Pediatria magazine vol 2 | num 5 | 05-2012

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Teneteli d’occhio! La diagnosi precoce è decisiva per ridurre l’incidenza di temibili patologie oculari: il ruolo dei pediatri è quindi cruciale. Ma in Italia solo 1 bambino su 4 viene sottoposto a visita oculistica prima dei 3 anni di età, denuncia Paolo Capozzi del Bambino Gesù. pagina21 Come gestire le emergenze nelle malattie rare Dalla SIMGePeD un libro/dvd che sarà distribuito gratuitamente nei Pronto Soccorso per supportare medici e infermieri nella valutazione della sintomatologia di bambini e adulti con malattie rare. Identificati due nuovi Enterovirus La scoperta, ad opera del Presidente SITIP Susanna Esposito e del suo team, sottolinea la necessità di un attento monitoraggio degli Enterovirus che, oltre a essere responsabili di gastroenteriti e meningiti, possono avere un ruolo nelle polmoniti. Teenager italiani: un’epidemia di sedentarietà Una generazione seduta: ecco la fotografia che emerge dall’edizione 2011-2012 (la quindicesima) dell’indagine “Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti” della Società Italiana di Pediatria. pagina 18 pagina20 pagina6 Che la salute degli adolescenti sia intimamente legata a quella della po- polazione adulta è ormai un dato acquisito. Eppure, l’adolescenza con- tinua a occupare gli ultimi posti dell’agenda politica in molte zone del mondo, se possibile ancora più trascurata dell’infanzia, come testimonia il vasto approfondimento che a questo tema ha voluto dedicare l’autorevole testata britannica Lancet. Purtroppo o per fortuna, i rischi maggiori per la salute degli ado- lescenti derivano dai loro stessi comportamenti: abuso di alcol e sostanze, fumo, rischio di malattie sessualmente trasmissibili, in- cidenti stradali, alimentazione sbagliata. A questo si aggiunge, come testimonia l’indagine SIP “Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti”, una pericolosa epidemia di sedentarietà in buona parte attribuibile al sommarsi delle ore trascorse tra in- ternet e tv. Ecco perché gli interventi – di natura po- litica e sociale oltre che sanitaria – dovrebbero pre- vedere imponenti sforzi sull’educazione in chiave preventiva. Desta ancora più sconcerto quindi che dal Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (istitui- to e nominato con un atto bipartisan appena dieci mesi fa dopo una lunghissima gestazione) giunga un grido d’allarme: la struttura è paralizzata per la mancata approvazione del regolamento organizza- tivo da parte della Presidenza del Consiglio dei Mi- nistri. Un segnale che non induce all’ottimismo. La stagione difficile Magazine della Società Italiana di Pediatria www.sip.it volume 2 | numero 5 | maggio 2012 Mensile - Poste italiane spa - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/13/2011 - Un fascicolo e 25

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Pediatria magazine volume 2 | numero 5 | maggio 2012

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Teneteli d’occhio! La diagnosi precoce è decisiva per ridurre l’incidenza di temibili patologie oculari: il ruolo dei pediatri è quindi cruciale. Ma in Italia solo 1 bambino su 4 viene sottoposto a visita oculistica prima dei 3 anni di età, denuncia Paolo Capozzi del Bambino Gesù.

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Come gestire le emergenze nelle malattie rareDalla SIMGePeD un libro/dvd che sarà distribuito gratuitamente nei Pronto Soccorso per supportare medici e infermieri nella valutazione della sintomatologia di bambini e adulti con malattie rare.

Identificati due nuovi Enterovirus La scoperta, ad opera del Presidente SITIP Susanna Esposito e del suo team, sottolinea la necessità di un attento monitoraggio degli Enterovirus che, oltre a essere responsabili di gastroenteriti e meningiti, possono avere un ruolo nelle polmoniti.

Teenager italiani: un’epidemia di sedentarietà Una generazione seduta: ecco la fotografia che emerge dall’edizione 2011-2012 (la quindicesima) dell’indagine “Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti” della Società Italiana di Pediatria.

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Che la salute degli adolescenti sia intimamente legata a quella della po-polazione adulta è ormai un dato acquisito. Eppure, l’adolescenza con-tinua a occupare gli ultimi posti dell’agenda politica in molte zone del mondo, se possibile ancora più trascurata dell’infanzia, come testimonia il vasto approfondimento che a questo tema ha voluto dedicare l’autorevole testata britannica Lancet. Purtroppo o per fortuna, i rischi maggiori per la salute degli ado-lescenti derivano dai loro stessi comportamenti: abuso di alcol e sostanze, fumo, rischio di malattie sessualmente trasmissibili, in-cidenti stradali, alimentazione sbagliata. A questo si aggiunge, come testimonia l’indagine SIP “Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti”, una pericolosa epidemia di sedentarietà in buona parte attribuibile al sommarsi delle ore trascorse tra in-ternet e tv. Ecco perché gli interventi – di natura po-litica e sociale oltre che sanitaria – dovrebbero pre-vedere imponenti sforzi sull’educazione in chiave preventiva. Desta ancora più sconcerto quindi che dal Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (istitui-to e nominato con un atto bipartisan appena dieci mesi fa dopo una lunghissima gestazione) giunga un grido d’allarme: la struttura è paralizzata per la mancata approvazione del regolamento organizza-tivo da parte della Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri. Un segnale che non induce all’ottimismo.

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In questo numeroLe affiliate / SIMGePeD

Dalla SIMGePeD un libro/dvd per il personale dei Pronto Soccorso 18

La clinicaL’emofilia nel percorso di crescita 19

Identificati due nuovi Enterovirus in un annoIntervIsta a susanna esposIto 20

Teneteli d’occhio! IntervIsta a paolo CapozzI 21

Anoressia: il pediatra può coglierne segni e sintomi precocistefano vICarI 22

AlimentazioneJunk food, in attesa di una legge c’è sempre... il lettone di mamma e papàsabrIna buonuomo 23

Quando ambiente e salute vanno a braccetto 24

NewsAlert farmacia Cura dI marIna maCChIaIolo 26

Pedi@triaIl futuro della salutea Cura dI alberto e. tozzI 28

LibriLe avventure di una pediatra idealeIntervIsta a alessandro monestIer 29

News 30

Primo pianoIl mondo trascura gli adolescenti 4

Teenager italiani: un’epidemia di sedentarietà 6

Disturbi adolescenziali: colpa dei geni? 9

La politicaI bambini, cittadini di oggi, non di domaniIntervIsta a vInCenzo spadafora 10

Il pediatra non è solo il medico dei bambiniIntervIsta a Walter rICCIardI 12

AttualitàIl karate in soccorso dei piccoli pazienti oncologici 14

Protetti dal sole sì, ma come? 15

Pianeta SIP

Mamme e pediatri sul web 16

RegioniMarche: Una rete per il follow-up dei neonati piccolimarIa teresa GaettI 17

Pediatria anno 2 | numero 5 | maggio 2012

Magazine ufficiale della Società Italiana di Pediatria (SIP) via Gioberti 60 00185 Roma Tel. 06 4454912 www.sip.it [email protected]

DIreTTore ScIenTIfIco Alberto E. Tozzi

DIreTTore

Cinthia Caruso

reDazIone

Rino Agostiniani Sabrina Buonuomo Francesco De Luca Marina Macchiaiolo Domenico Minasi

reDazIone eDITorIale David Frati Manuela Moncada

PubblIcITà e PromozIone

Tiziana Tucci Tel. 06 862 82 323 [email protected]

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 586/2002

abbonamenTI 2012

Individuale E 40,00Istituti, enti, biblioteche E 80,00Estero E 120,00

PreSIDenTe Alberto G. Ugazio

conSIglIo DIreTTIvo Antonio Correra (Vicepresidente), Giovanni Corsello (Vicepresidente), Domenico Minasi (Tesoriere), Rino Agostiniani (Segretario), Luca Bernardo, Francesco De Luca, Paolo Colleselli, Marcello Lanari, Alberto Fabio Podestà, Luigi Cataldi, Riccardo Longhi, Maria Grazia Sapia, Gian Paolo Salvioli (Delegato della Conferenza Nazionale), Alessandro Fiocchi (Delegato del Consiglio Nazionale), Giuseppe Di Mauro (Delegato della Consulta Nazionale)

Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma Tel. 06 862 821 Fax 06 862 82 250 www.pensiero.it www.facebook.com/ PensieroScientifico twitter.com/ilpensiero

DIreTTore reSPonSabIle Giovanni Luca De Fiore

ProgeTTo grafIco e ImPagInazIone Typo srl, Roma

ImmagInI © 2012 Photos.com

STamPa

Arti Grafiche Tris, Roma maggio 2012

Teneteli d’occhio! La diagnosi precoce è decisiva per ridurre l’incidenza di temibili patologie oculari: il ruolo dei pediatri è quindi cruciale. Ma in Italia solo 1 bambino su 4 viene sottoposto a visita oculistica prima dei 3 anni di età, denuncia Paolo Capozzi del Bambino Gesù.

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Come gestire le emergenze nelle malattie rareDalla SIMGePeD un libro/dvd che sarà distribuito gratuitamente nei Pronto Soccorso per supportare medici e infermieri nella valutazione della sintomatologia di bambini e adulti con malattie rare.

Identificati due nuovi Enterovirus La scoperta, ad opera del Presidente SITIP Susanna Esposito e del suo team, sottolinea la necessità di un attento monitoraggio degli Enterovirus che, oltre a essere responsabili di gastroenteriti e meningiti, possono avere un ruolo nelle polmoniti.

Teenager italiani: un’epidemia di sedentarietà Una generazione seduta: ecco la fotografia che emerge dall’edizione 2011-2012 (la quindicesima) dell’indagine “Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti” della Società Italiana di Pediatria.

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Che la salute degli adolescenti sia intimamente legata a quella della po-polazione adulta è ormai un dato acquisito. Eppure, l’adolescenza con-tinua a occupare gli ultimi posti dall’agenda politica in molte zone del mondo, se possibile ancora più trascurata dell’infanzia, come testimonia il vasto approfondimento che a questo tema ha voluto dedicare l’autorevole testata britannica Lancet. Purtroppo o per fortuna, i rischi maggiori per la salute degli ado-lescenti derivano dai loro stessi comportamenti: abuso di alcol e sostanze, fumo, rischio di malattie sessualmente trasmissibili, in-cidenti stradali, alimentazione sbagliata. A questo si aggiunge, come testimonia l’indagine SIP “Abitudini e stili di vita degli ado-lescenti”, una pericolosa epidemia di sedentarietà in buona parte attribuibile al sommarsi delle ore trascorse tra in-ternet e tv. Ecco perché gli interventi – di natura po-litica e sociale oltre che sanitaria – dovrebbero pre-vedere imponenti sforzi sull’educazione in chiave preventiva. Desta ancora più sconcerto quindi che dal Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (istitui-to e nominato con un atto bipartisan appena dieci mesi fa dopo una lunghissima gestazione) giunga un grido d’allarme: la struttura è paralizzata per la mancata approvazione del regolamento organizza-tivo da parte della Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri. Un segnale che non induce all’ottimismo.

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Doveva essere proprio arrabbiata. E soprattutto stufa di mangiare sem-pre male a scuola. Forse ha pensato che i genitori non le avrebbero cre-duto se lo avesse spiegato solo a pa-

role. Martha ha così deciso di avvalersi della tec-nologia e, dopo aver convinto i suoi che quello che si mangiava a scuola era una vera schifezza con una serie di foto scattate a mensa, ha aperto un blog e ce le ha pubblicate. In calce un voto da uno a dieci, quanti bocconi servono per mangiare il pasto, e altri dettagli, compreso il numero di capelli trovati nel piatto. La Logchgilphead Pri-mary School in Scozia forse non si aspettava di ritrovarsi sugli schermi dei computer di così tan-te persone, ma Martha deve essere una persona sistematica. Il blog ha innescato una serie di reazioni fino a di-ventare il punto di confronto per gli scolari affa-mati di tutto il mondo. Dal 30 aprile i contatti sono circa un milione e mezzo, le foto arrivano da ogni angolo del pianeta con i commenti del caso. Non

si tratta sempre di pasti miseri e desolanti, qualche volta arrivano anche foto di piatti gustosi. E poi ci sono i consigli da parte di un gran numero di esperti. Di fronte al successo del blog di Martha e al numero di commenti raccolti, la scuola scozzese ha dovuto ritoccare i menu aggiungendo più frut-ta, verdura e pane. Ma il bello è che la discussione sull’appropriatezza dei menu scolastici ha improv-visamente occupato la scena sui media inglesi e americani. Oltre al fatto che Martha avrà certa-mente un futuro brillante, meritano attenzione un paio di dettagli. Martha ha 9 anni e non sappiamo come usa Internet oltre all’attività che riguarda la manutenzione del suo blog. È verosimile però che i suoi genitori l’abbiano aiutata e incoraggiata a mettere in atto questa specie di protesta tecnologi-ca. Ma la cosa interessante è che quello di Martha è un fulgido esempio di come affrontare un pro-blema attraverso la condivisione, portando all’at-tenzione del grande pubblico la propria esperien-za. E i risultati sono niente male: la scuola ha mi-gliorato l’offerta alimentare e tutti discutono di come migliorare le mense scolastiche. Ora, quando visitate un bimbo che va alle elementari, oltre ad assicurarvi che non faccia le ore piccole chattando sui social network, chiedetegli se ha un blog e se gli siete simpatici. Potreste improvvisamente trovarvi oggetto di discussione planetaria.

Viva la pappa col pomodoro!

Alberto E. Tozzi Coordinatore Area di Ricerca malattie

multifattoriali e fenotipi complessi, Ospedale Pediatrico

Bambino Gesù, Roma

dell’adolescenza. Quelli eclatanti come fobie scola-stiche, fughe, esordi anoressici e agiti suicidari è impossibile ignorarli. Nella maggioranza dei casi però il disagio, anche se grave, si esprime in modo meno appariscente, con forme di inibizione, bruschi cali del rendimento scolastico, isolamento e com-portamenti regressivi come tornare a dormire nel letto dei genitori. Con disturbi dell’umore e/o con sintomi fisici come cefalee e disturbi del sonno. So-no manifestazioni che a questa età esprimono il blocco e l’arretramento rispetto alla maturazione, ma che spesso non vengono riconosciute nel loro reale significato. Non perché l’ambiente circostante sia cieco e sordo, ma perché i ragazzi stessi si sforza-no di mascherare le difficoltà per mantenere una certa coesione interna. Altro elemento che confonde gli adulti è che spesso questi ragazzi sono stati bam-bini difficili da crescere, a casa e a scuola: a volte iperattivi e confusi, a volte troppo ordinati e con-trollati. Non va dimenticato poi che si registra un anticipo della pubertà sia nei maschi che nelle fem-mine e che le sollecitazioni ambientali inducono soggetti sempre più giovani a fughe in avanti che hanno il solo scopo di mascherare la propria imma-turità e fragilità. Una integrazione di competenze psicoterapeutiche e pediatriche è sempre di grande aiuto per molti dei nostri giovani pazienti.

