italia”) bensì riuscire ad avere anche minimamente le idee chiare.

Nell'immagine in alto la distribuzione di particelle radioattive al 24 marzo.

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InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V 3

METEOROLOGIA

LA CIRCOLAZIONE GLOBALE ATMOSFERICA

di Alessandro Sabatini

Il tentativo di spiegare il clima del luogo in cui si vive risale ad Aristotele, che nel suo Meteorologia, cercava di spiegare il tempo atmosferico attraverso i quattro elementi costituenti dell’universo nella sua flosofa, l’aria, l’acqua, la terra ed il fuoco. Il primo a parlare di una circolazione globale fu l’inglese Hadley, il quale teorizzò l’esistenza di una supercella che portava calore dall’equatore ai poli. Ma non aveva tenuto conto nel suo modello della forza di Coriolis, che nella realtà spezza la circolazione in tre celle convettive. Colui che arrivò a questa conclusione fu qualche lustro dopo il francese Ferrel. Ma cosa si intende per circolazione atmosferica globale? A causa della sfericità della terra e dell’inclinazione del suo asse, non a tutte le zone arriva energia del Sole in modo uniforme. In media infatti l’energia arriva principalmente all’equatore, mentre ai poli arriva solo una piccola fetta di essa. In certi periodi dell’anno, proprio a causa dell’inclinazione dell’asse, non gli arriva nemmeno. La terra, quindi, ha “messo a punto” un modo per ridistribuire questa energia dall’equatore alle regioni più fredde, attraverso due circolazioni a prima vista distinte, ma legate intimamente tra di loro: la circolazione atmosferica e quella oceanica. Per quanto riguarda la circolazione atmosferica il calore viene trasportato attraverso tre celle: la prima è quella che porta aria dall’equatore ai tropici e viene detta cella di Hadley con l’aria sale dall’equatore e scende ai tropici. Di conseguenza crea nella zona equatoriale una fascia di basse pressioni e nei tropici alte pressioni. Proprio per questo a ridosso del Tropico del Cancro e del Capricorno sorgono i maggiori deserti, quali il Sahara e il Gobi. La seconda cella, detta di Ferrel, è una cella convettiva inversa, che prende l’aria, facendola salire dalle zone circumpolari, per portarla ai tropici, creando così basse pressioni nella zona circumpolare (vedi Islanda). Infne la cella polare è quella responsabile di portare dal circolo polare ai poli l’aria. Questo avviene simmetricamente nei due emisferi. Questo sistema di celle si sposta a seconda delle stagioni a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre, oscillando tra Tropico del Cancro

e quello del Capricorno, in un tortuoso percorso, deviato dagli oceani e dai continenti, su una linea detta ITCZ (InterTropical Convergence Zone). In realtà, la circolazione è più complessa e tutto ciò avviene soltanto in media. La cella di Ferrel, infatti è molto debole, soprattutto nell’emisfero Nord. Questo perché vi è una distribuzione di terre emerse e oceano che disturbano la circolazione della cella, creandone perturbazioni che si sviluppano come ondulazioni in atmosfera. Queste ondulazioni furono scoperte ai primi del novecento dal fsico svedese Gustav Rossby, che ne teorizzò l’esistenza e ne ricavò le equazioni che regolano il loro sviluppo. La loro esistenza è dovuta alle catene montuose presenti in America ed Eurasia, che fanno da barriera ai venti Est-Ovest della Cella di Ferrel (i cosiddetti westerlies) e dal fronteggiarsi alle medie latitudini di masse d’aria con forti contrasti termici. Queste ondulazioni si portano dietro nella loro propagazione dei sistemi di alte e basse pressioni che sono responsabili del tempo delle nostre latitudini. Le onde di Rossby sono più evidenti in inverno che in estate, quando il contrasto termico tra masse d’aria è maggiore. Oltre che le onde di Rossby il fronteggiarsi di masse d’aria, creano anche una serie di depressioni mobili (detti cicloni extratropicali) che sono responsabili del maltempo delle nostre regioni. Ciò che invece perturba la circolazione delle celle nelle vicinanze dell’equatore sono le terre emerse. Infatti un fenomeno che accade nella realtà ma non previsto dal modello a celle è quella dei monsoni e dei cicloni tropicali. I primi sono delle gigantesche celle di brezza, che portano diluvi stagionali nella zona dell’India e della Cina, e in Africa settentrionale, nella zona della Guinea e della Costa d’Avorio. I secondi sono tra i fenomeni più violenti in atmosfera e sono dovuti a delle fortissime depressioni che si originano dove la temperatura dell’oceano supera i 26°C ed è dovuta ad una concatenazione di eventi che crea dei venti nella depressione che superano i 120 km/h e delle piogge torrenziali in grado di devastare città intere.

Fonti: Lezioni di meteorologia, Università di Torino.

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METEOROLOGIA

IL BLOCCO METEOROLOGICO

di Giancarlo Modugno

La circolazione alle medie latitudini è classicamente rappresentata attraverso “nastri trasportatori” di sistemi di alta e bassa pressione, i quali possono essere considerati paralleli all'equatore. I venti associati a questi sistemi hanno la loro componente principale parallela all'equatore e per questo vengono chiamati “zonali”. Periodicamente, il fusso zonale si interrompe e la componente verticale, quindi perpendicolare all'equatore, diviene fondamentale: siamo in presenza delle onde di Rossby. Il fusso meridionale spesso è associabile alla persistenza di un blocco anticiclonico.L'azione del blocco è quella di diminuire la circolazione zonale a tutti i livelli della troposfera, con il risultato di ritardare il fusso zonale e farlo diffondere verso ovest. Il fenomeno può durare dai 3 giorni a un mese ed è spesso associato a un anticiclone caldo alle alte latitudini e un ciclone freddo alle basse latitudini; ciò si traduce con la persistenza di bel tempo e alte temperature nel primo caso e di un lungo periodo perturbato con temperature basse nel secondo caso.Sono stati studiati vari tipi di blocchi. Il più comune è chiamato “blocco Omega”, rappresentato con la lettera greca Ω. Il Centro di Previsione del Clima (CPC) utilizza un indice per analizzare la frequenza dei giorni di blocco. Questo indice può essere utilizzato per calcolare la frequenza stagionale e la posizione dei blocchi di alta pressione per le analisi sulla circolazione dell'emisfero nord. Per ogni longitudine vi è il gradiente meridionale di altezza di geopotenziale a 500 hPa (GHGS) e il gradiente settentrionale (GHGN)

GHGS=Z 0−Z s

0−s

GHGN=Z n−Z 0

n−s

dove Φn = 80°N + δ, Φ0 = 60°N + δ, Φs

= 40°N + δ, δ = -5°, 0°, 5°.Vi è un blocco a una data longitudine in un

dato istante se sono soddisfatte le seguenti condizioni per un valore di δ

1) GHGS > 02) GHGN < -10 m/deg di latitudine.

La mappa seguente riporta le recenti osservazioni dei blocking ed è disponibile sul sito della NOAA. Le regioni colorate indicano dove il fusso zonale può essere ritenuto “bloccato” (da notare che sulle ascisse è presente la longitudine) e la scala a destra indica la forza con cui il blocco persiste alla quota di 500 hPa di geopotenziale.Molti studi hanno mostrato un chiaro collegamento tra il tempo e il clima in occasione dei blocchi e i regimi negativi dell'indice NAO. Il punto è se le condizioni di NAO negativa causino un incremento dell'indice di blocking o se altrimenti il

segnale di NAO negativa è semplicemente un rifesso di una frequenza maggiore della presenza di blocking.É noto come il blocking aumenti a causa

della rottura delle onde di Rossby. Attraverso degli studi basati su indici bidimensionali è stato messo in relazione l'inverso del gradiente di temperatura potenziale con la dinamica della tropopausa che causa la rottura delle onde: il risultato è la presenza di due zone “chiave” per la rottura delle onde nell'emisfero Nord, ovvero nei bacini del nord – ovest atlantico e del Pacifco. Queste zone sono da intendersi come punto di partenza per il fenomeno e non come zone a cui associare il “dipolo” del blocking, ovvero sistema caratterizzato da alta e bassa pressione distribuite in senso meridiano.C'è differenza tra quanto causa il bacino atlantico e quello del Pacifco: la variabilità interannuale della NAO è quasi sempre associata a quella della rottura delle onde (fgura 2); al contrario, i pattern del Pacifco

variano da anno ad anno e non c'è correlazione nella scala decennale, ciò indica il fatto che vi siano altri processi che ne possono infuenzare le dinamiche (come

Fonti: Lezioni di meteorologia dinamica del Prof. Benzi, Tor Vergata – Roma.http://www.cpc.ncep.noaa.gov/Tibalti, S., and Molteni, F., 1990. On the operational predictability of blocking. Tellus, 42A: 343–365.Temporali e tornado, Alphatest.Atmospheric blocking and patterns of low-frequency variability arising from the breaking of upper level rossby waves T. J. Woollings, B. J. Hoskins and M. Blackburn

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METEOROLOGIA

la Pacifc North America, la PNA). In aggiunta è possibile notare la presenza di onde quasi stazionarie sull'Atlantico nei periodi precedenti alla rottura delle onde, la quale si manifesta tra il nord America e il Pacifco (fgura 3): questo metto in atto un meccanismo col quale la variabilità nel Pacifco tropicale possa causa la rottura e quindi l'indice NAO.

