Pediatria magazine vol 5 | num 7-8 | 2015

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pagina 18 pagina 14 Prepariamo insieme, grandi e piccini, pasti per tutti, completi e gustosi. pagina6 pagina21 Diamoci una mossa L’attività fisica è essenziale per prevenire molte patologie e favorire uno sviluppo armonico, ma i bambini e gli adole- scenti che soffrono di patologie croniche spesso non sono ade- guatamente esortati a svolgere con costanza un’attività sportiva. Con la conseguenza di accrescere i fattori di rischio in una fascia di popolazione vulnerabile. Eppure per questi bambini lo sport avrebbe indubbi vantaggi non solo per la salute fisica ma anche psicologica e sociale, perché l’attività fisi- ca aumenta il senso di be- nessere e aiuta a liberarsi dalla paura per sognare un futuro migliore. Nelle pagi- ne interne una piccola guida per aiu- tare il pediatra a incoraggiare, guidare e sostenere – in collaborazione con gli specia- listi – i bambini affetti da alcune tra le più fre- quenti patologie croniche a intraprendere e perseverare nell’attività sportiva. “Mai più bambini ricoverati con adulti Bisogna riconoscere la specificità e l’unicità dell’area pediatrica, spiega Tommaso Langiano. Enuresi: chiariamoci le idee Si tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica, ma l’eziologia è multifattoriale. Cosa fare e cosa non fare? Choosing Wisely in Neonatologia L’American Academy of Pediatrics ha individuato per l’iniziativa “Choosing Wisely” 5 pratiche “a rischio in appropriatezza” in Neonatologia. La SIP all’EXPO sul tema della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita Una Conferenza Internazionale presieduta da Giovanni Corsello, Sergio Bernasconi e Gianvincenzo Zuccotti. I servizi alle pagine 9-13 Magazine della Società Italiana di Pediatria www.sip.it volume 5 | numero 7-8 | luglio-agosto 2015 Mensile - Poste italiane spa - Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/13/2011 - Un fascicolo e 25

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Pediatria magazine volume 5 | numero 7-8 | luglio-agosto 2015

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Prepariamo insieme, grandi e piccini,pasti per tutti,

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Diamoci una mossaL’attività fisica è essenziale per prevenire molte patologie e favorire uno sviluppo armonico, ma i bambini e gli adole-scenti che soffrono di patologie croniche spesso non sono ade-guatamente esortati a svolgere con costanza un’attività sportiva. Con la conseguenza di accrescere i fattori di rischio in una fascia di popolazione vulnerabile. Eppure per questi bambini lo sport avrebbe indubbi vantaggi non solo per la salute fisica ma anche psicologica e sociale, perché l’attività fisi-ca aumenta il senso di be-nessere e aiuta a liberarsi dalla paura per sognare un futuro migliore. Nelle pagi-ne interne una piccola guida per aiu-tare il pediatra a incoraggiare, guidare e sostenere – in collaborazione con gli specia-listi – i bambini affetti da alcune tra le più fre-quenti patologie croniche a intraprendere e perseverare nell’attività sportiva.

“Mai più bambini ricoverati con adulti”Bisogna riconoscere la specificità e l’unicità dell’area pediatrica, spiega Tommaso Langiano.

Enuresi: chiariamoci le ideeSi tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica, ma l’eziologia è multifattoriale. Cosa fare e cosa non fare?

Choosing Wisely in NeonatologiaL’American Academy of Pediatrics ha individuato per l’iniziativa “Choosing Wisely” 5 pratiche “a rischio in appropriatezza” in Neonatologia.

La SIP all’EXPO sul tema della nutrizione nei primi 1000 giorni di vitaUna Conferenza Internazionale presieduta da Giovanni Corsello, Sergio Bernasconi e Gianvincenzo Zuccotti.

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Magazine della Società Italiana di Pediatriawww.sip.it

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In questo numero

Pianeta SIP La SIP all’EXPO sul tema della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita Giovanni Corsello 21

ECG e attività motoria, una questione da riaprire 22

Il Presidente Corsello visita l’AAP a Chicago 24

Rischio clinico in Pediatria DomeniCo minasi 25

La clinicaFibromatosis colli rino aGostiniani 26

Pediatri inFormazioneKeep calm and treat it!a Cura Di liviana Da Dalt, DaviDe veCChio 27

LibriP(r)eso di mira rita tanas, DaviDe veCChio 28

Editoriali 3

NewsFresche di stampaa Cura Di liviana Da Dalt 4

Choosing wisely in Neonatologia 6

Fumo in gravidanza? Si vede già dall’ecografia 4D 6

Trend delle prescrizioni di farmaci antipsicotici 7

“Super-mappa” del microbiota intestinale al Bambino Gesù 8

Ipoacusia nei neonati: intervenire precocemente a Cura Di DaviD Frati 8

Primo pianoSport nel bambino con patologie croniche 9

AttualitàEnuresi: chiariamoci le idee Pietro Ferrara, annamaria amato 14

Spegnere il ventilatore o continuare le cure?mario De Curtis 16

Mai più bambini ricoverati con adulti intervista a tommaso lanGiano 18

Stop alle diseguaglianze alla nascita 20

Pediatria volume 5 | numero 7-8 luglio-agosto 2015

Magazine ufficiale della Società Italiana di Pediatria (SIP) via Gioberti 60 00185 Roma Tel. 06 4454912 www.sip.it

DIrettore ScIentIfIco GIovannI corSello

DIrettore

Cinthia Caruso

BoarD eDItorIale

Rino AgostinianiLiviana Da DaltDomenico MinasiAndrea PessionDavide Vecchio

reDazIone David Frati

PuBBlIcItà e PromozIone

Livia Costa [email protected] 06 86282342

Tiziana Tucci [email protected] 06 86282323

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 586/2002

aBBonamentI 2015

Individuale E 40,00Istituti, enti, biblioteche E 80,00Estero E 120,00

PreSIDente GIovannI corSello

conSIGlIo DIrettIvo alBerto vIllanI (vIcePreSIDente),luIGI Greco (vIcePreSIDente), rIno aGoStInIanI (teSorIere), faBIo carDInale, antonIo correra, lIvIana Da Dalt, DomenIco mInaSI, anDrea PeSSIon, maSSImo BarBaGallo, elvIra verDucI (conSIGlIerI), GIuSePPe maSnata (DeleGato SezIonI reGIonalI SIP), luIGI memo (DeleGato conSulta nazIonale), roSalIa Da rIol (DeleGato conferenza GruPPI DI StuDIo)

Il Pensiero Scientifico Editore Via San Giovanni Valdarno 8 00138 Roma Tel. 06 862 821 Fax 06 862 82 250 www.pensiero.it www.facebook.com/ PensieroScientifico twitter.com/ilpensiero

DIrettore reSPonSaBIle Giovanni Luca De Fiore

ProGetto GrafIco e ImPaGInazIone Typo srl, Roma

ImmaGInI © 2015 Thinkstock.com

StamPa

Arti Grafiche Tris, Via delle Case Rosse, Roma settembre 2015

ISSN 2240-3183

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Prepariamo insieme, grandi e piccini,pasti per tutti,

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Diamoci Diamoci una mossaL’attività fisica è essenziale per prevenire molte patologie e L’attività fisica è essenziale per prevenire molte patologie e favorire uno sviluppo armonico, ma i bambini e gli adolefavorire uno sviluppo armonico, ma i bambini e gli adole-scenti che soffrono di patologie croniche spesso non sono adescenti che soffrono di patologie croniche spesso non sono ade-guatamente esortati a svolgere con costanza un’attività sportiva. guatamente esortati a svolgere con costanza un’attività sportiva. Con la conseguenza di accrescere i fattori di rischio in una fascia di Con la conseguenza di accrescere i fattori di rischio in una fascia di popolazione vulnerabile. Eppure per questi bambini lo sport avrebbe popolazione vulnerabile. Eppure per questi bambini lo sport avrebbe indubbi vantaggi non solo per la salute fisica ma anche psicologica e indubbi vantaggi non solo per la salute fisica ma anche psicologica e sociale, perché l’attività fisisociale, perché l’attività fisi-ca aumenta il senso di beca aumenta il senso di be-nessere e aiuta a liberarsi nessere e aiuta a liberarsi dalla paura per sognare un dalla paura per sognare un futuro migliore. Nelle pagifuturo migliore. Nelle pagi-ne interne una piccola guida per aiune interne una piccola guida per aiu-tare il pediatra a incoraggiare, guidare e tare il pediatra a incoraggiare, guidare e sostenere – in collaborazione con gli speciasostenere – in collaborazione con gli specia-listi – i bambini affetti da alcune tra le più frelisti – i bambini affetti da alcune tra le più fre-quenti patologie croniche a intraprendere e perseverare quenti patologie croniche a intraprendere e perseverare nell’attività sportiva.

“Mai più bambini ricoverati con adulti”Bisogna riconoscere la specificità e l’unicità dell’area pediatrica, spiega Tommaso Langiano.

Enuresi: chiariamoci le ideeSi tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica, ma l’eziologia è multifattoriale. Cosa fare e cosa non fare?

Choosing Wiselyin NeonatologiaL’American Academy of Pediatrics ha individuato of Pediatrics ha individuato per l’iniziativa “Choosing Wisely” 5 pratiche “a rischio in appropriatezza” “a rischio in appropriatezza” in Neonatologia.

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Cinthia CarusoDirettore di “Pediatria”

Giovanni CorselloPresidente SIP

Salute digitale

Droghe e alcool: un cocktail letale

L’adolescente si ammala poco, ma muore spesso”. Questo aforisma del Professor Giovannelli veniva spesso citato dal Pro-fessor Burgio nei numerosi testi e arti-

coli scritti per promuovere la cultura dell’adole-scentologia tra i pediatri italiani. Mi è ritornato in mente più volte nella estate appena trascorsa, a proposito di diversi episodi di cronaca che riferi-vano di ragazzi morti dopo l’assunzione di sostan-ze varie per seguire il mito dello “sballo”.Molti ragionamenti si potrebbero fare sulle mo-tivazioni psicologiche e sociali di questo fenome-no ormai di massa, che ha assunto proporzioni allarmanti di cui dobbiamo preoccuparci non solo come medici e pediatri, ma anche come per-sone e cittadini. Si potrebbe a lungo disquisire sui falsi miti veicolati dal web, sulla solitudine interiore di molti adolescenti, sulla inadeguata integrazione relazionale e affettiva di questi ado-lescenti in famiglia, a scuola, tra i coetanei. Quel-lo che c’è da dire è che non si può più semplice-mente assistere alla proliferazione incontrollata del fenomeno senza una programmazione ed una

attuazione di provvedimenti efficaci. Se siamo consapevoli della piena inclusione dell’adole-scenza nell’età evolutiva, il nostro compito di pediatri è anche quello di verificare nelle fami-glie segnali di allarme nel comportamento degli adolescenti. Chiedere notizie su stili di vita e dif-ficoltà di relazione degli adolescenti significa ri-spondere alla advocacy della Pediatria di tutelare e promuovere salute e diritti di neonati, bambini e adolescenti. Bisogna altresì imparare a parlare con gli adole-scenti, di più e meglio, senza dotte conversazioni infarcite di termini tecnici, ma mettendo sul piat-to i rischi concreti di comportamenti “sballati”. Non possiamo supinamente accettare che adole-scenti assumano in modo incontrollato alcool e pasticche varie insieme, senza curarsi dei rischi che corrono. Da qualche parte è giunta la proposta di chiudere le discoteche coinvolte. Non si tratta di chiudere le discoteche per penalizzarne qualcuna, ma è necessario far sì che non sia possibile in quei contesti diffondere e spacciare impunemente dro-ghe e sostanze ad alto rischio per la salute e per la vita. Non con note e circolari ad effetto solo me-diatico, ma con azioni concrete che coinvolgano tutti i soggetti coinvolti. I pediatri sono pronti a fare la propria parte, sul piano della prevenzione e del counselling con gli adolescenti e con i genitori. Aspettiamo che anche gli altri facciano la loro.

ganizzazioni, è oggi utilizzata in 127 Paesi e conta su una rete di oltre 800 ospedali che condividono protocolli, percorsi di apprendimento guidato, conferenze di esperti, dimostrazioni, simulazioni di dispositivi interattivi e altro ancora. Questo è un esempio positivo di come il web può migliora-re la comunicazione, la condivisione di informa-zioni preziose e di best practice, mettendo in rete esperienze e competenze, soprattutto nella gestio-ne dei casi critici. In questi ultimi mesi si è posto molto l’accento sui rischi che arrivano da internet e soprattutto sulla minaccia per la salute pubblica rappresentata dalla diffusione di false informazio-ni attraverso il web: il calo delle vaccinazioni è il caso più eclatante. OPENPediatrics, come altre applicazioni di questo tipo, ci mostra invece l’altra faccia della medaglia: la straordinaria capacità del web di abbattere le barriere geografiche, di aiutare i Paesi ancora poco attrezzati ad affrontare casi critici o patologie rare, a trovare nuove risposte, nuove risorse professiona-li. Uno degli esempi che è stato citato per illustrare i vantaggi di questa iniziativa è la storia di un me-dico turco. Grazie a lui e ai protocolli basati sui moduli di OPENPediatrics adottati dagli ospedali turchi sulle infezioni associate all’uso del catetere, i tassi di infezione sono subito crollati. Non hanno resistito alla potenza delle nuove tecnologie.

Qualche anno fa una bambina americana in vacanza con la sua famiglia in Gua-temala si ammalò gravemente. Al dot-tor Jeffrey Burns, capo della Terapia intensiva del Children’s Hospital di Bo-

ston, venne chiesto di prendersi cura di lei da lon-tano. Burns installò un collegamento video con i suoi colleghi in Guatemala, ma constatò che c’era-no ancora troppo difficoltà tecniche per la condi-visione e lo scambio di conoscenze. E notò anche che persino suo figlio adolescente, utilizzando la Xbox, aveva un modo migliore per comunicare con le persone. Questa è stata la scintilla che ha convin-to il dottor Burns a mettersi al lavoro per dar vita a OPENPediatrics (http://openpediatrics.org), una piattaforma digitale gratuita di apprendimento do-ve medici, infermieri e altri professionisti della sa-lute di tutto il mondo possono condividere cono-scenze mediche ed esperienze grazie alla tecnolo-gia. Obiettivo: migliorare le possibilità di cura dei bambini in tutto il mondo abbattendo le frontiere geografiche. La piattaforma, nata da una collaborazione tra Bo-ston Children’s Hospital, IBM e altre aziende e or-

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Edito

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Ho gettato via la mia tazza quando ho visto un bambino che beveva al ruscello dalle proprie mani

Socrate

Probiotici per aDhD e sindrome di Asperger?Pärtty A, Kalliomäki M, Wacklin P, Salminen S, Isolauri E. A possible link between early probiotic intervention and the risk of neuropsychiatric disorders later in childhood: a randomized trial. Pediatr Res 2015;77(6):823-8.