Perché occuparsi dei segnali di disagio all’esordio dell’adolescenza quando le loro manifestazioni più tarde hanno quel carattere eclatante e drammatico che la cronaca mette sotto gli occhi di

tutti? Perché gli psicoterapeuti dell’età evolutiva, e – ne sono certa – anche i pediatri, sanno che i pro-tagonisti degli episodi di violenza individuale e di gruppo sono stati ragazzi difficili, spesso con una lunga storia di sofferenza fin dall’infanzia. Sanno che la pubertà, con le sue profonde e rapide tra-sformazioni fisiche e mentali, comporta una mo-mentanea destabilizzazione che può essere supera-ta solo quando la realtà del corpo sessualmente maturo viene accettata e integrata in un nuovo as-setto identitario che affonda le radici nel passato e si proietta nel futuro. Compito impegnativo per tutti e addirittura impossibile per chi abbia una fragilità interna fin dall’infanzia. Tuttavia quanti di noi hanno esperienze di Servizio Pubblico sanno che gli adolescenti delle cronache spesso non erano mai stati segnalati, né dalla scuola né dalla famiglia, e, se pure erano arrivati ad un Ser-vizio, ne erano usciti senza che si fosse attivato per loro un progetto di intervento. È quindi necessario chiedersi se sappiamo riconoscere i segnali di disa-gio che ragazzi e ragazze esprimono all’esordio

Quando è l’esordio dell’adolescenza a essere difficile

Bianca Micanzi Ravagli

Didatta e Docente nei Corsi di Specializzazione

Quadriennale dell’aIPPI, Associazione Italiana

di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Infanzia,

dell’Adolescenza e della Famiglia

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Una delle riviste mediche più impor-tanti al mondo, The Lancet, ha dedi-cato un grande approfondimento al tema dell’adolescenza. La “serie” pubblicata dalla testata britannica si

compone di un editoriale, tre commenti e quattro ampi studi che analizzano il ruolo chiave dell’ado-lescenza per la salute in età adulta, i determinanti sociali della salute in questa fascia di età, le poten-zialità a livello globale della prevenzione, e i dati attualmente disponibili su 25 indicatori in tutti i Paesi. La pubblicazione degli interventi è avvenuta in coincidenza con i lavori della 45esima sessione della Commissione delle Nazioni Unite su popola-zione e sviluppo (New York, 23-26 aprile 2012) che ha scelto come tema centrale proprio l’adolescenza.Numerosi fattori hanno contribuito alla definizio-ne dell’adolescenza come un periodo distinto della vita: la crescita della scolarizzazione (e con essa della divisione per fasce d’età), l’avvento dei social media, l’urbanizzazione. “Ma l’adolescenza ha an-che basi biologiche: molti dei comportamenti che associamo a questa età (per esempio la scarsa per-cezione del rischio) sono evidenti anche in altre specie animali, e numerosi studi hanno conferma-to che la nostra maturazione cerebrale si completa attorno ai 25 anni”, spiega Robert W. Blum della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora. Lo studio e la cura della salute dell’adolescente è disciplina relativamente nuova: sebbene l’International Pediatric Association sia stata fondata nel 1910, si è dovuto attendere il 1987 per la nascita dell’International Association of Adolescent Health. Negli Usa la Medicina dell’ado-lescenza esiste da circa cinquant’anni, ma in molti Paesi del mondo questo approccio si è diffuso da

pochi anni, con il risultato che non sono pochi gli operatori sanitari che hanno un training insuffi-ciente per una pratica clinica efficiente ed efficace con i pazienti adolescenti.Nei Paesi industrializzati (e sempre più anche nei Paesi in via di sviluppo) i tassi di natalità sono in costante declino, mentre i tassi di sopravvivenza in-fantile sono in crescita. Questo ha portato alla pre-senza oggi di quasi 2 miliardi di adolescenti nel mondo, l’86% dei quali nei Paesi in via di sviluppo. La salute degli adolescenti è intimamente legata alla salute della popolazione adulta, e quindi può porta-re a importanti ‘dividendi’ economici per le nazioni che sanno investire in questo ambito. In linea teori-ca quindi la situazione globale prefigura l’avvento di una possente forza-lavoro di giovane età e una con-seguente crescita economica, eppure le cose non stanno andando esattamente così: perché? Negli ul-timi 50 anni la salute infantile mondiale – sebbene permangano situazioni drammatiche – è migliorata decisamente più che quella adolescenziale. La mor-talità dei bambini under 5 è calata dell’80% in nu-merose zone del mondo, mentre i tassi di mortalità negli adolescenti hanno subito modifiche poco rile-vanti. Trascuratezza? L’adolescenza è centrale nelle agende sanitarie di molti Paesi in via di sviluppo, “Ma per avere un effetto decisivo ogni intervento dovrebbe impattare positivamente sulla vita quoti-

Il mondo trascura

gli adolescenti

1,4 milioni

Gli adolescenti che muoiono ogni anno

1 terzoLe ragazze sposate

prima dei 15 anni nei Paesi in via di sviluppo

(Cina esclusa)

127 milioni

I giovani tra i 15 e i 24 anni analfabeti

Qual è lo stato di salute degli adolescenti nel mondo? Quali sono i loro problemi più gravi e come potrebbero essere risolti? E soprattutto: cosa può fare la classe medica? Se lo domandano firme prestigiose sul Lancet

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diana degli adolescenti con le loro famiglie e i loro coetanei, contestualizzando rischi e fattori protet-tivi a livello sociale”, spiega Russell M. Viner del-l’Institute of Child Health dell’University College di Londra. “Gli interventi più efficaci sono proba-bilmente i cambiamenti strutturali che consentono agli adolescenti un accesso più agevole all’educa-zione e all’impiego e che riducono il rischio di le-sioni da incidenti stradali. Un altro aspetto crucia-le però è l’addestramento degli operatori e la capa-cità dei sistemi sanitari di rispondere ai bisogni specifici degli adolescenti”.I rischi maggiori per gli adolescenti derivano dai loro comportamenti: abuso di alcol e di sostanze, rischio elevato di malattie sessualmente trasmissi-bili. I tassi di mortalità variano molto a seconda delle zone del mondo prese in esame (nei Paesi in via di sviluppo sono quattro volte più elevati che nei Paesi industrializzati), ma le cause di morte principali sono nell’ordine le lesioni (in seguito a incidenti o auto-inflitte, come nel caso dei suicidi), le complicanze perinatali, le patologie infettive co-me HIV, meningite o tubercolosi, la malnutrizione e le patologie non trasmissibili. Per capire meglio le dimensioni del problema, le lesioni sono respon-sabili del 40% dei decessi nella fascia d’età 10-24 e meno del 10% nelle altre fasce d’età. Sottolinea Su-san M. Sawyer del Murdoch Children’s Research

Institute di Melbourne: “La gran parte dei decessi di adolescenti in tutto il mondo è prevenibile e questo giustificherebbe una forte azione a livello globale per invertire la tendenza”. Nuovi determi-nanti della salute adolescenziale stanno emergen-do: il marketing dei prodotti dannosi per la salute (tabacco, junk food troppo ricco di zuccheri, gras-si e sale, bevande alcoliche, energy drinks) si rivol-ge sempre più precipuamente e aggressivamente al target dei teenager. Spiega ancora la Sawyer: “Co-me gli agenti patogeni di un’epidemia, i mass me-dia sono vettori di stili di vita e prodotti commer-ciali che influenzano profondamente i comporta-menti degli adolescenti a livello globale, con una pervasività mai vista prima nella storia”.Come correre ai ripari, oltre che con l’impegno delle organizzazioni sanitarie internazionali e na-zionali? Con l’educazione, afferma con forza Sir Michael Marmot dell’University College di Lon-dra: “Nei Paesi in via di sviluppo fino a un terzo degli studenti che dovrebbero frequentare le medie o i primi anni delle superiori non va a scuola, negli Usa o nei Paesi più avanzati della UE la proporzio-ne è 1 su 25. Numerosi studi hanno dimostrato che la frequenza della scuola secondaria, e quindi una maggiore scolarizzazione degli adolescenti, au-menta salute e benessere, fa calare il tasso di gravi-danze indesiderate, costruisce un più solido senso di responsabilità per i ragazzi stessi e per la società. E i dati ci dicono anche che gli adolescenti scola-rizzati hanno anche figli con tassi di sopravvivenza nettamente più elevati”. (df)

L’UNICEF: “Troppi adolescenti restano indietro”Secondo il rapporto unIcef “Progress for Children. A Report Card on Adolescents” le necessità di molti, troppi adolescenti vengono trascurate. “Gli svantaggi imputabili alla povertà, all’appartenenza di genere o alla disabilità impediscono a milioni di adolescenti di realizzare il loro pieno diritto ad avere un’istruzione di qualità, a ottenere assistenza sanitaria, protezione e partecipazione”, dichiara il vicedirettore generale dell’unIcef Geeta Rao Gupta. “Questo studio rafforza la nostra comprensione dei problemi che affliggono gli adolescenti più poveri e svantaggiati. È tempo di soddisfare i loro bisogni, non dobbiamo lasciarli indietro”. Il rapporto individua l’Africa subsahariana come il luogo più pericoloso in cui vivere per un adolescente. Il numero di ragazzi nella regione è ancora in crescita, e si prevede che entro il 2015 l’Africa registrerà il più alto numero di adolescenti al mondo. Però in Africa subsahariana appena metà dei bambini completa il ciclo della scuola primaria, e l’occupazione giovanile rimane bassa. L’unIcef sottolinea l’urgenza di realizzare programmi e politiche a sostegno dei diritti di tutti gli adolescenti. L’adolescenza è una fase critica della vita in cui il giusto investimento può interrompere il ciclo della povertà e portare vantaggi economici, sociali e politici a adolescenti, comunità e nazioni. Gli adolescenti devono essere riconosciuti come veri agenti del cambiamento nelle loro comunità. Le politiche sociali, oltre a proteggere gli adolescenti e i bambini, dovrebbero anche fare leva sulla loro attitudine alla creatività, all’innovazione e all’energia per la risoluzione dei problemi che li riguardano.

Scarica il rapporto “Progress for Children. A Report Card on Adolescents” http://goo.gl/o5hNv

^̂^ Blum RW, Bastos FIPM, Kabiru CW, Le LC. Adolescent health in the 21st century. Lancet 2012; 379 doi: 10.1016/S0140-6736(12)60407-3.

^̂^ Resnick MD, Catalano RF, Sawyer SM, Viner R, Patton GC. Seizing the opportunities of adolescent health. Lancet 2012; doi: 10.1016/S0140-6736(12)60472-3.

^̂^ Sawyer SM, Afifi RA, Bearinger LH, Blakemore SJ et al. Adolescence: a foundation for future health. Lancet 2012; 379:1630-1640.

^̂^ Viner RM, Ozer EM, Denny S, Marmot M et al. Adolescence and the social determinants of health. Lancet 2012; 379: 1641-1652.

^̂^ Catalano RF, Fagan AA, Gavin LE et al. Worldwide application of prevention science in adolescent health. Lancet 2012; 379 DOI:10.1016/S0140-6736(12)60238-4.

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Una generazione seduta: ecco la fotografia che emerge dall’edi-zione 2011-2012 (la quindicesima) dell’indagine “Le abitudi-ni e gli stili di vita degli adolescenti” della Società Italiana di Pediatria, che ha coinvolto un campione nazionale rappresen-tativo di 2081 studenti (1042 maschi e 1039 femmine) fre-

quentanti la classe terza media. La causa principale di questa ‘epidemia’ di sedentarietà è il sommarsi del tem-po trascorso davanti alla televisione a quello trascorso a navigare su internet,

che dal 2008 è diventato un fenomeno di massa per gli adolescenti. Con l’aggravante che quest’anno la tv, dopo 4 anni di declino, sta tornando ad eserci-tare un certo fascino sugli adolescenti: per la prima volta da 3 anni a questa parte sono infatti di nuovo aumentati coloro che la guardano per più di 3 ore al giorno (dal 15,3 al 17,3%). Ma fiction e partite di calcio non si sostituiscono al PC e al web, che continua ad avere un trend in crescita. E così, se alle 4 ore giornaliere trascorse davanti a uno scher-mo si sommano le 4 ore passate sui banchi di scuo-la (stima riduttiva), l’ora e mezza destinata a pran-zo e cena e l’ora e mezza dedicata ai compiti, si arriva presto alle oltre 10 ore seduti. E se meno di

Teenager italiani:

un’epidemia di sedentarietà

Meglio un viaggio che andare in tv e… viva la MatematicaTra le sorprese positive, cresce la convinzione che

il razzismo sia qualcosa di inaccettabile (73,7%

del campione contro il 65,1% dello scorso anno),

mentre fra i desideri dei ragazzi “fare un bel viaggio”

supera nettamente “partecipare a una trasmissione

televisiva”, che viene surclassato persino da “essere

il primo della classe”. Sorpresa anche dalla scuola:

la materia preferita risulta essere... la Matematica.

Oltre il 60% trascorre tra le 10 e le 11 ore seduto: di queste, circa 4 davanti a uno schermo, televisione o computer che sia

32%Gli adolescenti che dichiarano di aver fumato

almeno una sigaretta

13 anniL’età considerata giusta

per il primo amore

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1 adolescente su 5 segue il tradizionale suggeri-mento dei pediatri di non superare le 2 ore al gior-no tra tv e computer, circa il 40% (44% nelle fem-mine) oltre alle 2 ore (lorde) di Educazione fisica previste dal l’orario scolastico o non pratica alcuna attività sportiva o pratica sport per meno di 2 ore alla settimana, come risulta da un approfondimen-to su adolescenti e sport che la SIP ha realizzato in collaborazione con la Federazione Medico Sporti-va Italiana (FMSI).“Questi dati ci preoccupano non poco”, afferma il Presidente SIP Alberto G. Ugazio. “La sedentarietà, come è noto, è un determinante importante del-l’obesità, quindi della sindrome metabolica come fattore predisponente delle principali malattie car-diovascolari degenerative e tumorali dell’adulto e dell’anziano. D’altro canto non bastano certo le 2 ore a settimane di sport per recuperare le tante ore passate seduti. Ulteriore conferma degli stili di vita errati è il fatto che il mezzo utilizzato più frequen-temente per andare a scuola è l’auto, utilizzata nel 43,1% dei casi”.

Nottambuli anche se c’è scuolaPiù di metà del campione va a letto ben oltre “Carosello” – tra le 11 e mezzanotte – anche se il giorno dopo si va a scuola. I baby nottambuli le ore notturne le trascorrono davanti alla tv o, molto più spesso, navigando su internet indisturbati, nella propria camera da letto. Il 68%, infatti, ha il Pc in camera da letto e il 61% la tv; il 45% li ha entrambi. “Andare a dormire troppo tardi”, spiega Giovanni Corsello, vicepresidente SIP, “altera il ritmo sonno-veglia necessario all’equilibrio metabolico del sistema nervoso centrale con conseguenze negative non solo sulle modalità cognitive ma anche sull’equilibrio psicologico, perché rende più fragili dal punto di vista emotivo, esponendo i ragazzi a fonti di ansia e stress che poi si traducono in maggiore ansia e nervosismo durante il giorno, nei rapporti con gli altri”.

