IN Magazine Forlì 05/2013

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n. 27 - E 3,00 Stefano Bordiglioni Il giocoliere delle parole Olivia Foschi Il jazz nel sangue Pane Il cibo della salute Forlì ® www.inmagazine.it Anno XVI - N. 5 - DICEMBRE - GENNAIO 2013/2014 La forza della Coppia Adriana Spazzoli e Giorgio Squinzi

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Anno XVI - N. 5 - DICEMBRE - GENNAIO 2013/2014

La forza dellaCoppia

Adriana Spazzoli e Giorgio Squinzi

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| EDITORIALE di Andrea Masotti |

Sommario

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.

Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì tel. 0543.798463 - fax 0543.774044

[email protected]

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte.

4 Annotare Brevi IN12 Essere Adriana Spazzoli e Giorgio Squinzi20 Scrivere Stefano Bordiglioni24 Celebrare Monsignor Dino Zattini28 Cantare Olivia Foschi33 Esporre Caro CastroCaro36 Visitare Antichi mulini42 Mangiare Pane

46 Ammirare

Vivere a Forum Livii50 Dirigere

Linda Kniffitz52 Abitare

Rustico in montagna59 Divertirsi

Socjale di Piangipane62 Creare

Alberto Dassasso64 Disegnare

Gianluca Costantini66 Viaggiare

52 domeniche con i bambini

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Una coppia vincente nella vita e professionalmente sorride dalla co-pertina di questo numero: Giorgio Squinzi, AD di Mapei e presidente di Confindustria, e Adriana Spazzoli, cresciuta a Forlì, responsabile mar-keting e comunicazione di Mapei e sua moglie dal 1970. Giochiamo poi con le parole insieme a Stefano Bor-diglioni, mentre a seguire don Zatti-ni racconta i suoi cinquant’anni da sacerdote. Arte e bellezza ci accom-pagnano con il jazz di Olivia Foschi, sangue forlivese trapiantato a New York, e la mostra Caro CastroCaro che incrocia liberty e contempora-neità. Ci troviamo poi sull’Appenni-no romagnolo con mulini antichi,

dove si evoca il profumo del pane. E proprio un fornaio recupera la tra-dizione della panificazione. Brillano le tessere del mosaico che uniscono Forlì a Ravenna nel restauro dei pa-vimenti di una villa romana, mentre Linda Kniffitz, direttrice del Cidm, racconta il mosaico contemporaneo. Dettagli caldi e invernali per la casa sull’Appennino e cultura unita a musica e buona tavola nella storia dello storico Teatro Socjale di Pian-gipane. Lampi di modernità quelli di Alberto Dassasso, con i suoi pezzi di design di recupero, e di Gianluca Costantini, artista del fumetto. Chiu-diamo con tante mete per viaggiare in famiglia scoprendo al Romagna.

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN)

Direttore Responsabile:

Andrea Masotti

Redazione centrale:

Roberta Brunazzi, Serena Focaccia

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Marica Graziani

Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli

Ufficio commerciale: Gianluca Braga

Collaboratori: Mariavittoria Andrini, Annalisa Balzoni, Roberta Bezzi, Anna De Lutiis, Nevio Galeati, Gianluca Gatta, Francesca Miccoli, Giorgio Pereci, Rosanna Ricci, Aldo Savini

Fotografi: Lidia Bagnara, Gianluca Costantini, Giorgio Sabatini

Chiuso per la stampa il 13/12/2013

Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine

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Un saluto a Michele Savorelli

Forlì - La redazione di Edizioni IN Magazine saluta il dottor Michele

Savorelli, storico ginecologo forlivese e grande amante della bicicletta

scomparso lo scorso ottobre. Lo ricordiamo con le parole che il

Sindaco di Forlì, Roberto Balzani, gli ha dedicato nell’introduzione al libro

in cui Savorelli ricordava la sua vita “Da ciclista a ostetrico. Divagazioni senili”: “Dire che Michele Savorelli

è un medico che ha avuto un rapporto molto stretto con migliaia di forlivesi,

è poco. Per molti di essi, Michele è la prima persona che hanno visto, venendo al mondo. È il mio caso, ad esempio. Per una quota più ridotta

di forlivesi, il dottor Savorelli ha rappresentato una personalità

della nostra città: una presenza garbata, ironica, discreta, elegante.

Un gentiluomo vecchio stampo, appartenente a un mondo, ahimè,

assai lontano dal nostro”.

Maria Grazia Cucinotta per l’associazione Tison

Forlì - L’attrice e produttrice cinematografica Maria Grazia

Cucinotta (nella foto assieme al prof. Dino Amadori, direttore dell’Irst di

Meldola) è stata l’ospite di spicco della cena di beneficenza tenuta lo

scorso 8 novembre al Circolo Tennis “Villa Carpena” di Forlì, organizzata

a sostegno dei progetti sanitari in Tanzania dell’associazione “Vittorio Tison”. L’associazione è impegnata in progetti di ricerca, prevenzione e cura dei tumori, nei territori più

martoriati dell’Africa sub-sahariana.

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Degustazioni in collina all’Agriturismo dei Lumi

Vitignano - Nel bellissimo contesto panoramico della bassa Val Bidente oltre che degustare e comprare San-giovese di grande qualità si posso-no ora assaggiare cucina e prodotti identitari del territorio. È nato in-fatti l’Agriturismo dei Lumi, sulle splendide alture panoramiche della strada Meldola - Rocca delle Cami-nate - Predappio. Una struttura che non nasce dal nulla: è infatti sede della nota Cantina Rocca le Camina-te gestita dai fratelli Fabbri, Luca e Michele, con l’acronimo “Lumi”, che

nasce proprio dalle iniziali dei loro nomi. Oltre agli ottimi vini azien-dali a base Sangiovese (Sbargoleto, Vitignano e Bramabene) si offre qui al visitatore anche l’occasione di in-contrare una gustosa e genuina ri-storazione romagnola. Si può man-giare nell’ampia sala interna o nella splendida terrazza panoramica. In ogni caso, la veduta è mozzafiato. Il ristorante è aperto tutte le sere dal giovedì alla domenica; a pran-zo anche il sabato e la domenica. www.agriturismodeilumi.it

Il mare di Ferretti raccontato da Menabò

Cannes - In occasione del tradizionale meeting di Ferretti Group, organizza-to in apertura del Festival de la Plai-sance di Cannes 2013, Menabò ha rea-lizzato per il gruppo nautico un video da presentare ai dealer di tutto il mon-do in un momento di grande cambia-mento ed espansione delle strategie aziendali, per mettere in scena e dare corpo alla promise titolo del Meeting stesso, “Sea different”. Il video che ne è risultato parte da un concetto molto semplice: per ogni personalità e idea del mare, Ferretti Group ha una rispo-sta. Anzi, tante. Come i marchi in por-tfolio: Ferretti (nelle tre linee Yachts, Custom Line e Navetta), Pershing,

Itama, Bertram, Riva, Mochi Craft e CRN. Brand con un vissuto stilistico e tecnologico unico, marchi ricchi di valori distintivi, storie da raccontare e armatori da conquistare. Durante il Meeting il film ha riscosso ampio suc-cesso tra tutto il pubblico in sala, tanto che Ferretti Group ha deciso di farne il nuovo video istituzionale.

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Proposte che inquadrano ogni tuo desiderio.

Liste nozze

C.so Garibaldi, 16/64/232 - tel. (0543) 26353 - 33380 - 34435 - www.effeduefocacci.com

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Il restauro di Icaro in lizza per un premio nazionale

Forlì - Il restauro al monumento di Icaro è in corsa per il Premio Cultura + Impresa 2013 indetto da Federculture, che intende premiare i migliori esempi

di alleanza tra enti culturali e mondo imprenditoriale. Tra i 15 finalisti di questa prima edizione del Premio

appare infatti anche “Ali nuove per la città”, il progetto ideato dal Fondo per la Cultura del Comune di Forlì e

dedicato al restauro conservativo del Monumento ad Icaro; un intervento

che ha coinvolto, oltre ai cittadini stessi, una trentina di organizzazioni

del mondo bancario, dell’impresa, dell’istruzione e del volontariato,

che hanno collaborato a vario titolo rendendo possibile effettuare il

restauro senza contributo pubblico. Il progetto viene così riconosciuto

in grado di tracciare un percorso di valorizzazione del patrimonio cittadino

e di promozione della cultura come bene individuale e collettivo.

Giovani Industriali per Expo 2015

Forlì-Cesena - Il Gruppo Giovani Industriali di Forlì-Cesena il 20

novembre scorso ha presentato a Cesena l’edizione 2013-14

del progetto regionale “Crei-Amo l’Impresa!”, realizzato in

collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale ed AlmaLaurea.

Obiettivo dell’iniziativa è quello di far conoscere agli studenti degli

istituti secondari della regione il mondo del lavoro e dell’azienda,

avvicinandoli alla cultura d’impresa e all’autoimprenditorialità. Quest’anno

il progetto è dedicato all’Expo 2015, esposizione internazionale che

si terrà a Milano da maggio ad ottobre 2015, dedicata al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.

Cene itineranti per gustare il Novecento

Romagna - Strade dei Vini e dei Sapori della Romagna organizza un ciclo di nove cene a tema itine-ranti in cui il filo conduttore è, ol-tre all’esaltazione della qualità dei prodotti culinari, la presentazione di protagonisti della storia del No-vecento romagnolo. Dopo la parten-za del 5 dicembre a Predappio Alta

con una serata dedicata al giovane Mussolini raccontato dal sindaco di Predappio Giorgio Frassineti, si pro-segue con una serie di cene in vari ristoranti romagnoli. Il 20 febbraio al ristorante Casa Zanni di Villa Ve-rucchio si parlerà di Tonino Guer-ra e Federico Fellini; il 27 febbraio, invece, il sindaco di Forlì Roberto Balzani traccerà un profilo di Aldo Spallicci. Si prosegue con Tito Ba-lestra, Giovanni Pascoli, Alfredo Oriani e Grazia Deledda, scrittrice non romagnola ma ospite storica delle Terme di Fratta. La rassegna si chiude il 17 aprile nell’Agriturismo Ca’ Monti di Sassoleone (Imola), con una serata dedicata a Pellegri-no Artusi presentato da Laila Ten-toni, vice presidente di Casa Artusi. www.stradavinisaporifc.it

Grand Prix a Cesenatico e al Museo della Marineria

Cesenatico - Cesenatico e il Museo della Marineria si sono aggiudica-ti il “Grand Prix” del concorso in-ternazionale “Mémoire des ports de Méditérranée”, indetto dalla Fédération du Patrimoine Maritime Méditerranéen di Marsiglia. Il rico-noscimento, consegnato lo scorso 21 novembre a Marsiglia, è andato alle località che hanno saputo meglio preservare e valorizzare il patrimo-nio culturale e storico marittimo. Cesenatico si è imposta su una rosa dei 15 finalisti, da numerosi porti del Mediterraneo. Insieme alla re-altà del Museo della Marineria con le barche della sezione galleggiante, ha pesato sulla decisione della giu-ria l’avere riservato alle barche tradi-zionali un tratto di porto canale, la scuola di vela con le barche storiche

e le tante attività laboratoriali con le scuole che fanno del museo di Cese-natico una realtà viva e una risorsa sul piano culturale e turistico. Pri-ma del Grand Prix, Cesenatico era stata insignita anche di uno dei rico-noscimenti collaterali del concorso, quello assegnato dallo Yacht Club di Monaco per la migliore trasmissione del sapere in campo nautico.

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ENEA: eroi in ricerca

Forlì - Un’occasione per aiutare chi si impegna quotidianamente nella

lotta alle malattie rare. Menabò Group e Edizioni IN Magazine fanno proprio l’appello dell’Associazione

ENEA – Eroi in ricerca Onlus con la raccolta di offerte alla Festa dei

Cappelli Rossi, il 18 dicembre presso il Big Bar di Forlì, il tradizionale

appuntamento che, in attesa del Natale, è un’occasione per

incontrarsi e scambiarsi gli auguri. L’Associazione ENEA nasce, prima in Italia, per sostenere la ricerca sulla

polimicrogiria perisilviana bilaterale (BPP): tre difficili parole per indicare

una malformazione della corteccia cerebrale che provoca numerosi

sintomi, tra cui il più debilitante è l’epilessia, insieme a un generale

ritardo cognitivo-relazionale. Essendo una malattia rara non

esistono fondi pubblici stanziati a sostegno della ricerca, che si regge

soprattutto con il supporto dei privati. www.eneaonlus.org

Costruzione all’avanguardia

per la Cna di Meldola

Meldola - Nuova sede per la Cna a Meldola, in via Matteotti 26. Il taglio

del nastro è stato affidato a Sergio Silvestrini, segretario nazionale della

confederazione artigiana. Il palazzo è all’avanguardia dal punto di vista

architettonico: “Abbiamo voluto questo edificio all’insegna della

Rigenerazione Urbana – ha affermato Franco Napolitano, direttore generale

di Cna Forlì-Cesena -, un tema sul quale abbiamo prodotto un progetto strategico su cui stiamo

lavorando in collaborazione con le amministrazioni locali. La nostra sede di Meldola, costruita secondo

criteri innovativi nella scelta dei materiali, nell’utilizzo di luce, acqua

e di energie rinnovabili, ne è un esempio concreto e all’avanguardia”.

Il solea portata di Mano

Forlì - Una nuova strada per utiliz-zare l’energia del sole arriva dal Mi-crofotovoltaico a Spina One Way, un microgeneratore solare, trasformato in elettrodomestico, per compensare in tempo reale i consumi “AC” 220 Volt della propria abitazione. Espo-

nendo al sole il pannello portatile e inserendo la sua spina nella più vicina presa si possono apportare al bilancio elettrico domestico circa 250 Kwh/anno. Altra opportunità di utilizzo del pannello è quello della componente in corrente continua, “DC” disponibile direttamente a 26 Volt, e che può alimentare ad esempio lampade a led, sviluppan-do un’interessante convivenza delle due tipologie di correnti. Anche il mercatino di Natale, che come ogni anno si è installato in Piazzetta del-la Misura a Forlì, ha sperimentato questa nuova tecnologia del pannel-lo portatile, posizionandone uno su un tetto di una delle casette (nella foto) per alimentare l’illuminazione.

