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1 a recente campagna elettorale, con la sua “full immersion” tra la gente comune, e i conseguenti risultati delle urne ci consegnano 3 interessanti lezioni. 1. La sfiducia e la disaffezione di molti cittadini verso la politica non discendono da atteggiamenti qualunquisti e superficiali, ma spesso al contrario dall’a- vere seguito con attenzione certi temi, sui quali la politi- ca si è dimostrata disattenta e incoerente. La decisione di non votare, o di non votare più per l’area di provenienza (a Bologna quasi sempre il centrosinistra) deriva spesso da una constatazione consapevole, non da un generico atteggiamento di protesta. Di questo è bene tenere conto nel registrare il fatto che il PD a Bologna è sceso sotto il 40% (la som- ma DS e Margherita nel 2004 era del 43,4, e alle politi- che 2008 il PD aveva toccato in città il 49%), mentre i non votanti sono saliti ben oltre il 20% (passando dal 18,2 del 2004 al 23,7 odierno, ai quali va aggiunto anche il 2,5% che è andato ai seggi per votare sche- da bianca o nulla). Il primo avversario del PD e del centrosinistra in genere potrebbe essere non tanto il centrodestra, quanto il partito del non voto, che complessivamente ha raggiunto il 26%. 2. L’immagine che molti bolognesi hanno del PD, anche tra i suoi elettori, è quello di un organismo funzionale a garantire un futuro e uno stipendio ai pro- pri dirigenti. I quali infatti appaiono molto più occupati a controllare gli assetti interni che a guadagnare con- sensi esterni. Anche qui non si tratta di una illazione malizio- sa fondata su pregiudizi, ma sulla valutazione dei fatti. Davanti a risultati elettorali che hanno visto, a livello pro- vinciale, il PD perdere un elettore su quattro (da 323.000 voti PD di aprile 2008 ai 237.000 di giugno 2009), ma al contempo che hanno confermato quasi interamente l’assetto prefigurato a tavolino, con l’elezione dei fede- lissimi nei collegi sicuri, nei quartieri amici e nei comuni blindati, la segreteria e il gruppo dirigente hanno unani- memente espresso la loro soddisfazione. Poco importa poi che questi fedelissimi abbia- no spesso ottenuto risultati in calo rispetto al patrimonio di consensi ereditato dalla tornata precedente, mentre candidati più autonomi e intraprendenti, ma per questo giudicati “inaffidabili”, abbiano al contrario guadagna- to qualche punto: i primi, candidati su territori storica- mente orientati a sinistra, hanno beneficiato di una ren- dita di posizione che ha permesso loro l’elezione anche a fronte di perdite del 4, 5, e addirittura 10%. I secondi, relegati in collegi orientati al centrodestra, dove il PD partiva con un 15-20% in meno di consensi, anche avendo guadagnato qualche punto sono rimasti fuori. A cosa può riferirsi quindi la soddisfazione di un gruppo dirigente, se non nell’essere riuscito a garantirsi tra gli eletti una maggioranza di funzionari e uomini di apparato che hanno verso il partito un ruolo non di semplice lealtà, ma di autentica dipendenza, anche economica? Questo dunque il senso del “risultato importante e significativo” celebrato dai vertici PD: l’es- sersi assicurati la sopravvivenza indipendentemente dai risultati elettorali, e l’avere spostato sul bilancio pubbli- co i costi di parecchi stipendi altrimenti gravanti sulle casse del partito. Andrea De Pasquale segue a pag. 20 In questo numero: In questo numero: C’è del marcio in Danimarca: il rapporto fra donna e politica a cura di Cristina Malvi con interviste a S. Cuttin, S. Lembi, S. Noè e G. Tedde da p. 2 a p. 4 Welfare e dintorni: un mandato tutto da scoprire, Adria- na Scaramuzzino a p. 5 e cosa propone la Rete Unirsi da p. 6 a p.9 25 anni al Pettirosso: come cambia il mondo della tossi- codipendenza, Claudio Miselli a p. 10 Riforma dei quartieri: un obiettivo da non mancare, Andrea Forlani a p. 11 Attenzione parla Mosca: la rubrica Cittadini del mondo fa il punto sulla Russia, P.L. Giacomoni da p. 12 a p.14 GVC: Vietnam chiama Italia, Patrizia Santillo a p. 15 Acqua: merce o diritto? Giancarlo Funaioli a p. 16 e Appello Forum dell’acqua a p. 17 Le aree del mistero, ovvero le aree demaniali dimesse: un appello ai cittadini, Enrico Nannetti a p. 18 e 19 con la tabella delle aree Dignità e cittadinanza ESTATE 2009 NUMERO 36 L Il Mosaico n. 36

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Estate 2009

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a recente campagna elettorale, con la sua “fullimmersion” tra la gente comune, e i conseguentirisultati delle urne ci consegnano 3 interessanti

lezioni. 1. La sfiducia e la disaffezione di molti cittadini

verso la politica non discendono da atteggiamentiqualunquisti e superficiali, ma spesso al contrario dall’a-vere seguito con attenzione certi temi, sui quali la politi-ca si è dimostrata disattenta e incoerente.

La decisione di non votare, o di non votare piùper l’area di provenienza (a Bologna quasi sempre ilcentrosinistra) deriva spesso da una constatazioneconsapevole, non da un generico atteggiamento diprotesta.

Di questo è bene tenere conto nel registrare ilfatto che il PD a Bologna è sceso sotto il 40% (la som-ma DS e Margherita nel 2004 era del 43,4, e alle politi-che 2008 il PD aveva toccato in città il 49%), mentre inon votanti sono saliti ben oltre il 20% (passando dal18,2 del 2004 al 23,7 odierno, ai quali va aggiunto

anche il 2,5% che è andato ai seggi per votare sche-da bianca o nulla).

Il primo avversario del PD e del centrosinistra ingenere potrebbe essere non tanto il centrodestra,quanto il partito del non voto, che complessivamenteha raggiunto il 26%.

2. L’immagine che molti bolognesi hanno delPD, anche tra i suoi elettori, è quello di un organismofunzionale a garantire un futuro e uno stipendio ai pro-pri dirigenti. I quali infatti appaiono molto più occupatia controllare gli assetti interni che a guadagnare con-sensi esterni.

Anche qui non si tratta di una illazione malizio-sa fondata su pregiudizi, ma sulla valutazione dei fatti.Davanti a risultati elettorali che hanno visto, a livello pro-vinciale, il PD perdere un elettore su quattro (da 323.000voti PD di aprile 2008 ai 237.000 di giugno 2009), ma alcontempo che hanno confermato quasi interamentel’assetto prefigurato a tavolino, con l’elezione dei fede-lissimi nei collegi sicuri, nei quartieri amici e nei comuniblindati, la segreteria e il gruppo dirigente hanno unani-memente espresso la loro soddisfazione.

Poco importa poi che questi fedelissimi abbia-no spesso ottenuto risultati in calo rispetto al patrimoniodi consensi ereditato dalla tornata precedente, mentrecandidati più autonomi e intraprendenti, ma per questogiudicati “inaffidabili”, abbiano al contrario guadagna-to qualche punto: i primi, candidati su territori storica-mente orientati a sinistra, hanno beneficiato di una ren-dita di posizione che ha permesso loro l’elezione anchea fronte di perdite del 4, 5, e addirittura 10%. I secondi,relegati in collegi orientati al centrodestra, dove il PDpartiva con un 15-20% in meno di consensi, ancheavendo guadagnato qualche punto sono rimasti fuori.

A cosa può riferirsi quindi la soddisfazione di ungruppo dirigente, se non nell’essere riuscito a garantirsitra gli eletti una maggioranza di funzionari e uomini diapparato che hanno verso il partito un ruolo non disemplice lealtà, ma di autentica dipendenza, ancheeconomica? Questo dunque il senso del “risultatoimportante e significativo” celebrato dai vertici PD: l’es-sersi assicurati la sopravvivenza indipendentemente dairisultati elettorali, e l’avere spostato sul bilancio pubbli-co i costi di parecchi stipendi altrimenti gravanti sullecasse del partito.

Andrea De Pasqualesegue a pag. 20

In questo numero: In questo numero:

C’è del marcio in Danimarca: il rapporto fra donna epolitica a cura di Cristina Malvi con interviste a S. Cuttin,S. Lembi, S. Noè e G. Tedde da p. 2 a p. 4

Welfare e dintorni: un mandato tutto da scoprire, Adria-na Scaramuzzino a p. 5 e cosa propone la Rete Unirsida p. 6 a p.9

25 anni al Pettirosso: come cambia il mondo della tossi-codipendenza, Claudio Miselli a p. 10

Riforma dei quartieri: un obiettivo da non mancare,Andrea Forlani a p. 11

Attenzione parla Mosca: la rubrica Cittadini del mondofa il punto sulla Russia, P.L. Giacomoni da p. 12 a p.14

GVC: Vietnam chiama Italia, Patrizia Santillo a p. 15

Acqua: merce o diritto? Giancarlo Funaioli a p. 16 eAppello Forum dell’acqua a p. 17

Le aree del mistero, ovvero le aree demaniali dimesse:un appello ai cittadini, Enrico Nannetti a p. 18 e 19 conla tabella delle aree

Dignità e cittadinanza

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art. 3 della Costituzione italiana parla chiaro: com-ma 1 - Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale esono eguali davanti alla legge, senza distinzione di

sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,di condizioni personali e sociali.

E fin qui anche le costituzioni di altri Paesi (es. USA)affermano il medesimo principio, ma la Costituzione ita-liana passa da una uguaglianza formale ad una dichia-razione esplicita di uguaglianza sostanziale: comma 2 - Ècompito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordi-ne economico e sociale, che, limitando di fatto la liber-tà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno svi-luppo della persona umana e l’effettiva partecipazionedi tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economicae sociale del Paese.

L’asserto, in parole povere, suona così: tutti sonouguali, ma se per caso qualcuno non lo fosse per qual-che motivo, la Repubblica deve adoperarsi perchéquesti ostacoli siano superati.

All’art. 1 la Costituzione dice che “La sovranità appar-tiene al popolo”. Tutti sono peraltro d’accordo nell’af-fermare che il popolo è composto da uomini e donne.Dunque: gli italiani, a qualsiasi genere appartengano,sono tutti uguali e se non lo sono la Repubblica deverimuovere gli ostacoli che non li rendono uguali.

Ma non basta. All’art. 51 la Costituzione dice: “Tutti icittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedereagli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni dieguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. Atale fine la Repubblica promuove con appositi provve-dimenti le pari opportunità tra donne e uomini”. Ma noiparliamo ancora di “quote rosa” e giustamente molti dinoi storcono il naso quando sentono questa espressione.

L’Italia il 6 e il 7 giugno va alle urne, per eleggere irappresentanti al Parlamento europeo, province, città,quartieri. In particolare, a Bologna sono state presenta-te circa 7 liste nei quartieri e 26 liste per il Comune. Sisono proposti 13 candidati a sindaco. UNA SOLA LISTApresenta una candidata sindaco donna. Anche nellacompetizione per le primarie del PD non c’è stata nes-suna candidatura femminile. Dei 46 candidati sindacodella Provincia di Bologna le donne sono proposte soloin comuni di piccole dimensioni, al di sotto del 10-11.000abitanti. Ma allora sono i partiti, anche quelli “demo-cratici” che non permettono l’ingresso alle donne, chenon offrono pari opportunità? Il giuoco è detto, ma nonfatto?

Comunque vada, pertanto, il 6 e 7 giugno ci saràancora una volta un unico perdente: le donne, che nonhanno avuto spazio dal loro partito, perché il potere èun sostantivo di genere maschile.

Abbiamo sentito cosa ne pensano 4 donne impegna-te in politica a vario livello nella nostra città:

Giuseppina Tedde, candidata sindaco con la listaAltra Città.

Silvia Cuttin, candidata in Consiglio comunale nellalista del Partito Democratico.

Silvia Noè, candidata al Parlamento europeo nellalista UDC per la circoscrizione Nord-Orientale.

Simona Lembi, candidata al Consiglio provinciale peril Partito Democratico.

A cura di Cristina Malvi

Secondo la Sua esperienza, oggi la presenza delledonne nei partiti e nella politica può rappresentare

una risorsa con un valore aggiunto maggiore,rispetto a quanto può dare un uomo?

Se sì, in quali contesti all’interno di un partito questo siapplica?Se no, si verificano, per contro, ancora difficoltà a rispetta-re i tempi e il metodo di lavoro delle donne e perché?

Cuttin - È l’esperienza peculiare della vita che porta gene-ralmente una donna ad avere una visione più pragmaticae, allo stesso tempo più ampia: può quindi con naturalezzapassare dalle piccole alle grandi questioni. Questo perchéè solitamente abituata a seguire contemporaneamente lagestione della casa, della famiglia, dei figli; e il lavoro e, inaggiunta o in alternativa, a seconda del livello, la politica.Anche se molti uomini sono partecipi in queste attività fami-liari, è sulla donna che grava la maggior parte dei compi-ti, sia di gestione sia di cura. La donna è inoltre abituata aguardare fuori da sé, mentre l’uomo spesso è concentratomaggiormente su se stesso, sulla sua realizzazione persona-le. Credo quindi che la donna possa contribuire alle que-stioni politiche con un approccio diverso, proprio di chi èabituato a risolvere i problemi spiccioli momento permomento, pur con un occhio ad uno scenario più vasto ead una programmazione a lungo termine mettendo insie-me le diverse necessità e richieste.

Lembi - Penso che un Paese che non sa valorizzare lecompetenze e i talenti del 50% della sua popolazionerinunci ad una opportunità di crescita e di sviluppo. Nonso dire se una donna valga di più di un uomo o viceversa.I dati, però, ci dicono che le donne sono, storicamente,poco rappresentate. Sostengo con forza la scelta del par-tito a cui appartengo (Partito Democratico) di indicareliste paritarie sia per il Comune di Bologna sia per la Pro-vincia.