Questo trial clinico randomizzato a doppio cieco analizza gli effetti della somministrazione per via orale nei primi sei mesi di vita di Lactobacillis rhamnosus GG sullo sviluppo della sindrome da deficit di attenzione e ipe-rattività (ADHD) e sulla sindrome di Asperger. I risultati del lavoro, che ha incluso 75 pazienti seguiti con regolare follow-up fino all’età di 13 anni, portano i ricercatori a concludere che la somministrazione precoce di pro-biotici sembra ridurre il rischio di disturbi neuropsichiatrici tardivi, forse attraverso meccanismi non limitati alla composizione del microbiota in-testinale. Tali dati vanno considerati come preliminari e vanno pertanto interpretati con estrema cautela.

Ipercolesterolemia: ezetimibe in monoterapia? Kusters DM, Caceres M, Coll M, Cuffie C, Gagné C, Jacobson MS, Kwiterovich PO, Lee R, Lowe RS, Massaad R, McCrindle BW, Musliner TA, Triscari J, Kastelein JJ. Efficacy and safety of ezetimibe monotherapy in children with heterozygous familial or nonfamilial hypercholesterolemia. J Pediatr 2015;166(6): 1377-1384.e3

In questo studio multicentrico olandese viene analizzata l’efficacia e la sicurezza della monoterapia con ezetimibe, farmaco inibitore l’assorbimento del colesterolo, in 138 bambini tra i 6 e i 10 anni affetti da iper-colesterolemia, seguiti in un follow-up di 12 settimane. Ciò che gli autori dimostrano è che l’utilizzo di ezetimibe riduce in manie-ra statisticamente significativa la colestero-lemia totale e, in particolare, la concentra-zione di LDL e apolipoproteina B, con un buon profilo di sicurezza. Ulteriori studi saranno però necessari per analizzare gli esiti più a lungo termine e per confrontare l’ezetimibe con altri farmaci ipocolesterole-mizzanti già in utilizzo nella popolazione pediatrica.

Malattia Infiammatoria PelvicaBrunham RC, Gottlieb SL, Paavonen J. Pelvic inflammatory disease. N Engl J Med 2015;21;372(21):2039-48.

Il “New England Journal of Medicine” propone nel mese di maggio un’inte-ressante review relativa alla Malattia Infiammatoria Pelvica (PID, Pelvic In-flammatory Disease), ovvero la flogosi del tratto superiore dell’apparato ri-produttore femminile (endometrio, tube di Falloppio, ovaie e peritoneo) dovuta ad infezioni vaginali ascendenti perlopiù sessualmente acquisite.

La PID è sempre più considerata un importante problema di salu-

te perché può compromet-tere la futura capacità ri-produttiva, con infertili-tà e gravidanze ectopiche, oltre che essere causa di

disturbi dolorosi cronici. Interessanti quindi la let-

tura della sua eziologia, delle manifestazioni cliniche, dei criteri di diagnosi, della tera-pia, della prevenzione e, infine, dei numerosi ambiti di ricerca rite-nuti necessari per una migliore gestione di tale malattia.

Nefrotossicità da acyclovir: problema realeRao S, Abzug MJ, Carosone-Link P, Peterson T, Child J, Siparksy G, Soranno D, Cadnapaphornchai MA, Simões EA. Intravenous acyclovir and renal dysfunction in children: a matched case control study. J Pediatr 2015;166(6):1462-1468.

Un alert sulla nefrotossicità da acyclovir, farmaco di rela-tivamente comune utilizzo nel bambino. Attraverso un ampio studio retrospettivo caso-controllo gli autori dimo-strano infatti come la nefrotossicità da acyclovir sommini-strato per via endovenosa sia frequente, arrivando ad inte-ressare il 35% dei pazienti, ed individuano tra i fattori di rischio l’utilizzo di dosi elevate, l’età superiore agli 8 anni e la concomitante somministrazione di ceftriaxone. Tali risultati devono essere di monitor per un uso accorto del farmaco nella pratica clinica.

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Non è bastato sconfiggere Ebola!Takahashi S, Metcalf CJ, Ferrari MJ, Moss WJ, Truelove SA, Tatem AJ, Grenfell BT, Lessler J. Reduced vaccination and the risk of measles and other childhood infections post-Ebola. Science 2015;347(6227):1240-2.

Questo interessante articolo di “Science” esprime preoccupazione relativa-mente alla salute pubblica nei prossimi 6-18 mesi nei Paesi dell’Africa occi-dentale colpiti dall’epidemia da virus Ebola. Tale epidemia ha infatti deter-minato in questi Paesi a risorse limitate una completa lacerazione del siste-ma sanitario ed, in particolare, ha completamente interrotto i piani vacci-nali. Si stima che la sola mancanza di copertura vaccinale contro il morbil-lo, se non si interverrà con la somministrazione dei vaccini in maniera massiva, determinerà dai 2.000 ai 16.000 morti nei prossimi 18 mesi.

Interventi cardiochirurgici e outcome neurologicoGaynor JW, Stopp C2 Wypij D, Andropoulos DB, Atallah J, Atz AM, Beca J, Donofrio MT, Duncan K, Ghanayem NS, Goldberg CS, Hövels-Gürich H, Ichida F, Jacobs JP, Justo R, Latal B, Li JS, Mahle WT, McQuillen PS, Menon SC, Pemberton VL, Pike NA, Pizarro C, Shekerdemian LS, Synnes A, Williams I, Bellinger DC, Newburger JW; International Cardiac Collaborative on Neurodevelopment (ICCON) Investigators. Neurodevelopmental Outcomes After Cardiac Surgery in Infancy. Pediatrics 2015;135(5):816-25.Rappaport L. Neurodevelopmental Outcome in Children With Congenital Heart Disease: A Work in Progress. Pediatrics 2015;135(5):926-7.

Questo studio multicentrico condotto negli Stati Uniti analizza lo sviluppo psicomotorio in 1770 bambini con un’età media intorno ai 14 anni, sotto-posti ad intervento cardiochirurgico per cardiopatia congenita nei primi mesi di vita. I risultati mostrano come tali bambini presentino più frequen-ti disabilità sia psicomotorie sia cognitive rispetto ai coetanei sani. Fattori ulteriori di rischio per lo sviluppo di tali disabilità sembrano essere il basso peso alla nascita, il sospetto di malattia genetica o la presenza di anomalia extra-cardiaca associata. La rivista “Pediatrics” dedica un editoriale a tale lavoro, nel quale si sottolinea come nonostante gli enormi progressi della cardiochirurgia degli ultimi decenni, essa ancora si trovi a dover far fronte alle disabilità psicomotorie e cognitive che ne esitano. È importante che i pediatri siano consapevoli di questo rischio e monitorino strettamente tali piccoli pazienti per i quali interventi riabilitativi precoci possono avere un impatto importante sul recupero delle funzioni compromesse.

Fattori di rischio per bronchiolite: dati italianiLanari M, Prinelli F, Adorni F, Di Santo S, Vandini S, Silvestri M, Musicco M; Study Group of Italian Society of Neonatology on Risk Factors for RSV Hospitalization. Risk factors for bronchiolitis hospitalization during the first year of life in a multicenter Italian birth cohort. Ital J Pediatr 2015;41:40 DOI: 10.1186/s13052-015-0149-z

È tutto italiano questo ampio studio multicentrico condotto in una coorte di 2314 neonati sani, che si pone l’obiettivo di valutare i fattori di rischio prenatali, perinatali e postnatali nello sviluppo di bronchiolite di severità tale da richiedere l’ospedalizzazione. I risultati confermano come fattori per-sonali, da un lato, ed esposizione a fattori ambientali, dall’al-tro, abbiano un ruolo importante nel determinare la severi-tà dell’infezione (anche indipendentemente dall’età gesta-zionale), come già riportato nella letteratura internazionale. Ma produrre dati epidemiologici nazionali è importante ai fini di pianificare interventi preventivi e sviluppare linee guida ‘su misura’ per la nostra popolazione.

Maschera facciale o laringea nella rianimazione neonatale?Trevisanuto D, Cavallin F, Nguyen LN, Nguyen TV, Tran LD, Tran CD, Doglioni N, Micaglio M, Moccia L. Supreme Laryngeal Mask Airway versus Face Mask during Neonatal Resuscitation: A Randomized Controlled Trial. J Pediatr 2015;167(2):286-291.e1. DOI: 10.1016/j.jpeds.2015.04.051

Le linee guida di rianimazione neonatale prevedono l’utiliz-zo della maschera laringea in caso di fallimento della venti-lazione con maschera facciale o tubo endotracheale. In que-sto trial randomizzato controllato condotto in Vietnam sono stati arruolati 142 neonati di età gestazionale >34 SG e PN >1500g, 71 dei quali hanno ricevuto ventilazione con ma-schera facciale e 71 con maschera laringea. I risultati hanno evidenziato nel gruppo ventilato con maschera laringea una riduzione della necessità di intubazione, un Apgar score a 5 minuti più elevato e una minor necessità di ricovero in Tera-pia Intensiva Neonatale. Le conclusioni degli autori sono che l’utilizzo della maschera laringea è sicuro ed efficace, dopo adeguato training degli operatori.

Oltre il 42%Genitori che usano il web come fonte di informazione sui vaccini secondo una recente ricerca Censis. Il 70% degli intervistati dichiara di saperne molto o abbastanza di vaccinazioni, sebbene solo un esiguo 5,6% individui correttamente almeno 4 vaccinazioni obbligatorie. Una percentuale non trascurabile, il 7,8%, sceglie di non vaccinare i figli a seguito di quanto letto sul web.

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Gli effetti dannosi del fumo delle madri in gravidanza possono essere registrati anche analizzando i movimen-ti facciali dei feti mediante ecografia 4D. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista “Acta Paediatrica”. I ricer-catori britannici delle università di Durham e Lancaster coordinati da Nadja Reissland hanno preso in esame 80 ecografie 4D di 20 feti sani effettuate a quattro differen-ti intervalli di tempo tra le 24 e le 36 settimane di gesta-zione. Quattro madri erano fumatrici (14 sigarette al giorno di media nonostante la gravidanza), mentre le altre 16 si dichiaravano non fumatrici. Osservando il comportamento dei feti durante le ecografie, si è notato che i figli di mamme fumatrici mostrano un tasso deci-samente più elevato di movimenti della bocca. La tesi è che il sistema nervoso centrale dei feti – che controlla il movimento in generale e i movimenti faccia-li in particolare – non si sviluppi allo stesso modo e con

Carta di Ragusa AIOMCondivisione delle scelte terapeutiche, empatia nella relazione medico-paziente, equità di accesso alle cure innovative e valorizzazione della ricerca clinica. Sono questi i quattro principi su cui si basa la Carta di Ragusa sull’Etica in Oncologia dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), la prima mai realizzata in Italia.

L’American Academy of Pediatrics (AAP) ha individuato per l’iniziativa “Choosing Wisely” 5 pratiche “a rischio in appro-priatezza” in Neonatologia. L’AAP racco-manda di evitare l’uso di routine di:^^ farmaci antireflusso per il trattamen-

to della malattia da reflusso gastroesofa-geo sintomatica, dell’apnea e della desa-turazione nei neonati pretermine;^^ terapia antibiotica per più di 48 ore in

assenza di infezione batterica nei neonati pretermine asintomatici;^^ pneumogrammi per la valutazione

pre-dimissione dell’apnea prolungata nei neonati pretermine;^^ radiografie del torace quotidiane per

neonati intubati in assenza di indicazioni particolari;^^ screening con risonanza magnetica ce-

rebrale prima della dimissione (o una vol-ta raggiunta la 40a settimana di età post-concezionale) dei neonati pretermine.Come sono state individuate le 5 prati-che? Circa 1000 specialisti in Pediatria e Neonatologia hanno selezionato una se-rie di test e trattamenti utilizzati sui ne-onati per i quali a loro avviso non ci so-no evidenze sufficienti di efficacia, op-pure che sono da ritenersi inefficaci o inutili. Un panel coordinato da DeWay-ne Pursley del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston ha valutato i quasi 3000 suggerimenti elaborati dalle persone consultate e ha identificato le 5 pratiche con il maggior numero di indi-cazioni di inappropriatezza. “La morta-lità infantile è molto diminuita negli

Choosing wisely in Neonatologia

ultimi 50 anni, soprattutto grazie all’as-sistenza fornita alle madri durante una gravidanza ad alto rischio e all’assisten-za intensiva al neonato”, sottolinea Pur-sley. “I test e i trattamenti più avanzati sono stati dei fattori importanti nel rag-giungimento di tali risultati, ma è neces-

sario usarli in modo più appropriato. Eliminare l’uso routinario di tali test e trattamenti e concentrarsi solo sui casi in cui sono giustificati contribuirà sia a migliorare la qualità dell’assistenza, sia a ridurre costi inutili”.

^̂^ Choosing Wisely® In newborn medicine: Five opportunities to improve health outco-mes and reduce costs. BIDMC news release 7/21/2015.^̂^ Ho T, Dukhovny D, Zupancic JA, Gold-

mann DA, Horbar JD, Pursley DM. American Academy of Pediatrics – Section on Perinatal Pediatrics. Choosing Wisely in newborn me-dicine: Five opportunities to increase value. Pediatrics 2015; pii: peds.2015-0737.

Fumo in gravidanza? Si vede già dall’ecografia 4D

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gli stessi tempi in caso di esposizione alle sostanze deri-vate dal fumo di sigaretta della madre. Spiega Nadja Reissland della Durham University: “I risultati del no-stro studio sembrano suggerire che la nicotina abbia di per sé un effetto significativo sullo sviluppo fetale, che si somma all’eventuale presenza di stress e sintomi de-pressivi. È necessario raccogliere un maggior numero di dati per confermare questi risultati e per approfondire aspetti specifici come l’interazione tra stress materno e fumo di tabacco”.

^̂^ Reissland N, Francis B, Kumarendran K, Mason J. Ultra-sound observations of subtle movements: a pilot study compa-ring foetuses of smoking and nonsmoking mothers. Acta Pa-ediatrica 2015; 104(6):596–603.