Fig 2: La NAO (pannello superiore) e la WPP (pannello inferiore) vengono confrontati con un indice di rottura delle onde di Rossby nel proprio settore. Questo indice è il numero di rotture di onde al giorno per stagione cambiato di segno e normalizzato. Le linee spesse sono interpolazioni usando un fltro bassa basso.

Fig 3: anomalie di linee di fusso a 250 hPa da due a quattro giorni prima della rottura delle onde in

Atlantico.

Nella fgura 4 è possibile notare la frequenza di “giorni di blocco” per ogni stagione nell'emisfero settentrionale dal 1950 al 2000. È possibile notare in inverno come vi siano due picchi, rispettivamente uno sull'Europa e uno diametralmente opposto a 180° di longitudine; in primavera il blocco è ancora preponderante sull'Europa mentre perde di intensità dall'altra parte del globo; in estate vi è una distribuzione quasi uniforme su tutto l'emisfero (quasi assente però sull'Atlantico) con il solito picco europeo leggermente traslato verso est; in autunno stessa situazione della primavera ma con intensità minore.

Qual è la dinamica dei blocchi?Se immaginassimo di avere un fusso d'aria diretto da ovest verso est senza ostacoli allora possiamo ben pensare che non vi siano effetti sulle correnti, cioè il fusso è perfettamente zonale. Se però inserissimo un ostacolo (una montagna circolare per esempio) allora per la conservazione della vorticità potenziale le correnti non supererebbero l'ostacolo passandogli da sopra ma lo aggirerebbero (cercando latitudini inferiori, quindi in senso antiorario).L'inserimento del proflo dell'ostacolo nell'equazione della vorticità permette di ottenere l'equazione di un oscillatore armonico forzato; attraverso la serie di Fourier si “parametrizza” il proflo orografco e non si fa altro che cercare alla fne per quali valori della circolazione dei venti si ottiene la risonanza, ovvero

l'amplifcazione delle onde di Rossby e quindi il blocking. In defnitiva, il blocco avviene se la combinazione di latitudine e venti eguaglia certi tipi di valori che dipendono dalla scala considerata e dal fatto che si considera l'approssimazione quasi geostrofca (si legga in merito

l'articolo “Infuenza dell'Orografa sulla circolazione media alle medie latitudini” , InMeteo Magazine nr 7).

Fig 4: frequenza dei giorni di bocco per ogni stagione dell'anno

Tipologia di blocking

Omega blocking: le confgurazioni bariche formano la tipica struttura a “omega” con rispettivamente una saccatura, un promontorio e un'altra saccatura in quota. In inverno la perturbazione a est può portare masse d'aria molto fredde, mentre in primavera la perturbazione a ovest è potenzialmente molto instabile

Rex blocking: la struttura presenta un solido promontorio centrale, una vasta depressione occidentale e una profonda saccatura di origine polare a levante che spesso si risolve in un cut off (“goccia fredda”); risulta meno stabile dell'omega blocking e ha una durata minore.

Dipole blocking: prevede la disposizione in senso longitudinale di un promontorio a nord e di una saccatura a sud; le fasi iniziali di instabilità portano perturbazioni abbastanza violente ma la durata del blocco è minore rispetto a quella del Rex e dell'Omega blocking.

Fonti: Lezioni di meteorologia dinamica del Prof. Benzi, Tor Vergata – Roma.http://www.cpc.ncep.noaa.gov/Tibalti, S., and Molteni, F., 1990. On the operational predictability of blocking. Tellus, 42A: 343–365.Temporali e tornado, Alphatest.Atmospheric blocking and patterns of low-frequency variability arising from the breaking of upper level rossby waves T. J. Woollings, B. J. Hoskins and M. Blackburn

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METEOROLOGIA

Ring blocking: non molto frequente, è caratterizzato da un promontorio disposto con asse SW – NE, una saccatura sottile che tende ad approfondirsi verso W e infne un altro promontorio a E; in estate possono portare continui inneschi di linee temporalesche.

Split fow blocking: presenta un vasto promontorio anticiclonico dinamico con un massimo secondario posto a latitudini leggermente superiori; viene associato questo nome per la divisione del fusso attraverso due correnti a getto, rispettivamente una a nord e una che passa attraverso il promontorio (effetto “tunnel”).

Esempio di Omega Blocking

Esempio di Rex Blocking

Esempio di Dipole Blocking

Fonti: Lezioni di meteorologia dinamica del Prof. Benzi, Tor Vergata – Roma.http://www.cpc.ncep.noaa.gov/Tibalti, S., and Molteni, F., 1990. On the operational predictability of blocking. Tellus, 42A: 343–365.Temporali e tornado, Alphatest.Atmospheric blocking and patterns of low-frequency variability arising from the breaking of upper level rossby waves T. J. Woollings, B. J. Hoskins and M. Blackburn

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CLIMATOLOGIA

Correlazione tra alcuni indici teleconnettivi ed il tempo meteorologico

nel mese di gennaio in provincia di Frosinone (Italia, versante tirrenico,

Lazio meridionale)

di Riccardo Viselli

IntroduzioneVengono messi in correlazione alcuni indici connettivi troposferici con il tempo meteorologico registrato nel mese di gennaio in alcune stazioni di misura attive in provincia di Frosinone (Lazio meridionale, area climatica tirrenica centrale), al fne di verifcare la eventuale corrispondenza tra i valori degli stessi indici, le precipitazioni e le temperature registrate nell’area studiata. Questo articolo rappresenta uno stralcio di uno studio più ampio che il Climate Research Center sta conducendo su questi argomenti nell’area in studio e che è reso disponibile sul sito istituzionale (www.climatologia.eu).

Fonte dei datiI dati meteorologici sono stati tratti dagli Annali Idrologici redatti a cura dell’Uffcio Idrografco e Mareografco di Napoli (Presidenza del Consiglio dei Ministri – Servizi tecnici nazionali). Per quanto riguarda le precipitazioni sono state considerate le sole stazioni che, nel periodo compreso tra il 1950 (anno di inizio della misura degli indici teleconnettivi) ed il 2008 (ultimo anno per il quale sono disponibili informazioni), hanno operato per almeno un quarantennio ed hanno registrato almeno 5 episodi nevosi: la combinazione di queste due condizioni ha consentito la selezione di 17 stazioni la cui quota varia da un minimo di 101 m s.l.m. (Ceprano) ad un massimo di 864 m s.l.m. (San Biagio Saracinisco) con una media aritmetica pari a 520 m s.l.m. Relativamente alle classi altimetriche, si evidenzia come sono praticamente presenti in eguale quantità la fascia compresa tra i 201 ed i 500 m s.l.m. (collina) e tra i 501 ed i 1.000 m s.l.m. (bassa montagna), mentre è scarsamente rappresentata la fascia pianeggiante che annovera due sole stazioni. Relativamente alla installazione degli strumenti di misura, d’altronde, si rileva come gli stessi non sempre siano stati installati secondo le raccomandazioni della WMO visto che l’altezza rispetto al suolo varia da un minimo di 1,40 m (Valleluce) ad

un massimo di 11,00 m (Picinisco ed Alatri).Per quanto concerne la misura delle temperature sono state analizzate le sole stazioni che, nel periodo sopra ricordato, hanno funzionato per almeno 30 anni: questa condizione ha focalizzato lo studio su 7 stazioni. In particolare, si rileva come la quota delle stazioni varia da un minimo di 42 m s.l.m. (Cassino) ad un massimo di 820 m s.l.m. (Collepardo) con una media aritmetica pari a 456 m s.l.m., quindi leggermente minore di quella delle stazioni considerate per la misura delle precipitazioni. Relativamente alle classi altimetriche, si evidenzia come predomini (4 stazioni) la fascia compresa tra i 201 ed i 500 m s.l.m. (collina), mentre anche per la misura delle temperature si può considerare sostanzialmente assente la fascia pianeggiante che annovera la sola stazione di Cassino. Parallelamente a quanto rilevato discutendo della rilevazione dei dati precipitativi anche in questo caso si rileva come i sensori non sempre siano installati secondo le raccomandazioni della WMO visto che l’altezza rispetto al suolo varia da un minimo di 1,80 m (Fiuggi, Anagni ed Atina) ad un massimo di 14,00 m (Casamari). L’ubicazione delle stazioni è disponibile sul sito www.climatologia.euI dati relativi agli indici teleconnettivi, infne, sono stati reperiti sul sito del National Weather Service – Climate Prediction Center della NOAA (http://www.cpc.ncep.noaa.gov)

