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Incretine e Insulina nella terapia del Diabete Tipo 2 Coordinamento Scientifico Stefano Del Prato Giorgio Sesti Comitato di Esperti Geremia Bolli, Enzo Bonora, Emanuele Bosi, Agostino Consoli, Domenico Cucinotta, Andrea Giaccari, Francesco Giorgino, Davide Lauro, Roberto Miccoli, Gabriele Perriello Writing Commitee Agostino Consoli, Domenico Cucinotta, Roberto Miccoli, Gabriele Perriello Attualità in Diabetologia e Malattie Metaboliche La posizione degli Esperti ®

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Incretine e Insulina nella terapia del Diabete Tipo 2

Coordinamento ScientificoStefano Del Prato

Giorgio Sesti

Comitato di EspertiGeremia Bolli, Enzo Bonora, Emanuele Bosi, Agostino Consoli,

Domenico Cucinotta, Andrea Giaccari, Francesco Giorgino,Davide Lauro, Roberto Miccoli, Gabriele Perriello

Writing CommiteeAgostino Consoli, Domenico Cucinotta,

Roberto Miccoli, Gabriele Perriello

Attualità in Diabetologia e Malattie MetabolicheLa posizione degli Esperti®

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Coordinamento organizzativo

Attualità in Diabetologia e Malattie MetabolicheLa posizione degli Esperti®

Stefano Del Prato (Coordinatore Scientifico)Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo

Università degli Studi di Pisa

Giorgio Sesti (Coordinatore Scientifico)Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica

Università degli Studi «Magna Græcia» di Catanzaro

Geremia BolliDipartimento di Medicina Interna

Università degli Studi di Perugia

Enzo BonoraEndocrinologia, Diabetologia e Metabolismo

Dipartimento di Medicina

Università e Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona

Emanuele BosiDipartimento di Medicina Interna e Specialistica

Istituto Scientifico San Raffaele e

Università Vita Salute San Raffaele - Milano

Agostino ConsoliDipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento

Università degli Studi di Chieti «G. d’Annunzio»

Domenico CucinottaDipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica

Università degli Studi di Messina

Andrea GiaccariDivisione di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo

Policlinico Gemelli - Università Cattolica del Sacro Cuore

di Roma

Francesco GiorginoDipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi

Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia,

Andrologia e Malattie Metaboliche

Università degli Studi di Bari «Aldo Moro»

Davide Lauro Dipartimento di Medicina Interna

Università degli Studi di Roma «Tor Vergata»

Roberto MiccoliDipartimento di Endocrinologia e Metabolismo

Università degli Studi di Pisa

Gabriele PerrielloDipartimento di Medicina Interna

Università degli Studi di Perugia

AUTORI

Incretine e Insulina nella terapia del Diabete Tipo 2

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INDICE

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5

Diabete tipo 2: difetto beta-cellulare, difetto alfa-cellulare o difetto incretinico? . . . . . . . . . . . . pag 7

Terapia alla diagnosi: quale ruolo per la terapia insulinica? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag 10

Terapia alla diagnosi: quale ruolo per le incretine? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 12

Esiste un razionale per un’associazione GLP-1 R agonisti e DPP-4 inibitori? . . . . . . . . . . . . . . . pag. 15

Incretine prima dell’insulina. Quanto prima? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16

Incretine al posto e/o dopo la terapia insulinica? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 18

Esiste un razionale per aggiungere DPP-4 inibitori alla preesistente terapia insulinica? . . . . . . . . pag. 20

Esiste un razionale per aggiungere GLP-1 R agonisti alla preesistente terapia insulinica? . . . . . . pag. 21

Esiste un razionale per l’uso delle incretine nel diabete tipo 1? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27

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INTRODUZIONE

L’introduzione delle incretine (analoghi del GLP-1 e inibitori della DPP-4) ha rappresentato una sicurainnovazione nella terapia del diabete tipo 2. Questi trattamenti oltre a un’efficacia non inferiore a quan-to in precedenza disponibile offrono anche il vantaggio di un effetto favorevole sul peso corporeo (soprat-tutto per quanto riguarda gli agonisti recettoriali del GLP-1), un basso rischio di ipoglicemia ed un’inte-ressante complementarietà d’azione con gli altri trattamenti. Una siffatta nuova possibilità terapeuticamette il clinico di fronte a sfide concettuali non ultima quella del loro posizionamento nell’algoritmo tera-peutico. Le indicazioni correnti sostanzialmente prevedono il loro impiego in una fase precoce della malat-tia, immediatamente dopo il fallimento con la metformina. Peraltro, con il loro più esteso impiego una se-rie di nuovi quesiti meritano di avere risposta. Il primo è se e di quanto, questi trattamenti possano ritar-dare l’introduzione della terapia insulinica. Il secondo riguarda l’idea che solo la fase iniziale della malat-tia possa giovarsi degli effetti di questi farmaci che andrebbereo invece perdendo di efficacia con l’aumentodella durata dell’iperglicemia. Inoltre, in che misura l’uso in combinazione con l’insulina può diventareogni giorno più pertinente ed attraente. Infine, è motivo di discussione se gli effetti diversi da quelli eserci-tati sulla beta-cellula possano rappresentare un elemento razionale per un impiego delle incretine anchenel diabete tipo 1. Rispondere a questi quesiti non è semplice perché non sempre sono disponibili studi cli-nici controllati. Proprio per questo motivo viene proposto questo nuovo documento intitolato “Incretine eInsulina nella terapia del Diabete Tipo 2” che a partire da considerazioni fisiopatologiche sugli effetti delGLP-1 e del GIP vuole esplorare la razionalità di certi approcci terapeutici, valutarli con riferimento aquanto clinicamente disponibile e tracciare una strada nell’impiego delle incretine prima, durante e, per-ché no, anche dopo che sia stata instaurata la terapia insulinica.

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Stefano Del Prato Giorgio Sesti

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DIABETE TIPO 2: DIFETTO BETA-CELLULARE, DIFETTOALFA-CELLULARE O DIFETTOINCRETINICO?

Il diabete tipo 2 (DMT2) è una malattia a eziopato-genesi eterogenea, cui concorrono sia una ridotta sen-sibilità all’azione insulinica da parte dei tessuti perife-rici (fegato, muscolo e tessuto adiposo) sia difetti del-la secrezione insulinica da parte della beta-cellulapancreatica, incapace di compensare la ridotta azionebiologica dell’ormone. A queste alterazioni se ne ag-giungono altre, tra le quali le alterazioni funzionalidell’alfa-cellula e di un gruppo di ormoni intestinali,denominati “incretine” e, in particolare, del Gluca-gon-Like Peptide 1 (GLP-1), del Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide (GIP). Indipendentementeda quanto queste alterazioni ormonali possano essereprimitive o secondarie al difetto di secrezione insuli-nica e alla conseguente alterazione dell’omeostasi glu-cidica, è l’interazione tra queste funzioni che contri-buisce alla caratteristica evolutività della malattia.In condizioni fisiologiche, nella fase post-prandiale,l’aumentata secrezione insulinica stimolata dal gluco-sio e potenziata dalle incretine, inibisce la secrezionedi glucagone da parte delle alfa-cellule e, quindi, lagluconeogenesi epatica(1). Nel DMT2 funzione beta-cellulare e risposta incretinica sono alterate determi-nando, nella fase post-prandiale, una condizione direlativa insulinopenia, iperglucagonemia e eccessivaproduzione epatica di glucosio.Queste alterazioni forniscono il razionale fisiopatolo-gico per un intervento terapeutico basato sul ripristi-

no di adeguate concentrazioni di insulina che ha ef-fetti inibitori diretti sulla produzione epatica di glu-cosio e sulla inappropriata secrezione di glucagone siaper l’impiego di agonisti del recettore del GLP-1(GLP-1 RA) o inibitori della dipeptidil-peptidasi-4(DPP4-I) che potenziano la secrezione insulinica en-dogena e favoriscono la soppressione della secrezionedi glucagone, nonché per un uso combinato di questestrategie terapeutiche. L’inibizione della secrezione di glucagone avviene so-prattutto in risposta alla prima fase di secrezione insu-linica che è precocemente e profondamente alteratanei soggetti con DMT2. Pertanto, già in fasi moltoprecoci della malattia un’inappropriata elevazione deilivelli di glucagonemia può essere sufficiente a deter-minare un eccesso di produzione epatica di glucosiobasale e post-prandiale. Il modello animale è statoampiamente utilizzato per studiare il significato fisio-patologico dell’iperglucagonemia. Peraltro, esistonodifferenze nella distribuzione delle alfa- e beta-cellulenel pancreas umano rispetto a quello murino con unrapporto tra le due popolazioni cellulari che è minorenell’uomo (alfa-cellule: 33-46%, beta-cellule 48-59%) rispetto al roditore (15-20% e 60-80% rispetti-vamente) con una diversa distribuzione all’internodell’isola (periferica nel roditore, dispersa nell’uomo).Con il progressivo peggioramento della funzione be-ta-cellulare l’incapacità di tenere a freno l’iperse -crezione di glucagone diventa manifesta anche nellostato post-assorbitivo cosicché la produzione epaticadi glucosio aumenta anche nel periodo notturno e in-ter-prandiale contribuendo all’elevazione dei livelliglicemici a digiuno e prima dei pasti(2).

Difetti della massa funzionale nel paziente diabeticoDa quanto brevemente descritto, emerge che il pernodell’alterazione glicemica risiede nel difetto beta-cel-lulare. Questo difetto è il risultato di alterazioni fun-zionali cui può concorrere una certa riduzione dellamassa beta-cellulare. Studi condotti su reperti autop-tici hanno mostrato che nei soggetti con DMT2 èpresente una riduzione del numero delle beta-cellule.Questa riduzione è influenzata da sesso e peso corpo-reo ed è direttamente proporzionale alla durata dellamalattia(3). Al contrario, non si osserva una contestua-le riduzione del numero delle cellule alfa, così che il

Messaggi chiave

• Il difetto funzionale della cellula beta pancreaticae, probabilmente, anche la riduzione del numerodi cellule beta secernenti giocano un ruolo chiavenella fisiopatologia del DMT2.

• Al difetto della funzione beta-cellulare si associaun aumento della funzione delle alfa-cellule conaumento dei livelli circolanti di glucagone.

• Non è stato ancora chiarito se un difetto di secre-zione e/o azione delle incretine (GLP-1, GIP) ab-bia un ruolo primario nella fisiopatologia delDMT2 o se sia secondario alle alterazioni meta-boliche presenti nel DMT2.

INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

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rapporto tra le due popolazioni di cellule ormono-se-cernenti tende a favore di queste ultime. Il risultato diquesta situazione è una relativa ipoinsulinemia e unaconcomitante relativa iperglucagonemia soprattutto alivello del circolo portale. Questi livelli inappropriata-mente elevati di glucagone rendono conto di almenoun 75% dell’eccesso di produzione epatica di glucosiobasale e di un 50% di quella post-prandiale(4). La di-sfunzione dell’alfa-cellula diventa sempre più manife-sta con il perdurare della malattia al punto che nellefasi più avanzate si determina un paradossale incre-mento di secrezione di glucagone in risposta al caricoorale di glucosio (OGTT) a differenza di quella chedovrebbe essere una fisiologica riduzione (Fig. 1)(5).Infatti, l’elevazione dei livelli d’insulina normalmentesi associa ad una soppressione della secrezione di glu-cagone. Nel soggetto normale, i livelli di glucagonediminuiscono in corso di clamp euglicemico iperin-sulinemico mentre nel DMT2 i valori di glucagone-mia rimangono più elevati(6). Il ripristino di un più fi-siologico rapporto tra insulina e glucagone rappresen-

ta, quindi, un obiettivo terapeutico capace, almeno inparte, di migliorare l’effetto inibitorio sulla produzio-ne di glucosio. Proprio attraverso questo meccanismosembra operare l’aumento dei livelli circolanti diGLP-1. L’infusione dell’ormone è in grado di norma-lizzare la glicemia in pazienti con DMT2 potenzian-do la secrezione insulinica e inibendo quella di gluca-gone(7). L’effetto antidiabetogeno della soppressionedel glucagone è stato dimostrato anche in pazienticon diabete tipo 1 (DMT1) al punto da spingere al-cuni Autori a suggerire l’impiego di GLP-1 anche inquesti pazienti(8).Un ruolo rilevante del glucagone nella patogenesi delDMT2 è stato confermato dai risultati di un recentestudio condotto in un modello murino di knockout delrecettore del glucagone. Questi animali, anche quandoresi insulino-deficienti mediante distruzione delle be-ta-cellule pancreatiche con streptozotocina, non svi-luppavano diabete(9) e presentavano bassi livelli di aci-di grassi liberi (FFA) ed elevati livelli di GLP-1. Que-sti risultati suggeriscono che l’azione insulinica du-

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

Figura 1. Risposta paradossa del glucagone all’iperglicemia nel diabete mellito tipo 2 (DMT2).NGT=normale tolleranza al glucosio.

(Mod. da: Ohneda A, et al. J Clin Endocrin Metab, 1978)(5)

Gluc

agon

e (n

g/l)

Tempo (min)

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

0 30 60 90 120

DMT2 moderato

DMT2 severo

NGT

DMT2 lieve

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rante la fase post-prandiale svolge un’azione impor-tante nell’inibire gli effetti del glucagone sulla produ-zione epatica di glucosio e sulla lipolisi (Fig. 2A). NelDMT2 i livelli plasmatici di acidi grassi liberi sonoelevati e questa elevazione, con tutta probabilità, ri-flette un’attivazione della lipolisi adipocitaria sostenu-ta dall’eccesso di glucagone. La cronica elevazione deilivelli di FFA non può che sommarsi alla glucotossici-tà innescando un circolo vizioso con aggravamentodello stato di insulino-resistenza e di alterata funzionebeta-cellulare (Fig. 2B).Un’osservazione importante dello studio appena cita-to è l’aumento dei livelli circolanti di GLP-1 nell’ani-male knockout per il recettore del glucagone reso insu-linopenico. Infatti, si può prospettare che questa ele-vazione, associata a una ridotta azione del glucagone,

contribuisca alla normalizzazione della tolleranza glu-cidica verosimilmente attraverso un effetto stimolato-rio diretto sulla captazione del glucosio a livello di fe-gato e muscolo striato (Fig. 2C)(9). Riassumendo, nei soggetti con DMT2 è presenteuna significativa riduzione della massa funzionale be-ta-cellulare. A questa si affianca un relativo aumentodella massa alfa-cellulare che comporta un’alterazio-ne del fisiologico rapporto molare insulina:glucagonea livello portale con conseguente incontrollata pro-duzione epatica di glucosio e, quindi, iperglicemia. Ilripristino dell’effetto “incretinico” migliora la fun-zione beta-cellulare e sopprime la secrezione di glu-cagone, ristabilendo un rapporto più fisiologico tra idue ormoni e, quindi, una migliore tolleranza gluci-dica.

Figura 2. Effetti di insulina e glucagone nel soggetto normale (A), in soggetti con DMT1 (B) e in un modello sperimentale STZ Gcgr-/- (C) caratterizzato da assenza di insulina e recettore del glucagone.

(Mod. da: Lee Y, et al. Diabetes, 2011)(9)

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

Soggetto normale

DMT1(assenza di insulina)

Modello sperimentale STZ Gcgr-/-

(assenza di insulina e recettore glucagone)

↓ NEFA ↓ NEFA

GLP-1

↑ NEFA

↓ NEFA ↓ NEFA

Glucagone(?)

Lipolisi Lipolisi Lipolisi

Utilizzazione muscolare di glucosio

Utilizzazione muscolare di glucosio

Utilizzazione muscolare di glucosio

Utilizzazione epatica di glucosio

Utilizzazione epatica di glucosio

Insulina

↑ NEFA

Glucagone

(?) Glucotossicità

+ +

– –

– +

+

+

+

(?)

+++

–+

+ –

(?)

Utilizzazione epatica di glucosio

A B C

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

TERAPIA ALLA DIAGNOSI: QUALE RUOLOPER LA TERAPIA INSULINICA?

Ruolo della terapia insulinica nella fase iniziale del DMT2Le Linee Guida internazionali non propongono unatteggiamento univoco per quanto riguarda il mo-mento più opportuno per intraprendere la terapia in-sulinica nel DMT2. Un ruolo della terapia insulinicaalla diagnosi non è contemplato dalle Linee Guidaitaliane che, in sintonia con quelle internazionali, in-dicano la metformina come il farmaco di prima scel-ta. Per quanto metformina, glitazoni, sulfoniluree, re-paglinide, DPP4-I e GLP-1 RA abbiano un’efficaciacomparabile sulla riduzione dell’emoglobina glicata,sono tutti comunque meno efficaci dell’insulina. Cio-nonostante, la terapia insulinica viene sempre consi-derata un’opzione tardiva nell’algoritmo terapeutico.Nelle Linee Guida SID/AMD, ad esempio, si sugge-risce prima di intrapendere una terapia insulinica diconsiderare anche un eventuale tentativo con 3 far-maci anti-diabete(10).Più articolate sono le indicazioni delle Linee Guida2009 dell’American Association of Clinical Endocrino-logists (AACE) secondo le quali è opportuno adottarestrategie terapeutiche diverse sulla base della stratifica-zione dei pazienti in base ai livelli di emoglobina gli-cata all’esordio e con un possibile ricorso alla terapiainsulinica in soggetti con valori di HbA1c >9%(11). Le Linee Guida dell’International Diabetes Federationdel 2005(12) suggeriscono di intraprendere la terapiainsulinica solo quando gli interventi sullo stile di vita eil trattamento con agenti ipoglicemizzanti orali nonsiano più in grado di assicurare un buon controllo gli-cemico. In queste Linee Guida è però sottolineatal’importanza di spiegare ai pazienti diabetici, sin dal

momento della diagnosi, che la terapia insulinica rap-presenta un’opzione di trattamento e che essa potrebberivelarsi la strategia migliore per garantire il controlloglicemico, soprattutto a lungo termine. In particolare,viene suggerito di iniziare la terapia insulinica prima diun severo deterioramento del controllo glicemico, ingenerale per valori di emoglobina glicata >7,5%.In modo analogo, il Consensus dell’American DiabetesAssociation (ADA)/European Association for the Study ofDiabetes (EASD) del 2009 propone di intraprenderela terapia insulinica quando gli interventi sullo stile divita e gli agenti ipoglicemizzanti siano inefficaci a rag-giungere e/o mantenere un target glicemico accettabileo quando il paziente si trovi in stato di palese scom-penso metabolico (HbA1c >10%, glicemia a digiu-no>250 mg/dl, glicemia non a digiuno >300 mg/dl;sintomi: calo peso, poliuria, polidipsia)(13).La terapia insulinica potrebbe, invece, essere conside-rata alla diagnosi in pazienti con prevalente deficit in-sulinico (ad esempio LADA/NIRAD) con l’obiettivodi preservare la massa funzionale beta-cellulare. Nei soggetti GAD-positivi la probabilità di intrapren-dere terapia insulinica entro 6 anni è aumenta di 13volte rispetto a soggetti GAD-negativi. La probabilitàdi un passaggio alla terapia insulinica è aumentata an-che in soggetti con funzione beta-cellulare compro-messa alla diagnosi e in soggetti particolarmente obe-si(14). Nei soggetti LADA, la terapia insulinica multi-iniettiva garantisce un controllo glicemico migliorerispetto a quello ottenibile con sulfoniluree(15,16).Queste osservazioni sono state interpretate come unaindicazione che il trattamento insulinico nel LADApossa preservare la funzione beta-cellulare mettendo“a riposo” le beta-cellule, grazie ad una relativa dimi-nuzione del loro fabbisogno energetico(17); a riduzionedell’espressione di antigeni beta-cellulari con minorerisposta T cellulare(18); ad induzione di immunità Th2e attivazione di cellule T-regolatorie(19); a riduzionedell’apoptosi beta-cellulare(20).A prescindere dall’indicazione alla terapia insulinicache deriva dal progressivo deterioramento della fun-zione beta-cellulare nel corso della malattia, valori diemoglobina glicata molto elevati, presenza di comor-bidità, disponibilità e compliance dei pazienti alla te-rapia costituiscono ottimi elementi per consideraremolto attentamente la terapia insulinica alla diagnosinel DMT2(21).

Messaggi chiave

• Nel DMT2 le Linee Guida invitano a considerarela terapia insulinica anche alla diagnosi in presen-za di valori di HbA1c >9, soprattutto se accom-pagnati da sintomi di iperglicemia, nonché neisoggetti con LADA.

• Studi controllati e non controllati suggerisconoun possibile effetto protettivo della terapia insuli-nica precoce sulla funzione beta-cellulare.