L’allenatore, “maestro di salute” dei giovani italianiÈ quanto emerge da un sondaggio online su 24.342 under 19 condotto da Sky Sport HD e “Il ritratto della salute”. Il 36% degli adolescenti chiede al proprio coach consigli su benessere e prevenzione, più che a genitori (32%), insegnanti (12%), parenti (11%). Le domande più ricorrenti sono come smettere di fumare (34%), raccomandazioni per la dieta (25%) e consigli per smaltire i chili di troppo (12%).

Negli Stati Uniti prescrizioni di antipsi-cotici in significativa crescita per i ra-gazzi dai 13 ai 14 anni, mentre nei pa-zienti sotto i 13 anni il dato è in decresci-ta. Questo quanto emerge da uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista “JAMA Psychiatry”. Un team di ricercatori coor-dinati da Mark Olfson del Department of Psychiatry del College of Physicians and Surgeons della Columbia University di New York ha preso in esame i dati di ven-dita di circa il 60% delle farmacie USA grazie all’IMS LifeLink LRx Longitudinal Prescription database: si è riusciti così a “fotografare” per il periodo compreso fra il 2006/2010 le modalità di prescrizione di questi farmaci. È emerso un forte in-cremento tra 2006 e 2010 nella prescrizio-ne dei farmaci antipsicotici per la fascia di età compresa tra 13 e 24 anni (si è pas-sati dall’1,10% della popolazione adole-scente all’1,19% e dallo 0,69% allo 0,84% nei giovani adulti), mentre invece c’è sta-to un decremento nella prescrizione dei farmaci antipsicotici per la fascia di età compresa tra 1 e 12 anni (si è passati dal-lo 0,14% allo 0,11% nei bambini più pic-

Trend delle prescrizioni di farmaci antipsicotici coli e dallo 0,85% allo 0,80% nei bambini più grandi). Interessante sottolineare co-me la prescrizione di farmaci antipsicoti-ci sia più diffusa nei maschi che nelle femmine.

^̂^Olfson M, King M, Schoenbaum M. Treat-ment of Young People With Antipsychotic Me-dications in the United States. JAMA Psychiatry 2015; doi:10.1001/jamapsychiatry.2015.0500

Sotto: un’ecografia 4D mostra una sequenza di movimenti di due feti di 32 settimane. Il feto sopra è figlio di una madre fumatrice, mentre quello sotto di una madre non fumatrice. creDItS Nadja Reissland, Durham University.

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Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) Un tema di grande attualità nel nostro Paese, anche se si registrano scarsa conoscenza dell’argomento e l’esistenza di false credenze. Secondo un’indagine SWG, la maggioranza degli italiani ha sentito parlare di PMA ma il 72% si dichiara poco o per niente informato e c’è molta confusione riguardo alle tecniche disponibili.

L’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma mette a disposizione un nuovo test diagnostico avanzato sviluppato dai suoi ricercatori per l’analisi globale del più forte modulatore del genoma umano, il microbiota. Si tratta di trilioni di mi-crorganismi localizzati nell’intestino, dal peso di quasi 1,5 kg, strettamente inte-grati con lo stato di salute o di malattia individuale. Agiscono, infatti, come bar-riera contro i patogeni, regolano l’assor-bimento dei nutrienti, la produzione dell’energia e lo sviluppo del sistema im-munitario. Il nuovo test diagnostico fornisce una fotografia dell’intero ecosistema intesti-nale: frutto della combinazione del Next Generation Sequencing con tecnologie di spettrometria di massa avanzate, il test disegna una mappa genetica com-pleta delle specie di batteri che compon-

La sordità rappresenta una tra le più comuni disabilità congenite infantili. Il fenomeno colpisce 1-3 neonati su 1000 e il 4-5% dei neonati ricoverati in terapia intensiva neonatale. La sordità è quindi una patologia frequente, con conseguenze importanti sulla vita di relazione dei piccoli, legate alla compromessa possibilità di riuscire a sviluppare una normale comunicazione verbale. Le linee guida internazionali della Joint Committee on Infant Hearing (2007) indicano la necessità di avvio alla terapia protesico-riabilitativa in tutti i neonati affetti da ipoacu-sia entro i primi 6 mesi di vita e di diagnosi precoce en-tro i 3 mesi di vita. La protesizzazione – su indicazione del medico otorino o audiologo – risulterà fondamenta-le per attivare tutte le aree preposte alla ricezione, tra-smissione e analisi degli stimoli uditivi percepiti. Lo scopo principale dell’adattamento audioprotesico nel bambino neonato è quello di riuscire ad ottenere una compensazione della perdita uditiva quanto più comple-ta possibile, per permettere al bambino di raggiungere l’udibilità delle voci, dei suoni e dei rumori intorno a lui. Tutto questo è fondamentale per lo sviluppo del linguag-

“Super-mappa” del microbiota intestinale al Bambino Gesù

Ipoacusia nei neonati:

intervenire precocemente

gono il microbiota, insieme ad una map-pa biochimica. Informazioni indispen-sabili per riequilibrare la popolazione dei microbi intestinali attraverso l’otti-mizzazione della dieta, la somministra-zione di probiotici, fino al trapianto di microbiota, quando necessario. L’OPBG è il primo ospedale in Europa a mettere a disposizione un servizio diagnostico ba-

sato sulla costruzione di profili che inte-grano molte centinaia di migliaia di se-gnali prodotti dal test. Questa mappatu-ra della popolazione batterica intestina-le può essere richiesta – sia per i bambi-ni che per gli adulti – dai medici di base o dai centri clinici di riferimento per le patologie associate alle alterazioni della f lora batterica intestinale.

gio e per la corretta maturazione dell’area uditiva prima-ria preposta alla corretta analisi uditiva. Particolarmente complessa risulta la procedura di cor-retto adattamento audioprotesico e per questa ragione è necessaria la collaborazione di più figure coinvolte nella terapia protesico-riabilitativa, tra cui il medico otorino o audiologo, l’audiometrista, l’audioprotesista, il logope-dista e non ultimi i genitori del piccolo paziente.

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Artrite idiopatica giovanile (AIG)

Maria Cristina MaggioClinica Pediatrica Università di Palermo

I pazienti con AIG per la caratteristica stessa della loro patologia – in particolar modo se coinvolge gli arti inferiori e/o il rachide – si pongono delle autolimitazioni allo svolgimento dell’attività mo-toria. Si aggiunge la paura di farsi male, di esser causa di un peggioramento del quadro clinico, di una minor capacità di prestazione determinata dalla malattia e dai farmaci assunti.

Indicazioni^^ Nel caso dell’AIG mono- o oligoarticolare non in

fase acuta: l’attività motoria può esser svolta sempre (se presenta deformità articolari: le limitazioni sa-ranno dettate dal soggetto).^^ Il “dolore” è la guida soggettiva del paziente; dopo

un’infiltrazione è indicato riposo per almeno 24 ore.^^ Se presenta AIG poliarticolare non in fase acuta:

talora dopo opportuna FKT in acqua riscaldata. ^^ Nei pazienti con AIG sistemica in remissione: l’at-

tività motoria può esser svolta dopo valutazione car-diologica, concordata con il reumatologo pediatra.^^ Il tipo, la frequenza e l’intensità dell’attività

sportiva vanno personalizzati anche in funzione della terapia immunosoppressiva assunta.

Controindicazioni^^ Se il paziente è in fase acuta di malattia.^^ Se il paziente presenta: febbre, malnutrizione,

anemia.^^ Se ha una compromissione cardiologica.

Lo sport è prevenzione: obiettivo della prevenzione per i pazienti con patologia cronica non è solamente la promozione dell’attività motoria, ma anche la riduzione del tempo trascorso in attività sedentarie. Il movimento, indipendentemente dallo stato di salute, è una necessità fisiologica per bambini e adolescenti: è parte inte-

grante del loro processo accrescitivo, sin dalle prime fasi dello sviluppo (già in utero il feto acquisisce degli schemi motori peculiari ed in evoluzione) e favo-risce una crescita corporea armonica, sia sul versante fisico che psicologico. Lo sport aumenta agilità, resistenza e forza e di conseguenza migliora l’autostima e il senso di benessere, favorisce l’apprendimento e riduce l’ansia per la presta-zione scolastica, favorisce la socializzazione, abitua al rispetto delle regole. Un ragazzo attivo diventerà quasi sicuramente un adulto attivo e sano.

Ma le patologie croniche spesso “dissuadono” i bambini, ancor più gli adolescenti (e i loro genito-ri!) dalla perseveranza nello svolgimento dell’atti-vità sportiva, incrementando fattori di rischio in una fascia di popolazione vulnerabile. I bambini e ragazzi con patologie croniche invece dovrebbero essere esortati a svolgere attività sportiva diverten-te e varia, adatta a sesso ed età, scelta in base alle inclinazioni e ai desideri personali: occorre infatti dare priorità alla scelta del paziente, a meno di controindicazioni specifiche. È fondamentale tut-tavia guidarlo e sostenerlo nella scelta: l’attività va inoltre intrapresa gradualmente, in base alla fit-ness del paziente e sotto la guida di allenatori esperti e sensibili. Assolutamente essenziale uno stretto lavoro cooperativo “di squadra” tra pedia-tra di famiglia, medico sportivo, dottore in scienze motorie e/o allenatore.

Sport nel bambino con patologie cronicheLe patologie croniche spesso allontanano i pazienti (e i loro genitori) dall’attività sportiva: aiutiamoli a non commettere questo grave errore

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Vantaggi ^^ L’attività motoria riduce il rischio metabolico,

cardiovascolare, incrementa il metabolismo basale.^^ Riduce il rischio di obesità; migliora la compo-

sizione corporea (massa magra/massa grassa), ridu-ce il carico sulle articolazioni degli arti inferiori.^^ Migliora la fitness aerobica e cardio-respirato-

ria, aumenta l’escursione articolare, potenzia le masse muscolari.^^ Aumenta la BMD.^^ Aiuta a conquistare maggiore sicurezza in se

stessi, senso del gruppo, rispetto delle regole.^^ È un valido strumento per la prevenzione dal-

le dipendenze.^^ Consente di mettere in atto strategie per il re-

cupero della progettualità personale per il futuro, non più vissuto come speranza negata.

Svantaggi^^ Rischio di traumatismo osteoarticolare.^^ Maggiore vulnerabilità nei confronti del do-

ping e di altre dipendenze.

Quali sport consigliare?^^ Il nuoto ed il ciclismo sono gli sport da privi-

legiare.^^ Consigliare sport che, in fase di allenamento,

possano potenziare la muscolatura agonista-anta-gonista delle articolazioni colpite, con esercizi a basso carico.^^ Sono da evitare gli sport da contatto nei

pazienti più a rischio di fratture ossee in caso di coinvolgimento delle vertebre cervicali C1-C2.

Precauzioni ^^ Radiografia della colonna cervicale in

caso di coinvolgimento della stessa. ^^ Protezione dell’articolazione tempo-

ro-mandibolare (ATM).^^ Protezione oculare (da traumi,

raggi UV)^^ È opportuno riprendere l’at-

tività quanto prima dopo la ri-acutizzazione.

NeoplasieMaria Cristina Maggio

Clinica Pediatrica Università di Palermo

Il vissuto estremamente delicato di questi pazienti pediatrici rende ancor più necessaria una presa in carico che preveda – quando la clinica sia sta-bilizzata e la terapia distante almeno sei mesi – un programma di attività motoria che tenga conto delle loro aspirazioni e desideri. Per questi bambi-ni attività motoria vuol dire poter nuovamente provare la gioia del movi-mento all’aria aperta, condivisione e collaborazione con i coetanei per un obiettivo comune, liberarsi dalle paure per sognare un futuro migliore, lottare spensierati per il raggiungimento di un traguardo. Le terapie previ-ste dai protocolli oncologici prevedono la somministrazione di alte dosi di steroidi e di farmaci antiblastici che, talora, possono avere come effetti col-laterali osteopenia, sovrappeso, ipertensione, insulinoresistenza, dislipide-mia, sino alla franca sindrome metabolica. L’attività motoria regolare è uno strumento terapeutico utile per contrastare tutte queste complicanze ed è da proporre e promuovere per i pazienti off-therapy.

Controindicazioni^^ La fase acuta della malattia.^^ Se il paziente presenta: febbre, malnutrizione,

anemia, piastrinopenia o leucopenia. ^^ Se ha una compromissione cardiologica (alcu-

ni farmaci antiblastici possono indurla).

Vantaggi^^ Incrementare il tono-trofismo muscolare e la flessibilità articolare.

^^ Aumentare la BMD;^^ Migliorare il senso di identità, l’afferma-

zione delle proprie capacità e le autonomie personali psico-relazionali.

Svantaggi^^ Rischio di traumatismo osteoarticolare

in pazienti con neoplasie ossee.^^ Maggiore vulnerabilità nei confronti

del doping e di altre dipendenze.

Quali sport consigliare?^^ Non occorre scegliere uno sport di squa-dra: anche gli sport individuali insegnano

a stare in un gruppo e favoriscono lo svi-luppo psico-fisico del bambino. ^^ Il nuoto è indicato (non nei pazien-

ti con un più elevato rischio di infezio-ni) anche nei primi anni di vita, da

svolgere con i genitori per i più piccoli. Aiuta la coordinazio-

ne, migliora la “sicurezza”

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in acqua. È simmetrico ed utile integrazione per sport asimmetrici. ^^ La ginnastica a corpo libero e l’atletica sono

entrambe attività simmetriche e complete, parti-colarmente indicate in questi pazienti.

Precauzioni^^ Scegliere in base alla fitness attuale del pazien-

te, non basandosi sul tipo di sport svolto prima dell’esordio della neoplasia.^^ Evitare sport che possano mettere a rischio di

cadute o traumi pazienti con patologia neurologi-ca e epilessia;^^ Evitare sport da contatto in pazienti in cui persi-

ste piastrinopenia o alterazione della coagulazione.^^ Riprendere l’attività dopo la fase di remissione,

non in fase acuta, dopo almeno sei mesi dal wash-out terapeutico.^^ In fase precoce è possibile organizzare un pro-

gramma di fisiokinesiterapia.