Le teleconnessioni troposfericheLe teleconnessioni troposferiche sono correlazioni tra aree diverse del Pianeta Terra che esprimono particolari confgurazioni bariche che si ripetono nel tempo, a volte ciclicamente. In questo articolo vengono considerate la NAO (North Atlantic Oscillation), la AO (Arctic Oscillation) e la PNA (Pacifc North American). La NAO esprime la differenza di pressione tra l’Atlantico centro orientale e l’Atlantico settentrionale: una NAO positiva (più

precisamente maggiore di 0,5) esprime numericamente un Anticiclone delle Azzorre ed una Depressione islandese forti mentre una NAO negativa (più precisamente minore di 0,5) rappresenta un indebolimento della depressione islandese ed un anticiclone delle Azzorre allungato nel senso dei meridiani.La AO esprime la differenza tra la pressione in Atlantico alle medie latitudini e quella registrata nei pressi del circolo polare: una AO positiva descrive la presenza di una bassa pressione al polo in cui risiede di conseguenza un vortice polare compatto, mentre una AO negativa esprime la presenza di una alta pressione al polo ed una conseguente possibilità di scambi meridiani. E’ bene evidenziare però che in caso di NAO positiva è possibile avere tempo mite e anticiclonico anche in presenza di una AO minore di zero, mentre la possibilità di avere tempo freddo e piovoso in Italia si rafforza se entrambi gli indici sono inferiori a zero.La PNA esprime la differenza tra la pressione nel Pacifco, nei pressi delle Hawaii e la pressione negli USA sud-orientali:, lungo le Montagne Rocciose: una PNA negativa rappresenta la presenza di una alta pressione alle Hawaii e di una bassa pressione negli USA sud orientali con conseguente possibilità di irruzioni fredde negli USA orientali mentre una PNA positiva, soprattutto se in combinazione con una NAO negativa, esprime una alta possibilità di avere blocking atlantici. E’ bene precisare, d’altronde, che una PNA maggiore di zero combinata con una NAO positiva rappresenta più probabilmente un tempo di tipo zonale sull’Europa centro –settentrionale ed un anticiclone disteso lungo i paralleli in area mediterranea.Per quanto sopra descritto, è lecito attendersi un tempo freddo e perturbato in Italia nel caso della concomitante negatività degli indici AO e NAO e positività dell’indice PNA: per poter, quindi, considerare in combinazione i tre indici, in questo studio gli stessi sono stati sintetizzati

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CLIMATOLOGIA

in un nuovo indice defnito CRC1 e di seguito defnito:

CRC1 = AO + NAO - PNA

Per quanto detto, un indice CRC1 negativo è verosimilmente da correlare a tempo freddo e perturbato sull’Italia mentre al contrario un indice CRC1 positivo è verosimilmente rappresentativo di tempo secco e più mite in area mediterranea.

Indici teleconnettivi e precipitazioni totaliSono state messe in correlazioni le precipitazioni registrate nelle 17 stazioni considerate con l’indice CRC1 poco sopra descritto. E’ stata innanzitutto registrata una scarsa correlazione matematica tra i due parametri: infatti il valore massimo del coeffciente R2 è stato pari a 0,2473 (Paliano) e quello minimo 0,0329 (Alatri) con una media aritmetica pari a 0,1278.Si è quindi ricercata una correlazione di tipo statistico suddividendo i grafci di correlazione (tutti i grafci sono disponibili nell’Area Centro Studi del sito www.climatologia.eu) in 16 quadranti identifcati mediante i seguenti valori:- precipitazione media (retta

tratteggiata verde)- precipitazione media + valore

deviazione standard della serie (retta tratteggiata celeste)

- precipitazione media - valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata arancio)

- indice CRC medio + valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata arancio)

- indice CRC medio - valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata celeste)

Considerando che in ascisse sono riportate le precipitazioni ed in ordinate l’indice CRC1 è facile intuire che i quadranti I, V, IX e XIII rappresentano periodi molto siccitosi (sono aree a sinistra della retta tratteggiata arancio, rappresentante la media delle precipitazioni meno i valori della deviazione standard) e che nei quadranti IV, VIII, XII e XVI ricadono anni molto piovosi (aree a destra della retta celeste che rappresenta la media delle precipitazioni più la deviazione standard). Similmente, i quadranti I, II, III e IV sono zone in cui l’indice CRC1 è particolarmente

alto (media + deviazione standard) ed i quadranti XIII, XIV, XV e XVI sono zone in cui l’indice CRC1 è piuttosto basso (media – deviazione standard). Per quanto riportato nel paragrafo dedicato alle teleconnessioni è evidente che gli anni in cui si può registrare una correlazione “positiva” tra piovosità ed indice CRC1 sono quelli ricadenti nei quadranti I, II, V e VI (corrispondenza tra positività dell’indice e scarsità delle precipitazioni) e XI, XII, XV e XVI (corrispondenza tra negatività dell’indice ed abbondanza delle precipitazioni) e che sono evidenziati, rispettivamente, in arancio ed in celeste nella tabella 1.

L’incidenza percentuale media delle corrispondenze tra indice CRC1 positivo ed anni siccitosi è pari al 27% con estremi rappresentati dal 40% della stazione di Esperia e dal 20% di Ceccano mentre la combinazione tra negatività dell’indice CRC1 ed anni particolarmente piovosi ha una percentuale media del 31% con estremi rappresentati dal 40% di Anagni e dal 26% di Fiuggi. Mediamente si registra quindi una migliore corrispondenza tra piovosità e negatività dell’indice che tra periodo siccitoso e positività dello stesso. Complessivamente, la corrispondenza tra precipitazioni e valore dell’indice CRC1 ha una incidenza percentuale media del 58%: questo sta a signifcare che in più di metà dei casi osservati sarebbe stato possibile prevedere l’andamento precipitativo mensile in funzione del valore assunto dagli indici teleconnettivi considerati. Gli estremi sono rappresentati dal 64% di Paliano e dal 51% di Collepardo: anche nella peggiori delle ipotesi, dunque, si ha una buona probabilità di prevedere l’andamento delle precipitazioni in funzione del valore assunto dagli indici teleconnettivi.

Indici teleconnettivi e precipitazioni nevoseSono state messe in correlazioni le precipitazioni nevose registrate nelle stazioni in studio con l’indice CRC1. In questo caso è stata registrata una ancora minore correlazione matematica tra i due parametri rispetto a quanto registrato nel caso delle precipitazioni totali: infatti il valore massimo del coeffciente R2 è stato pari a 0,1593 (Isola Liri) e quello minimo 0,0003 (San Biagio Saracinisco) con una media aritmetica pari a 0,0493.

Anche per le nevicate si è quindi ricercata una correlazione di tipo statistico suddividendo i grafci di correlazione (tutti i grafci sono disponibili nell’area Centro Studi del sito www.climatologia.eu) in 12 quadranti identifcati mediante i seguenti valori:- precipitazione media (retta

tratteggiata verde)- precipitazione media + valore

deviazione standard della serie (retta tratteggiata celeste)

- indice CRC medio + valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata arancio)

- indice CRC medio - valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata celeste).

Considerando che in ascisse sono riportate le precipitazioni nevose ed in ordinate l’indice CRC1 è facile intuire che i quadranti I, IV, VII e X rappresentano periodi con precipitazioni nevose inferiori alla media o nulle (sono aree a sinistra della retta tratteggiata verde, rappresentante la media delle precipitazioni nevose) e che i quadranti III, VI, IX e XII rappresentano anni molto nevosi (aree a destra della retta celeste che rappresenta la media delle precipitazioni nevose più la deviazione standard). Similmente, i quadranti I, II e III sono zone in cui l’indice CRC1 è particolarmente alto (media + deviazione standard) ed i quadranti X, XI e XII sono zone in cui l’indice CRC1 è piuttosto basso (media – deviazione standard). Per quanto riportato nel paragrafo dedicato alle teleconnessioni è evidente che gli anni in cui si può registrare una correlazione “positiva” tra nevosità ed indice CRC1 sono quelli ricadenti nei quadranti I e IV (corrispondenza tra positività dell’indice e scarsità delle precipitazioni nevose) e VIII, IX, XI e XII (corrispondenza tra negatività dell’indice ed abbondanza delle precipitazioni nevose) e che sono evidenziati, rispettivamente, in arancio ed in celeste nella tabella 2. L’incidenza percentuale media delle corrispondenze tra indice CRC1 positivo ed anni scarsamente o per nulla nevosi è pari 36% con estremi rappresentati dal 50% della stazione di Settefrati e dal 25% di Collepardo mentre la combinazione tra negatività dell’indice CRC1 ed anni particolarmente nevosi ha una percentuale media del 12% con estremi rappresentati

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InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V 9

CLIMATOLOGIA

dal 25% di Collepardo e dal 4% di Arpino. Mediamente si registra quindi una migliore corrispondenza tra scarsa o nulla nevosità e positività dell’indice. Complessivamente, la corrispondenza tra precipitazioni nevose e valore dell’indice CRC1 ha una incidenza percentuale media del 48%: questo sta a signifcare che in poco meno di metà dei casi osservati sarebbe stato possibile prevedere l’andamento precipitativo nevoso mensile in funzione del valore assunto dagli indici teleconnettivi considerati. Gli estremi sono rappresentati dal 62% di Settefrati e dal 30% di Arpino: anche nella peggiore delle ipotesi, dunque, si ha una discreta probabilità di prevedere l’andamento delle precipitazioni nevose in funzione del valore assunto dagli indici teleconnettivi. E’ bene però precisare che la corrispondenza tra periodi nevosi e negatività dell’indice si verifca in una bassa percentuale dei casi osservati.

Indici teleconnettivi e temperature medie mensiliSono state messe in correlazione le temperature medie mensili registrate nelle 7 stazioni considerate in questo articolo con l’indice CRC1. Anche in questo caso è stata registrata una trascurabile correlazione matematica tra i due parametri: infatti il valore massimo del coeffciente R2 è stato pari a 0,1741 (Anagni) e quello minimo 0,0012 (Cassino) con una media aritmetica pari a 0,0626.Anche per le temperature medie mensili si è quindi ricercata una correlazione di tipo statistico suddividendo i grafci delle correlazioni (tutti i grafci sono disponibili nell’area Centro Studi del sito www.climatologia.eu) in 16 quadranti identifcati mediante i seguenti valori:- temperatura media (retta tratteggiata

verde)- temperatura media + valore

deviazione standard della serie (retta tratteggiata arancio)

- temperatura media – valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata celeste)

- indice CRC medio + valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata arancio)

- indice CRC medio - valore deviazione standard della serie (retta tratteggiata celeste).