Varo ufficiale per Legacoop Romagna

Rimini - Presentata ufficialmente al Palacongressi di Rimini il 5 dicem-bre scorso Legacoop Romagna, pri-mo sindacato di imprese cooperati-ve dell’Area Vasta con 478 imprese aderenti, 28mila lavoratori e più di 380mila soci, nato dalla volontà dei territori di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini. Il presidente del sodalizio è Giancarlo Ciaroni, già presidente di Legacoop Rimini, affiancato da Mauro Pasolini di Forlì e Massimo Matteucci di Ravenna in veste di vice presidenti. A ricoprire il ruolo di direttore generale è invece Monica Fantini (nella foto), già direttore di Legacoop Forlì-Cesena. Coordina-tori territoriali sono Valeriano Sola-roli, direttore di Legacoop Ravenna e Massimo Gottifredi, direttore di Legacoop Rimini. La nuova struttu-ra, caratterizzata da un team di gio-vani dall’età media sotto ai 40 anni,

manterrà i presidi territoriali nelle aree di Ravenna (sede legale), Cese-na, Rimini e Forlì (in via Monteverdi 6b, tel. 0543 785411).

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Uffici di pinacoteca e musei trasferiti

a palazzo Romagnoli

Forlì - In vista della prossima apertura di palazzo Romagnoli quale

sede espositiva museale, gli uffici del Servizio Pinacoteca e Musei del Comune di Forlì si sono trasferiti al

terzo piano del palazzo di via Albicini. Insieme a questi, hanno trovato

nuova sede anche l’Unità Teatro ed Eventi sul Territorio e l’Unità

Amministrativa del Servizio Politiche Culturali, Giovanili e Sportive. I

servizi direttamente riguardanti il teatro Diego Fabbri continuano

invece ad avere sede in corso Diaz 47. Per motivi tecnici e di sicurezza, nel mese di dicembre l’apertura al

pubblico sarà solo su appuntamento, telefonando ai numeri 0543 712609

(Servizio Pinacoteca e Musei) e 0543 712631 (Servizio Politiche Culturali).

Cna Impresa Donna, Paola Sansoni confermata

presidente nazionale

Forlì - Importante successo per l’imprenditrice forlivese Paola Sansoni, titolare della ditta Studio immagine, confermata presidente nazionale di Cna Impresa Donna.

“Il mio impegno - afferma - è lavorare con la massima integrazione,

favorendo lo scambio di idee e la condivisione delle strategie con tutte

le donne dirigenti di Cna a partire dai loro territori, per raggiungere

obiettivi sempre più ambiziosi, che possano favorire la massima capacità di rappresentanza delle

imprenditrici iscritte”. L’assemblea elettiva, condotta da Serena Dandini,

si è svolta il 23 ottobre a Tivoli (Roma) ed ha affrontato temi cruciali per

le donne che lavorano. Si è parlato di come individuare misure per

favorire la creazione e lo sviluppo d’imprese femminili, con particolare

attenzione agli strumenti di credito e microcredito.

Swarovski celebra il 2013

Forlì - Per il 2013 Swarovski presenta una nuova decorazione in Edizione Annuale: un’esclusiva creazione che rappresenta una sfera di vetro conte-nente un albero di Natale in Crystal Moonlight, mentre la parte esterna è impreziosita con Crystal Rock. L’an-no di edizione appare discretamente inciso sulla targhetta metallica che sigla il pezzo. Questa romantica de-corazione natalizia è abbinata a un nastro in raso bianco, ed è disponibi-le solo per quest’anno. Come sempre l’esclusivo gadget natalizio firmato Swarovski è disponibile presso lo

showroom Effedue di Forlì in Corso Garibaldi, dove è possibile trovare tutte le idee e le soluzioni più attuali per rendere la casa più bella.

Rigenerazione urbana il corso di Cna

Forlimpopoli - Cinquanta impre-se hanno concluso il percorso formativo promosso da Cna Forlì-Cesena sul tema “Rigenerazione e Refit del patrimonio edilizio”. Gli attestati di frequenza sono stati consegnati il 9 dicembre dal diret-tore generale di Cna Forlì-Cesena Franco Napolitano (nella foto a si-nistra con uno dei partecipanti), nella sede del Cedaieer di Forlimpopoli. Al corso, organizzato da Cna For-mazione e finanziato attraverso ri-sorse del Fondo Sociale Europeo gestite dalla Provincia di Forlì-Cesena, hanno partecipato circa

50 imprese del settore. Gli impren-ditori hanno potuto approfondire conoscenze e competenze innova-tive su criteri progettuali, scelte di materiali, tipologie impiantistiche, strumenti operativi e metodologie d’intervento finalizzati ad innova-re e innalzare la qualità delle solu-zioni costruttive e impiantistiche sostenibili. L’applicazione pratica e manuale, attraverso appositi labo-ratori realizzati in collaborazione con primarie aziende del settore, ha inoltre dato ai corsi un impronta innovativa, focalizzata su concetti e obbiettivi semplici, chiari e concreti.

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Cucinare gli avanzi con Guerrini

Forlimpopoli - Si è tenuto domenica 1 dicembre 2013 presso la Scuola di Cucina di Casa Artusi “Avanzi con gusto”, un incontro per valorizzare l’attualità delle ri-cette di Olindo Guerrini. Lo chef Carla Brigliadori, responsabile della Scuola, ha raccontato e preparato due ricette tratte dal libro di Guerrini “L’arte di utiliz-zare gli avanzi della mensa” (Edizioni IN Magazine): la Minestra di carne avanzata e ricotta (nella foto) e l’Am-morsellato di pollo arrosto. Mariavittoria Andrini, cu-ratrice della nuova edizione, e Serena Focaccia, editor, hanno intanto chiacchierato con i presenti sulla storia dell’intellettuale forlivese, sulla sua opera poliedrica e sulle sue relazioni e scambi culturali e gastronomici con Pellegrino Artusi.

Meldola - L’ex Ministro della Salute Renato Balduzzi è il nuovo presidente dell’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori (Irst) Irccs di Meldola. Indica-to quale consigliere dall’Istituto Oncologico Romagnolo e designato con voto unanime dall’assemblea dei soci, il giu-rista, docente universitario ed esperto di diritto, succede a Roberto Pinza. Il passaggio di testimone è avvenuto lo scor-so mese di ottobre: nato a Voghera nel 1955, alessandrino d’adozione, Balduzzi è ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Sacro Cuore di Milano, ha svolto decennale attività di docenza in Italia e Francia, studio e consulenza giuridica. Balduzzi è stato Presidente dell’Agenzia Nazio-nale per i servizi sanitari regionali dal 2007 al 2011, per poi divenire Ministro della Salute del Governo Monti.

L’ex ministro Renato Balduzzi nominato presidente Irst

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I signori Mapei, Adriana Spazzoli e Giorgio Squinzi, da oltre 40 anni raccolgono insieme successi nella vita e nel lavoro. Con la grinta made in Forlì di lei e la concretezza lombarda di lui, presidente di Confindustria dal 2012.

testo Francesca Miccoli - foto Giorgio Sabatini

Così vicini, così lontani. Profonda-mente simili nella loro apparente diversità. In una parola: comple-mentari. Adriana Spazzoli e Gior-gio Squinzi formano una coppia da oltre quarant’anni. Uniti dal vinco-lo coniugale ma anche dall’amore per la famiglia, la dedizione nel lavoro, la condivisione di interes-si. E da un successo senza confini. Titolari di un’impresa, la Mapei, leader mondiale nella produzione di adesivi e prodotti chimici per l’edilizia, marito e moglie diri-gono un colosso composto da 68 consociate, con 63 stabilimenti produttivi in 31 nazioni e 5 conti-nenti. Amministratore unico lui, responsabile del marketing opera-tivo e della comunicazione lei. Ma se del presidente di Confindustria si conosce tutto o quasi, della sua dolce metà rimangono vari tasselli inesplorati. Molti ne ignorano, ad esempio, le origini forlivesi.Occhi vivi e profondi, sorriso am-maliante che induce a immediata empatia. Semplicemente charman-

te, per dirla con i cugini d’oltralpe. Nata all’ombra di Saffi, la signora Spazzoli è molto vicina alla Roma-gna. Un sentimento consolidatosi nel tempo, in maniera inversa-mente proporzionale alla distanza fisica. “Vengo spesso a Forlì, città con cui conservo legami profondi - spiega -. Qui c’è la mia storia, la famiglia, tantissimi amici. Persone care con cui ho rapporti purtroppo molto veloci, vado sempre di fretta. In ogni caso, nonostante abiti in Lombardia da quarant’anni, mi sento più forlivese che milanese”.“A Forlì siamo di casa, è la secon-da città di famiglia” - le fa eco il marito -. In Adriana sono ancora ben nitidi i ricordi degli anni verdi sui banchi del liceo classico Mor-gagni. “Mi rammento il preside, Tebaldo Fabbri. Con i compagni della sezione D ci sentiamo anco-ra. Eravamo in molti nelle aule di viale Roma, oggi il classico non conta più tante sezioni”. Poi la vita accademica all’Alma Mater Studiorum, in cattedra un certo

Romano Prodi. Quindi l’incontro con il giovane Squinzi in quel di Milano Marittima. “I forlivesi vi-vono molto la riviera, io in parti-colare ero spesso al lido ravennate per le scelte commerciali e stra-tegiche dei miei genitori (titolari di due alberghi, ndr)”. Nella nota località balneare Cupido scocca il suo dardo, preludio allo scambio delle fedi nella pieve medievale di Polenta. La fiabesca chiesina, ce-lebrata in versi da Carducci, evoca dolci ricordi a entrambi i coniugi. Anche a mister Mapei il viaggio nel passato provoca un sussulto emotivo. Un groppo in gola av-vertito recentemente in occasione dell’inaugurazione post restauro, finanziato proprio dall’impresa di famiglia. “Tornare su quell’altare a distanza di tanto tempo mi ha emozionato” - confessa -. Momen-ti lontani nel tempo ma per nulla sbiaditi nella memoria. “Eravamo tutti e due molto giovani ma il ri-cordo è ancora vivido. Della chiesa tuttavia conservavo un’immagine

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Essere | Adriana Spazzoli e Giorgio Squinzi

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differente, l’ho riscoperta dopo i lavori di restauro a cui abbiamo contribuito con nostri tecnici e nostri prodotti”. “Ci siamo sentiti in dovere di intervenire per il ri-sanamento della pieve - aggiunge Adriana -, ogni giorno utilizziamo tecnologie per mettere in sicurez-za edifici. Dobbiamo preservare la nostra storia, le testimonianze del passato. Anche la Fondazio-ne Carisp si è data tanto da fare. Polenta rappresenta un momento felice non solo per la nostra fami-glia, quasi tutti i forlivesi nel corso della vita hanno fatto almeno una visita alla pieve della cittadina ber-tinorese”. In lady Mapei non c’è traccia di nostalgia per la dimen-

sione cittadina, un microcosmo fe-licemente ricreato in terra lombar-da. “Da 43 anni abito a Milano ma vivo in un quartiere che è come un piccolo paese. I figli sono vici-ni, in una realtà in cui la parroc-chia e la scuola svolgono ancora un ruolo importante e formativo. Questo mi consente di vivere bene anche in seno a una città che può creare grandi difficoltà di inseri-mento”. Nessun rimpianto, dun-que, per una Forlì degradatasi nel tempo. “Ho l’impressione che in questi anni sia cambiata molto, so-prattutto in negativo. Anche se il convegno organizzato alla Came-ra di Commercio per celebrare la Civiltà delle Macchine mi ha fatto rivedere in parte la mia posizione. In città ho percepito molta voglia di fare, dal punto di vista pratico ma anche culturale, c’è attenzione verso i giovani”. Se guardare al futuro appare in-dispensabile, non bisogna tuttavia dimenticare il passato e il percorso che, attraverso la ricerca, ha porta-to alla modernità. Riavvolgendo il nastro della memoria, Adriana ri-visita la sua avventura esistenziale attraverso una singolare unità di misura. “La mia storia personale è legata al cambiamento delle mac-chine. Sono nata a Carpinello, in zona rurale, e ricordo bene, fin da piccolissima, la funzione sociale del rito della trebbiatura. Poi mi vengono alla mente le attrezzature della Mangelli e le trasformazioni che hanno apportato nella nostra quotidianità. Nell’estate 2012 ho assistito alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra. Non

Sopra, la pieve di Polenta in cui si sono sposati i coniugi Squinzi, restaurata

anche con il contributo di Mapei. A fianco e in apertura, Adriana Spazzoli e Giorgio Squinzi il giorno in cui la pieve

è stata inaugurata dopo il restauro.