Diabete mellitoMaria Cristina Maggio

Clinica Pediatrica Università di Palermo

L’attività fisica nei pazienti diabetici ha un valore terapeutico indiscutibile perché tra i tanti benefici che apporta è dimostrato che contribuisce in modo significativo a regolare i valori della glicemia e il compenso metabo-lico. Inoltre aumenta il senso di benessere e di sicurezza, riduce i livelli di depressione e l’ansia, accresce la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità fisiche, la sensazione di “poter dominare” lo stesso diabete. L’attività spor-tiva agonistica richiede maggiori adattamenti della terapia insulinica e/o ipoglicemizzante, miglior e specifico apporto calorico con la dieta, stimo-lando negli stessi pazienti motivati e responsabili la capacità di autocontrol-lo della glicemia, il desiderio di collaborazione attiva con il diabetologo pediatrico ed il pediatra di famiglia, oltre alla capacità di autogestione del-la malattia. Durante lo svolgimento dell’attività fisica si possono avere epi-sodi di ipoglicemia o iperglicemia che vanno attentamente monitorati ma, soprattutto, prevenuti. Per evitare gli sbalzi glicemici e prevenire gli effetti collaterali e le conseguenze talora rischiose per la sicurezza del giovane atleta è importante rispettare alcuni accorgimenti e controllare sempre i valori della glicemia prima, durante (se l’allenamento si protrae oltre un’ora) e dopo l’attività motoria svolta.

Indicazioni^^ Nei pazienti con diabete mellito di tipo 1 non

esistono sport controindicati eccetto quelli estremi.^^ I pazienti con diabete mellito di tipo 2 hanno

esigenze talora limitate dal sovrappeso o dalla franca obesità. Per costoro sarà opportuno inizia-re gradualmente (spesso tendono ad avere uno sti-le di vita sedentario, hanno difficoltà ad affronta-re il confronto con i coetanei, rispetto ai quali si sentono più goffi). È opportuno iniziare con la marcia, la ginnastica, il nuoto. Poi gradualmente potranno svolgere anche loro lo sport che più gra-discono: è importante che la scelta sia personale, così da garantire continuità e costanza.

Controindicazioni^^ La fase acuta della malattia.^^ Lo scompenso glicometabolico.

Vantaggi ^^ L’attività motoria riduce il rischio metabolico,

cardiovascolare, incrementa il metabolismo basale.^^ Riduce il rischio di obesità; migliora la compo-

sizione corporea (massa magra/massa grassa), ridu-ce il carico sulle articolazioni degli arti inferiori.^^ Migliora la fitness aerobica e cardio-respirato-

ria, potenzia le masse muscolari;^^ Aumenta la BMD.^^ Aiuta a conquistare maggiore sicurezza in se

stessi, la capacità di condividere in gruppo le pro-prie esperienze, il rispetto delle regole.^^ Combatte la possibilità che insorgano dipen-

denze (il paziente abituato alla terapia auto-inetti-va è a maggior rischio).^^ Modifica la percezione di essere “malato” nella

certezza di poter essere un vincente.

Svantaggi^^ Rischio di instabilità del controllo glicemico.^^ Possibili ipoglicemie, specie nei pazienti più

vulnerabili.

Quali sport consigliare?^^ Lo sport o gli sport (alcuni ragazzi preferiscono

diversificare l’attività sportiva durante la settimana o in base alle stagioni) che il soggetto preferisce.^^ Non esistono sport controindicati, eccetto gli

“sport estremi” che adesso tanto attraggono gli ado-lescenti. Questi, infatti, non garantirebbero un ade-guato controllo glicemico con il rischio di ipoglicemia.

Precauzioni ^^ Controllare l’intake calorico, per evitare ca-

renze o eccessi nutrizionali, glicidici e proteici.^^ Mantenere l’attività motoria, anche se con plan-

ning differenziati, durante i mesi estivi.^^ Garantire un’adeguata idratazione ed un’inte-

grazione elettrolitica bilanciata durante lo sforzo muscolare e nelle ore successive, se l’impegno e le condizioni climatiche lo richiedono.^^ Bere in quantità adeguata alle perdite e inte-

grando i sali minerali.

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AsmaGiorgio Piacentini

Referente SIP per le tematiche relative alla promozione dell’attività motoria e sport

Fin dal momento della diagnosi di asma è molto frequente che il paziente o i genitori pongano al pediatra quesiti sulla possibilità di iniziare o mantenere una determinata attività sportiva, sui rischi dello sport nei bambini asmatici e sulla scelta di una attività piuttosto che un’altra in funzione dell’asma stes-so. La malattia viene infatti percepita come una barriera allo svolgimento dell’attività fisica. Di conseguenza nei ragazzi con asma sono stati osservati una significativa riduzione dell’attività fisica stessa, un incremento della pre-valenza di obesità e uno stato emozionale meno soddisfacente. In realtà nu-merosi studi evidenziano come lo sforzo fisico, almeno per quanto inteso per i bambini e gli adolescenti (e cioè non a livello di atleti professionisti), non sia affatto un fattore negativo nei confronti dell’asma.

Vantaggi ^^ L’allenamento fisico si è dimostrato in grado di

migliorare i livelli di attività aerobica e il carico di lavoro e di ridurre il numero di episodi di wheezing.^^ L’attività fisica è anche un fattore protettivo nei

confronti della malattia: il rischio di sviluppare asma in adolescenti monitorati per più di 10 anni si è dimostrato inversamente proporzionale al livello di attività fisica; ^^ Per il pediatra la regolare partecipazione dei pic-

coli pazienti ad attività sportive può rappresentare un utile strumento per una migliore gestione della malattia stessa, parametrando i livelli di prescrizio-ne di terapia anche in relazione alla capacità da par-te del bambino di sostenere adeguatamente uno sforzo fisico senza incorrere in riacutizzazioni di broncospasmo.

Quali sport consigliare?^^ Evitare discipline sportive che si svolgono in si-

tuazioni ambientali sfavorevoli, come ad esempio gli sport nordici che vengono praticati in condizione di esposizione ad aria fredda e secca o altre attività che si svolgono in ambienti fortemente inquinati. ^^ Alcuni studi in passato hanno suggerito che

l’esposizione ad elevati livelli di cloro nelle piscine potesse rappresentare un problema. In realtà, di-versi studi sono stati tranquillizzanti relativamen-te a questi rischi da parte dei bambini e degli ado-lescenti che frequentano le piscine, mettendo anzi in luce significativi vantaggi del nuoto anche in termine di incremento della funzionalità respira-toria oltre che della performance in generale. ^^ In generale, dovrebbe essere assecondata la

propensione dei singoli verso l’attività che mag-giormente li può attrarre, al fine di promuoverne l’effettiva pratica con effetti positivi sia sulla salu-te fisica sia da un punto di vista di maggior grati-ficazione psicologica.

Precauzioni^^ È sempre opportuna una fase di riscaldamento

lento precedente l’attività fisica, che sarà poi seguita da un altrettanto lento smorzamento dello sforzo al termine della seduta di allenamento o della gara.^^ Preferire la respirazione attraverso il naso. ^^ Selezionare, se possibile, ambienti poco inqui-

nati e con bassi livelli di concentrazione allergenica.

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività

Giuseppe SantangeloNeuropsichiatra infantile

Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività o ADHD è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazio-ne, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Vari studi hanno messo in luce che i bambini con ADHD hanno anche problemi nelle relazioni inter-personali che possono favorire lo sviluppo di tratti oppositivi e provocatori. L’esercizio fisico ha molti effetti benefici riducendo lo stress, l’ansia, la depres-sione, gli effetti negativi del comportamento, lo scarso controllo degli impulsi e gli atteggiamenti compulsivi concomitanti. Allo stesso momento mi-gliora il funzionamento esecutivo e la memoria di lavoro e tutto questo non può che influenzare posi-tivamente la relazione con i genitori e i caregiver.

Vantaggi^^ La pratica regolare e competente di un’attività

fisica aumenta autostima e benessere, diminuisce il cronico stato di agitazione, favorisce l’apprendi-mento e contrasta l’insonnia.^^ L’attività fisica contribuisce ad uno sviluppo

equilibrato ed aiuta a pre-venire il sovrappeso e a migliorare in scioltezza, coor-dinamento ed equilibrio.^^ L’attività fi-

sica può inoltre migliorare le ca-pacità di socializ-zazione intesa non solo come capacità di interagire con gli altri ma come sforzo comune per raggiungere un risultato, l’inte-grazione intesa come sentimento

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di appartenenza del singolo al tutto, la collaborazio-ne come scelta di un comportamento adattivo a ciò che il gruppo fa.^^ Uno sport determina poi in un soggetto ADHD

anche un coinvolgimento emotivo che può andare dalla frustrazione per una sconfitta alla gioia per una vittoria e ciò permetterà al ragazzo/a di miglio-rare le sue capacità di percepire e regolare le proprie emozioni.

Quale sport consigliare? ^^ In linea generale, è meglio privilegiare sport che

tengono sempre in movimento come il calcio, ed evitare sport che, al contrario, prevedono lunghi momenti di inattività ma con grandi livelli di con-centrazione, come il baseball.^^ Alcuni sostengono che sport individuali come il

tennis ed il nuoto siano da preferire perché non c’è bisogno di mantenere l’attenzione verso i propri compagni di squadra e non bisogna ricordare ed imparare strategie di gioco, a volte complesse. Non ci sono conferme in tal senso anche se viene citato spesso un esempio piuttosto concreto: Michael Phelps, 18 medaglie olimpiche nel nuoto, era un bambino ADHD.^^ Una statistica ha concluso che sono le arti mar-

ziali ad essere in cima alle preferenze dei bambini ADHD. Gli psichiatri sostengono molto questo tipo di scelta perché, in età infantile, sono del tutto prive di mosse violente o pericolose e vengono praticate tenendo i bambini in gruppo ed abituandoli a fare determinati movimenti con tempistiche comuni, il che è particolarmente utile per i bambini ADHD.

Precauzioni ^^ Occorre prestare molta attenzione alla persona-

lità dei ragazzi nella scelta di uno sport. Se non sono molto competitivi non si dovrebbe spingerli verso un’attività agonistica. Piacere e partecipazione sono molto più importanti, nel lungo periodo, che non

l’aspetto competitivo. Natu-ralmente, sempre citan-

do il caso di Phelps, questo non si-gnifica che in caso si svi-luppino delle potenzialità agonistiche queste vada-no represse.

Sport e bambini con cardiopatie congenite: un approccio “sartoriale”

Alessandro Rimini UOC Cardiologia - Istituto Gaslini, Genova

Attilio Smeraldi Medico sportivo

Occorre un programma di attività fisica specificatamente allestito per ogni bambino

Il continuo miglioramento delle tecniche chirurgiche nella correzione preco-ce delle cardiopatie ed il progredire della terapia medica nei bambini hanno permesso di assistere ad un costante incremento del numero di cardiopatici congeniti che diventano adulti. I programmi di riabilitazione cardiologica nei cardiopatici congeniti hanno dimostrato miglioramenti dell’efficienza degli apparati cardiovascolare e di quello muscolo-scheletrico; inoltre, la pratica di un’attività fisica regolare si associa ad una minor incidenza futura di obesità ed infarto. Gli studi effettuati sui portatori di cardiopatie congenite dimo-strano come la maggior parte dei pazienti coinvolti raggiungano un incre-mento significativo della propria capacità di compiere esercizio fisico e del proprio grado di efficienza fisica.Paradossalmente solo una minoranza di cardiopatici congeniti (19%) riceve indicazioni puntuali relativamente all’attività fisica. I pazienti di questo tipo sono piuttosto spinti ad uno stile di vita sedentario come risultato di sovra-protezione e nell’incertezza su quale tipo di attività fisica e quanto intensa sia giusto prescrivere. Tale evidenza assume particolare rilevanza quando si os-servi che i cardiopatici congeniti sono maggiormente esposti a sovrappeso rispetto ai non cardiopatici. Non di rado anche il pediatra stesso, laddove sia chiamato alla certificazione di idoneità sportiva non agonistica, è dubbioso nel rilasciarla al bambino cardiopatico anche se affetto da una cardiopatia semplice e per eccesso di “prudenza” con tale atteggiamento si impedisce al bambino di beneficiare di quei positivi effetti psico-fisici notoriamente lega-ti ad una appropriata attività fisica. La sfida consiste nell’avviare la popola-zione dei cardiopatici congeniti ad una attività fisica regolare in sicurezza, sì da prevenire gli effetti negativi della sedentarietà.Attualmente il mondo scientifico internazionale si trova concorde attorno ad un nuovo approccio alla cardiopatia congenita: non legata alla mera anoma-lia anatomica, ma incentrata su parametri emodinamici ed elettrofisiologici del singolo individuo portatore di una determinata anomalia, sia essa in sto-ria naturale, palliata o corretta chirurgicamente. Un approccio che prenda in considerazione le caratteristiche di ciascuna attività fisica e sportiva nelle sue componenti dinamiche ed in quelle statiche, ma soprattutto che tenga conto dell’intensità di essa, non più in termini assoluti ma in termini di “intensità relativa”, rapportata alla storia clinica, al grado di efficienza ed allo stato di fitness di uno specifico soggetto. Si può parlare di un “capo sartoriale”; vale a dire un programma di attività fisica specificatamente allestito per un de-terminato bambino, che si colloca in una determinata situazione clinico-funzionale, in un preciso contesto (familiare, sociale, scolastico) e con una determinata opportunità di accesso a strutture e spazi adeguati.Potremmo assimilare l’attività fisica ad un farmaco con criteri prescrittivi in termini di posologia, tempi, frequenza, modalità e vie di somministrazione; verificando contestualmente compliance individuale, efficacia, eventi avver-si ed effetti collaterali. Il raggiungimento di questo obiettivo passa attraverso una sinergia interspe-cialistica tra il pediatra di famiglia, il cardiologo pediatra, il medico dello sport e l’operatore sportivo. Tutte queste figure professionali devono essere in grado di parlare una lingua comune e di interagire dinamicamente tra loro, al fine di promuovere anche nella popolazione dei cardiopatici congeni-ti uno stile di vita attivo, amplificandone i benefici per la salute ma riducen-do ai minimi termini i rischi cardiovascolari.