Noè - Io credo prima di tutto nel valore della persona aprescindere dal sesso. Detto questo, sono altrettanto con-vinta che su alcune tematiche, penso ad esempio a tuttoil mondo del volontariato e dell’associazionismo, le donnesono portatrici di una maggiore sensibilità e attenzionerispetto all’uomo.

Tedde - Partiti e politica non sono più capaci di mettereal centro del proprio agire la vita, i desideri, le passioni. Ledonne, se radicate nella propria differenza, sono necessa-rie a questo cambiamento e ad un ritorno di senso dell’a-gire collettivo.

Perché, secondo Lei, ancora oggi le donne difficil-mente arrivano ai vertici della politica, mentre stan-no raggiungendo più agevolmente i vertici azien-

dali?

Cuttin - Perché appunto sono delegate (o si autodelega-no) a occuparsi di tante cose e dunque non possono esse-re sempre presenti per confermare la loro posizione, la lorodisponibilità, la loro posizione. Vi è inoltre un atteggiamen-to di minore aggressività rispetto agli uomini; le donne nonvorrebbero essere aggressive né competitive per potersiaffermare, spesso finisce però che si ritrovano a doverlofare. Non so se nel lavoro sia più facile, la differenza trauomini e donne mi sembra si veda e si senta anche nellamaggior parte dei settori lavorativi.

Lembi - Non sono così convinta che sia davvero più faci-le per le donne raggiungere i vertici di un’azienda piutto-sto che quelli della rappresentanza politico-istituzionale.

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Cerco sempre di non utilizzare le eccezioni per spiegare lanormalità di una situazione. Di fatto, il soffitto di cristallo e,cioè, la difficoltà delle donne di raggiungere i vertici diuna qualsiasi dimensione pubblica, è ancora presente.Vale per tutte, l’atavica questione per cui la maternitàrappresenta sulla carta un alto valore sociale ma è, nellapratica, un ostacolo alla carriera. Sostengo da tempo lanecessità di questo Paese di attivare politiche che affie-voliscano questa contraddizione. Servono più servizi pub-blici (in particolare, nidi), interventi culturali che sostenga-no il desiderio delle donne di realizzarsi sul lavoro e,anche, una responsabilità nuova da parte degli uomini dioccuparsi paritariamente della sfera privata/domestica.

Noè - Io vengo dal mondo dell’impresa e nel mercatovale molto di più la genialità di un’idea che il sesso di chila propone e questo certamente offre alle donne mag-giori possibilità di ricoprire incarichi di alto livello. La politi-ca purtroppo ancora oggi risente di modelli legati a unaconcezione maschilista di gestione del potere e questo cipenalizza fortemente.

Tedde - La politica e le aziende hanno bisogno di donneemancipate, ma è su questo terreno che registriamo lanostra sconfitta. Azzardo: forse siamo noi donne emanci-pate che non ambiamo ad arrivare ai vertici di questapolitica, ma preferiamo agire nella concretezza dellenostre vite, con saperi e competenze.

In Italia è opportuna l’adozione delle quote rosa o disimili azioni positive per facilitare l’ingresso delle can-

didate nelle liste elettorali o sarebbe come ammette-re che, da sole, le donne non ce la fanno a sconfig-

gere pregiudizi e ruoli consolidati storicamente ovvero asuperare difficoltà nello svolgimento di compiti impostati supratiche quasi esclusivamente maschili?

Cuttin - Teoricamente non dovrebbe essere necessaria, inaltri paesi ci sono molte donne ai vertici politici, pur senzaesserci quote rosa. Da noi manca ancora una cultura checi permetta di farne a meno, quindi ritengo di sì, che l’a-dozione di quote rosa sia opportuna, Credo anche che ledonne non debbano accettare di essere candidate pro-forma, solo perché così figura una donna in più in lista. Seaccettano di candidarsi devono avere il serio obiettivo diessere elette. Che dire poi delle donne che votano perlo-più uomini? Penso che dovremmo porci qualche interro-gativo anche sui motivi per i quali una donna – se capace- non riesca a conquistare sufficiente fiducia da altre don-ne, che potrebbero votarla perché rappresenti anche - manon solo - i suoi problemi e le sue istanze di genere.

Lembi - Non sono le donne a non farcela a sconfiggerepregiudizi e ruoli consolidati storicamente, è la politicache, in Italia, non è riuscita a rappresentare pienamentele donne di questo Paese. Nel 1946, quando le donnevotano per la prima volta, raggiungono il 7,5% del totaledegli eletti. Nel 2001, diventano ben il 9,2%. La scarsa pre-senza delle donne nella politica e nelle istituzioni è undato che caratterizza il nostro sistema. Non è episodico. Anessuna donna piace entrare in una lista attraverso dellequote. E, tuttavia, sono necessarie correzioni di sistemaper invertire questa tendenza.

Noè - In linea di principio sono sempre stata contraria allequote rosa perché credo che il criterio di base nella scel-ta di un candidato debba essere legato alle sue capaci-tà piuttosto che ad un’appartenenza di genere. Ma poi-ché non posso pensare che ci siano così poche donne ingrado esprimere queste capacità, allora forse è bene

introdurre meccanismi che consentano l’avvio verso unarappresentanza più equa.

Tedde - Abbiamo sperimentato anche le quote, neabbiamo tratto vantaggi; ecco perché sperimentiamooggi la lista di donne che, a partire dalla nostra esperien-za, con competenza e passione propone un progetto dicittà per donne e uomini.

A cosa rinuncia una donna che fa carriera politica?

Cuttin -Personalmente, in questi anni ho rinuncia-to al tempo libero e al tempo per me stessa. Forse

qualcosa ho tolto anche alla famiglia, ma attraversol’attività politica credo di avere portato un arricchimentoculturale: penso ad esempio ai racconti, alle conversazionifatte la sera, a cena. O alla partecipazione ai momenti del-la comunità, ricchezza della vita di quartiere.Lembi A tutto quello a cui rinuncia anche un uomo: soprat-tutto tempo libero e cura degli affetti. Solo che questerinunce pesano di più sulle storie delle donne: tanto nellapratica, quanto nell’opinione pubblica.

Noè - Rinuncia a parte della sua famiglia. Se poi questadonna ha un lavoro in proprio come la sottoscritta, rinun-cia a molta parte della sua famiglia.

Tedde - Oggi forse fatichiamo a tenere insieme le sferedella vita ma non rinunciamo più

Quali sono i supporti indispensabili per casa, fami-glia, lavoro per potere dedicare tempo alla politi-

ca che di solito prevede incontri serali o in tardopomeriggio, fine settimana ecc.?

Cuttin - Penso che dipenda dal livello di partecipazionepolitica. Per un assessore sarà diverso che per un consiglie-re comunale. Molto importante è avere un marito presen-te con i figli, se la donna è spesso fuori per impegni serali.Per la gestione pratica quotidiana, la situazione è analogaper chi ha un impegno lavorativo di responsabilità: piùappoggi pratici si possono avere e migliore sarà la qualitàdella vita per l’intera famiglia.

Lembi - Sarebbe già sufficiente se la politica modificassele proprie pratiche, per esempio riducendo gli incontriserali.

Noè - Familiari comprensivi, collaboratori fidati e capacitàdi ottimizzazione dei tempi.

Tedde - Una umanizzazione dei tempi della politica, maanche una condivisione delle scelte nelle sfere famigliari,affettive, amicali.

Come ci si difende dal maschilismo dei colleghi dipartito, è ancora un metodo di offesa presente?

Lembi - Non sono così certa che alcune battu-te di colleghi siano pensate come maschiliste o

come offesa. In ogni caso, raramente lascio correre.

Noè - Premettendo che con i miei colleghi ho un buonrapporto, che la competizione, quando è leale, è un otti-mo “energizzante” e che il collega “maschio” deve sem-pre essere letto come uno stimolo, quello che per me èdavvero importante al di là dei maschilismi, è ascoltare edare risposte concrete ai bisogni dei cittadini.

Tedde - Con la consapevolezza di sé e umanizzando lapolitica con le relazioni.

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Gli avversari politici giocano la leva maschilista comearma non palese?

Cuttin - Ho avuto pochissime esperienze di vita di parti-to finora. Sono stata eletta come indipendente nella listaCentrosinistra per il Quartiere Santo Stefano, provenienteda una militanza “civica”; sono entrata nel PD come mem-bro fondatore, con l’idea di costruire qualcosa che avesseun radicamento e una rappresentanza nuova. In questabreve esperienza di vita di partito, non ho riscontratomaschilismo, così come non ne ho riscontrato nella miaattività di consigliere di Quartiere.

Lembi - Il centro–destra, storicamente, ha meno dimesti-chezza con una rappresentanza diffusa delle donne neipropri partiti. Presenta, tuttavia, qualche abilità in più nelnascondere questa evidenza, promuovendo alcune don-ne ai vertici, come risulta anche dalla copertura mediati-ca che, sempre più di frequente, evidenzia l’abilità delledestre di valorizzare le donne. Non è così. I numeri sonomolto chiari. Anche oggi, nel Parlamento italiano il 30%delle donne sono del PD, il 20% del PDL

Noè - Può darsi ma non è un elemento che mi condizio-na.

Tedde - Avversari politici e non, palesemente e non ,agi-scono il proprio maschilismo se non hanno elaborato laparzialità della propria differenza sessuale.

C’è una figura politica nella storia italiana a cui si è ispi-rata o che rappresenta per lei un modello?

Lembi - In genere, tutte le donne che sono riuscite arompere stereotipi consolidati nel tempo. Non mi chiedadi sceglierne una sola! Argentina Altobelli, sindacalista storica. A capo dellaFederterra, nel 1903 tiene a Pesaro la prima conferenza ita-liana sul divorzio. Rifiuta di entrare come ministro in uno deiprimi governi Mussolini, dicendo: “la vera riappacificazioneè il ripristino della libertà”.Anna Maria Mozzoni, per l’altissimo dibattito sul valoresociale della maternità nel nostro Paese.Anna Kulishov per l’impegno, fin dal 1912 (in sede di dibat-tito sul suffragio universale), al sostegno del diritto di votoalle donne.Teresa Mattei, tra le fondatrici dei Gruppi di Difesa delledonne, alla base di un modello molto pratico di concepirela politica (nel 1943, in pieno conflitto bellico, le donne deigruppi di difesa chiesero un Paese nuovo, non sulla base diun pensiero generico, ingenuo, come ci si poteva aspetta-re da chi non aveva mai agito sulla scena pubblica, masulla base di rivendicazioni molto precise: dignità nel lavo-ro, parità di salario, tutela della maternità, istruzione per ifigli, accesso a tutte le professioni e, ancora, diritti sociali,civili e politici).Se posso aggiungere, anche se non italiane, ho trovatomolto coraggiose Karita Bekkemellem , ex ministra delGoverno di Oslo, che ha sancito l’obbligo per i consigli diamministrazione delle aziende di una debita rappresen-tanza femminile e Carme Chacon, ministra della Difesa delgoverno Zapatero, in visita alle truppe in Iraq con il pancio-ne. Oggi, Aung San Suu Kyi, leader birmana: vince nel 1990le elezioni, ma viene relegata per anni in casa dal governomilitare. Non ha mai smesso di lottare per la libertà del suoPaese.

Noè - Mio nonno Silvio e mia madre.

Tedde - Ho fatto riferimento a molte donne che con la

propria storia e la propria passione politica mi hanno nutri-ta, ne cito qualcuno: Vittorina Dal Monte, Tina Anselmi,Carla Lonzi, Lidia Menapace. Ancora di più sono le donneun po’ meno note ma che continuano a essere un puntodi riferimento costante.

Nel suo percorso personale di politica, c’è qualco-sa di particolare, legato al suo essere donna, che

le ha dato una gratificazione che ricorda conpiacere?

Cuttin - Credo che alcune delle idee, dei progetti che hoattivato in questi anni di mandato come consigliere ma,più ancora, come coordinatrice della commissione urbani-stica e ambiente, sia in modo particolare legato alla capa-cità di ascolto che noi donne abbiamo rispetto agli uomi-ni. E penso a quei progetti che prevedono il coinvolgimen-to dei cittadini nella cura del proprio territorio. Sono riuscitaa formare gruppi di persone che, pur non conoscendosi tradi loro prima, avevano l’obiettivo comune di vivere bene ein armonia con il proprio ambiente urbano. Un esempio ditale partecipazione attiva è rappresentato dall’esperienzadel giardino di via del Piombo, uno spazio progettato eriqualificato dopo esserne stati discussi gli utilizzi e gli arredicon i cittadini. Questo “sentirsi ascoltati” e il conseguentedare risposte concrete, ha fatto sì che le persone continui-no a essere disponibili a dedicare anche poco del lorotempo e delle loro energie in semplici ma importanti atti dicompartecipazione come può essere aprire e chiudere uncancello, monitorare le frequentazioni, intervenire senecessario di fronte a comportamenti non corretti. Sonogruppi eterogenei: uomini e donne, giovani e meno giova-ni; un clima di amicizia, di attenzione per gli altri, di positivi-tà che si è creato e che per continuare deve essere, cometutte le relazioni, coltivato e valorizzato.

Lembi - L’aver promosso l’accordo con tutti i Comunidella provincia a sostegno di Casa delle donne per nonsubire violenza; dal 2006 ad oggi ogni Comune del territo-rio ha una posta in bilancio per azioni di contrasto alla vio-lenza. La cifra è calcolata in base al numero delle abitan-ti. L’accordo è triennale.

Noè - La solidarietà di tante famiglie nelle mie politiche dicontrasto alla droga e alla pedofilia.

Tedde - La consapevolezza di non essermi mai smarritadal mio essere donna.

Nel suo percorso personale di politica, c’è qual-cosa di particolare, legato al suo essere donna,che le ha dato una delusione così forte che non

può dimenticare?

Lembi - La mancata sottoscrizione dell’accordo di cui hoappena parlato da parte del Comune di Monteveglio.Ancora non capisco come siano riusciti a fare questascelta. In ambito nazionale, ho trovato inspiegabile la cancellazio-ne, nella Finanziaria 2009 da parte del Governo Berlusconi,del fondo di 200 milioni di euro destinato ad azioni di con-trasto alla violenza contro le donne. Non c’è coerenza trauna retorica di governo che si impegna contro la violenzae una pratica che cancella quei finanziamenti che posso-no, di fatto, promuovere azioni per contrastarla.