Considerando che in ascisse sono riportate

le temperature ed in ordinate l’indice CRC1 è facile intuire che i quadranti I, V, IX e XII rappresentano periodi con temperature medie mensili molto basse (sono aree a sinistra della retta tratteggiata celeste, rappresentante la differenza tra la media delle temperature ed il valore della deviazione standard) e che nei quadranti IV, VIII, XII e XVI ricadono anni con temperature medie molto alte (aree a destra della retta arancio che rappresenta la media delle temperature più la deviazione standard). Similmente, i quadranti I, II, III e IV sono zone in cui l’indice CRC1 è particolarmente alto (media + deviazione standard) ed i quadranti XIII, XIV, XV e XVI sono zone in cui l’indice CRC1 è piuttosto basso (media – deviazione standard).Per quanto riportato nel paragrafo dedicato alle teleconnessioni è evidente che gli anni in cui si può registrare una correlazione “positiva” tra temperature ed indice CRC1 sono quelli ricadenti nei quadranti III, IV, VII e VIII (corrispondenza tra positività dell’indice e temperature particolarmente alte) e IX, X, XIII e XIV (corrispondenza tra negatività dell’indice ed temperature particolarmente basse) e che sono evidenziati, rispettivamente, in arancio ed in celeste nella tabella 11.

L’incidenza percentuale media delle corrispondenze tra indice CRC1 positivo ed anni piuttosto caldi è pari al 25% con estremi rappresentati dal 30% della stazione di Anagni e dal 15% di Fiuggi mentre la combinazione tra negatività dell’indice CRC1 ed anni particolarmente freddi ha una percentuale media del 31% con estremi rappresentati dal 41% di Collepardo e dal 22% di Cassino. Mediamente si registra quindi una migliore corrispondenza tra temperature basse e negatività dell’indice che tra temperature superiori alla media e positività dello stesso. Complessivamente, la corrispondenza tra temperature e valore dell’indice CRC1 ha una incidenza percentuale media del 56%: questo sta a signifcare che in più di metà dei casi osservati sarebbe stato possibile prevedere l’andamento termometrico mensile in funzione del valore assunto dagli indici teleconnettivi considerati. Gli estremi sono rappresentati dal 68% di Collepardo e dal 44% di Cassino: anche nella peggiori delle ipotesi, dunque, si ha una buona probabilità di prevedere l’andamento delle temperature in funzione

del valore assunto dagli indici teleconnettivi.

ConclusioniLa corrispondenza tra la combinazione dell’indice CRC1 (sintesi matematica degli indici teleconnettivi AO, NAO e PNA) e alcuni parametri meteorologici registrati nel mese di gennaio in alcune stazioni ubicate in provincia di Frosinone (quali precipitazioni totali, precipitazioni nevose e temperature medie mensili) è stata riscontrata in più di metà degli anni di osservazione per quanto riguarda le temperature medie mensili e le precipitazioni totali. Lo stesso non si può dire, d’altronde, per le precipitazioni nevose: la combinazione tra negatività dell’indice e anni particolarmente nevosi è stata registrata solo nel 12% degli anni in studio. Andrà quindi approfondito lo studio considerando ulteriori indici teleconnettivi al fne sia di migliorare la già buona corrispondenza tra entità delle precipitazioni totali e temperature medie mensili ed indici teleconnettivi e sia di defnire una correlazione più netta tra gli stessi indici e la nevosità dell’area in osservazione.

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10 InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V 5

CLIMATOLOGIA

Tabella 1 – Distribuzione degli anni di rilevazione delle precipitazioni totali nei XVI quadrantiStazione ann

i I II III I

VV V

IVII

VIII

IX

X XI

XII XIII

XIV

XV

XVI

Incidenza siccità-CRC alto

Incidenza piovosità-CRC basso

Totale incidenza corrispondenze

Ripi 46 3 2 1 0 2 6 5 1 3 8 5 3 0 1 5 1 28% 30% 58%Ceprano 56 4 3 1 0 2 8 3 4 5 7 9 2 0 2 4 2 30% 30% 60%Esperia 45 3 4 0 0 1 10 4 2 2 5 5 3 0 0 6 0 40% 31% 71%Roccasecca 40 3 1 2 0 2 4 3 3 3 5 6 1 0 1 4 2 25% 33% 58%Casalvieri 50 4 1 3 0 2 4 5 2 4 6 7 5 0 0 3 4 22% 38% 60%Alvito 41 4 1 2 0 2 4 2 3 3 3 6 3 0 4 2 2 27% 32% 59%Atina 54 2 2 2 0 3 8 6 2 4 8 7 2 0 0 5 3 28% 31% 59%S. Biagio 49 3 1 3 0 2 7 4 2 2 11 4 3 0 1 3 3 33% 27% 60%Ceccano 40 3 1 2 0 2 2 5 1 3 7 5 3 0 2 1 3 20% 30% 50%Alatri 47 3 2 1 1 2 7 4 4 3 5 5 4 1 1 4 0 30% 28% 58%Fiuggi 47 4 5 0 0 2 4 1 4 3 11 5 2 0 1 4 1 32% 26% 58%Collepardo 44 3 2 2 0 2 2 4 2 3 9 5 4 0 2 2 2 21% 30% 51%Sgurgola 49 3 4 1 1 2 4 3 4 3 7 7 4 0 1 4 1 27% 33% 60%Anagni 40 3 2 1 0 2 2 2 2 4 6 6 4 0 0 6 0 23% 40% 63%Paliano 42 4 2 1 0 2 3 1 3 4 6 6 4 0 0 3 3 26% 38% 64%Veroli 45 3 4 0 0 2 5 2 3 3 9 3 5 0 1 1 4 31% 31% 62%TOTALE 735 52 37 22 2 3

280

54 42 52

113

91

52 1 17 57 31 27% 31% 58%

MEDIE 46 3 2 1 0 2 5 3 3 3 7 6 3 0 1 4 2 28% 31% 59%

Tabella 2 – Distribuzione degli anni di rilevazione delle nevicate nei XII quadrantiStazione anni I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII Incidenza

non nevosità-CRC alto

Incidenza nevosità-CRC basso

Totale incidenza corrispondenze

Ripi 45 5 0 0 13 1 0 18 1 1 4 0 2 40% 9% 49%Ceprano 58 8 0 0 16 1 2 21 0 1 7 1 1 41% 5% 46%Valleluce 30 3 0 0 8 2 1 11 1 1 3 0 0 37% 7% 37%Casalvieri 49 7 0 0 12 1 1 18 1 2 5 1 1 39% 10% 49%Settefrati 26 3 0 0 10 0 1 8 1 0 1 0 2 50% 12% 62%S. Donato 30 3 1 0 5 0 2 11 2 1 5 0 0 27% 10% 37%S. Biagio 48 4 0 1 11 3 1 15 5 1 2 1 4 31% 23% 54%Picinisco 27 2 0 0 6 2 0 11 1 4 0 1 0 30% 22% 52%Alatri 39 5 0 1 11 0 2 14 1 1 3 0 1 41% 8% 49%Fiuggi 44 6 0 0 9 1 3 16 3 0 4 0 2 34% 11% 45%Collepardo 44 4 1 1 7 2 2 13 7 1 3 2 1 25% 25% 50%Sgurgola 48 6 0 0 12 1 2 17 2 1 6 0 1 38% 8% 46%Anagni 40 5 0 0 9 0 0 16 2 2 4 1 1 35% 15% 50%Arpino 27 5 0 2 2 1 1 12 1 0 3 0 0 26% 4% 30%Isola Liri 33 4 0 0 10 2 0 11 1 1 3 0 1 42% 9% 51%TOTALE 588 70 2 5 141 17 18 212 29 17 53 7 17 36% 12% 48%MEDIE 39 5 0 0 9 1 1 14 2 1 4 0 1 36% 12% 48%

Tabella 11 – Distribuzione degli anni di rilevazione delle temperature nei XIV quadrantiStazione anni I II II

IIV

V VI

VII

VIII IX

X XI

XII

XIII XIV XV XVI Incidenza alte temperature-CRC alto

Incidenza basse temperature-CRC basso

Totale incidenza corrispondenze

Cassino 37 0 1 2 1 3 5 5 0 2 4 7 2 1 1 1 2 22% 22% 44%Alatri 47 1 1 2 1 3 5 6 3 3 8 4 4 1 1 4 0 26% 28% 54%Fiuggi 33 0 1 1 0 0 5 1 3 3 6 5 3 2 1 1 1 15% 36% 51%Anagni 30 0 0 2 1 1 2 4 2 3 2 7 1 1 2 1 1 30% 27% 57%Casamari 34 0 1 2 1 1 2 5 1 1 8 3 2 1 2 3 1 26% 35% 61%Collepardo

37 1 0 1 2 1 1 4 3 3 7 4 4 2 3 1 0 27% 41% 68%

Atina 39 0 3 1 0 4 2 7 3 3 7 2 2 1 0 3 1 28% 28% 56%TOTALE 257 2 7 1

16 13 2

232 15 1

842 3

218 9 10 14 6 25% 31% 56%

MEDIE 37 0 1 1 1 2 3 5 2 2 6 5 2 1 1 2 1 25% 31% 56%

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InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V 11

CULTURA METEO

I PROVERMI METEOROLOGICI

di Edoardo Mastantuoni

I detti che presenteremo in questa mini-rubrica sono il frutto della “saggezza popolare” e rientrano in quel settore non scientifco della meteorologia che reca il nome di “meteorognostica” (dal greco metéōros, che fa riferimento a “oggetti alti nel cielo”, e gnósis “conoscenza”), ossia la previsione dei fenomeni atmosferici attraverso le credenze popolari (specie contadine, data la necessità di un bagaglio nozionistico per meglio gestire i tempi dei raccolti).