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Pietro Ferrara Università Cattolica S. Cuore, Roma

Università Campus Bio-Medico, Roma

Annamaria Amato Università Campus Bio-Medico, Roma

L’enuresi è un disturbo caratterizzato dalla perdita delle urine che avviene involontariamente durante la notte, con una frequenza di più di due volte a settimana, per tre mesi consecutivi, in bam-bini aventi un’età superiore ai 5 anni, ossia l’età entro cui è nor-malmente acquisito il controllo degli sfinteri. Si distinguono:

^^ enuresi monosintomatica (MNE): enuresi non associata ad altri sintomi delle vie urinarie;^^ enuresi non-monosintomatica (n-MNE): enuresi associata ad altri sintomi

delle vie urinarie (urgenza minzionale, mitto debole o interciso, mutandina bagnata durante il giorno, cambiamenti nella frequenza delle minzioni, sfor-zo ad urinare, incontinenza urinaria, manovre atte ad evitare l’incontinenza come “accovacciamento” o saltellare su di una gamba, sensazione di incom-pleto svuotamento);^^ enuresi primaria: il bambino non ha mai acquisito il controllo vescicale;^^ enuresi secondaria: il bambino è stato asciutto durante la notte per alme-

no 6 mesi prima che il disturbo si sia presentato.

Si tratta di un disturbo molto comune in età pe-diatrica. A 5 anni circa il 15% dei bambini bagna il letto, a 7 anni il 10%, a 10 anni circa il 5% e tra gli adolescenti e gli adulti le percentuali si aggi-rano intorno all’1-2%. Per quanto riguarda la MNE, il disturbo è più frequente nei maschi ri-spetto alle femmine. I meccanismi in grado di causare enuresi sono molteplici. L’eziologia è, in-fatti, multifattoriale. Tra le cause si riconoscono fattori genetici, alterazione nel ritmo secretivo dell’ormone antidiuretico, la vasopressina, ritar-do maturativo dei meccanismi di inibizione della minzione, instabilità del muscolo detrusore, di-sturbi del sonno e difficoltà a risvegliarsi. Motivi psicologici sono invece prevalentemente alla base dell’enuresi secondaria.Una corretta e approfondita anamnesi del pazien-te è essenziale. Un’attenta valutazione della storia

personale permette di inquadrare correttamente il tipo di enuresi, di evitare al bambino esami inu-tili e, soprattutto, di impostare l’iter diagnostico-terapeutico più adeguato. Una familiarità per enuresi, o più genericamente per disturbi minzio-nali e/o nefro-urologici (nicturia, nefrouropatie, ecc), deve sempre essere investigata. Prematurità o patologie perinatali possono comportare un ri-tardo delle successive acquisizioni psicomotorie. Stipsi e/o encopresi di per sé possono accentuare i disturbi minzionali diurni e l’enuresi. Disturbi minzionali diurni devono essere accuratamente ricercati. Abitudini igienico-alimentari non cor-rette, quali bere molto la sera o durante la notte, non urinare prima di andare a letto, assumere be-vande fortemente gasate, devono essere prese in considerazione. La presenza di apnee notturne o russamento deve far sospettare un’ipertrofia ade-noidea la cui cura può portare di per sé al miglio-ramento o alla guarigione del disturbo. Notizie sul rendimento scolastico, socializzazione, rap-porti familiari possono indicare quei bambini in cui sia necessario approfondire la sfera psico-comportamentale. Per quanto riguarda invece l’esame obiettivo, oltre alla visita generale con valutazione di peso, altezza

Si tratta di un disturbo molto comune in età pediatrica, ma l’eziologia è multifattoriale

COSA FARE…�� Condividere la propria esperienza: se un genitore ha sofferto in prima persona di enuresi è giusto che ne parli con il proprio bambino che constaterà così l’esempio vivente che il problema è risolvibile.�� Dire al bambino che non è solo, dargli supporto e rassicurarlo: spiegare che bagnare il letto è comune tra i bimbi ed è una condizione che si risolve e non succederà per sempre.�� Coinvolgere il bambino in ogni decisione: cercare di capire insieme quale sia il momento e il modo migliore per affrontare il problema.�� Far compilare al bambino un calendario delle notti asciutte e bagnate (“soli” vs “nuvolette“) per responsabilizzarlo. Può essere utile soprattutto durante il trattamento.�� Educare il bambino a bere in risposta allo stimolo. Educarlo a non esagerare con l’assunzione di liquidi, soprattutto di sera.�� Scegliere acque minerali a basso contenuto di calcio.�� Risolvere la stipsi, quando presente.�� Training vescicale.�� Abituare il bambino a fare minzioni corrette, svuotando tutta la vescica.�� Occhio al cibo: evitare bevande gasate o contenenti caffeina. Evitare cibi ricchi di calcio o troppo salati soprattutto a cena.�� Far diventare un’abitudine l’andare ad urinare prima di andare a dormire.�� Coinvolgere il bambino nella pulizia quando bagna il letto, allo scopo di responsabilizzarlo, sottolineando che non si tratta di una punizione.�� Attenzione all’igiene del sonno: assicurarsi che il bambino riposi per il tempo necessario (un cervello stanco non si sveglierà con lo stimolo a urinare) e che non solo la quantità, ma anche la qualità del suo sonno sia garantita e rispettata.�� Non esitare a consultare il proprio pediatra quando se ne sente la necessità e per avere risposte e chiarimenti a dubbi e perplessità.

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e pressione arteriosa, meritano particolare atten-zione la valutazione delle seguenti regioni:^^ addome;^^ genitali;^^ perineo;^^ regione lombosacrale;^^ arti inferiori.

Chi e quando trattare? In generale qualsiasi tipo di terapia va cominciata dopo il quinto anno di età e dopo un periodo di osservazione di almeno un mese, durante il quale il bambino dovrà annotare con attenzione il numero di notti bagnate. L’epoca di inizio del trattamento, tuttavia, è un’indicazio-ne puramente teorica e convenzionale e deve pren-dere in considerazione diversi aspetti della vita psico-affettiva, sociale e comportamentale del bambino che soffre di enuresi. Bisogna intervenire quando la richiesta di “voler guarire” viene espres-sa in maniera esplicita da parte del bambino e del-la sua famiglia. Perché intraprendere una terapia? Per l’impatto che l’enuresi può avere sulla sfera psico-comportamentale del bambino, per la cer-tezza che la causa principale della MNE non è da ricercarsi in generici motivi psicologici, ma, al contrario è proprio la condizione di enuretico che può comportare, se perdura nel tempo, delle pro-blematiche di tipo psico-emotivo. Ma anche per le possibili ripercussioni sull’identità sessuale del soggetto e sulla possibilità di generare complessi di inferiorità e di inadeguatezza rispetto ai coeta-nei e infine per migliorare la qualità di vita dei bambini che traggono beneficio dalla terapia e delle loro famiglie.Quali rimedi ha a disposizione il pediatra, utiliz-zabili singolarmente o in combinazione?^^ desmopressina: analogo sintetico della vaso-

pressina, prima scelta terapeutica nei bambini con MNE e poliuria notturna. Dosaggio iniziale 120 mcg da sciogliere la sera sotto la lingua, immedia-tamente prima di andare a dormire, aumentabile fino a 240 mcg;^^ allarme acustico: consiste in un apparecchio in

grado di emettere un segnale acustico quando il bambino bagna il letto, le mutandine o il pigiama. Il principio si basa sulla creazione di un riflesso condizionato che, inizialmente, determina un ri-sveglio del bambino alla comparsa delle prime gocce di urina e, nel tempo, porta ad una soppres-sione delle contrazioni detrusoriali che precedono l’atto della minzione;^^ anticolinergici: efficaci in bambini con n-NMNE.

Questi farmaci agiscono riducendo le contrazioni vescicali non inibite, migliorando la compliance vescicale e bloccando i canali del calcio;^^ training vescicale: può essere finalizzato sia

alla diminuzione del tono e della contrattilità del-la vescica, tramite minzioni frequenti ad orario prefissato e acquisizione della percezione di riem-pimento, che all’aumento del tono sfinteriale, tra-mite interruzione del mitto e ripresa dopo breve intervallo di tempo, trattenendo le urine quando compare lo stimolo e dilazionando la minzione il più a lungo possibile. �

Enuresi: chiariamoci le ideeCOSA NON FARE…�� Agitarsi: non perdere la calma. Ricordare che la situazione tende a correggersi anche spontaneamente e non è associata ad alcuna patologia.�� Rimproverare il bambino e colpevolizzarlo: sgridare il bambino e farlo sentire in colpa non lo aiuterà a non bagnare più il letto.�� Punire il bambino: le punizioni aggravano solo la situazione, facendo leva sui sensi di colpa, la vergogna e l’imbarazzo già provati il bambino. Non dimenticare che non è colpa sua e che la volontà del bambino non ha alcun potere sul suo disturbo.�� Prendere in giro il bambino con fratelli, parenti o amici.�� Parlare con leggerezza del problema con estranei, imbarazzando il bambino.�� Non cogliere richieste di aiuto: se si ha il sospetto che il bambino possa essere vittima di episodi di violenza o bullismo, indagare, chiedere, ascoltare ciò che cerca di comunicare.�� Impedirgli di dormire fuori casa: non limitare il bambino ma ricordare e ripetere con lui le regole che segue a casa per non bagnare il letto, incoraggiarlo, fornire un cambio extra di mutandine e pigiami e avvertire gli adulti che saranno con lui. �� Svegliare il bambino: non solo non serve, ma appare come una punizione che può avere ricadute sulla qualità del sonno e anche dal punto di vista psicologico, rendendo solo il bambino più irritabile e stanco.�� Il pannolino: è vero che è “comodo”, ma non aiuta a risolvere il problema. Anzi incoraggia il bambino a rifugiarsi in comportamenti infantili. Per motivare il bambino è utile non utilizzare il pannolino.

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Negli ultimi anni si è verificato un au-mento del numero dei neonati preter-mine, anche di quelli con un’età ge-stazionale inferiore alle 26 settimane. Grazie alle conoscenze mediche e allo

sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate stiamo assistendo ad un aumento significativo della loro sopravvivenza, con la conseguenza che la soglia di vitalità si è progressivamente abbassata ed ha rag-giunto oggi le 22 settimane. È noto che i neonati estremamente pretermine vanno inevitabilmente incontro ad una serie di malattie che possono essere mortali o possono compromettere la prognosi a breve ed a lungo termine. Particolarmente te-mibili sono gli esiti neurologici, tanto più frequenti quanto più spesso questi neonati presentano nel perio-do neonatale una serie di gra-vi complicanze neurologi-che (emorragia cerebrale, idrocefalo, leucomalacia periventricolare e altre).

L’approccio “statistico” e quello “interventista” In base a differenti considerazioni di ordine me-dico, sociale ed etico, la decisione sull’inizio e sulla sospensione delle cure a questi bambini è differente nei vari Paesi. In alcuni prevale una va-lutazione “statistica” che si basa sui dati di soprav-vivenza e sull’incidenza di disabilità grave a breve e lungo termine. I limiti di questo approccio sono legati al fatto che i dati di riferimento divengono rapidamente superati per il miglioramento e la continua evoluzione dell’assistenza e che la scelta dei limiti per l’intervento può essere arbitraria. Il rischio è lasciar morire bambini che avrebbero potuto avere una sopravvivenza esente da se-quele e di indurre danni permanenti in soggetti che, pur non rianimati, riescono a sopravvivere. Ugualmente ci può essere da parte della madre un errore nel calcolo dell’età gestazionale ed è diffi-cile, immediatamente dopo il parto, fare una im-mediata valutazione clinica della maturità del bambino. Un altro tipo di approccio seguito da altri Paesi è quello “interventista” che prevede, invece, di assicurare tutti i mezzi di assistenza in-tensiva disponibili a tutti i nati vivi. I vantaggi di questo approccio sono rappresentati dal fatto che

ad ogni neonato viene offerto il massimo delle possibilità di sopravvivenza e vengono evitati er-rori di valutazione della vitalità in sala parto. Gli svantaggi sono la possibile sofferenza per il pa-ziente ed i familiari per un’agonia prolungata, la possibile sopravvivenza di soggetti che sviluppe-ranno una grave disabilità e l’aumento dei costi per tenere artificialmente in vita pazienti destina-

Spegnere il ventilatore o continuare le cure?

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Mario De CurtisOrdinario di Pediatria -

“Sapienza” Università di Roma

Direttore UOC Neonatologia, Patologia e Terapia Intensiva

Neonatale - Policlinico Umberto I, Roma

ti a morire. La decisione da prendere sull’inizio delle cure ed eventualmente quella sulla succes-siva sospensione dell’assistenza intensiva nei na-ti estremamente pretermine è particolarmente complessa e difficilmente inquadrabile in regole predeterminate. Numerose sono le variabili che intervengono e riguardano il concetto di vitalità, di qualità della vita e quello del migliore interesse del paziente. I pareri su questi aspetti sono spesso sentiti in modo differente nei vari Paesi, tra i me-dici e talora tra gli stessi genitori. Nel 2008 il Con-siglio Superiore di Sanità si è espresso con uno specifico documento che recita: “Al neonato, do-po averne valutato le condizioni cliniche, sono assicurate le appropriate manovre rianimatorie, al fine di evidenziare eventuali capacità vitali, tali da far precedere possibilità di sopravvivenza, an-che a seguito di assistenza intensiva. Qualora l’evoluzione clinica dimostrasse che l’intervento è inefficace, si dovrà evitare che le cure intensive si trasformino in accanimento terapeutico. Al neo-nato saranno comunque offerte idratazione ed alimentazione compatibili con il suo quadro cli-nico e le altre cure compassionevoli, trattandolo sempre con atteggiamento di rispetto, amore e delicatezza”.

I vantaggi dell’approccio “individualizzato” Queste raccomandazioni, pur fornendo delle indi-cazioni importanti, non hanno del tutto risolto i numerosi dubbi con cui il neonatologo si trova a confrontarsi nella cura di questi bambini. Sicura-mente la sala parto non rappresenta una sede op-portuna per decidere l’interruzione delle cure. Dovrebbe essere fatto ogni sforzo per iniziare la rianimazione alla nascita su tutti i neonati, anche quelli molto pretermine che presentino segni di vita. Un tale approccio consente una migliore va-lutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva, delle possibilità di sopravvi-venza; permette di discutere il caso in maniera approfondita e dà la possibilità di rendere parteci-pi e consapevoli i genitori di quanto avviene e di quel che può verificarsi. Non c’è un solo momento di decisione, piuttosto possono esserci una serie di momenti in cui si deve decidere sul da farsi e mol-to spesso le scelte possono essere differenti in rap-porto all’evoluzione clinica del paziente. Natural-mente, in presenza di prematurità estrema, qualo-ra ci si renda conto dell’inutilità degli sforzi tera-peutici, va evitato che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico. L’ap-proccio assistenziale deve quindi essere individua-lizzato e l’elemento fondamentale su cui dovrem-mo basare le nostre decisioni è la condizione effet-tiva del singolo paziente piuttosto che l’età gesta-zionale. Tale approccio individualizzato potrebbe minimizzare il rischio legato all’errore prognosti-co: verrebbe offerta a tutti i bambini una possibi-lità di vita, ai genitori una partecipazione attiva alle decisioni di continuare gli interventi terapeu-tici o eventualmente di sospenderli quando si di-mostrano inefficaci.

