Il Nuovo grano - aprile 2013

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PERIODICO della COLDIRETTI di MILANO e LODI PUBBLICAZIONE MENSILE SOMMARIO 3 - La carica dei similgrana 4 - Nuova truffa del cibo 11 - La Cina beve lombardo 12 - Il lungo inverno dei campi 13 - Accordo sui salari 2013 16 - Italia, basta mais Ogm 18 - Bye bye Sistri Poste Italiane SpA Spedizione in abb. postale 70x100 LO/MI APRILE 2013 l DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA FILZI, 27/A 20124 MILANO TELEFONO 02/5829871 L’agricoltura in testa 4 ANNO XXI

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Periodico della Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza

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PERIODICO della COLDIRETTIdi MILANO e LODIPUBBLICAZIONE MENSILE

SOMMARIO 3 - La carica dei similgrana 4 - Nuova truffa del cibo11 - La Cina beve lombardo12 - Il lungo inverno dei campi

13 - Accordo sui salari 201316 - Italia, basta mais Ogm18 - Bye bye Sistri

Poste Italiane SpA Spedizione in abb. postale 70x100 LO/MI APRILE 2013 l DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA FILZI, 27/A 20124 MILANO TELEFONO 02/5829871

L’agricoltura in testa

4ANNO XXI

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COLDIRETTI INTERPROVINCIALE DI MILANO, LODI, MONZA E BRIANZAIndirizzo: via Fabio Filzi, 27 – Milano - Tel: 02.58.29.871 - Fax: 02.58.30.35.49Presidente: Carlo Franciosi - Direttore: Giovanni Benedetti

UFFICIO ZONA DI ABBIATEGRASSOIndirizzo: Viale G. Sforza, 62 - Tel: 02.58.29.85.00 - Fax: 02.58.29.85.19Segretario di zona: Enzo LocatelliOrari di apertura uffici. lunedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; martedì: 9.00/12.30; mercoledì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; giovedì: 9.00/12.30; venerdì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00

UFFICIO ZONA DI CODOGNO Indirizzo: Via G. Carducci, 9 - Tel: 02.58.29.85.20 - Fax: 02.58.29.85.39Segretario di zona: Francesca ToscaniOrari di apertura uffici: lunedì: 9.00/12.30; martedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; mercoledì: 9.00/12.30; giovedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; venerdì: 9.00/12.30

UFFICIO ZONA DI CUGGIONOIndirizzo: Viale Roma, 2 – Piazzale Kuster - Tel: 02.58.29.85.40 - Fax: 02.58.29.85.59Segretario di zona: Orfeo FavottoOrari di apertura uffici: lunedì: 9.00/12.30; martedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; mercoledì: 9.00/12.30; giovedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; venerdì: 9.00/12.30

UFFICIO ZONA DI LODIIndirizzo: Via Haussmann, 11/i - Tel: 02.58.29.85.60 - Fax: 02.58.29.85.79Segretario di zona: Stefano BressaniOrari di apertura uffici: lunedì: 9.00/12.30; martedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; mercoledì: 9.00/12.30; giovedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; venerdì: 9.00/12.30

UFFICIO ZONA DI MAGENTAIndirizzo: Via C. Cattaneo, 26 - Tel: 02.58.29.85.80 - Fax: 02.58.29.85.99Segretario di zona: Mauro De PaoliOrari di apertura uffici: lunedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; martedì: 9.00/12.30; mercoledì: 9.00/12.30; giovedì: 9.00/12.30; venerdì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00

UFFICIO ZONA DI MELEGNANOIndirizzo: Via J. Lennon, 4 - Tel: 02.58.29.88.00 - Fax: 02.58.29.88.19Segretario di zona: Luigi SimonazziOrari di apertura uffici: lunedì: 9.00/12.30 – 13.30/15.00; martedì 9.00/12.30 – 13.30/15.00; mercoledì: 9.00/12.30 – 13.30/15.00; giovedì 9.00/12.30 – 13.30/15.00; venerdì: 9.00/12.30 – 13.30/15.00

UFFICIO ZONA DI MELZOIndirizzo: Via C. Colombo, 37/a - Tel: 02.58.29.88.20 - Fax: 02.58.29.88.39Segretario di zona: Sergio MeroniOrari di apertura uffici: lunedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; martedì: 9.00/12.30; mercoledì: 9.00/12.30; giovedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; venerdì: 9.00/12.30

UFFICIO ZONA DI MILANOIndirizzo: Via F. Filzi, 27 - Tel: 02.58.29.871 - Fax: 02.58.30.35.49Segretario di zona: Luigi SimonazziOrari di apertura uffici fiscale e CAA: lunedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; martedì: 9.00/12.30; mercoledì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; giovedì: 9.00/12.30; venerdì: 13.30/17.00

Uffici Epaca: via Patecchio, 2 - Tel: 02.58.29.87.63orari di apertura: lunedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; martedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; mercoledì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; giovedì: 9.00/12.30 . 13.30/17.00; venerdì: 9.00/12.30

UFFICIO ZONA DI VILLASANTAIndirizzo: Via E. Mattei, 2 – Tel: 02.58.29.88.40 - Fax: 02.58.29.88.59Segretario di zona: Tiziano TencaOrari di apertura uffici: lunedì: 9.00/12.30; martedì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; mercoledì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00; giovedì*: 9.00/12.30; venerdì: 9.00/12.30 – 13.30/17.00

* L’Ufficio Epaca rimane chiuso il giovedì per tutta la giornata

DIRETTORE RESPONSABILEGiovanni Benedetti

DIREZIONEe AMMINISTRAZIONE

Via F. Filzi, 27/A - MILANO02 5829871 (r.a.)

REDAZIONEDaniela Maggi

REGISTRAZIONE TRIBUNALEdi MILANO

n. 82 dell’8/02/1992

HANNO COLLABORATOA QUESTO NUMERO:

Fabio BonaccorsoLuigi SimonazziAdriano Cislaghi

PROGETTO GRAFICOe IMPAGINAZIONE

PMP - Lodi

FOTOGRAFIEArchivio “il Cittadino”

STAMPALitostampa Istituto Grafico srl

Bergamo

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scrivere una mail all'indirizzo:

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La Coldiretti Interprovincialetra Milano, Lodi, Monza e Brianza

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3 aprile 2013

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In dieci anni le importazioni nel nostro Paese sono raddoppiate

Scatta l’allarme similgrana in ItaliaProvengono soprattutto da Germania, Repubblica Ceca e Ungheria

Negli ultimi dieci anni sono raddoppiate le importazioni in Italia di formaggi similgrana

che fanno concorrenza alla produzione nazionale di Parmigiano Reggiano e Grana Padano a denominazione di Origine Protetta (Dop). E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati forniti dal sito www.clal.it, dal quale si evidenzia come le importazioni italiane di formaggi duri di latte bovino non Dop abbiano raggiunto i 27,3 milioni di chili nel 2012, con un aumento dell’88 per cento in dieci anni. I similgrana sono arrivati in Italia soprattutto dall’Europa a partire dalla Germania (8,3 milioni di chili) e dalla Repubblica Ceca (8,1 milioni di chili), anche se in forte crescita risulta essere l’Ungheria dalla quale sono giunti ben 2,7 milioni di chili pari al 10 per cento del totale delle importazioni. Volumi addirittura superiori di questi formaggi, che spesso hanno anche una assonanza fonetica con quelli nazionali, sono purtroppo destinati a Paesi diversi dall’Italia, in Europa

e fuori, togliendo spazio di mercato al Parmigiano e al Grana. E’ imbarazzante notare che nella realizzazione di questi prodotti di imitazione siano implicate spesso imprese italiane ed anche chi per ruolo avrebbe il compito di tutelare

le denominazioni originali, dal quale dipende il futuro di interi territori e migliaia di allevamenti e caseifici. La somiglianza di tali codici doganali con quelli del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano (04069061), unitamente alla identica descrizione tecnica dei prodotti, crea una similarità fra prodotti caratterizzati, invece da diversa origine e qualità perché i similgrana non devono rispettare i rigidi disciplinari di produzione approvati dall’Unione Europea. Questi formaggi sono codificati dall’Istat con il codice doganale 04069069 hanno tenore, in peso, di materie grasse uguale od inferiore al 40%, e tenore, in peso, di acqua della sostanza (non grassa) inferiore uguale al 47%. Il rischio è che i similgrana vengano scambiati dai consumatori come prodotti Made in Italy perché vengono spesso utilizzati nomi, immagini e forme che richiamano all’italianità, ma anche perché appare il bollo Ce con la “I” di Italia se il formaggio viene semplicemente confezionato in Italia. Un inganno nei confronti del quale occorre immediatamente intervenire per salvaguardare il lavoro di migliaia di allevatori italiani impegnati in una produzione unica che rappresenta l’immagine del made in italy nel mondo.