Noè - Quando mi dicono che sono “anche intelligente”.

Tedde - Il negativo della politica mi ha insegnato a starelontana dalla miseria simbolica agita a tutti i livelli.

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cinque anni dell’amministrazionedel Sindaco Cofferati sono staticaratterizzati da grandi cambia-

menti e molte polemiche che hannoattraversato la città di Bologna, impe-dendo forse di cogliere appieno leopere e le attività che si sono realizza-te. Forse con lo sguardo un po’ di par-te, ma sempre critico, spero di potereillustrare quali progetti maggiormentehanno caratterizzato la innovazioneper rispondere alle aspettative di chinella primavera del 2004 con entusia-smo aveva dato fiducia ad un nuovocorso per Bologna.

Quando si parla di cambiamentiin una città è d’obbligo tenere inconsiderazione la popolazione chevive su un determinato territorio. E’importante valutare quale è la com-posizione della popolazione, per pre-disporre attività e servizi che siano ingrado di dare risposte, piuttosto cheservizi belli da immaginare ma pocofunzionali. Immaginare i servizi peruna città così complessa e con tantetradizioni da rispettare non sempre èfacile e si corre il rischio di sovrappor-re cose nuove a esperienze già moltoconsolidate nel tempo, per timore didispiacere e per non essere capaci diridisegnare le nuove risposte in unalogica di maggiore efficienza.

E certamente Bologna è una cittàche ha visto crescere in questo perio-do la popolazione immigrata , checostituisce oramai l’8% delle presenzesul nostro territorio, ma anche le pre-senze di persone anziane, non soltan-to gli ultra-sessantacinquenni chesuperano le centomila presenze incittà, ma anche la popolazione deigrandi anziani che, nella fascia di etàtra gli 80 e i 90 anni, sono più a rischiodi compromissione per la salute, maanche per la solitudine, per le fragilitàche possono accompagnare la lorovita quotidiana.

Lo sportello sociale

Se devo ricordare un progettoche si è realizzato nel corso di questianni e che certamente ha pensato alcittadino prima di tutto devo eviden-ziare lo sportello sociale. La presenzacioè in ogni quartiere di un luogo,con un orario di apertura sempre piùesteso, che possa dare delle risposteai cittadini che chiedono quali sono iservizi che il Comune di Bologna met-te a disposizione, di quali serviziegli/ella ha diritto di fronte ad unasituazione di difficoltà e chi si prende-rà cura della persona che ha biso-gno. Questa sentita esigenza diconoscere cosa si fa di fronte ad unanecessità e anche di sapere qualiprofessionisti ( assistente sociale, edu-catore professionale, pedagogista,ecc.) potranno seguire il caso nontrovava sino ad ottobre del 2008 unarisposta unificata. Le persone, ancheanziane o disabili che avevano unproblema, dovevano peregrinare traluoghi diversi, anche solo per essereinformati. Ora si sono uniformateanche le informazioni che riguardanoi servizi sanitari e quelli che mettono incampo il volontariato o le impresesociali private.

Il regolamento sui servizi sociali

Non è stato semplice giungere aquesta realtà, accompagnataanche dalla emanazione di un rego-lamento sui servizi sociali del Comuned Bologna, che disegna la tipologiadei servizi, ma anche illustra i diritti diciascun cittadino. La riforma in ordi-ne alle deleghe dei servizi sociali aiQuartieri è stata un’altra tappaimportante che si è realizzata nel cor-so di questo mandato e, certamen-te, dovrà essere maggiormente affi-

nata nel corso degli anni, ma è indi-scusso che ha dato seguito ad unapromessa elettorale, della maggioreimportanza e del significato dei terri-tori, perché non va dimenticato chei nostri Quartieri hanno la dimensionedi comuni come S. Giovanni in Persi-celo o Imola. Per oltre due anni si èlavorato per raggiungere questo pri-mo obiettivo e sia pure con la consa-pevolezza che saranno necessari altriaggiustamenti, è innegabile che si èripreso un percorso iniziato negli anni’80 e poi trascurato.

Insediamenti abusivi

Una realtà sconcertante che laGiunta Comunale ha dovuto affron-tare dall’inizio del mandato è stata lapresenza di numerosi insediamentiabusivi di stranieri provenienti o dallaex Jugoslavia e dalla Romania. Sitrattava di realtà diverse tra di loro,che, tuttavia, accomunavano perso-ne sfortunate costringendole a viverein situazione di forte degrado, con-temporaneamente incutevano pau-ra e rabbia ai cittadini costretti aduna convivenza forzosa.

Ferrotel, le ex-scuole Ada Negrierano, invece, immobili che, occu-pati a vario titolo, costituivano unavera bomba al loro interno per lapromiscuità in cui le persone eranocostrette a vivere, sorte di bolgieinfernali, che la Giunta Guazzalocaaveva tollerato non trovando unavera soluzione.

Le scelte operate dal Sindacosono certamente state discusse e cri-ticate, ma è mancato forse l’infor-mazione su quanto è stato realizza-to: tutte le strutture sono state chiu-se, compreso i campi profughi diSasso Marconi e Castelmaggioreaperti negli anni ’90 e poi quasidimenticati.

Abbiamo chiesto ad Adriana Scaramuzzino, Assessore alle Politiche Sociali e Vice-Sindaco di Bologna fino al gennaio 2009, di descrivere brevemente alcune delle emergenze che si è trovata ad affrontare in questi anni ed elencare i progetti ed i provvedimenti per affrontarleche ritiene abbiano caratterizzato il suo operato.

SScceell ttee ffaatttteeper una città che cambia

I

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Premessa

nche i territori fino a qualche tempo fa risparmiati dalle crisi ciclichecome il centro-nord e l’Emilia Romagna, in particolare, sono oggiinvestiti dalle conseguenze della crisi economica e dall’insufficienza

delle risorse pubbliche per fronteggiarla, con un Governo centrale del tuttoinadeguato che intende scaricarne gran parte del peso sugli enti locali.

Il governo del territorio, la funzione delle istituzioni regionali e locali diven-tano perciò fondamentali per mantenere un sistema sociale attivo a soste-gno dei cittadini. Ciò si riflette sui programmi di governo locale che devonoprontamente adeguarsi alla nuova realtà

Il nodo centrale e propedeutico da sciogliere prima di predisporre qual-siasi programma pluriennale per Bologna, su qualsiasi tema, è quello di chia-rire e definire insieme qual è l’ “IDEA DI CITTA’” che vogliamo attuare, ed ilriferimento strategico è la dimensione metropolitana da attivare medianteuna processo di riforma istituzionale e di riorganizzazione delle funzioni digoverno del territorio, attraverso un ampio processo partecipativo.

Tale obiettivo deve costituire, ovviamente, parte qualificante e prioritariadel programma di ogni candidato Sindaco.

Il sistema di welfare per la nuova città metropolitana deve porsi l’obietti-vo di creare e mantenere condizioni di vita che garantiscano a tutti i citta-dini, senza alcuna distinzione, il rispetto del diritto di ognuno ad una esisten-za dignitosa e, quindi, l’accesso, a parità di condizioni, ai servizi predisposti atale scopo. Il Comune deve perseguire questo obiettivo promuovendo,sostenendo e coordinando l’impegno di tutta la comunità, nella sue variecomponenti, in un sistema integrato di “welfare society”.

Strumenti indispensabili, a questo riguardo, sono:– Il quadro di riferimento rispetto al quale il Comune può e deve operare

rappresentato in particolare da quanto programmato e disposto dal “PianoSociale e Sanitario 2008-2010” approvato dalla Assemblea Legislativa dellaRegione Emilia-Romagna in data 22/5/ 2008, dalle due L.R 12/3/2003, sullepolitiche sociali, e L.R. 23/12/2004, sulle politiche sanitarie, e, infine, daidecreti e piani attuativi ad essi collegati ed in via di definizione vedi http://www.saluter.it/wcm/saluter/sanitaer/ssr/programmi/PSSR/page.htm

– I Quartieri (o, meglio, la loro trasformazione in municipalità ed inseri-mento nella Città Metropolitana ) che devono rendere l’Istituzione presentee attiva nel territorio e vicina ai cittadini che, del sistema di welfare, sonocontemporaneamente attori e beneficiari. Il coordinamento dei servizi in”area vasta”, che superi i confini quindi del singolo Comune, deve tenereconto della dislocazione dei luoghi di vita e di lavoro, che non sempre coin-cidono con il territorio comunale, e deve tendere ad utilizzare tutte le risorse

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““LLaavvoorroo ++ ccaassaa ++ ssaalluuttee””=

“dignità e cittadinanza”UNIRSI, rete di associazioni, gruppi e cittadini,

ha coinvolto componenti e persone direttamente impegnatenei diversi settori interessati ad un sistema di welfare

a misura della comunità cittadina per fornire un contributodi idee e proposte da presentare ed attuare

nel corso del prossimo mandato amministrativo

Le famiglie che hanno aderito adun progetto proposto dai ServiziSociali hanno intrapreso un percorsodi regolarizzazione, con l’aiuto dioperatori dei servizi e delle coopera-tive sociali coinvolte; alle personeche intendevano rimanere a Bolo-gna veniva offerta la consulenzalegale per valutare le opportunitàper uscire dalla illegalità; tutti i bam-bini sono stati vaccinati e iscritti ascuola; con le donne sono stati effet-tuati colloqui per favorire i controllimedico sanitari e per sostenere i per-corsi di avviamento al lavoro. Allachiusura dei campi non c’è stata maila televisione o i giornalisti, ma abbia-mo rispettato le scadenze che ave-vamo dato ai residenti dei luoghidove abbiamo operato la nostrasperimentazione. All’appello delMinistro Maroni di prendere leimpronte ai bambini rom abbiamopotuto rispondere, nel settembre del2008, che non avevamo più campirom, ma cittadini europei che vive-vano in case con il sostegno delComune. Questa esperienza non èfinita qui, perché le emergenze abi-tative potrebbero riguardare tantepersone ancora e un progetto perstrutture di transito è ancora in via direalizzazione per il nostro territorio.

Consulte di Quartieredegli immigrati

Il 2 dicembre del 2007 c’ è stata laprima prova generale di rappresen-tanza dei cittadini stranieri nonfacenti parte della Comunità Euro-pea. A costoro il nostro Stato nonriconosce alcuna rappresentanza,eppure esige che paghino le impo-ste come gli italiani, che faccianovergognose file per ottenere il per-messo di soggiorno, pure a paga-mento e chiede che preghino insilenzio e senza farsi notare. La realiz-zazione delle Consulte di Quartieredegli immigrati in cui gli stranieri pos-sano esprimere parere o dare sugge-rimenti è stata la risposta che Bolo-gna ha dato per contribuire alla inte-grazione di chi vive assieme a noi,rappresentando una popolazione dioltre 30.000 persone.

È stato un punto di partenza mal’affluenza alle urne e la presenza dimolte donne elette ci ha dato l’im-pressione che queste siano le soluzio-ni per la pacifica convivenza e per lavalutazione dei problemi reali, piutto-sto che le ronde, i censimenti, le clas-si ponte o altre originalità mai inqua-drate in un disegno complessivo chesono la caratteristica della discrimi-nazione.

Adriana Scaramuzzino

A

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7Il Mosaico n. 36

disponibili, integrandole ed ottimizzandole efficace-mente (Piani di Zona).

– Il coordinamento/integrazione fra le istituzioni cheoperano nel territorio – Comuni, ASL, ASP,…- e con lerealtà sociali – sindacati, categorie, associazioni, enti -con la eventuale creazione di strutture funzionali (osser-vatori, conferenze territoriali e di distretto, cabina diregia, tavoli di lavoro, aree di servizi integrati, reti infor-matiche etc.) che favoriscano la puntualità e la effica-cia degli interventi.

– Il sistema di welfare non può ridursi, quindi, ad unasomma di provvidenze per i più “poveri”, anche sedeve affinare la sensibilità della città alle situazioni di“povertà” che si vanno man mano creando nellacomunità anche a motivo delle vicende sociali, politi-che ed economiche.

D’altra parte, la povertà in Italia rimane una gravequestione sociale e Bologna, famosa per l’efficienzadella sua rete di servizi sociali e strutture sanitarie, non èpurtroppo esente da questo fenomeno, seppure inmisura minore del resto d’Italia. Infatti i poveri, i soggettia rischio di povertà e la condizione di disagio a Bolognasono in aumento, ed i servizi specifici offerti sono forte-mente in crisi anche a causa della progressiva riduzionedelle risorse disponibili a fronte di una forte crescita del-le necessità.

La situazione attuale

I senza fissa dimora e i senza reddito possono esserecalcolati, attualmente, in circa 1000 persone; gli anzia-ni soli (a Bologna su 374.460 abitanti a fine 2007, sono29.248 gli anziani di 65 anni e oltre che vivono soli, diquesti 22.900 sono DONNE e gli ultraottantenni sono13.352), corrono il rischio di diventare invisibili per il feno-meno dell’emarginazione (per esclusione o per auto-esclusione); le famiglie, primo e a volte unico veroammortizzatore sociale, sono le più colpite dal declinoeconomico e dal processo di impoverimento; gli immi-grati regolari, (circa 78.000), fanno fatica ad integrarsi; icassaintegrati (attualmente 15.000) e i precari, sonouna categoria destinata ad aumentare; così comeaumentano il disagio giovanile ed il numero degli excarcerati e di coloro che passano per il CPT.

SINTESI SCHEMATICA DI ALCUNEPROPOSTE OPERATIVE

Innanzi tutto Bologna deve riprendere quel ruolo diprecursore, di leadership che ha avuto in passato inambito nazionale, che possa mostrare alle altre realtàlocali come si possano combinare efficienza ed effica-cia anche in questo campo.