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so se si è percepito dalla tv, ma il filo rosso della mani-festazione era proprio il cambiamento della società e dell’uomo attraverso le macchine. Non dobbiamo mai di-menticare il cammino che ci ha portato al progresso, ma ora più che mai è necessario ritrovare coscienza culturale e sociale per fare un passo indietro e non farci distrugge-re dai dispositivi moderni, nati per durare appena uno o due anni”. Tra gli imperativi categorici di Adriana il rispetto della storia e del senso di appartenenza. “Do-vremmo essere un po’ più fieri di quello che abbiamo. Anche nel paese più piccolo si nasconde un grande pa-trimonio artistico e culturale. Basta guardare all’Emilia Romagna: si punta moltissimo sulla riviera, che pure ci ha dato e ci dà tanto in termini di economia e sviluppo, ma non rappresenta la nostra più grande ricchezza. Esi-stono realtà più rilevanti della costa. Bisogna rivalutare tutto quello che c’è dietro alle nostre città. Forse non ne abbiamo la percezione e per questo preferiamo guardare altrove”. E in merito al futuro della “nostra” economia, la lady di ferro ha le idee chiare. “Pur non conoscendo da

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vicino la realtà economica forlive-se, so che ci sono molte eccellenze non solo nell’agricoltura ma an-che nell’industria. Noi romagnoli siamo forti e se fossimo un po’ aiu-tati dalle istituzioni… Spero che l’abbattimento delle Province e la riorganizzazione della burocra-zia portino vantaggi”. Opinione condivisa dal presidente. “La crisi non riguarda solo Forlì ma l’Italia intera. Come leader di Confindu-stria ho partecipato ad oltre 120 assemblee in tutta la penisola e mi sono reso conto che l’Italia è uno straordinario giacimento di cul-tura, di capacità, di conoscenze. Nessun altro paese al mondo può vantare tanto. E Forlì non si disco-sta dal resto d’Italia”.Tra una riflessione sociologica e una disamina di politica economi-ca, i signori Mapei aprono una pa-rentesi sulla loro avventura umana e professionale. Nella frenesia di una quotidianità in cui contempe-rare le differenti esigenze richiede uno straordinario sforzo di equili-brismo, viene spontaneo chieder-si come i due capitani d’industria riescano a incrociarsi. “Condu-ciamo le nostre vite in maniera parallela sospesi tra lavoro, fami-glia e interessi condivisi - racconta Adriana -. Certo la nomina di Gior-gio a presidente di Confindustria ha portato un cambiamento ma non ha stravolto le nostre esistenze. Ognuno di noi ha il suo ruolo”. Per entrambi la famiglia è la base por-tante. “La nostra è composta da piccoli nuclei. Abbiamo due figli e tre nipoti. Quest’anno siamo stati a New York tutti assieme, da mia

mamma ormai anziana al nipote più piccolo. Una bellissima espe-rienza che ha richiesto una buona dose di coraggio ma ci ha donato grande gioia”. La signora Spazzo-li è una nonna come tante altre. “La mattina mi capita di portare i nipotini all’asilo o di alzarmi pre-sto perché Giorgio deve prendere l’aereo. Viviamo come qualsiasi famiglia, facciamo colazione in-sieme, leggiamo il giornale insie-me, andiamo al lavoro e torniamo a casa”. “Raramente ci capita di partecipare a una stessa riunione aziendale - puntualizza il marito -. Lavoriamo nel medesimo edificio ma in piani diversi”. Ad avvicina-

Squinzi con il presidente di Unindustria, Vincenzo Colonna, e il direttore Massimo Balzani.

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re i due universi contribuisce la condivisione di interessi. “Ho “as-sorbito” quelli di mio marito: lo sport, che fa parte del mio lavoro in maniera piacevole, (la fami-glia Squinzi è stata titolare della squadra ciclistica della Mapei, per nove anni leader mondiale delle due ruote, ed è proprietaria del Sassuolo calcio, ndr), ma anche l’opera, passione che Giorgio ha condiviso con il padre Rodolfo. Oggi tanti teatri vivono situazioni di gravi ristrettezze, è necessario intervenire per sostenerli. Nella vita indubbiamente ci sono altre priorità, ma se non pensiamo alla cultura rischiamo di impoverirci sempre di più”.La signora Spazzoli dimostra una determinazione ferrea in ogni bat-taglia che conduce. “Sono roma-gnola e del segno zodiacale dei gemelli: peculiarità che connota-

no in maniera netta il mio carat-tere. Mi sento un po’ arzdora nel fronteggiare i problemi gestionali di casa. Sono molto diretta e que-sto talora mi crea dei problemi, a volte sarebbe meglio essere più diplomatici. Ma la schiettezza nei rapporti può anche essere consi-derata una caratteristica positiva. Sono passionale, pronta ad affron-tare mille avventure e a cambiare quello che non va”. Un carattere differente da quello del consorte. “Giorgio è caparbio, difficilmente riesci a fargli cambiare idea. Ma è anche molto, molto umano”. “Sono una persona tranquilla - conferma Squinzi -. È difficile che perda la calma, mia moglie è decisamente più reattiva”.Il presidente ha un fare pacato che avvince. Contrariamente a molti soloni della politica, intriga grazie ai contenuti dei suoi inter-

venti. Che siano questi i segreti di un amore ultraquarantenna-le? “In un matrimonio sono in-dispensabili pazienza e volontà - spiega Adriana -. È importante crederci e cercare di superare i problemi, se ne incontrano tut-ti i giorni. Se ci abbattiamo su-bito non si va molto avanti”. Alla combattività positiva e propositiva della moglie, Giorgio replica con un’autentica dichiarazione d’amo-re. “Le devo moltissimo, come donna e come professionista. In tutti questi anni è stata la regista della nostra crescita in termini di comunicazione a livello mondia-le, ma anche della crescita della nostra famiglia. Abbiamo due fi-gli straordinari, lavorano con noi in azienda. Valori che uniscono”. È proprio vero. Dietro un gran-de uomo c’è sempre una grande donna. E viceversa. IN

Giorgio Squinzi a fianco di Nerio Alessandri, patron di Technogym, durante la tavola rotonda “Industria, Scienza e Umanesimo” organizzata a Forlì dall’Associazione Nuova Civiltà delle Macchine nel novembre scorso.

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Romagnauto Forlì-Cesena

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Scrivere | Stefano Bordiglioni

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Scrivere per i bambini per stimolare la curiosità e il divertimento, ma sempre con al centro il valore cognitivo della parola. Una sfida che Stefano Bordiglioni realizza in ogni suo libro.

testo Gianluca Gatta - foto Giorgio Sabatini

Scrive da oltre venti anni raccon-ti, romanzi, filastrocche, canzoni, spettacoli, sceneggiature, program-mi televisivi per bambini e ragazzi: Stefano Bordiglioni ha dato vita a un universo fantastico che ha cattu-rato ammiratori in tutto il mondo.Lo incontro al Golf Club di Forlì. È qui che viene a rilassarsi quando non è in classe con i suoi alunni di San Martino in Strada o quando non è a raccontare le sue storie in giro per l’Italia. Armato di un pic-colo impianto voce, chitarra e libri è impegnato in trecento spettaco-li all’anno, dedicati soprattutto a bambini della scuola primaria. Ma Bordiglioni non è solo un affer-mato scrittore per l’infanzia, co-nosciuto in tutta Italia e tradotto in venti lingue. È sceneggiatore, insieme all’inseparabile Marco Versari compone canzoni e sigle televisive, è autore di programmi TV, è coordinatore dell’area “ra-gazzi” della bottega di narrazio-ne Finzioni, fondata a Bologna da Carlo Lucarelli. Ed è così originale

che, se alcuni oggi lo paragonano a Gianni Rodari, è molto probabi-le che in futuro si affaccerà sulla scena qualche narratore che dovrà essere paragonato proprio a lui, Stefano Bordiglioni.Partiamo dall’inizio, come hai comin-ciato a scrivere storie per l’infanzia?“È stata colpa della pigrizia. Quell’anno, per non correggere i compiti delle vacanze estive, avevo detto ai miei alunni di IV elemen-tare di leggere tre libri di narrativa e scrivermi tre lettere. Mi sono poi reso conto che avrei dovuto rispon-dere a trentasei lettere. Allora ho scritto una storia per la prima lette-ra, una storia per la seconda e una per la terza. E ho scoperto che mi divertivo, esattamente come mi di-vertivo a raccontare storie ai ragaz-zi. Nel 1991 vinsi poi con Uno, due, tre e quattro un premio a Castrocaro. Mi premiarono al salone delle feste e fui molto contento perché lì qual-che anno prima era stata premiata Alice, che è stata mia compagna di scuola e che aveva vinto al festival di

Il giocoliere delle Parole

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Sanremo. Mi sono detto ‘Wow! Ven-go premiato dove è stata premiata Alice, finisce che vinco Sanremo!’. In effetti ho vinto il mio Sanre-mo, perché ho capito che agli altri piaceva qualcosa che facevo diver-tendomi. Così ho scritto un’altra storia, ci ho messo un’intera estate, in ritiro presso l’hotel dei miei ge-nitori al mare, ed è nata Guerra alla grande melanzana”. Come sei riuscito a pubblicarla?“Quell’inverno, era il 1994, le poste facevano una promozione: potevi spedire con cinquemila lire un pac-co di qualunque peso. E allora deci-si di spedire una copia a dieci edito-ri, presi da un elenco che mi aveva dato un amico cartolaio. Arrivarono alcune lettere di rifiuto e, dopo cin-que mesi, ricevetti una telefonata di Einaudi Scuola. Il racconto venne pubblicato nella collana ‘La biblio-techina’, che ospita nomi impor-tanti, come Gianni Rodari e Roald Dahl. Allora mi sono detto ‘Provia-mo a scriverne un altro e vediamo se in cinque anni me lo prendono’. Me lo pubblicarono cinque mesi dopo, mentre dopo cinque anni ne avevo pubblicati una trentina. Intan-to, insieme a mio fratello Gualtie-ro, avevo cominciato a partecipare a concorsi letterari. Con una serie di filastrocche vincemmo il premio Rodari. Nel 1998 inviammo una de-cina di lavori ad altrettanti concor-si e ne vincemmo circa la metà. In quel momento cominciai a pensare che forse ero uno scrittore”. Oggi sei anche autore di program-mi televisivi. Che differenza c’è tra scrivere una sceneggiatura e un racconto?

“Quando scrivi per la TV ti devono importare quasi più le cose che si vedono rispetto a quello che dico-no i personaggi. Alla registrazione della prima puntata di ‘Zona Fran-ka’, andata in onda su RAI 3, io non sapevo niente di come si lavo-rava e la regista, ad un certo punto, si mise ad urlare ‘E io qui che cosa faccio vedere!’ Il mio personaggio parlava tanto ma si muoveva poco, aveva poche cose attorno e lei era costretta a fare delle inquadrature strette. I tempi della TV sono inol-tre molto veloci, pochissimi secon-di per ogni inquadratura, mentre nel romanzo puoi trattenere il let-tore anche tre minuti su una sola scena. Gli oggetti che nomini, in

Sopra e in apertura, Stefano Bordiglioni con i suoi libri.

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TV non devono per forza essere veri, anzi più sono falsi e più sem-brano veri. Una volta, la mia prota-gonista doveva pettinarsi con una spazzola, la trovarobe le portò una spazzola normale, di quelle che si usano tutti i giorni. Quando la vide, la regista la buttò da un par-te e cominciò a urlare ‘Che roba

è questa? Io voglio una spazzola scenografata!’ Venne portata allora una spazzola enorme, sproporzio-nata, con denti coloratissimi. Con-frontando le due diverse scene, si vede come la spazzola normale si perda tra le mani dell’attrice e non venga notata dallo spettatore; quel-la sproporzionata, invece, è perfet-ta. Da allora presi l’abitudine di girare nei magazzini della RAI di Torino, alla ricerca di oggetti già utilizzati in altri spettacoli – sfingi di polistirolo, armature di tutti i tipi, montagne di frutta di plastica – da cui prendere spunto per le sce-ne. Una volta trovai dei merluzzi e si poté girare una scena in cui pio-vevano nello studio. La protagoni-sta non diceva nulla di particolare, ma si vedevano questi pesci cadere dall’alto e il gioco era fatto”.Parliamo dei lettori. Quali libri sono apprezzati dal tuo pubblico?“Ai ragazzi, come a tutta la gente, piace essere stupiti. Quando scri-vo, mi devo sorprendere per pri-mo, altrimenti nemmeno il lettore si sorprenderà. Se in un giallo si scopre chi è l’assassino a due ter-

zi del libro, non si arriva alla fine. Uno dei miei libri che ha avuto più successo si intitola La congiura dei cappuccetti, dove ho riscritto la fiaba di Cappuccetto Rosso in 21 versioni. Questo cambiare il punto di vista e cercarne sempre uno che non ti aspetti è la cosa divertente”.L’ISTAT ci dice che, in Italia, i lettori

più forti hanno tra 11 e 14 anni. Che valutazione dai di questo dato?“I bambini sono curiosi. Io da pic-colo ero un forte lettore perché ero curioso. E lo sono tuttora. Ma se tu li abitui a stare davanti a un video e te ne vai, loro possono pas-

sare un’intera giornata a rimbam-birsi dietro a un videogioco. È un grande problema, perché non vie-ne stimolata la curiosità, che è la molla per sviluppare l’intelligen-za. Le parole sono i mattoni del pensiero, se conosci poche parole avrai pensieri molto semplici, po-trai fare ragionamenti molto sem-plificati. Credo che il messaggio che cerco di dare, se penso a tutti i libri che ho scritto, sia questo: con le parole puoi anche giocare e divertirti, però le devi conosce-re. A scuola insegno da 40 anni a raccontare storie, ma faccio anche tanta grammatica. Io voglio far capire ai bambini che scrivere e leggere non è noioso. Anzi è uno spasso, se lo prendi come un modo per far lavorare il cervello”. IN

Le parole sono la base del pensiero

Bordiglioni durante uno dei suoi spettacoli di musica e parole dedicati ai bambini.

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Celebrare | Monsignor Dino Zattini

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1963: posa della prima pietra del Seminario vescovile e ordinazione sacerdotale per monsignor Dino Zattini, rettore della struttura che in occasione del 50esimo anniversario è stata ampiamente ammodernata.

testo Rosanna Ricci - foto Giorgio Sabatini

Uno stretto legame unisce un im-portante edificio forlivese ed un sacerdote. Si tratta del Seminario vescovile di Forlì, in via Lunga 47, e di monsignor Dino Zattini, rettore della medesima struttura. Un ulteriore vincolo è dato dalla particolare concomitanza di due eventi uniti dalla stessa data: 1963 inizio lavori del Seminario; 1963 ordinazione sacerdotale per mon-signor Zattini. Una fatalità? For-se. Comunque sia una bella con-vergenza, ricordata ufficialmente in Seminario nel giugno scorso, in occasione del cinquantesimo anniversario.Monsignor Zattini, che cosa ha si-gnificato per lei il 29 giugno 2013? “Un evento straordinario: 50 anni fa il vescovo Paolo Babini benedis-se la posa della prima pietra del seminario e nella stessa data sono stato ordinato sacerdote. Quale ardimento e quante speranze nei protagonisti di allora! Poteva es-servi una coincidenza più bella?”.