Un dato positivo riguarda il bullismo. A dichiarare di aver assistito (qualche vol-ta o spesso) ad atti di bul-lismo è il 54% del cam-pione, contro il 61,5% re-gistrato lo scorso anno e il 75% del 2008. C’è però una realtà sommersa co-stituita dal cyberbullismo, ovvero persecuzioni, offe-se e molestie perpetrate in Rete, soprattutto attraver-so i social network: ne rife-risce già il 43% degli ado-lescenti. “Il bullismo ‘elettronico’ permette un maggiore anonimato del bul-lismo diretto o di quello indiretto di tipo sociale, ano-nimato che può far diminu-

ire il senso di responsabili-tà da parte di chi agisce, permettendo l’azione pre-varicante anche da parte di soggetti che nella con-flittualità sociale diretta non troverebbero la forza di agire”, commenta Lu-ca Bernardo, Consigliere nazionale SIP ed esperto di disagio giovanile. “Il cyberbullismo inoltre può essere maggiormente na-scosto al mondo degli adulti, a causa di una ge-nerale maggiore compe-tenza informatica e tecno-logica dei ragazzi rispetto

ai genitori o agli adul-ti in genere e alla scarsa possibilità di controllare le

comunicazioni inviate tra-

mite internet o tramite cellulare. Il cyberbullismo consente al bullo di diven-tare un ‘eroe multimediale’ e fa sì che la vittima non rimanga vittima una sola volta, ma diventi la vittima catturata dall’infinito spa-zio virtuale; e l’immagine (fotografia, film, etc.) che riprende la violenza subita (verbale, fisica) viene im-mortalata e resa intangibile nello spazio virtuale. Ciò comporta che il disagio della vittima aumenti in modo esponenziale: il si-lenzio, l’esclusione, il senso di impotenza, la mortifica-zione, la vergogna, il timo-re del giudizio degli altri che connotano ogni vitti-ma di bullismo diventano spesso insostenibili quan-do si è alla mercé di un atto di cyberbullismo”.

“Rinunciaci tu!”Dovendo rinunciare per forza – per un mese – a telefonino, computer o televisione, la maggioranza rinuncerebbe alla tv (47,1%) rispetto al computer (27,7%) e al telefonino (23,9%). “Al di là di come sono distribuite le risposte”, sottolinea il curatore dell’indagine Maurizio Tucci, “mi ha colpito l’alto numero di ragazzi e ragazze che non rispondendo alla domanda (o anche rispondendo) hanno aggiunto sul questionario a penna frasi del tipo: “Non posso rinunciare a niente”, “Non rinuncerei a niente” o più colorite, come “Fossi pazzo” o “Rinunciaci tu!”. Una conferma di quanto sostiene Costantino Gilardi, psicologo domenicano grande conoscitore dell’adolescenza, che indica che una delle maggiori criticità della nostra società – che così ha abituato le nuove generazioni – è rappresentata dall’incapacità alla rinuncia, sulla quale si dovrebbe invece fondare l’essenza dell’uomo”.

34,7%Le adolescenti che

hanno seguito almeno una volta una dieta

“fai da te”

50%Gli adolescenti

che regolarmente non fanno colazione

67,6%I ragazzi che

preferiscono la pizzeria a McDonald’s

Cala il bullismo ‘classico’, ma preoccupa quello sul web

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Poco conosciuti e sottovalutati dalle fami-glie e dai medici, i disturbi psichiatrici dell’età evolutiva – comportamenti vio-lenti e asociali, condotte rischiose, dipen-

denze da alcool e droghe, disturbi dell’umore – so-no in aumento e riguardano il 10-15% degli ado-lescenti. Eppure basterebbe riconoscere precoce-mente i segnali d’allarme e intervenire prima pos-sibile per evitare guai importanti. “Il disagio ado-lescenziale è una fase quasi fisiologica dello svilup-po, una tappa del processo evolutivo che può ma-nifestarsi in vari modi”, spiega Paolo Curatolo, Direttore dell’Unità di Neuropsichiatria infantile al Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma. “Ci sono adolescenti che internalizzano i disagi, altri che li esternalizzano: prevedere e riconoscere i segni del disagio permette ai genitori e allo spe-cialista di intervenire limitando il danno”. Facile irritabilità, cambiamenti repentini dell’umo-re, isolamento, perdita di interessi, scarsa tolleran-za alle frustrazioni sono campanelli d’allarme che devono indurre la famiglia a vigilare, a mettersi in ascolto, a ridurre per quanto possibile eventuali fattori ambientali di rischio creando attorno al ragazzo un ambiente protettivo che faciliti il cam-biamento evolutivo. Tra i fattori di rischio rientra il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), che negli Stati Uniti e in Europa interessa circa il 3-5% della popolazione pediatrica in età scolare e che in un terzo dei casi tende ad aggravar-si e a complicarsi. “Diversi studi recenti dimostra-no che è molto alta la percentuale di soggetti con disturbi psichiatrici che hanno avuto una pregres-sa ADHD”, sottolinea Curatolo. “Sappiamo che di questi bambini 1/3 migliora, 1/3 mantiene il di-sturbo e 1/3 peggiora al punto che va incontro a problemi psichiatrici nell’età giovanile tre volte più di chi non soffre di ADHD”. Il contesto sociale, la famiglia, la scuola hanno senz’altro un ruolo, ma da soli non bastano a spiega-re l’instaurarsi di disturbi dei quali fino ad oggi è sta-

ta data una lettura unicamente psicosociale. “In anni recenti”, aggiunge Curatolo, “lo sviluppo delle neuro-scienze pediatriche ha permesso di capire che queste manifestazioni hanno anche una causa organica. In questi soggetti c’è una predisposizione genetica, per questo anche il contesto famiglia va riletto e studiato in chiave biologica. È presente inoltre, visualizzabile con Risonanza Magnetica Cerebrale, una ritardata maturazione del lobo frontale. Di solito intervenire precocemente aiuta questi ragazzi a recuperare, a su-perare il disagio e a non cadere vittime di patologie

psichiatriche più gravi: il sostegno della fami-glia è fondamentale, ma ad esso bisogna associa-re il supporto neuropsi-chiatrico, il solo in gra-do di attuare e insegnare agli stessi genitori stra-tegie educative orientate al premio, perché un da-to è certo: punire questi ragazzi è assolutamente controproducente e ri-schioso”.

Disturbi adolescenziali: colpa dei geni?

^̂^ Arcos-Burgos M, Vélez JI, Solomon BD, Muenke M. A common genetic network underlies substance use disorders and disruptive or externalizing disorders. Hum Genet 2012; 131(6):917-29.

^̂^ Håvik B, Degenhardt FA, Johansson S et al. DCLK1 Variants Are Associated across Schizophrenia and Attention Deficit/Hyperactivity Disorder. PLoS One 2012; 7(4):e35424.

Allertare i genitoriCi sono situazioni e circostanze di criticità nelle quali la famiglia deve porre particolare attenzione al comportamento dell’adolescente:� se ha difficoltà ad ottenere buoni risultati a scuola pur essendo di intelligenza normale oppure ha un brusco calo del rendimento scolastico� quando viene escluso dal gruppo dei coetanei a scuola� in tutti i momenti di cambiamento (scolastico, famigliare, ambientale)� quando tende a frequentare persone disfunzionali alla sua età, ad esempio ragazzi più grandi� quando inizia a fumare o a bere molto e quando si allontana troppo dai comportamenti adeguati alla sua età.

Le neuroscienze pediatriche superano la tesi del contesto ambientale per dare dei disturbi psichiatrici una lettura genetica e biologica

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Grandi speranze e un diffuso senso d’orgoglio nazio-nale avevano accompagnato nell’estate 2011 l’isti-tuzione bipartisan (e votata praticamente all’una-nimità sia da Camera che da Senato) di un’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza con la Legge

112. Plauso generale anche per la nomina di Vincenzo Spadafora, che è stato il più giovane Presidente nella storia dell’UNICEF, sia in Italia sia nel mondo, che si è sempre battuto per i diritti dei bam-bini (con un occhio di riguardo a coloro che soffrono, ai più vul-nerabili) e che ha contribuito in modo importante all’approvazio-ne del Piano Nazionale dell’Infanzia. Ma ancora oggi, a quasi un anno di distanza e a dispetto delle dichiarazioni di facciata, non è stata ancora trovata una sede per l’Autorità e Spadafora ha dovu-to finora provvedere con mezzi propri alle esigenze organizzative e lavorative di vario genere.

Intervista a Vincenzo Spadafora

I bambini, cittadini di oggi, non di domani

A quasi un anno dalla

sua istituzione, l’Autorità Garante

per l’infanzia e l’adolescenza

è ancora impossibilitata

ad agire concretamente:

l’ennesima occasione perduta?

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L’istituzione di un Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza sin dal primo momento era sembrata il sintomo di una svolta culturale. La situazione di stand-by che la neonata figura sta già attraversando dopo pochi mesi deve farci pensare che in realtà questa svolta non ci sia ancora stata?È vero, non si può negare. L’impossibilità dopo tutti questi mesi di veder ancora approvato il nostro regolamento ci impedisce di lavorare. Molto semplicemente l’accesso ai fondi stanziati ci è ancora precluso. E dispiace soprattutto per le centinaia di richieste che già sono arrivate all’Authority, sia dalle associazioni che direttamente dalle famiglie. Spero vivamente che questa situazione si sblocchi, così da poter mettere il nostro ufficio nelle condizioni di lavorare quanto prima.

Visti i problemi, si è mai pentito di aver lasciato la presidenza di UNICEF Italia?La storia dell’UNICEF degli ultimi anni è stata anche la

mia storia. L’UNICEF ha praticamente sempre fatto parte della mia vita. Ma questa avventura a capo dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza è un’occasione talmente importante per i giovani del nostro Paese che non posso e non voglio avere ripensamenti, anche in questi primi momenti di difficoltà.

Quale impatto positivo potrebbe invece avere un Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza

(con i mezzi necessari ad agire) nell’Italia di oggi?Un impatto fondamentale. Basti pensare alla presentazione del nostro Rapporto al Parlamento, un’indagine da noi commissionata che ci ha raccontato che gli italiani sanno che esistono leggi a tutela dei diritti dei minori, ma quasi nessuno pensa alle istituzioni come punto di riferimento per la tutela dei più giovani. Vengono prima le associazioni, le parrocchie e le forze dell’ordine. C’è quindi molto da fare in questo senso ed è questa la vera sfida dell’Authority.

Come impatta la crisi economica sull’infanzia? La crisi, purtroppo, la stanno pagando anche i più giovani. Se era inevitabile all’inizio, ora però serve che tutti insieme, istituzioni innanzitutto, ci si renda conto che non si può non mettere al centro della ripresa i bambini e gli adolescenti. Ricordandoci, perché sembra essercene sempre bisogno, che prima di essere cittadini di domani le persone di minore età lo sono già oggi, cittadini.

Come deve cambiare l’approccio verso i minori stranieri? Una riforma della cittadinanza può aiutare?Il tema della cittadinanza, tanto caro anche al Presidente

Napolitano, va affrontato quanto prima e con un approccio positivo che deve pensare innanzitutto ai diritti di tutti quei bambini che arrivano nel nostro Paese e che, in molti casi, sono meno tutelati dei loro coetanei italiani. Va cambiato l’approccio nei confronti dei minori, perché sono sempre i più piccoli ad insegnare a noi adulti che le differenze le vediamo solamente noi.

I pediatri possono rappresentare un interlocutore importante per il Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza? Perché, e per fare cosa?Senza dubbio il ruolo dei pediatri oggi è importante, fondamentale. La vita frenetica delle famiglie italiane, sempre costrette a correre soprattutto quando i figli sono più di uno, può mettere i genitori in condizione di non riuscire ad avere sempre sotto controllo la salute dei propri figli. Senza colpe di sorta, ma a causa della frenesia della vita di oggi. I medici in questo senso, con i loro consigli e le loro cure, aiutano in maniera decisiva le coppie che oggi in Italia hanno sempre più bisogno di non essere lasciate sole. Ecco che anche i pediatri quindi rappresentano per l’Authority un’interlocuzione necessaria. (df)

Quali sono i poteri dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza? Questa nuova autorità amministrativa indipendente, già esistente in altri Paesi europei (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Norvegia, Portogallo, Spagna e Svezia), è un organo monocratico, con poteri autonomi di organizzazione, indipendenza amministrativa e senza vincoli di subordinazione gerarchica rispetto all’esecutivo. Il titolare è nominato d’intesa dai presidenti della Camera e del Senato, dura in carica quattro anni e il suo mandato è rinnovabile una sola volta. Il Garante esprime pareri sui disegni di legge e sugli atti normativi del Governo in tema di tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, segnala alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni situazioni di disagio di minori, e alla procura della Repubblica competente eventuali abusi. Può richiedere alle pubbliche amministrazioni nonché a qualsiasi soggetto pubblico informazioni rilevanti ai fini della tutela dei minori e anche accedere alle strutture pubbliche ove siano presenti minori. Può anche effettuare visite agli istituti di pena per i minorenni. Il Garante segnala al Governo, alle regioni o agli enti locali e territoriali, tutte le iniziative opportune per assicurare la piena promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, con particolare riferimento al diritto alla famiglia, all’educazione, all’istruzione, alla salute. Consulta la Legge 112/2011: http://goo.gl/3EoTj

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Nell’attuale scenario socio-economico, la sostenibi-lità sembra essere diventato il concetto-chiave del-l’assistenza sanitaria. Ce lo conferma Walter Ric-ciardi, Professore Ordinario di Igiene presso la fa-coltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cat-

tolica Sacro Cuore di Roma e fondatore dell’Osservatorio Nazio-nale per la Salute nelle Regioni Italiane. “Nell’attuale scenario socio-economico la sostenibilità del nostro sistema sanitario rap-presenta il principale obiettivo da perseguire da parte dei deciso-ri e degli attori che governano la domanda e l’offerta dei servizi per la tutela della salute dei cittadini. La sostenibilità dei servizi è, giorno dopo giorno, messa a maggior rischio dall’aumento in-controllato della domanda e dei bisogni – dovuto all’invecchia-mento della popolazione, all’insorgenza di nuove malattie e alla crescente innovazione tecnologica – nonostante gli sforzi econo-mici volti ad aumentare le risorse a disposizione. Ed è bene dire che questo vale per tutti i sistemi sanitari dei Paesi sviluppati, non solo per il nostro. Rendere l’assistenza sanitaria sostenibile non significa fare tagli trasversali alle varie voci di spesa del budget destinato alla Sanità, bensì andare a ridurre gli sprechi e la gestio-ne inappropriata delle risorse al fine di garantire a tutti, senza eccezioni, un servizio di qualità per tutelare quello che è il bene più prezioso di cui disponiamo, la nostra salute. In molti Paesi tra cui il nostro, difatti, sono documentate situazioni di significative disuguaglianze di salute nei diversi gruppi socioeconomici, a di-scapito quasi sempre delle fasce più deboli, a causa di modelli di allocazione delle risorse che non riescono più a rispondere alle odierne esigenze di efficacia, efficienza ed equità”.

La ricerca della sostenibilità mediante la riduzione della spesa è un male necessario o un potenziale stimolo riformatore?Se il sistema, fino ad oggi, avesse garantito alla cittadinanza un’erogazione dei servizi costosa ma appropriata e senza sprechi, si sarebbe potuto parlare di male necessario, nel senso di una razionalizzazione degli

obiettivi da raggiungere con un minor dispendio di risorse nel contesto della crisi globale. Invece il nostro sistema sanitario ha la peculiarità, universalmente riconosciuta, di raggiungere alti risultati in termini di outcome di salute nonostante vaste zone grigie dove l’inappropriatezza e gli sprechi condizionano il rapporto tra risorse impiegate e risultato. Basti ricordare che ormai più del 70% di un budget regionale è destinato in media alla sanità ed ai servizi socio-assistenziali. Ricercare la sostenibilità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, in questo preciso momento storico, può significare veramente puntare sul migliore volano di sviluppo possibile per tutto il sistema Paese. Per questo, mai

come in questo caso, la parola crisi va letta nel suo ambivalente significato di pericolo/opportunità.