Oltre che su antiche osservazioni di tipo astrologico, tali conoscenze si fondano sull’osservazione diretta di vari fenomeni naturali (in primis atmosferici, ma anche della fora e della fauna); sono spesso associati a un particolare periodo dell’anno, a un mese o a una data e si esprimono attraverso proverbi, per lo più in rima, sotto forma di “regole meteorognostiche”.

Dapprincipio tramandati oralmente, i proverbi meteorologici sono in seguito stati trascritti negli “almanacchi meteorognostici” (o “lunari meteorognostici”), il cui fne era elencare previsioni per ogni singolo giorno dell’anno.

Tra questi, particolare importanza assumono le date associate ai santi del giorno, le quali, a mo’ d’indicatori meteorologici, segnavano l’inizio del tempo che avrebbe interessato le giornate seguenti.

Sull’attendibilità delle regole meteorognostiche si può certamente dubitare, anche se, naturalmente, le previsioni possono verifcarsi. Occorre poi aggiungere che, visti i cambiamenti climatici di questi ultimi decenni, molti detti non conservano più neanche una foca attendibilità; altre regole e precetti, come quelli sul giorno di Santa Lucia, fanno invece riferimento al calendario in vigore fno al XVI secolo (prima della riforma operata dal papa Gregorio XIII).

In ogni caso, fno a qualche decennio fa, tali proverbi rappresentavano un importante punto di riferimento per chi viveva di agricoltura e aveva necessità di conoscere i

giorni più adatti per la semina, il raccolto, ecc. Ricordiamone uno per ciascun dei tre mesi che ci interessano.

«Aprile, dolce dormire».La frase fa riferimento alle abitudini indotte dalle caratteristiche meteo del mese. Vi è un implicito riferimento al primo caldo, a una sorta di agiatezza e soprattutto al senso di stanchezza causato dal tepore di questo periodo annuale.

«Per Sant’Urbano, il frumento è fatto grano» (25 maggio).

«Se piove per San Barnabà, l’uva bianca se ne va» (11 giugno).Il detto ci ricorda quanto l’uva sia delicata e che, in quei giorni, il cattivo tempo inciderebbe sul raccolto.

Fonti:

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12 InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V

CULTURA METEO

LA STORIA DELLA METEOROLOGIA

di Francesco Vaccaro

La più antica testimonianza sui primi tentativi di prevedere il tempo ci giunge dalla civiltàmesopotamiche e ancora più dalla civiltà ebraica della cui meteorologia empirica si trovano frequenti riferimenti nelle Sacre Scritture.Con la civiltà greca, accanto all’interpretazione mitologica e astrologica dei fenomeni atmosferici, si afferma gradualmente un atteggiamento più razionale, fondato sull’esperienza delle osservazioni.Ma la testimonianza più importante è senza dubbio la Meteorologia di Aristotele, un trattato composto di 4 libri divisi in 42 capitoli, di cui 15 dedicati esclusivamente agli elementi meteorologici. I principi esposti in tale opera, a parte alcune corrette intuizioni, hanno in genere scarso fondamento scientifco; tuttavia hanno costituito la base indiscussa delle conoscenze atmosferiche per quasi 2000 anni.L’interesse per i fenomeni del tempo si ritrova anche nella civiltà romana, come documentato da Seneca e da Plinio, senza però nulla aggiungere a quanto i Greci sapevano e credevano di sapere.Nel medioevo, era nella quale impera incontrastata l’astrologia, la meteorologia subisce una profonda involuzione poiché, anche sotto l’infuenza della civiltà araba, si rafforza la credenza nell’infusso degli astri sul tempo.

Nel Rinascimento l’orientamento del pensiero porta fnalmente ad affrontare i fenomeni atmosferici con un corretto atteggiamento scientifco.

Vengono inventati e costituiti i primi strumenti meteorologici: l’anemometro e l’igrometro (Leonardo), il pluviometro (Castelli) e il barometro (Torricelli).Intorno al 1650 Ferdinando II, Granduca di Toscana, fa realizzare addirittura la prima rete di postazioni per l’osservazione del tempo.Tuttavia la rozza strumentazione, le ancora approssimate conoscenze scientifche, il carattere isolato degli studi, e soprattutto l’assenza di una visione d’insieme delle

vicende del tempo, non fanno progredire più di tanto la conoscenza dell’atmosfera. Nel frattempo, però, la frenetica attività marinara dell’epoca donò un signifcativo contributo: infatti, la ricerca delle rotte per le Indie da parte dei primi esploratori (Colombo, De Gama, Magellano) e poi i successivi viaggi di navigatori come Halley e Cook, consentono di acquisire una prima approssimativa visione sulla distribuzione geografca dei venti e sulle condizioni meteorologiche prevalenti su gran parte del pianeta.Però solo agli inizi dell’Ottocento negli studiosi si fa strada la convinzione che il tempo, più che dalle condizioni atmosferiche locali, dipenda dallo spostamento di perturbazioni aventi dimensioni di qualche migliaio di chilometri. E in tal modo si intuisce che la comprensione dei fenomeni meteorologici occorre la rappresentazione sinottica – cime dire simultanea – di tutte le osservazioni del tempo relative a un’ area la più vasta possibile. Erano questi gli albori della meteorologia sinottica, che segnerà profondamente la scienza del tempo fno ai giorni nostri.Agli inizi del XIX secolo le prime mappe meteorologiche, tracciate sulla base di osservazioni sinottiche raccolte per posta, consentono di intuire la stretta relazione tra vento e pressione, formulata poi in forma rigorosa da Buy-Ballot. Bisogna tuttavia attendere l’invenzione del telegrafo (1835) perché l’analisi sinottica del tempo possa essere eseguita in tempo reale, così da assumere un effettivo interesse pratico.Fu tuttavia un tragico evento a dare la spinta decisiva alla realizzazione della prima vera rete di osservazione sinottica: nel 1854 una furiosa tempesta sul Mar Nero, durante la guerra di Crimea, fece affondare numerose navi della fotta anglo-francese impegnata contro la Russia. L’indagine condotta dall’Ammiraglio inglese arrivò alla sorprendente conclusione che la catastrofe si sarebbe potuta evitare mediante una rete di osservazioni sinottiche che avrebbero consentito di prevedere con suffciente anticipo l’arrivo della tempesta. Nacquero così i primi servizi meteorologici in Inghilterra (1861),

Francia (1863) e Italia (1866).Ma a gettare le basi della moderna meteorologia sono soprattutto i lavori elaborati tra il 1900 e il 1930 da tre grandi studiosi:

- nel 1922 L.F. Richardson;- nel 1922 H. Jeffreys;- nel 1918 B. Bierknes, meteorologo

norvegese, il quale formula un nuovo soddisfacente modello delle depressioni mobili delle medie latitudini (la teoria dei fronti), modello tuttora in uso.

La tecnica di estrapolare la traiettoria dei sistemi atmosferici osservata nelle precedenti 12-24 ore è nota come metodo sinottico

La scoperta delle onde radio permette nel 1929 di estendere le osservazioni sinottiche anche agli strati superiore dell’atmosfera, impiegando una minuscola radio-trasmittente (radiosonda), sollevata da un pallone gonfato con idrogeno (oggi viene usato l’elio).

Gli anni che seguono la seconda guerra mondiale segnano l’inizio della moderna meteorologia.

Alcune invenzioni, utilizzate inizialmente solo per scopi bellici, trovano un profcuo impiego anche nella meteorologia. Così è, ad esempio, per il radar che consente di evidenziare le piogge in atto all’interno delle nubi entro un raggio di 300 - 400 Km. Ma la vera svolta avviene agli inizi degli anni ’50 con l’avvento dei primi elaboratori elettronici, i quali consentono ai meteorologi di realizzare fnalmente il sogno di Richardson, ovvero risolvere in tempo reale - anche se in maniera approssimata – le complesse equazioni che descrivono l’evoluzione futura dell’atmosfera. Inizia così l’era delle previsioni numeriche, dedotte con i computer mediante opportune schematizzazioni e semplifcazioni (modelli fsico-matematici ) delle equazioni della dinamica e della termodinamica. Man mano che la potenza degli elaboratori cresce, i meteorologi approntano modelli sempre più complessi, più aderenti alla

Fonti: Manuale di Meteorologia, A.Giuliacci

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InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V 13

CULTURA METEO & ASSOCIAZIONE INMETEO

realtà ed estesi a validità via via crescenti.

Con il lancio nel 1960 del Tiros , il primo satellite meteorologico, si è aperta una nuova era nel campo delle osservazioni.