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

Possibile significato e vantaggio della terapia insulinica all’esordioUno studio clinico randomizzato condotto in soggetticon DMT2 di nuova diagnosi ha dimostrato che, ri-spetto al trattamento con glibenclamide, il trattamen-to precoce con insulina premiscelata somministratadue volte/die per due anni preserva la secrezione diinsulina e promuove un migliore controllo metaboli-co(22). Il follow-up a 4 anni dello stesso studio ha di-mostrato che in entrambi i gruppi si assiste a un dete-rioramento della funzione beta-cellulare sebbene talefenomeno sia stato più marcato nel gruppo in tratta-mento con glibenclamide(23). Un simile trend è statoconfermato dal follow-up a 6 anni(24).Altri studi clinici randomizzati controllati hanno va-lutato gli effetti del trattamento insulinico in soggetticon DMT2 neodiagnosticato (Tab. 1). Uno studio randomizzato condotto su 29 pazienti hadimostrato una pari efficacia del trattamento insulini-co rispetto a quello con metformina, pioglitazone oglibenclamide senza differenze significative di pesocorporeo o di eventi ipoglicemici. Inoltre, la terapia

insulinica non sembrava influenzare negativamente lacompliance o la qualità di vita dei soggetti(25). In un al-tro studio, 90 pazienti con DMT2 neodiagnosticatosono stati randomizzati a trattamento con insulina ometformina. La glicemia a digiuno si riduceva in en-trambi i gruppi, senza significative differenze, sin dal-le prime 4 settimane di trattamento. Nelle successive4 settimane, la glicemia a digiuno si manteneva co-stante, ma risultavano marcatamente ridotte, nelgruppo in trattamento con insulina, le concentrazionidi Proteina C Reattiva e di interleuchina-6 a testimo-nianza di un più marcato effetto antinfiammatoriodell’ormone(26). Un altro studio randomizzato con-dotto su 60 pazienti con DMT2 neodiagnosticato os-servava come insulina e glicazide avessero una pari ef-ficacia in termini di controllo metabolico. Di contro,il trattamento insulinico determinava un più elevatotasso di remissione (euglicemia senza terapia per al-meno un mese)(27). Infine, uno studio di 44 pazienticon DMT2 neodiagnosticato e iperglicemia severa al-la diagnosi ha dimostrato come il trattamento insuli-nico per 6 mesi fornisse un controllo glicemico più

Tabella 1Studi clinici randomizzati controllati che hanno confrontato l’efficacia della terapia insulinica vs altri trattamenti in soggetti con DMT2 neodiagnosticato(25-28)

Studio Pazienti/Disegno Trattamenti Durata/ RisultatiFollow-up

Lingvay I(25), 29 pazienti ins + met a 3 mesi, 36 mesi Nessuna variazione di Diabetes Care, 2009 studio randomizzato lead-in → ins + met HbA1c, peso corporeo,

a gruppi paralleli vs met, pio, e glibenclamide ipoglicemie, qualità di vita

Mao XM(26), 90 pazienti ins vs met 8 settimane Nessuna variazione di FPG;Diabetes Metab studio randomizzato target: hsPCR e IL-6 ridotte nel Res Rev, 2009 a gruppi paralleli FPG <126 mg/dl e gruppo trattato con insulina

PPG <160 mg/dl

Chandra ST(27), 60 pazienti ins (premiscelata, 6 mesi Remissione (euglicemiaDiabetes Technol studio randomizzato 16 UI totali, BID) vs senza farmaco per >1 mese):Ther, 2009 a gruppi paralleli gliclazide RM 60 mg/die 80% nel gruppo insulina vs

3,33% nel gruppo gliclazide;↑ C-peptide a 6 mesi solo nel gruppo insulina

Chen HS(28), 44 pazienti ins intensiva per 10-14 12 mesi HbA1c più bassa nelDiabetes Care, 2008 (glicemia a digiuno >300 mg/dl) giorni → ins vs gruppo insulina (-1,2%);

studio randomizzato gliclazide-RM/met* HOMA-B, AUC insulina, a gruppi paralleli e indice insulinogenico

migliorati nel gruppo insulina

RM=rilascio modificato; ins=insulina; met=metformina; pio=pioglitazone.

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

adeguato e un significativo miglioramento della fun-zione beta-cellulare rispetto al trattamento con ipogli-cemizzanti orali(28).In conclusione, questi studi sostengono l’ipotesi che iltrattamento precoce con insulina potrebbe risultare inun outcome migliore, almeno per quanto riguarda lapersistenza del controllo glicemico. Questa ipotesi èstata valutata in alcuni studi non controllati, prospetti-ci o retrospettivi in pazienti con DMT2 di nuova dia-gnosi. Le osservazioni compiute confermerebbero chela terapia insulinica può migliorare significativamentela funzione beta-cellulare e facilitare il compenso glice-mico a lungo termine(29,30). Studi in vitro condotti conisole pancreatiche umane dimostrano come l’insulinapossieda azioni anti-apoptotiche che antagonizzano glieffetti pro-apoptotici delle alte concentrazioni di glu-cosio(20), a suggerire che gli effetti positivi della terapiainsulinica precoce potrebbero essere dovuti all’inibizio-ne dell’apoptosi delle cellule beta. Uno studio condotto su 13 pazienti con DMT2 neo-diagnosticato ha dimostrato che il trattamento insuli-nico intensivo, seppure di breve durata, mediante mi-croinfusore era in grado di indurre una remissione finoad un massimo di 5 anni della malattia(31). Questi risul-tati sono stati confermati da uno studio condotto su 16pazienti con DMT2 neodiagnosticato, nei quali erastato ottenuto un buon controllo glicemico per un pe-riodo prolungato dopo trattamento insulinico intensi-vo di 2-3 settimane. I pazienti nei quali è stata ottenutal’euglicemia richiedevano una minore dose giornalieradi insulina e tale parametro era un predittore indipen-dente del successo a lungo termine della terapia(32). Infine, due studi condotti in una popolazione cineseconfermano gli effetti benefici della terapia insulinicaintensiva di breve durata, alla diagnosi nel DMT2.Un primo studio di 138 pazienti diabetici di nuovadiagnosi ha dimostrato che 2 settimane di terapia in-sulinica con microinfusore erano sufficienti a garanti-re un periodo di 24 mesi di remissione della malattia(intesa come euglicemia senza trattamento farmacolo-gico) nel 42,3% dei soggetti. La remissione era attri-buibile, principalmente, a un miglioramento dellaprima fase di secrezione insulinica(33). Un secondo stu-dio, condotto su 382 pazienti con DMT2 neodiagno-sticato, ha dimostrato che i soggetti sottoposti a trat-tamento insulinico intensivo avevano un maggior tas-so di remissione (45-51%) dopo 1 anno di follow-up

rispetto ai soggetti in trattamento con ipoglicemiz-zanti orali (26,7%). Nei soggetti inizialmente trattaticon insulina, a distanza di 1 anno dal trattamento, lafunzione beta-cellulare risultava meglio conservata(34)

con un effetto ancor più marcato nei pazienti trattaticon microinfusore rispetto a quelli in terapia insulini-ca multi-iniettiva (Fig. 3)(34).In conclusione, un trattamento insulinico precoce eintensivo è utile in tutti i soggetti che alla diagnosipresentino elevati valori di emoglobina glicata e sinto-matologia legata all’iperglicemia. I soggetti che pre-sentano un rapido deterioramento della funzione be-ta-cellulare con perdita di controllo glicemico e aspet-tativa di vita piuttosto lunga potrebbero ottenere unbeneficio maggiore e sembrerebbero dunque i sogget-ti più indicati alla terapia insulinica precoce. Nonostante non siano disponibili evidenze conclusive,il trattamento insulinico, anche intermittente, alla dia-gnosi, dovrebbe essere incluso tra le opzioni terapeuti-che allo scopo di preservare la funzione beta-cellulare.

TERAPIA ALLA DIAGNOSI:QUALE RUOLO PER LE INCRETINE?

Messaggi chiave

• Le incretine potrebbero essere utilizzate anche al-la diagnosi di DMT2, sia in sostituzione dellametformina sia in soggetti con intolleranza o con-tro-indicazioni a tale farmaco, sia in associazionecon metformina.

• Questa indicazione trova un suo razionale nelfatto che questi farmaci:- consentono di ottenere valori target di HbA1c

adattabili al fenotipo del paziente;- offrono un favorevole rapporto efficacia/sicurezza;- hanno effetti benefici (GLP-1 RA) o neutri

(DPP4-I) sul peso corporeo. • Le incretine agiscono attraverso meccanismi fisio-

patologici specifici ed unici (es. riduzione del glu-cagone e aumento del tono incretinergico).

• L’eventuale protezione beta-cellulare osservata ne-gli studi pre-clinici, potrebbe modificare la storianaturale della malattia.

• È ipotizzabile, alla diagnosi, la combinazione, ol-tre che con metformina, con gli altri farmaci ipo-glicemizzanti.

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

Le incretine sono peptidi di origine intestinale secretiin risposta all’assunzione di un pasto. GIP e GLP-1sono le incretine più importanti dal punto di vista fi-siopatologico. Sebbene non sia ancora ben chiaroquale sia il meccanismo che regola la loro secrezione,è evidente che tali molecole sono coinvolte, diretta-mente e indirettamente, nella regolazione del meta-bolismo glucidico. GIP e GLP-1 endogeni sono rapi-damente disattivati a causa dell’enzima dipeptidil-dipeptidasi-4 (DPP-4); per ovviare a tale inattivazionesono stati sviluppati agonisti del recettore GLP-1 resi-stenti all’azione del DPP-4 e inibitori del DPP-4(35). Secondo gli algoritmi terapeutici ADA/EASD(13) eSID/AMD(10) la modifica dello stile di vita del pa-ziente rimane il primo passo nel trattamento delDMT2; qualora essa non consenta il raggiungimentodi un buon compenso glicemico è necessario affian-carla ad un trattamento farmacologico. La metformi-na è il farmaco di elezione ma nella pratica clinica an-

che le incretine potrebbero rivelarsi utili, al pari di al-tre classi di ipoglicemizzanti, sia in associazione allametformina oppure in sua sostituzione qualora essasia controindicata o non tollerata.