Per raggiungere questo obiettivo si dovrà ritornare adare ascolto, dignità e visibilità ai professionisti ed allestrutture esperte che sono state per anni la punta di dia-mante a livello nazionale in questo settore e occuparsiin particolar modo dei minori e delle famiglie.

1) Assessorato Unico “Sanità e Sociale”Costituire un unico assessorato per “sanità e sociale”

che abbia come obiettivo primario anche se non esclu-sivo di:

● ampliare le forme di sostegno alle famiglie poverenumerose;

● riformulare gli indici ISEE, (Indicatore SituazioneEconomica Equivalente) applicando ad es. gli “indica-tori di Laeken” della Comunità Europea;

● riaffrontare le problematiche del CPT; ● incrementare l’assistenza domiciliare ai soggetti

deboli, in particolare anziani e disabili, con infermieri/edi famiglia e attraverso le organizzazioni di volontariato;

● potenziare il servizio di pronto soccorso e favorire lacreazione di ambulatori territoriali aperti 24 ore su 24;

● dislocare WC in luoghi e numero adeguati (per l’I-giene e civiltà di una città che vuole essere europea);

● fornire un servizio stabile di ospitalità notturna,reperire quindi locali idonei e volontari disposti a gestiretale attività (apertura, chiusura, vigilanza, ecc.);

● creare l’anagrafe di una residenza virtuale, maformale, per i senza fissa dimora per l’accesso comun-que alle prestazioni sanitarie (avviene nel comune diFirenze)http://shaker.roma.it/index.php/articoli/view_art/184.html;

● promuovere un Osservatorio Metropolitano Infan-zia e Adolescenza per valorizzare competenze diffusestrutturali e mettere in luce le relazioni fra un bisogno ela risposta;

● favorire iniziative del tipo “Semplice”, Sportello Poli-funzionale per il cittadino, teso a mettere il cittadinostesso ed i suoi bisogni al centro dell’intera azioneamministrativa, costituisce l’opportunità per consolidarela già avviata esperienza positiva dello Sportello Socia-le;

● istituire gli “Sportelli per le famiglie” anche in colla-borazione con altri enti ed istituzioni anche confessiona-li (vedi ad es. esperienza a Torinohttp://www.comune.torino.it/progettofamiglia/sif.htm);

● attivare e potenziare i “Comitati di Controllo dellaQualità dei Servizi”, il “Tribunale del Malato”, affidati acittadini che si iscrivano a liste comunali o di quartiereetc.;

● realizzare un “Pensionato Sociale” successivo allestrutture di prima accoglienza che invece spesso sonodi fatto un “cronicario”, cioè strutture dove gli ospitirimangono in pratica a tempo indeterminato, peggio-rando progressivamente;

● attuare il “Piano di Comunicazione contro l’Esclu-sione Sociale” più volte predisposto ed aggiornato, main parte notevole rimasto sulla carta;

● applicare la Legge Regionale 1/2000 sui servizi perl’infanzia, con il “servizio domiciliare” anche autogestitoper gruppi condominiali o di azienda;

● utilizzare le nuove tecnologie per una assistenzadomiciliare diretta con l’aiuto di mediatori (studenti,volontari) che ne consentano l’uso efficace anche peranziani, inesperti, etc. (vedi ad es. il Progetto Data);

● attivare una “Commissione per la riduzione dell’-handicap”;

● rivalutare e rivisitare i centri anziani ed il loro possi-bile utilizzo per la promozione di una nuova “coscienzapubblica” e per la facilitazione della integrazione e col-legamento multiculturale;

● approfondire i progetti ed i percorsi per la “secon-da accoglienza”, in modo da fare uscire le personedalla continua emergenza, dedicando risorse econo-miche specifiche procurate anche con “tasse di sco-po” mirate;

● revisionare e potenziare il sistema di controllo suprevenzione e salute, estendendolo in particolare agliimmigrati regolari che svolgono i lavori più pericolosiche gli italiani non vogliono più fare;

● attivare un efficace servizio legato al rilevamentoe trattamento del disagio psichico, sia dei giovani chedegli anziani, potenziando la prevenzione e l’interventosul territorio: solitudine, emarginazione, isolamento,povertà.

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2) Assessorato “lavoro e Formazione”Istituire un Assessorato al “Lavoro e Formazione”

che si occupi, fra l’altro, di:● costituire un Tavolo Lavoro Metropolitano, con tut-

ti i soggetti pubblici e privati, per costruire un processoguidato di transizione verso e nel mondo del lavoro del-le persone in situazione di svantaggio;

● elaborare politiche di equità fiscale sul territorioper rafforzare la tutela a favore dei lavoratori cassa-integrati e semplificare l’accesso al fondo regionaleper la disoccupazione e per la riqualificazione dei lavo-ratori;

● favorire l’accesso al Microcredito Grameenanche attraverso l’individuazione di varie forme di pos-sibili facilitazioni temporanee o permanenti per la crea-zione di micro imprese che prevedano, tra l’altro, l’at-tenuazione di un peso burocratico amministrativo spes-so disincentivante;

● snellire e “sburocratizzare” al massimo le praticheche gravano sulle imprese;

● organizzare, anche tramite i Quartieri, conCooperative Sociali (vedi ad es. la Coop Sociale “Ver-so Casa”) un programma di reinserimento lavorativoper ex carcerati o carcerati;

● estendere esperienze del tipo “Progetto Papillon”tramite borse lavoro concesse a carcerati di lungadurata impiegati prevalentemente nella consegna dipasti a domicilio e nei Centri diurnihttp://www.carceriemiliaromagna.it/wcm/carceriemil-iaromagna/sezioni_laterali/progetti/prog_cas.htm;

● definire un Patto Sociale Territoriale per la valoriz-zazione di buone prassi di responsabilità sociale d’im-presa per l’inclusione sociale e lavorativa;

● aumentare l’uso delle cooperative di tipo B finaliz-zate all’inserimento dei lavoratori svantaggiati, tramitela destinazione specifica di quote fisse di appalti asse-gnati, comunque, con gli stabiliti criteri di legalità e tra-sparenza;

● predisporre Protocolli di Intesa e Accordi di Pro-gramma tra Amministrazioni Pubbliche, CooperativeSociali, Sindacati, Associazioni di categoria per l’affida-mento alle cooperative sociali di inserimento lavorativodi forniture e servizi congrui a garantire l’occupazionedelle fasce più deboli (L. 381/91);

● estendere per un secondo anno gli assegni per icassa-integrati (da 12 a 24 mesi);

● costituire un “Fondo di solidarietà” a cui contribui-scono Comuni, Fondazioni, Banche;

● istituire tasse di scopo che consentano di collega-re direttamente la contribuzione ai servizi erogatiampliando e qualificando il sistema dei servizi;

● contrastare gli effetti della crisi attraversol’adozione di strategie non occasionali basate su studidi fattibilità e sulla sperimentazione di un modello dieconomia etica che valorizzi le risorse locali, la parteci-pazione attiva delle persone, l’implementazione e mes-sa a sistema di attività ad alto valore sociale erelazionale e a basso impatto ambientale. Operativa-mente, sostenere l’implementazione e la diffusione diattività che rientrano in una logica di sostenibilità ambi-entale e di economia etica iniziando con il sostegno eil potenziamento di quelle già esistenti sul territorio(banca del tempo, mercatino dell’usato, gruppi diacquisto solidale (g.a.s.) - per alimentari ma anche perl’acquisto dei prodotti alle migliori offerte -, microcred-ito Grameen, accordo con commercianti per pac-chetti spesa, lastminute market, moneta libera, comu-nità energetica a distribuzione distribuita, ecc.). Paral-lelamente, promuovere nella cittadinanza l’adozionedi stili di vita e comportamenti che favoriscano il

risparmio energetico, la riduzione dell’inquinamento,l’aumento del benessere sociale“

● rivedere l’addizionale comunale IRPEF a favoredelle famiglie numerose (con 5 o più membri) e di don-ne sole con figli (monoreddito) con redditi inferiori a limi-ti da definire;

● collegare i nuovi Sportelli Sociali con gli SportelliLavoro e i Centri per l’Impiego;

3) Politiche per la CasaVisto l’aumento esponenziale dei nuclei familiari che

si rivolgono al Servizio perché strozzati da affitti privatiinaffrontabili, attuare una politica abitativa che si svilup-pi a partire da:

● potenziare ulteriormente il “Fondo sociale affitti”,già funzionante, ma insufficiente a coprire le crescentinecessità;

● svolgere una funzione di coordinamento istituzio-nale relativamente allo Sportello antisfratto con SUNIA eSICET che già lo gestiscono gratuitamente (Bologna è la7° città in Italia per sfratti per morosità);

● aumentare la quota delle case in autogestione,con l’assistenza del Comune, per il Gruppo Apparta-mento Uomini Adulti, possibilità che viene già offerta aBologna in modo insufficiente;

● aprire uno “sportello di ascolto”, in aiuto agli stu-denti universitari fuori sede, usufruibile anche dai lavora-tori precari, per affrontare il grave fenomeno degli affit-ti in nero;

● creare Reti di “Reciproco Interesse”: legameanziani-studenti nell’ambito di uno o più condomini,con scambi di servizi e riduzione corrispondente dicanoni di affitto, parziale assistenza ad anziani in cam-bio quindi di una presenza e vigilanza sociale virtuosareciproca;

● estendere agli altri Comuni della Provincia il previ-sto Piano straordinario di edilizia destinata all’affitto, darealizzarsi con il contributo determinante dei Privati edella Cooperazione;

● modificare l’approccio culturale all’abitare pro-muovendo il diritto alla casa non come bene di investi-mento privato ma come bene d’uso;

● recuperare, oltre alle caserme dismesse, le case egli stabili abbandonati e contribuire al ripristino igienico-sanitario dei locali malmessi favorendo il recupero delpatrimonio pubblico per la casa (L. 178/92, art. 4);

● redigere un serio censimento delle case sfitte in tut-to il territorio provinciale, e promuovere norme perincentivare l’affitto a prezzi calmierati attraverso age-volazioni fiscali-tariffarie ai proprietari che affittano afamiglie sfrattate, famiglie numerose, gruppi apparta-mento ecc.;

● realizzare uno o più Alberghi Popolari, gestiti in viaistituzionale o in assegnazione a cooperative sociali;

● attivare un programma di affitti su base trienna-le/quinquennale per pagamento di affitto a giovani sin-goli o coppie che sulla base dei risultati ottenuti all’uni-versità o nella imprenditoria dimostrino di potersi inserirein modo organico nel tessuto economico e sociale delquartiere ….con eventuale rimborso da effettuare neglianni.

4) Integrazione emigranti● Programmare e attuare un grande progetto per

l’integrazione dei migranti, partendo dal potenziamen-to della “Consulta Comunale degli stranieri e degliapolidi” per coinvolgere sui temi collettivi le comunitàdegli stranieri residenti, per conoscere e capire megliole loro esigenze e per sostenere insieme lo sviluppo soli-dale della nostra comunità;

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● riconoscere ll diritto di voto ai cittadini stranieri;● Attivare una fattiva collaborazione tra l’Assessora-

to alla Cultura e quello alle Politiche Sociali per orga-nizzare iniziative (es. settimane culturali) riguardanti leciviltà con cui condividiamo la città, le scuole e il lavo-ro, allo scopo di favorire l’inclusione “culturale” degliitaliani che si sentono minacciati dal “diverso”, provan-do a dare un respiro europeo ad una nuova idea dicittadinanza;

5) Decentramento e PartecipazioneUn sistema di Welfare giusto ed efficace non può

essere costruito e funzionare se non viene contestual-mente o, addirittura, preliminarmente, creato un razio-nale e trasparente contesto di decentramento e fortepartecipazione nell’ambito del quale il welfare si svilup-pa, trova risorse economiche ed umane, passa attra-verso le necessarie approfondite verifiche di funzionali-tà e correttezza.

● Bisogna pensare ad una Città Policentrica, “multi-piazze”, dove i quartieri/comuni progettino il proprio ter-ritorio in ottica integrata, culturale, socio-sanitaria,ambientale, ecc. Una Città costituita da molti poli, for-temente connotati tematicamente e autosufficientirispetto ai servizi, realizzando in modo compiuto il siste-ma integrato di interventi e servizi sociali previsti dalla L.328/2000 nel quadro di un vero decentramento deipoteri verso i quartieri, rivisti e reinseriti nel contesto del-la città metropolitana, con adeguate deleghe e com-petenze definite etc.;

● attivare le “Istruttorie Pubbliche” formali, comeprevisto dallo Statuto Comunale su vari temi, con obbli-go di relazioni finale, presentata in occasione di incontrie dibattiti pubblici ai cittadini, etc.;

● aprire i Consigli di quartiere agli studenti fuori sede;programmare per studenti “seminari di osservazioneurbana” al fine di promuovere un monitoraggio di areedi loro presenza o interesse e produrre proposte utili per

gli amministratori per gestire e riconnettere il tessutosociale sul territorio;

● valorizzare i Piani di Zona come opportunità perrealizzare la complementarietà fra democrazia rappre-sentativa e democrazia partecipativa;

● prevedere accordi/protocolli operativi fra i servizi,approvati in sede amministrativa e, quindi, resi stabili;

● promuovere l’attività di coordinamento, monito-raggio e verifica della qualità dei servizi erogati su tuttal’area metropolitana;

● ridefinire gli Accreditamenti e le Convenzioni conenti pubblici e privati legati alle prestazioni per giovani,anziani, malati etc., sottoponendoli a sistemi e comitatidi controllo indipendente, formati da cittadini-utenti;

● razionalizzare l’informazione al cittadino, special-mente se anziano o disabile, oltre i patronati e le Urp,individuando, ad esempio fra gli studenti, dei “media-tori informatici e di collegamento” che forniscano aisoggetti deboli che vivono nel loro palazzo o strada unaiuto diretto a rapportarsi con le istituzioni che fornisco-no servizi, informazioni, supporto etc.;

● realizzare concretamente ed in modo razionalestabile la rete dei “Vigili di quartiere”, definendonecompiti e poteri.