Una forma di autentico Grana Padano

Un esempio di similgrana

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Il made in Italy ancora una volta finisce nel mirino di truffatori di professione. Questa volta, vitti-

ma dell’ultimo caso di falsificazione è stato il vino, uno dei prodotti di punta della Lombardia. In partico-lare si tratta di una truffa tra Pavia e Londra, smascherata da una maxi operazione dei carabinieri dei Nas lo scorso 17 aprile. Diverse le persone indagate con l’accusa di associazio-ne per delinquere finalizzata alla frode, adulterazione di vino Doc e Igt, alla ricettazione di prodotti eno-logici e all’evasione fiscale sia in Ita-lia che in Inghilterra. Questi i dati a nostra disposizione nel momento in cui scriviamo: da quanto è emerso dall’attività investigativa, sarebbero stati immessi sul mercato italiano e inglese dei prodotti enologici di bas-sissima qualità, spesso con valori al di sotto delle soglie minime previste dalla legge, proposti come prodot-ti a Denominazione di origine con-trollata o IGT. La truffa, per un giro

Diverse persone indagate per falsificazione di bottiglie Doc e Igt

Truffa del vino tra Pavia e LondraColdiretti: colpire chi mette a rischio un settore che vale 9 miliardi di euro

d’affari di oltre 10 milioni di euro, si sarebbe sviluppata in particolare nelle province di Pavia, Bergamo e Novara, coinvolgendo una ditta di Gravellona Lomellina (Pavia), una di Bagnatica (Bergamo) e una di Lon-dra. Le bottiglie di vino «fasullo» o adulterato commercializzate sul mercato inglese per il primo periodo esaminato (circa 8 mesi) risultereb-bero più di 3 milioni e mezzo. Biso-gna colpire i truffatori che danneg-giano il buon nome e la qualità del vino italiano, sostiene la Coldiretti Lombardia. “Il vino – spiega Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti Lombardia – è uno di quei prodotti Made in Italy che ci stanno aiutan-do a resistere alla crisi anche grazie alle esportazioni che sono cresciute dell’8 per cento a livello nazionale per un valore di 2 miliardi di euro. Il nostro Paese non può certo per-mettere che qualche mela marcia rovini un settore che in Italia vale 9 miliardi di euro e assicura un milio-

ne e 200 mila posti di lavoro”. Il si-stema produttivo lombardo - spiega la Coldiretti – conta 7 mila aziende situate principalmente nelle provin-ce di Pavia (1.728), Brescia (1.341), Sondrio (951), Mantova (715), Ber-gamo (412), Milano e Lodi (117) e Varese (89). La produzione regio-nale supera il milione e 230 mila ettolitri e nel 2012 le esportazioni sono cresciute dell’11 per cento rag-giungendo i 237 milioni di euro. La Lombardia con le sue 42 etichette di qualità rappresenta l’8 per cento delle 521 denominazioni di origine italiane e conta: 5 Docg, 22 Doc e 15 Igt. L’talia - spiega la Coldiretti - vanta un patrimonio di 331 vini a denominazione di origine controlla-ta (Doc), 59 a denominazione di ori-gine controllata e garantita (Docg) e 118 a indicazione geografica tipica (Igt) alle quali viene destinato oltre il 60 per cento della produzione na-zionale pari a circa 40 milioni di et-tolitri.

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5 aprile 2013

La crisi del Consorzio Agrario: le manovre di ConfagricolturaI suoi rappresentanti erano nel consiglio di amministrazione e votavano i bilanci

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Pellegrinaggio Donne Impresa: il 9 giugno a Modena

Il gruppo Donne Impresa della Coldiretti di Milano, Lodi, Mon-za e Brianza organizza, per il

9 giugno prossimo, la tradizionale giornata insieme. Quest’anno la meta finale sarà Modena, uno dei comuni colpiti dal sisma del mag-gio 2012. Durante la mattinata, il gruppo di Donne Impresa farà vi-sita all’azienda di Lorella Ansaloni, di recente nominata responsabile nazionale di Donne Impresa Col-diretti. La Ansaloni gestisce un vi-

vaio colpito dal terremoto, così come danneggiato dalla forza del sisma è stato anche l’agrituri-smo Villa Motta di Cavazzo, dove è previsto il pranzo di giornata. Nel pomeriggio, la visita alla cit-tà di Modena precederà la tappa finale all’acetaia di Villa San Don-nino, una delle aziende finaliste all’Oscar Green 2010. Per infor-mazioni e prenotazioni è possibi-le rivolgersi alla sede di Coldiretti più vicina.

Sono veramente indignato per l’articolo comparso sul Corriere Agricolo di mercoledì 10 aprile

a pagina 12 e dedicato al Consor-zio Agrario di Milano Lodi e Monza Brianza. Fino a ora non ho mai ri-sposto alle provocazioni sul tema del Consorzio Agrario, ma non accetto lezioni da chi più di tutti ha cercato di affossarlo. Mi riferisco ad Antonio Boselli, attuale presidente di Con-fagricoltura di Milano Lodi e Mon-za Brianza. Voglio ricordare a lui e a tutti che è vero che per 30 anni e fino alla metà degli anni Novanta c’è stata alternanza alla Presiden-za, ma a detta di tutti non era un sistema più sostenibile. Si è quindi scelta una strada diversa e condi-visa da entrambe le organizzazioni, almeno fino al 31 dicembre 2011. E proprio fino a quella data, voglio far notare a tutti, lo stesso Enrico Bo-selli, il fratello del presidente di Con-fagricoltura è rimasto nel consiglio del Consorzio Agrario dove tutte le decisioni, grazie anche al suo appog-gio, sono state prese all’unanimità (quindi anche con l’approvazione di Confagricoltura), come dimostrano i verbali. L’astensione, non la contra-rietà, di alcuni componenti del consi-

glio legati a Confagricoltura è avve-nuta in merito al conferimento degli immobili milanesi di via Ripamonti nel fondo immobiliare dei Consorzi Agrari, operazione che ha portato nelle casse del Consorzio ben 15,6 milioni di euro più altri 9 milioni di euro di quote del fondo. Se Confa-gricoltura invece di blaterare in ogni occasione avesse portato un acqui-rente per l’immobile di via Ripamonti con un’offerta simile o migliorativa, l’avremmo presa in considerazio-ne. Voglio ricordare al presidente di Confagricoltura che non ha giovato

al Consorzio la loro astensione sul bilancio 2010 e il loro voto contrario sul bilancio 2011. La loro è stata una posizione presa solo per trasmettere l’immagine di una divisione interna voluta per rompere la compagine sociale e danneggiare il Consorzio spingendo i soci su altre centrali di acquisto. Sono comunque pronto e disponibile per un chiarimento su ciò che è avvenuto negli ultimi 10 anni in seno al Consorzio Agrario.

Carlo Franciosi Presidente Coldiretti

Milano, Lodi, Monza Brianza

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Agricoltura, il nostro futuroIl 26 marzo scorso, mille giovani

agricoltori si sono ritrovati a Mila-no uniti da un’unica grande pas-

sione: l’agricoltura. Sono i ragazzi e le ragazze del Nord Italia di Giovani Impresa Coldiretti, che hanno par-tecipato alla tradizionale assemblea macro area, organizzata quest’an-no dalla Federazione della Lom-bardia. Oltre a quelli della regione ospitante, molti agricoltori “under 40” sono arrivati da Piemonte, Li-guria, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Slogan della giornata è stato: “Coltivamo la cre-scita, il Paese che vogliamo”. Tanti gli argomenti trattati: dalla riscos-sa della terra tradita al modello di sviluppo economico vincente, fino all’agricoltura sociale. I sei delegati regionali dei giovani ne hanno di-scusso con illustri esperti in mate-ria: Marina Puricelli dell’Università Bocconi di Milano, Paolo Pileri del Politecnico di Milano, Saverio Senni dell’università della Tuscia, il con-sigliere ecclesiastico di Coldiretti, Don Paolo Bonetti. Presente anche Riccardo Barotti, sindaco di Roc-chetta di Vara (SP) un comune che nel 2011 ha subito una grave allu-vione che ha distrutto case e mes-

so in ginocchio l’agricoltura locale. Tra i relatori anche Cristina Tajani, assessore Politiche del lavoro del Comune di Milano. All’esterno del-la sala del teatro Manzoni, luogo in cui si sono svolti i dibattiti, è stato allestito il “Salone delle idee gio-vani”, con idee e prodotti vincenti per coltivare la crescita: dal balsa-mo degli angeli allo spumante degli abissi, dal “quadrorto” agli agro-de-tergenti, fino alle tisane di bambù. Tra gli ospiti intervenuti anche il

neo assessore all’Agricoltura di Re-gione Lombardia, Gianni Fava: nel suo intervento ha elogiato i giovani che scelgono di puntare sul settore primario e ha ribadito la necessi-tà che l’agricoltura torni ad essere un’attività remunerativa e non più di pura sussistenza. Fondamentale per raggiungere questo obiettivo è il duplice tema dell’etichettatura e della tracciabilità, che sta tornando all’attenzione anche dell’Unione Eu-ropea.