La scelta più difficile, la sospensione delle cure: in Italia serve più chiarezza La sospensione delle cure nei nati estremamente pretermine rappresenta senza alcun dubbio la de-cisione più difficile da prendere e presenta aspet-ti differenti nei vari Paesi: alcune scelte non sono sempre guidate esclusivamente dalle condizioni cliniche del paziente, dalle conoscenze scientifi-che e dalla tecnologia disponibile, ma da altre va-riabili come la nazionalità e la religiosità del me-dico. Il punto più controverso riguarda il caso in cui si ha una chiara previsione di una compromis-sione della qualità della vita futura del bambino. In Italia la decisione di sospendere le cure inten-sive in presenza di un neonato con un sicuro e grave danno cerebrale rappresenta l’aspetto che crea maggiore incertezza. Il Comitato Nazionale di Bioetica nel 2008 si è espresso affermando che un trattamento che prolunghi la sopravvivenza di un disabile non possa essere definito futile per il solo fatto che si rivela capace di prolungare la vita, anche se qualificabile da alcuni di “bassa qualità”. Lo stesso Comitato distingue la gravosità della malattia dalla gravosità del trattamento e ritiene che non è eticamente né giuridicamente lecito non iniziare o interrompere un trattamento per evitare la gravosità di una vita con un handicap. Il parere dei genitori spesso non coincide con quello su indicato. In quasi tutti i Paesi c’è la di-sponibilità dei medici a lasciare ai genitori la de-cisione ultima sulla sorte del loro figlio, soprattut-to quando chiedono di continuare le cure rispetto a quando chiedono di sospenderle. Anche se va tenuto presente che la potestà genitoriale va con-siderata come una funzione e non come un dirit-to soggettivo, la decisione di continuare le cure intensive e la ventilazione meccanica in un neo-nato con una grave compromissione cerebrale spesso viene ritenuta dai genitori sicuramente non di esclusivo interesse del loro figlio. Mentre in altri Paesi, in questi casi, con la convinzione che la terapia intensiva non è più nell’interesse del paziente si sospende la ventilazione meccanica, molti neonatologi italiani si pongono il problema, non certamente di ricorrere ad una eutanasia at-tiva ma, in particolari casi, a continuare la venti-lazione meccanica, ma senza trattare le emergen-ze. Su questo punto sarebbe forse auspicabile un parere più chiaro da parte delle istituzioni. �

Spegnere il ventilatore o continuare le cure?

I problemi bioetici nell’assistenza ai nati estremamente pretermine: l’Italia a confronto con altri Paesi

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Sul principio che il bambino non è un piccolo adulto sono tutti d’accordo. Ma tradurre questo principio in scelte organizzative concrete è tutto un altro discorso. Sovente nella nostra Sanità il bambino viene trattato proprio come un adulto, con evidenti rischi per la

qualità e la sicurezza delle cure. Riconoscere l’unicità e la speci-ficità dell’area pediatrica è l’obiettivo a cui sta lavorando il grup-po congiunto di esperti SIP-AOPI (Associazione Ospedali Pedia-trici Italiani) che è stato costituito in occasione del 71° Congres-so Italiano di Pediatria a Roma e che sta elaborando alcune pro-poste concrete. A coordinare i lavori del gruppo è Tommaso Langiano, in passato alla guida di grandi ospedali pediatrici co-me il Meyer e il Bambino Gesù. Lo abbiamo intervistato.

Quali sono gli esempi più evidenti che dimostrano che il diritto del bambino a ricevere cure specialistiche dedicate non è sempre rispettato nel nostro Paese? L’esempio più clamoroso è il ricovero di bambini e

adolescenti in reparti per adulti: secondo recenti stime, negli ospedali italiani il 30% dei pazienti in età pediatrica è ricoverato in reparti per adulti. Il ricovero dei bambini e degli adolescenti in reparti dedicati è anzitutto la concretizzazione del rispetto dei loro bisogni, che sono specifici e diversi da quelli degli adulti: solo in tal modo si riesce a garantire il rispetto di concreti diritti dei piccoli pazienti, come evitare la promiscuità con i pazienti adulti, consentire la presenza dei genitori accanto al piccolo paziente, favorire iniziative necessarie, soprattutto in caso di degenze prolungate o

ripetute, come le attività ludiche e scolastiche. Inoltre, ricoverare in ambienti dedicati i bambini e gli adolescenti costituisce la principale garanzia che saranno curati da professionisti, medici e infermieri, specificamente preparati e competenti per trattare le problematiche cliniche pediatriche. Non è più sufficiente affermare che il bambino non è un piccolo adulto: è indispensabile assicurare, in termini di principio e di quotidianità operativa, il diritto primario del bambino e dell’adolescente ad avere accesso alle cure appropriate, efficaci e sicure

da parte di professionisti specificamente formati e in spazi di cura idonei e dedicati. Pensiamo a quanto sia importante, per la sicurezza e l’efficacia delle cure, che la gestione del farmaco per il bambino (formulazione, dosaggio, interazioni, e così via) sia affidata a professionisti formati nelle cure pediatriche. Considerazioni analoghe possono essere formulate a proposito dei dispositivi diagnostici e terapeutici (i cosiddetti “medical device”).

Il problema della specificità delle cure pediatriche riguarda in particolar modo

Intervista a Tommaso Langiano

Bisogna riconoscere

la specificità e l’unicità dell’area

pediatrica

Mai più bambini ricoverati con adulti

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i bambini con malattie croniche complesse il cui numero è in forte crescita non solo in Italia. Essi rappresentano una sfida sempre più impegnativa per la Pediatria. Quali sono le possibili risposte a questo problema, anche alla luce delle esperienze di altri Paesi? La soluzione più organica e rigorosa è stata sviluppata dall’Associazione degli ospedali pediatrici americani (CHA/NACHRI) ed è stata recentemente approvata, sotto forma di piano nazionale, dal Congresso degli Stati Uniti: questo piano si fonda essenzialmente su tre iniziative. Innanzitutto il forte

sviluppo dell’assistenza domiciliare per i bambini affetti da patologie croniche complesse: l’assistenza domiciliare infatti garantisce il miglior equilibrio fra qualità della vita e sostenibilità anche economica delle cure. Il piano prevede, inoltre, la creazione di reti regionali per garantire continuità e uniformità al trattamento di questi bambini, nonché la creazione di un vasto database nazionale, al fine di aumentare e condividere le conoscenze relative a queste patologie perlopiù rare e consentire la condivisione delle informazioni relative a ciascun paziente.

Da cosa si giudica una sanità “a misura di bambino”? Esiste un modo per verificare in maniera oggettiva se il diritto del bambino a ricevere cure pediatriche sia effettivamente garantito? Diversi Sistemi sanitari nazionali hanno ormai adottato standard espliciti, rigorosi e condivisi relativi alle cure pediatriche, ed anche sistemi organici di misura della qualità delle stesse cure pediatriche. Penso ad esempio agli standard adottati nel Regno Unito e al sistema CHIPRA, sviluppato negli USA dall’AHRQ. L’adozione di standard espliciti relativi alla qualificazione dei professionisti e dei luoghi di cura specifici per i bambini, nonché l’utilizzo sistematico di misure idonee a valutare il grado di rispetto di quegli standard è il modo più efficace per verificare se i diritti dei bambini siano effettivamente garantiti. È anche il modo scientificamente rigoroso per siglare il patto fra il mondo pediatrico, i bambini e le loro famiglie.

Uno dei temi più “caldi” riguarda i DRG. Da più parti si lamentano distorsioni classificatorie nella casistica pediatrica. Come possono essere superate? Vi sono tre ragioni fondamentali che spiegano perché i DRG non sono in grado di descrivere adeguatamente i ricoveri pediatrici: la scarsa specificità (solo una quota minoritaria dei ricoveri pediatrici è classificata dai DRG identificati dall’età inferiore a 18 anni; la maggior parte dei ricoveri pediatrici, invece, finisce con l’essere classificata in DRG dell’adulto); l’inadeguata descrizione della severità (i DRG identificati dall’età inferiore a 18 anni non sono suddivisi sulla base della

presenza o meno di diagnosi complicanti); la struttura della MDC 15 (classifica i ricoveri dei neonati ed ignora variabili determinanti quali il peso alla nascita e le procedure chirurgiche). Il risultato di tutto questo è la grave sottostima della complessità dei ricoveri pediatrici, classificati con il sistema DRG e, conseguentemente, la sottostima delle relative tariffe. Un esempio, tra i tantissimi che possono essere citati, è la gastroenterite infettiva con disidratazione: se questa condizione clinica complicata si manifesta nell’adulto, è classificata da un DRG (182) con valore di complessità pari a 0,72, mentre la stessa condizione complicata nel bambino è classificata da un DRG (184) con valore di complessità pari a 0,30. Mentre nell’adulto le gastroenteriti complicate sono differenziate da quelle non complicate (DRG 182 e 183), ciò non avviene per il bambino, per il quale tutte le gastroenteriti sono classificate da un unico DRG (184), indipendentemente dalla presenza o meno di complicazioni.

Soluzioni? Se ne possono ipotizzare diverse. La più ambiziosa: adottare, per descrivere e remunerare i ricoveri pediatrici, la Nuova Classificazione Pediatrica, che è stata sviluppata alcuni anni orsono grazie ad una ricerca finalizzata finanziata dal Ministero della Salute con la collaborazione di numerosi ospedali, sia pediatrici sia generali e con l’egida della Società Italiana di Pediatria. La soluzione forse più realistica è apportare significative modifiche alla classificazione DRG, anche avvalendosi di alcune proposte già formulate nell’ambito del gruppo tecnico inter-regionale per la mobilità sanitaria. �

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Ingiuste diseguaglianze nell’assistenza alla na-scita nel nostro Paese mettono in seria crisi il rispetto del principio di giustizia”: è quanto scrive il Comitato Nazionale per la Bioetica

(CNB) nella mozione “Diseguaglianze nell’assisten-za alla nascita: un’emergenza nazionale”. Con tale mozione il CNB vuole portare all’atten-zione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica le criticità assistenziali alla nascita presenti in molte Regioni del nostro Paese e riconducibili all’orga-nizzazione del Sistema sanitario e delle sue strut-ture. Il problema di inique differenze nella fruizio-ne del diritto alla salute riguarda tutti coloro che vivono in Italia, a qualsiasi fascia d’età apparten-gano, scrive il comitato, ma presenta risvolti di particolare responsabilità nella fase immediata-mente successiva alla nascita, dal momento che i primi momenti della vita influenzano in modo significativo il futuro della persona. La mortalità infantile nelle Regioni meridionali è circa del 30% più elevata rispetto alle Regioni settentrionali. Le cause di questo fenomeno vanno ricondotte, oltre alla nota differente incidenza di problemi di ordi-ne economico e sociale, ad un’insufficiente orga-nizzazione delle cure perinatali (mancanza di po-sti letto di Terapia intensiva neonatale, piccole maternità, mancanza di un servizio di trasporto neonatale in vaste zone del nostro Paese). In par-ticolare, rileva il Comitato, la frammentazione dei Punti nascita non favorisce la gestione delle emer-

genze e aumenta di molto il rischio clinico sia per la mamma che per il neonato. Molto spesso i centri con meno di 500 nati all’anno, particolarmente numerosi nelle Regioni meridionali, sono sprovvi-sti di attrezzature dedicate ed il personale presen-te non è specializzato ed idoneo ad affrontare si-tuazioni di emergenza. Le amministrazioni, nono-stante le indicazioni dell’accordo Stato-Regioni del 2010, che prevedeva nel “percorso nascita” la ra-zionalizzazione/riduzione progressiva dei Punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, hanno difficoltà a chiudere queste strutture. Ugualmente lo stesso accordo prevedeva l’attiva-zione, il completamento e la messa a regime del sistema di trasporto assistito materno (STAM) e neonatale d’urgenza (STEN), che invece non sono ancora presenti in vaste aree del Paese. “Per la mancanza di un servizio di trasporto neonatale in molte Regioni e in vaste aree metropolitane si ve-rifica un significativo ritardo nell’inizio di terapie ed un aumento del rischio di morte in epoca neo-natale o di insorgenza di danni neurologici con esiti invalidanti in neonati che nascono in centri privi di Terapia intensiva neonatale (TIN)” scrive il CNB. Inoltre le Unità di TIN, che sono in un nume-ro superiore rispetto agli standard raccomandati, spesso non lo sono i termini di posti letto effetti-vamente disponibili, per carenze di personale me-dico o da insufficienti spazi e attrezzature. “Senza un potenziamento delle Unità di TIN e una migliore organizzazione della rete perinatale non si potranno ridurre i tassi di mortalità neonatale nelle Regioni meridionali” aggiunge il Comitato, sottolineando come “dal punto di vista etico sia inammissibile che la salvaguardia dei diversi pa-rametri imposti dai piani di rientro possa incidere in modo così grave sul diritto alla salute”. È neces-sario, conclude il Comitato, bloccare la tendenza alla differenziazione dell’offerta sanitaria fra le di-verse regioni ed è indispensabile una loro integra-zione, finalizzata ad assicurare a tutti, a partire dal momento della nascita, il diritto di godere del mi-gliore stato di salute possibile. �

Stop alle diseguaglianze alla nascita

Lo chiede una

mozione del

Comitato Nazionale

per la Bioetica

Il testo della mozione è stato elaborato dal Prof. Mario De Curtis, con il contributo della Prof.ssa Marianna Gensabella. Il Documento integrale è disponibile su www.sip.it

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Giovanni CorselloPresidente SIP

Organizzata nell’ambito dell’EXPO di Mi-lano 2015, in collaborazione con Pianeta Nutrizione, tra il 25 e il 27 giugno si è svolta una Conferenza Internazionale di