Il rapporto dell’Amministrazione con la città e il coin-volgimento dei cittadini dovrebbe prevedere uno “stru-mento di verifica” periodica (es. quadrimestrale), attra-verso i Quartieri, per la valutazione dei progetti in corsodi realizzazione: qualsiasi Amministrazione può incon-trare difficoltà o rallentamenti, ma deve spiegarne imotivi al proprio interno ed ai cittadini, nonché valutarestrumenti di correzione del proprio operato.

Documento redatto dal “Gruppo di Lavoro Welfare del-la rete UNIRSI”, coordinato da Alfonso Principe

SS ii aa mm oo tt uu tt tt ii ii mm mm ii gg rr aa tt ii ……«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l´acqua, molti di loro

puzzano perchè tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno edalluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono adavvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito indue e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Traloro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengonoutilizzati per chiedere l´elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uominiquasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticanoa mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, vio-lenti. Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici ma perchè si è diffusala voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dallavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, nonhanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensanodi vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali».

«Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti madisposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che lefamiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita granparte di questa prima relazione, provengono dal sud dell´Italia. Vi invito a controllare i documen-ti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».

Dalla relazione dell´Ispettorato per l´Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani

negli Stati Uniti, Ottobre 1912

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l fenomeno tossicodipendenzaha subito un profondo cambia-mento nei 25 anni di vita de IL

PETTIROSSO.Si è creata una profonda divari-

cazione tra la tossicodipendenza daeroina o comunque da oppiacei e inuovi stili di vita e di assunzione disostanze, che sono sempre più social-mente accettati e che non vengonopercepiti come tossicodipendenza intutta la loro problematicità.

La tossicodipendenza da eroina,solitamente abbinata a emarginazio-ne, problematiche sanitarie e psichia-triche, disgregazione umana e socia-le è, oggi, sempre più caratterizzatada persone in situazione di degradosociale altamente marcata: senza fis-sa dimora o provenienti da regionilontane, rapporti completamenteinterrotti o inesistenti con i famigliari,rapporti scarsamente significativi oinesistenti con i servizi pubblici, eleva-ti tratti di multi-problematicità, poli-dipendenza da sostanze (alcool, eroi-na, farmaci sostitutivi), aspetti antiso-ciali con fortissimo disturbo nel rap-porto con gli altri e con la vita civile ingenerale, interazione violenta conl’ambiente sociale e forte grado diaggressività verso la città che li portaad attuare comportamenti antisocia-li di tipo delinquenziale.

Si deve registrare, inoltre, che leproblematiche mediche gravi,soprattutto sul fronte delle malattieinfettive (TBC, Hiv, epatiti e patologiea trasmissione sessuale), le problema-tiche giudiziarie e la mancanza dirisorse economiche e sociali rendonoestremamente problematico il reinse-rimento al termine del percorso direcupero.

La mentalità dello sballo

D’altro lato, nell’ultimo decennio èenormemente aumentato il numero digiovani con stili di vita che prevedonoanche l’uso di sostanze e che non sirendono conto del fattore di rischioassociato a tali comportamenti.

Comportamenti che toccanomaggiormente giovani e giovanissi-mi, più frequenti nei fine settimana eabbinati al divertimento e al piacere,spesso con abuso di alcool o uso didroghe stimolanti e che rientrano inuna diffusa mentalità dello sballo.

Mentalità contraddistinta da abu-so di alcool in giovanissimi (si inizia giàdai 12 anni), uso di “cannabis” comediffuso comportamento giovanile,assunzione di extasy, anfetamine,eccitanti, consumo delle cosiddette“smart drug” (sostanze che aggiranoi divieti delle tabelle degli stupefa-centi), uso di cocaina vista come stru-mento di successo.

Mentalità agevolata, se nongenerata, dalla mancanza di verieducatori in una società dove trionfail “relativismo” e che vede l’eclissi divalori etici condivisi e il diffondersi di“cattivi maestri”: adulti con atteggia-mento “giovanilista”, sempre pronti ascusare i giovani attribuendo, con unmisto di invidia e desiderio, ognieccesso alla loro età, nella quale tut-to è permesso; politici indulgenti neiconfronti dell’uso di sostanze stupefa-centi che disquisiscono sulla presuntainnocuità della “cannabis”; ammini-strazioni che in nome della libertàavvallano ogni comportamento deigiovani; “idoli” del mondo dello spet-tacolo che incentivano, con la pro-pria immagine, ogni sorta di trasgres-sione.

Si condanna così la famiglia ad uncompito quasi disperato: riuscire,nonostante tutto, a sorreggere i figliadolescenti nel cammino di crescitaverso la vita.

Questo è il cambiamento profon-do avvenuto in questi 25 anni: c’èuna minor percezione del problemadroga che è, invece, in forte espan-sione.

Quali linee politiche suggerire?

Innanzitutto tenere separati le dueproblematiche, affrontando il proble-

ma della tossicodipendenza da eroi-na con interventi sul piano delle poli-tiche sociali che sappiano mettere alcentro la “persona” passando dallastrategia della “riduzione del danno”alla filosofia del “prendersi cura”.

Prevedere un accompagnamen-to sociale di uscita dall’emarginazio-ne che si prolunghi oltre il percorso incomunità terapeutica fino a quandola persona non abbia raggiunta unasufficiente autonomia.

Per questo è necessario che lepolitiche sociali si spostino da un’otti-ca di semplice “welfare state” (intesocome intervento assistenziale) ad unacrescita verso la “community care”,cioè all’attivazione di tutte le risorsedel territorio che possono esprimeresolidarietà.

Percorso complesso che richiede-rebbe ingenti investimenti ma cheavrebbe un ritorno positivo non solo intermini di umanità ma anche in mag-gior risparmio e in maggior sicurezzapercepita dal cittadino.

L’intervento sul problema mentali-tà dello sballo e nuovi stili di consumoda parte di tanti giovani va affronta-to, invece, in un’ottica di prevenzionee deve essere svolto rigorosamentesu un piano educativo senza coinvol-gere l’aspetto tossicodipendenza,perché chi mette in atto questi com-portamenti autodistruttivi non si consi-dera “tossico” né è considerato tale.

Inutile, peraltro, illudersi di poterincidere sul fenomeno con campa-gne informative sugli effetti nocivi del-l’uso di sostanze. Campagne infor-mative inutili, se non dannose, perchéil desiderio di trasgressione e di supe-ramento del limite, unito al senso dionnipotenza e immortalità dell’ado-lescente, provocano il giovane a sfi-dare tali pericoli.

La controprova è fornita dalle sta-tistiche sul fumo da sigarette: non-ostante l’evidenza clinica che correlafumo e tumore ai polmoni, il 22% degliitaliani fuma.

Il problema è complesso e non sipuò affrontare con scorciatoie sem-plificative.

Il problema va affrontato sul pianoeducativo.

Bisogna che se ne facciano cari-co genitori, insegnanti, educatoridandosi nei confronti dei giovanilinee educative che promuovano ilvalore della relazione e dell’aiutoreciproco, l’onestà nel riconoscere ipropri limiti e nell’accettarsi, la consa-pevolezza del valore che ognunorappresenta per sé e per gli altri esoprattutto il senso della responsabili-tà personale nel costruirsi la propriavita.

Claudio Miselli

Fra i tanti, un crescente dramma per la società italiana è il fenomeno dellatossicodipendenza. Migliaia e migliaia di giovani e meno giovani, perfino

ragazzi, cadono in questa illusione e scendono poi via via in un baratro dacui è difficile risorgere. Alcuni ne escono grazie al lavoro, alla dedizione ed

all’amore che loro dedicano persone come Claudio Miselli cui abbiamochiesto di raccontarci la sua lunghissima esperienza a “IL PETTIROSSO”

««FFaabbeerr eesstt ssuuaaeeqquuii ssqquuee ffoorrttuunnaaee»»Ciascuno è artefice del proprio destino

I

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a riforma politica del decen-tramento, pur costituendo unodei punti cardine del proprio

programma, è stato uno degli obiet-tivi mancati dall’Amministrazioneuscente: il fatto è grave per duemotivi.

Il primo motivo è legato all’impor-tanza pratica che una riforma diquesto tipo avrebbe avuto: l’argo-mento, infatti, lungi dall’essere mate-ria meramente teorica o altamentespecialistica, rappresenta il cuoredelle modalità concrete del governoquotidiano e del coinvolgimento inesso del maggior numero possibile diprotagonisti.

Intervenire su quel punto, attra-verso un’opera riformistica vera,coraggiosa e moderna, avrebbesignificato dare a questa città, adormai più di cinquant’anni dal LibroBianco di Dossetti, strumenti nuovi didecisione e di partecipazione, supe-rando congegni ormai obsoleti edaffogati nelle sabbie mobili dellaburocrazia.

Il secondo motivo di rammarico èche tale fallimento non ha ragionioggettive: erano presenti tutte lecondizioni politiche e programmati-che perché a quel risultato si potessee si dovesse arrivare.

È mancatala volontà di riforma

Si sono vissuti i primi due anni emezzo senza una figura politica diriferimento all’interno della Giunta:ed è stato tempo perso.Si è passato il tempo restante con unAssessore che si è seriamente impe-gnato e che aveva imboccato ladirezione giusta ma che, eccezionfatta per i Presidenti di Quartiere, nonè stato seguito da nessuno.

In un quadro di per sé già mortifi-cante non ci si è voluto far mancarela desolante scena finale di un pro-getto di mini-riforma presentato a tresettimane dalla chiusura dei lavoridel Consiglio comunale all’unico

scopo di poter chiosare, a destra e asinistra, che, purtroppo, era mancatoil tempo.

Nel frattempo, però, di novità alivello di decentramento ce ne sonostate, essendosi assistito ad un robu-sto processo di localizzazione periferi-ca di competenze e di risorse.

Sono arrivate ai Quartieri nuovecompetenze nel campo dei servizialla persona: d’ora in poi ci si occu-perà non solo degli ultra sessantacin-quenni, ma di tutti i cittadini bisogne-voli di assistenza, adolescenti, adultio anziani che siano.

Sono argomenti di grande impor-tanza politica (basti pensare ai temilegati ai minori, alle disabilità, al dis-agio psichico) e, in apparenza, avvi-cinarli al territorio, calarli in prossimitàdegli utenti parrebbe una novitàpositiva.

In realtà, però, a fronte, comedetto, della mancanza di una rifor-ma dal punto di vista politico, questoprocesso di decentramento non solorisulta essere una mera operazione didelocalizzazione burocratica, marischia altresì di rendere ancor piùconfusa una situazione già prece-dentemente caotica.

Queste nuove deleghe, infatti,non incidono sulla parte politica, masolo su quella amministrativa, questenuove risorse non incidono sui bud-get dei Quartieri, ma rimangonogestiti dal centro, questi nuovi poterinon riguardano i Consigli circoscrizio-nali, ma i Dirigenti.

Parimenti si rende ancor più ibridala figura di un Presidente che, purnon essendo eletto direttamente daicittadini e, dunque, pur non avendouna legittimazione popolare perso-nale, all’interno di alcuni consessiimportanti per quanto concerne lelinee strategiche (Comitato di Distret-to) e la ripartizione delle risorse (Con-ferenza dei Presidenti) sarà chiamatoad esprimere i propri orientamenti.

Il quadro che si sta delineandoper il prossimo futuro, dunque, èoggettivamente preoccupante e

mette seriamente a rischio la linearitàdell’azione amministrativa delegataai Quartieri.

Una importante sfidaper la nuova Ammini-strazione Comunale

Perciò, sarà imprescindibile che lanuova Amministrazione comunalemetta immediatamente mano allaquestione e licenzi, fin dalla primissi-ma parte del mandato, alcuni prov-vedimenti che, almeno per quantoconcerne le linee di indirizzo proget-tuali e il sistema dei controlli sui servizierogati, consentano agli organi poli-tici del Quartiere di poter svolgere ilruolo a loro delegato dagli elettori.

È fatto indispensabile ma, certa-mente, molto lontano da quell’ideadi riforma che nel 2004 ci si era impe-gnati a condurre in porto: per essabisognerà attendere altri cinqueanni.

Non è possibile, infatti, pensare dimutare l’attuale assetto territorialedei Quartieri (risalente al 1985 e oggi,dopo 25 anni, abbondantementeobsoleto), il loro numero (sovradi-mensionato rispetto al futuro assettometropolitano) e gli strumenti di coin-volgimento e partecipazione dei cit-tadini (ampiamente inadeguato allenuove esigenze e disponibilità), sen-za nuove elezioni che dovrebberocoinvolgere anche il Comune.

Sommando gli anni passati equelli che ci attendono, dunque,possiamo serenamente calcolaredue lustri perduti: un tempo impor-tante.

L’auspicio è che si sia coscienti diciò e che le scelte future partanodalla consapevolezza che le decisio-ni importanti per il futuro di una cittànon hanno un colore politico prede-finito né riguardano i destini persona-li di chi, temporaneamente, si trova aricoprire un determinato incarico:solo tale consapevolezza potrebbeconsentire di ricordare nomi qualiquelli di Dozza e Dossetti senza l’im-barazzo di una profonda inadegua-tezza.

Andrea Forlani

Il problema dell’assetto istituzionale e del decentramento nel contesto del-l’area metropolitana è, da una parte, cruciale per lo sviluppo della città e,dall’altra, uno dei temi più dibattuti senza poi arrivare ad alcuna soluzione

concreta ed incisiva. Anche durante il mandato comunale appena conclu-so se ne è discusso a lungo, ma il traguardo è lontano.

Abbiamo chiesto ad Andrea Forlani, Presidente del Quartiere Santo Stefano,di farci il quadro della situazione dal suo punto di vista.

QQuuaarrtt iieerr ii ::croce e delizia

L

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nimanie, vnimanie: gavarìMoskva...Attenzione, attenzione: parla

Mosca…Dopo il completamento del pro-

gramma di ricerche e di volo, lanave spaziale sovietica Vostok 1° hacompiuto un felice atterraggio nellazona prestabilita entro i confini dell’U-nione Sovietica, alle 10,55 (8,55 oraitaliana) del 12 aprile 1961...»