In questo quadro, perché la salute materno-infantile diventa sempre più strategica?La salute materno-infantile rappresenta un’area prioritaria della salute pubblica non solo perché la gravidanza, il parto ed il puerperio in Italia sono la prima causa di ricovero per le donne, ma anche e soprattutto perché gli indicatori che servono a monitorarne la qualità sono, a livello internazionale, tra i migliori per valutare la qualità e la performance di tutta l’assistenza sanitaria di un Paese. Curare e vegliare sulla vita nascente è una sfida

Intervista a Walter Ricciardi

Il pediatra non è solo il medico dei bambini

Oggi che l’assistenza sanitaria deve sempre fare i conti con la sostenibilità, si fa più forte la consapevolezza che investire sulla salute materno-infantile è investire nel futuro del Paese

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che richiede grande responsabilità e competenza da parte dei medici e dei professionisti sanitari, anche perché investire nella salute materno-infantile significa investire nel futuro del nostro Paese.Anche per questo è ormai diffusa la consapevolezza che il pediatra, ambulatoriale od ospedaliero, non sia solo il medico dei bambini, ma costituisca un nodo imprescindibile nella rete regionale di valori, culture, persone ed organizzazioni a cui si richiede di essere sempre più competenti sui temi dell’infanzia e dell’adolescenza.

Come deve cambiare la professione medica per adeguarsi a questi mutamenti di prospettiva?

La Medicina moderna ha fatto nel corso dei secoli e ancor più repentinamente nell’ultimo trentennio progressi straordinari. L’aumento esponenziale delle dinamiche di complessità delle aziende sanitarie richiede una crescita personale e professionale dalla quale un buon professionista della salute non può assolutamente prescindere. Oggigiorno, ogni medico deve essere manager di se stesso, manager del suo tempo e delle sue risorse materiali ed immateriali, manager del proprio gruppo di lavoro e manager del contesto e dell’azienda dove lavora. L’adeguata comprensione della cultura manageriale e della leadership risulta ancora, troppo spesso, lontana dal

http://twitter.com/#!/Medici_Manager Il profilo della Società Italiana Medici Manager (SIMM)

percorso formativo di molti medici. Dura a morire è infatti l’errata percezione di molti neolaureati in Medicina e Chirurgia della dicotomia tra l’essere un clinico, focalizzato sul paziente, e l’essere gestore del budget destinato alla copertura dei costi dell’assistenza. Eppure, il solo fatto che il clinico operi in un contesto di risorse definite dovrebbe far capire che egli deve saperle anche amministrare per effettuare scelte non solo efficaci, ma soprattutto efficienti.

Di cosa si occupa la Società Italiana Medici Manager?La Società Italiana Medici Manager (SIMM) nasce nel 2006 dalla stretta collaborazione con la British Association of Medical

Managers (BAMM) e con l’American College of Physician Executives (ACPE) per promuovere, sviluppare e consolidare anche in Italia il ruolo e la funzione manageriale nella professione medica. Nella ‘vision’ della SIMM, il professionista sanitario – in primis, il medico – arricchisce il patrimonio personale di conoscenze cliniche e di esperienze relazionali, accumulato negli anni di studio e di pratica assistenziale, con strumenti di managerialità e gestione delle risorse che lo portano a guidare la parte di rete assistenziale di sua competenza in maniera scientificamente orientata e non discrezionale. Per questo per SIMM è strategicamente importante la partnership con le altre società scientifiche, per creare quel network e quella cultura di sistema che possa inserire le competenze e le conoscenze di ognuno in una rete che punti alla creazione di un valore maggiore e condiviso. In particolare SIMM è lieta di collaborare con la Società Italiana di Pediatria (SIP) proprio per l’estrema concretezza con cui insieme sono stati pensati, costruiti e poi condivisi progetti come il primo Libro Bianco “La salute dei bambini”, un’opera che nasce con lo scopo di analizzare in maniera uniforme ed aggiornata la molteplicità di tematiche che gravitano attorno alla salute ed all’assistenza del bambino e dell’adolescente con dati validi e confrontabili tra le realtà regionali italiane. (df)

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dell’Ospedale, supportati dai professionisti del Bambino Gesù, gli istruttori di “Kids Kicking Can-cer” affiancano i piccoli pazienti sia nella degenza sia nella riabilitazione extra-ospedaliera, promuovendo lezioni e corsi pratici per allenare il corpo, ma so-prattutto la mente, attraverso l’insegnamento di semplici tecniche di arti marziali. In questo modo i piccoli pazienti vengono aiutati a gestire il dolore, affrontare le cure e la terapia, a migliorare l’approc-cio psicologico ed emotivo nei confronti della ma-lattia. “La filosofia di questo approccio è racchiusa in tre parole: Power, la forza, Peace, la consapevolez-za della propria forza, Purpose, la missione finale che consiste nel far sì che i bambini diventino am-basciatori dell’approccio KKC nel mondo insegnan-do agli altri le tecniche apprese”, racconta Rabbi Elimelech Goldeberg, cintura nera di karate nonché professore di Pediatria alla Wayne State University School of Medicine, che ha fondato “Kids Kicking Cancer” dopo aver perso una bambina all’età di due anni a causa della leucemia. “L’eliminazione del dolore da tutte le procedure as-sistenziali che coinvolgono i bambini rappresenta uno standard proprio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù”, sottolinea Massimiliano Raponi, Direttore Sanitario della struttura romana, “e sul fronte dell’accoglienza e del miglioramento della qualità della vita dei nostri piccoli pazienti siamo quotidianamente impegnati a trovare nuove oppor-tunità di miglioramento”. “L’Oncologia pediatrica ha raggiunto risultati straordinari in termini di per-centuale di guarigione, riuscendo a eradicare la pa-tologia tumorale ormai in più del 75% dei bambini che si ammalano”, sostiene Franco Locatelli, Diret-tore del Dipartimento di Onco-ematologia pediatri-ca del Bambino Gesù. “Curare, tuttavia, vuol dire prendersi cura a 360° del benessere psicofisico dei pazienti e della loro famiglia e iniziative come queste contribuiscono a migliorare la qualità di vita dei piccoli, il loro contatto con le attività ludico-sporti-ve e a canalizzare positivamente le tensioni legate al percorso di diagnosi e cura”.

Dalle arti marziali un aiuto ai bambini pazienti oncologici o affetti da patolo-gie croniche per affrontare e gestire al meglio la quotidianità. L’iniziativa na-

sce da una partnership tra l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù e “Kids Kicking Cancer”, organiz-zazione no profit nata nel 1999 negli Stati Uniti che dalla sua fondazione a oggi ha assistito oltre 5mila bambini, collaborando con i principali ospedali degli Usa e del Canada. L’Italia è il primo Paese in Europa in cui l’associazione ha avviato la propria attività, inaugurando una sede nazionale ed av-viando un primo progetto pilota. “Quando ad am-malarsi è un bambino piuttosto che un adulto, ri-uscire a garantirgli una vita il più possibile norma-le aiutandolo ad accettare la malattia, incoraggian-dolo e motivandolo diventa importante come in-dividuare il trattamento migliore cui sottoporlo. Per questo l’Ospedale ha accolto con favore l’ini-ziativa”, spiegano dal Bambino Gesù.Il progetto coinvolge nella sua fase iniziale 15 bam-bini e ragazzi del reparto di Onco-ematologia, ma l’iniziativa si allargherà anche ai piccoli affetti da fi-brosi cistica e da altre patologie croniche. All’inter-no di un ambiente sicuro e controllato come quello

Il karate in soccorso dei piccoli

pazienti oncologici

Primo progetto

europeo del Kids Kicking

Cancer all’Ospedale

Bambino Gesù di Roma

http://twitter.com/#!/Breathbrake Il profilo di “Kids Kicking Cancer”

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Attu

alità

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Come ogni anno con l’avvicinarsi della stagione estiva i mass media iniziano a diffondere i consigli per una corretta esposizione alla luce solare di adulti e bambini che da più parti – più o meno correttamen-te e più o meno autorevolmente – vengono stilati. I pediatri non fan-

no eccezione, e doverosamente si impegnano a dare buoni consigli alle famiglie per una piacevole e sicura vacanza al mare o in montagna: non dimenticare mai creme solari ad alta protezione, cappellino e occhiali da sole, una pomata per eventuali scottature e un collirio. Del resto è ben noto che una esposizione troppo prolungata ai raggi ultravioletti (UV) può portare a una serie di danni all’epidermide, dalla semplice scottatura ai tumori, e quindi proteggersi e pro-teggere i bambini con creme e filtri solari è assolutamente essenziale e può rappresentare una forma di prevenzione del cancro altamente costo-efficace.

Ma quanti pediatri scendono in particolari quan-do dispensano questo tipo di consigli ai familiari dei loro piccoli pazienti? Per esempio, cosa sugge-rire sulle modalità di applicazione delle creme so-lari e sulle quantità? Per la misurazione dei fattori di protezione solare (sun protection factors, SPFs) la quantità standard di crema applicata che viene presa in considerazione dalle autorità di controllo UE è 2 mg/cm². Numerosi studi però hanno dimo-strato che le persone tendono ad applicare una quantità di crema solare molto inferiore a questa (in media tra 0,5 e 0,75 mg/cm²), e poiché esiste una correlazione diretta dimostrata in letteratura tra quantità di crema solare applicata e quantità di SPF, la protezione dalla luce solare tende ad essere meno efficace di quanto crediamo. Applicare una quantità congrua di crema, in modo da raggiun-gere effettivamente il fattore di protezione solare indicato sulla confezione e quindi avere una effet-tiva protezione dai danni all’epidermide è essen-ziale, non solo per i soggetti con fotodermatosi, fotoallergie, fotosensibilizzazione da farmaci o

immunosoppressione o per i bambini più piccoli, ma per tutti.Studi effettuati mediante la innovativa tecnica di imaging denominata spettroscopia IR a trasforma-ta di Fourier (FT-IR) in vivo hanno permesso di testare le performance di protezione di differenti quantità di crema solare (rispettivamente 0,5, 1 e 2 mg/cm²). È emerso con chiarezza che solo nel caso di un’applicazione di 2 mg/cm² si ha una pro-tezione dell’epidermide pressoché totale. Con 1 mg/cm² si ottiene una protezione decisamente in-feriore seppur comunque accettabile, ma ‘a mac-chia di leopardo’, con aree di epidermide poco o per nulla protette. Con quantità inferiori di crema applicata la protezione è largamente insufficiente o del tutto assente.Se si mette a confronto poi la modalità di applica-zione delle creme solari, si scopre che esiste una grande differenza di performance tra un’unica ap-plicazione di crema SPF 50+ e due applicazioni. Quindi l’approccio “applicazioni ripetute di cre-ma” dovrebbe essere quello consigliato ai piccoli pazienti e ai loro familiari, proprio alla luce della tendenza a lesinare i prodotti per la protezione so-lare illustrata precedentemente.

Protetti dal sole sì, ma come?

>50%Esposizione ai raggi

solari concentrata nei primi 19 anni di vita

x2Gli studi dimostrano

che le scottature solari durante l’infanzia

possono raddoppiare il rischio di tumore

cutaneo

-78%Diminuzione

del rischio di nmSc (Non-Melanoma Skin

Cancer) con uso regolare di filtri solari

durante i primi 18 anni di vita

Col ritorno dell’estate è importante

consigliare alle famiglie non solo di proteggere

la pelle con creme e filtri solari, ma di farlo

in modo corretto

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Attu

alità

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I l questionario “Mamma quanti dubbi” su Facebook, che ha coinvolto circa 500 mamme di tutta Italia, ha rivelato che pediatra e internet sono le due fonti a cui le mamme si rivolgono più spesso quando vogliono informarsi sulla salute del proprio figlio. Al pediatra si rivolge circa il

66% delle mamme, mentre la percentuale di coloro che si rivolgono al web è il 60%. Ma il vero picco di preferenze si raggiunge quando queste due fonti di informazione si combinano insieme: una larga maggioranza di mamme, 3 su 4, ritiene infatti la possibilità di interagire con uno specialista via web, forum o chat, lo strumento online migliore per avere informazioni chiare e autore-voli sulla protezione e la cura del proprio bambino.

Questi e altri risultati del questionario sono stati il punto di partenza da cui è nato il portale “Crescere Protetti”, sviluppato con la consulenza scientifica della Società Italiana di Pediatria e della SItI (Società Italiana di Igiene). Molteplici sono le tematiche af-frontate nel portale, per cercare di coprire tutti gli aspetti che riguardano la cura e la protezione del neonato e il benessere della neo-mamma: il sonno del bebè, l’allattamento, l’igiene, la cura del seno, i servizi e i corsi per la mamma, la riscoperta della vita di coppia e come affrontare il ritorno alla vita lavorativa. Un’informazione online di qualità, svi-luppata nel rispetto dello standard HON – Health on the net. Tutti i temi medici sono stati trattati da pe-diatri della SIP. I pediatri che fanno parte della task force di “Crescere Protetti”, oltre a garantire una ri-sposta tempestiva alle mamme nel giro di 48 ore sulle tematiche generaliste, interverranno anche a rotazione ogni mese durante sessioni di chat live, in cui verranno affrontati gli argomenti più interessan-ti segnalati dalle mamme stesse.“Il pediatra resta la figura più autorevole a cui rivol-

gersi per avere i consigli più appropriati sulla crescita e la protezione del proprio bambino”, commenta Alberto G. Ugazio, presidente SIP. “Il

web 2.0 è un’ottima opportunità per miglio-rare ulteriormente il rapporto mamma-

pediatra: offre a quest’ul-timo nuovi canali di co-

municazione da percorrere e padroneggiare al meglio, per

riuscire a essere nello stesso tempo divulgativi, ma senza perdere di vista

la correttezza scientifica dei contenuti. La SIP ha sposato pienamente que-sto progetto perché è un utile strumento per aiuta-

re le mamme nel loro ruolo al tempo stesso bellissi-mo e impegnativo, nonché una piattaforma di dia-logo e confronto tra loro e i pediatri”. Uno tra i temi emersi dal questionario e che sarà af-frontato all’interno del portale www.crescereprotetti.it dagli specialisti della SItI è l’igiene del proprio bambino. Per 3 mamme su 4 igiene è sinonimo di salute. “Raggiungere e mantenere un appropriato livello di igiene consente alla mamma e al proprio bambino di affrontare tutti gli aspetti della vita quo-tidiana senza ansie eccessive”, spiega Carlo Signorel-li, membro della SItI. “È bene che una mamma cono-sca la differenza tra pulire e igienizzare, e venga mes-sa al corrente, senza estremizzazioni, di tutte quelle situazioni in cui è necessaria una più completa pro-tezione da germi e batteri che solo l’igienizzazione è in grado di assicurare”. La campagna “Crescere Pro-tetti” è un progetto educazionale che prevede, oltre al lancio del portale, che sarà costantemente aggior-nato e arricchito da nuovi contenuti, anche la distri-buzione di materiale informativo all’interno degli studi pediatrici. L’obiettivo ambizioso è quello di di-venire il punto di riferimento per tutte le mamme italiane, offrendo loro un costante supporto in tutti gli aspetti che riguardano la cura e la protezione del loro bambino. Il progetto è realizzato grazie al con-tributo incondizionato di Napisan-Dettol.

Ricordo di Dino GaburroProfessore Emerito della Clinica Pediatrica dell’Università di Verona, è stato presidente SIP dal 1982 al 1985

È sempre un compito triste, ma anche un grande onore, commemorare il proprio Maestro. E Dino Gaburro è stato un Maestro speciale perché profondo conoscitore del bambino e delle sue malattie e perché ci ha sempre fatto vedere che le conoscenze scientifiche da sole non ci facevano pediatri. La comunità pediatrica italiana ha chiesto al professore di essere prima Presidente della SIPPS e poi della SIP. Prima a Padova con Giancarlo Bentivoglio, poi a Ferrara e per un lungo periodo a Verona, Dino Gaburro ha fatto crescere moltissimi allievi che si sentono tutti appartenenti alla sua Scuola, indipendentemente dal fatto che siano rimasti nel mondo accademico o che abbiano svolto la loro attività in ambiente ospedaliero o sul territorio.