Un momento del dibattito all’assemblea macro area di Giovani Impresa

Il delegato nazionale Vittorio Sangiorgio

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Giovani Coldiretti del Nord Italia“Il nostro manifesto per il Paese”Coltiviamo la crescita di un Paese che:

1. Riconosca i giovani come naturale priorità e risorsa strategica per la crescita economica e occupazionale dell’Italia, misurando sui giovani tutte le politiche finalizzate allo sviluppo e al dinamismo imprenditoriale, a partire da quelle agricole, a vantaggio tanto dei giovani quanto degli adulti

2. Valorizzi il progetto di Coldiretti per la costruzione di una Filiera Agricola Tutta Italiana, come piena espressione del protagonismo dei giovani quale via italiana per lo sviluppo del Paese

3. Sostenga la nascita e lo sviluppo delle giovani imprese attraverso misure adeguate e una vera politica integrata per l’imprenditorialità

4. Persegua una politica che riconosca il ruolo e il valore dell’attività agricola per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione del territorio

5. Realizzi misure efficaci per la difesa della risorsa suolo dall’uso sconsiderato

6. Favorisca la creazione di filiere agroalimentari delle giovani imprese, promuovendo le dinamiche di rete interimprenditoriali e intersettoriali e incentivando tutte le forme di filiera corta

7. Promuova strumenti per ridurre tempi e costi per l’avvio e per l’esercizio dell’attività di impresa, attraverso un processo di sburocratizzazione e il superamento delle disomogeneità normative esistenti a livello territoriale

8. Diffonda una formazione tecnica professionale e universitaria che superi il modello italiano “studio, poi lavoro” e persegua un sistema istituzionale della ricerca che sappia anticipare i fabbisogni di innovazione, trasferendo le risposte direttamente all’impresa

9. Riconosca e supporti l’alta sostenibilità sociale, ambientale ed educativa dei farmers’ market, delle fattorie didattiche, delle fattorie sociali, degli agriturismi e degli agriasilo

10. Accresca il peso dei giovani in tutti gli ambiti civili, politici ed economici della società nazionale, a partire tra l’altro dalle normative che regolano l’età dell’elettorato attivo e passivo

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Agricoltori “under 40” a Cibi d’Italia 2012

Boom di immatricolazioni nelle facoltà di agraria dei princi-pali atenei del Nord Italia. E’

quanto emerge dal primo report sul “Ritorno alla Terra” di Coldiret-ti Lombardia, presentato martedì 26 marzo 2013, a Milano al Teatro Manzoni, in occasione dell’annuale assemblea macro area di Giovani Impresa. Mentre dal 2008 la disoc-cupazione nel nostro Paese è torna-ta a salire – spiega la Coldiretti re-gionale – i giovani hanno iniziato a scommettere sull’agricoltura come fonte di reddito e investimento per il futuro. Dal 2009 a oggi alla Stata-le di Milano gli aspiranti agricoltori sono passati da 584 a 999 nelle lau-ree di primo livello (+ 71 per cento) e da 104 a 244 in quelle magistrali (+134 per cento). A Torino, nello stesso periodo, le matricole dei cor-si triennali sono cresciute del 68 per cento, mentre a Padova tra 2009 e 2011 l’incremento complessivo nel-le iscrizioni è stato del 14 per cento. Sempre più ragazze scelgono la car-riera agraria – precisa la Coldiretti Lombardia –: in Veneto nel 2009 si sono iscritte in 160, nell’anno

Boom di matricole in agraria tra Liguria e Veneto: a Milano +134%

Il lavoro dei sogni è nei campiCrescono i nuovi agricoltori che sono sempre più preparati e digitalizzati

accademico successivo erano 193. Un balzo del 21 per cento, contro l’11 per cento dei colleghi maschi, passati da 336 a 372. Quattro anni fa in Lombardia, nelle lauree trien-nali quasi un immatricolato su tre era femmina: oggi le giovani donne raggiungono il 40 per cento del to-tale. E nelle lauree magistrali sor-passano i ragazzi: 55 per cento a 45 per cento, secondo i dati della metà di marzo di quest’anno acca-demico. L’aumento nelle iscrizio-ni si riflette nell’identikit dei nuovi agricoltori. Secondo un’indagine di Coldiretti Lombardia sui giovani del Nord Italia, nei campi cresce il li-vello culturale: il 15 per cento degli imprenditori “under 40” possiede una laurea, mentre il 68 per cen-to ha un diploma superiore. Oggi le aziende sono in mano a ragazzi sempre più preparati – commenta Coldiretti Lombardia -: la maggior parte di loro ha conseguito titoli specifici (perito agrario, agrotec-nico, scienze agrarie, viticoltura ed enologia), ma non mancano mec-canici, geometri, esperti di pubbli-che relazioni e ingegneri elettronici

che nonostante studi non agricoli hanno scelto il “ritorno alla terra”. I settori dove i giovani sono più im-pegnati sono:- l’allevamento (49 per cento) in particolare dei bovini da latte, da carne e dei suini (per produzioni ti-piche del nord Italia), ma non man-cano avicoli, lumache, asini, peco-re, cani, fagiani, pony, conigli e in genere animali da cortile- la coltivazione dei cereali (38 per cento)- la coltivazione degli ortaggi (14 per cento)- la coltivazione degli alberi da frut-to (11 per cento)Nei campi, inoltre, è scattata l’o-ra di internet. Secondo le stime di Coldiretti il 50 per cento dei gio-vani agricoltori utilizza le nuove tecnologie come siti web, face-book e twitter per promuovere la propria impresa, che nel 60 per cento dei casi è multifunzionale. La vendita diretta in azienda o nei farmers’ market è l’attività più praticata (45 per cento). Le nuo-ve generazioni – spiega Coldiretti Lombardia – tornano in campagna

Stefano Ravizza, delegato giovani Lombardia

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ESAspinti dalla passione (36 per cento) o per mantenere in vita l’azienda di famiglia (26 per cento), anche se nel 27 per cento dei casi entrambi questi fattori influiscono sulla scel-ta. Fra Piemonte, Lombardia, Ligu-ria, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli, secondo gli ultimi dati Istat disponibili – spiega la Coldiretti Lombardia – sono oltre 31 mila su un totale di quasi 300 mila le azien-de agricole il cui titolare ha un’età compresa fra i 18 e i 39 anni. Per il futuro i giovani sognano un’agricol-tura diversa: con le materie prime e l’energia meno care (65 per cento), con la burocrazia che rubi meno tempo al lavoro (57 per cento) e con maggiori possibilità di accesso al credito (33 per cento). Il 39 per cento, infine, desidera un settore dove ci siano meno speculazioni nella filiera dal campo alla tavola. L’aumento record del 26 per cen-to a livello nazionale nelle iscrizioni all’Università nei corsi di laurea in scienze agroalimentari – spiega la Coldiretti - conferma la presenza di nuove ed interessanti opportunità di lavoro in campagna dove si sti-ma che grazie alla green economy saranno disponibili centomila posti di lavoro per i prossimi tre anni. Inoltre si registra un aumento re-cord del 29 per cento delle iscrizioni negli istituti professionali agricoli e

del 13 per cento negli istituti tec-nici di agraria, agroalimentare ed agroindustria. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati relativi alle iscrizioni al primo anno delle scuole secondarie di II grado statali e paritarie per l’anno scolastico 2012/2013 divulgati dal Ministero dell’ Istruzione, dell’U-niversità e della Ricerca dal quale si evidenzia il successo dell’agro-alimentare nelle scelte formative. Secondo un`indagine Coldiretti/

Stefano Ravizza sul palco dell’assemblea del Nord Italia

Swg la maggioranza dei giovani ita-liani, a differenza delle generazioni che li hanno preceduti, non sogna più un lavoro nell`ufficio di una banca magari in una grande me-tropoli, ma vorrebbe invece gestire un agriturismo in piena campagna. L’85% dei genitori italiani consi-glierebbe ai propri figli un futuro lavorativo professionale-lavorativo in agricoltura e considerano il set-tore di primaria importanza con un’alta produzione di valore sociale e non solo una mera fonte di red-dito. Le aziende guidate da giova-ni registrano un livello di fatturato del 79% maggiore rispetto alla media e il 55% di occupati in più. La metà dei giovani tra i 18 ed i 34 anni preferirebbe infatti gestire un agriturismo piuttosto che fare l`im-piegato in banca (23 per cento) o anche lavorare in una multinazio-nale (19 per cento) - sottolinea la Coldiretti - Si tratta di una vera ri-voluzione culturale che non riguar-da solo i giovani poiché in generale quasi un italiano su tre (il 28 per cento) scambierebbe il proprio la-voro con quello dell’agricoltore. I motivi di tale scelta sono indicati nel fatto che per il 50 per cento così si fa una vita più sana, per il 18 per cento ci si sente più liberi e autono-mi e per il 17 per cento per il pia-cere di vivere in campagna, men-tre solo il 7 per cento ritiene che si guadagni di più.