Yuri Levitàn, speaker di RadioMosca, la voce ufficiale delle notiziesensazionali, annunciava al mondola conclusione del volo nello spaziodel primo cosmonauta della storia:Yuri A. Gagarin. La notizia, comesempre, venne data a cose fatte: ilpotere non accettava fallimenti.

Il cosmonauta, 27 anni, avevacompiuto un’orbita intorno alla Terradella durata di 88 minuti. Durante ilviaggio, la sua voce, captata in Ita-lia, fu udita dire: «La vista è meravi-gliosa... la terra è azzurra!»

Poi era sceso, ad un certo puntos’era lanciato col paracadute nellavasta pianura russa, vicino agli Urali,dove era stato accolto da quelli delluogo con pane e cipolla.

L’URSS, allora, era all’apice dellasua parabola: il Paese più arretratod’Europa, nel 1917, s’era trasforma-to in poco più di 40 anni, in unasuperpotenza; più di un terzo dell’u-manità, da Trieste a Vladivostok,viveva nel socialismo; nel Terzo Mon-do, che stava emancipandosi,Mosca era un polo d’attrazione;all’Ovest milioni di comunisti vede-vano nel Paese dei Soviet la dimo-strazione che la Rivoluzione d’otto-bre aveva vinto; gli stessi successidell’URSS, propagandati in tutto ilmondo da Radio Mosca, erano laprova che l’America e il suo imperoavrebbero avuto filo da torcere. La“Guerra Fredda” si trasferiva nellospazio e gli americani, rispetto ai rus-si, erano indietro.

L’URSS si sgretola

Trent’anni dopo, tutto questo eraun pallido ricordo: l’URSS si scioglieva;i russi divennero qua e là una mino-ranza da discriminare; la stessa Fede-razione sembrò a rischio di frantuma-zione in decine di micro-Stati in guer-ra tra loro, col pericolo che il podero-so arsenale, fatto anche di armi ato-miche, venisse ceduto al miglior offe-rente purché pagasse. A quasi ven-t’anni da quegli eventi è, forse, possi-bile fare un quadro di una situazionein continuo movimento.

Ciò che è rimasto dell’URSS è pursempre il più grande ed esteso Paeseal mondo, con una superficie di oltre17 milioni di Kmq, coricato su duearee continentali: una europea, al diqua degli Urali e una asiatica, al di là,fino all’Oceano Pacifico. Un Paeseconfinante con l’area più nevralgicadel mondo d’oggi, il Medio Oriente,e in Asia, con la più rampante super-

Cittadini del mondo: Russ ia

Ascesa e caduta di una grande potenza che, dopo la caduta del muro,rinasce piena di ombre e contraddizioni. Il mondo intero è curioso di capire come evolverà,ma un po’ forse dipende anche da quanto si riuscirà a tenere viva ed aperta l’informazione.

PPiiaanneettaa RRuussss iiaa“Questo il mondo non lo saprà!”

«V

DATI GEOGRAFICI

Nome ufficiale: Federazione russaSuperficie: 17.075.400 Kmq.Popolazione: 142.8 milioni di abitanti (ONU, 2008) Densità: 8,3 ab.*kmq.Capitale: Mosca (10.600.000 ab. (2005) Lingua prevalente: russo.Religioni più praticate: Cristianesimo ortodosso, Islam Speranza di vita alla nascita: Maschi, anni: 59 Fem-mine, anni: 73 (ONU) Unità monetaria: rublo suddiviso in 100 copechi (Per ogni euro occorrono oggi circa 45 rubli)Prodotti d’esportazione: petrolio e derivati, gas natura-le, legname e derivati, metalli, prodotti chimici, armied equipaggiamenti militari.PIL Pro capite: USD 7.560 (Banca Mondiale, 2007)Dominio internet: .ru

Capo dello Stato: Dmitrij A. Medvedev (7.5.2008).Capo del Governo: Vladimir V. Putin (7.5.2008).

Ordinamento dello Stato:la Russia è una repubblica Presidenziale federale. Lesue numerose unità amministrative godono di diversigradi di autonomia.Il potere legislativo è esercitato da due camere: laDuma di Stato e il Consiglio della Federazione.La Duma si compone di 450 membri eletti con unsistema elettorale proporzionale che prevede unosbarramento del 7%.Il Consiglio della Federazione si compone di 178 dele-gati, due per ognuno degli 89 soggetti amministrativi.Il Presidente della Federazione ha considerevoli poteri:in particolare può emanare decreti immediatamenteesecutivi e può sciogliere la Duma.Recenti riforme costituzionali hanno allungato il man-dato del Presidente da quattro a sei anni, mentrequello della Duma s’allunga d’un anno.

Suddivisione amministrativa.La Federazione russa si compone di 89 soggetti congradi differenti d’autonomia.

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potenza, la Cina; una “tigre di car-ta”, come han sempre detto i cinesi,con enormi risorse minerarie e unapparato industriale, smantellato for-se troppo precipitosamente da unprocesso di privatizzazione che amolti è sembrato una svendita. Unterritorio vasto, ma spopolato, suddi-viso in undici fusi orari: quando aMosca si fa colazione, a Vladivostoksi cena. Un popolo, quello russo, purse abituato a vivere in ristrettezze,notevolmente impoverito anche se inegozi sono pieni.

Fin dall’inizio, la Russia fu unarepubblica presidenziale quasi senzacontrappesi.

Il Presidente della Federazione,attorniato da un’amministrazionepoderosa, assunse progressivamentepoteri quasi illimitati. Al punto che nel‘93 si arrivò allo scontro frontale conla Duma, camera bassa, la cui sede(la Casa Bianca) fu presa a canno-nate.

Questa tendenza si rafforzò ulte-riormente negli anni di Putin (2000-08)in particolare con le elezioni del 2003che consegnarono a Russia Unita, ilpartito del Kremlino, il controllo del-l’assemblea. In questo quadro, for-malmente costituzionale e democra-tico, il potere divenne considerevol-mente autoritario con una magistra-tura debole ed una corruzione dila-gante.

Ciò ha di fatto impedito l’indivi-duazione di mandanti ed autori distragi come quella del TeatroDubrovka o della scuola elementaredi Beslan o dei numerosi omicidieccellenti di avvocati e giornalistiimpegnati nella difesa dei dirittiumani.

Forte, certo, di un consensopopolare, ma anche di un apparatodi polizia piuttosto invadente, Putinha cercato di sopprimere tutte le for-me di opposizione organizzata e diinformazione non addomesticata: i

mass-media, a parte qualche giorna-le, sono tutti filogovernativi.

L’FSB, erede del potente KGB,controlla e sorveglia. [si tratta delFederal’naja Služba Bezopasnosti,cioè dei Servizi federali per la sicurez-za della Federazione Russa n.d.r.]

Putin al potere

L’ascesa del colonnello del KGBVladimir V. Putin fu rapida: salì allaribalta nel 1998, divenendo uno deicollaboratori più influenti di Boris Elt-sin, che nel ‘99 lo nominò Premier epoi gli affidò la Presidenza ad interim.Nel 2000 e nel 2004 vennero le dueelezioni vinte con largo margine.

Per otto anni, potere e popolaritànon fecero che crescere: al puntoche vi fu anche un certo “culto dellapersonalità”. Putin, grazie a uno stiledi comando assai energico, talvoltasenza scrupoli, ottenne il sostegnodei media. Il suo obiettivo, fin da subi-

In particolare vi sono: 21 Repubbliche autonome, 46province, 9 regioni autonome,4 circondari autonomi, una provincia autonoma, duecittà federali (Mosca e San Pietroburgo).Nel 2000 sono stati aggiunti sette distretti federalicome nuovo strato amministrativo tra il Governo cen-trale e i diversi enti locali: i distretti sono retti dagovernatori generali nominati dal Cremlino. Nel 2004,dopo la strage di Beslan in cui morirono 350 persone,tra cui molti bambini, il Presidente Putin impose unalegge che rendeva di nomina governativa anche icapi delle amministrazioni locali.Ultimamente, però, la Duma ha adottato una leggeche rende di nuovo elettive le cariche regionali (pre-sidenti, governatori, sindaci).

Gruppi etniciLa Russia conta circa 160 differenti gruppi etnici chesi identificano con altrettante famiglie linguistiche.Secondo il censimento del 2002, il 79,8% della popo-lazione è di lingua russa, seguito, in ordine di gran-

dezza, da: Tatari (3,8%), Ucraini (2%), Baschiri (1,2%),Ciuvasci (1,1%), Ceceni (0,9%), Armeni (0,8%). Altri gruppi più piccoli vivono compatti nelle lororispettive regioni: anch’essi sono categorizzati sullabase delle rispettive famiglie linguistiche.Circa l’1,6% della popolazione russa, infine, è consi-derata non nativa o non appartenente ad alcungruppo etnico. Le divisioni etnico-linguistiche considerate qui rifletto-no i criteri e i rilevamenti statistici del censimento uffi-ciale del 2002 organizzato e gestito dalle autorità rus-se; pertanto potrebbero essere, in taluni casi, oggettodi controversie.Ad alcuni gruppi, carenti di una lingua propria, vienenegata persino l’esistenza, mentre altri potrebberoforse essere considerati semplici sottogruppi di etniepiù grandi.

[FONTI: BBC e Wikipedia ]

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to, era quello di restaurare l’immagi-ne d’una Russia forte, legata alle suetradizioni, che poteva essere, se nonuna superpotenza, almeno un attorenon proprio di secondo piano sullascena internazionale.

All’interno fu instaurata una“democrazia guidata” con ulteriorilimitazioni all’autonomia del Parla-mento e delle autorità locali.

Al fine di rinsaldare lo spirito nazio-nale si rimisero in auge alcuni simbolidella storia russa: il tricolore zaristacon l’aquila bicefala, l’inno sovieticoe la bandiera rossa riservata alle for-ze armate.

La stessa chiesa ortodossa fuarruolata per risuscitare l’orgoglionazionale.

Anche la politica estera fu sotto-messa a questo fine: la Federazionealzò la voce dov’erano in pericolo i

propri interessi e c’era il pericolod’esser accerchiati dall’unica super-potenza rimasta.

Mosca, così, si cerca amici anchetra leader non troppo raccomanda-bili come il sudanese Al Bashir o gliAyatollah iraniani; stringe legami conla Cina anche perché teme la fortepressione degli Han sulla spopolataSiberia orientale. Inoltre preme sull’U-craina, affinché non si butti nellebraccia di Washington ed istiga SudOssezia e Abkhazia perché si separi-no dalla Georgia; gioca sulle divisioniin seno all’UE; sfrutta la lotta al terrori-smo di Bush per combattere i ceceni,ma si oppone all’invasione in Iraq eteme gli approcci di Washington sul-l’Asia Centrale ex sovietica; temeche certi oleodotti, in fase di costru-zione, la escludano a vantaggio del-la Turchia.

Nel 1961, un mese dopo il rientrodi Gagarin dallo spazio, in un’altramissione perse la vita Ludmilla, unacosmonauta. La sua navicella, perun’errata manovra in fase di rientrodallo spazio, si trasformò in meteorite.

Comprendendo ciò che le sareb-be presto successo, esclamò: «Que-sto il mondo non lo saprà!».

Sapeva, Ludmilla, che nel suoPaese i fallimenti non facevano noti-zia.

Dipende anche da noi impedireche quel grande Paese torni ad esse-re un pianeta inaccessibile, madipende anche da noi impedire chele nostre democrazie in crisi di legitti-mità si trasformino in regimi autoritaried oligarchici.

Pier Luigi Giacomoni

IN LIBRERIA

Sulla Russia e la sua storia, solo riferita al XX secolo,la bibliografia disponibile in italiano, è sterminata.Qui si forniscono soltanto alcuni utili spunti di lettu-ra.

Storia russa nel XX secolo

A. Levi: Russia del Novecento, Corbaccio, 1999. E. J’ Hobsbawm: Il secolo breve, Rizzoli 1995.N. V. Riasanovsky-S. Romano: Storia della Russia,Bompiani 1993.

Dissoluzione dell’URSS e Russia post-sovietica

A. Guerra: La Russia postcomunista, in “Piccolaenciclopedia Il Sapere”, 1995.A. Politkovskaja: La Russia di Putin, Adelphi, 2005A. Politkovskaja: Diario russo 2003-2005, Adelphi,2007F. Mezzetti-B Rosin: Il mistero Putin, Borali, 2003G. Chiesa: Cronaca del Golpe Rosso, Baldini &Castoldi, 1991G. Chiesa: Russia Addio, Editori riuniti, 2000.G. Chiesa: Roulette russa, Guerrini, 1999

Reportage

C. Fracassi: Russia, L’altritalia, 1996E. Biagi: Russia, Rizzoli, 1975 R. Kapuscinski: Imperium, Feltrinelli, 1995T. Terzani: Buona notte, Signor Lenin, Longanesi,1992

Imprese spaziali sovietiche

Judica Cordiglia : Dossier Sputnik. “...questo ilmondo non lo saprà...”, Edizioni vitalità, 2007

LA RUSSIA NEL WEB

Per avere informazioni sulla Russia si possono visitare:

Google News Russiahttp://news.google.it/news?ned=ru_ruBBC in russohttp://news.bbc.co.uk/hi/russian/news/default.stm

Quotidiani: Komsomolskaja Pravahttp://www.kp.ru/; Komersant http://www.kommer-sant.ru/; Con pagina in inglese Moskowskij Komsomolets http://www.mk.ru/;Izvestija http://www.izvestia.ru/;Rossijskaja Gazeta http://www.rg.ru/;Nesavisimaja Gazeta http://www.ng.ru/; Trud http://www.trud.ru/ The Moscow timeshttp://www.themoscowtimes.com/ in inglese

Periodici: Argumenty i Fakty http://www.aif.ru/;Novaja Gazeta http://en.novayagazeta.ru/The Moscow News http://www.mnweekly.ru/in inglese

TV: Russia TV Channel http://www.rutv.ru/;Channel One http://www.1tv.ru/;NTV http://www.ntv.ru/; Centre TV http://www.tvc.ru/; Ren TV http://www.ren-tv.com/;Russia Today http://www.russiatoday.com/en (ininglese)

Radio: Radio Russia http://www.radiorus.ru/; Ekho Moskvj http://www.echo.msk.ru/;Radio Majak http://www.radiomayak.ru/; Russkoje Radio http://www.rusradio.ru/;Voice of Russiahttp://www.ruvr.ru/index.php?lng=eng (In varie lin-gue, anche in italiano).