Assolutamente no. Quella data, tra l’altro, ha avuto anche un ulteriore significato...“Si, è coincisa con l’inaugurazione dei lavori di riqualificazione, avvia-ti nell’ottobre 2010. Io auguro che possa accadere ad altri quello che sta accadendo a me: stanchezza e preoccupazioni di tre anni di lavo-ri ora cedono il posto ad una più serena pace”.Quali sono stati i costi sostenuti per la ristrutturazione del seminario? “Oltre 2 milioni di euro, finanziati dalle cinque Diocesi di Forlì, Ra-venna, Imola, Cesena e Faenza, che insieme fanno parte del pro-getto dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘Sant’Apollina-re’, la cui sede, dal 2011 è proprio nell’edificio di via Lunga”.La ristrutturazione verso quali am-bienti è stata indirizzata? “Non si sono sovvertiti gli spazi precedenti ma sono diventati più decorosi, rendendo più spazioso ed arioso lo spazio riservato all’in-

gresso e alla reception. Occorre poi aggiungere che ora un ampio parcheggio può accogliere le auto degli studenti. Un altro interven-to è stato effettuato sull’illumina-zione diurna e notturna. I locali del seminario avevano bisogno di qualche ritocco, per ospitare la nuova realtà dell’ISSR”. Ci può spiegare che cos’è l’ISSR e quali ritocchi all’edificio si sono resi necessari per questa nuova realtà?“Si tratta dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR). Dal corso completo - tre più due anni, cioè laurea triennale e specialisti-ca - escono insegnanti di religio-ne e persone preparate nei diversi settori della pastorale. Attualmen-te l’Istituto è frequentato da 219 studenti. Di qui la necessità di do-tare le aule, tutte climatizzate, dei più moderni accorgimenti tecnici per l’informazione e la didattica come internet in ogni banco, stru-menti per proiezioni con compu-ter, videoconferenze”.

Mezzo secolo nel segno della Fede

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Uno splendido lavoro! “Ma non è tutto qui. Sono stati creati locali per la presidenza, la segreteria, le postazioni di lettura degli studenti, un punto di ristoro. Inoltre le più moderne tecnologie sono state applicate nei locali del-la biblioteca, ad accesso diretto e aperta al pubblico, con tre sale, una dotazione di oltre 80mila testi e un ampio magazzino sotterraneo”.Sono state aggiunte anche opere d’arte?“Nel giorno dell’inaugurazione vi è stato lo scoprimento e la be-nedizione del quadro posto nella cappellina interna del Seminario, aperta anche ai sacerdoti anziani. Il quadro rappresenta Gesù con le sorelle Marta e Maria ed è un’ope-ra donata dal pittore forlivese Ido Erani. Si tratta di un affresco dal titolo ‘In Verità vi dico’, su pannel-lo di 2 metri per 1,60”.Tutto questo si trova al primo piano. E al secondo che cosa c’è?“Il secondo piano accoglie la Casa

del Clero, dove sono stati realizzati gli appartamenti per accogliere e assi-stere i sacerdoti anziani e ammalati”.Questo edificio ha ospitato in prece-denza altre scuole?“Fino a metà degli anni Settanta la primaria finalità era quella di esse-re il Seminario di Forlì e di Berti-noro, poi si è allargata ospitando

la sezione staccata della scuola media ‘Giorgina Saffi’. Dal 1979 gli spazi sono stati destinati anche alla cooperativa ‘Scuola Aperta’, con il Liceo linguistico ‘Adamo Pasini’ e la Scuola Media libera”.E l’ISSR?“Nel 2009 si crearono i presuppo-sti per costituire l’ISSR ‘Sant’A-pollinare’, scelto da cinque diocesi romagnole - Forlì-Bertinoro, Ce-sena-Sarsina, Faenza-Modigliana, Ravenna-Cervia e Imola – come

struttura ideale per centralità e fa-cilità d’accesso. Il Seminario oggi è frequentato non solo da studenti ma anche da persone che qui ven-gono nel fine settimana per ritiri, incontri di formazione, aggiorna-mento. Ed è frequentata anche l’area sportiva”.Quale titolo di studio occorre per poter frequentare l’ISSR?“Bisogna essere in possesso dei tito-li che ammettono agli studi univer-sitari. Molti iscritti sono già laurea-ti. Di ogni corso debbono sostenere gli esami, una quindicina all’anno, per i quali occorre aver frequentato almeno i due terzi delle lezioni”.Un ambiente, il Seminario, ricco di attività...“Senza dimenticare poi che confi-niamo col ‘Comitato per la Lotta contro la Fame del Mondo’ con cui, ovviamente, c’è collaborazione”.Per chiudere, una domanda sul suo altrettanto importante anniversa-rio. Qual è il segreto di questi 50

anni di fedeltà al sacerdozio?“È la messa quotidiana, perché lì il sacerdote ritorna alle parole che ha ascoltato il giorno della sua or-dinazione: ‘Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebre-rai, conferma la tua vita al mistero della croce di Cristo’. Nel santino della prima messa scrissi ‘ad ogni giorno la sua pena’, ho sperimen-tato davvero che il Signore mi ha dato la forza di affrontare volta per volta le situazioni”. IN

L’inaugurazione del seminario ristrutturato, con lo scoprimento del quadro donato da Ido Erani. In apertura, Monsignor Dino Zattini.

Fedeltà alla vocazione

26 | IN Magazine Via Marconi 7, Castrocaro Terme - Tel. 0543.767305

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Via Marconi 7, Castrocaro Terme - Tel. 0543.767305

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Tra Forlì e gli States, Olivia Foschi si sta costruendo una carriera di tutto rispetto in campo musicale. Con un cd all’attivo e un concerto in vista a New York, città in cui vive.

Padre forlivese e mamma ameri-cana, si sente una romagnola pu-rosangue. Anche se è nata a San Francisco, Olivia Foschi ha fatto la scuola materna a Forlì, alla Clelia Merloni, e le elementari alla Die-go Fabbri; poi il liceo Americano a Roma e l’Università a San Franci-sco. Si è laureata a Roma e ora vive a New York dove, oltre a cantare, in-segna alla New York Jazz Workshop. Olivia è una cantante jazz di grande talento, e la sua voce non ha niente da invidiare alle più famose jazziste americane, tanto che il 4 gennaio canterà al Metropolitan Room di New York. Una tappa importante che però, con la sua naturale mo-destia, considera un punto di par-tenza. Il suo debutto discografico è di marzo 2013 con il cd intitolato “Perennial Dreamer”, prodotto dal plurivincitore di Grammy Award Ulysses Owens Jr., ed è subito un successo. Sta infatti riscuotendo lu-singhieri consensi da parte del pub-blico e della stampa specializzata.“La passione per la musica - rac-conta Olivia - ce l’ho nel sangue e me l’ha trasmessa la mia bisnonna paterna, la marchesa Anna Maria Cavalli, cantante lirica, che rinun-ciò al canto per amore. Dopo es-sersi ritirata a vita privata, cantava motivi e romanze dei suoi tempi solo per mio padre che poi, a sua

testo Mariavittoria Andrini

Il jazz nel Sangue

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Cantare | Olivia Foschi

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volta, li cantava a me e a mio fratel-lo Alex, tutte le mattine quando ci accompagnava a scuola. Un canto popolare che mi è rimasto nel cuore è ‘La Gramadora’ di Martuzzi e Spal-licci (meglio conosciuto come ‘Bela Burdèla’), che canto in dialetto ro-magnolo. L’ho voluto inserire nel mio primo cd, arrangiato in chiave moderna ma senza stravolgimenti, per mantenere il profumo della tradizione. È una dedica d’amore a mio padre Foscolo e alla mia terra”.“C’è poi un’altra canzone italiana nel mio cd - continua Olivia -. È ‘Donna’, l’avevo sentita dalla mia insegnante Debora Bettoli e mi era rimasta impressa. L’ho voluta riar-rangiare perché ritengo che colga l’essenza femminile, che è alla base del concept del disco. Questa can-zone l’ho dedicata a mia madre”.Oggi Olivia è, come impostazione, un’artista newyorkese, ma i suoi studi iniziano in Italia, nel lontano 1994 quando, ancora adolescen-te, cominciò a prendere lezioni di chitarra. Il suo trasferimento negli Stati Uniti le fece scoprire il jazz e iniziò così il suo percorso verso quella che sarebbe diventata la sua vera passione. “È stato a San Fran-cisco, mentre frequentavo l’Univer-

sità - racconta Olivia - che ho avuto modo di affinare la tecnica jazz e blues cantando in due ensemble lo-cali, ma soprattutto determinante è stato lo studio del canto nepale-se. Questa esperienza mi ha dato modo di esplorare la mia voce in tutte le sue modulazioni. Mi è stata molto utile, oltre che come cantan-te, anche come compositrice, per l’attenzione che questa musica ha per il colore e il ritmo”. Il suo percorso professionale la ri-porta poi in Italia, dove continua a studiare canto con Luisa Cottifogli di Imola poi con Cecilia Izzi presso l’Università della Musica di Roma e con la cantante-compositrice Gra-zia Di Michele. “L’incontro con il

batterista Ulysses Owens Jr. e con il sassofonista Stacy Dillard - ricorda Olivia - fu per me determinante. Una amicizia e un sodalizio impor-tantissimi che continuano tuttora, e che mi fecero capire cosa volevo fare da grande: la cantante jazz. Anni di studio, masterclass e con-corsi mi hanno portata ad incidere il mio primo cd e a cantare nei tem-pli della musica jazz americana”.Nel frattempo, nel 2009, Olivia Fo-schi ha anche vinto il primo premio del concorso “Voci Nuove Donne Jazz in Blues”, promosso dal Comune di Bertinoro con la direzione artistica di Michele Minisci del Naima Club, che prevedeva una borsa di studio a Los Angeles di tre settimane nel-la prestigiosa “Venice Voice Acca-demy”. Prima di volare nuovamente in America Olivia si è esibita in nu-merosi concerti in Romagna, orga-nizzando anche la rassegna “Non solo Jazz” al ristorante “La Sarzola” di Magliano, di proprietà della fami-glia, portando in scena anche grup-pi stranieri molto interessanti. IN

Michele Minisci racconta Olivia

Ho fatto cantare Olivia diversi anni fa al Naima Club in una rassegna di band emergenti e mi aveva colpito subito. La sua riservatezza, la sua dolcezza, la sua voce suadente, la distaccavano notevolmente dal panorama musicale generale. Si capiva subito che aveva una marcia in più e che le bruciavano in petto le note del jazz. Aveva bisogno di un incontro ravvicinato col vero mondo del jazz. E questo è avvenuto a New York. Avevo chiamato Olivia a partecipare alla Rassegna Voci Nuove Donne Jazz in Blues, che organizzo da diversi anni a Bertinoro, nell’ambito del Festival con le cantanti americane, e arrivò prima tra 70 concorrenti da tutta Italia vincendo una borsa di studio per uno stage sulla voce a Los Angeles. Dopo quello stage Olivia si trasferì a New York per “annusare” da vicino. Il resto lo conoscete. Sta diventando famosa. Qualche mese fa mi ha mandato un messaggio da New York dicendomi che le avevo cambiato la vita. La cosa mi ha inorgoglito e commosso, ma ho fatto solo il mio dovere.

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Pasticceria: parola magica per gli amanti dei dolci. Se poi si aggiunge l’aggettivo ‘antica’ il gioco è fatto, perché Antica Pasticceria significa tradizione, esperien-za, amore per i dolci. Tutti rigorosamente prodotti da una sola famiglia: Maria e Maurizio col loro figlio Fabrizio. Chi può resistere ad un pasticcino, ad una brioche o ad una torta esposti con eleganza in splendide vetrine a più scomparti della raffinata Antica Pasticceria di viale Oriani 1, Forlì. Gli occhi si deliziano alla visione del ricco assortimento di dolci che stuzzicano il piacere della gola e soddisfa-no anche il palato più esigente. Difficile scegliere fra oltre 50 tipi di mignon e 30 torte, per non parla-re del salato o dei dolci, adatti alle varie ricorrenze

dell’anno, comprese le confezioni regalo. Tutto realiz-zato seguendo antiche ricette e con altissima qualità dei prodotti. D’altra parte non mancano certo esperien-za e creatività all’Antica Pasticceria, formula vincente anche in periodi di crisi come quello attuale.L’attività pasticcera di Maria e Maurizio è nata nel 1981, in un piccolo negozio di corso Mazzini. La semplicità e la dedizione, unite ad una grande forza di volontà nel mantenere un alto livello qualitativo dei prodotti, sono stati gli elementi che hanno favorito, nei primi anni ’90, il trasferimento della pasticceria negli ampi locali del-la sede attuale, a cui è stato fatto un recentissimo restyling ultimato in agosto da Giorgio e Rober-to Perugini dell’omonima ditta di arredamenti, i

Il dolce sapore della tradIzIoneIl RaFFInaTo locale FoRlIvese dI vIale oRIanI, a GesTIone FaMIlIaRe, PResenTa una scelTa InFInITa dI ToRTe, MIGnon, dolcI e salaTI.

quali hanno dimostrato con notevole professionalità ed impegno che la qualità è sempre l’unico elemento di distinzione. Con scrupolo e competenza, la ditta Pe-rugini si è distinta per il lavoro meticoloso con cui ha saputo intrecciare armonicamente la tradizione e l’in-

novazione. È stato così possibile lavorare con materiali diversi: dal legno al marmo, dal metallo al vetro, sem-pre però con l’attenzione rivolta ai più piccoli partico-lari. Ciò che emerge nella progettualità dell’ambiente sono infatti l’eleganza e la misura con cui si coniugano le due aziende - la pasticceria e l’arredamento -, grazie all’esperienza maturata in tanti anni di attività. Allo spazio ampio e confortevole delle vetrine e dell’area bar, quest’ultima con gli ottimi caffè dell’azienda part-ner Essse caffè, si aggiunge, al piano inferiore, una sala da the con 40 posti a sedere, luogo ideale per prime colazioni o cerimonie. Di lato trovano posto il laboratorio, il magazzino e i servizi. Tutto è stato pia-nificato allo scopo di rendere gradevole e serena la permanenza, anche se di breve durata, dei clienti. Una soluzione ideale per un momento di relax, all’insegna dell’accoglienza in una sinfonia di colori e di sapori frutto di una sapienza artigianale senza tempo.