Le matricole agricole negli anni della grande crisi Elaborazione Coldiretti Lombardia su dati università Milano,

ANNO ACCADEMICO

IMMATRICOLATI LAUREA PRIMO

LIVELLO

INGRESSI AL SECONDO LIVELLO

(LAUREE MAGISTRALI) 2008 - 2009 528

(67% maschi - 33% donne)

113 (58% maschi – 42% donne)

2009 - 2010 584 (71% maschi - 29% donne)

104 (64% maschi - 36% donne)

2010 - 2011 714 (64% maschi – 36% donne)

180 (57% maschi – 43% donne)

2011 - 2012 928 (57% maschi – 43% donne)

233 (47% maschi – 53% donne)

2012 – 2013 (dati aggiornati al 18/03/2013)

999 (60% maschi – 40% donne)

244 (45% maschi – 55% donne)

Le matricole agricole negli anni della grande crisiElaborazione Coldiretti Lombardia su dati università Milano

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SPEC

IALE

VIN

OCalano i consumi interni, ma all’estero il nostro vino piace sempre di più

Il fascino delle bollicine italianeNel 2012 le esportazioni hanno sfiorato i 5 miliardi di euro

La notizia buona è che il vino italiano all’estero fa scintille. Quella cattiva è che all’interno

dei confini nazionali si beve sem-pre meno. E’ quanto emerge dalle indagini di Coldiretti effettuate in occasione della 47° edizione di Vinitaly, il salone internazionale del vino e dei distillati, che si è svolto alla Fiera di Verona dal 7 al 10 aprile. Nel 2012, il fatturato del vino made in Italy ha raggiun-to il record di 8,9 miliardi, frutto di un aumento del 6,5 per cento nelle esportazioni, che sono risul-tate pari a 4,7 miliardi, al quale si è aggiunto un leggero incremento delle vendite sul mercato nazio-nale che sono risultate pari a 4,2 miliardi (+2 per cento). Quest’ultimo traguardo, però, non tranquillizza gli addetti ai la-vori, dato che nel nostro Paese i consumi di vino continuano a di-minuire. Gli italiani – spiega la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza – dicono addio ad un bicchiere di vino su quattro con il crollo record del 22 per cento in dieci anni dei consumi nazionali che sono scesi al minimo storico dall’Unità d’Italia, fermandosi ad appena 22,6 milioni di ettolitri. Un dato inferiore a quello degli Stati Uniti, dove si consumano 29 milioni di ettolitri, e a quello della Francia che con i suoi 29 mi-lioni di ettolitri bevuti, conferma

il suo primato mondiale. In prati-ca – svela la Coldiretti – nel 2012 ogni italiano ha consumato meno di 40 litri: quasi uno su tre dichiara di assumere vino solo in occasioni di festa particolari, il 27 per cento lo porta in tavola tutti i giorni, il 6 per cento non lo beve mai, il 18 per cento lo versa nel bicchiere una o due volte a settimana, mentre il 17 per cento più volte. Il consumo di vino in Italia è sce-so ad un valore che è leggermente superiore a quello di 21,5 milioni di ettolitri fatto segnare dalle espor-tazioni, che negli ultimi dieci anni sono invece aumentate in quantità del 58 per cento. Il vino made in Italy fuori dai confini nazionali pia-ce sempre più: non a caso il nostro Paese resta saldamente il maggior esportatore di vino nel mondo, dove è italiana quasi una bottiglia scambiata su cinque.

Con un valore record di 4,7 miliardi di euro nel 2012, il vino si classifi-ca come il prodotto agroalimentare italiano più esportato. Negli Stati Uniti il vino italiano supera lo sto-rico tetto di un milione di euro in valore, con un aumento del 6 per cento, mentre un incremento a due cifre è stato registrato in Cina, dove le bottiglie tricolori stanno conqui-stando sempre più spazi di mercato (+17 per cento, da 66 milioni a 77 milioni). Ma è l’intero continente asiatico a rivelarsi terra di conquista per i no-stri prodotti, con un aumento netto del 20 per cento. Tra le destinazioni storiche – conclude la Coldiretti – si registra un aumento del 4 per cento in Germania, che è il secondo mer-cato dopo gli Usa, del 5 per cento in Gran Bretagna, dell’11 per cento in Canada, mentre c’è un calo del 15 per cento in Russia.

Paese destinatario Valore esportazioni nel 2012 Differenza sul 2011

Canada 283.398.392 euro + 11 per cento

Gran Bretagna 535.179.058 euro + 5 per cento

Germania 957.660.405 euro + 4 per cento

Russia 100.142.699 euro - 15 per cento

Cina 77.019.297 euro + 17 per cento

Stati Uniti 1.006.023.597 euro + 6 per cento

Totale 4.690.618.646 euro + 6 per cento

Valore delle esportazioni di vino italiano nel mondo nel 2012

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SPECIA

LE VINO

Il comparto lombardo “vola” all’esteroAnche la Cina scopre la nostra qualità

Per i vini lombardi il 2012 si è chiuso con una crescita dell’export dell’11,2 per cento,

quasi il doppio del +6,5 per cento fatto registrare a livello nazionale. In totale le esportazioni del settore vinicolo lombardo hanno raggiunto il valore di 237 milioni di euro. Un risultato importante che affonda le sue radici nella qualità del prodotto realizzato dalle 7 mila aziende del settore attive nella nostra regione. In base ai dati regionali della di-chiarazione vitivinicola 2012, su 21 mila ettari rivendicati, 17.500 sono destinati alla produzione di vini a denominazione. La Lombardia si conferma, quindi, terra di vino pre-giato, con le sue 42 denominazioni: 5 Docg, 22 Doc, 15 Igt. Una ricchez-za di offerta, in termini di tipologie e qualità, che è specchio della varietà di ambienti, di clima e territorio che caratterizzano la Lombardia. Tra le nicchie che trovano spazio nella no-stra regione c’è l’area di produzione della Doc San Colombano, l’unico vino prodotto sul territorio milanese. Quest’anno il Consorzio compie 25 anni: una realtà nata nel 1987 che, lo scorso anno, ha commercializzato circa 200 mila bottiglie. Tra Milano e Lodi gli ettari coltivati a vino sono 160. La Lombardia, pur producen-do poco meno del 3 per cento del vino a livello nazionale, contribuisce

per l’8 per cento alle denominazio-ni di qualità che in Italia sono in tutto 521. I nostri vini – spiega la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza – possono competere con le più prestigiose etichette. Il suc-cesso dell’export conferma l’apprez-zamento del nostro prodotto anche al di fuori dei confini nazionali. Se-condo l’elaborazione di Unioncame-re Lombardia su dati Istat, i primi cinque mercati di destinazione per i vini lombardi sono: Stati Uniti (75,6 milioni di euro di valore export), Svizzera (30,3 milioni di euro), Germania (30,1 milioni di euro), Canada (16,1 milioni di euro) e Giappone (12,7 milioni di euro). Tra questi, quello che ha registrato l’in-cremento maggiore, è il Paese del Sol Levante (+54,8 per cento), ma l’export di vini lombardi è cresciuto molto anche a Hong Kong (+23 per cento), in Messico (+17,3 per cen-to) e in Norvegia (+11 per cento). La Cina, in particolare, rappresenta uno dei mercati su cui puntare per il prossimo futuro: tra il 2008 e il 2012 il tasso di crescita di import di vini nel Paese del dragone ha infatti sfiorato la media del 30 per cento all’anno. Se oggi il mercato cinese, con un valore di 5,4 milioni di euro di export nel 2012, è l’ottavo per i vini lombardi, in futuro le cose sono destinate a cambiare notevolmente.

Il San Colombano, l’unico vino di Milano

Dallo spumante d’oro al vino dei ghiacciai, in campo viti-vinicolo vince chi innova e

punta sull’export. Al padiglione Coldiretti al Vinitaly 2013 tante le novità di successo messe in mostra. Idee originali e ingegno-se che si confermano vincenti alla prova del mercato. Alcune di queste provengono dalla Lom-bardia. E’ il caso dello spumante d’oro “L’Etoile” dell’Azienda “La Rocchetta” di Villongo (Bg). Le piccole stelle d’oro che fluttuano senza alterare il gusto e il profu-mo dello spumante, non rappre-sentano solo un fatto estetico in quanto il prezioso metallo possie-de virtù terapeutiche e proprietà antiossidanti. Di un’azienda agri-cola di Sondrio, in Valtellina, è invece il vino il cui affinamento decennale avviene a 2.700 metri sul livello del mare, al Passo dello Stelvio. Spesso nel vino l’innova-zione si unisce alla storia e alla cultura; un connubio vincente come nel caso del vino dei Cel-ti, un nettare lomellino ottenuto con la tecnica dell’Arbustum gal-licum, sviluppata dalle popolazio-ni celtiche più di 2.500 anni fa e ripresa: l’uva viene travasata in speciali vasi di ceramica che ven-gono collocati all’interno di una scatola di legno d’olmo riempita di paglia. E per chi ha problemi di linea, ecco lo spumante realizza-to nel totale rispetto del metodo classico, senza zuccheri aggiunti.