A nome di tutti gli allievi, Luciano Tatò e Attilio Boner

Mamme e pediatri sul webUn nuovo portale web diviso per fasce di età e strutturato a specchio, con sezioni dedicate al bambino e altre rivolte alla mamma, per sottolineare come la crescita sia un percorso da affrontare insieme

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Pia

neta

SIP

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Nell’ambito della Sezione Regionale SIP Marche è stato costituito nel 2008 il Gruppo di studio di Endocrinologia Pediatrica, che ha dato vita alla Rete En-

docrinologica Pediatrica Marchigiana. Il lavoro del Gruppo è rivolto a promuovere l’interesse tra i col-leghi per questa branca della Pediatria, a standar-dizzare e condividere linee-guida comuni e aggior-nate e a definire percorsi clinico-assistenziali inte-grati tra il territorio e l’ospedale. Il Gruppo ha messo a punto un progetto di Rete Assistenziale per il follow-up auxologico ed endo-crinologico del Neonato Piccolo per Età Gesta-zionale (SGA) e per la classificazione auxologica e il monitoraggio delle complicanze a breve e a lun-go termine. Per individuare la prevalenza degli SGA nel territorio marchigiano da inserire nel follow-up, la Rete ha svolto un’indagine conosci-

tiva sui nati nel 2009 e 2010 con l’obiettivo di in-dividuare il numero di nati con peso e/o lunghez-za <3° percentile (tabelle di Gagliardi). Il dato emerso è che, nelle Marche, i nati SGA sono stati l’1,9% nel 2009 e l’1,6% nel 2010: una popolazio-ne inferiore a quella riportata in letteratura. Que-sto è un dato importante perché significa che ogni anno in questa Regione solo un piccolo nu-mero di bambini SGA dovrebbe presentare pro-blemi di catch-up growth. Il follow-up prevede il sistematico controllo dei parametri antropome-trici: misura del peso, della lunghezza e della cir-conferenza cranica ogni 3 mesi nel primo anno di vita (parametri auxologici corretti per età gesta-zionale) e ogni 6 mesi successivamente, quindi l’identificazione dei bambini che non hanno avu-to catch-up growth entro i 2 anni. Se permane scarsa crescita dopo i 2 anni, vanno effettuati gli accertamenti specifici. Ma le attività del Gruppo non si limitano a que-sto importante progetto. Nel 2011 è iniziato il lavoro dell’Osservatorio delle Tiroiditi Giovanili con l’obiettivo di individuare l’incidenza della patologia tiroidea nella Regione, valutare se si è verificato un anticipo nell’età di esordio, seguire l’evoluzione clinica, individuare eventuali fattori predittivi all’esordio. Nel 2012 si prevede l’avvio del Registro clinico regionale della Sindrome di Turner.

Marche

Una rete per il follow-up dei neonati piccoli

Maria Teresa GaettiPast President SIP Marche

Reg

ioni

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Esce “Urgenza nelle malattie rare geneti-co-metaboliche. Un supporto per il personale medico ed infermieristico” (Edizioni Controvento), un volume (e

dvd) curato da Generoso Andria, Daniela Melis, Lucia Santoro e Angelo Selicorni con la collabo-razione di altri 25 pediatri italiani per conto della Società Italiana di Malattie Genetiche e Disabili-tà Congenite (SIMGePeD). Grazie al Gruppo Recor-dati sarà distribuito gratuitamente in modo capil-lare nelle oltre 770 unità di Pronto Soccorso in tutta Italia.Si stima che oltre il 50% delle malattie rare – circa 8.000 – interessi oggi l’età pediatrica e che almeno l’80% di esse abbia base genetica. Ciò dimostra co-me sia importante garantire ad adulti e bambini affetti da malattie rare un accesso sicuro al Pronto Soccorso per problematiche urgenti, riducendo il rischio di sopravvalutazione e sottovaluta-zione del problema. L’intenzione dichiarata degli autori del libro è di aiutare in primo luogo il personale del Pronto Soccorso, ma anche i pediatri di famiglia e i medici di Medicina generale ad affrontare la gestio-ne di un ampio gruppo di malati rari af-fetti da sindromi malformative comples-se o da patologie metaboliche. La docu-mentazione si propone come uno stru-mento di consultazione rapida, imme-diata e concreta, che permetta a chi accoglie il paziente di valutare in tempo molto breve se la sintomato-logia può essere l’espressione di complicanze o, al contrario, è da riferirsi ad un comune problema pediatrico.Angelo Selicorni, Presidente SIMGePeD, spiega: “La nostra Società scientifica, parte della grande famiglia della Società Italiana di Pediatria, ha molto chiaro che per una buona assistenza a ogni malato raro è indispensabile un contributo adeguato e complementare da parte di ogni snodo della rete sanitaria. Di questa rete fanno certamen-te parte i colleghi che lavorano presso strutture di Pronto Soccorso o i colleghi della medicina del ter-

ritorio, che, per tipolo-gia di preparazione, non possono essere a cono-scenza della storia natu-rale di un numero così elevato di condizioni ra-re e complesse. Il testo/dvd da noi proposto vuole quindi essere un piccolo ma concreto aiuto per la loro pratica clinica di tutti i giorni che speriamo possa ave-re ricadute altrettanto significative sull’assi-stenza quotidiana ai bambini con malattia rara”. “La Società Italia-na di Pediatria”, ha sot-tolineato Giovanni Cor-sello, Vicepresidente SIP, “ha tra i suoi obiettivi anche quello di poten-ziare e rafforzare le co-noscenze e le competen-ze dei pediatri italiani sulle malattie rare, cro-

niche e complesse. In questa ottica, questo im-portante testo cartaceo e dvd si rivela uno stru-mento utile anche per le famiglie e le associazioni, ormai parte attiva nella gestione della salute dei bambini fragili e con bisogni particolari”. Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, commenta: “È uno strumento di conoscenza e di aiuto concreto tutte le volte in cui, in una situazione d’urgenza o di emergenza, si impatta con un malato raro. Co-me tale, il volume si affianca ed integra altre inizia-tive che affrontano, da diversi punti di vista, il complicato problema dell’approccio al malato raro in condizioni di acuzie, come Orphanet urgenze, un programma tuttora in fase di sviluppo, che con-tiene raccomandazioni per il trattamento in con-dizioni d’urgenza delle persone affette da una ma-lattia rara”.

Dalla SIMGePeD un libro/dvd

per il personale dei Pronto Soccorso

Uno strumento di consultazione rapida, immediata e concreta

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I primi sintomi dell’emofilia emergono intorno ai 6/9 mesi, quando il bam-bino comincia a stare seduto o a camminare. Nei bambini con emofilia grave, in particolare, possono essere presenti ecchimosi nelle parti del cor-po tramite le quali vengono sollevati o sorretti. I primi segnali di un’emor-

ragia sono una tumefazione dolorosa o il rifiuto del bambino a muovere un braccio o una gamba. Il sospetto di un difetto della coagulazione deve insorgere alla presenza di una grave emorragia spontanea e/o di un sanguinamento a livel-lo di muscoli o articolazioni non giustificato da traumi, o sporporzionato ad essi. Le articolazioni più comunemente colpite sono il ginocchio, la caviglia, il gomito, la spalla e l’anca. I bambini sono più soggetti degli adulti agli episodi emorragici e il numero di emorragie è imprevedibile. In assenza di un adeguato trattamento, emartri ripetuti a livello di una stessa articolazione provocano de-formità, impotenza funzionale e dolore cronico. Gli ematomi frequenti se non adeguatamente trattati provocano un danno muscolare evolutivo e invalidante.

Il primo step diagnostico consiste nell’effettuare le analisi del sangue per misurare il tempo di trom-boplastina parziale (PTT). In caso di emofilia risul-ta sempre più lungo del normale e appare corretto se ripetuto dopo miscela con plasma normale. La conferma e la tipizzazione dell’emofilia (se di tipo A o B, se grave, moderata o lieve) vengono valuta-te in base al dosaggio delle proteine plasmatiche carenti (fattore VIII o fattore IX).Spiega Angelo Claudio Molinari, responsabile del-la Struttura Semplice di Trombosi ed Emostasi del Dipartimento di Ematologia ed Oncologia dell’Isti-tuto Giannina Gaslini di Genova: “Il bambino con emofilia deve essere adeguatamente informato sul-la sua patologia in modo da poterla gestire, ma non deve essere iper-protetto. Deve poter partecipare

ad ogni attività didattica e sportiva, così come prendere parte alle attività manuali e partecipare alle gite, condividendo con i genitori eventuali ac-cortezze riguardo la gestione dell’emofilia. Un dia-logo efficace con gli educatori e con i coetanei è un passaggio importante per avere intorno persone che possono supportare il bambino o il ragazzo nella gestione dell’emofilia. L’attività fisica è salu-tare sia per il corpo che per la mente anche per un paziente emofilico. Camminare, nuotare, correre, aiutano ad irrobustire la muscolatura e a stabiliz-zare le articolazioni. Per l’alto rischio di lesioni che possono provocare emorragie interne sono scon-sigliati sport quali rugby, pugilato, judo e karate. È importante che i genitori di pazienti emofilici si informino sempre sui centri emofilia esistenti nei luoghi nei quali si recano con i loro figli. Imparare quanto più possibile sul proprio disordine emor-ragico e capire che impatto può avere sulla propria vita è il miglior modo per mantenere uno stile di vita sano, ridurre lo stress ed evitare rischi inutili”.Gli attuali trattamenti non solo salvano la vita dei pazienti ma ne migliorano la qualità, riducendo al minimo dolore e immobilità, limitando le difficol-tà e favorendo l’inserimento a scuola e nella vita sociale. Non esiste una terapia risolutiva per l’emo-filia, ma le complicanze si prevengono con l’inie-zione endovenosa di concentrati del fattore caren-te. Le persone affette da forma grave necessitano di terapia continua (profilassi), mentre nelle forme lievi la terapia sostitutiva si effettua solo in seguito a traumi o in previsione di eventi (operazioni chi-rurgiche, estrazioni dentarie). La profilassi è lo standard per i bambini affetti da emofilia grave ed è lo strumento per permettere ai bambini e alle loro famiglie di condurre una vita normale.

L’emofilia nel percorso

di crescitaL’accettazione della malattia,

la gestione del quotidiano, l’inserimento nel percorso scolastico

e nei rapporti interpersonali sono alcune delle difficoltà

che il bambino emofilico affronta

Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo)La FedEmo (www.fedemo.it) è una Onlus che riunisce 33 associazioni locali che tutelano i bisogni sociali e clinici di circa 8.500 persone affette da disturbi congeniti della coagulazione e delle loro famiglie. Gli obiettivi:� promuovere e coordinare attività per migliorare l’assistenza clinica e sociale degli emofilici e potenziare la ricerca scientifica e la terapia genica nel settore delle malattie della coagulazione;� stimolare e sostenere i Centri per l’Emofilia e contribuire al sorgere di servizi di emergenza emorragica più vicini ai luoghi di domicilio dei pazienti;� rappresentare le istanze e i bisogni della comunità degli emofilici davanti alle Istituzioni;� promuovere attività di counseling e informazione ai pazienti e diffondere la conoscenza della malattia presso l’opinione pubblica.

Bambini e ragazzi: i progetti di FedEmo PUER (Progettiamo Un’Esperienza Ripetibile): nasce nel 1999 per rispondere alla richiesta di sostegno da parte dei genitori di bambini emofilici. Uno strumento per rompere l’isolamento percepito dai genitori di fronte ad una condizione dei loro figli, per condividere una storia con persone che vivono la stessa condizione, per fa crescere il senso di appartenenza a una comunità. DNA (Di Nuovo Assieme): perché ogni paziente (bambino, adulto e adolescente) impari a conoscere l’emofilia, ad accettarla e a convivere con essa attivamente. Obiettivi: formare una rete di figure di riferimento, realizzare attività sul territorio regionale, costituire gruppi di lavoro multidisciplinari per fornire a genitori e bambini sostegno per affrontare insieme le sfide quotidiane e il percorso di crescita.

8500Pazienti affetti

da emofilia e malattie emorragiche

congenite in Italia

70%Pazienti di sesso

maschile

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Lei e il suo gruppo di lavoro avete di recente individuato in un bambino della Lituania affetto da polmonite un virus mutato. Di cosa si tratta? Si tratta di un Enterovirus che ha nel genoma virale delle sequenze diverse da quelle descritte in precedenza. Nel corso di uno studio multicentrico internazionale da me coordinato sull’eziologia della polmonite di comunità (chiamato CAP-PRI, Community-Acquired Pneumonia Pediatric Research Initiative) abbiamo rilevato un Enterovirus differente che, dopo approfondite analisi, è stato classificato come Enterovirus 117 ed è stato pubblicato nella banca dati internazionale dei Picornavirus (visibile all’indirizzo http://www.picornastudygroup.com/types/enterovirus/ev_types.htm).

Che differenze presenta nelle manifestazioni cliniche rispetto agli altri? Abbiamo identificato un unico caso e, di conseguenza, sono necessari ulteriori dati per conoscere le possibili

modalità di presentazione clinica di questo nuovo tipo virale. Certamente però questa scoperta sottolinea la necessità di un attento monitoraggio del ruolo degli Enterovirus nella patologia infettiva pediatrica.

Ci sono implicazioni dal punto di vista della diagnosi? Questa scoperta rivela come le metodiche di Biologia molecolare siano sempre più importanti non solo nelle ricerche più complesse ma anche nella gestione routinaria del paziente. Laddove vi siano quadri clinici particolarmente complicati e risultati laboratoristici diversi dall’atteso, è sicuramente importante procedere, dopo una prima valutazione, con tecniche di sequenziamento che possano permetterci di fare nuove rilevazioni, come nel nostro caso.

Gli Enterovirus finora sono stati ritenuti responsabili di gastroenteriti e meningiti, mentre ora vediamo che sono responsabili

Intervista a Susanna Esposito

Identificati due nuovi Enterovirus in un anno

La scoperta sottolinea la necessità di un attento monitoraggio del ruolo degli Enterovirus nella patologia infettiva pediatrica

anche di polmoniti. Cosa cambia? Questa informazione sottolinea l’importanza degli Enterovirus nella patologia infettiva pediatrica e la necessità del loro monitoraggio così da comprenderne meglio le loro caratteristiche di patogenicità.

Cosa può dirci dell’ulteriore ceppo di Enterovirus categorizzato come 118 e identificato in Israele e a Padova? In due bambini ricoverati in Israele per polmonite alveolare, abbiamo identificato un Enterovirus che proprio pochi giorni fa ci è stato confermato essere un ulteriore nuovo virus, l’Enterovirus 118. È davvero molto emozionante avere identificato due nuovi Enterovirus in un anno. Di certo, tutto ciò sottolinea l’importanza di monitorare con attenzione in futuro le caratteristiche degli Enterovirus circolanti e il loro impatto sulle patologie pediatriche.

^̂^ Linsuwanon P, Puenpa J, Suwannakarn K, Auksornkitti V, Vichiwattana P, Korkong S, Theamboonlers A, Poovorawan Y. Molecular epidemiology and evolution of human enterovirus serotype 68 in Thailand, 2006-2011. PLoS One 2012;7(5):e35190.