Agenzie di Stampa: Itar Tass http://www.itar-tass.com/eng/; Ria-Novosti http://en.rian.ru/; Interfax http://www.interfax.com/tutte con pagine in inglese

[fonte: BBC]

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15Il Mosaico n. 36

cendendo dall’aeroporto diHanoi, dove ci attendono icooperanti di GVC, Andrea e

Diana, si è colpiti da 2 cose: un cieloplumbeo, segno della stagione dellepiogge,che emana una umidità sof-focante, una miriade di persone checon ogni mezzo di trasporto -auto,ma ancor più motorino, bicicletta,risciò- percorrono, indaffaratissimi, ilviale che dall’aeroporto porta alcentro città.

È l’immagine del Vietnam di oggi,dove nessuno perde tempo, ed anzisi ingegna con ogni risorsa disponibi-le a generare reddito. Così convivo-no i negozi più moderni con i merca-tini tradizionali, le piccole impresefamiliari che coltivano riso sfidando lealluvioni, con le grandi imprese inpiena modernizzazione.

I vietnamiti, forti della loro tena-cia, non si perdono d’animo di frontea nulla: nelle campagne donneanziane con il volto segnato dal solee la schiena curva, i piedi nell’ac-qua, sorridono guardando il loro riso,la fonte della sussistenza familiare;nella città giovani ragazze in un buoninglese accolgono i turisti nei migliorialberghi, nelle banche e negli ufficidi accoglienza al pubblico.

Un turismo in crescita, che oggipuò coniugare il livello di confort conle bellezze di questo Paese: la pago-da dei profumi, la città imperiale diHue, la baia di Ha Long.

Secondo lo stile sobrio di GVC, noisiamo alloggiati in un piccolo mapulito albergo di Hanoi, costruitosecondo la tradizione vietnamita,stretto e alto, 4 piani, l’ascensore nonci sta. Siamo tanti, i responsabili diGVC, gli amici di Boorea e quelli diTeleReggio, l’occupiamo quasi tutto,è come essere in famiglia, ci dannola colazione che i nostri stomaci sonoabituati a reggere, ci fanno usareinternet per leggere la posta, e allasera quando rientriamo non ci dico-no nulla se dobbiamo scavalcare iragazzi della reception che dormonoper terra nella piccola hall d’entrata.

I vietnamiti, sempre cortesi, apprez-zano chi porta loro valuta , investi-menti e solidarietà.

Il progetto del GVC a favore deibambini portatori di handicap è aBac Giang, a 60 km da Hanoi.

Secondo l’ultima indagine con-dotta dal Ministero della Salute viet-namita, il 5,2% della popolazionetotale (circa 4.150.000 persone) è dis-abile; di questi, circa il 30% (1.245.000persone) necessitano cure di riabilita-zione. Il numero dei bambini disabili èdi circa 582.400, tra questi moltissimisono nati malformati a causa delladiossina, nonostante la guerra sia fini-ta da 30 anni.

La mancanza di servizi per i bam-bini disabili e la tendenza culturalenella società vietnamita a nascon-derli, costringe i membri della fami-glia, di solito la madre, a restare acasa. Ciò aumenta drammatica-mente la vulnerabilità del nucleofamiliare e fa diminuire le possibilità direddito. Nonostante il paese abbiaottenuto un progresso significativonella riduzione della povertà, assie-me al miglioramento e all’estensionedel sistema sanitario alla maggioran-za della popolazione, i servizi per ibambini disabili sono estremamentelimitati e spesso il peso delle curerimane all’interno della famiglia.

Obiettivo primario del progettoGVC è contribuire all’integrazionesociale di persone con disabilità fisi-che e alleviare la povertà delle fami-glie con bambini disabili .

Saranno quindi realizzati 7 centriper la riabilitazione dei bambini dis-abili e si svolgeranno attività di for-mazione e aggiornamento del perso-nale sanitario. Il centro principale,capace di accogliere 150-170 bam-bini, sarà a Bac Giang City e serviràanche da centro di formazione. Glialtri 6 centri minori saranno a livellodistrettuale, con una capacità di cir-ca 80-90 bambini ciascuno.

I centri forniscono un servizio diur-no che permette ai genitori dei bam-bini di lavorare e di conseguenza di

ampliare il mercato del lavoro. Que-sti centri si appoggiano ai centri sani-tari già esistenti nella città e nei suoidistretti. Sono dotati delle attrezzatu-re adatte per portare avanti la tera-pia riabilitativa. Le infrastrutturesaranno migliorate e ampliatesecondo le necessità e sarannomigliorate anche le condizioni dilavoro del personale sanitario locale,qualificandone le competenze, suimetodi innovativi per affrontare ladisabilità.

Si calcola che il numero totale deibeficiari è di 2032 persone di cui: 693bambini disabili affetti da gravi han-dicap motori; 1339 membri di nucleifamiliari con bambini disabili che par-teciperanno al programma riabilitati-vo e 120 unità di personale sanitarioe assistenti sociali che parteciperan-no alle attività di formazione.

A Bac Giang incontriamo le auto-rità locali che hanno voluto questoprogetto perché conoscono le espe-rienze italiane in materia di riabilita-zione e d’integrazione, sanno che ilprogetto necessita di molte risorse e ,da parte loro, assicurano una propriaquota di partecipazione, coinvol-gendo le associazioni degli imprendi-tori, le locali camere di commercio, ele autorità sanitarie locali.

Incontriamo i bambini che orasono presenti nel centro più grande,gli educatori ed il personale. I localisono degradati, semi vuoti, poveri dimateriali didattici, ma quello che c’èè tenuto bene, custodito sotto unnailon perché non prenda polvere;ai bambini viene spiegato che prestoi loro amici italiani monteranno pale-stre, costruiranno i bagnetti, mette-ranno in quegli stanzoni tanti giocat-toli utili al loro apprendimento. Sonobambini che non hanno mai vistonulla di quanto noi possiamo dispor-re, ma ci credono e la loro fiducia ciinfonde un gran senso di responsabi-lità, ma anche di coraggio, con l’aiu-to degli amici di Boorea possiamofarcela.TAM BIET VIETNAM, HEN GAY TRO LAI!ARRIVEDERCI VIETNAM E A PRESTO!!

Patrizia Santillohttp://www.gvc-italia.org/

Sostieni le attività di GVC nel mondo.Se decidi di sostenere un progetto GVC,puoi farlo anche tramite una piccoladonazione continuativa attraverso ladomiciliazione bancaria: non dovrai farepiù file in banca o alla posta, ma allo stes-so tempo puoi sospendere il versamentoin qualsiasi momento.

Ti ricordiamo che GVC Italia è unaO.N.L.U.S. (Organizzazione Non Lucrativadi Utilità Sociale) e quindi, ai sensi dell’art.13 Decreto Legge 460 del 4/12/97, ognidonazione a suo favore è detraibile nelladichiarazione dei redditi nella misura del19% calcolato su un importo massimo di2.065,83 Euro.

Notizie dal Sud del mondo

GVC è un’organizzazione non governativa laica per la cooperazione allosviluppo, riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri e dall’Unione Europea.

Nata nel 1971 in Italia, oggi è attiva in 27 Paesi del sud del mondo. Farecooperazione allo sviluppo significa occuparsi di cose molto concrete:

acqua, bambini, diritti, educazione, lavoro, lotta all’AIDS, e altro ancora.L’obiettivo di GVC è promuovere uno sviluppo

che duri nel tempo e che porti concreti benefici

Un aiuto ai bambini disabilidi BBaacc GGiiaanngg

S

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16 Il Mosaico n. 36

a semprel’acqua hasegnato la

storia dell’uomo,per la ricerca dellasua disponibilità,per le attività irri-gue o alimentari,come nella costru-zione di pozzi eacquedotti, maanche per gliaspetti estetici, conla capacità diarricchire la bellez-za delle città confontane, palazzi egiardini.

Forse per questesue straordinariequalità, nella storianon sono infre-quenti gli episodi diviolenza legati al suo possesso, enumerosi esperti ritengono che il pos-sesso delle fonti di acqua sarà in futu-ro altrettanto importante di quanto losia il petrolio oggi. Non a caso daalcuni anni si tiene un Forum mon-diale dell’acqua, per trovare mododi garantire a tutta la popolazionemondiale la possibilità di usufruirne.Purtroppo, come spesso accade, icontrasti e la scarsa collaborazioneinternazionale frena una soluzionemondiale del problema, ed il Forumrecentemente concluso ha limitato ildocumento finale alla definizionedell’acqua come una esigenza pertutti i popoli e non come un diritto.

Contemporaneamente a questodibattito se ne sta svolgendo un altro,che riguarda l’usufruibilità dell’acquaall’interno dei singoli paesi. Dopo altristati europei, anche il Parlamento ita-liano ha “scoperto” che anche ilbene acqua può essere privatizzato.Nel 2008 il Governo italiano ha pre-sentato un decreto, poi convertitocon il voto favorevole di tutto il parla-mento, nella legge 133 che riguardala privatizzazione di tutti i servizi pub-blici locali. E fra questi è ricompresal’acqua. L’acqua diviene quindi unamerce e come tale può essere datain gestione a società private.

Questa vicenda sta peraltro scuo-tendo l’opinione pubblica anche inItalia. A livello internazionale, si è già

creata una corrente di opinione chesta ripensando a questa visione mer-cantile. Ad esempio, il sindaco diParigi si è impegnato a rendere nuo-vamente pubblica la gestione del-l’acqua che per alcuni anni era sta-ta affidata a imprese private. A livel-lo italiano l’iniziativa più clamorosa èavvenuta in Lombardia, ma recente-mente i pronunciamenti contro la pri-vatizzazione si sono diffusi in varieparti d’Italia.

La Regione Lombardia avevalegiferato già nel 2006 con la leggeregionale 18. Ma non ha tenuto con-to dello stato d’animo dei cittadini.144 Sindaci di Comuni lombardi sonoriusciti ad ottenere che la Regioneintroducesse alcune modifiche, inparticolare relative alla possibilità,per ogni singola amministrazionecomunale, di scegliere la gestionediretta del servizio di erogazione del-l’acqua, affermando il principiosecondo cui le reti e gli impianti didistribuzione devono rimanere di pro-prietà interamente pubblica. Maanche altre iniziative sono nate in Ita-lia per contrastare la tendenza allaprivatizzazione dell’acqua.

Una proposta di legge

Il Forum italiano dei movimentiper l’acqua ha promosso una propo-sta di legge di iniziativa popolare sot-

toscritta da oltre400 mila firme, cheil 22 gennaio diquest’anno ha ini-ziato formalmentel’iter parlamentare.In quella data si èinfatti svolta laseduta della Com-missione ambientepresso la quale èstata assegnata insede referente laproposta di legge.Ed oltre ai comunilombardi, 30 comu-ni dell’agrigentinohanno chiesto l’in-dizione di un refe-rendum provincialeconsultivo contro laprivatizzazione del-la gestione. Sul sito

del Forum è inoltre possibile trovare leinformazioni sullo sviluppo del dibatti-to e delle iniziative nei vari territori ita-liani.

Come scrive Rumiz in un articolo,la vicenda lombarda può cambiarenotevolmente le prospettive nellabattaglia per l’acqua in Italia. Per laprima volta da anni si mette in di-scussione la scelta di privilegiaresempre e comunque il privato, vistocome soggetto capace di offriresevizi a più basso costo e più efficien-ti del pubblico, dimenticando peròquello che anche le più recenti espe-rienze sui mercati mondiali dovreb-bero ricordarci; e che cioè il privatofa sempre i suoi interessi e che difficil-mente questi interessi, prima o poi, sidimostrano a servizio della collettivi-tà. Quando si parla di beni fonda-mentali per tutti, come l’acqua, èquindi lecito nutrire forti dubbi sullaopportunità di privatizzarla. Oltretut-to la contrarietà al privato non nascesolo da considerazioni astratte, maanche da una constatazione prati-ca, che in realtà laddove è statascelta la strada della privatizzazionele bollette sono aumentate senzache sia migliorata la qualità del servi-zio. Ed anche la sistemazione dellereti non ha visto realizzati gli investi-menti che sarebbero necessari.

Giancarlo Funaioli

LL’’aaccqquuaa::bene pubblico o privato?

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17Il Mosaico n. 36

Il popolo dell’acquain mmoobbii ll ii ttaazziioonneePer un’Europa dell’acqua pubblica e dei beni comuni. Per la ripubblicizzazione dell’acqua in tutti gli Enti Locali

Da tempo, nei territori e a livellonazionale, il Forum Italiano dei Movimentiper l’Acqua contrasta le politiche di priva-tizzazione, costruisce percorsi per la ripub-blicizzazione dell’acqua e la riappropriazio-ne sociale dei beni comuni, esige e prova apraticare forme di partecipazione democraticadal basso, inclusiva e plurale.

Da tempo il Forum Italiano dei Movi-menti per l’Acqua chiede che la propria pro-posta di legge d’iniziativa popolare, sotto-scritta da più di 400.000 firme, venga di-scussa e approvata dal Parlamento italiano.

Il quale, al contrario, persegue ulte-riori politiche di privatizzazione dei benicomuni, che, con l’Art. 23 bis della Legge n.133/08, vorrebbe rendere irreversibili.

Nel frattempo, diverse decine di lotteterritoriali proseguono la loro resistenzaalle privatizzazioni e la loro mobilitazioneper la ripubblicizzazione dell’acqua e ladifesa dei beni comuni.