Vince chi innova

Lo spumante con la polvere d’oro

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Il 2013 in Lombardia si è aperto all’insegna del maltempo. Pioggia e freddo si sono abbattuti sen-

za sosta sulle nostre campagne, co-stringendo gli agricoltori a ritardare i lavori primaverili. Semine in ritardo di un mese e ora lo spauracchio è il calo nelle rese dei prossimi raccolti. In pianura padana – spiega la Coldiret-ti Lombardia – pioggia e neve hanno ridotto i campi a distese di fango e acqua e per diverso tempo è stato im-possibile entrare con i trattori per le coltivazioni primaverili. “Rispetto allo scorso anno – spiega Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti Lombardia, bresciano, allevatore e cerealicoltore – siamo in ritardo: prevediamo rese più basse nel prossimo raccolto di mais”. Il granoturco, uno dei prodotti cardine dell’agricoltura lombarda, si coltiva su oltre 350 mila ettari di ter-reno e serve per l’alimentazione degli animali in un comparto zootecnico re-gionale che vale il 40 per cento delle 10 milioni e mezzo di tonnellate di lat-te munte ogni anno in Italia e per il 50 per cento sul totale dei suini a livello nazionale. “L’anno scorso a marzo avevo già finito i lavori preparatori per la stagione – racconta Marco Lunati, allevatore di suini a Mairago (Lodi) –

Pioggia e freddo non hanno lasciato scampo alle campagne lombarde

Il lungo inverno minaccia i raccoltiI lavori agricoli sono slittati di un mese e ora si teme un calo delle rese

quest’anno, invece, non ho potuto sistemare gli argini, potare le pian-te, distribuire i liquami, seminare. Un vero disastro”. Secondo i rilevamenti dell’Arpa – dice la Coldiretti Lombar-dia – solo nelle aree montane da di-cembre a marzo sono caduti fra i 275 e i 483 centimetri di neve: 374 nella zona dell’Adamello, 367 nella fascia valtellinese dell’Aprica, 483 nell’area della Valtellina Oroboie Valgerola, 459 in Valle Brembana, 272 in Alta Valtel-lina nella zona di Cancano, 342 in Val-malenco e 275 in Valchiavenna a Ma-desimo. Anche in pianura quest’anno

– spiega la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza su dati dell’Osser-vatorio Meteo di Brera a Milano – il maltempo non ha dato tregua con 16 nevicate da dicembre a marzo contro le appena 6 dello stesso periodo a cavallo fra 2011 e 2012. “Quest’anno a marzo – spiega Gianenrico Grugni, agricoltore di Cervignano d’Adda, a sud est del capoluogo lombardo – non siamo nemmeno riusciti a girare le zolle in modo che il gelo le rompesse per poi lavorarle meglio. Siamo preoc-cupati, perché le semine sono iniziate in ritardo”.

Ospiti in agriturismo, schede solo via web

Gianni Fava all’AgricolturaGianni Fava è il nuovo asses-

sore all’Agricoltura di Regione Lombardia. Classe 1968, man-

tovano, ha collezionato numerose esperienze in ambito amministrati-vo. In particolare è stato consigliere della Provincia di Mantova dal 1997 al 2012 e deputato al Parlamento in due legislature. Nella XV è sta-to membro della Commissione At-tività produttive; nella XVI è stato membro delle Commissioni Difesa, Attività produttive, Politiche dell’U-nione Europea, Affari sociali e della Commissione Bicamerale d’Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti oltre che Presidente della Commissione parlamentare d’inchie-sta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commer-ciale. Quattro le parole chiave che

il nuovo assessore ha messo alla base del suo programma: specifici-tà, semplificazione, export e suolo. Fava si è detto convinto della ne-cessità di salvaguardare le carat-teristiche peculiari dell’agricoltura lombarda, un settore a indirizzo intensivo e zootecnico. Nella con-ferenza stampa di presentazione del suo mandato, il neo assessore si è impegnato a garantire la sua presenza sul territorio per ascoltare le esigenze delle imprese che conti-nuano a chiedere sburocratizzazio-ne. “I nostri prodotti – ha spiegato Fava – devono essere riconoscibili”: bisogna qualificarli, tutelando l’inte-ra filiera agroalimentare, per com-battere i tarocchi della tavola. Tra le priorità del nuovo assessore anche la tutela del suolo. Gianni Fava

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LAVOR

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Adeguamento salari 2013:intesa per Milano e Monza

Sullo scorso numero de “Il Nuo-vo Grano” vi abbiamo segnala-to l’accordo raggiunto per gli

aumenti salariali per il 2013 nella provincia di Lodi. Lo scorso 27 mar-zo è stato siglato anche il Verbale d’Accordo per il rinnovo del con-tratto provinciale di lavoro per gli operai agricoli e florovivaisti delle province di Milano e Monza Brian-za. In verità quest’ultimo accordo, che avrebbe dovuto solo integrare quello già siglato in data 23 maggio 2012, lo recepisce, integra e di fatto lo va a sostituire perché raccoglie le adesioni anche di FLAI – CGIL e UILA UIL che lo scorso anno non avevano firmato.Tralasciando quan-to già reso noto lo scorso anno in sede di sottoscrizione dell’accordo del 23 maggio 2012, illustriamo le novità derivanti dal nuovo accordo:

Aumenti salariali contrattuali

Tenuto conto del contingente perio-do di crisi si è teso a ottenere un equilibrio tra le richieste sindacali e le possibilità di sostenere ulteriori oneri riferiti al costo del lavoro. Tale

mediazione ha trovato sbocco nella definizione di periodi di decorrenza differenziati sotto evidenziati. Per il 2013 gli aumenti incidenti sulla paga base sono pari al 1,7% così suddivisi: - 0,85% della retribuzione in vi-gore al 31/12/2011 a decorre-re dal periodo di paga in cor-so al mese di giugno 2013; - 0,85% della retribuzione in vigore al 31/12/2011 a decorrere dal pe-riodo di paga in corso al mese di dicembre 2013.

Premio Provinciale di produttività

Gli aumenti incidenti sul premio 2013 sono calcolati sullo 0,50% cal-colato sull’importo scaturente dalla retribuzione vigente al 31/12/2011 per 14 mensilità e in aggiunta al premio attualmente in vigore. Inoltre il premio dal 2013 è erogato alle seguenti scaden-za che diventano strutturali: - 40% con la retribuzione di giugno; - 20% con la retribuzione di settembre; - 40% con la retribuzione di gen-naio dell’anno successivo. La per-

centuale degli aumenti dei premi previsti dall’Accordo del 23 maggio 2012 per gli anno 2014 e 2015 sono stati assorbiti dagli aumenti salariali complessivi e pertanto non dovran-no essere riconosciuti.

Ente Bilaterale

Al fine di coordinare il testo contrat-tuale con l’istituzione dell’Ente Bila-terale in luogo e con le competen-ze del C.I.M. e dell’Osservatorio si procederà alla revisione dell’artico-lato contrattuale e all’integrazione dell’attuale Statuto CIM secondo gli indirizzi diramati a livello nazionale in materia.

Apprendistato professionalizzante

Le Parti hanno definito che in sede di stesura del testo contrattuale sa-ranno apportate le opportune va-riazioni al contratto al fine di dare attuazione alle previsioni normative in tema di apprendistato professio-nale che comunque sono già attua-bili.

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Residui di fitofarmaci nelle acqueBisogna evitare inutili allarmismi

E’ stato pubblicato il Rappor-to Nazionale Fitofarmaci nelle Acque 2013 dell’Istituto per

la protezione ambientale (Ispra). Il documento evidenzia una conta-minazione delle acque da fitofarma-ci concentrata soprattutto nell’area padano veneta ed in alcune aree specifiche del paese, ma la notizia è stata ripresa con toni allarmistici che non rispondono a quanto poi emerge da una lettura attenta dello studio. Le sostanze più frequente-mente rilevate nelle acque per le quali è stato riscontrato un mag-gior numero di superamenti dei li-velli di contaminazione, superiori al limite di 0,1 microgrammi per litro (μg/l) sono gli erbicidi triazinici, atrazina, simazina, terbutilazina e i metaboliti atrazina-desetil, terbuti-lazinadesetil. Tuttavia, ad eccezio-ne della terbutilazina, tutte le altre sostanze non sono più autorizzate in Europa, per cui il monitoraggio evidenzia il residuo di una conta-minazione storica, dovuta al forte utilizzo delle sostanze in passato e alla loro persistenza ambientale. L’allarme, quindi, è inopportuno in quanto queste sostanze, ormai vietate sono tra quelle che hanno determinato più di frequente il su-peramento degli standard di qualità ambientale (Sqa) soprattutto nell’a-rea padano-veneta, dove le sostan-ze sono state largamente utilizzate, soprattutto nella coltura del mais.