Infatti, anche se oggi i satelliti vengono impiegati soprattutto per osservare la posizione e il movimento dei sistemi nuvolosi, nell’immediato futuro saranno in grado di effettuare con continuità anche osservazioni di vento, temperatura, umidità su tutto il globo – oceani e deserti compresi – a qualsiasi livello atmosferico e per di più con una risoluzione spaziale di appena 40-50 Km., in confronto a quella attuale di 100 – 300 Km. Già oggi i sofsticati radiometri a bordo dei satelliti consentono di impiegare circa 250.000 osservazioni al giorno che vanno a integrare quelle prese con i metodi classici. I sintomi di questo cambiamento si possono già intravedere nel satellite europeo MSG -1 (Meteosat Seconda Generazione n.1), lanciato nel 2002 e destinato a sostituire il vecchio glorioso Meteosat concepito nel 1978.

La redazione di InMeteo Magazine è alla ricerca di nuovi redattori per articoli di natura scientifcaenuoverubriche.

Si ricercano sia giornalisti pubblicisti sia non giornalisti; coloro che intendono eseguire il praticantato per la licenza di pubblicista saranno sottoposti a una selezione; coloro che sono alleprimearmie/ononhanno esperienza seguiranno un corso online(e-learning)coninostri redattori.Si richiede massima serietà.Inviate i vostri curriculum vitae

in formato europeo o domande a [email protected] con oggetto“curriculum”.

NUOVA RUBRICA SUL BLOG DI INMETEO: UNA MAPPA AL GIORNO

Oggigiorno è possibile trovare on line una vasta presenza di mappe meteorologiche e la nascita dei forum web ha permesso una rapidissima diffusione della cultura meteorologica tra gli appassionati. Tuttavia l'analisi delle mappe, sebbene a grandi linee apparentemente semplice, resta un vero e proprio lavoro: non a caso si viene “addestrati” in aeronautica per poter effettuare le giuste previsioni e vi sono interi corsi universitari dedicati a questa materia.In una sezione privata riservata ai soci InMeteo del nostro forum è attivo da tempo un corso on line di previsione del tempo, nel quale è possibile seguire vere e proprie lezioni su come interpretare le mappe meteo. Allo stesso tempo è possibile fare domande e proporre nuovi argomenti su cui basare intere lezioni.

Dal mese scorso, inoltre, è stata aperta una nuova rubrica nel nostro blog, ovvero “Una mappa al giorno”: l'obiettivo della rubrica è certamente effettuare un'analisi abbastanza esauriente della mappa scelta ma offrire anche i giusti strumenti per poter capire e affrontare le stesse mappe in piena libertà e sicurezza senza un tutore accanto. Tra le mappe utilizzate vi sono le tradizionali carte di Wetterzentrale.de, le ottime carte del Centrometeo.com e di Meteonetwork.it.

A pagina 15 di questo numero potrete scorrere i titoli delle prime “lezioni”. Naturalmente vi chiediamo anche di partecipare attivamente, ovvero richiedendoci qualche argomento particolare e perché no chiedendo delucidazioni direttamente nel blog (o nel forum).

Fonti: Manuale di Meteorologia, A.Giuliacci

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14 InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V

ENERGIA E AMBIENTE

L'INDUSTRIA NUCLEARE ALLA CONQUISTA DELL'ITALIA

di Davide Tosches

Negli ultimi anni in Italia si è tornato a parlare sommessamente di energia nucleare, e nel 2009 l'allora ministro Claudio Scajola propone nel Piano Energetico Nazionale di aprire 10 centrali nucleari sul territorio nazionale. Le dichiarazioni del Governo in materia hanno suscitato diverse reazioni, tra queste l'apertura di un Forum Nucleare Italiano (la cui pubblicità, ora bloccata dall'Istituto per l'Autodisciplina Pubblicitaria per mancanza di trasparenza, avrete di sicuro ammirato nei mesi scorsi), un sito che si propone di ospitare il dibattito sul nucleare in Italia facendo posto alle posizioni di tutti, ma da chi è stato creato questo forum? A dispetto dell'apparente neutralità tra i soci fondatori ci sono le maggiori società e industrie del mondo legate all'energia e in particolare a quella nucleare, citiamone alcune e vediamo chi sono e che interessi hanno.

Prime tra tutte Enel ed EdF (Électricité de France) che ormai hanno rapporti economici tra di loro molto intensi; nel 2005 l'Enel partecipa alla costruzione di un reattore di tipo EPR (European Pressurized water Reactor) in cambio l'EdF gli consente di inviare in Francia alcuni dipendenti per specializzarli nel settore nucleare. Da entrambi i lati si punta a una joint venture che garantirebbe all'EdF di mettere le mani nel nascente mercato del nucleare italiano e viceversa per l'Enel inserirsi in affari sicuri in Francia ed entrambe rafforzerebbero il loro ruolo nell'oligopolio dell'energia in Europa. L'amministratore delegato dell'EdF Henri Proglio è infatti anche azionista principale di Edison (tramite Transalpina di energia srl), la seconda società energetica d'Italia anche lei tra le fondatrici del FN.

Altra azienda francese coinvolta è l'Areva (ex Sogema) una delle più grandi società nel mondo nel settore del nucleare, tramite le sue aziende consociate (Areva NC) si occupa di tutto, dall'estrazione e arricchimento del combustibile alla costruzione di reattori e allo smaltimento delle scorie. Tra le sue imprese famose ricordiamo: la partecipazione alla costruzione insieme alla Siemens della prima centrale EPR(reattore di cui detiene il brevetto) del mondo ad Olkiluoto in

Finlandia, che doveva essere fnita nel 2009 per un costo di 3,2 miliardi di euro ma la consegna è stata spostata al 2012 con un costo di 5,3 miliardi (la Siemens si è ritirata dal progetto nel 2009); in Niger, dove l'azienda gestisce delle cave di minerale uranifero c'è stato uno versamento di liquidi radioattivi “custoditi” in una piscina a cielo aperto che hanno inquinato i terreni e le falde acquifere, inoltre gli scarti minerari sono stati spacciati per inerti e usati per pavimentare le strade nigeriane e francesi, ad Akonan(Niger) il livello di radioattività è 500 volte quello naturale proprio a causa di questi detriti, idem per la Francia dove un'inchiesta televisiva di France 3 ha rivelato che negli ultimi vent'anni sono stati usato come materiale di riempimento in molte opere pubbliche (Areva è controllata principalmente dallo stato francese) detriti radioattivi.Al momento l'ipotesi più attendibile è che siano queste tre società ad aggiudicarsi la costruzione delle centrali italiane, utilizzando proprio quel reattore EPR nel cui funzionamento i francesi sperano tanto; in alternativa esiste il reattore AP1000 dell'americana Westinghouse che collabora con l'Ansaldo Nucleare (Finmeccanica), soci fondatori anch'essi dell FN.

Dunque prima di prendere una decisione pro o contro il nucleare, oltre a tutte le valutazione tecniche che possiamo fare, dovremmo anche pensare a come viene gestita la tecnologia in questione e considerare che tutta la sicurezza di un impianto può passare in secondo piano davanti alla negligenza o all'interesse economico del personale di controllo.

Fonti: www.ilfattoquotidiano.itwww.qualenergia.itwww.wikipedia.itwww.forumnucleare.it

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15 InMeteo Magazine Gennaio 2011 – Nr 12 Anno V

INMETEO BLOG

DAL BLOG Redazione InMeteo

C L I C CA S U L T I TO L O PE R L E G G E R E L ' I N T E R O A RT I C O L O D E L B L O G !

Carta del la pressione al suolo e precipitazioni - 16 marzo 2011

Oggi renderemo chiaro il concetto di risoluzione attraverso l’analisi delle precipitazioni previste nelle sei ore precedenti alle ore 12 Z del 16 marzo 2011; vedremo anche perché è diff cile prevedere la quantità di precipitazioni in una data zona.

Analisi Spaghetti 500 hPa, 12-16 marzo 2011

Oggi studieremo quella che dovrebbe essere la prima mappa da analizzare nel caso di previsioni di più giorni: la mappa di ensemble, o come viene chiamata in gergo “spaghetti plot”. Essa si basa sulla visualizzazione contemporanea di più risultati possibili secondo il modello, inizializzato con diverse (ma molto simili) condizioni iniziali, in maniera tale da capire quanto l’atmosfera si renda predicibile nel tempo. In poche parole, un tentativo di modellizzare “l’effetto farfalla” e renderlo in qualche modo quantitativo e qualitativo.Dunque, qual è la situazione meteorologica attuale?

Le Street Clouds - guida alla dinamica e previsione

Le Street Clouds sono nubi particolari e molto affascinanti. Non è usuale osservare questo tipo di nubi in cielo, anzi a volte è assolutamente necessario l’utilizzo delle immagini dal satellite.Risulta interessante studiarle, sebbene rare, perché sono tipiche di situazioni meteorologiche che possono portare precipitazioni nevose attraverso l’Adriatico in Italia, in particolare al sud dove per “tradizione” meteorologica è diff cile osservare la cosiddetta “dama bianca”.

Analisi 500 hPa 3-6 marzo 2011

Ci siamo lasciati con una forte “perturbazione” sulla penisola e con un forte ponte anticiclonico che ha bloccato la circolazione a scala sinottica. Il risultato è stato il posizionamento di una depressione sull’Italia con il minimo che ha viaggiato tra il golfo Ligure e la Sardegna meridionale. Vogliamo capire ora quando questa depressione andrà via dall’Italia.Dunque, qual è la situazione meteorologica attuale?