Incretine come prima terapiaLa metformina non è tollerata in circa il 5-10% deisoggetti diabetici ed è comunque controindicata inpresenza di insufficienza cardiaca, respiratoria o rena-le (GFR <60 ml/min). In tutte queste condizioni ènecessario valutare il rapporto rischio/beneficio deifarmaci disponibili per la sua sostituzione (Tab. 2).Alla luce di queste valutazioni, i DPP4-I possono rap-presentare una valida alternativa alla metformina. Leevidenze disponibili dimostrano un’efficacia ipoglice-mizzante ben definita in assenza di aumento del pesocorporeo, rischio di ipoglicemia trascurabile o nessuneffetto avverso gastro-intestinale. L’utilizzo di sitagliptina in pazienti con DMT2 di

Figura 3. Effetti della terapia insulinica intensiva sulla remissione del diabete in soggetti con DMT2 di nuova diagnosi.CSII=terapia insulinica con microinfusore; MDI=terapia insulinica multi-iniettiva; OHA=terapia con ipoglicemizzanti orali.

(Mod. da: Weng J, et al. Lancet, 2008)(34)

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180 270 360 450

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

nuova diagnosi, nei quali non può essere utilizzatametformina, è supportato da uno studio randomizza-to, controllato, della durata di 24 settimane, che ne hadimostrato la tollerabilità al dosaggio di 100 mg/die eun effetto ipoglicemizzante paragonabile a quello del-la metformina titolata a 500-2000 mg/die(36). Unostudio multicentrico randomizzato ha dimostratoche, in pazienti con DMT2 trattati con sola dieta, vil-dagliptina e metformina riducono in maniera sovrap-ponibile i valori di HbA1c sin dalle prime 12 settima-ne e che il miglioramento persiste per l’intera duratadel trattamento (un anno)(37,38). Questi dati sottoli-neano come il trattamento con DPP4-I sia in gradodi indurre una riduzione significativa di HbA1c neiDMT2 neodiagnosticati paragonabile a quella otteni-bile con metformina. I GLP-1 RA costituiscono un’altra alternativa allamonoterapia con il vantaggio di favorire un certoqual grado di perdita di peso(39,40), ma con lo svantag-gio della terapia iniettiva sottocutanea.

Incretine associate a metformina come prima terapiaL’associazione di GLP-1 RA o DPP4-I con metformi-na in soggetti con diabete neo-diagnosticato potrebberivelarsi particolarmente vantaggiosa quando i valoridi HbA1c sono elevati e, dunque, è improbabile cheil target glicemico sia raggiunto con l’impiego di ununico farmaco. Questa possibilità terapeutica è soste-nuta dai risultati di una serie di studi clinici. La tera-

pia di combinazione alla diagnosi con sitagliptina +metformina (titolata fino a 2000 mg/die), ad esem-pio, si è dimostrata più efficace della monoterapia conmetformina con una riduzione media di HbA1c, ri-spettivamente, di 2,4% vs 1,7%(41). Anche la terapiadi combinazione sitagliptina + pioglitazone alla dia-gnosi è stata più efficace della monoterapia con piogli-tazone 30 mg, con una riduzione media di HbA1c, ri-spettivamente, di 2,4% e 1,5%(42). Per quanto la mo-noterapia con sitagliptina possa avere un’efficacia lie-vemente inferiore rispetto alla metformina (HbA1c: -0,8% vs -1,3%, rispettivamente), la terapia di asso-ciazione con i due farmaci è, invece, particolarmentevantaggiosa soprattutto per dosaggi di metformina di2000 mg/die (HbA1c: -1,8%)(43). L’estensione di que-sto studio ha dimostrato che tale associazione com-porta, dopo i primi due anni di trattamento, unamaggiore riduzione della HbA1c(44) rispetto al tratta-mento con i singoli farmaci. Risultati analoghi sonostati ottenuti con vildagliptina in associazione a pio-glitazone(45) o metformina(46). Anche saxagliptina, inaggiunta a metformina, permette un’ulteriore riduzio-ne del livello di HbA1c ed il raggiungimento del tar-get terapeutico in una proporzione superiore rispettoalla sola metformina (44% vs 17% dei casi)(47). Nonsono in questo momento disponibili studi sull’effica-cia della terapia di combinazione alla diagnosi conexenatide o liraglutide in pazienti affetti da DMT2 inassenza di precedente trattamento farmacologico,anche se l’associa zione appare logica, soprattutto nel

Tabella 2Benefici extra-glicemici ed effetti indesiderati delle varie classi di farmaci antidiabetici

Benefici extra-glicemici Effetti indesiderati

Sulfoniluree Nessuno Ipoglicemia, ↑ peso, ↑ CHD?

Repaglinide Nessuno Ipoglicemia, ↑ peso, ↑ CHD?

Acarbosio ↓ CVD (?) Diarrea, flatulenza

Pioglitazone ↓ CVD ↑ peso, fratture, ↑ CHF

Inibitori DPP-4 ↓ fattori di rischio CVD (?) Trascurabili

GLP-1 R agonisti ↓ fattori di rischio CVD e peso corporeo Nausea, vomito

Insulina Nessuno (?) Ipoglicemia, ↑ peso

CHD=malattia coronarica; CHF=insufficienza cardiaca; CVD=malattia cardiovascolare.

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

soggetto obeso, grazie al favorevole effetto dei GLP-1RA sul peso corporeo. In una teorica scelta di associa-zione, potrebbe però essere utile ricordare alcune ca-ratteristiche che contraddistinguono i DPP4-I daiGLP-1 RA. L’effetto sul peso è sicuramente uno deiprincipali fattori distintivi: neutro quello degli inibi-tori DPP-4, favorente il calo quello degli analoghi.Gli inibitori del DPP-4 sono caratterizzati da un otti-mo profilo di tollerabilità e maneggevolezza; essendosomministrati per via orale, potrebbero favorire unacompliance migliore. Entrambe le classi di farmacipossono essere efficacemente combinate con altre te-rapie ipoglicemizzanti orali, pur se a fronte di costipiù elevati. L’avvio della terapia farmacologica conun’associazione di DPP4-I o GLP-1 RA e metforminapotrebbe avere un suo razionale nell’attesa di un effet-to protettivo sulla funzione beta-cellulare, come sug-gerito da tutta una serie di studi pre-clinici. A tutt’og-gi, peraltro, le norme regolatorie, non prevedono l’usocombinato di tali farmaci come prima scelta.

ESISTE UN RAZIONALE PERUN’ASSOCIAZIONE GLP-1 R AGONISTI EDPP-4 INIBITORI?

Aumento delle concentrazioni portali di GLP-1La somministrazione di exenatide per via sottocutaneadetermina concentrazioni circolanti dell’analogo chesono 4-5 volte superiori rispetto ai livelli di GLP-1 ot-tenibili dopo somministrazione di un DPP4-I(48). Diconseguenza, se consideriamo le concentrazioni peri-feriche dell’ormone, poco si dovrebbe guadagnaredall’impiego simultaneo dei due farmaci. Il GLP-1, una volta secreto, viene rapidamente inat-tivato dall’enzima DPP-4 e soltanto l’8% dell’ormo-ne secreto raggiunge il circolo periferico in forma at-tiva(49). Le concentrazioni dell’ormone nello spazioperiportale, invece, sono molto più elevate e questoparticolare aumento dei livelli dell’ormone potrebberendere conto dei suoi effetti sulla secrezione insuli-nica. Le terminazioni nervose localizzate a livello dell’inte-stino, del circolo pre-epatico e del fegato esprimonorecettori per il GLP-1(50) e la stimolazione indotta dal-l’aumento locale di GLP-1 attivo potrebbero tradursiin segnali nervosi efferenti capaci di stimolare la se-crezione pancreatica di insulina(51). Il coinvolgimentodel sistema nervoso nel mediare gli effetti insulinotro-pi del GLP-1 è suggerito da un elegante esperimentodove gli effetti dell’infusione portale di GLP-1 nelratto venivano soppressi dalla co-somministrazione diun bloccante gangliare(52). Un elegante studio ha di-mostrato che, nel circolo portale, le concentrazioni diGLP-1 attivo che si raggiungono dopo somministra-zione orale di un DPP4-I o dopo somministrazionesottocutanea di un GLP-1 RA sono sostanzialmentele stesse. Dal momento che la somministrazione periferica diGLP-1 RA non inibisce la secrezione endogena del-l’ormone, la somministrazione combinata di GLP-1RA e di DPP4-I potrebbe, quindi, consentire di rad-doppiare le concentrazioni dell’ormone attivo a livel-lo del circolo portale. Se ammettiamo che, alle con-centrazioni portali di GLP-1 raggiungibili con la solasomministrazione di DPP4-I o GLP-1 RA, la stimo-lazione recettoriale rimanga sub-massimale, raddop-piare le concentrazioni portali dell’ormone attivo me-diante la simultanea somministrazione dei due prepa-rati potrebbe comportare un’efficacia ancora maggio-re, senza aumento degli effetti collaterali. Va comun-que ricordato che questo ragionamento è altamenteipotetico e ancora non verificato.

Messaggi chiave

• Dal punto di vista strettamente speculativo è ipo-tizzabile che la somministrazione combinata diagonisti del GLP-1 e DPP-4 inibitori nel tratta-mento del DMT2 potrebbe presentare dei van-taggi per:- aumento delle concentrazioni portali di GLP-1

e, di conseguenza, aumento dell’efficacia conminori (o uguali) effetti collaterali;

- possibili effetti su farmacocinetica degli agonistidel GLP-1 ad opera dei DPP-4 inibitori;

- eventuale aumento di GIP attivo che potrebbefavorire l’effetto incretinico protettivo sulla be-ta-cellula;

- possibili effetti additivi positivi sul sistema car-diovascolare se per gli inibitori della DPP-4 fos-sero confermate azioni sul vaso indipendentidalla stimolazione del recettore del GLP-1.

• Non sono disponibili studi che abbiano valutatoeventuali effetti clinici e/o effetti collaterali dellaassociazione GLP-1 agonisti e DPP-4 inibitori.

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

Possibili effetti su farmacocinetica di GLP-1 RAAlcuni GLP-1 R agonisti a emivita più lunga, comeliraglutide, rimangono substrati per la DPP-4, nono-stante il sito d’attacco dell’enzima sia mascherato dal-la struttura molecolare e il processo di degradazioneenzimatica proceda assai lentamente(53). Pertanto,bloccare la DPP-4 potrebbe determinare un ulterioreallungamento dell’emivita dell’analogo. Nonostantequesta base teorica, uno studio nell’animale ha dimo-strato che farmacocinetica e farmacodinamica di lira-glutide non sono alterate dalla contemporanea som-ministrazione di un DPP4-I. Pertanto, la possibilitàdi prolungare ulteriormente l’emivita dei GLP-1 RAattraverso l’utilizzo combinato con un DPP4-I nonsembra essere sostenuta dall’evidenza sperimentale(54).