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Pasticceria: parola magica per gli amanti dei dolci. Se poi si aggiunge l’aggettivo ‘antica’ il gioco è fatto, perché Antica Pasticceria significa tradizione, esperien-za, amore per i dolci. Tutti rigorosamente prodotti da una sola famiglia: Maria e Maurizio col loro figlio Fabrizio. Chi può resistere ad un pasticcino, ad una brioche o ad una torta esposti con eleganza in splendide vetrine a più scomparti della raffinata Antica Pasticceria di viale Oriani 1, Forlì. Gli occhi si deliziano alla visione del ricco assortimento di dolci che stuzzicano il piacere della gola e soddisfa-no anche il palato più esigente. Difficile scegliere fra oltre 50 tipi di mignon e 30 torte, per non parla-re del salato o dei dolci, adatti alle varie ricorrenze

dell’anno, comprese le confezioni regalo. Tutto realiz-zato seguendo antiche ricette e con altissima qualità dei prodotti. D’altra parte non mancano certo esperien-za e creatività all’Antica Pasticceria, formula vincente anche in periodi di crisi come quello attuale.L’attività pasticcera di Maria e Maurizio è nata nel 1981, in un piccolo negozio di corso Mazzini. La semplicità e la dedizione, unite ad una grande forza di volontà nel mantenere un alto livello qualitativo dei prodotti, sono stati gli elementi che hanno favorito, nei primi anni ’90, il trasferimento della pasticceria negli ampi locali del-la sede attuale, a cui è stato fatto un recentissimo restyling ultimato in agosto da Giorgio e Rober-to Perugini dell’omonima ditta di arredamenti, i

Il dolce sapore della tradIzIoneIl RaFFInaTo locale FoRlIvese dI vIale oRIanI, a GesTIone FaMIlIaRe, PResenTa una scelTa InFInITa dI ToRTe, MIGnon, dolcI e salaTI.

quali hanno dimostrato con notevole professionalità ed impegno che la qualità è sempre l’unico elemento di distinzione. Con scrupolo e competenza, la ditta Pe-rugini si è distinta per il lavoro meticoloso con cui ha saputo intrecciare armonicamente la tradizione e l’in-

novazione. È stato così possibile lavorare con materiali diversi: dal legno al marmo, dal metallo al vetro, sem-pre però con l’attenzione rivolta ai più piccoli partico-lari. Ciò che emerge nella progettualità dell’ambiente sono infatti l’eleganza e la misura con cui si coniugano le due aziende - la pasticceria e l’arredamento -, grazie all’esperienza maturata in tanti anni di attività. Allo spazio ampio e confortevole delle vetrine e dell’area bar, quest’ultima con gli ottimi caffè dell’azienda part-ner Essse caffè, si aggiunge, al piano inferiore, una sala da the con 40 posti a sedere, luogo ideale per prime colazioni o cerimonie. Di lato trovano posto il laboratorio, il magazzino e i servizi. Tutto è stato pia-nificato allo scopo di rendere gradevole e serena la permanenza, anche se di breve durata, dei clienti. Una soluzione ideale per un momento di relax, all’insegna dell’accoglienza in una sinfonia di colori e di sapori frutto di una sapienza artigianale senza tempo.

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Dodici artisti per dodici mesi dell’anno. Sono i protagonisti della rassegna “Caro CastroCaro”, mostra d’arte contemporanea in corso al Padiglione delle Feste del-le Terme di Castrocaro. Giovani emiliani e romagnoli che nel tem-pio dell’art decò espongono pan-nelli di 100x100 cm in analogia con il tema dei mesi e delle stagio-ni delle opere di Tito Chini, gran-de ceramista e decoratore. “Da un anno e mezzo - spiega Paola Babini, coordinatrice delle attività culturali organizzate in seno allo

splendido gioiello monumentale - stiamo cercando di valorizzare e rendere fruibile questa meravi-glioso Padiglione attraverso un intenso programma culturale. Un percorso iniziato con la mo-stra dedicata a Pellegrino Artusi, proseguito con l’esposizione delle restaurate vetrate di Chini e con la rassegna collegata al progetto Atrium, che ha portato all’ombra del Campanone migliaia di visi-tatori”. Fino all’8 gennaio sarà possibile ammirare gli elaborati di Nicola Montalbini, Roberto Pa-

È di scena l’arte contemporanea al

Padiglione delle Feste delle Terme, con la

mostra Caro CastroCaro che reinterpreta le

stagioni ispirandosi a Tito Chini. E nel 2014 spazio al liberty e alle eleganti

xilografie di inizio Novecento.

testo Francesca Miccoli

Dodici mesi per dodici Artisti

IN Magazine | 33

Esporre | Caro CastroCaro

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gnani, Beatrice Sansavini, che è anche la responsabile delle attivi-tà culturali del Padiglione, Paolo Poni, Giampaolo Carroli, Debo-rah Baroni, Luca Freschi, Monia Strada, Giulia Dall’Olio, Elisa Far-neti, Federica Giulianini e Mau-ro Bendandi. “Le opere, raccol-te anche in un calendario, sono molto diverse tra loro ma dialo-gano in un’unitarietà di intenti, l’interpretazione di un periodo dell’anno solare, tratteggiato al-tresì attraverso un testo letterario” aggiunge Babini. L’esposizione, visitabile nel fine settimana (tra le ore 14 e le ore 17), chiude cronologicamente il programma delle mostre 2013 del Padiglione. E se va agli archivi un’annata dai grandi numeri e dall’unanime consenso di pubbli-co e critica, già ci si proietta verso un 2014 che si profila ricco di in-teresse. In concomitanza con la rassegna dei musei San Domenico “Liberty, uno stile per l’Italia mo-derna”, nel gioiello monumentale delle Terme verrà proposto “Nel segno del Liberty. La Xilografia in Italia all’inizio del Novecento”. Se il percorso espositivo forlive-se indagherà senza restrizione di schemi, la rassegna castrocarese si soffermerà su un peculiare mez-zo espressivo: incisioni lignee degli albori del Novecento, appartenen-ti in gran parte alla collezione privata del forlivese Gianni Cera-

soli, grande cultore del genere. In mostra chicche di Francesco Nanni, Gino Barbieri, Antonello Moroni, Adolfo De Carolis, Do-menico Baccarini. E riviste quali il Corriere dei Piccoli, La Pié, il Plaustro, L’eroica, Novissima. La rassegna, aperta dal 22 febbraio al 15 giugno 2014, è patrocinata dalla Provincia di Forlì-Cesena, dal Comune di Castrocaro Terme - Terra del Sole e si inserisce nel programma di eventi di “Forlì per Ravenna 2019”. IN

Sopra e in apertura, due xilografie che saranno esposte nel Padiglione per la mostra sul Liberty. In alto, le opere con il tema delle stagioni realizzate da Roberto Pagnani, Giulia Dall’Olio e Giampaolo Carroli.

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Il fiume Rabbi – che nascendo in Toscana, alle pendici del monte Falco, disegna una delle principali valli forlivesi facendosi strada tra Premilcuore, San Zeno, Predappio e sfociando infine nel fiume Mon-tone a Forlì – era un tempo costel-lato da decine di antichissimi mulini, entrati tutti in disuso dalla secon-da metà del ’900. Oggi quei muli-ni sono solo un vecchio ricordo e, proprio per evitare di dimenticare, due di questi sono stati recupera-ti dai discendenti dei proprietari originari. Lo scopo è testimoniare alle giovani generazioni un me-stiere antico che, pur se rinnovato nel metodo e nella tecnica, rimane sempre attuale. Visitare i due anti-chi mulini del Rabbi è come aprire una porta sul passato, quando si ve-niva alla mola per macinare anche pochi chili di frumento

Il mulino di Castel dell’Alpe, situa-to alla confluenza tra il fosso di Pian dell’Alpe e il fiume Rabbi, è raggiungibile dal bivio per Castel dell’Alpe, girando a sinistra verso il fiume e percorrendo circa un chilometro. Così viene descritto nella guida storica realizzata dal Comune di Premilcuore: “Il mu-lino a due palmeti, di cui uno fisso (macina di sotto) e uno mobile (ma-cina di sopra), ha svolto il suo ono-rato servizio per oltre un millennio, fino al 1850 quando incominciarono a funzionare i mulini a cilindri che, sebbene lentamente, soppiantarono palmeti, mole e macine dei vecchi mulini”. Nel 1863 venne distrutto da una piena, si decise quindi di ricostruirlo in una posizione più adatta. Da allora il Mulino di Ca-stel dell’Alpe restò attivo fino al 1960. La famiglia Biondi, che da

A Castel dell’Alpe e Fiumicello, due antichi mulini ristrutturati e funzionanti possono essere visitati per conoscere un mestiere antico ma sempre affascinante.

testo Giorgio Perecifoto Giorgio Sabatini

Tra i mulini del Rabbi

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Visitare | Antichi mulini

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sempre lo aveva gestito, di recente lo ha restaurato riportandolo in funzione per scopi turistici, così come ha ristrutturato le case del circondario ricreando un luogo di accoglienza in una frazione che era pressoché disabitata. È possi-bile visitare e soggiornare presso il mulino previo contatto con la famiglia Biondi (tel. 0543 951029).Il mulino di Fiumicello, piccola frazione ad alcuni chilometri da Premilcuore, si trova lungo la mu-lattiera ai margini del greto del torrente, imboccando la strada a destra prima della chiesa della Ma-donna delle Nevi. Fu abbandonato nel 1963 e fatto ritornare in attivi-

tà trent’anni dopo. I fratelli Men-gozzi ricostruirono e restaurarono tutte le strutture rendendo il mu-lino completamente funzionante, dal generatore di corrente elettri-ca alla mola utilizzata per arrota-re le lame. L’edificio del mulino si sviluppa su due piani: in quello inferiore troviamo la turbina, che viene mossa dal flusso d’acqua (in-canalato dal fiume verso il mulino da un complesso sistema di dighe, sfoghi e cadute), mentre in quel-lo superiore sono presenti le due macine, collegate alla turbina da un albero che ne trasmette il mo-vimento. Ogni macina è costituita da due dischi in pietra sovrappo-

Il mulino Mengozzi di Fiumicello. In apertura, il mulino di Castel dell’Alpe della famiglia Biondi.

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sti, di cui solo quello superiore è in movimento e può essere avvici-nato o allontanato all’altro in ra-gione della raffinatezza voluta. È possibile visitare il mulino, ancora pienamente funzionante, durante i fine settimana; negli altri giorni bisogna invece contattare la fami-glia Mengozzi (tel. 0543 86451).Di ritorno da Castel Dell’Alpe o Fiumicello, verso Forlì, è d’obbli-go fermarsi a Premilcuore, citta-dina il cui nome deriva da Plano Mercurii (la piana di Mercurio) che troverà dal XII secolo in poi diverse dizioni - Plamicarii, Plamer-corio, Premalcorio - fino a giungere a quella attuale. Situato ai margi-ni del Parco nazionale delle Fore-

ste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Premilcuore diven-ne centro organizzato in dipen-denza delle istituzioni religiose che da gran tempo erano radicate in questo territorio. Prima fra tut-te l’Abbazia di S. Ellero, a 3 km da Galeata, che dal 497 crebbe fino ad ottenere giurisdizione su circa quaranta parrocchie in un territorio compreso fra le attuali regioni Romagna e Toscana. Nel XII secolo il territorio è feudo dei conti Guidi di Modigliana e poi libero Comune, i cui Statuti, ri-salenti all’agosto del 1379, sono conservati nell’archivio della co-munità di Premilcuore, in una copia del XVIII secolo. Ma Pre-

La macina e gli strumenti di lavoro dentro il mulino Mengozzi.

Mulini di Romagna: una storia lunga

più di un millennio

La Romagna, terra di coltivatori, ha ospitato centinaia di mulini

schierati intorno ai fiumi. Oggi sono solo un ricordo o,

nel migliore dei casi, una meta turistica laddove i proprietari

hanno avuto la sensibilità di ristrutturarli e tenerli in vita

a testimonianza di un’epoca che non tornerà mai più. Se

sul tracciato del fiume Rabbi si possono visitare i mulini di Castel dell’Alpe e di Fiumicello, su quelli del fiume Conca e Marecchia, nel

riminese, ci aspettano il mulino Casarola dell’inizio del XVIII

secolo, a circa 3 Km da Morciano, il mulino Malatesta, risalente

al XV secolo, lungo la strada della Pedrosa in fondo alla costa

di Paglialunga, e il mulino Moroni di Poggio Berni con accanto

il museo di cultura contadina. Si tratta di una vera e propria

tradizione, sottolineata in particolare da Tonino Guerra nella

sua poesia I muloin abanduned, dove descrive con nostalgia

le ruote ferme, i chiodi sporchi di farina e l’aria mossa ormai

solo dalle farfalle.