Nutrizione sui temi della nutrizione nei primi 1000 giorni di vita presieduta da Giovanni Corsello (Pre-sidente SIP), Sergio Bernasconi (Direttore di “Italian Journal of Pediatrics”) e Gianvincenzo Zuccotti (Presidente SIP Sezione Lombardia). Si sono succeduti sul podio numerosi esperti di nu-trizione, endocrinologia e gastroenterologia, molti dei quali provenienti da Paesi europei e dei vari continenti. I contributi, ricchi di dati clinici e di esperienze di ricerca, hanno reso le sessioni, molto nutrite di partecipanti, di grande interesse, anche per i numerosi risvolti pratici e di prevenzione che gli argomenti trattati hanno offerto. La sessione inaugurale è stata condotta dal profes-sor Giovanni Corsello, Presidente della SIP, dalla dr.ssa Marina Picca, Presidente SICUPP e da Carla Rego, Presidente del gruppo di lavoro sull’obesità infantile del Portogallo. I rischi di una alimenta-zione sbilanciata nelle epoche precoci della vita sono stati affrontati alla luce di ricerche di base e cliniche effettuate in vari Paesi europei e non. Si è dato rilievo ad esperienze di prevenzione fondate su nuovi approcci di comunicazione. In questo senso le relazioni di Serge Chalon (Martinica) e di Angelo Pietrobelli (Verona) sulle 10 azioni princi-pali per la prevenzione hanno brillato per la loro impostazione innovativa. Si è ampiamente dibattuto sulla necessità strategica di un intervento precoce, unica chance effettiva per

ridurre il rischio delle malattie croniche non comu-nicabili collegate con il sovrappeso e l’obesità. Le percentuali che vediamo oggi, nettamente più ele-vate nei Paesi e nelle regioni meridionali dell’Euro-pa e dell’Italia, sono da collegare ad assetti sociocul-turali che favoriscono in quelle aree l’assunzione sbilanciata di alimenti inadeguati per eccesso di proteine sin dall’epoca prenatale. Sono le stesse re-gioni in cui sono state rilevate le più basse percen-tuali di allattamento materno, misura protettiva nei confronti dell’incremento di alcune patologie cro-niche in età evolutiva compresa l’obesità. Si sono condivise iniziative tese a migliorare in queste po-polazioni la consapevolezza dell’importanza che una buona nutrizione precoce ha sulla salute di ne-onati, bambini, adolescenti e degli adulti di domani. A lungo si è discusso delle modalità e dei vari step necessari per evitare che si inneschino quei mec-canismi che, anche attraverso una modulazione epigenetica sfavorevole, influiscono nella regola-zione dell’espressione genica in senso “obesogeno”, con una programmazione endocrino-metabolica che favorisce l’incremento ponderale e l’accumulo di sostanze lipidiche a livello periferico e centrale. Si è discusso anche delle nuove linee di indirizzo nutrizionale nei primi anni di vita in itinere tra Società Italiana di Pediatria (SIP), Società Italiana di Nutrizione Pediatrica (SINUPE) e Ministero del-la Salute. Cinque i temi che saranno delineati con l’obiettivo di offrire uno strumento di prevenzione e di diffusione delle conoscenze: ^^ alimentazione adeguata della donna in gravi-

danza;^^ allattamento al seno prolungato ed esclusivo

nel primo semestre;^^ equilibrio nutrizionale durante il divezzamento;^^ cibi a misura di bambino nei primi anni di vita:

evitare il sovraccarico calorico e proteico, evitare o limitare aggiunte di sale e di zuccheri semplici ai cibi, incrementare e adeguare l’apporto di fibre, pre-venire i deficit di micronutrienti (ferro, zinco, iodio, vitamine), garantire la sicurezza degli alimenti (ade-renza alle normative ministeriali ed europee);^^ promozione dell’attività fisica e motoria sin dal-

le prime età.La conferenza è stata anche occasione per diffon-dere e condividere la Piramide Nutrizionale Tran-sculturale che la SIP ha prodotto in occasione del-l’EXPO 2015, per saldare i contenuti di una corret-ta educazione alimentare all’insegna della dieta mediterranea con le esigenze di una società sem-pre più multietnica e pluriculturale come quella in cui viviamo oggi in Italia.

La SIP all’EXPO sul tema

della nutrizione nei primi 1000

giorni di vita

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Pia

neta

SIP

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Illustrissima On. Beatrice Lorenzin, consapevole della Sua sensibilità e attenzio-ne al problema in oggetto Le scrivo in nome e per conto di tutti i pediatri italiani che quotidianamente si trovano impegnati a

promuovere l’attività motoria nell’infanzia. So che Lei è a conoscenza delle difficoltà e compli-cazioni che il susseguirsi di DL nel corso del 2013 culminati con il decreto attuativo dell’8 agosto 2014 “Linee guida d’indirizzo in materia di certi-ficati medici per l’attività sportiva non agonistica” ha indotto presso le famiglie dei nostri assistiti.

La nebulosa definizione di “attività sportiva non agonistica”, l’obbligo di un elettrocardiogramma per il rilascio della certificazione relativa (che non ha riscontro nella letteratura scientifica pediatri-ca internazionale) e i costi derivanti, hanno reso complesso e più difficile l’approccio alla attività motoria organizzata, specialmente per i bambini delle fasce sociali più disagiate.Il presupposto del tema “promuovere l’attività fi-sica organizzata nei bambini” poggia su un prin-cipio inconfutabile: l’attività motoria è universal-mente riconosciuta come strumento di prevenzio-ne e cura di malattie metaboliche e raggiungi-mento di un ottimale stato psicofisico. I bambini, che per caratteristiche proprie sarebbero portati al movimento continuo spontaneo, purtroppo sono sempre più condizionati dal modello socia-le che, riducendo gli spazi liberi e aumentando l’immobilità con distrazioni telematiche sempre più totalizzanti, favorisce errati stili di vita. È pertanto indispensabile facilitare l’approccio all’attività motoria costante fin dai primi anni di vita per favorire un modello di comportamento permanente.Per raggiungere l’obiettivo sarebbe opportuno li-berare da qualsiasi obbligo certificativo tutte le attività motorie organizzate nella prima infanzia almeno fino ai 6 anni. La promozione dell’attività fisica rientra a pieno titolo nei compiti istituzionali della scuola, consi-derato il ruolo fondamentale che svolge nell’am-bito della formazione e della crescita dei bambini, per cui anche in questo contesto la certificazione

ECG e attività motoria, una questione da riaprire

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delle attività sportive parascolasti-che andrebbe ridefinita e precisata, escludendola dall’onere certificati-vo. Questo al fine di favorire la libe-ra partecipazione di tutti gli alunni, quale completamento dell’educa-zione motoria fornita dall’inse-gnamento di educazione fisica, salvaguardando la certificazione per quanto concerne l’attività svolta per i Giochi della gio-ventù, a partire dalle fasi suc-cessive a quelle di Istituto o reti di Istituti.Il gruppo di lavoro ad hoc istituito per emanare una no-ta esplicativa di una legge ri-velatasi controproducente (mi e Le chiedo perché un rappre-sentante dei pediatri che quoti-dianamente sono in prima li-nea sul tema non sia stato coin-volto in questo organismo a por-tare la voce delle famiglie oltre a Istituzioni e associazioni di setto-re) di concerto con l’ufficio legisla-tivo del Ministero in data 17 giugno 2015 ha elaborato un parere espres-so nella Nota del Ministero della Salu-te prot. n° 5479. Il documento confer-ma come la certificazione per l’attività sportiva non agonistica e l’ECG devono essere richiesti esclusivamente per i sog-

getti tesserati al CONI o Società sportive affiliate a Federazioni o Enti sportivi da questo riconosciuti, andando a creare una poco comprensibile diffe-renziazione. È noto che quasi tutte le palestre, piscine e circoli sono affiliati al CONI e quando organizzano corsi di varia tipologia tesserano d’ufficio i praticanti a prescindere dall’età e dal tipo di impegno.Signor Ministro, penso Lei condivida quanto sia paradossale e difficile da giustificare alla mamma di un lattante di 9 mesi che inizia un corso di ac-quaticità la necessità per legge di ECG e certificato non agonistico per il semplice fatto che iniziando il corso viene automaticamente tesserato dalla pi-scina, essendo questa affiliata per motivi di oppor-tunità amministrativa!Bene ha fatto la Commissione Affari sociali della Camera a confermare l’abolizione del certificato sportivo per l’attività ludico motoria, come giusto che siano fatti salvi i casi giudicati a rischio dal curante, in un contesto nel quale le strutture che organizzano attività ricreative in età pediatrica continuano a richiedere certificati per motivi as-

sicurativi o di tesseramento vario.Sicuro della Sua disponibilità a riesami-

nare la questione che ha forti implica-zioni sociali anche per i costi connessi

non previsti nei LEA, allontanando le famiglie dall’offrire l’opportunità di praticare attività motoria organiz-zata ai propri figli, mi metto a Sua disposizione insieme ai due Presi-denti di Area Pediatrica, cofirma-tari della presente, prof. Giovan-

ni Corsello della SIP e dott. Pao-lo Siani dell’ACP con cui parte-

cipo al Tavolo tecnico per la pediatria da Lei con lungi-

miranza istituito in dicem-bre 2014 per contribuire

a migliorare la salute e l ’organizzazione dei Servizi per l’infanzia e

l’adolescenza.

Molti cordiali saluti

Giampietro ChiamentiPresidente Nazionale Federazione Italiana

Medici Pediatri - FIMP

Giovanni Corsello Presidente Nazionale

Società Italiana di Pediatria - SIP

Paolo SianiPresidente Nazionale

Associazione Culturale Pediatri - ACP

Roma, 15 luglio 2015

SIP, FIMP e ACP scrivono una lettera aperta al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin nella quale chiedono di liberare da qualsiasi obbligo certificativo tutte le attività motorie organizzate nella prima infanzia, almeno fino ai 6 anni. Ecco il testo della missiva

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Nel corso di un suo breve soggiorno negli Stati Uniti, il Presidente SIP è stato invitato nella sede dell’American Academy of Pediatrics a Chicago. Il Professor Giovanni Corsello ha visitato l’ampia sede del-la Società scientifica che raccoglie oltre 64.000 pediatri di tutti i 50

Stati dell’Unione. Ubicata ad Elk Grove Village, quartiere residenziale a circa 30 chilometri dal centro di Chicago, la sede è il quartiere generale dell’AAP, ove si strutturano e prendono forma le iniziative scientifiche, formative ed edito-riali. Vi è anche una biblioteca storica che raccoglie tutte le pubblicazioni e tutti gli Atti e i documenti della società fondata nel 1933. Emozionante la visio-ne del tondo dei Della Robbia che è il logo dell’AAP. Il Presidente SIP nella sua giornata trascorsa nella sede dell’AAP ha incontrato tra gli altri Edgar Vesga, Direttore del Dipartimento internazionale, Carole E. Alden, Direttore generale in carica dal 2001, Louis Cooper Past President e referente per l’OMS per le politiche vaccinali. Temi in discussione sono stati la condivisione di un progetto internazionale di promozione delle vaccinazioni nell’infanzia e nell’adolescenza, in vista della auspicata eradicazione di rosolia congenita e morbillo. È stata discussa la proposta di istituire una sorta di “so-cial committee” internazionale, con esperti delle Società scientifiche pediatri-che statunitensi, italiane e di altri Paesi europei interessati, rappresentanti di associazioni e testimonial in grado di diffondere il messaggio in contesti più ampi. Il tema dei bambini migranti che giungono in Europa da Stati e Regio-ni sede di guerre e in condizioni di estrema povertà è stato affrontato anche

in vista di un possibile coinvolgimento dell’IPA, associazione pediatrica internazionale che racco-glie oltre 110 Società scientifiche in tutto il mondo. Infine l’AAP ha comunicato al Presidente SIP di es-sere disponibile a condividere il nuovo sito dedica-to ai genitori (www.healthychildren.org), che ha riscosso molto successo negli USA tra i genitori, uno strumento utile per rafforzare la corretta in-formazione sul web sulla salute dei bambini, dif-fondere e favorire stili di vita salutari per i bambini e per le loro famiglie.

71° Congresso Italiano di Pediatria: i vincitori dei premi per le comunicazioni orali

M.L. MagnaniTitolo: “Ruolo dell’elastosonografia nel bambino con steatosi epatica non alcolica”

S. AccomandoTitolo: “Disturbi funzionali gastrointestinali: dinamica osservazione di una casistica pediatrica”

S. BosisTitolo: “Caratteristiche e rilevanza clinica dei diversi tipi e genotipi di virus respiratorio sinciziale circolanti nel nord Italia durante cinque stagioni invernali consecutive”

M. LucchesiTitolo: “Sirolimus nel trattamento del complesso della sclerosi tuberosa in bambini con età compresa tra 0 e 36 mesi: valutazione della sicurezza e dei benefici clinici nei primi mesi di trattamento”

G. CoronaTitolo: “Il trattamento con concentrato di proteina C in pazienti con sepsi severa complicata da CID”

G. Bardasi Titolo: “Efficacia ed accettabilità del trattamento disostruttivo delle vie aeree con tecnologia Vaküm in soggetti con tosse ipovalida”

M. CeccarelliTitolo:”Ipovitaminosi D nei bambini adottati all’estero”

V. TalaricoTitolo: “Recidiva di manifestazione neurologica in una ragazza con sindrome da anticorpi antifosfolipidi in terapia anticoagulante orale”

L. Li Puma Titolo: “Quando pensare ad una trombosi cerebrale neonatale?”

C. Di CamilloTitolo: “Sorveglianza ed impatto clinico delle gastroenteriti virali nosocomiali in pazienti pediatrici”

Il Presidente Corsello visita l’AAP a Chicago

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Domenico MinasiConsigliere nazionale SIP