Sapere tutto e niente

Una caratteristica peculiare che accompagna tutte le persone appassionate di scienza è la curiosità: più si viene a contatto con nuove conoscenze più è la voglia di saperne di più, fno al momento in cui ci si pone le giuste domande per fare nuove sorprendenti scoperte. Una situazione che possiamo rendere astratta nel momento in cui ipotizziamo che la conoscenza (da scoprire) sia da qualche parte nascosta, sia potenziale, e noi dovessimo scoprirla almeno iniziando a porci delle domande su di essa.Ma vi è un limite alla conoscenza? Ancora meglio, qual è il rapporto nel tempo tra conoscenza e conoscenza potenziale? La conoscenza potenziale è qualcosa di ben determinato (insiemisticamente parlando)?

Temperature equivalenti potenziali in quota - 01 marzo 2011

Dato che c’eravamo lasciati con la presenza di un ponte anticiclonico sul nord - Europa, non ci aspettiamo nessuna grossa novità a scala sinottica europea; di conseguenza restiamo in Italia e analizziamo meglio le condizioni nella libera atmosfera.Dunque, qual è la situazione meteorologica attuale?

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InMeteo Magazine Gennaio 2011 – Nr 12 Anno V 16

INMETEO BLOG

Analisi temperature equivalenti potenziali – 28/02/2011

Bentornati con la nostra nuova rubrica.Ieri abbiamo visto la situazione meteorologica generale attraverso pressione al suolo e altezze di geopotenziali a 500 hPa. Oggi daremo un’occhiata all’evoluzione al suolo per poi scoprire qualche dettaglio sulla copertura nuvolosa.Dunque, qual è la situazione meteorologica attuale?

Analisi 500 hPa - 27 febbraio 2011

Inauguriamo questa rubrica con l’analisi dell’altezza di geopotenziale del 27 febbraio 2011. In ogni nuovo articolo analizzeremo insieme le caratteristiche fsiche dell’atmosfera attraverso una mappa particolare e a volte confrontandone più di una.Qual è quindi la situazione meteorologica attuale?

La storia dell’atmosfera terrestre: le ere glaciali [2à parte]Studiare il passato del sistema climatico, come nella storia dell’uomo, permette di capire determinati meccanismi che possono essere considerati ausilii per le capacità predittive sul futuro.Dopo la nascita delle prime atmosfere, il pianeta è andato incontro a una serie alternata di eventi e in particolar modo di glaciazioni. Vediamo in questo articolo quali sono stati i principali eventi.

La storia dell’atmosfera terrestreLa composizione dell’atmosfera come la conosciamo oggi (78% di azoto, 21% di ossigeno, 1% distribuito tra argon, CO2 e altri gas) non è stata sempre la medesima. Studiarne l’evoluzione, inoltre, è molto diff cile in quanto non si hanno bassi livelli di errori sulle misurazioni relative allo stato antico della stessa e per molte “ere” vi sono soltanto teorie.Qual è stata allora la lunga storia dell’atmosfera?

L’Aquila, una città fantasmaSono alcuni anni che mi reco in Abruzzo a trascorrere alcuni giorni in compagnia della mia amata neve…Maggiormente quest’anno ero in attesa che arrivasse gennaio per godermi le montagne abruzzesi, ma soprattutto per visitare l’Aquila, dopo il disastroso terremoto del 6/4/2009. Premetto che io avevo già visitato la città nel dicembre del 2008 pochi mesi prima del tragico evento.

Cerchiamo redattori per la rivista INMETEO MAGAZINE

La redazione di InMeteo Magazine, di proprietà dell’associazione InMeteo, è alla ricerca di nuovi redattori per articoli di natura scientif ca e nuove rubriche.Si ricercano sia giornalisti pubblicisti sia non giornalisti; coloro che intendono eseguire il praticantato per la licenza di pubblicista saranno sottoposti a una selezione; coloro che sono alle prime armi e/o non hanno esperienza seguiranno un corso on line (e-learning) con i nostri redattori.Si richiede massima serietà.Inviate i vostri curriculum vitae in formato europeo o domande a [email protected]

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InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V 17

AMBIENTE

EROSIONE COSTIERA NELLA REGIONE PUGLIA:

DAL RECUPERO ALLA PREVENZIONE.

di Giancarlo Modugno

La fascia costiera ha sempre assunto un ruolo fondamentale per lo sviluppo economico, tanto che l'Italia può vantare le storiche “Repubbliche Marinare”. Negli ultimi 50 anni, inoltre, la popolazione si è addensata soprattutto in questa zona tanto che il 60% degli italiani vive sulla costa. L'aumento demografco si è tradotto in incremento delle attività commerciali, con conseguenziale urbanizzazione della fascia costiera e proliferare di infrastrutture adatte al trasporto via terra e via mare (strade e porti). Questa situazione sociale causa un deterioramento ambientale che va a sommarsi agli effetti dei recenti cambiamenti climatici, i quali stanno portando a evidenti casi di arretramento della costa sabbiosa.

La Regione Puglia ha pubblicato lo scorso gennaio una relazione sulle “Linee guida e studi per interventi sulle coste basse pugliesi”. Sul sito si legge che “per tutti gli interventi di natura pubblica o privata di mitigazione del rischio di erosione e dissesto per le coste basse, le Linee Guida […] avranno effcacia prescrittiva e vincolante in relazione a qualsiasi atto, provvedimento, autorizzazione e/o concessione, ammissione a fnanziamento di provenienza regionale [...]”. Nel 2002 la Commissione Europea ha affdato a un Consorzio di Ricerca il Progetto EUROSION, il cui scopo era di quantifcare il fenomeno dell'erosione costiera europeo e di proporre una serie di piani di gestione concreti a livello europeo, nazionale e regionale, facendo rientrare il tutto in un progetto più grande e ambizioso, chiamato “Strategia tematica per il suolo”.

Dallo studio è emerso che bisogna operare in maniera tale da rafforzare inizialmente le zone più forti per propria natura; in seguito bisognerà tener conto di una progettazione che minimizzi gli interventi artifciali, affdandosi a quelle aree dove la produzione di sedimenti è a un livello avanzato, in maniera tale da poter avere a disposizione una riserva strategica. L'intento generale non è andare a operare qua e là quando vi sono urgenze, bensì di mettere in atto piani di prevenzione per fermare l'erosione, il

tutto grazie a un attento monitoraggio meteo marino e dell'evoluzione dei parametri caratteristici dei litorali.

Bisogna tenere fortemente in considerazione questo fenomeno, in particolar modo perché i modelli di simulazione climatica prevedono in questo secolo anche un probabile avanzare della desertifcazione; la tutela del territorio dovrà essere portata quindi ai massimi livelli. Se parliamo di erosione costiera, quindi, è obbligatorio parlare di innalzamento del livello medio del mare, il quale porterebbe all'inondazione della costa: negli ultimi 50 anni abbiamo assistito a un sollevamento di 1.8 mm/anno del livello dei mari; l'ultimo rapporto dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) prevede un sollevamento globale degli oceani nei prossimi 100 anni compreso tra 1.8 e 5.9 mm all'anno, sebbene con un grosso margine di indeterminazione. 1 mm in più del livello marino può produrre un arretramento della linea di riva tra 0.05 ÷ 0.10 m; di conseguenza negli ultimi 50 anni abbiamo assistito a un arretramento tra i 4.5 e i 9 metri e fno al 2110 arriveremo probabilmente a un arretramento stimato tra i 30 e i 90 metri.

Esiste una Commissione Europea che opera nella Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC), ovvero un sistema organizzativo delle risorse ambientali disponibili in maniera tale da accordare le strategie politiche ed economiche con lo sviluppo sostenibile territoriale. In un periodo storico in cui le principali potenze mondiali fanno fatica a diminuire le quantità di emissioni di inquinanti, la GIZC si inserisce con le migliori ambizioni.

Il monitoraggio in Puglia è stato molto attivo, tanto che è stato formulato il Piano Regionale delle Coste

(PRC), il cui obiettivo è regolamentare la fruizione delle aree demaniali: redatto nella legge regionale n. 17 del 2006 (“Disciplina della tutela e dell'uso della costa”), “regola l'esercizio delle funzioni amministrative connesse alla gestione del demanio marittimo e delle zone del mare territoriale [...]”. Nel 2008 la Giunta Regionale della Puglia ha recepito il PRC e ha richiesto il perfezionamento dell'iter amministrativo Valutazione Ambientale Strategica (VAS), che ancora oggi è in fasi di completamento.

Lo studio pubblicato nella relazione ha individuato delle “strutture di mitigazione del rischio” compatibili con ogni diversa Unità Fisiografca , la quale è caratterizzata dalla tipologia dei sedimenti, dalle caratteristiche del trasporto solido e dal moto ondoso dell'area esaminata; ogni UF (ve ne sono sette in Puglia) ha un trasporto solido confnato dalle correnti marine e quindi risulta separata dall'UF adiacente. Per ogni UF è stato elaborato un tipo di intervento ottimale e non eludibile a carico delle amministrazioni locali.La costa pugliese si estende per circa 985 km e presenta una forte varietà: 29% per spiagge sabbiose, 31% da coste rocciose basse, 22% da alte falesie e per il 9% risulta antropizzata.

Fig 1: Morfologia della costa pugliese.