^̂^ Pelkonen T, Roine I, Anjos E, Kaijalainen S, Roivainen M, Peltola H, Pitkäranta A. Picornaviruses in cerebrospinal fluid of children with meningitis in Luanda, Angola. J Med Virol 2012;84(7):1080-3. doi: 10.1002/jmv.23304.

Ogni volta che un gruppo di ricerca identifica un virus con un’identità nucleotidica inferiore al 75% e un’identità aminoacidica inferiore all’88% rispetto agli Enterovirus precedentemente descritti in lettera-

tura, è importante che lo segnali al gruppo di studio internazio-nale sui Picornavirus perché potrebbe trattarsi di un nuovo tipo virale. È quanto successo al team di Susanna Esposito, Presiden-te della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP) e pri-mario del reparto Pediatria 1 Clinica presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

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Quali sono i principali problemi oculari nell’infanzia? E quando incide la prevenzione? Non c’è dubbio che lo strabismo rappresenti la patologia oculare più frequente nell’età pediatrica: infatti la sua incidenza varia tra il 3 ed il 5% della popolazione, mentre l’incidenza della cataratta congenita è dello 0,4% della popolazione e il glaucoma congenito è presente in 1: 10.000 -1: 20.000 nati. Queste ultime due patologie, però, insieme superano il 30% delle cause di cecità infantile, mentre la diagnosi precoce potrebbe notevolmente ridurne l’incidenza. Lo strabismo, e soprattutto la sua complicanza maggiore che è l’ambliopia od “occhio pigro”, se diagnosticato precocemente potrebbe essere del tutto eliminato tra le cause di riduzione visiva monoculare.

Intervista a Paolo Capozzi

Teneteli d’occhio!

^̂^ Erraguntla V, De la Huerta I, Vohra S, Abdolell M, Levin AV. Parental comprehension following informed consent for pediatric cataract surgery. Can J Ophthalmol 2012;47(2):107-12.

^̂^ Ou Y, Caprioli J. Surgical management of pediatric glaucoma. Dev Ophthalmol 2012;50:157-72.

Quando occorre fare la prima visita oculistica? È consigliabile effettuare la prima visita molto precocemente, l’ideale sarebbe alla nascita allo scopo di diagnosticare patologie anche gravi che possono essere già presenti (cataratta congenita, malattie retiniche) e che solo in un secondo tempo provocheranno uno strabismo. Un secondo controllo andrebbe fatto subito dopo il 6° mese, quando si può considerare completata la

I n Italia solo 1 bambino su 4 viene sottoposto a visita oculi-stica prima dei 3 anni di età e oltre il 30% arriva alla scuola primaria senza aver mai effettuato un controllo. “È un atteg-giamento sbagliato che occorre correggere”, spiega Paolo Ca-

pozzi, responsabile di Chirurgia ed Attività ambulatoriale dell’UO

Oculistica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

visione binoculare e quindi se un bambino storce l’occhio va trattato senza ulteriori ritardi. Una terza visita, in assenza di patologie riscontrate, andrebbe fatta verso il 3° anno di vita. Ma in genere è molto raro che i pediatri inviino a 6 mesi un piccolo paziente dall’oculista ed è proprio per arrivare a linee-guida comuni che in occasione del 28° Congresso della Società di Oftalmologia Pediatrica da me organizzato nel giugno 2011 si è costituita una commissione SIOP–SIP.

A quali segnali deve stare attento il pediatra?Per esempio a qualche atteggiamento anomalo: una posizione viziata del capo può nascondere un difetto refrattivo (miopia, astigmatismo ed ipermetropia) presente in un solo occhio o essere il sintomo di uno strabismo verticale. L’avvicinarsi troppo alla televisione può non essere sempre sintomatico di un difetto di vista, ma è sempre consigliabile escluderlo con un controllo. Altro sintomo la presenza di cefalea, che può avere un’origine visiva; anche sbattere spesso le ciglia o stropicciarsi gli occhi di frequente possono essere sintomi di problemi visivi. Il sintomo che con un esame obiettivo il pediatra deve riscontrare, oltre a quelli già citati, è la presenza di occhi rossi e la fotofobia che possono essere la manifestazione di patologie oculari semplici come la congiuntivite, ma anche nascondere patologie ben più gravi come le cheratiti, le iridocicliti o il glaucoma congenito (in quest’ultimo caso si assocerà anche un aumento del volume degli occhi).

La diagnosi precoce

è decisiva per ridurre l’incidenza di temibili patologie

oculari: il ruolo dei pediatri

è quindi cruciale

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Stefano Vicari, Alberto Villani

Psichiatria pratica dell’età evolutiva

Il Pensiero Scientifico Editore 2012

Presente in ugual misura in tutte le classi sociali, l’anoressia nervosa (aN) coinvolge prevalentemente i Paesi industrializzati e il sesso femminile. Il rapporto uomini-don-

ne secondo alcune ricerche è di 1:10 anche se studi più recenti, evidenziando un aumento delle forme di anoressia maschile, parlano di 1:8. L’età di insor-genza del disturbo è compresa fra i 10 e i 30 anni, con la frequenza maggiore fra 13 e 16 anni. Lo stato di malnutrizione può comportare danni e compli-cazioni anche gravi a carico di tutti gli organi inter-ni e il tasso di mortalità dell’aN supera l’incidenza

attesa di morte per tutte le altre cause nelle donne tra i 15 e i 24 anni.L’eziologia della aN è complessa e il modello che meglio la rappresenta è quello bio-psico-sociale: i principali fattori che determinano questa malattia sarebbero le influenze socioculturali, la bassa auto-stima, il senso di insicurezza e la difficoltà nella ri-soluzione del conflitto autonomia-dipendenza. Non va trascurata inoltre l’ereditabilità dei sintomi ano-ressici. Studi su gemelli monozigoti confermano infatti l’importanza genetica nel determinismo del-la anoressia così come il fatto che l’anoressia si ripe-te spesso tra gli appartenenti alla stessa famiglia, in particolare tra i parenti di sesso femminile. Di volta in volta, i diversi fattori si intersecano tra loro agen-do come cause predisponenti, scatenanti e/o di mantenimento, e giocando quindi un ruolo diverso nel contrassegnare il passaggio dalla vulnerabilità alla franca manifestazione del disturbo.I disturbi del comportamento alimentare sono ma-lattie caratterizzate da una presentazione clinica complessa e variabile che necessita di un’attenta va-lutazione delle condizioni sia organiche che psichi-

che. Gli esami ematochimici di base e un elettrocardiogramma costituiscono i primi dati og-gettivi sul funzionamento orga-nico. Talvolta può essere utile

un approfondimento diagnostico con un’ecografia dell’addome per una diagnosi differenziale con le malattie infiammatorie croniche intestinali e con una risonanza magnetica dell’encefalo per la diagno-si differenziale con patologie neurologiche. Sul piano più strettamente psicopatologico, seppure il collo-

quio clinico rimanga lo strumento d’eccellenza sia per la valutazione diagnostica che per il successi-

vo monitoraggio delle fasi terapeutiche-riabili-tative, questo può essere affiancato dall’ausilio

di strumenti psicometrici volti alla valuta-zione della sintomatologia alimentare

(eating attitude Test, eating Disor-der examination), dell’immagine del corpo (Body Uneasiness Test) e

indici plurimi della psicopatologia dell’età evolutiva (Child Behaviour

Checklist, Brief Simptom Inventory).Il pediatra deve essere in grado di individuare preco-cemente segni e sintomi del bambino affetto da ano-ressia. In particolare in età preadolescenziale, quando purtroppo i controlli periodici dal pediatra si dirada-no, è importante valutare con molta attenzione even-tuali perdite di peso e parlare con gli interessati di-rettamente, senza intermediazioni dei genitori, per cercare di cogliere precocemente i segni e sintomi dell’anoressia e dei disturbi alimentari in genere. In caso di sospetto non si deve esitare a inviare il bam-bino dallo specialista psichiatra dell’età evolutiva al fine di definire al meglio la reale presenza della pato-logia e la sua gravità. Anche in queste situazioni la precocità della diagnosi e dell’inizio delle terapie è di fondamentale importanza per la prognosi. Pediatra e psichiatra devono poi condividere il percorso assi-stenziale e divenire un concorde e affidabile riferi-mento per il paziente e per la famiglia.

Continua la serie di approfondimenti dedicati ai disturbi psichiatrici nell’infanzia e nell’adolescenza

Un caso clinicoSofia ha 14 anni e frequenta il primo anno del liceo. È alta 1,65 e pesa 35 kg: è ridotta pelle e ossa ma nasconde la sua magrezza sotto vestiti abbondanti. La madre che l’accompagna non fa che tessere la sue lodi mentre si prende cura di lei come se fosse una bambina; le sbottona il cappotto, le toglie la sciarpa. La ragazza lascia fare. Con espressione assente riferisce che prima dell’estate, subito dopo la fine della scuola, ha iniziato a seguire una dieta per perdere solo qualche chilo. Poi non sa cosa è successo. Ha perso rapidamente circa 15 kg ma nel complesso lei si sente bene, ha una vita molto attiva e a scuola riesce a conseguire sempre ottimi risultati. Le mestruazioni sono cessate da diversi mesi. Accetta di eseguire delle analisi mediche per verificare di non avere alcuna malattia, ma di fronte alla richiesta di poter modificare la sua alimentazione si irrigidisce e dichiara esplicitamente di non volere ingrassare.

Stefano Vicariuoc Neuropsichiatria

Infantile Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

Anoressia: il pediatra può coglierne segni e sintomi

precoci

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Nella terra della dieta mediterranea, della pizza e del pesce azzurro, fa sempre effet-to parlare di junk food. “Cibo spazzatu-ra”: già solo a tradurre questa espressio-

ne si evocano immagini terrificanti di hot-dog e hamburger intrisi di salse e intrugli, patatine fritte e strafritte in abbondante olio a stelle e strisce. E inve-ce sappiamo che i piccoli italiani non sono molto diversi dai piccoli statunitensi o dai piccoli canadesi. Mangiano male, mangiano troppo, mangiano, man-giano, mangiano. E diventano inesorabilmente sem-pre più ciccioni. E più sono ciccioni, meno si muo-vono. Meno si muovono, più stazionano davanti a televisione e videogame. E il circolo (vizioso) si chiude. Numeri alla mano, c’è da preoccuparsi. I dati dell’indagine 2010 “OKkio alla Salute” pro-mossa dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle malattie del Ministero della Salute, alla quale hanno partecipato oltre 42mila alunni della terza classe primaria e 44mila genitori, confer-mano livelli preoccupanti di cattive abitudini ali-mentari, stili di vita sedentari ed eccesso ponderale: il 22,9% dei bambini è risultato in sovrappeso e l’11,1% in condizioni di obesità. Non pochi. E c’è di peggio, se possibile: dallo studio emerge anche che i genitori quasi mai hanno un quadro corretto dello stato ponderale del proprio figlio. Tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 36% non ritiene che il proprio figlio sia in eccesso ponderale e solo il 29% pensa che la quantità di cibo da lui assunta sia eccessiva. Cuore di mamma! E allora che si fa? In America hanno co-minciato a pensarci già da un po’, e così negli ul-timi 10 anni sono parti-te norme a raffica con-tro il cibo spazzatura. Impopolari e avversate dalle maggiori aziende alimentari, oltre che da orde di tondeggianti, giovani virgulti. Ma i ri-sultati cominciano a ve-

dersi, a giudicare da quanto si legge su un articolo appena pubblicato su Archives of Pediatrics & Ado-lescent Medicine da Daniel R. Taber: secondo i primi calcoli un ragazzo che vive in California, dove le norme sulla distribuzione e vendita di cibi e bevan-de sono rigorose e intransigenti, ogni giorno assume 160 calorie in meno rispetto a un suo coetaneo re-sidente in un altro Stato nel quale non sono in vigo-re norme specifiche. Mica male. Ci vorrà qualche anno per conteggiare la ricaduta reale in termini di riduzione della percentua-le di adolescenti obesi, ma fa ben sperare. E nel nostro Paese? In attesa che la legge ci venga in aiuto, lo spun-to per una soluzione all’italiana ce lo offre uno studio danese presentato in questi giorni all’European Con-gress on Obesity a Lyon, France. Lo studio ha analiz-zato 645 bambini tra i 2 e i 6 anni che avevano fattori di rischio familiari o ambientali per obesità. Risultato: a parità di altri fattori, i bambini che si intrufolano di notte nel lettone di mamma e papà hanno un rischio 3 volte inferiore di diventare obesi. Più coccole, meno ciccia. Lettone king-size batte divano extra-large?

Sabrina BuonuomoDipartimento di Medicina Pediatrica, Malattie Rare

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

^̂^ Taber DR, Chriqui JF, Powell LM, Chaloupka FJ. Banning all sugar-sweetened beverages in middle schoolsreduction of in-school access and purchasing but not overall consumption. Arch Pediatr Adolesc Med 2012;166(3):256-262 doi:10.1001/archpediatrics.2011.200

^̂^Olsen NJ. Entering parents’ bed during night and the risk of overweight among 2-6 year old children predisposed to overweight: Results from the Sund Start Study. Paper presented at: European Congress on Obesity 2012.

Junk food, in attesa di una legge

c’è sempre... il lettone di mamma e papà

Qual è la strategia più efficace contro

la diffusione delle cattive abitudini alimentari

tra i bambini? Due nuovi studi offrono

ricette molto diverse

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produrlo. In questo modo si applicano più fertilizzanti. Tutto questo lascia un’impronta, cioè ha un costo in termini di emissioni di gas serra che provocano il riscaldamento globale. Oggi circa il 30% di tutte le emissioni di gas a effetto serra provengono, infatti, dall’agricoltura e dalla deforestazione. A ciò si aggiunge l’incremento nei rifiuti di materiale di scarto degli alimenti, soprattutto packaging.

Quali vantaggi possono derivare dal fatto che bambini e ragazzi siano consapevoli di questo nesso inscindibile tra ciò che mangiano e l’ambiente in cui vivono?

Credo che sia oggi fondamentale comunicare il nesso alimentazione-ambiente ai più giovani, perché in molti casi gli alimenti più sani e utili alla nutrizione sono anche quelli meno nocivi per l’ambiente. I bambini e i ragazzi vedono come un sacrificio l’adottare una dieta più sana, ricca di fibre, frutta e verdura, perché non gli è stata fornita una motivazione sufficiente (sia pure estetica o di gusto) a nutrirsi di quei cibi. Al contrario, spiegare che questi alimenti più semplici fanno bene al pianeta e all’ambiente può aiutare i giovani a scoprire un motivo valido in più per modificare i propri stili di vita.

A proposito, come possono i genitori promuovere questa consapevolezza nei loro figli? I genitori hanno la responsabilità dell’esempio e quindi loro stessi devono adottare un comportamento basato su una alimentazione a basso impatto ambientale. Le scuole hanno un ruolo altrettanto importante nel sostenere fortemente la famiglia

Quando ambiente

e salute vanno a

braccetto

L’educazione alimentare è un investimento che vale doppio:

protegge la salute e preserva l’ambiente

La “Doppia Piramide per chi cresce” è un semplice modello grafico elaborato dall’Advisory Board del Barilla Center for Food and Nutrition, un interes-sante strumento di supporto e di motivazione per bambini e ragazzi. Lo testimonia la “doppia opinio-

ne” di un ambientalista e di un pediatra. Per il pediatra, mostra-re la “Doppia Piramide per chi cresce” al genitore (ma anche al ragazzo stesso), può essere un primo passo per instaurare un nuovo tipo di contatto con la famiglia, incentrato non solo sulla prescrizione di farmaci, ma anche sul consiglio nutrizionale co-me parte integrante della visita medica.