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milcuore si trova in una posizione strategica, così nel secolo successivo passa sotto il dominio di Firenze; di-venta poi dominio dei Visconti di Milano e di Caterina Sforza, Signora di Forlì; torna di nuovo sotto il controllo di Firenze; in epoca napoleonica entra a far parte del circondario di Modigliana e Rocca S. Casciano; con la costituzione del Regno d’Italia viene annesso alla pro-vincia di Firenze fino a che non ritorna nella Provincia di Forlì nel 1923.Si tratta dunque di una cittadina da tenere in considera-zione non solo per il parco organizzato intorno al fiume Rabbi, meta estiva ormai tradizionale per le famiglie, ma anche per la possibilità di visitare alcuni luoghi che ne sottolineano la storia. La Pieve di San Martino all’Oppio si trova in direzione Forlì, su via Pieve, ed è aperta solo la domenica in orari di culto. Fondata nel X secolo, con la struttura attuale che viene fatta risalire alla seconda metà del ’500, contiene opere pittoriche fiorentine e toscane datate fra il 1600 e il 1700 tra cui merita di essere sottolineata la “Madonna del Carmine tra san Giovanni della Croce e santa Teresa d’Avila” del

pittore Jacopo da Pratovecchio (1594-1664). In paese troviamo la torre dell’orologio risalente al 1593 e rico-struita nel Novecento nella parte superiore merlata con, alla base, la porta fiorentina, da cui partiva l’antica via verso la Toscana e che faceva il paio con l’opposta porta Urbana, aperta verso l’Adriatico. L’orologio, risalente al 1500, presenta un antico meccanismo formato da due pietre collegate a una lunga corda di canapa. Su Piazza Ricci si affaccia Palazzo Briccolani, imponente costruzione abitata da notabili del luogo - fra cui Lucia della Massa, moglie di Giulio Cesare de’ Medici -, con due portali gemelli, memoria dei due edifici accostati che lo compongono. Su Piazza dei Caduti troviamo Pa-lazzo Giannelli, costituito da un blocco a tre piani, con balconcini in ferro battuto e, al pianterreno, un portale databile agli inizi del XIX secolo riportante le lettere iniziali di Luigi Giannelli. IN

Riscoprire mestieri antichi

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Il Forno Cappelletti e Bongiovanni di Dovadola è conosciuto in tutta la Provincia di Forlì per la qualità dei suoi prodotti bio. Ne approfittiamo per parlare del pane, un alimento di base che ha subito nel tempo notevoli modifiche produttive.

Nel 1979 acquistano il primo for-no a Dovadola: a legna, con un’im-pastatrice a forcella e come banco di lavoro una madia in legno. Nei primi anni ’80 arrivano a produr-re circa 80 kg di pane al giorno, un po’ di schiacciata e focaccia con incassi che non superano le trentamila lire. Poi, su richiesta di alcuni amici che avevano aper-to il primo punto macrobiotico di Forlì, cominciano la produzione di pane biologico a lievitazione naturale, con pasta madre. Negli anni ’90 ampliano la gamma dei prodotti biologici, iniziano a ser-vire i negozi di alimenti naturali di Forlì, certificano la panetteria come azienda biologica. Si tratta di Maurizio Cappelletti e di sua moglie Anna Bongiovanni che, in-sieme al figlio Fabio, riescono an-cora oggi a conservare nel tempo l’antica tradizione della panette-ria a Dovadola. Il loro pane è tal-mente “sano” che alcuni clienti lo

comprano perché gli è stato pre-scritto da nutrizionisti e dietologi. “Questo ci fa sorridere perché ci sentiamo un po’ come una farma-cia,” dice Maurizio “Ma noi siamo un po’ strani perché la cosa più importante per noi è la genuini-tà dei nostri prodotti e l’impatto ecologico nel produrli e metterli in vendita”.Come si è modificata nel tempo la produzione del pane?“Si è evoluta seguendo i cambia-menti della società. Negli anni ’50-’60 le famiglie erano più nu-merose, c’era meno scelta nel cibo, quindi il pane faceva da pa-drone sulla tavola con pezzature più grandi e meno sofisticazione e varietà. Una volta il pane si com-prava solo dal fornaio, ora ormai si vende dappertutto. Tutto questo a scapito della qualità e della ge-nuinità del prodotto e, di conse-guenza, della salute. Nel secondo dopoguerra, a causa della carestia

e della fame, per aumentare la produzione di grano, qualcuno ha deciso di modificare con irradia-zioni le sementi di alcune varietà per far sì che resistesse meglio al cambiamento delle condizioni climatiche e che fosse più facile da coltivare e da trebbiare (una volta il grano era alto anche più di un metro, ora è al massimo 50 cm). Inoltre sono state modificate anche le molecole di glutine così da essere più adatto ai panifici in-dustriali, che lavorano il pane a macchina e che hanno bisogno di impasti più collosi e resistenti alle frizioni. Ecco perché ormai il 6% degli italiani è celiaco e perché le intolleranze al grano-glutine sono in continuo aumento. Qua-si contemporaneamente le indu-strie chimiche che lavoravano per la guerra iniziarono a produrre concimi e fertilizzati da utilizzare in agricoltura, tutto questo a sca-pito della salute.”

testo Gianluca Gatta - foto Giorgio Sabatini

Il cibo della Salute

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Mangiare | Pane

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Che differenza possiamo osserva-re tra la produzione del pane arti-gianale e la lavorazione a livello industriale?“Oggi il piccolo fornaio si alza di notte come faceva tanto tempo fa, prepara gli impasti, li fa lievitare, forma il pane, lo inforna e, una volta cotto e sfornato, vende il suo prodotto al mattino, fresco tutti i giorni. I forni industriali invece

lavorano anche ventiquattro ore al giorno, su turni e con linee di pro-duzione a catena. Il pane e gli altri prodotti da forno vengono sur-gelati o precotti e poi vengono tra-sportati nei supermercati e nelle altre rivendite. Qui vengono cotti o ricotti e poi venduti come pane fresco. Il pane, per essere tale, deve avere un certo ‘peso speci-fico’, deve lievitare naturalmente, deve essere realizzato con acqua e

farina e non con certi preparati e miscelati che contengono agenti lievitanti, conservanti, correttori, miglioratori e tantissime altre so-stanze che non dovrebbero essere presenti non solo nel pane, ma in nessun tipo di alimento.”Quando viene comprato il pane?“Da qualche anno non esiste più l’ora di punta nelle vendite per-ché, con i vari turni il lavoro,

l’affluenza è diventata continua tutta la mattina. Il nostro forno a Dovadola è aperto dalle 6 alle 13, ma molto probabilmente al gior-no d’oggi il pane si venderebbe anche nel pomeriggio. Da sotto-lineare come nei primi anni l’ac-quisto era quasi esclusivamente femminile, mentre in questi ulti-mi anni gli uomini hanno supera-to le donne.”Che cosa bisogna tenere in consi-

derazione per comprare un pane di qualità?“Chi acquista del pane confezio-nato prima di tutto deve leggere le etichette, guardare quali cere-ali sono utilizzati, da dove proven-gono, come sono stati coltivati. Nel nostro forno, dove abbiamo iniziato a confezionare il pane, la nostra etichetta indica anche il tipo di lievitazione, con pasta madre o lievito di birra. Purtrop-po oggi la maggior parte della gente non possiede una cultura nutrizionale, non ha tempo per informarsi o leggere le etichette. Anche per il pane che si compra in panetteria o ‘sfuso’ bisogna co-noscere il tipo di farina utilizzata, che non sia un pane surgelato o precotto. Insomma il pane, per essere buono, dovrebbe essere fat-to a mano, a lievitazione naturale, di farina integrale o semintegra-le, di cereali coltivati senza l’uso di sostanze chimiche e si deve mantenere mangiabile almeno per quattro-cinque giorni.” IN

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La mostra archeologica Vivere a Forum Livii

riconsegna uno spaccato importante di storia

che dall’età repubblicana si allarga fino all’età

tardo antica. Attraverso tanti

oggetti e un elegante mosaico, restaurato da

RavennAntica.

“A Forlì c’è ancora molto da scopri-re. È una città problematica come topografia, in quanto ci sono stati spostamenti a causa dei fiumi. Per questo motivo è estremamente in-teressante”. Questo ha sottolineato Chiara Guarnieri, dirigente della Soprintendenza per i Beni Arche-ologici dell’Emilia-Romagna, nel presentare la mostra ‘Vivere a Fo-rum Livii’, l’importante rassegna allestita fino al 12 gennaio 2014 nel palazzo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì (Palazzo del Mon-te di Pietà, corso Garibaldi 37). Dopo la mostra “Il Monte prima del Monte” del 2009, in cui erano stati presentati gli importanti scavi con-dotti sotto il Palazzo del Monte di Pietà voluti dalla Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì in col-laborazione con la Soprintendenza

per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, con “Vivere a Forum Li-vii” questa collaborazione non solo si è rinnovata ma ad essa si sono aggiunte altre istituzioni come la Fondazione RavennAntica, la casa editrice Ante Quem e, con loro, al-cuni sponsor come Assicoop Roma-gna Futura, Unipol Assicurazioni, Coop Adriatica e il Gruppo Hera, con il patrocinio del Comune di

Forlì. In mostra sono esposti circa 150 materiali archeologici scoperti nel 2004 in occasione di uno scavo effettuato in via Curte, esattamente al numero 66 dell’area che coinvol-ge via Curte e via Orto del Fuoco dove, attorno al I secolo a.C., venne costruito un edificio residenziale ed impiantate alcune attività arti-gianali fra cui una fornace per la cottura di vasellame. Quest’ultima

testo Rosanna Ricci - foto Giorgio Sabatini

La Romagna ai tempi di Roma

46 | IN Magazine

Ammirare | Vivere a Forum Livii

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fu demolita tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. Il materiale che rimase fu utilizzato per ampliare l’edificio residenzia-le, a cui fu aggiunto anche un tri-clinio e una corte interna dotata di pozzo. Nel secolo successivo il triclinio fu sostituito da uno più ampio e decorato a mosaico. Alla fine del V secolo si registrò il totale abbandono della ‘domus’. Questo

mosaico di circa 20 mq è l’oggetto più interessante e di maggior im-patto dell’attuale mostra ed è alle-stito, per l’occasione, con copie dei letti tricliniari. Dopo il suo ritro-vamento il mosaico, composto da tessere bianche e nere con motivo geometrico, ma con uno stato di conservazione molto compromes-so, è stato conservato nella Pina-coteca Civica di Forlì, per essere poi restaurato nel laboratorio di RavennAntica che promuove atti-vità di restauro di mosaici antichi.La Fondazione RavennAntica, in-fatti, ha come scopo quello di valo-rizzare il patrimonio archeologico, architettonico e storico-artistico di alcuni siti ravennati, in particolare l’antica città di Classe e la realiz-zazione del Museo Archeologico e dei Mosaici Antichi per raccontare la storia di Ravenna e del suo terri-torio. Nel 2011 ha realizzato la mo-stra permanente “TAMO. Tutta l’av-ventura del Mosaico”, ospitata nel Complesso di San Nicolò: si tratta di un percorso museale attraverso splendidi reperti del patrimonio del territorio di Ravenna, in parte inediti, che abbracciano tutte le epoche da quella più antica fino a quella contemporanea in un im-pianto innovativo. Anche Raven-nAntica, coi suoi eventi, fa parte delle collaborazioni dei territori romagnoli per la candidatura di Ravenna a capitale europea della cultura nel 2019. Nella mostra “Vi-vere a Forlì” sono stati affrontati due temi fondamentali: il primo riguarda la storia urbana di Forlì

Il mosaico pavimentale allestito con i triclini.

IN Magazine | 47

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Sopra, reperti in mostra. Sotto, il taglio del nastro.

in età romana con particolare ri-ferimento alle ‘domus’. A questo proposito occorre ricordare che lo scavo di via Curte è l’unico in cit-tà ad aver restituito una sequenza abitativa che dall’età repubblicana si allarga fino all’età tardo antica. Tutta l’area, indagata per la pri-ma volta e con mezzi stratigrafici, ha permesso di ricostruire i livelli dell’età romana a Forlì. Il secondo tema ha come obiettivo quello di approfondire vari aspetti della vita quotidiana. Ciò è stato possibile at-traverso i materiali che l’indagine archeologica ha portato alla luce come gli elementi costruttivi, ma-teriali laterizi, frammento di affre-schi, esagonette, lastrine in marmo bianco e policromo, gli oggetti, l’il-luminazione. Per quanto riguarda gli oggetti, questi raccontano la vita quotidiana e le abitudini dell’epo-ca. Ad esempio i pesi da telaio e gli aghi in bronzo hanno un preciso riferimento ai lavori femminili; assieme a questi è stata trovata la placca di un cinturone militare del IV secolo, un oggetto ancora non bene identificato ma che potrebbe essere un’arnia e infine i resti di tre bottiglie usate forse per misurare dei liquidi. Accanto a questi sono presenti, nella mostra, i disegni ricostruttivi, i plastici e le modella-zioni 3D. Tutto le notizie riferite al materiale trovato saranno oggetto di un volume dal titolo “Vivere a Forum Livii. Lo scavo di via Curte”, che verrà pubblicato a Natale. Il te-sto sarà curato da Chiara Guarnie-ri, per la collana DEA, Documenti ed Evidenze di Archeologia della Soprintendenza per i Beni Archeo-

logici dell’Emilia-Romagna. Un al-tro aspetto assai interessante della mostra riguarda i percorsi di visita e i laboratori didattici riservati agli studenti, per coinvolgere i ragazzi e far conoscere loro la storia e la vita dell’epoca. A circa 30 classi questa attività didattica è offerta dagli sponsor. Ingresso gratuito. Orari della mostra: da martedì a venerdì 9 - 12; sabato e domenica 10 - 13 e 16 - 19. Dal 24 dicembre a fine mo-stra gli orari saranno i seguenti: da martedì a venerdì 16 - 19, inalterati il sabato e la domenica. Chiuso il 25 dicembre, 1 e 6 gennaio. IN

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Page 50: IN Magazine Forlì 05/2013

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di Documentazione sul Mosaico di Ravenna,

ci racconta le sue passioni e la sua attività.