Aumento di GIP attivoL’enzima DPP-4 non è specifico per GLP-1, ma mo-dula anche i processi di degradazione di molti altripeptidi (GLP-1, GLP-2, GIP, SDF-1α/β e sostanzaP). Pertanto, la sua inibizione può influenzare la persi-stenza in circolo di tutte queste sostanze. Di particola-re interesse è la persistenza di elevate concentrazioninon solo di GLP-1 ma anche di GIP. L’aumento dei li-velli di quest’ultima incretina non sembra essere ingrado di potenziare l’effetto insulinotropo dato che, adifferenza del GLP-1, nella condizione di alterata tol-leranza glucidica esisterebbe una resistenza all’effettoinsulinotropo del GIP piuttosto che un difetto di se-crezione(55). Rimane, comunque, da verificare se ilconcomitante aumento di GLP-1 e GIP possa svolgerealtre azioni come, ad esempio, un più spiccato effettoprotettivo sulla beta-cellula. Al di là di questi ipoteticieffetti può essere utile considerare altre azioni poten-zialmente meno favorevoli del GIP quali l’immagaz -zinamento di energia per azione diretta sul tessuto adi-poso e l’aumento della secrezione di glucagone(56).

Possibili effetti pleiotropici dell’inibizione del DPP-4 L’enzima DPP-4, come già ricordato, riconosce diver-si substrati fisiologici. Tra questi, l’enzima DPP-4 ca-tabolizza anche il fattore di derivazione stromale 1-al-fa (SDF-1 alfa), un modulatore del rilascio di celluleendoteliali progenitrici dal comparto midollare.Le cellule progenitrici endoteliali vasculoprotettive(EPC) sono ridotte nel DMT2. Recentemente, è sta-

to suggerito che l’inibizione DPP-4 possa favorire unaumento delle EPC circolanti in pazienti con DMT2associato a una concomitante up-regulation di SDF-1alfa. Questi dati preliminari suggeriscono che questoeffetto ancillare dell’inibizione del DPP-4 potrebbecontribuire a conferire una certa protezione cardiova-scolare(57). Peraltro, la delezione genetica o l’inibizionefarmacologica di DPP-4 non compromette la funzio-ne cardiovascolare. Al contrario, almeno per quantoriguarda il danno da infarto sperimentale, l’aumentodella disponibilità di GLP-1 conferisce una maggioreprotezione con riduzione dell’area infartuale(58). Se questi ipotetici meccanismi di protezione cardiova-scolare degli inibitori DPP-4 dovessero essere confer-mati, essi rappresenterebbero un altro elemento perun possibile impiego in associazione con GLP-1 RA.

INCRETINE PRIMA DELL’INSULINA.QUANTO PRIMA?

Nella storia naturale del DMT2 il difetto insulinico eil difetto incretinico sono associati ma non necessaria-mente correlati. Partendo da questo presupposto pa-togenetico è possibile formulare un’ipotesi fisiopato-logica secondo la quale le incretine sono in grado diripristinare la funzione beta- e alfa-cellulare.Nei pazienti con DMT2 la disfunzione beta-cellularesi manifesta con altre anomalie funzionali: il normalerilascio pulsatile dell’insulina è compromesso e i livel-li di proinsulina sono aumentati; la prima fase di ri-sposta insulinica è sostanzialmente assente e la secon-da fase è ritardata(59,60). Il Belfast Diet Study ha monitorato per 10 anni un’am-pia coorte di pazienti in controllo dietetico e tratta-

Messaggi chiave

• Le terapie incretiniche sono in grado di migliora-re, almeno temporaneamente, la secrezione di in-sulina e di glucagone.

• Studi clinici hanno evidenziato un miglioramen-to della funzione alfa- e beta-cellulare.

• Sulla base di queste evidenze è indicato un tratta-mento precoce, dal momento che, a breve distan-za dalla diagnosi, la funzione beta-cellulare si puòmodificare in modo più efficace.

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mento farmacologico, confermando che nel DMT2 lafunzione beta-cellulare, già inferiore al 50% al mo-mento della diagnosi, continua a diminuire con il pro-gredire della malattia nel tempo mentre sostanzial-mente invariato persiste il difetto di azione dell’insuli-na (insulino-resistenza)(61). Lo studio confermavaquanto già evidenziato nello studio UKPDS. Infatti,sulla scorta del declino lineare della funzione beta-cel-lulare osservato dopo l’inizio dello studio, i ricercatoriinglesi avevano ipotizzato che questo processo potesseavere inizio almeno10 anni prima della diagnosi dellamalattia e alla progressiva perdita di funzione venivaattribuita la continua perdita di controllo glicemico(62).Nei soggetti con DMT2, i difetti di secrezione insuli-nica sono associati ad un rilascio non controllato diglucagone che non recede neppure in risposta ad unpasto(2). Il malfunzionamento delle cellule beta- e al-fa- è già evidenziabile nella fase di prediabete con unasecrezione insulinica ritardata e una secrezione di glu-cagone non adeguatamente soppressa(63).Nei soggetti sani la risposta insulinica è maggiore do-po assunzione orale di glucosio rispetto a quanto in-ducibile da analoghi profili glicemici ottenuti con in-fusione endovenosa di glucosio. La differenza di se-crezione insulinica quantifica l’effetto di potenzia-mento imputabile al rilascio di incretine (effetto in-cretinico). Nel DMT2 questo effetto è inadeguato so-prattutto, anche se non esclusivamente, per un un di-fetto di secrezione di GLP-1. Analogamente a quantovisto per la secrezione insulinica, la riduzione della se-crezione di GLP-1 è osservabile già in soggetti con ri-dotta tolleranza glucidica tale da far ipotizzare, senzache se ne sia ottenuta conferma eziologica, che il di-fetto incretinico sia associato alla progressiva disfun-zione beta-cellulare(64).

Effetto delle terapie incretiniche sui difettipatogenetici del diabete di tipo 2L’infusione di GLP-1 in pazienti con DMT2 è in gra-do di ripristinare le risposte di insulina e glucagone inmaniera glucosio-dipendente e normalizzare i profiliglicemici(65). Analogamente la somministrazione del-l’analogo sintetico exenatide è in grado di ripristinarela prima fase della risposta insulinica in pazienti conDMT2(66) e di ridurre i livelli di glucosio a digiuno epost-prandiale. Il miglioramento dei profili glicemiciconsegue al ripristino di un fisiologico rapporto tra

secrezione di insulina e di glucagone con il contribu-to, nella fase post-prandiale, di un effetto di rallenta-mento dello svuotamento gastrico(67).Un aumento della prima e della seconda fase della se-crezione insulinica in risposta al glucosio e all’argini-na è stato osservato anche con la somministrazione diliraglutide(68). Questi miglioramenti della funzionebeta-cellulare persistono con il trattamento e sono in-dipendenti dal controllo glicemico. Infatti, quando èstato confrontato il trattamento cronico con exenati-de o insulina si è osservato, a parità di controllo glice-mico, un miglioramento della funzione beta-cellulareanche se questo effetto positivo è dimostrabile solo fi-no a che il trattamento viene mantenuto(69). La misu-ra della funzione insulinica dopo solo 2-3 settimanedi interruzione di un trattamento con exenatide delladurata di 3 anni risultava invariata rispetto al pre-trat-tamento se si esclude un modesto migliormento deldisposition index, cioè della funzione beta-cellulare ag-giustata per il prevalente grado di sensibilità insulini-ca(70). Dibattuto è se questa modesta variazione possaessere interpretata come una modificazione della sto-ria naturale della malattia.Una via alternativa per aumentare la disponibilità diGLP-1 nell’organismo è quella di inibire l’enzimaDPP-4 deputato al rapido clivaggio dell’ormone. Il trattamento in acuto con sitagliptina comporta, giàcon la prima somministrazione, un’inibizione ≥80%dell’attività della DPP-4, con conseguente aumentodelle concentrazioni attive di GLP-1 e GIP(71). Risul-tati analoghi sono stati confermati con altri DPP4-I;la monosomministrazione di vildagliptina ha deter-minato un significativo aumento delle concentrazionicircolanti di GLP-1 attivo, che si associa ad aumentodella secrezione di insulina, riduzione della secrezionedi glucagone e soppressione della produzione endoge-na di glucosio(72). Successivi trial clinici hanno confer-mato l’efficacia del trattamento con DPP4-I(73), anchese ancora limitati sono gli studi a lungo termine.Uno studio di confronto a due anni tra vildagliptina eglimepiride, in aggiunta a terapia con metformina, hadimostrato che i due trattamenti sono sovrapponibiliin termini di efficacia ipoglicemizzante; tuttavia, la te-rapia con vildagliptina migliorava la funzione alfa-cel-lulare post-prandiale(74). Il beneficio ottenuto dal trat-tamento con vildagliptina sulla funzione beta-cellula-re si esauriva, peraltro, dopo 4 settimane di washout

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

del farmaco, per essere recuperata una volta ripristina-to il trattamento, a dimostrazione che la durata del-l’effetto farmacologico permane fino a che il farmacoviene somministrato(75).Queste osservazioni sembrano essere in contrasto conquelle di studi condotti in modelli animali che hannodimostrato come il GLP-1, i GLP-1 RA e DPP4-I ri-ducano l’iperglicemia e siano in grado di aumentarela massa beta-cellulare attraverso meccanismi che im-plicano, a seconda dei casi, l’inibizione dell’apoptosio la stimolazione della neogenesi(76-80). Tuttavia, a cau-sa delle differenze tra turnover beta-cellulare umano emurino, è necessaria cautela nel trasferire questi risul-tati alla realtà clinica(81).In conclusione, le terapie con GLP-1 RA e DPP4-Imigliorano il difetto della funzione beta- e alfa-cellu-lare, sia in acuto che in cronico. Tuttavia la persisten-za di questi effetti si limita al periodo di somministra-zione del farmaco per esaurirsi rapidamente con lasua sospensione. Per questi motivi, l’effetto sulla pos-sibile espansione della massa beta-cellulare, evidentenell’animale, non è ancora supportato da simili evi-denze nell’uomo.