L’ambiente è il risultato di quello che mangiamo

FontiAlcune delle fonti utilizzate dal BCFN per l’analisi dell’impatto dell’alimentazione sulla salute e dell’Impronta Ecologica:

^̂^Best A et al. Rapporto alla Direzione Generale per l’Ambiente dell’Unione Europea. Unione Europea; DG Ambiente 2008.

^̂^Centro di Studi e Ricerca sull’Obesità. Studio Spesa. Università di Milano 2003.

^̂^ ISS, Istituto Superiore di Sanità. Okkio alla Salute. http://www.epicentro.iss.it/okkioallasalute/default.asp.

^̂^Kuczmarski RJ et al. JAMA 1994;272:205.

^̂^Mokdad AH et al. JAMA 1999;282:1519.

^̂^NIH, National Institute of Health. Obes Res 1998;6(suppl 2):51S.

^̂^Nishida C, Uauy R, Kumanyika, S Shetty P. The Joint WHO/FAO Expert Public Health Nutrition 2002;7(1A):245–250.

^̂^WHO/FAO, World Health Organization/Food and Agricultural Organization. Obesity: preventing and managing the global epidemic. WHO Technical Report Series 894.2000.

^̂^WWF, World Wildlife Foundation. Living Planet Report. WHO Technical Report 2002.

Intervista a Riccardo Valentini del Dipartimento

di Scienze dell’Ambiente Forestale e delle sue

Risorse dell’Università degli Studi della Tuscia

Oltre che per l’organismo, l’alimentazione può essere più o meno sostenibile anche per l’ambiente?Si dice spesso “siamo quello che mangiamo”. Ma possiamo anche dire che “l’ambiente è il risultato di quello che mangiamo”. Ogni anno distruggiamo circa 13 milioni di ettari di foreste (l’Italia ha un patrimonio di circa 10 milioni di ettari) per far fronte alla crescita dei bisogni alimentari di un Pianeta che viaggia oggi verso i 9 miliardi di abitanti entro il 2050. E gran parte di queste trasformazioni è legata al nostro modo di alimentarci. Per produrre carne abbiamo bisogno di mangime e quindi di agricoltura intensiva per

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in questo percorso di sostenibilità ambientale dell’alimentazione. Se facciamo un confronto, oggi la raccolta differenziata dei rifiuti, in larga parte è stata stimolata dai giovani delle scuole che hanno riportato in famiglia molti dei concetti del rispetto ambientale.

E che cosa può fare il pediatra, dalla sua posizione di counsellor delle famiglie?Il pediatra può svolgere un ruolo fondamentale di cerniera tra le conoscenze scientifiche e la divulgazione di questi temi. Anche in questo caso vedrei molto volentieri pediatri più informati sulle conseguenze sull’ambiente di una dieta sbagliata.

Esiste un modello grafico facilmente comprensibile per trasmettere l’importanza dell’associazione tra salute alimentare e tutela dell’ambiente?La Doppia Piramide alimentare-ambientale è un primo importante contributo per comunicare in modo semplice e

Da dove nasce l’esigenza di una Doppia Piramide specifica per i bambini? Nel modello grafico della Doppia Piramide per chi cresce e nel documento scientifico elaborato dal Barilla Center for Food and Nutrition, la piramide alimentare specifica per i bambini è stata affiancata alla piramide dell’impatto ambientale degli alimenti, mostrando che, tendenzialmente, gli alimenti per i

quali è consigliato un maggior consumo in fase di crescita sono anche quelli con minore impatto ambientale. Il modello “Doppia Piramide per chi cresce” risponde, quindi, alla necessità di schematizzare gli indirizzi nutrizionali per questa importante fase della vita, in una modalità facilmente comprensibile e applicabile nel quotidiano, tanto dai medici quanto dai genitori e perché no, nei programmi educativi all’interno della scuola, ribadendo in questo modo l’alleanza virtuosa di famiglie, scuola e pediatri.

Come può intervenire il Medico nell’educare e responsabilizzare i genitori sul tema della nutrizione dei propri figli? Nella pratica quotidiana, oltre a favorire una cultura generale della nutrizione, il medico può (anzi dovrebbe) intervenire ogni qual volta riconosca o sospetti un rischio legato all’alimentazione, ad esempio se il bambino è in evidente sovrappeso, se trascorre molto tempo da solo davanti alla TV, se ha un accesso non controllato a dolci, cibi grassi o altri alimenti ad elevata densità calorica, se consuma prevalentemente i propri pasti al di fuori del contesto familiare. Illustrare e consegnare la “Doppia Piramide per chi cresce” al genitore, ma anche al ragazzo stesso, può essere un primo passo per instaurare un nuovo tipo di contatto con la famiglia, incentrato non solo sulla prescrizione di farmaci, ma anche sul consiglio nutrizionale come parte integrante della visita medica.

Indirizzi nutrizionali: quando uno schema aiuta a comunicareIntervista a Claudio Maffeis,

pediatra e docente presso l’Università di Verona,

uno degli esperti che hanno collaborato con il Barilla

Center for Food and Nutrition (BCFN) per la stesura

del documento di proposta del modello della Doppia

Piramide per l’età evolutiva

BCFN - Barilla Center For Food & NutritionLa Doppia Piramide è un’elaborazione del bcfn. Allo schema della Doppia Piramide possono essere affiancate anche le indicazioni chiave per una crescita sana, come le macro-linee guida identificate dal bcfn. Il documento è scaricabile presso il sito del bcfn, all’indirizzo: http://www.barillacfn.com/uploads/file/99/it_PositionPaper-BarillaCFN_DP.pdfSu alimentazione e sostenibilità, il bcfn ha di recente pubblicato il suo primo libro, Eating Planet 2012, realizzato in collaborazione con Worldwatch Institute, edito da Edizioni Ambiente. Il futuro della nutrizione, si legge nel libro, si gioca tra le sfide e i paradossi insostenibili del pianeta. Il volume è stato presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino 2012 e sarà al centro del dibattito del prossimo 4° International Forum on Food and Nutrition, che si terrà a Milano il 28-29 novembre prossimi. È reperibile in libreria e in versione digitale scaricabile presso i principali bookstore online.

molto efficace il nesso tra nutrizione-salute e ambiente. È uno schema intuitivo che mostra come ciò che fa bene alla salute fa bene anche all’ambiente che ci circonda. Inoltre, la Doppia Piramide mette in una scala di valori nutrizionali e ambientali i vari alimenti. Sicuramente è un ottimo elemento di partenza per allargare i nostri orizzonti culturali e migliorare gli stili di vita, nei confronti dell’ambiente che ci circonda e anche per la nostra salute.

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Ceftriaxone e urolitiasi

L’associazione tra uso di ceftriaxone e rischio di pseudo litiasi biliare è ben conosciuta, men-tre solo aneddoticamente sono stati riscontra-ti precipitati urinari di sale di calcio e ceftria-xone. Sulla base di tali osservazioni alcuni autori giapponesi hanno effettuato uno studio caso controllo per valutare il potenziale rischio di associazione. Lo studio, pubblicato il mese scorso su Pediatric Nephrology, è stato condot-to su 83 bambini trattati per polmonite batte-rica con ceftriaxone (gruppo A) o con amoxi-cillina clavulanato (gruppo B). Nei bambini del gruppo A la clearance del calcio e la frazio-ne di escrezione urinaria erano significativa-mente più alte sia rispetto ai valori pre-tratta-mento sia rispetto ai valori del gruppo B. Non è stato evidenziato alcun caso di urolitiasi, tut-tavia secondo gli autori lo studio suggerisce un potenziale ruolo del ceftriazone nell’incre-mentare l’escrezione urinaria del calcio e quindi l’indicazione ad un monitoraggio più attento nei bambini con fattori di rischio che abbiano necessità di tale antibiotico.^̂^ Kimata T, Kaneko K, Takahashi M, Hiraba-

yashi M, Shimo T, Kino M. Increased urinary calcium excretion caused by ceftriaxone: pos-sible association with urolithiasis. Pediatr Ne-phrol 2012; 27(4):605-9.

Rischio abortività e uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei (non aspirina)

Uno studio caso controllo condotto su dati del registro gravidanze del Quebec ha evidenziato un potenziale rischio per aumento di abortivi-tà spontanea e uso di farmaci anti-infiamma-tori non steroidei (FANS), fatta eccezione per l’aspirina. Dall’analisi dei dati su 4705 aborti spontanei è emerso che l’uso di NSAID era si-gnificativamente associato al rischio di aborto spontaneo (Odds Ratio 2,43 CI 95% 2,12-2,79). Ciascuno dei farmaci analizzati (diclo-

Ogni mese le segnalazioni più importanti per i pediatri tra tutte quelle emesse dagli organismi di controllo italiani e internazionali

Alert farmaci

fenac, naprossene, celecoxib, ibuprofene e ro-fecoxib) ha dimostrato un aumento del rischio di abortività, che non varia se assunto singo-larmente o in associazione con altri farmaci e senza un effetto dose-risposta.^̂^ Nakhai-Pour HR, Broy P, Sheehy O, Bérard

A. Use of non aspirin nonsteroidal anti-in-flammatory drugs during pregnancy and the risk of spontaneous abortion. CMAJ 2011; 183(15):1713-20.

Interazione farmacologica tra Victrelis e inibitori delle proteasi HIV potenziati

L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha raccomandato un aggiornamento delle infor-mazioni per la prescrizione di Victrelis (boce-previr) con dati sull’interazione farmacologi-ca tra medicinali per il trattamento dell’epati-

Marina Macchiaiolo u.o. Malattie Rare e Genetiche, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

150 €

Il costo del diabete per ciascuno dei 600 milioni di cittadini da 0 a 100 anni residenti in Europa

60% Italiani che hanno vissuto un’esperienza di malattia, come pazienti o caregiver

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te C e gli inibitori delle proteasi HIV potenzia-ti da ritonavir atazanavir, darunavir e lopina-vir. I dati di uno studio effettuato su volonta-ri sani da Merck Sharp and Dome (MSD), la ditta titolare del l’autorizzazione al commer-cio di Victrelis, ha evidenziato che i livelli ematici di atazanavir, darunavir e lopinavir (inibitori delle proteasi del virus HIV) poten-ziati da ritonavir sono nettamente inferiori al previsto se somministrati insieme a Victrelis. Sebbene non ci siano ancora dati sull’efficacia clinica si raccomanda quindi cautela nell’uso contemporaneo di Victrelis con proteasi po-tenziate da ritonavir poiché l’efficacia potreb-be essere ridotta.

Azitromicina e rischio cardiovascolare

L’effetto proaritmico dei macrolidi è noto, tuttavia tra tutti l’azitromicina è ritenuta la molecola a rischio cardiotossico minore. Un recentissimo studio pubblicato sul New En-gland Journal of Medicine ha tuttavia eviden-ziato un potenziale rischio anche per l’azitro-micina. Si tratta di un ampio studio di coorte disegnato al fine di individuare i rischi di morte correlati agli effetti cardiaci a breve ter-mine dei farmaci. Per un trattamento di cin-que giorni con azitromicina è stato evidenzia-to un piccolo ma significativo incremento di decessi per malattia cardiovascolare, ancora più evidente nei pazienti con un rischio car-

diovascolare di base più alto (hazard ratio 2,49; 95% CI 1,38 – 4,50; P=0,002).^̂^ Ray WA, Murray KT, Hall K, Arbogast PG,

Stein CM. Azithromycin and the Risk of Car-diovascular Death. N Engl J Med 2012; 366: 1881-1890.

Vaccinazione H1N1 in gravidanza

Le donne in gravidanza sono a maggior ri-schio di morbilità da influenza stagionale e vari studi condotti durante ondate pandemi-che da influenza hanno evidenziato anche un incremento di mortalità. Per tale motivo le donne in gravidanza sono state incluse nei programmi vaccinali per l’influenza. Per valu-tare ulteriormente la sicurezza della vaccina-zione è stato condotto uno studio di coorte su base nazionale, condotto in Danimarca du-rante la stagione influenzale 2009. È stato ana-lizzato il rischio di morte fetale nelle donne vaccinate con il vaccino adiuvato A/H1N1 del-la stagione 2009 (Pandemrix). Lo studio ha analizzato 54.585 gravidanze: 7062 donne so-no state vaccinate durante la gravidanza. I dati non hanno evidenziato nessun aumento di rischio di morte fetale associata alla vacci-nazione. ^̂^ Vaccination against pandemic A/H1N1

2009 influenza in pregnancy and risk of fetal death: cohort study in Denmark. BMJ 2012; 344:e279.

International Clinical Trials’ Day

Come ogni anno, il 20 maggio si è celebrato l’International Clinical Trials’ Day. La data è stata scelta per ricordare il giorno in cui James Lind iniziò nel 1747 il suo famoso trial (vedi “Pediatria” n° 6 del 2011). Le sfide della ricerca clinica non possono essere ristrette a livello di un singolo Paese e l’obiettivo della giornata è quello di favorire la comunicazione sulla ricer-ca clinica a livello transnazionale. ^̂^ European Clinical Research Infrastructures

Network - www.ecrin.org

Emergenza farmaci in Grecia

Secondo quanto riportato al BMJ da Dimitri Karageorgio, segretario generale della associa-zione Pan Ellenic Pharmacology, che rappre-senta oltre 12.000 farmacie, la Grecia sta sof-frendo la carenza di oltre 300 tipi di farmaci a causa delle problematiche economiche e delle misure di austerità. Mancano all’appello anche farmaci salvavita: insulina, farmaci per il dia-bete, farmaci oncologici e anticoagulanti.^̂^ Greeks feel effects of drug shortages caused

by austerity measures. BMJ 2012; 344:e3589.

Rischio di leucoencefalopatia multifocale progressiva e natalizumab

Il natalizumab (Tysabri) è un farmaco utilizza-to per il trattamento della sclerosi multipla re-cidivante dal 2004 e di alcune forme di morbo di Crohn di grado moderato e grave. Studi post marketing hanno evidenziato un’associazione tra l’uso di natalizumab e l’insorgenza di leuco-encefalopatia multifocale progressiva (PML) causata da un particolare tipo di poliomavirus chiamato virus JC. In particolare però sono sta-ti identificati tre fattori che aumentano signifi-cativamente il rischio associato al trattamento: 1. positività agli anticorpi anti JCV 2. durata del trattamento superiore a 2 anni 3. precedente uso di farmaci immunosop-

pressori (azatioprina metotrexate, ciclofo-sfamide, mitoxantrone o micofenolato).

I pazienti con tutti e tre fattori hanno un rischio di sviluppare una PML di 11/su 1000 trattati.^̂^ FDA Safety Announcement [01-20-2012].

Bloomgren G et al. Risk of Natalizumab-Asso-ciated Progressive Multifocal Leukoencephalo-pathy. N Engl J Med 2012; 366:1870-1880.

10 volte più elevataL’incidenza dell’immunodeficienza da difetto di adenosina-deaminasi: fino a oggi si stimava fosse intorno a 1:500.000 nati. Ma dopo uno screening in Toscana organizzato dall’Ospedale Meyer, in un arco di tempo in cui sono nati 200.000 neonati sono stati diagnosticati mediante test precoce per difetto di ada 4 casi, cioè 1:50.000.