Fonti: www.regione.puglia.it

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18 InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V

AMBIENTE

Fig 2: Suddivisione nelle varie UF

Le forzanti che infuenzano lo stato del litorale sono estremamente variabili nel tempo; le principali sono: il moto ondoso, le maree, l'innalzamento del livello medio del mare per moto ondoso e per vento, la subsidenza (lo schiacciamento verso il basso). Esiste una zona della spiaggia defnita “attiva”, ovvero delimitata esternamente dalla parte dalla risalita del moto ondoso e nella parte sommersa dalla zona in cui i sedimenti non risentono più del movimento delle onde (“profondità di chiusura”). Bisogna tenere presente anche l'evoluzione temporale del trasporto solido del fume Ofanto e del torrente Candelaro: è stata registrata un'evidente riduzione di questo apporto, sicuramente causato direttamente dalla realizzazione di invasi per fabbisogni idrici e indirettamente per l'urbanizzazione crescente.

Il fatto che la costa arretri è stato il motivo per le frequenti crisi di sicurezza stradale, della ferrovia e di alcune abitazioni costiere, nonché dell'importante attività turistico – balneare. I pugliesi non sono rimasti con le mani in mano; tuttavia le opere di protezioni non hanno risolto i problemi, li hanno appena tamponati, contribuendo a un grave processo di degradazione dell'ambiente costiero, il tutto a causa di una carente gestione centrale delle opere. Inoltre, questi interventi sono stati nocivi perché non hanno tenuto in conto della dinamica legata alle UF; la nascita del PRC e l'utilizzo di simulazioni tramite modelli fsici diventano fondamentali per assicurare

un'integrità generale del litorale pugliese. Bisogna anche notare che la densità delle opere di difesa sulle coste pugliesi è minore rispetto alla media nazionale (dati APAT): questo è dovuto al fatto che la costa è morfologicamente di natura forte, quindi una vera e propria risorsa che va salvaguardata. Tuttavia vi sono zone altamente a rischio a causa dei lavori antropici, come il tratto tra Manfredonia e Barletta e il bacino del fume Ofanto. Nella prossima fgura possiamo analizzare la densità di distribuzione delle opere di difesa, notando che vi sono zone letteralmente “abbandonate”.

Fig 3: Distribuzione delle opere di difesa per ogni Comune

Dallo studio è emerso che vi è un defcit generale in tutte le UF del materiale sedimentario, di conseguenza bisogna adottare delle azioni che possano favorirne il trasporto attraverso i bacini idrografci. Non solo: bisogna trovare i possibili giacimenti compatibili nelle altre zone per poter attuare interventi di ripascimento. I modelli numerici vengono in aiuto per predire le zone di possibile inondazione da parte del mare e per questo occorrono dati molti precisi: queste simulazioni saranno molto utili e d'obbligo, in quanto fnalizzate alla tutela di beni e persone, dato che il fenomeno dell'inondazione purtroppo non è impossibile nelle nostre coste.Sono previsti due tipi di approcci per cercare di risolvere i problemi costieri: opere di tipo morbido e opere di tipo rigido. Il primo prevede la stabilizzazione della linea di costa con l'apporto di materiali artifciali

simili a quelli presenti in sede, col fne di rendere minima l'interferenza con i fenomeni naturali; il secondo metodo, invece, prevede degli interventi localizzati che arginano il fenomeno erosivo in maniera tale di evitare la diffusione su tutta l'UF.

Queste opere purtroppo hanno anche un forte costo di manutenzione e hanno bisogno di un continuo monitoraggio. Possiamo star tranquilli, però, sul fatto che siano soldi ben spesi perché la prevenzione permette quasi sempre di evitare di spendere tempo e risorse per fenomeni

improvvisi e magari non prevedibili. L'uomo sta imparando che per ogni causa c'è un effetto e non sempre questo è calcolabile: non vi è migliore cura della prevenzione e bisogna adottare le simulazioni fsiche, sulle quali vi sono accesi dibattiti ogni giorno nella comunità scientifca, non come verità assolute bensì come opportunità che il genio umano ha potuto regalarci.

Fonti: www.regione.puglia.it

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InMeteo Magazine Aprile 2011 – Nr 13 Anno V 19

METEOROLOGIA

L'OSCILLAZIONE MEDITERRANEA

di Francesco Nucera – 3B Meteo

La circolazione atmosferica, più comunemente descritta dai patterns della pressione al suolo e della loro evoluzione, è una delle più importanti “guide forzanti" del clima in superfcie. Ad esempio, nell'emisfero settentrionale, una tra le più importanti chiavi di lettura viene data dalla NAO (North Atlantic Oscillation). Vi è un ampia letteratura a tal riguardo secondo la quale, la NAO infuenzerebbe anche il clima del bacino del Mediterraneo. Ma questa oscillazione non è la sola. A questo indice, che rappresenta a grande scala i comportamenti dell’atmosfera, si aggiunge ad esempio un altro che ha carattere regionale poiché riguardante il contesto Mediterraneo.

Quando si studiano le variazioni climatiche, una particolare attenzione viene rivolta anche alle oscillazioni naturali interne al sistema e al loro possibile effetto sulla tendenza delle variabili climatiche. Queste oscillazioni, che possono presentarsi anche su scale regionali, possono avere ripercussioni in tutto il globo. Tra queste ricordiamo ad esempio la NAO, abbreviazione della North Atlantic Oscillation. Questa è defnita in base alla differenza di pressione misurata tra le Azzorre e l'Islanda meridionale (Glowienka-Hense R.,1990), aree dove poi risiedono i centri motori climatici e meteorologici europei: l'alta pressione delle Azzorre e la depressione d'Islanda. A secondo del suo indice, si possono avere confgurazioni meteorologiche diverse. Dagli studi successivi è emerso come la NAO abbia una notevole infuenza sul clima sull'Europa e sul Mediterraneo (Hurrell e Loon,1997). Ad

esempio, durante una NAO positiva (NAO +), le due fgure bariche si intensifcano notevolmente e le perturbazioni atlantiche si muovono alle alte latitudini. Con una NAO negativa (NAO-), invece, la pressione sia al suolo che in quota aumenta nella zona islandese, sino ad interessare la Russia e la Scandinavia. In questo modo, il getto scorre più a sud trasportando il suo carico di precipitazioni verso la Penisola Iberica, che diviene sede di profonde fgure depressionarie con conseguente possibile infuenza anche sul Mediterraneo. Quando l'indice è ad esempio molto negativo, si può anche verifcare un consolidamento dell'anticiclone russo che, espandendosi maggiormente sul continente, può favorire discese fredde anche di tipo retrogrado. Altro indice teleconnettivo è il S.O.I., Southern Oscillation Index, più noto come ENSO - El Nino Southern Oscillation, che rappresenta la differenza di pressione fra Tahiti e Darwin. Ma esistono delle oscillazioni naturali anche su aree più ristrette come ad esempio sul Mediterraneo?

In questi ultimi anni si è notata anche una certa oscillazione osservando la tendenza, sia al suolo che in quota della pressione atmosferica tra El Cairo e Algeri (Conte et al, 1989; Palutikof et al 1996). Questa altalena barica, che può avere periodi di oscillazione di 10 anni, va sotto il nome di Oscillazione Mediterranea. L'oscillazione sembrerebbe sortire un effetto non trascurabile sul pattern di pioggia e vento nel bacino. L’Indice di Oscillazione Mediterranea sembra inoltre essere collegata all’attività della ciclogenesi sul Golfo Ligure. Infatti, quando l’indice è positivo, l’intensità della ciclogenesi è molto intensa e viceversa. L'indice di Oscillazione Mediterranea (MOI) e l'indice NAO (NAOI) sono altamente correlati tra di loro, poichè i passaggi di fronti freddi dall'Atlantico, descritta dalla variabilità dell'Indice NAO, sono una delle cause di ciclogenesi mediterranee. Nella stagione invernale, quando il tempo in tutta l'area del Mediterraneo è fortemente infuenzato da fenomeni su scala sinottica, le correlazioni tra il MOI o il NAOI e le

anomalie di precipitazioni o di temperatura in superfcie sono più evidenti come in estate quando le condizioni del tempo sono infuenzate dalla convezione. La correlazione tra il NAOI e il MOI è poi negativa suggerendo che le condizioni più umide sono collegate a forti ciclogenesi. Inoltre, la correlazione con la temperatura in superfcie è forte sopra la parte nord occidentale del Mediterraneo mentre risulta negativa sul comparto sud orientale.

Colacino e Giuffrida, hanno poi provveduto, una volta ricostruite le serie storiche di dati a disposizione degli andamenti barici del bacino occidentale e di quello orientale, a calcolare la differenza tra i due valori giungendo a queste conclusioni. Nei primi 50 anni, dal 1900, la tendenza della pressione risulta poco oscillante attorno ad un valor medio; successivamente agli anni 50, la differenza di pressione tra il Mediterraneo orientale ed occidentale tenderebbe a crescere anche in quota. Questo concorderebbe con quanto trovato al suolo in precedenza. La pressione aumentata è probabilmente legata ad una diminuzione del gradiente di temperatura tra il Polo ed Equatore nella fascia compresa tra 700 e 300 hpa, che secondo Colacino e Conte (1991) provocherebbe una maggiore espansione verso nord degli anticicloni sub tropicali. Resta da capire se in questa tendenza al riscaldamento dello strato ci sia lo zampino dell'uomo.

Fonti: 3BMeteo.com