Efficacia e timing delle terapie incretiniche: i dati dei trial cliniciI GLP-1 RA sono caratterizzati da un efficace miglio-ramento del controllo glicemico e da un favorevoleeffetto sul peso corporeo. Attualmente sono disponi-bili exenatide (somministrata due volte al giorno) e li-raglutide (una somministrazione al dì). Quest’ultimasembrerebbe associarsi a un migliore profilo di tolle-rabilità gastro-intestinale. Recentemente l’EMA haapprovato la formulazione a lento rilascio (una som-ministrazione la settimana) di exenatide. I dati dispo-nibili suggeriscono un’efficacia anche maggiore ri-spetto alla doppia somministrazione quotidiana del-l’analogo. Studi clinici controllati hanno fornito leevidenze dell’efficacia dei DPP4-I (sitagliptina, vilda-gliptina, saxagliptina e più recentemente linagliptina)a fronte di un effetto sostanzialmente neutro sul pesocorporeo e in assenza di effetti gastro-intestinali. Levarie molecole della classe si differenziano per assorbi-mento, distribuzione, metabolismo, eliminazione,potenza e durata d’azione, ma sembrerebbero averetutte efficacia simile in termini di inibizione enzima-tica e di azione ipoglicemizzante. La differenza forse

più appariscente riguarda la linagliptina che, a diffe-renza degli altri inibitori disponibili, non ha escrezio-ne renale e come tale non richiederebbe aggiustamen-ti posologici in caso di declino della funzione renale(30-60 ml/min GFR). L'esperienza clinica a lungotermine sarà necessaria per valutare se le varie caratte-ristiche correlate alle molecole possano determinaredifferenze clinicamente rilevanti(82). L’efficacia deglianaloghi e degli inibitori è stata comprovata anche inassociazione ai classici antidiabetici orali sottolinean-done il basso rischio di ipoglicemia almeno fino a chenon impiegati in combinazione con sulfoniluree(83-84).L’efficacia, il profilo di sicurezza, l’effetto sul peso cor-poreo e l’aspettativa, per quanto ancora non dimo-strata in vivo nell’uomo, di un potenziale effetto diprotezione della funzione beta-cellulare tendono asuggerire l’impiego di questi farmaci in una fase pre-coce della malattia e comunque prima dell’instaurarsidi un trattamento insulinico.In quest’ottica le Linee Guida SID-AMD così comequelle internazionali suggeriscono l’impiego di questifarmaci come seconda linea in soggetti con fallimentoalla terapia dietetica e con metformina, salvo impie-gare questi farmaci (soprattutto gli inibitori DPP-4)in caso d’intolleranza o controindicazione all’uso del-la stessa metformina(10).

INCRETINE AL POSTO E/O DOPO LA TERAPIA INSULINICA?

Messaggi chiave

• Sono disponibili studi che hanno paragonato iltrattamento con GLP-1 RA vs analoghi dell’insu-lina, ma non vs insulina basal bolus.

• In soggetti con relativa breve durata di malattia ediscreto controllo glicemico di partenza, GLP-1RA e insulina (glargine o bifasica) hanno dimo-strato efficacia comparabile; GLP-1 RA assicura-no minori ipoglicemie e hanno un effetto positi-vo sul peso.

• Exenatide a lunga durata d’azione o liraglutidesono paragonabili all’insulina basale o premisce-lata per efficacia, sicurezza e tollerabilità, in pa-zienti obesi, con durata della malattia <8 anni eHbA1c <8,5%.

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

La possibilità di utilizzare la terapia con incretine insostituzione a quella insulinica è stata valutata in al-cuni studi clinici che hanno confrontato efficacia,sicurezza e tollerabilità in pazienti con DMT2 intrattamento con GLP-1 RA o insulina. Non sonoinvece disponibili studi di confronto tra insulina eDPP4-I.

Incretine vs insulina glargineUno studio cross-over che ha confrontato l’effetto deltrattamento con exenatide o insulina glargine per 16settimane, ha dimostrato che entrambi i farmaci ga-rantivano un significativo miglioramento dellaHbA1c. La differenza risiedeva, invece, nel peso cor-poreo che diminuiva con exenatide, mentre aumen-tava con insulina glargine. Exenatide si associava,inoltre, a un minore rischio di ipoglicemie(85). Uno studio della durata di 26 settimane, condotto su551 soggetti, ha confermato gli effetti di exenatide suriduzione di HbA1c e peso corporeo e numero diipoglicemie, soprattutto notturne. Tuttavia, nelgruppo exenatide è stata osservata una maggiore fre-quenza di effetti collaterali gastrointestinali (nausea evomito)(85). In un altro studio si osservava come afronte di una simile riduzione di HbA1c, l’uso di in-sulina glargine determinasse un effetto più marcatosulla glicemia a digiuno, mentre exenatide esercitavaun’azione più evidente sulla glicemia post-prandiale.Il diverso effetto sul peso corporeo si manifestava ra-pidamente con i due trattamenti con una divarica-zione già dopo le prime 4 settimane e con una diffe-renza complessiva a fine trattamento di circa 6 kg(86).Questi risultati sono stati confermati da un’analisipost-hoc che ha suggerito l’utilizzo di exenatide come

opzione per il trattamento di soggetti DMT2 nonprecedentemente trattati con insulina, in sovrappe-so(87).Un motivo di scelta a favore di exenatide rispetto altrattamento con insulina potrebbe essere il suppostoeffetto protettivo sulla funzione beta-cellulare. Come già ricordato, il trattamento a 3 anni con exe-natide migliora significativamente la funzione beta-cellulare rispetto al trattamento con insulina glarginema questo effetto si mantiene nella misura in cui sicontinua il trattamento, dato che alla sospensionedella terapia con GLP-1 RA detto miglioramentonon persiste(70).

Incretine vs insulina pre-miscelataÈ stata riportata una migliore efficacia del trattamen-to con due dosi di insulina premiscelata rispetto aquello con exenatide in soggetti con elevati valori ba-sali di emoglobina glicata. Peraltro, la coorte di que-sto studio comprendeva soggetti in pessimo control-lo glicemico (HbA1c 10,2%) e con lunga durata dimalattia (9 anni), che potrebbe far pensare a pazientiin una fase avanzata della malattia con insufficientefunzione beta-cellulare. In ogni caso, il gruppo intrattamento con insulina presentava un maggior nu-mero di eventi ipoglicemici minori e un maggiore in-cremento del peso corporeo ma meno disturbi ga-strointestinali(88). I dati di efficacia di questo studionon sono stati confermati da un altro studio, che haconfrontato exenatide e insulina bifasica aspart. Inquesto caso è stata dimostrata la non-inferiorità diexenatide rispetto all’insulina bifasica per quanto ri-guarda il controllo glicemico. Ancora una volta nelgruppo exenatide si registrava un calo ponderale euna minore frequenza di ipoglicemie. Di contro, unnumero maggiore di pazienti interrompeva il tratta-mento con exenatide probabilmente a causa degli ef-fetti collaterali(89).Il controllo glicemico era addirittura migliore rispet-to ad insulina glargine nell’unico studio nel quale èstata impiegata exenatide a lento rilascio(90). I risulta-ti di confronto tra insulina e liraglutide sostanzial-mente confermano quanto sopra: miglioramento delcontrollo glicemico e del peso corporeo rispetto a in-sulina glargine(91).Sulla scorta di queste osservazioni appare giustificatoaffermare che la scelta di un trattamento con GLP-1

• L’associazione di DPP4-I con insulina offre qual-che vantaggio rispetto al placebo, ma non è stataconfrontata con altri farmaci ipoglicemizzantiorali (ad es. metformina).

• Sono necessari studi a lungo termine per valutarein maniera esaustiva l’effetto delle incretine in so-stituzione e/o dopo la terapia insulinica nelDMT2.

• Attualmente la sostituzione della preesistente te-rapia insulinica con GLP-1 RA non è supportatada studi clinici.

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

RA o insulina deve tenere conto dei valori iniziali diemoglobina glicata, della durata di malattia (e quindidella riserva pancreatica residua) e del peso corporeo. È utile, per meglio interpretare i risultati di confron-to, ricordare che quasi tutti gli studi eseguiti hannoselezionato soggetti con valori di emoglobina glicatanon eccessivamente elevati (valore medio 8,5%),francamente obesi (valore medio BMI=34) e con du-rata di malattia non particolarmente lunga (5-9 anni)(Tab. 3).Alla luce di queste evidenze, è possibile concludereche exenatide e liraglutide possono assicurare risultatianaloghi, ma non superiori, all’insulina in termini dicontrollo glicemico a fronte, peraltro, di un effetto fa-vorevole sul peso ed un minore rischio di ipoglicemiesoprattutto notturne e severe. Potrebbe essere più conveniente considerare la terapiacon GLP-1 RA in soggetti con durata di malattia piùbreve, con valori di HbA1c non particolarmente ele-vati e a rischio di ipoglicemia severa. Infatti, in questeparticolari tipologie di soggetti, è stato dimostratoche l’approccio terapeutico con GLP-1 RA, rispettoalla terapia insulinica, determina meno eventi ipogli-cemici e minore incremento del peso corporeo. Queste osservazioni si basano, però, su studi relativa-mente brevi non essendo, al momento, disponibilistudi a lungo termine (4-5 anni).

ESISTE UN RAZIONALE PER AGGIUNGEREDPP-4 INIBITORI ALLA PREESISTENTETERAPIA INSULINICA?

Le evidenze cliniche disponibili sull’associazione diDPP4-I con insulina provengono dai pochi studi chehanno valutato gli effetti dell’aggiunta di DPP4-I allapreesistente terapia insulinica sul controllo metaboli-co, sul rischio di ipoglicemia, sull’aumento di peso esulla dose di insulina; tali studi sono stati condotti suun limitato numero di pazienti utilizzando come con-

Messaggi chiave

• L’impiego dei DPP-4 inibitori, grazie agli effettisulle cellule alfa e beta pancreatiche e all’azioneintra-portale del GLP-1, potrebbe migliorare ilcontrollo glicemico in diabetici insulino-trattati.

• I trial clinici (DPP4-I vs placebo in aggiunta allaterapia insulinica) mostrano una modesta ridu-zione dell’emoglobina glicata e una neutralità sulpeso corporeo, senza aumento degli episodi ipo-glicemici.

• Questi studi sono stati condotti su un limitatonumero di pazienti utilizzando come confrontoplacebo.