Incontriamo Linda Kniffitz nel suo studio, al Mar. Inevitabile chiedere l’origine del suo cognome. “Mio nonno era austriaco quindi la pro-nuncia è secondo le regole tede-sche”. Linda racconta di suo padre, che per motivi di lavoro giunse in Italia, e aggiunge che lei è nata a Roma e ha studiato a Milano, città stupende che adora, ma oggi non rinuncerebbe mai a Ravenna, che accoglie tesori unici al mondo ed è una città a misura d’uomo.Cosa l’ha attratta di più a Ravenna?“La bellezza dei monumenti, delle chiese... mi chiedo sempre che effet-

to facessero ai primi cristiani quan-do vi entravano, la suggestione che ancora oggi si prova, ad esempio, entrando in San Vitale dall’antico ingresso, con la sensazione dello spazio che sale, quasi un trasporto spirituale. Sono convinta che fosse una suggestione voluta: siamo nel periodo in cui la religione cristia-na diventa di stato e lo sforzo della corte si concentra nel sottolineare questa sensazione trascendentale”.Ci parli del centro che dirige:“Il Cidm, Centro Internazionale di Documentazione sul Mosaico, è una sezione del Museo d’Arte

Le tessere di una Vita

testo Anna De Lutiis - foto Lidia Bagnara

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Dirigere | Linda Kniffitz

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della città di Ravenna nata per promuovere la ricerca, lo studio e la valorizzazione del mosaico. La creazione del Centro rientra anche nel più ampio Progetto Europeo Interreg III A Transfrontaliero Adriatico, Siti Unesco Adriatici, che eroga buona parte dei finanziamenti”.Lei ha fatto già alcuni progetti andati in porto...“Insieme al mio staff ho vinto tre Progetti Europei: uno sullo sviluppo del Cidm nel 2007, uno, Open Museum tutt’ora in corso, sulla gestione e valorizzazione dei Mu-sei Italiani e Sloveni, che ha finanziato il riallestimento della collezione musiva, e uno SUA Expo, vinto nel 2012, sulle Buone Pratiche di restauro e catalogazione dei Siti archeologici e delle decorazioni musive antiche. Com-plessivamente un milione e duecentomila euro”.

Recentemente sono stati inaugurati i mosaici contempora-nei nel chiostro della Loggetta Lombardesca e si è concluso anche il concorso dedicato al mosaico contemporaneo. Che posto ha, oggi, il mosaico di nuova produzione?“Oggi il mosaico è tornato alla ribalta, è una forma espressiva intesa come linguaggio dell’arte contempo-ranea. E Ravenna è il riferimento per la sua produzione”.La sua attività si completa con pubblicazioni, convegni, lezioni all’Università. Riesce ad avere del tempo libero e come lo impiega?“Amo il mio lavoro e così, anche nel tempo libero, vado a visitare mostre, alla Biennale di Venezia: sono cose che mi arricchiscono e mi appassionano. Finché nella vita ci sono arte e letteratura vale la pena di viverla”. IN

L’arte che appassiona

Linda Kniffitz

È laureata in Archeologia e Storia dell’Arte Bizantina all’Università di Bologna e specializzata in Catalogazione di Fondi Antichi. Ha collaborato con l’Istituto per i Beni Culturali dell’Emilia Romagna e, in seguito, è stata bibliotecaria per i Fondi Antichi della Classense a Ravenna. Il suo ruolo di curatore del CIDM, Centro Internazionale Documentazione Mosaico, ha inizio nel 2002; è anche responsabile dell’Archivio che comprende due Banche Dati sul mosaico.

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Abitare | Rustico in montagna

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Un semplice rustico immerso nelle Foreste Casentinesi restituisce atmosfere calde e conviviali. Con il camino a dominare la stanza principale, la scala in sasso, la rigogliosa natura circostante.

Con l’arrivo dell’inverno, abbia-mo deciso di uscire dalla città e di arrivare sui nostri Appennini, a poca distanza dal comune di Santa Sofia.Abbiano scelto un rustico facente parte della piccolissima frazione di Biserno, posizionata a circa 600 metri sul livello del mare.Una piccolissima frazione che con-ta non più di una ventina di abi-tanti, immersa e avvolta dalla ma-estosità della natura delle nostre foreste, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falte-rona e Campigna. Qui la natura, preservata dall’invasione dell’uo-mo, conta 36mila ettari di area protetta sull’Appennino tosco-

romagnolo: è la foresta più antica d’Europa che incorona il territo-rio provinciale, dove flora e fauna ritrovano l’armonia nelle vallate strette e parallele del versante ro-magnolo, offrendo un’occasione unica di svelare una natura incon-taminata per viverla fino in fondo.Come riportato sugli scritti degli annali camaldolesi, Biserno “Tro-vasi in una profonda gola dell’Ap-pennino, che scende da Camal-doli in Valbona sulla destra ripa del Bidente di Ridracoli”: infatti, attraverso questa frazione, si arri-va a Ridracoli, nota metà turisti-ca rinomata oggi per la maestosa opera di ingegno e tecnica rap-presentata dalla diga.

testo Annalisa Balzoni - foto Giorgio Sabatini

Il calore di Casa

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Tutto qui sull’Appennino è avvol-to dalla natura, lontano dal traffi-co cittadino. Un mondo che può sembrare isolato ma che così non è. Non ci si sente soli, anzi: si può ritrovare un’altra dimensione, ci si può rinnovare e rigenerare nello spirito e nella mente.Non contano lo sfarzo o il lusso, qui sarebbero senza dubbio fuori luo-go. L’obiettivo prinipale è rispetta-re la terra e la natura, esse stesse diventano “l’arredo principale”, la guida per abitare.Siamo ospiti di questo piccolo rustico abitato da una coppia giovanissima, ricavato dopo un’o-

perazione di ristrutturazione e recupero realizzata tanti anni fa, che ha permesso di ricavare un’a-bitazione da un vecchio e piccolo convento in disuso.È stata mantenuta la trama dei muri in sasso e pietra “gialla”, ca-ratteristica tipica della vallata; i muri maestri hanno uno spessore di circa un metro, particolare che, già da solo, arreda e dona all’am-biente una sensazione di calore e di storia. Il camino domina nella grande stanza principale al piano terra, la pietra che lo riveste è la stessa dei muri maestri e, come nei rustici semplici e tipici della

La cucina rustica in muratura con la stufa economica. In apertura, il camino

e la scala in pietra.

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zona, la parte living rappresenta il luogo dell’accoglien-za, del ristoro e dell’incontro.Pochi elementi donano fascino alla dimora, muri in sasso, la classica stufa economica utilizzata per cucinare e ri-scaldare, la cucina rustica in muratura. Di grande effetto risulta però essere la scala, anch’essa in sasso, addolcita da un parapetto in ferro battuto, che conduce alla zona notte, recuperata e rivisitata con uno stile più moderno, che comunque non stona con la classicità degli altri vani.Il recupero complessivo ha cercato di mantenere inalte-rati gli elementi architettonici che sono sopravissuti alle intemperie del tempo, sono stati recuperati gli antichi architravi in legno dei vani porta e sono state mantenute le dimensione dei vani finestra.Una piccola dimora, un piccolo nido immerso nella na-tura, che racchiude storie e diventa al tempo stesso parte della storia del nostro territorio. IN

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La Campaza, con i suoi 1.300 coperti, non è solo uno dei ristoranti più grandi d’Italia: è un luogo dove l’at-tenzione alla qualità delle materie prime e alla la-vorazione è tale che ogni piatto è realizzato come se fosse l’unico, proprio come a casa. Il gelato, ad esem-pio, è lavorato internamente in modo tradizionale, con una mantecatrice, ed è sempre realizzato con prodotti di stagione. La pasta fresca è impastata con uova di pollo ruspante romagnolo ed è stesa con il mattarel-lo, ogni giorno, da due azdore. Le cozze sono pulite grazie a una sbissatrice, che lascia vivo il mollusco e

consente di cucinare sempre un prodotto freschissimo.E pensare che tutto è cominciato da una piccola riven-dita di cocomeri in ghiaccio. “Da quel lontano 1982, un passo alla volta, si è arrivati a questa realtà” dice Katrin De Lorenzi, Responsabile Commerciale del ristorante. “Dai cocomeri in ghiaccio è stata allarga-ta l’offerta con la pizza al taglio e le piadine, è stato poi aperto un piccolo ristorante fino ad arrivare a ciò che riusciamo a dare oggi: grandi spazi, flessibili-tà dell’offerta e supporto alla creazione di eventi.” La Campaza è anche set di trasmissioni televisive

un grande ristorante attento ai particolariMangiaRe aLLa CaMpaza è CoMe faRe un viaggio in CoMpagnia Di MateRie pRiMe Di aLtissiMa quaLità e Di piatti Dai sapoRi tRaDizionaLi e veRi.

(qui hanno girato, tra le altre, una pun-tata dell’edizione italiana di Quattro matrimoni) e non c’è da stupirsene poiché è un luogo ideale: spazi eleganti e accoglienti, adattabili a molteplici esigenze, dalla ristorazione, al divertimento, al lavoro. Dietro al risto-rante c’è addirittura un parco aperto a tutti, visitabile dall’alba al tramonto, che ospita anatre, pavoni e altri uccelli migratori e stanziali dove è in corso un proget-to di ripopolazione della cicogna bianca.Ma senza l’attenzione quotidiana ai prodotti e alla la-vorazione sarebbe vanificato tutto lo sforzo fatto per creare un ambiente ospitale e attento alle molteplici esigenze del cliente. Lo sottolinea con particolare pas-sione gilles Donzellini, Direttore generale e figlio dei fondatori: “È importante che la qualità sia garanti-ta a tutti i clienti, su qualunque scala lavoriamo, dalla coppia seduta al tavolo al ricevimento con centinaia di invitati. Puntiamo molto sulla formazione dei nostri ot-tanta dipendenti e ci sforziamo di trasmettere l’amore per un lavoro certosino, curato nei particolari, e per la

ricerca. Innovare significa per noi utiliz-zare macchine per la stampa alimentare, sperimentare cotture di nuova generazio-ne, ma anche produrre in proprio salami

e confetture, acquistare carne da chi può garantire un allevamento tradizionale, cercare fornitori laddove il prodotto è originario, senza intermediari. Così ad esem-pio per il pesce fresco siamo importatori diretti dall’e-stero - i nostri branzini infatti provengono direttamente dalla Croazia, le capesante dal Belgio -, ma anche dalla Sicilia per i gamberi rossi; abbiamo inoltre una fornitura ittica regolare dal mercato del pesce di Cesenatico. Può sembrare un paradosso, ma proprio grazie alle nostre significative dimensioni, in termini di capacità ricettiva, riusciamo a permetterci un servizio di tale livello.”

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La Campaza, con i suoi 1.300 coperti, non è solo uno dei ristoranti più grandi d’Italia: è un luogo dove l’at-tenzione alla qualità delle materie prime e alla la-vorazione è tale che ogni piatto è realizzato come se fosse l’unico, proprio come a casa. Il gelato, ad esem-pio, è lavorato internamente in modo tradizionale, con una mantecatrice, ed è sempre realizzato con prodotti di stagione. La pasta fresca è impastata con uova di pollo ruspante romagnolo ed è stesa con il mattarel-lo, ogni giorno, da due azdore. Le cozze sono pulite grazie a una sbissatrice, che lascia vivo il mollusco e

consente di cucinare sempre un prodotto freschissimo.E pensare che tutto è cominciato da una piccola riven-dita di cocomeri in ghiaccio. “Da quel lontano 1982, un passo alla volta, si è arrivati a questa realtà” dice Katrin De Lorenzi, Responsabile Commerciale del ristorante. “Dai cocomeri in ghiaccio è stata allarga-ta l’offerta con la pizza al taglio e le piadine, è stato poi aperto un piccolo ristorante fino ad arrivare a ciò che riusciamo a dare oggi: grandi spazi, flessibili-tà dell’offerta e supporto alla creazione di eventi.” La Campaza è anche set di trasmissioni televisive

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L’idea ha un secolo di vita, ovvero un teatro costruito dalla gente per la gente. La storia del Socjale di Piangipane è ormai più che nota: nel 1911 i braccianti comprano un terreno per realizzare il proprio teatro; nel 1921 lo inaugurano; lo tengono aperto, con alterne vicende, fino agli anni Settanta. L’allestimento ha una concezione splendidamente ‘antica’: la platea non ha poltrone fisse, perché ogni spettatore portava la sedia da casa. Così si poteva anche ballare, la-sciando vuota la parte centrale del salone e sistemando l’orchestra sul palcoscenico. Una galleria che è poco più di una balconata; decori art nouveau; colonne della miglior ghisa. Straordinario, insomma. Poi

Concerti, film, incontri a tema. Il teatro Socjale di Piangipane, costruito dai braccianti d’inizio Novecento, splende nel panorama culturale di Romagna grazie all’impegno dei volontari del paese. Tra un piatto di cappelletti e un bicchiere di vino.

testo Nevio Galeati - foto Lidia Bagnara

Il sapore della Cultura

Divertirsi | Socjale di Piangipane

IN Magazine | 59

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il modo di avvicinarsi alla cultu-ra cambia, i giovani sono attratti dalle città, la televisione seduce e fa restare gli italiani a casa. Così il teatro chiude. C’è per fortuna chi non si rassegna; così, nel 1990, un gruppo di giovani (e non solo) piangipanesi decide di riaprire il locale. Prima solo musica jazz il venerdì sera; poi anche il cinema. Il Teatro Socjale Club (con la “ j” come vezzo estetico, scelta pro-prio dai braccianti) si trasforma in uno fra i punti più alti della Ro-magna per le proposte musicali, i film di qualità e l’atmosfera. E poco a poco l’album degli ospiti segna nomi di artisti internazio-nali, grandi cantautori e musicisti da tutto il mondo, da Ray Gelato agli Avion Travel, da De Gregori a Gino Paolo insieme a Danilo Rea; e,

ancora, Cedar Walton, Enzo Jannac-ci, Cheryl Porter, i Good Fellas. Ma non ha senso ripetere l’elenco di un programma che si sta snodan-do da quasi un quarto di secolo.Poi ci sono nuove norme di sicurez-za da rispettare, e si vuole aumen-tare la proposta di qualità. Nasce una Fondazione per restaurare la fabbrica e rilanciare il progetto. Una strada non facile, che viene percorsa però con lo stesso corag-gio di sempre.“Quando abbiamo pensato alla ristrutturazione - racconta Dani-lo Morini, presidente del Circolo e curatore della sezione musicale del programma - soprattutto dopo i lavori di restauro che ci hanno impegnato dal 2004 al 2007, c’e-ra l’idea di restituire il teatro al proprio territorio. Così, quando il palcoscenico non è impegnato dalla nostra programmazione, la cooperativa lo affitta per feste, as-semblee, cerimonie, conferenze. Così nell’ultimo anno, oltre alla nostra programmazione, abbiamo ospitato cento eventi, per oltre die-cimila persone”. Al Socjale non amano vantarsi, meglio guardare al futuro, e alle novità. “Proprio per proseguire con questa idea abbiamo accolto la proposta di aprire, nei locali adiacenti il teatro, una scuola di musica che vede la collaborazione di Chistian Ravaglioli, docente di oboe alla Scuola musicale della Scala di Milano e pianista di gran-de qualità”.Non solo concerti, quindi. Non solo film di qualità, con titoli che troppo spesso le multisale ‘dimen-

La sala del Socjale con le decorazioni liberty. In apertura, il bancone del bar.