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604.246Gli scolari peruviani che si sono lavati le mani simultaneamente durante il Global Handwashing Day 2011 stabilendo il nuovo record mondiale.

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I ragazzi delle scuole di Milano e provincia che hanno partecipato alla festa lIlt per la Giornata Mondiale Senza Tabacco.

Ho la fortuna di essere invitato a TedxMaa-stricht, che quest’anno si chiama “The Future of Health”. È una conferenza molto diversa da quelle che siamo abituati a vedere. Spettacola-re, ricca di effetti speciali e con una vera e pro-pria regia artistica. Tanti relatori ai quali è de-dicato uno spazio il più breve possibile, non più di 15 minuti. Tutto questo per parlare di idee, di come si può immaginare un futuro con una assistenza sanitaria migliore. Ci sono circa 1000 partecipanti, il teatro è pieno come un uovo e nessuno andrà via fino alla fine dell’evento. L’evento è trasmesso in 45 sedi nel mondo in streaming, compreso un piccolo vil-laggio nella giungla.

Molta discussione sull’uso dei dati. Questi ul-timi diventeranno come le radiografie per il medico. La rappresentazione grafica integrata dei dati delle malattie permetterà di identifi-care il livello di attività della malattia stessa e di fornire una assistenza su misura. Si parla moltissimo anche del ruolo dei pazienti, direi il fulcro principale della conferenza. Una cu-riosa presentazione parla di un sistema che

attraverso nanosensori visualizza i progressi terapeutici dei pazienti oncologici togliendo dall’imbarazzo i suoi interlocutori, che posso-no leggere i miglioramenti dello stato di salu-te attraverso il cambiamento di colore di una collana. Ma anche del modo di comunicare con i pazienti con disabilità intellettive. E la storia bellissima di una ex paziente psichiatri-ca che diventa una dipendente dell’ospedale che l’ha curata con lo scopo di mantenere una relazione solida con i pazienti si prende una standing ovation. La conferenza prefigura un rapporto molto diverso tra pazienti, tecnologia dell’informa-zione e medici rispetto a quello che siamo abi-tuati a considerare. Qualcosa di rivoluziona-rio, ma anche con un potenziale luminosissi-mo. Dal coinvolgimento diretto dei pazienti nei processi assistenziali alla possibilità di per-seguire finalmente un modello efficiente e che si basa sulle idee. Anche su quelle che sembra-no irrealizzabili.

Il futuro della salute

Hai letto gli ultimi articoli di Pediatrics di maggio?Hypertonic Saline and Acute Wheezing in Preschool Children

Randomized Trial of Sumatriptan and Naproxen Sodium Combination in Adolescent Migraine

Low Rates of Influenza Immunization in Young Children Under Ontario’s Universal Influenza Immunization Program

Effect of a Single Inhalation of Laninamivir Octanoate in Children With Influenza

The Impact of Genomics on Pediatric Research and Medicine

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Petra è una pediatra fuori dall’ordinario, che può contare sull’aiuto di uno staff singolare: una gatta sapiente a volte anche un po’ magica, un pappagallo parlante, un professore in pen-sione, un fornaio poeta, un artista-inventore, una violoncellista e molti amici sparsi per il mondo. Nata dalla collaborazione tra lo scrit-tore Roberto Piumini e il pediatra Alessandro Monestier, la collana “Petra Pediatra” dell’Edi-trice La Scuola propone appassionanti raccon-ti in chiave di avventura o giallo per sensibiliz-zare i ragazzi ai temi della salute e dell’ambien-te. Ma lasciamo che sia Monestier in prima persona a spiegarci di più.

Com’è nata l’idea di realizzare una collana di libri che avesse come protagonista una pe-diatra? Ho conosciuto Roberto per felici circostanze parentali tanti anni fa. Conoscendo la mia pro-pensione alla scrittura mi ha suggerito di ide-are insieme una serie dedicata a una pediatra impegnata nel l’educazione alla salute nel sen-

so più ampio del termine. Così sono nati Petra Miliare e i suoi amici, un gruppo vario-

pinto di persone e anima-li, ciascuno impegnato con sapienza e creativi-tà ad aiutarla nella so-

luzione di problemi cli-nici e umani.

Quanto e in che modo il suo lavoro influenza le storie che scrive? E quanto incide la creati-vità dei bambini?Avendo lavorato diversi anni in ospedale come pediatra e neonatologo e ora in studio, ho vis-suto esperienze molto varie. Da questo bagaglio di vicende e situazioni molto differenti per gra-vità e coinvolgimento, traggo spunti su cui co-struire le trame dei racconti. I bambini poi, con la loro straordinaria carica vitale e immagina-zione, colorano queste storie arricchendole di aneddoti ed emozioni realmente vissute.

Qual è il messaggio che la protagonista dei suoi libri vuole trasmettere ai genitori, ai bambini e alla società circa il ruolo del pe-diatra? Il “dottore” – quello dei bambini in particolare – deve unire una professionalità rigorosa a una umanità percepibile. Non basta essere bravi medici per risolvere i problemi di un bambino e della sua famiglia. Ci vuole cultura, ma anche una visione d’insieme e una sensibilità sincera. In questa fase storica i genitori sono spesso sprovveduti di fronte alla difficoltà e al dolore dei propri figli e faticano a gestire la malattia e l’avversità. Il pediatra può aiutarli nel rinforza-re il loro ruolo attraverso un messaggio di edu-cazione alla salute che vada oltre la disponibi-lità “fisica” e alla prescrizione di farmaci. Ma per fare questo il medico del bambino deve es-sere aiutato dai mezzi di comunicazione perché il prezioso lavoro quotidiano negli ambulatori e nei reparti ospedalieri non basta più di fronte

alla dirompente invasività dei media come televisione, rete, radio, cinema e carta

stampata. Uno spot televisivo di educa-zione sanitaria ben fatto raggiunge con-

temporaneamente alcuni milioni di famiglie sostenendo il medico nella sua costruzione quotidiana, profonda ma solitaria. Al contrario un titolo di giornale allarmistico (per non dire terroristico) distrugge in un battito d’ali la fa-ticosa ricerca di equilibrio. Io e Roberto Piumi-ni abbiamo realizzato un tipo di comunicazio-

ne letteraria, “antica” ma affascinante, anche se la prima idea era stata quella di proporre le vi-cende di “Petra pediatra” in una serie televisiva, sviluppo a cui non abbiamo peraltro affatto rinunciato per il futuro.

In una società come la nostra, nella quale i ritmi di vita sono accelerati, gli ospedali e gli studi medici sempre affollati, può esistere an-cora una pediatra fuori dall’ordinario come Petra che addirittura va a fare i sopralluoghi nelle case dei suoi pazienti per capire la causa della loro tosse? Attualmente i pediatri ospedalieri sono oberati da prestazioni in pronto soccorso immotivate e turni di guardia pressanti spesso per carenza di personale. Contemporaneamente i pediatri di libera scelta vengono sommersi da visite ambu-latoriali e telefonate senza più argine. A monte di questa straripante richiesta di salute che ri-schia di far affondare tutti i pediatri (razza non a caso a rischio d’estinzione) non esiste una ve-ra emergenza sanitaria. L’Italia, infatti, vanta uno dei migliori sistemi sanitari pediatrici del mondo e una mortalità infantile fra le più basse del pianeta. Petra Miliare rappresenta l’ideale di pediatra; una professionista che possa appro-fondire i casi meritevoli, coniugando cultura e disponibilità perché liberata da falsi bisogni sof-focanti, figli anche di una distorta comunica-zione sanitaria.

Dopo “La tosse di Zeno” e “Nello sguardo di Zelda” quali sono le prossime avventure di Petra Miliare che troveremo in libreria? A maggio è uscito “Le fatiche di Ercole”, in cui il piccolo protagonista è un prematuro estre-mo che “atterra” sul pianeta famiglia sconvol-gendo animi e cuori ma non la creativa sapien-za di Petra, del suo collega ospedaliero e di tutti i loro amici, prodighi di aiuti e sostegno.

Le avventure di una pediatra idealeIntervista a Alessandro Monestier

400.000Le forme ‘fresche’ di Parmigiano Reggiano e Grana Padano cadute a terra per il crollo delle scaffalature di stagionatura (le cosiddette “scalere”) durante il terremoto in Emilia-Romagna del 20 maggio, e quindi ormai inutilizzabili.

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15%Bambini italiani con steatosi epatica non alcolica (NAFLD)

47%Italiani che non si prendono cura in modo adeguato della propria vista

lassi sia causata dal polline, il 47% dal cibo, il 40% dagli acari, il 30% dai farmaci. Tra i cibi, i più pericolosi per i bambini vengono ritenuti le uova (30,4%) e le fragole (25,3%). Cosa fare in caso di crisi anafilattica? Gli inse-gnanti rispondono che forni-rebbero pronto soccorso in prima persona nel 24,3% dei casi, che allerterebbero even-tuale personale infermieristi-co presente nella scuola (39,7%), che chiamerebbero i soccorsi (19,8%). Soltanto il 10% è a conoscenza dell’esi-stenza di adrenalina (epine-frina) iniettabile, e solo il 4% si dice in grado di sommini-strarla. Soltanto il 25% del

campione afferma di cono-scere correttamente i sintomi dell’anafilassi: il 54% afferma di avere qualche informazio-ne sommaria al riguardo e il 21% nessuna informazione. Spiega l’allergologa Hulya Er-can: “Questo studio dimostra che gli insegnanti della scuola primaria non sono corretta-mente e sufficientemente in-formati sull’anafilassi. È quindi necessario informarli e implementare programmi di addestramento e organiz-zazione di strategie contro le patologie allergiche pediatri-che. Più in generale, sarebbe necessario rivalutare il ruolo della scuola nelle politiche sa-nitarie globali”.

Anafilassi, a scuola se ne sa troppo poco

In media 1 bambino su 10.000 ogni anno subisce un attacco anafilattico, ed è dimostrato che l’82% di questi attacchi avviene in età scolare e che la maggior parte delle volte il teatro dell’evento è la scuola. Con quale preparazione il corpo insegnante affronta questo tipo di emergenze? I ricercatori del Department of Pediatric Allergy and Asthma della Yeditepe University di Istanbul hanno sottoposto a 237 insegnanti un questiona-rio sull’argomento. È emerso che il 54% ritiene che l’anafi-

^̂^ Ercan H, Ozen A, Karatepe H, Berber M, Cengizlier R. Pri-mary school teachers’ know-ledge about and attitudes to-ward anaphylaxis. Pediatr Al-lergy Immunol 2012 doi: 10. 1111/j.1399-3038.2012.01307.x

Maltrattati da bambini? Amori tormentati da adulti

Gli adulti che hanno subito maltrattamenti emozionali infantili (Childhood Emotio-nal Maltreatment, CEM) han-no la tendenza a vivere più spesso del normale relazioni romantiche travagliate e diffi-cili. In due distinti studi, i ri-

Radiologia, meno radiazioni nei reparti solo pediatriciI pazienti pediatrici sottoposti a imaging ra-dioattivo in reparti dedicati nei quali non ven-gono trattati pazienti adulti e assistiti da ra-diologi pediatrici ricevono una dose significa-tivamente minore di radiazioni, soddisfando maggiormente i protocolli implementati per minimizzare la dose di radiazioni assorbita durante le procedure di imaging. Lo dimostra uno studio pubblicato sul Journal of the Ame-rican College of Radiology.L’utilizzo crescente della TC come tool diagno-stico ha suscitato giustificate preoccupazioni sull’eccessiva esposizione alle radiazioni, so-prattutto nei bambini. L’approccio ALARA (As Low As Reasonably Achievable), che mira a ri-durre l’esposizione a materiali radioattivi di pazienti e personale sanitario “usando tutti i metodi ragionevolmente possibili” e che è par-te integrante di numerosi protocolli regolatori in Radiologia, supporta l’adozione di protocol-li specifici per la Pediatria. Ma l’aderenza a tali protocolli può essere difficile, soprattutto nei reparti nei quali vengono sottoposti a imaging radioattivo sia pazienti adulti che pediatrici.

I ricercatori dello Spectrum Health Helen De-Vos Children’s Hospital di Grand Rapids, nel Michigan, hanno effettuato una review retro-spettiva sull’esposizione alle radiazioni du-rante TC addominali e pelviche su 495 pazien-ti trattati in un dipartimento nel quale si ef-fettuava imaging su pazienti sia adulti che pediatrici e su 244 pazienti di un dipartimen-to di Radiologia esclusivamente pediatrica. Una dose di radiazioni assorbite significativa-mente meno elevata è stata rilevata nelle pro-cedure di imaging effettuate nel reparto di Radiologia pediatrica. Questo dato implica non solo che è auspicabile l’utilizzo per l’ima-ging dei pazienti pediatrici di reparti dedicati, ma anche che una attenzione più stringente va posta nell’aderenza ai protocolli regolatori nei reparti non pediatrici.

^̂^ Borders HL, Barnes CL, Parks DC, Jacobsen JR, Zhou Y, Hasselquist BE, Betz BW. Use of a Dedicated Pediatric CT Imaging Service Asso-ciated With Decreased Patient Radiation Dose. J Am Coll Radiol 2012; 9(5):340-3 illu

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Acido folico e tumori pediatrici

La supplementazione con acido folico in gravidanza non solo previene i difetti del tubo neurale, ma riduce l’in-cidenza di tumore di Wilms (TW) o nefroblastoma e dei tumori neuroectodermali primitivi (PNET) nella prole. Lo dimostra uno studio su 8.829 bambini da 0 a 4 anni con diagnosi di cancro pub-blicato su Pediatrics. I ricerca-tori hanno preso in esame i dati 1986-2008 del National Cancer Institute’s Surveillan-ce, Epidemiology, and End Results Program (SEER). Spiega Kimberly J. Johnson

della Washington University di St. Louis: “Analizzando le diagnosi di tumori pediatrici prima della diffusione della supplementazione con acido folico obbligatoria e dopo, abbiamo scoperto che i tassi di incidenza del tumore di Wilms – che tra 1986 e 1997 erano in costante aumento – da quell’anno (esattamente nel 1997 entrava in vigore ne-gli USA la supplementazione obbligatoria con acido folico) sono in netta decrescita. I tas-si di PNET allo stesso modo dal 1986 al 1993 sono cresciu-ti, per poi scendere drastica-mente: il fenomeno si spiega con il fatto che proprio nel 1992 fu diffusa la raccoman-

cercatori israeliani della Ben-Gurion University del Negev hanno preso in esame indivi-dui con una storia di CEM. È emerso che l’abuso emozio-nale subito da bambini è di-rettamente correlato a proble-mi sentimentali da adulti, causati dalla tendenza a un’ec-cessiva autocritica che impat-ta a livello profondo e lede l’autostima degli individui.

^̂^ Lassri D, Shahar G. Self-Criticism Mediates the Link between Childhood Emotio-nal Maltreatment and Young Adults’ Romantic Relation-ships. Journal of Social and Clinical Psychology 2012; 31(3):289-311

dazione per le donne in gravi-danza di assumere 400 μg/die di acido folico”.

^̂^ Linabery AM, Johnson KJ, Ross JA. Childhood Cancer Incidence Trends in Associa-tion With US Folic Acid For-tification (1986–2008). Pe-diatrics 2012; DOI: 10.1542/peds.2011-3418

(a cura di David Frati)

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Children are not small adults, and the smaller the child the less like an adult they are

Norm Fost, pediatra e bioeticista dell’University of Wisconsin

Mammasiamoarrivati allafesta!

Pedala,pedalache lanostrafestaèquell’altra! Uffachepizza!

Deveaverloletto suquellibro...

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