Tabella 3Caratteristiche dei pazienti arruolati negli studi di confronto tra incretine e insulina

HbA1c basale (%) BMI basale Durata del diabete (anni)

Barnett(85) 8,9 31,1 7,4

Bunck(69) 7,5 31 5,0

Davies(86) 8,5 34 8,5

Diamant(90) 8,3 32 7,9

Russell-Jones(91) 8,3 31 9

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INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

fronto placebo. L’aggiunta di vildagliptina al preesistente trattamentoinsulinico ha determinato, rispetto all’aggiunta diplacebo, una modesta ma significativa diminuzionedella emoglobina glicata (HbA1c: -0,3%; p<0,05).Piuttosto interessante è stata la riduzione, in questipazienti, del rischio di ipoglicemia severa(92), confer-mato nella estensione dello studio(93). Un altro studio ha valutato efficacia e sicurezza di alo-gliptina (ancora non disponibile) in aggiunta alla te-rapia insulinica in pazienti con DMT2 con o senzaconcomitante uso di metformina dimostrando comeil DPP4-I fosse in grado di migliorare, in modo mo-desto ma significativo, il controllo glicemico senzaprovocare incremento di peso corporeo e rischio diipoglicemie(94). Analoghi risultati sono stati ottenuti in uno studiodella durata di 24 settimane con l’aggiunta di sita-gliptina ad una terapia insulinica a dose fissa (con osenza metformina) con una riduzione di 0,6% puntipercentuali di HbA1c. A differenza dei precedenti,però, in questo caso si registrava una maggiore inci-denza di ipoglicemie (16% vs 8%)(95). Pertanto,l’effetto di un’ipotetica protezione dalle ipoglicemie,speculativamente attribuita a una più fisiologica re-golazione della secrezione di glucagone, riscontratanello studio di associazione insulina-vildagliptina ri-mane da verificare. Altre ipotesi possono essere prese in considerazione.Studi sperimentali hanno fatto ipotizzarre che l’azio -ne del GLP-1 non sia esclusivamente dovuta ad unaattività endocrina ma che le concentrazioni di GLP-1portali possano contribuire agli effetti metabolici. Lasomministrazione in vena porta di un antagonista delrecettore del GLP-1 comporta un peggioramento delmetabolismo glucidico; al contrario, quando l’anta -gonista era iniettato nel circolo sistemico, esso nondeterminava alcun effetto. Lo studio fornisce eviden-za che recettori per il GLP-1 a livello dei neuroni af-ferenti viscerali del circolo entero-epatico sono in gra-do di regolare la tolleranza al glucosio(51).L’importanza delle concentrazioni portali di GLP-1 èstata confermata in un altro modello sperimentalemurino nel quale, in seguito a delezione genica delrecettore del GLP-1, è stato riscontrato un peggiora-mento dell’omeostasi del glucosio, mentre la delezio-ne del recettore del glucagone ha determinato au-

mentati livelli di GLP-1 e un miglioramento del-l’omeostasi glucidica(96).In conclusione, sono delineabili premesse fisiopatolo-giche a favore di un’azione di GLP-1 e GIP a livelloportale e comunque di azioni indipendenti dall’effet-to di stimolazione sulla beta-cellula offrendo la possi-bilità di un’azione sinergica con la stessa terapia insu-linica. Per quanto affascinante, questa ipotesi nontrova ancora chiare dimostrazioni ed implicazioni cli-niche. Pertanto, sono necessari ulteriori studi primache l’utilizzo di DPP4-I in aggiunta alla terapia insu-linica possa essere proposto nei soggetti con DMT2per migliorare il controllo metabolico.

ESISTE UN RAZIONALE PER AGGIUNGEREGLP-1 R AGONISTI ALLA PREESISTENTETERAPIA INSULINICA?

Le evidenze scientifiche a supporto dell’associazionedi GLP-1 RA a una preesistente terapia insulinica so-no limitate a studi retrospettivi od osservazionali. In un editoriale apparso su Diabetes Care alcuni anniorsono(97), fortemente critico nei confronti di unostudio di sostituzione dell’insulina basale con exenati-de in pazienti con DMT2 in terapia combinata insu-lina+ipoglicemizzanti orali(98), veniva chiaramente in-dicato il razionale alla base dell’aggiunta, piuttostoche della sostituzione, di GLP-1 RA all’insulina. Inparticolare, si suggeriva che la combinazione di insu-

Messaggi chiave

• Il razionale per l’aggiunta di GLP-1 RA alla preesi-stente terapia insulinica, specie se insulina basale,è rappresentato dal diverso meccanismo di azionedelle 2 categorie di farmaci.

• In studi osservazionali e in uno studio clinicocontrollato l’aggiunta di GLP-1 RA al preesisten-te trattamento con insulina si è associato a:- riduzione del peso corporeo;- riduzione della dose di insulina;- modesta/nessuna riduzione della HbA1c e del

rischio di ipoglicemia;- aumento degli effetti collaterali.

• Non sono disponibili studi di confronto vs ag-giunta di altri farmaci né valutazioni di ordinefarmacoeconomico.

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lina basale, in grado di controllare la glicemia a digiu-no, e di GLP-1 RA, efficace soprattutto sulla glicemiapost-prandiale, potesse rappresentare una strategiacorretta di trattamento dell’iperglicemia nel DMT2pur se da validare con appositi studi clinici controlla-ti(97). In Letteratura sono apparse numerose segnala-zioni relative a tale associazione, anche se quasi tuttedi tipo retrospettivo od osservazionale e solo di recen-te è stato pubblicato un ampio studio clinico control-lato su questo argomento. Nonostante i limiti intrinseci di questo tipo di inda-gini, tre studi retrospettivi concordemente hanno do-cumentato che l’associazione di exenatide con insuli-na: 1) comporta una consistente riduzione del pesocorporeo; 2) riduce l’emoglobina glicata in manierapiù o meno evidente; 3) è efficace anche su altri para-metri metabolici; 4) riduce il dosaggio di insulina (so-prattutto insulina rapida). Per quanto riguarda la tollerabilità, nel primo di que-sti studi, condotto su 52 soggetti con follow-up mediodi 25 settimane, 14 soggetti (27%) hanno interrottoil trattamento con GLP-1 RA per insorgenza di effet-ti collaterali(99). Anche nel secondo studio, su 134 pa-zienti con follow-up di un anno, un elevato numero disoggetti (36%) ha interrotto il farmaco incretinico,soprattutto a causa degli effetti collaterali gastrointe-stinali(100). Invece, nel terzo e più ampio studio, con-dotto su 268 pazienti con un follow-up fino a 2 anni,solo 38 soggetti hanno interrotto precocemente iltrattamento a causa degli effetti collaterali(101).Uno studio di coorte prospettico, condotto su 174pazienti obesi con DMT2, trattati con insulina in va-ri schemi e metformina, ha osservato che l’aggiunta diexenatide si associava, dopo 1 anno di trattamento,ad una perdita di quasi 13 kg di peso e ad una drasti-ca riduzione della dose giornaliera di insulina (da 144a 55 U in media), con piccole variazioni dellaHbA1c. Solo 13 pazienti dovevano interrompere iltrattamento per effetti collaterali(102) (Tab. 4).Ancora più limitate sono le esperienze cliniche pro-spettiche e controllate. Uno studio di breve durata (4settimane), condotto su 48 soggetti con DMT2, havalutato l’effetto dell’aggiunta di exenatide o sitaglip-tina al preesistente trattamento con insulina glarginee metformina dimostrando che, rispetto al placebo,tale aggiunta riduceva significativamente le escursioniglicemiche post-prandiali. La valutazione dell’area

sotto la curva dopo una colazione standard mostravauna riduzione maggiore, seppur non significativa,dell’escursione glicemica con exenatide rispetto al-l’inibitore DPP-4. È opportuno evidenziare che inquesto studio l’età media e la durata media di malat-tia erano relativamente basse e, di proposito, sono sta-ti selezionati soggetti obesi o in sovrappeso, con valo-ri di emoglobina glicata basali di circa 8%(103). L’unico studio clinico controllato di ampie dimensio-ni (261 pazienti) e di sufficiente durata (30 settima-ne), pubblicato di recente, ha dimostrato che l’ag -giunta di due iniezioni/die di exenatide, in soggetticon diabete non controllato mediante insulina glargi-ne (in associazione a metformina o glitazone), com-portava un miglioramento del controllo glicemicosenza aumentare gli eventi ipoglicemici o il peso cor-poreo. L’emoglobina glicata si riduceva in maniera si-gnificativa rispetto al basale (-1,74% con exenatide e-1,04% con placebo) a fronte di un comportamentoopposto del peso corporeo: -1,8 kg con exenatide e +1kg con placebo (differenza tra i due gruppi: -2,7 kg).Come atteso, nel gruppo exenatide sono stati segnala-ti più episodi di nausea, diarrea, vomito, mal di testae costipazione(104) (Fig. 4).Per quanto riguarda l’altro GLP-1 RA attualmente incommercio, la liraglutide, l’unico dato disponibile èuno studio di farmacocinetica e farmacodinamica con-dotto in soggetti con DMT2, che ha dimostrato comela somministrazione combinata di insulina detemircon liraglutide non influenzi la farmacocinetica deidue farmaci e le cui conclusioni sono che l’ag giunta diinsulina detemir in soggetti in trattamento con liraglu-tide non necessita di algoritmi di titolazione differentida quelli utilizzati per l’aggiunta di insulina agli ipogli-cemizzanti orali. Inoltre, i dati di farmacodinamicahanno confermato l’esistenza di un razionale farmaco-logico a supporto della co-somministrazione dei duefarmaci; tale associazione è ben tollerata e determinaun effetto ipoglicemizzante additivo rispetto ai singolifarmaci utilizzati in mono-somministrazione(105).In conclusione il razionale per la co-somministrazio-ne di GLP-1 RA e insulina è sostenuto dai vantaggiclinici di tale associazione (minor incremento ponde-rale e minor fabbisogno insulinico), ben documentatinegli studi osservazionali e confermati nei pochi studicontrollati disponibili. Non sembrano invece esservievidenti differenze sul piano del controllo metabolico

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o del rischio ipoglicemico, mentre sono confermati iben noti effetti collaterali legati all’uso di GLP-1 RA.Va infine sottolineato come, nell’unico studio clinicocontrollato di adeguate dimensioni ad oggi disponibi-le, il confronto sia stato condotto con il placebo e noncon un trattamento attivo. Ovviamente, un giudiziofinale deve anche tenere conto di valutazioni econo-mico-finanziarie.