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ticano’ di proporre, dovendo seguire la politica delle pel-licole che sbancano i ‘Box Office’. “Abbiamo un’idea…” Danilo Morini sembra esitare: la notizia non è stata ancora presentata, sul sito (www.tea-trosocjale.it) non se ne fa cenno. Però… “Insomma, ecco: il titolo provvisorio è ‘La scienza al Socjale’ e il progetto è in collaborazione con le università di Bologna, Ravenna e Trieste, oltre a ‘Ravenna 2019’. Esperti nazionali affron-teranno temi che riguardano la matematica, la fisica e la sismologia”. Fra gli ospiti ci potrebbe essere addirittu-ra Enzo Boschi, già presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, condannato per le vicende del terremoto che devastò l’Aquila. E tutto questo continua a funzionare solo grazie all’impe-gno volontario della gente di Piangipane e di amici che

si muovono a favore del teatro. “Stiamo parlando di una settantina di persone, comprese le sfogline e quelli che vengono il lunedì sera ad aiutare per la preparazione dei cappelletti, ancora fatti a mano, nell’assoluto rispetto del-le norme di igiene. Amici che poi ritrovi in sala il venerdì, come pubblico pagante, fieri di essere lì ad ascoltare buo-na musica. Il Teatro Socjale - conclude Morini - è questo: un mix di volontariato, cappelletti, buona musica e film, sempre con prezzi calmierati. Siamo orgogliosi di essere arrivati fin qui. E non ci fermiamo!”. IN

Volontariato e musica

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Dal recupero di una vecchia struttura agricola

a Massa Lombarda è nata Vibrazioni Art-

Design, l’officina artistica di Alberto Dassasso.

Qui bidoni arrugginiti si trasformano in sedie,

moto e oggetti d’arredo.

Fruges non è un paese e nemmeno un borgo, piuttosto è il prolunga-mento di Massa Lombarda che si spinge verso la campagna, in dire-zione Bologna. Lì è cresciuto Alber-to Dassasso. Vicino a casa sua c’era l’officina di un fabbro che emanava l’odore acre dell’unto e del ferro. Non solo gli odori ma anche i co-lori e i rumori che provenivano di là lo attraevano, anzi, restava quasi incantato quando il fabbro si calava la maschera sul viso e si appresta-va a saldare. Più che i giochi con i coetanei preferiva entrare in quel posto che si trasformava nel suo

paese delle meraviglie: le scintille mettevano in movimento la sua immaginazione. Da quell’officina uscivano cancelli, inferiate, infissi, ma non erano questi manufatti che lo affascinavano, era la saldatura che, come per magia, trasformava il ferro. Da allora sono passati mol-ti anni, prima gli studi all’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza, poi all’ISIA, l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, dove ha raf-forzato la convinzione che si possa fare arte e design con materiali di recupero. Quasi per caso trovò un bidone in una discarica che, pur

testo Aldo Savini - foto Lidia Bagnara

Vibrazioni in stile Pop

62 | IN Magazine

Creare | Alberto Dassasso

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arrugginito, conservava le scritte di una compagnia di prodotti pe-troliferi: era la materia che cercava.Da qui inizia la sua avventura nell’art-design che comporta manualità, in-venzione, progetto, sperimentazione per approdare a un risultato origina-le, funzionale e bello. Per utilizzare la lamiera dei fusti e dei barili dell’in-dustria petrolchimica bisogna in-nanzitutto martellarla, ritagliarla e poi assemblare i pezzi con la fiamma ossidrica: si ripropone così la “magia” della saldatura e della

smerigliatura per eliminare punte e bave. I primi oggetti sono lampade e soprattutto sedie, poi attaccapanni, armadi, madie, sgabelli, tavoli, porte. Da ultimo, le motociclette. Moto di scarso valore ma funzionanti con te-laio tradizionale vengono spogliate della carena e della carrozzeria; mo-dificati telaio e ciclistica, l’interven-to riguardante le parti come codino, sella e serbatoio è realizzato con il medesimo materiale di recupero e con lo stesso metodo di lavorazione utilizzato per i complementi d’arre-do. Ogni pezzo è unico, certificato e numerato. La forma per le varie serie è la stessa ma non il colore e, soprattutto per le sedie, la spalliera presenta una particolarità estetica che rimanda alla Pop art. Viene uti-lizzata la parte del bidone che porta la scritta, o frammento di scritta, della compagnia: non è Coca Cola o Brillo ripensando ad Andy Warhol o l’insegna Esso dipinta da Mario

Schifano, sono le grandi lettere Ca-strol, Agip con il leone a sei zampe su sfondo giallo, Total, Blaser, Be-chem, Green Star, IP e altre icone di un mondo globalizzato dalle multi-nazionali del petrolio. La struttura delle sedie non ha supporto inter-no, è la lamiera stessa che, trattata con rivestimento trasparente antios-sidante, viene a formare un telaio autoportante. L’oggetto è finito: “Dora” richiama la sedia da osteria, “Mecedora” è una sedia a dondolo, “Secca” è ispirata alle sedie in for-

mica anni Cinquanta. Al ritorno dal Salone Satellite di Milano nel 2007, in uno spazio ricavato dal recupe-

ro di una vecchia struttura agricola a Massa Lombarda nasce Vibrazioni Art-Design, in via Castelletto 13 “tra alberi da frutto e ruggine”. Respin-gendo un sistema di produzione su scala industriale, dal 2010 si avvale per il marketing e la comunicazione della collaborazione di Riccardo Za-nobini, fiorentino doc e romagno-lo d’adozione, compagno di studi all’ISIA. Attualmente l’azienda è in grado di produrre dai 250 ai 300 pezzi all’anno. E come spesso accade quando il lavoro è prima di tutto una passione, l’ambizione ha portato Alberto e Riccardo a ricercare nuovi percorsi e progetti commerciali, tra cui l’esportazio-ne dei propri prodotti all’estero, aprendosi al mercato internazio-nale, dalla Corea alla Germania, dalla Russia agli Stati Uniti. IN

Dassasso all’ingresso del suo laboratorio.

Design con la fiamma ossidrica

IN Magazine | 63

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Mostre, libri, collaborazioni. È un lavoro a tutto tondo

scandito dal ritmo di immagini e parole quello

di Gianluca Costantini, artista che si affida

al linguaggio del fumetto. Raccontando personaggi

illustri, sognando Istanbul.

La sua passione per i fumetti na-sce da bambino leggendo prima Topolino e poi le storie dei supere-roi. Dividendosi fra l’insegnamen-to all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e Bologna e il lavoro nel mondo dell’arte, Gianluca Costan-tini ha fatto del disegno - potente mezzo espressivo che unisce imma-gini e parole - il suo campo di pre-dilezione, diventando curatore di mostre di fumetto e del festival Ko-mikazen, nonché direttore artistico di Giuda Edizioni. In questi ultimi mesi, sono usciti ben quattro libri che contengono sue illustrazioni.Costantini, cosa hanno in comune “Bronson Drawings” e “Cattive abitudini”?

“La commistione di musica e scrit-tura, arte e fumetto. Il primo è frutto di due anni di collabora-zione con il Bronson, luogo in cui band, artisti, solitari cantanti folk da tutto il mondo anelano di suo-nare. Il risultato è un libro in cui illustro con i disegni tutti i grup-pi che hanno suonato lì, in tutto una novantina, utilizzando tec-niche molto diverse fra loro, ma-neggiando i colori come fossero strumenti. Il secondo nasce invece insieme a Emidio Clementi, can-tante e bassista dei Massimo Vo-lume, immaginando di trasporre in fumetti i testi di dodici canzoni dell’omonimo album restituendo per immagini personaggi, atmo-

testo Roberta Bezzi - foto Gianluca Costantini

La vita a Fumetti

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Disegnare | Gianluca Costantini

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sfere ed emozioni. Un vero e proprio fumetto musicale”.In “Arrivederci Berlinguer” e “L’ammaestratore di Istan-bul” si toccano invece temi più di tipo socio-politico…“Sono stati scritti entrambi da Elettra Stamboulis. Nel primo, si ripercorre la vicenda personale e politica di Enrico Berlinguer, un modello di passione politica au-tentica, di coerenza e impegno, unitamente alla storia d’Italia di quel periodo. Nel secondo invece si parla di Osman Hamdi, il più importante pittore figurativo di tradizione islamica, che è stato anche archeologo e po-litico nei primi del Novecento”.È vero che si sente a casa solo a Istanbul?“Sì, ho avuto una specie di fascinazione per quella città, dieci anni fa, la prima volta che l’ho visitata. Da allora, appena posso, ci ritorno e sarà capitato almeno quindici volte. Mi piace molto la gente e l’estetica, l’arte islamica e calligrafica che fanno ormai parte del mio stile. È una città che cambia ogni giorno, che sta conoscendo un certo boom economico e demografico”.C’è una storia che le piacerebbe disegnare?“Essendo iper-produttivo ho sempre tante idee in testa

da realizzare. Sto lavorando a un libro sullo scrittore Her-mann Hesse per illustrare la seconda guerra mondiale, a partire dal suo movimento pacifista e dalle sue lettere contro la violenza delle armi. Poi mi piacerebbe raccontare la storia di quel mese non molto lontano in cui sembrava dovesse scoppiare la terza guerra mondiale contro la Siria, facendo luce sui numerosi giochi politici, dal Papa a Putin”.Pensa che Ravenna sia pronta a divenire capitale europea della cultura nel 2019?“Tutte le città lo sono se ci sono i soldi per farlo. Di certo rispetto ad alcuni anni fa Ravenna è uscita dal suo atavico isolamento. Spesso accadono più cose qui che a New York e i turisti arrivano a frotte. Ma manca ancora un pubblico ra-vennate, soprattutto di giovani, in grado di apprezzare l’ar-te. Agli eventi c’è sempre lo stesso zoccolo duro di persone. Manca la curiosità, e in questo Ravenna continua a essere provinciale. Forse la candidatura darà la spinta giusta”. IN

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Page 66: IN Magazine Forlì 05/2013

La guida per divertirsi e scoprire insieme: tanti itinerari per trascorrere piacevoli weekend anche con i più piccini.

Esce a dicembre nelle librerie la nuova guida della collana “52” di Edizioni In Magazine che racco-glie cinquantadue mete romagnole selezionate appositamente perché adatte a un weekend in famiglia, con bambini al seguito. Suddivisa secondo le quattro stagioni, la guida presenta luoghi e itinerari affasci-nanti e divertenti, secondo un venta-glio di proposte che stupisce soprat-tutto per la varietà: dall’Adriatico agli Appennini, si susseguono par-chi tematici, percorsi naturali, mu-sei d’arte e tecnologici che fanno di tutto per garantire un’offerta adat-ta a grandi e piccoli.Ciascuna meta presenta una sche-da descrittiva che risponde a una domanda semplice quanto fonda-mentale: “Perché dovrei portarci

i miei figli?”. Troppo spesso si sen-te parlare di bambini come di un ingombro, qualcosa che sembra frenare le relazioni sociali e le pas-sioni che amiamo coltivare. C’è in-vece molto spazio per “fare le cose insieme”, senza per questo dover ri-nunciare a qualcosa. Accompagnati dai bambini si possono visitare mu-sei, mostre d’arte e siti archeologici. Non c’è luogo o argomento che i più piccoli non sappiano apprezza-re: il lavoro dei “grandi” sta tutto nel trovare la prospettiva che pos-sa rendere piacevole e accattivante quello che viene offerto. Nessuno dice che questo sia facile, ma for-tunatamente in Romagna le istitu-zioni sono molto sensibili sull’argo-mento e, salvo eccezioni, non esiste ad esempio museo senza laboratori o percorsi dedicati ai bambini. La guida non dimentica comunque quelle mete che non hanno biso-gno di pretesti o particolari strategie per essere proposte ai nostri piccoli compagni - parchi naturali e tema-tici, zoo, feste, sagre - che proprio in Romagna sembrano avere uno sviluppo inarrestabile.

C’era bisogno di una guida all’epo-ca di Internet e degli smartphone? Non c’è già tutto online? In realtà questa guida si affianca a Internet, non costituisce una copia delle informazioni già presenti online ma vuole essere uno strumento complementare: sono richiamati i siti ufficiali ed è sempre presente un link a Google Maps. L’utiliz-zo migliore che si può farne è anzi proprio accanto a un computer o ad uno smartphone, per approfondire i contenuti e pianificare il viaggio. In tale prospettiva bisogna considera-re anche le schede sulle curiosità contenute nei box di fine pagina. Sono strettamente collegate all’i-tinerario proposto e costituiscono un buon argomento per attirare l’attenzione dei nostri figli: qual è l’origine del gioco delle biglie? I pappagalli parlano davvero? Quanti tipi di mulino esistono? Quando è nato il frisbee e perché si chiama così? Perché a Natale ci scambiamo i doni? A queste e a tante altre curiosità viene data risposta nella Guida 52 domeniche con i bambini in Romagna. IN

testo Serena Focaccia

Romagna in Famiglia

66 | IN Magazine

Viaggiare | 52 domeniche con i bambini

Page 67: IN Magazine Forlì 05/2013
Page 68: IN Magazine Forlì 05/2013

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