Il popolo dell’acqua esiste ed ognigiorno si allarga a nuove esperienze di mobi-litazione e di conflittualità sociale.

La dimensione europea è un contestofondamentale per il contrasto delle politicheliberiste, per la riaffermazione dei dirittisociali e per la riappropriazione dell’acquae dei beni comuni.

Dopo la nascita della Rete Europea perl’Acqua Pubblica al Forum Sociale Europeo diMalmoe del settembre scorso, dopo la riuscitacontestazione del Forum Mondiale dell’Acqua(organismo gestito dalle multinazionali) delmarzo scorso ad Istanbul, chiediamo un’Europadell’acqua pubblica, dei beni comuni e deidiritti sociali, da rendere non negoziabili e

da sottrarre alle leggi del mercato. A mag-gior ragione ora vista la recente approvazio-ne da parte del Parlamento Europeo di unarisoluzione in cui si torna a sostenere lanatura economica del bene acqua, un passoindietro rispetto alla risoluzione approvatanel 2006.

La dimensione locale è un luogo fonda-mentale per la riappropriazione sociale del-l’acqua, per la ripubblicizzazione del servi-zio idrico integrato, per la gestione parte-cipativa dei beni comuni.

Dalle decine di esperienze di mobili-tazione in corso nei diversi territori,chiediamo enti locali che dichiarino l’acquacome bene comune, il servizio idrico integra-to “privo di rilevanza economica” e mettanoin campo le premesse per la ripubblcizzazionedell’acqua e la partecipazione alla gestionedei cittadini e dei lavoratori.

Dall’appello del Forum italiano dei movimenti perl’acqua del maggio 2009

Ci sono risorse e beni fondamentali la cui disponibilità per i cittadini,e, più in generale, per ogni essere vivente, dovrebbero costituireuna garanzia che ogni stato civile e democratico dovrebberofornire, indipendentemente dall’assetto istituzionale e politico.

Nonostante ciò, oggi constatiamo che in moltissimi casi questo nonè più vero. Anche in Italia potrebbe prevalere il rischio che, in nome

di una non ben definita liberalizzazione ed efficienza, perfinol’acqua diventi oggetto di interessi privati e speculazione.

Contratto mondiale sull’acqua http://www.contrattoacqua.it/public/journal/

Forum italiano dei movimenti per l’acqua http://www.acquabenecomune.org/

http://www.comunivirtuosi.org/images/comunivirtuosi/realizzati/capannori/odg.pdfOrdine del giorno del comune di Capannoni (LU)

a termine della campagna di sensibilizzazione sul tema dell’acqua

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18 Il Mosaico n. 36

CHI PARTECIPA

Chi desidera dare il proprio contri-buto per raccogliere le informazionied entrare nel merito delle destina-zioni delle aree demaniali del proprioQuartiere. Cittadini che han vogliadi passare dall’essere consumatori diecologia (=assistere a cose dette efatte da altri) ad essere produttori diecologia.

UN PERCORSO BASATO SULLAPARTECIP-AZIONE

Tra cittadini e realtà asso-ciative di zona, si avvia unpercorso per portare alla lucele “AREE DEL MISTERO” diquesta città, portando il pro-prio contributo. Il Demanio èun Bene Comune di proprietàdello Stato, e siccome laSovranità dello Stato appar-tiene al Popolo, ossia a noicittadini, ne consegue che ilpercorso ha le seguenti finali-tà:

PRIMO. Fare in modoche i cittadini siano posti incondizione di parteciparealle scelte di destinazioneurbanistica, cercando dibloccare ed impedire di fattol’esecuzione dell’ Intesa delPiano Unitario di Valorizzazio-ne così com’è stata calatadall’alto. Vorremmo evitare ditrovarci poi di fronte poi aifatti/misfatti compiuti: vediarea ex Ferrovia Veneta in viaZaccherini Alvisi, vedi zona diPorta Europa, vedi zona viaBattindarno, tutte aree nonsolo ipersaturate di cemento,ma costruite con criteri archi-tettonici assolutamente dis-cutibili, proprio perché sem-bra che nessuno entri nelmerito dell’aspetto esteticodelle costruzioni. Mentre i poli-tici passano, i mostri che sfigu-rano per sempre la cittàrestano lì. L’edilizia dovrebbelavorare sulla manutenzionedell’esistente e nel sfruttare

spazi sotterranei, anziché continuarea consumare spazio che è già saturoda anni.

SECONDO. Le destinazioniurbanistiche abbiano una finalità isti-tuzionale, destinata all’interesse col-lettivo pubblico, e non all’interesseprivato specifico. Scuole dell’infan-zia, centri servizi, centri sociali,impianti sportivi, parcheggi interrati(le auto da qualche parte devonoessere parcheggiate, se poi si voglio-

no pedonalizzare strade/tratti delcentro, e se si vogliono sgombrare lecarreggiate per realizzare delle pisteciclabili come si deve… lo spazio inqualche modo si deve trovare).…ma soprattutto VERDE PUBBLICOATTREZZATO, ossia con parco conerba verde (gli impianti di irrigazionesono importanti), impianti sportivi,gabinetti, panchine e tavoli, fonta-nelle, rastrelliere e cestini. Che sonole cose di buon senso che i cittadinirichiedono.

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Pubblichiamo volentieri il percorso promosso da cittadini per fare luce sulla situazionedelle aree di proprietà dell’Agenzia del Demanio in via di dismissione e per chiedere agli amministratori

di potere partecipare alle scelte sulla destinazione, auspicando finalità istituzionali

AArreeee ddeemmaanniiaall ii dismesse: che fare?

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COSA SI FA IN PRATICA

Quindi non si tratta di manifesta-zioni/eventi spettacolo con personefamose, ma un PERCORSO DI LAVO-RO DI CITTADINI comprendente leseguenti fasi di informazione e pro-posta:

A. PUNTO DI PARTENZA: CAPIRECOME STANNO LE COSE. Capirequal’e la situazione delle aree, guar-dando l’Intesa scaturita dal TavoloTecnico Operativo a tre gambe,anche analizzando l’attuale Pro-gramma Unitario di Valorizzazione diImmobili Pubblici.

B. DIVIDERSI PER AREE DI LAVORO:Per questo ci guardiamo in facciaper vedere quanti siamo, e per poiorganizzarci per e andare negli ufficia prendere le informazioni in funzio-ne della propria zona di residenza eCONDIVIDERE LE INFORMAZIONI: arri-vare a fare una piccola relazione sul-le aree della propria zona.

C. PUNTO DI ARRIVO: AVANZAREPROPOSTE ALLA LUCE DI UN PIANOORGANICO COMPLESSIVO. Avendouna visione d’insieme di tutte learee, cercare di formulare un pianoorganico per proporre delle destina-zioni in funzione delle reali necessitàdel Quartiere/zona.

IL METODODI LAVORO

1. TEMPO E COMPETENZE: il meto-do è quello di radunare persone inte-ressate che poi si prendono la brigadi dedicarci del tempo. Residenti edomiciliati, possibilmente con com-petenze tecniche e persone di buonsenso che hanno tempo per reperirele informazioni necessarie.

2. INTERASSOCIATIVO: la parola vaai cittadini e realtà associative dellevarie zone…

Per esempio una sera magaripotrà organizzare l’AssociazioneMusa focalizzando l’attenzione sullaCaserma Mazzoni nella sede pubbli-ca di Villa Mazzacurati… un’altra seral’Associazione Via Emilia a Colori ealtre della zona porteranno l’attenzio-ne sulla Staveco organizzando l’in-contro al Baraccano… un’altra seraL’Associazione Fascia Boscata ci par-lerà della loro attività… mentre inun’altra occasione Legambienteorganizzerà un evento itinerante perla città come una biciclettata contappa nelle varie aree demaniali, ecosì via... In questo modo si unisconocompetenze ed esperienze diverse inmaniera cooperativa, e spostandocidi sede in sede delle varie realtà asso-ciative è un modo anche per cono-

scere meglio il nostro territorio, e perconoscere persone che magari sonoanni che si impegnano e ci mettonodel loro, ma non lo sa nessuno perchénon sono iscritti in qualche partito equindi non hanno i riflettori puntati,ma dal punto di vista pratico sonocento volte meglio di certi politici chedicono cosa bisogna fare, ma poinon lo fanno.

3. CONFRONTO CON LE ISTITUZIO-NI: ad ogni momento del percorsosono invitati anche rappresentantidegli uffici comunali e degli enti pub-blici, per un confronto sereno dellostato di fatto, della progettazione edelle varie ipotesi di fattibilità. Peresempio i coordinatori delle Commis-sioni di Quartiere (Urbanistica edAmbiente, e Traffico e Trasporti in pri-mis), operatori dell’Urban Center delComune di Bologna, e i ConsiglieriComunali. Le Aree Demaniali sonoda affrontare su due livelli: mettere afuoco a livello di esigenze di Quartie-re, per capire i reali bisogni e desideridei residenti e domiciliati, …ma poifintanto che non viene fatto il Decen-tramento ai Quartieri (era nel pro-gramma del Sindaco uscente, manon è stato portato a termine), il livel-lo esecutivo è Comunale, in quantopoi i provvedimenti li decide il Consi-glio Comunale e il Signor Sindaco.

Il senso della partecipazionenon è quella andare a sentirepassivamente qualcuno cheparla e ha già pensato e deci-so per tutti, affollando la sala,come ad uno spettacolo.Il Percorso potrà avere unbuon esito se ciascuno deipartecipanti si impegnerà acollaborare per condividereinformazioni e proposte per learee del proprio Quartiere.

In teoria questo sarebbe illavoro di ciascun politico, ma liabbiamo visti tutti impegnati incose più importanti …come astringer delle mani e far comizi,dove parlano in termini generi-ci e “volando alto” senza maientrare nel merito specifico… Quindi amici, dobbiamo arran-giarci e darci da fare noi. Agliincontri non ci saranno cre-scentine e frizzantino, e nean-che le fotocopie degli atti sca-ricabili dal sito dell’Urban Cen-ter, visto che chi è interessatoal percorso si dovrà stamparein autonomia, perché qui nonc’è pantalone o lo zio d’Ame-rica che paga.

Enrico NannettiPortavoce Associazione

Via Emilia a [email protected]

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Dal sito del Comune di Bologna a proposito del Piano Unitario di Valorizzazione (PUV)http://urp.comune.bologna.it/PortaleTerritorio/portaleterritorio.nsf/ViewDocWeb/6243420999645850C125758A0041042B?OpenDocument

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segue da pag. 1

Dalla somma di questi fatti e queste prese diposizione molti bolognesi hanno tratto l’idea di un PDfunzionante più come agenzia di collocamento rivoltaal personale interno che come attore politico interes-sato all’esterno, alla città e ai suoi problemi. I vertici delPD sono dunque più preoccupati del governo del par-tito che della città, e forse del paese. Berlusconi ringra-zia.

3) Il centrosinistra in generale, e il PD in partico-lare, rappresentano una base sociale molto parzialerispetto a quella della città (e del paese).

La quasi totalità degli eletti PD, come profiloprofessionale, è dipendente di enti pubblici o di azien-de a partecipazione pubblica (la maggioranza), digrandi aziende o addirittura dello stesso partito. Di arti-giani, commercianti, professionisti, piccoli imprenditori,che rappresentano il principale generatore di occupa-zione, mobilità sociale e benessere per il nostro territo-rio, pochissimi o addirittura nessuno.

I problemi e la fatica di chi rischia in prima per-sona, investe denaro proprio, sostiene costi sempre piùalti a fronte di ricavi sempre più risicati per effetto dellacompetizione esasperata, sono quindi sostanzialmenteignorati da amministratori che non hanno alcuna espe-

rienza di attività economica privata, e per i quali, afronte di un fabbisogno, le risorse si trovano o aumen-tando il prelievo fiscale oppure indebitando la colletti-vità.

Questa asimmetria sociale del PD bologneseprefigura una frattura sociale pericolosa, tra il bloccosociale del pubblico impiego e della pubblica spesa,che ha il monopolio della Pubblica Amministrazionelocale, e il blocco sociale che possiamo definire dellavoro autonomo e del rischio di impresa, che vive laPA come presenza esosa e parassitaria, e rispetto allaquale sceglie l’evasione fiscale come “legittima dife-sa”.

Questo secondo blocco sociale viene cosìcondannato, per rigetto, a scegliere tra PDL, Lega eUDC anche quando, per storia e per convinzioni pro-fonde, si troverebbe in gran parte più vicino, almeno aBologna, ai valori di solidarietà e uguaglianza teorica-mente patrimonio della sinistra.

Da queste tre lezioni riteniamo non potrà pre-scindere la riflessione post elettorale sulla linea politicae sugli assetti interni del centrosinistra e del PD di Bolo-gna. Purché siano interessati a rinnovare il proprio rap-porto con la cittadinanza e ritrovare la dignità propriadell’agire politico.

Andrea De Pasquale

Il Mosaico n. 3620

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Direttore responsabileAndrea De Pasquale

Reg. Tribunale di Bolognan. 6346 del 21/09/1994

Stampa Tipografia Moderna srl, BolognaPoste Italiane s.p.a. - Spedizione in

Abbonamento Postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1,

comma 2 DCB BOLOGNA

Questo numero è stato chiusoin redazione l’8 giugno 2009

Hanno collaborato

Anna AlberigoLaura Biagetti

Silvia CuttinAndrea ForlaniSandro Frabetti

Giancarlo FunaioliFlavio Fusi Pecci

Sandra FustiniPierluigi Giacomoni

Simona LembiRoberto Lipparini

Cristina MalviClaudio MiselliEnrico Nannetti

Silvia NoèAlfonso Principe

Rete UnirsiPatrizia Santillo

Adriana ScaramuzzinoGiuseppina Tedde

Saremmo lieti di ricevere i vostri indirizzi e-mail che ci consentiranno di tenervi aggiornati sulle attività dell’Associazione, inviandovi inviti

alle nostre iniziative e documentazione.Mandateli al solito indirizzo:

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