Sulla base delle evidenze disponibili, il trattamentocon GLP-1 RA potrebbe rappresentare una nuova op-zione terapeutica in soggetti con DMT2 già in terapiacon insulina basale e metformina, prima di procederecon l’intensificazione della terapia insulinica. Essopotrebbe essere in particolare indicato nei pazienticon marcato sovrappeso/obesità, con valori di HbA1cnon eccessivamente elevati e con prevalente iperglice-

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Tabella 4Effetti dell’aggiunta di exenatide alla terapia insulinica sui parametri clinici e biochimici in pazienti con DMT2

(Mod. da: Nayak UA, et al. QJM, 2010)(102)

Baseline 3 mesi 6 mesi P Baseline 12 mesi P

N. 160 160 160 57 57

% interruzione exenatide 8 (5%) 4 (7%)dopo 3 mesi

BMI (kg/m2) 43,2±6,7 40,3±6,5 39,7±6,4 <0,001 43,7±6,9 39,3±6,7 <0,001

Peso (kg) 121,8±20,1 113,9±20,1 111,6±21 <0,001 125,2±18,4 112,4±17,9 <0,001

Variazione di peso (kg) -7,6±3,8 -10,7±5,7 <0,001 -12,8±7,5 <0,001Intervallo variazione (IC) +1,4 a -20,2 +4,5 a -25,8 0 a -29,4

Pressione Arteriosa 141±19 136±22 136±22 <0,02 144±16 135±21 <0,01sistolica (mmHg)

Pressione Arteriosa 73±13 74±11 76±13 0,067 72±12 76±9 <0,05diastolica (mmHg)

Colesterolo totale 167,7±1,0 159,9±1,1 163,8±1,1 0,94 159,9±1,0 167,7±1,1 0,11(mg/dl)

HbA1c (%) 8,8±1,7 8,4±1,8 8,6±1,9 0,19 9,2±2,0 9,1±2,0 0,74

Fruttosamina (mg/dl) 296±56 291±67 298±73 0,72 315±65 328±66 0,16

Utilizzo di metformina 137 (86%) 145 (90%) 145 (90%) 48 (84%) 50 (88%)

N. somministrazionidi insulina/die

0 0 (0%) 39 (25%) 38 (24%) <0,001 0 (0)% 14 (25%) <0,01

1 7 (4%) 58 (36%) 3 (5%) 20 (35%)

2 116 (73%) 59 (37%) 37 (65%) 21 (37%)

>2 37 (23%) 5 (3%) 17 (30%) 2 (3%)

Dose di insulina 144±90 51±53 51±55 <0,001 159±99 55±53 <0,001in tutti i pazienti(unità/die)

Dose di insulina nei 162±90 66±52 67±53 <0,001 186±97 72±50 <0,001pazienti utilizzatoricostanti di insulina (unità/die)

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mia post-prandiale, ma sono necessari più ampi studiclinici e una corretta valutazione del rapporto costo/benefici, anche nei confronti delle terapie in atto di-sponibili.

ESISTE UN RAZIONALE PER L’USO DELLEINCRETINE NEL DIABETE TIPO 1?

Le esperienze relative all’associazione del trattamentocon incretine alla terapia insulinica sostituiva del dia-bete mellito tipo 1 (DMT1) rimangono aneddotiche.Un’iniziale osservazione aveva utilizzato la sommini-strazione di exendina-4 in soggetti con DMT1 15 mi-nuti prima del pasto per dimostrare una migliore tol-leranza glucidica largamente spiegata dal rallentamen-to dello svuotamento gastrico(106). Recente è la pubbli-cazione di uno studio che ha coinvolto 14 soggetticon DMT1 in buon controllo glicemico ai quali veni-va aggiunta liraglutide per una settimana(107). Il moni-toraggio continuo della glicemia in questi soggetti evi-denziava una riduzione delle oscillazioni glicemichegiornaliere con una concomitante riduzione del fabbi-sogno insulinico. Queste osservazioni confermanoquanto già riportato in 8 pazienti con DMT1 in etàpediatrica. In questo piccolo studio randomizzato indoppio cieco, l’aggiunta di exenatide comportava unariduzione delle glicemie post-prandiali nonostante lacontemporanea riduzione delle dosi di insulina. Epi-sodici report suggeriscono anche una certa efficacia esicurezza dell’associazione alla terapia insulinica di ini-bitori DPP-4(108).Al miglioramento della glicemia post-prandiale po-trebbe concorrere anche la riduzione dei livelli di glu-

INCRETINE E INSULINA NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 2

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Figura 4. Effetti dell’aggiunta di exenatide alla preesistente terapia con insulina glargine sui livelli di HbA1c.(Mod. da: Buse JB. Ann Intern Med, 2011)(104)

Δ H

bA1c

(%)

Settimane

-2,5

-2,0

-1,5

-1,0

-0,5

0,0

0 10 20 30

* p<0,001

Insulina glargine + placebo

Insulina glargine + exenatide

* *

Messaggi chiave

• Nel DMT1, il glucagone è il principale meccani-smo di accelerazione della chetogenesi e di difesadall’ipoglicemia.

• Nel DMT1, il GLP-1 potrebbe ridurre le fluttua-zioni glicemiche e il fabbisogno insulinico per ef-fetto di:- inibizione della secrezione di glucagone post-

prandiale- rallentamento dello svuotamento gastrico

• Gli effetti di stimolazione della neogenesi e del-l’inibizione dell’apoptosi beta-cellulare hanno sug-gerito un potenziale impiego di questi farmaci do-po trapianto di isole pancreatiche. Gli studi dispo-nibili hanno fornito, comunque, risultati incerti.

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cagone. L’effetto del GLP-1 sulla secrezione del gluca-gone durante iperglicemia è stato studiato sia in sog-getti con DMT2 sia con DMT1; in soggetti conDMT1 l’inappropriata risposta di glucagone in segui-to alla somministrazione orale di glucosio ha permes-so di attribuire un ruolo importante al tratto gastroin-testinale e al GLP-1(109). Risultati simili sono stati osservati con l’aggiunta divildagliptina(110). Tuttavia, non è stato chiaro se neipazienti con DMT1 l’effetto del GLP-1 sul glucagonesi manifesti mediante un’azione diretta sull’alfa-cellu-la o piuttosto con un’azione indiretta mediante sti-molazione della secrezione residua di insulina. Uno studio sperimentale nel topo ha permesso di di-mostrare che il GLP-1 può inibire la secrezione diglucagone in assenza di insulina, e che tale effetto èmediato dalla somatostatina; infatti, l’inibizione delrecettore della somatostatina annulla l’effetto inibito-rio del GLP-1 sul glucagone(111).Questo fa pensare che, oltre ad un indubbio effettoindiretto mediato dalla stimolata secrezione insulinica(intra-islet hypothesis) nel DMT2, la soppressione delglucagone da parte del GLP-1 nativo e mimetici, siaanche diretto per azione sull’alfa-cellula. L’azione del-le incretine sulla risposta del glucagone potrebbe ave-re interessanti implicazioni per quanto riguarda la di-fesa contro-insulare all’ipoglicemia. Nel soggetto sanoil glucagone rappresenta la prima e più importante ri-sposta contro-regolatoria all’ipoglicemia. Al contra-rio, nei soggetti con DMT1 tale risposta è ridotta, di-venta progressivamente deficiente fino alla completaassenza in relazione alla durata di malattia e all’esau-rirsi della funzione beta-cellulare sempre in base al-l’intra-islet hypothesis. È stato dimostrato che la ridotta secrezione alfa-cellu-lare di glucagone è il meccanismo principale del ritar-dato ripristino di normali livelli di glucosio dopo ipo-glicemia in soggetti con DMT1. È quindi importanteche nel prossimo futuro studi ad hoc dimostrino chele incretine non deprimono ulterioremente la rispostadi glucagone all’ipoglicemia nel DMT1 mentre util-mente sopprimono la risposta di glucagone al pasto.A questo proposito, almeno nel soggetto normale, lasomministrazione di exenatide si associa a una nor-male risposta contro-regolatoria all’ipoglicemia insu-lino-indotta(112).Alla luce di queste considerazioni preliminari e in at-

tesa di studi più numerosi, con numerosità soggetti edurata adeguata, il potenziale impiego delle incretinenel trattamento del DMT1 potrebbe essere propostoper limitare soprattutto le escursioni glicemiche post-prandiali, sia attraverso la soppressione della secrezio-ne del glucagone, sia mediante il rallentamento dellosvuotamento gastrico. Le incretine potrebbero inoltre consentire una ridu-zione del fabbisogno di insulina e, forse, ridurre il ri-schio di ipoglicemia. Questo sarebbe un traguardoimportante per il DMT1. In conclusione, una componente importante degli ef-fetti delle terapie con GLP-1 sulla glicemia può essereattribuita all’azione sulla secrezione di glucagone (ef-fetto glucagonostatico) e questo effetto sembra pre-scindere dalla presenza di insulina endogena e si man-tiene quindi nel DMT1. Rimane da dimostrare che anche nel DMT1, comenel DMT2 trattato con DPP4-I(113), il GLP-1 esplichiun effetto glucosio-dipendente sull’alfa-cellula deter-minando soppressione di glucagone in condizioni diiperglicemia ed un suo aumento in condizioni di ipo-glicemia. La dimostrazione di un beneficio sul rischioipoglicemia, o almeno di un non aumentato rischio,sarà cruciale per la sicurezza di un futuro, possibileimpiego di incretine/inibitori DPP-4 nel DMT1 nelquale il rischio ipoglicemia/ipoglicemia grave è unaben nota e problematica realtà, specie in corso di tera-pia intensiva.Una serie di eleganti e raffinati studi pre-clinici hamostrato come le incretine possano proteggere le be-ta-cellule e promuoverne la rigenerazione. Fisiologica-mente, il GLP-1 esercita effetti trofici sulle beta-cellu-le(114) e stimola la proliferazione beta-cellulare(77,78) eriduce l’apoptosi. Inoltre, il GLP-1 migliora la diffe-renziazione beta-cellulare a partire da cellule progeni-trici nell’epitelio pancreatico(115). Queste caratteristi-che hanno portato alla valutazione delle incretine alfine di migliorare gli outcome del trapianto di isole dipancreas con risultati ancora iniziali e certamente nonconclusivi e fatto ipotizzare un uso precoce della ma-lattia al fine di osteggiare la perdita di beta-cellule. Atal fine sono in corso alcuni studi che dovrebberoconsentire di dimostrare se il trattamento con increti-ne, in fase molto precoce, possa preservare la massabeta-cellulare e soprattutto prolungare il periodo diremissione.

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Coordinamento Organizzativo

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Questo Documento è stato possibile grazie ad un contributo incondizionato di: Alleanza Boehringer-Lilly per il Diabete, Alliance Bristol-Myers Squibb-Astra Zeneca,

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