La specificità irrinunciabile delle cure pe-diatriche ed il superamento di alcune criticità che ne condizionano oggi la qualità richiedono un processo di adat-

tamento degli strumenti del Governo clinico al-l’intero settore dell’assistenza pediatrica. Tra que-sti la gestione del rischio clinico è certamente uno dei più significativi. Il miglioramento della qualità delle cure deve infatti passare, inevitabilmente, attraverso una riduzione degli errori che richiede un approccio di sistema mirato ad un’attenta ana-lisi delle cause che li determinano e all’attuazione di idonee misure protettive e preventive all’inter-no dell’organizzazione sanitaria. Qualità e sicurezza delle cure rappresentano due fattori strategici dell’attività clinica e assistenziale anche in ambito pediatrico pertanto devono esse-re sempre più frequentemente oggetto di attenzio-ne da parte delle Società scientifiche che oggi rap-presentano un punto di riferimento culturale non solo nei percorsi di orientamento formativo e di ricerca, ma anche nelle strategie di disegno assi-stenziale. Nessuna buona attività assistenziale può infatti essere messa in atto senza un’adeguata in-tegrazione delle attività di formazione e di ricerca e questo è tanto più vero quanto più è complesso il sistema.L’impegno delle Società scientifiche nella gestione del rischio clinico in Pediatria deve prevedere due obiettivi prioritari: stimolare e migliorare la cono-scenza dei pediatri sui problemi relativi alla sicu-rezza del paziente e della qualità delle cure e svi-luppare iniziative e proposte operative finalizzate a ridurre al minimo i danni da errore medico. Il primo obiettivo può essere raggiunto realizzando, da un lato, un programma di formazione perma-nente sui principi ed i metodi del rischio clinico che consenta a tutti i pediatri di individuare ed affrontare le problematiche legati alla safety del paziente in ogni specifico setting assistenziale, dall’altro diffondendo nella rete pediatrica una cultura della sicurezza in grado di promuovere la comunicazione aperta dell’errore, evitando che chi segnala eventuali sbagli possa temere di essere giudicato o punito dai colleghi, che separi la re-sponsabilità dall’analisi dei fatti e che, soprattutto, favorisca l’apprendimento dall’errore.Il secondo obiettivo invece può essere centrato mediante la definizione e la realizzazione di pro-

getti differenziati come l’elaborazione un set di indicatori specifici per la misurazione delle per-formance nell’ambito dell’assistenza pediatrica e per la sicurezza delle cure; la messa a punto di sup-porti cognitivi che prevedano l’elaborazione di algoritmi per la gestione di situazioni critiche me-diante una standardizzazione delle fasi principali come ad esempio il Pediatric Early Warning Score (PEWS); lo sviluppo di sistemi di error-reporting e di event-analysis come il Pediatric Trigger Tool già in uso nel sistema sanitario inglese, per guidare e proporre soluzioni utili ad evitare i rischi per la sicurezza del paziente; la creazione di programmi educazionali per accrescere la family-centered ca-re che coinvolgano attivamente il paziente e la sua famiglia in ogni momento delle cure, o la defini-zione di programmi proattivi (plan for safety) che consentano di passare da una gestione del rischio ad una di prevenzione del rischio .È evidente che tutte queste possibili strategie ope-rative potranno essere realizzate anche con il coin-volgimento di altri attori. Un esempio in questo senso è già attivo ed è il Progetto Sicurezza in Pe-diatria 2013-2016 che vede coinvolti l’AOPI (Asso-ciazione degli Ospedali Pediatrici Italiani), il Co-ordinamento delle Regioni per la Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente, il Ministero della Salute, l’AGENAS e la SIP.

Rischio clinico in Pediatria

Qual è il ruolo delle Società scientifiche?

^̂^ American Accademy of Pediatrics “Policy Statement—Principles of Pediatric Patient Safety: Reducing Harm Due to Medical Care”. Pediatrics 2011;127( 6).

^̂^ Minasi D, Corsello G. Società Italiana di Pediatria e Governo Clinico delle cure pediatriche. In “Il governo clinico nelle cure pediatriche”. Janus 2012; 7(seconda serie).

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Rino AgostinianiTesoriere SIP

Gaia, nata da taglio cesareo per presen-tazione podalica, è inviata dal pediatra curante al servizio di Ecografia a tre settimane di vita per la valutazione di

una tumefazione della parte destra del collo, nota-ta dai genitori da circa una settimana. La madre riferisce anche una postura obbligata, con limi-tazione dei movimenti del collo sul lato colpito. All’esame clinico, il gonfiore risulta duro e non caldo al tatto. L’ecografia mostra un ispessimento fusiforme del muscolo sternocleido-mastoideo a margini ben definiti, mobile in maniera sincro-na con il muscolo (Fig.1), con lieve accentuazione dell’ecogenicità rispetto al controlaterale (Fig 2), L’esame non evidenzia alcun cambiamento signi-ficativo nella vascolarizzazione interna del musco-lo, né presenza di raccolte ematiche; la struttura fibrillare delle fibre muscolari appare conservata. Sulla base della clinica e del risultato dell’ecografia viene posta diagnosi di fibromatosis colli. La bam-bina viene indirizzata al servizio di fisioterapia che fornisce ai genitori consigli posturali e indica-zioni di trattamento. La tumefazione dimostra una diminuzione nelle dimensioni già dopo 6 set-timane, con movimenti del collo tornati pressoché nella norma.Fibromatosis colli (talvolta ancora erroneamente definita ematoma del muscolo sternocleidoma-stoideo) è una condizione di proliferazione fibro-blastica benigna all’interno del muscolo sterno-cleidomastoideo (secondo la classificazione OMS del 2002) che conduce all’ingrandimento focale o diffuso del muscolo, spesso clinicamente associata

con torcicollo. Anche se l’eziologia esatta non è conosciuta, si ritiene trattarsi di una reazione ad un insulto ischemico subito dal muscolo nell’ulti-mo trimestre di vita intrauterina o durante il par-to; si accompagna infatti frequentemente a una storia di trauma da parto, distocia o presentazione podalica. La lesione colpisce quasi esclusivamente il muscolo sternocleidomastoideo, di solito in ma-niera unilaterale. La prevalenza è stimata essere 0,4% dei nati vivi. I neonati sono in genere norma-li alla nascita; il quadro si manifesta con tumefa-zione e riduzione dei movimenti del collo a 2-4 settimane di vita.L’ecografia gioca un ruolo determinante nella diagnosi, consentendo di differenziare questa si-tuazione benigna dalle altre cause di masse del collo in questa fascia di età; evita, inoltre, inda-gini inutili e permette di contenere con tempesti-vità l’ansia dei genitori. La fisioterapia ed il follow up clinico risultano solitamente gli unici provve-dimenti indicati. La risoluzione, graduale e spon-tanea, della lesione si verifica entro i primi 2 anni di vita nella maggioranza dei casi.

Fibromatosis colli

Sopra: figura 1. A fianco: figura 2

^̂^ Fletcher CD, Unni KK, Mertens F. Pathology and genetics of tumors of soft tissue and bone. Geneva: World Health Organization, 2002.

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Farmaci a domicilio, servizio gratuitoPartita la sperimentazione del progetto di Federfarma relativo alla consegna dei farmaci a domicilio per le persone impossibilitate a recarsi in farmacia. Il servizio si attiva tramite il numero verde 800 189 121.

Torna a Padova il Congresso Nazionale dell’ONSP, là dove nell’ormai lontano ot-tobre 2002 prese forma il progetto di met-tere insieme energie, competenze e cono-scenze fra tutti gli specializzandi in Pe-diatria delle diverse Scuole italiane, in un Osservatorio Nazionale che ne promuo-vesse i percorsi formativi ed il loro svilup-po. Un evento della formazione speciali-stica che non ha eguali fra altre specialità dell’area medica e non, perché organizza-to esclusivamente da e per specializzandi. In questa edizione ci concentreremo sull’urgenza-emergenza pediatrica, con un’attenzione particolare  alla gestione degli aspetti terapeutici. Con 10 corsi pre-congressuali, tre giorni di sessioni, e con l’ausilio di esperti nel settore dell’Univer-sità di Padova e non, sarà possibile ap-prendere e mettere in pratica, cooperare e confrontarsi, tutto con un unico scopo: tornare ciascuno nella propria realtà sa-pendo e sapendo fare qualcosa in più per curare e prendersi cura al meglio dei no-stri piccoli pazienti. Ma la XII edizione si riempirà di impor-tanti novità e contenuti. Il 2015 è infatti un anno importante per la Pe-diatria intera, data l’ema-nazione del riassetto delle Scuole dell’area sanitaria

A Padova gli ONSPdays2015

che riorganizza un ordinamento didatti-co non più aggiornato negli ultimi 10 an-ni e che pone solide basi per affrontare le sfide della futura assistenza pediatrica; ed è un anno importante per l’ONSP che ha partecipato sotto l’egida della EPA e della SIP come Società co-fondatri-ce alla costituzione dell’Euro-pean Young Paediatricians’ Association ed i cui delegati, provenienti da numerose na-zioni, interverranno alla ses-sione “Become an European Pediatrician”. Con i lavori della sessione: “Progetti di Cooperazione (inter)nazio-nale” sarà poi il momento di rinsaldare la collabora-zione con CUAMM-Medici con l’Africa ed apprende-re cosa viene quotidiana-mente realizzato ed è pos-sibile fare nelle nostre re-altà locali grazie alla par-tecipazione del Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato.Gli ONSPdays2015 sa-ranno questo e tanto altro ancora, unita-mente agli imman-

Keep calm and treat it! cabili eventi sociali, per vivere ancora una volta insieme – da protagonisti – la propria formazione nello spirito ONSP. Appuntamento quindi a Padova, come sempre numerosi!

Il Direttivo ONSPGli specializzandi di Padova

Per informazioni ed iscrizioni consultare il sito web www.onsp.it

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Rita Tanas UO Pediatria, Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara

Davide VecchioPediatra, Palermo

Accelerata EMA sui farmaci pediatriciL’European Medicines Agency (EMA) ha lanciato un’iniziativa che mira ad accelerare le procedure di sviluppo dei farmaci in Pediatria. Il progetto propone incontri tra pediatri dell’EMA e sviluppatori per concordare le fasi di messa a punto dei nuovi farmaci prima della presentazione dei piani di indagine pediatrica (PIP), i documenti presentati dai produttori al Comitato pediatrico dell’EMA (PDCO) per sviluppare e autorizzare un farmaco in Pediatria.

“Pregiudizio” e “discriminazione” sono parole sgradevoli, richiamano vissuti di cronache dolorose e travagliate (razze, reli-gioni, etnie, genere, sesso) che vorremmo dimenticare. Francesco Baggiani, un peda-gogista dall’accento toscano, di Greve in Chianti, nella provincia di Firenze, nel suo libro ci allerta che invece pensieri pregiudi-zievoli e discriminatori sono rivolti di con-tinuo alle persone con obesità, con gran-dissima disinvoltura. Da anni indaga, cer-ca di comprendere e modificare i difficili aspetti socio-relazionali legati al sovrappe-so e all’obesità, in particolare nei bambini e negli adolescenti: derisione, colpevolizza-zione, discriminazione sul corpo verso chi è in sovrappeso sono fenomeni in crescita, al pari dell’eccesso ponderale, ma, per con-tro ancora scarsamente riconosciuti. Inol-tre, con l’avvento di internet e le nuove forme di discriminazione “virtuale” quali il cyberbullismo, lo stigma e il pregiudizio sul peso hanno assunto una nuova dimen-sione che si riverbera negli spazi e tempi eterei del web, divenendo così un’idea uni-versalmente diffusa, pensieri automatici quasi inconsapevoli, difficilmente modifi-cabili e purtroppo socialmente accettati e persino ritenuti utili, anzi “terapeutici”!!È dunque con un orientamento resiliente che Baggiani parte dalle più recenti e solide basi scientifiche per descri-

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vere sovrappeso ed obesità, le loro cause e complicanze, smantellando approcci su-perficiali e generalisti, per poi catapultare il lettore nel fiume di dannosi stereotipi ba-sati sul peso. Pregiudizi che l’autore, capi-tolo dopo capitolo, dimostra agiti da tutti noi (più o meno consapevolmente), soste-nuti dai media e dai loro modelli estetici di riferimento, che “paradossalmente” inizia-no già entro le mura domestiche e si insi-nuano persino nei nostri ambulatori pe-diatrici di ogni livello. In tal modo l’idea stereotipata e ridicolizzante dell’obesità fi-nisce per cronicizzare, senza che nessuno si scandalizzi di fronte ad essa, poiché, in fondo, la questione del peso è ancora in-giustamente considerata una responsabi-lità, anzi una colpa, personale, qualcosa che riguarda le doti del singolo: la sua de-terminazione e forza di volontà. Il danno è enorme: oggi è noto che la derisione persistente in età evolutiva comporta gravi conseguenze sulla salute psicoso-matica anche in età adulta. Se la derisio-ne inizia precocemente e in famiglia il danno è più grave. Se poi gli operato-ri sanitari e tutti gli educatori, anziché proteggere i bambini da genitori po-co sensibili o impreparati, che hanno adottato modi inadeguati, la condi-vidono: non c’è più salvezza! Lo stig-ma infatti crea una cassa di risonanza psico-somatica, con preoccupanti ri-sposte personali allo stress, che vani-

ficano ogni eventuale intervento terapeuti-co, ponendo invece le premesse di ulteriori disturbi, favorendo stili di vita e compor-tamenti alimentari insani e patologici. Purtroppo anche i professionisti della sa-lute non sono esclusi dal pregiudizio. La classe medica in particolare si trova spesso a giudicare a priori i propri pazienti so-vrappeso come pigri, privi di autocontrol-lo e in qualche modo colpevoli, dando così per scontato l’insuccesso delle cure, considerando l’assistenza a questa malat-tia come una perdita di tempo rispetto ad altre malattie, talora ricorrendo a indi-menticabili rimproveri e minacce. Ampia è la letteratura scientifica citata. Con Mar-lene Schwartz della Yale University si met-te in luce come questo identikit degli obe-si, superficiale e nocivo, da parte di coloro che dovrebbero aiutarli, rende la loro lotta contro l’obesità impossibile. Se neppure il pediatra, che dovrebbe essere il loro difen-sore, ci crede chi sosterrà la motivazione al cambiamento e la self-efficacy di questi bambini e delle loro famiglie, sole in balia del marketing di un‘industria senza scru-poli? Se nessuno è stato preparato alla dif-ficoltà di raccogliere veloci e ben evidenti risultati sul peso o sul BMI, la delusione ucciderà i primi tentativi faticosi di cam-biamento di queste famiglie, anziché so-stenerli e farli crescere!“P(r)eso di mira” è quindi un testo utile per tutti quelli che lavorano con bambini e adolescenti nel campo sanitario ed educa-tivo; per chi si occupa di prevenzione e cu-ra dell’obesità; per chi la vive su se stesso o nella sua cerchia degli affetti e infine per chi vuole avere una visione più completa di una condizione oggi tanto chiacchierata quanto misconosciuta. Tutti possono con-tribuire a ridurre questo universale e per-vasivo “anti-fat” bias, passo indispensabile nella prevenzione e nella cura dell’eccesso ponderale! Tutti possono andare fieri di avere un amico con problemi di peso, di statura, di zoppia, di balbuzie, di...

^̂^ McVey GL, Walker KS, Beyers J, Harrison HL, Simkins SW, Russell-Mayhew S. Integrating Weight Bias Awareness and Mental Health Promotion Into Obesity Prevention Delivery: A Public Health Pilot Study. Prev Chronic Dis 2013;10:120-185 http://dx.doi.org/10.5888/pcd10.120185

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Francesco Baggiani

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