Le sostanze fuori usoL’atrazina non è più utilizzata dagli anni ’80, ma il monitoraggio evi-denzia ancora una contaminazione importante, soprattutto nelle acque sotterranee, dove a livello naziona-le risultano contaminati da essa e/o dal suo metabolita il 13 per cento dei punti di monitoraggio, spesso sopra al limite di 0,1 μg/l. Le regioni più interessate sono quelle dell’area padano-veneta, con percentuali di presenze sia nelle acque superficiali sia in quelle sotterranee superiori anche al 50 per cento dei punti di monitoraggio controllati, come nel caso del Friuli-Venezia Giulia. Il metolaclor, diserbante selettivo per mais, soia, barbabietola da zuc-chero, girasole e tabacco, è stato revocato in Europa nel 2003 ed è stato sostituito dall’S-metolaclor6, in cui è maggiore la presenza dell’i-somero S (biologicamente attivo). Siccome i laboratori analitici regio-nali non differenziano le due forme, in quanto non sono distinguibili me-diante le tecniche analitiche attual-mente disponibili, le concentrazioni misurate, pertanto, possono essere date dalla somma delle due sostan-ze rispetto alle quali la sostanza or-mai vietata può essere prevalente sempre un inquinamento dovuto al passato. La sostanza è stata lar-gamente riscontrata in tutta l’area padana.Diverso è il caso delle altre sostan-

ze rinvenute rispetto alle quali è importante considerare non tanto il dato relativo alla presenza della sostanze nelle acque superficiali e sotterranee, quanto la percentua-le di campioni che supera il limite massimo ammesso dalla legislazio-ne vigente. Il bentazoneQuesto erbicida di post-emergenza utilizzato nel riso, frumento, mais, pisello e soia, è stato sottoposto a limitazioni di impiego dal 1987, in seguito alla presenza di residui nel-le acque di falda destinate al consu-mo umano. La sostanza è presente sia nelle acque superficiali sia in quelle sotterranee. I residui sono presenti nel 17 per cento dei 321 punti di monitoraggio, e nel 10 per cento dei casi con valori superiori al limite di 0,1 μg/L, nell’8,1 per cen-to dei casi con valori superiori allo standard di qualità (Sqa). L’oxadiazon E’ un erbicida ad ampio spettro d’a-zione che trova impiego nel diserbo del riso e di altre colture. La sostan-za è autorizzata in Europa. Nelle acque superficiali è stato localiz-zato principalmente in nord Italia, nel 15 per cento dei casi analizzati. Il 6 per cento erano sopra il limi-te di 0,1μg/l, nel 2,2 per cento dei casi sopra al valore degli Sqa. Nelle acque sotterranee è presente nel 3,1 per cento delle 1.383 stazioni monitorate, in molti casi sopra al

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LITÀlimite di 0,1μg/l, nell’1,8 per cen-to dei casi con valori superiori allo standard di qualità. Il glifosate È un erbicida non selettivo impie-gato sia su colture arboree che erbacee e aree non destinate alle colture agrarie (industriali, civili, argini, scoline, ecc.). Nonostante sia una delle sostanze più vendute a livello nazionale e la sua presenza nelle acque sia stata abbondante-mente confermata anche da dati internazionali, il suo monitoraggio è tuttora effettuato solo in Lombar-dia, dove la sostanza e/o il meta-bolita Ampa sono presenti nel 90 per cento dei punti di monitorag-gio delle acque superficiali, sempre con concentrazioni oltre il limite di 0,1μg/l. Glifosate e Ampa sono le sostanze che più determinano il superamento degli Sqa nelle ac-que superficiali; meno frequente è la presenza delle due sostanze nelle acque sotterranee, la cui ri-cerca, come già detto, è limitata alla Lombardia. La sostanza è stata largamente riscontrata nelle acque superficiali, dove è presente nel 25 per cento dei 226 punti controllati, nell’8 per cento dei casi con con-centrazioni superiori a 0,1 μg/l. Il Cloridazon E’ stato riscontrato nelle acque superficiali, dove è presente nel 25 per cento dei 226 punti controllati, nell’8 per cento dei casi con con-centrazioni superiori a 0,1 μg/l, in 1 caso anche con valori superiori allo Sqa. Nelle acque sotterranee è presente nel 3,3 per cento dei 360 punti controllati.In conclusione, le concentrazioni delle sostanze attive sopra menzio-nate nelle acque, come si dichiara nel Rapporto stesso, sono spesso basse ed i livelli di contaminazio-ne sono ancora minori nelle acque sotterranee rispetto a quelle super-ficiali. I dati del monitoraggio dan-no comunque un quadro parziale della situazione in quanto i controlli non coprono l’intero territorio na-zionale, sono disomogenei se si paragonano le regioni del nord ri-spetto a quelle del sud ed anche i valori ai quali fanno riferimento i laboratori non sono armonizzati. Pertanto, il Rapporto dell’Ispra, se da un lato deve mantenere giusta-mente alta l’attenzione sul fenome-no, non deve essere interpretato in maniera strumentale per paventa-re un disastro ambientale imputato all’uso della chimica in agricoltura che non trova di fatto riscontro nei dati riportati nel documento stesso dell’Ispra.

Oneri meno pesanti, per le imprese particolarmente energivore, con il Decreto

firmato dai ministri dell’Econo-mia e dello Sviluppo economico lo scorso 5 aprile 2013. Anche le cooperative agricole, le imprese agricole e i consorzi agrari, che hanno elevati consumi energeti-ci per i propri processi produttivi, potrebbero rientrare nel “registro delle imprese energivore”. Le at-tese agevolazioni per le imprese ad alta intensità energetica saran-no mirate soprattutto sulle indu-strie di dimensione medio-piccola. A cambiare sarà direttamente il criterio base per redistribuire gli oneri fiscali e parafiscali, che come noto rappresentano una com-ponente significativa e oltretut-to crescente dei costi energetici. Il provvedimento introduce un nuovo concetto di azienda ener-givora, che d’ora in poi sarà iden-tificata in base all’incidenza del costo dell’energia sul proprio vo-lume complessivo d’affari, e non solo sull’ammontare del valore as-soluto dei costi energetici, come del resto prevedono le norme europee varate ben 10 anni fa. Le imprese selezionate, sulla base del citato Decreto ministeriale, saranno iscritte con i nuovi cri-teri in un registro delle imprese

Bolletta più leggeraPer imprese energivore

energivore, avranno dunque dirit-to ad agevolazioni sia sulle accise per l’energia complessivamente utilizzata nella loro attività sia sui cosiddetti oneri di sistema sull’e-nergia acquistata. Prossimamente sarà emanato un apposito rego-lamento, di quanto definito oggi in linea di massima, dall’Autori-tà per l’energia elettrica e il gas, che sarà chiamata a rimodulare gli oneri «in base ai nuovi criteri». Per ora si sa che le aziende con un costo totale dell’energia superiore al 3 per cento del fatturato avranno diritto ad agevolazioni sulle accise. E che le aziende con un rapporto tra costo della sola energia elettrica e fatturato superiore al 2 per cento godranno di oneri di sistema ridotti. Le riduzioni saranno applicate in maniera crescente proprio in base a tale rapporto e viene comun-que mantenuta una soglia minima di consumo energetico, pari a 2,4 gigawattora l’anno, compresa l’e-nergia diversa dall’elettricità, per l’applicazione delle agevolazioni. L’impegno formulato con l’articolo 39 del “decreto sviluppo” del giu-gno 2012 prende finalmente forma, anche se per trasformarsi in un atto pienamente operativo ci sarà biso-gno di un regolamento attuativo. Per maggiori informazioni, consulta il sito http://www.fattoriedelsole.org/.

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013 L’appello dell’Italia all’Europa:

sospendiamo il mais Ogm

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L Italia ha chiesto all’Unione Eu-ropea la sospensione d’urgen-za dell’uso, in Italia e nel resto

dell’Europa, del mais geneticamen-te modificato, il cosiddetto mais Mon810. La notizia è stata diffusa dal Ministero delle Politiche Agrico-le che, attraverso un comunicato, ha commentato la richiesta forma-le partita dal Ministero della Salute. Il ministro Balduzzi si è rivolto di-rettamente alla Commissione Euro-pea, affinché quest’ultima effettui una nuova valutazione completa del Mon810 alla luce delle ultime linee guida, definisca adeguate misure di gestione che dovreb-bero essere rese obbligatorie per tutti gli utilizzatori di tali Ogm e nel frattempo sospenda urgente-mente l’autorizzazione alla mes-sa in coltura di sementi di Mais Mon810 nel nostro Paese e nell’Ue. Un primo risultato della decisione italiana contro il mais Ogm è sta-to il respingimento della richiesta di messa a coltura di ibridi di mais geneticamente modificati, iscritti al catalogo comune, formulata dall’a-zienda agricola Dalla Libera Silvano con nota del 30 gennaio 2012. Si tratta - sottolinea la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza Brianza - di una scelta coerente con la neces-sità di scongiurare in Italia qualsi-asi rischio di contaminazione che va fatta rispettare con decisione

per salvaguardare un’agricoltura da primato a livello internazionale che si contraddistingue per qualità, sicurezza ambientale, e alimentare. “L’atteso sprint finale del Governo è avvenuto grazie al pressing delle Associazioni, dei Partiti e delle Isti-tuzioni unite nella coalizione Liberi da Ogm – ha spiegato Sergio Ma-rini, Presidente nazionale di Coldi-retti -. Nonostante le resistenze si è rafforzato il fronte dei cittadini impegnati nel tutelare l’agricoltu-ra e il territorio da forme di inqui-namento genetico per assicurare la competitività delle nostre pro-duzioni tradizionali e di qualità”. Non va dimenticato che, sul-la base dell`indagine Coldiret-ti-Swg, quasi sette italiani su dieci considerano oggi gli orga-nismi geneticamente modificati meno salutari di quelli tradizionali. E proprio a questo proposito, il ministro delle Politiche Agrico-le, Mario Catania, ha spiegato: “Quando parliamo della possibili-tà di coltivare Ogm in Italia, dob-biamo tenere ben presente che l’opinione pubblica, i consumatori e le stesse rappresentanze degli agricoltori hanno espresso una po-sizione negativa sulla questione”. “Abbiamo il dovere - conclude Ser-gio Marini - di essere particolarmen-te rigorosi, a tutela dei consumatori e degli agricoltori italiani”.

Caso aflatossine, nuova vita al grano

Il mais gravemente danneg-giato dalle aflatossine sarà utilizzato esclusivamente

per produrre energia rinnova-bile negli oltre 500 impianti a biogas della pianura padana. E’ quanto prevede l’accordo di filiera promosso dagli as-sessorati regionali all’agricol-tura della Lombardia, del Ve-neto e dell’Emilia-Romagna, con l’obiettivo di risolvere un problema che rischia di avere pesanti ripercussioni per l’a-gricoltura e la zootecnia del nord Italia. Ingenti quantità di mais, a causa delle pessime condizioni meteo climatiche della scorsa estate, presenta-no, infatti, caratteristiche che lo rendono non idoneo all’ali-mentazione umana e animale. L’accordo messo a punto dal-le tre Regioni permette di co-struire un percorso chiaro, trasparente e sicuro, in linea con le indicazioni fornite dal Ministero della Salute (del 16 gennaio 2013, del 22 gennaio 2013, e del 14 marzo 2013). L’accordo, valido per tutto il 2013, punta ad agevolare l’in-contro tra domanda e offerta, impegnando le parti a precise garanzie contrattuali, di prezzo e di programmazione del flusso di prodotto. Per aderire, ogni azienda interessata (sia per la parte agricola che per la parte dei biodigestori) deve sotto-scrivere un modulo disponibile nei siti web delle tre Regioni. Nei siti regionali sarà anche mantenuto l’aggiornamento delle adesioni e il monitorag-gio dell’iniziativa. Per maggio-ri informazioni, consulta il sito http://www.fattoriedelsole.org/.

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LITÀ

Carne di cavallo, inganno globale:adulterato quasi un prodotto su 10

Quasi un campione su dieci di quelli esaminati, è risultato adulterato dalla presenza di

carne equina non indicata in etichet-ta. E’ il risultato dei controlli condot-ti dal ministero della Salute dopo lo scandalo della carne di cavallo nei prodotti alimentari: su 454 campioni prelevati dai Nas, 33 sono risultati positivi per presenza di carne equi-na superiore all’1 per cento, che doveva essere dichiarata. Siamo di fronte ad uno scandalo senza pre-cedenti – commenta la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza – che ha truffato circa 30 milioni di con-sumatori che acquistano piatti pron-ti, danneggiato le ditte che si sono comportate correttamente e distrut-to il mercato della carne di cavallo in Italia. “Occorre fare immediatamen-te chiarezza sulle cause e i colpevoli per eliminare tutti i prodotti a rischio dal mercato, ma anche - sottolinea Sergio Marini, Presidente Nazionale di Coldiretti - per prendere le pre-cauzioni necessarie affinché questa situazione non si ripeta mai più per la carne e per tutti gli altri prodotti alimentari”. Una responsabilità che riguarda anche le Autorità pubbliche a livello nazionale e comunitario che ora devono recuperare il tempo per-

duto con interventi strutturali come l’obbligo di indicare la provenienza e il percorso degli alimenti in etichetta per farla conoscere ai consumatori e scoraggiare il proliferare di passaggi che favoriscono le truffe. “Siamo di fronte ad un inganno globale che - continua Marini - ha coinvolto an-che le più grandi multinazionali del settore che dovrebbero seriamen-te interrogarsi sui propri sistemi di controllo qualità e sulle politiche di approvvigionamento delle ma-terie prime adottate fino ad ora”. “E’ stato infatti smascherato - pre-cisa Marini - un giro vorticoso di partite di carne che si sposta-no da un capo all’altro dell’Euro-pa attraverso intermediazioni poco trasparenti che favoriscono il verificarsi di frodi ed inganni”. Le aziende alimentari dovrebbero ora valutare seriamente l’oppor-tunità di acquistare prodotti locali che offrono maggiori garanzie di qualità e sicurezza alimentare ed evitare lunghi, costosi ed inquinanti trasporti. Quanto alla ricerca di fe-nilbutazone, un potente anti-infiam-matorio, sono stati analizzati 323 campioni di muscolo equino e 51 campioni di sangue. In nessun cam-pione è stata rinvenuta la sostanza,

un potente farmaco anti-infiamma-torio, ma è chiaro che ciò non fa venir meno la gravità della situa-zione. Secondo Coldiretti, a causa della presenza di carne di cavallo spacciata per manzo, sono stati cir-ca 200 i tipi di differenti confezioni alimentari ritirate dal commercio in almeno 24 Paesi, situati soprattutto in Europa, ma anche in Asia e Ame-rica, con danni che hanno superato il miliardo di euro tra confezioni se-questrate e distrutte, cali nei con-sumi provocati dalla psicosi, costi dei maggiori controlli da parte delle istituzioni e delle aziende del setto-re e perdita di valore delle stesse. Secondo un’indagine Coldiretti/Swg si evidenzia che il 47 per cento degli italiani preferisce acquistare prodot-ti alimentari locali che offrono una maggiore garanzia nei confronti del-le frodi favorite dai lunghi trasporti e dalle troppe intermediazioni nel commercio dei prodotti alimenta-ri come dimostra lo scandalo della carne di cavallo. Secondo l’indagine Coldiretti/Swg ben il 65 per cento degli italiani si sente garantito da un marchio degli agricoltori italiani, il 16 per cento da quello della distri-buzione commerciale e appena il 9 per cento da uno industriale.

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Arrivederci Sistri: slitta tutto al 2014

E’ stato firmato il decreto mini-steriale che stabilisce le nuo-ve date di avvio del Sistri, il

sistema di tracciabilità dei rifiuti. La partenza ufficiale, preceduta da una fase di aggiornamento e di rial-lineamento dei dati, è prevista con scadenze progressive che, per le imprese agricole con meno di dieci dipendenti, spostano la data di av-vio almeno fino al 3 marzo 2014. Il primo termine per l’operatività è fis-sato, infatti, al 1° ottobre 2013 solo per le imprese che producono rifiuti pericolosi con più di dieci dipenden-ti e per le imprese che gestiscono rifiuti pericolosi, mentre, a partire dal 3 marzo 2014, il sistema do-vrebbe essere operativo per le altre categorie di soggetti obbligati. Re-sta la possibilità, dalla data del 1° ottobre, di utilizzare volontariamen-te la piattaforma informatica. Nelle more dell’entrata in operatività del

sistema, le imprese sono obbligati a tenure i registri di carico e scarico e dei formulari, sulla base delle di-sposizioni previgenti alle modifiche apportate con il decreto legislativo n.205/10. Con specifico riferimento alle imprese agricole che produ-cono o trasportano i propri rifiuti speciali pericolosi in modo occasio-nale e saltuario (precedentemente esonerate dall’iscrizione dal sistema ai sensi dell’articolo 39, comma 9 del decreto legislativo n.205/10), l’iscrizione deve intendersi sospesa fino all’entrata in operatività del si-stema per la categoria di riferimen-to, anche in considerazione della necessità che il Ministero, prima di tali scadenze, approvi il decreto con le specifiche procedure semplifica-te, secondo quanto previsto dall’ar-ticolo 6, comma 3 del decreto legge n.138/2011 e successive modifiche ed integrazioni.

Il Sistema di controllo dei rifiutiIl Sistri è il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti che nasce

nel 2009 su iniziativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Il progetto prevede l’informatizzazione dei

processi di gestione di rifiuti a livello nazionale. In ambito nazionale, l’idea nasce con la legge 27 dicembre 2006, numero 296. Con l’en-trata in vigore del decreto legislativo del 16 gennaio 2008, numero 4, viene stabilito l’obbligo per alcune categorie di soggetti, di utilizzo di apparecchiature elettroniche al fine di trasmissione e raccolta di informazioni sul ciclo dei rifiuti. La gestione del Sistri è stata affidata al Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’ambiente. Il decreto ministeriale 17 dicembre 2009 sancisce la nascita del Sistri. A maggio 2011, il collaudo generale del sistema porta risultati al di sotto delle attese: da quel momento l’entrata in vigore del Sistri è stata sempre prorogata.

Battagliasull’articolo 62

Per amor patrio non intendo aggiungere commenti ad una vicenda che per gra-

vità si commenta da sola. Una situazione come questa per come si è sviluppata sembra, più che altro, una parodia di quei bei film di Totò. E’ causti-co il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, nel commentare la polemica sorta sull’applica-zione dell’articolo 62, quella parte del Decreto sulle libera-lizzazioni che regola relazioni commerciali e tempi fissi di pa-gamenti tra le imprese, per rie-quilibrare il potere contrattuale lungo la filiera agroalimentare tra distribuzione e produtto-ri. Rispondendo a un quesito giuridico posto da Confindu-stria (gli industriali non hanno mai mandato giù la nuova nor-ma), il Ministro dello Sviluppo economico ha diffuso una nota secondo la quale la disciplina introdotta a livello nazionale dovrebbe considerarsi abro-gata. Un’opinione da conside-rarsi però infondata alla luce del principio generale, ribadito costantemente anche dalla giu-risprudenza di Cassazione, per cui una norma speciale non è abrogata tacitamente da una norma generale successiva che disciplina la stessa materia. L’articolo 62, infatti, detta nor-me sulle relazioni commerciali relative alla cessione dei soli prodotti agricoli e alimentari, anche con riferimento ai ter-mini di pagamento. La norma successiva introdotta per rece-pire la nuova direttiva Ue ha in-vece carattere di disciplina ge-nerale per tutte le transazioni commerciali. Non vale neanche richiamare la prevalenza del diritto comunitario sul diritto nazionale, perché la direttiva comunitaria consente il man-tenimento di norme nazionali più favorevoli ai creditori, come è appunto il caso dell’art. 62. Tale interpretazione è peraltro avvalorata dal Regolamento applicativo dell’art. 62 adottato dall’Antitrust, che non ha posto in dubbio la piena applicabilità della norma, anche con riguar-do ai termini di pagamento. Sulle stesse posizioni di Col-diretti, si è espresso anche il Ministero delle Politiche Agrico-le, che ha definito l’articolo 62 operativo e tuttora in vigore.

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Agricoltura e suolobinomio inscindibile

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Terra e territorio sono due ele-menti strettamente collegati tra di loro. L’agricoltura, quale

attività produttiva, non può fare a meno della terra e con la sua azione incide direttamente sul territorio. Lo stesso si può dire del territorio che, a seconda della gestione che ne viene fatta, influenza, vincola o facilita lo svolgimento dell’attività agricola. Non può quindi esistere agricoltura senza terra e non può esserci un buon territorio senza una buona agricoltura. L’agricoltura lombarda ha plasmato il territorio in cui oggi viviamo e ne ha fatto uno degli ambienti rurali più belli e produttivi al mondo. Fino agli inizi del secolo scorso, agronomi e in-gegneri idraulici venivano da tutto il mondo in Lombardia a studiare come i nostri agricoltori erano riu-sciti a creare un territorio agricolo di tale bellezza. Poi, nel Dopoguer-ra, sono arrivati gli urbanisti “mo-derni”, gli autori della ricostruzione e del boom industriale, e il nostro territorio è stato saccheggiato, vio-lentato, imbruttito. All’agricoltura è stata sottratta buona parte di un bene vitale e oggi sta rischiando di restare senza terra. Nel 2012 la re-gione Lombardia è infatti scesa sot-to la soglia psicologica del milione di ettari di SAU, un limite che solo 10 anni fa sembrava impensabile e invalicabile. Un esempio in negati-vo di questo processo è la provincia di Monza e Brianza, il cui territorio urbanizzato supera ormai il 60% di suolo disponibile. Ciò nonostante l’erosione di suolo agricolo non ac-cenna ad arrestarsi e si continua a guardare alle “grandi opere” quali Bre.Be.Mi., TEEM, Pedemontana come infrastrutture imprescindibili. Si fatica a porre un freno alle urba-nizzazioni, ai cambi di destinazione d’uso, alle autorizzazioni di aree commerciali poiché è luogo comu-ne pensare che il “mattone” sia un volano economico irrinunciabile per la nostra economia, oltre che per le

casse dei Comuni. Il risultato però è sotto gli occhi di tutti: un territorio cresciuto senza uniformità di rego-le, che spesso palesa uno scarso coordinamento tra Pubbliche Am-ministrazioni anche di Comuni con-tigui, punteggiato da aree dismesse affiancate da nuove urbanizzazioni, dove il recupero delle zone compro-messe resta una chimera. Per que-sti motivi, se da un lato è vero che l’agricoltura, nel momento in cui esercita la propria attività econo-mica, deve porre particolare atten-zione e rispetto nella gestione delle risorse naturali, è altrettanto vero che il ruolo della Pubblica Ammini-strazione nella gestione del territo-rio e nella sua corretta destinazione d’uso è fondamentale. Coldiretti da anni denuncia incessantemente e in tutte le sedi il depauperamento ed il degrado del territorio con il con-testuale “furto” di terra all’attività agricola. Negli ultimi anni, la nostra organizzazione ha cercato un’alle-anza con i cittadini consumatori per sensibilizzali sul ruolo fondamenta-le che l’agricoltura svolge sia per la produzione di cibo che per la tutela ambientale. Sino ad oggi, gli allar-mi lanciati da Coldiretti sono rimasti spesso inascoltati e questo perché il ruolo riconosciuto all’agricoltura è sovente ritenuto marginale. Re-centemente il professor Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità, parlando di costi e tagli della po-litica ha indicato il ministero delle Politiche agricole e forestali come uno dei possibili organi da tagliare, considerandolo inutile e demodé. Può essere che il professore abbia ragione, può darsi che l’agricoltura non sia più considerata un pilastro centrale della nostra economia, ma siamo certi che quando ad occupar-si della terra erano direttamente e principalmente gli agricoltori il no-stro territorio era più bello e più vi-vibile di oggi.

Luigi Simonazzi

L’Italia sempremeno verde

L’Italia ha perso negli ultimi ven-ti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abban-dono che ha tagliato del 15 per cento le campagne colpite da un modello di sviluppo sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello stesso arco di tempo. E’ l’allar-me lanciato dalla Coldiretti in occasione dell’Earth day. Ogni giorno viene sottratta terra agri-cola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) con il risultato che in Italia - sot-tolinea la Coldiretti - oltre 5 mi-lioni di cittadini si trovano in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni che riguardano ben il 9,8 per cento dell’intero territo-rio nazionale. Ad aumentare è anche - precisa la Coldiretti - la dipendenza degli italiani all’e-stero per l’approvvigionamento alimentare con la produzio-ne nazionale che nel 2012 è stata in grado di garantire ap-pena il 75 per cento del fabbi-sogno alimentare nazionale. Per proteggere il territorio ed i cit-tadini che vi vivono e garantirsi una adeguata disponibilità di cibo nel tempo l’Italia - sostiene la Coldiretti - deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fer-tile. Negli ultimi anni è cresciuta tra i cittadini la sensibilità verso questo tema – sostiene la Col-diretti -. Sempre piu’ spesso so-stengono con le proprie scelte di acquisto l’agricoltura ed i pro-dotti locali del territorio. Sono ventuno milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno fatto la spesa “salva clima” nei merca-ti degli agricoltori di Campagna Amica dove sono stati acquistati prodotti a chilometri zero.

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