Il Giornalino del Colligere - n.zero - Maggio 2014

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Periodico a cura dell'Associazione Culturale Colligere

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a cura di Luca Tomassoni

Luca TomassoniDirettore [email protected]

Stefano [email protected]

Matteo D’angeloGrafica [email protected]

Enrico [email protected]

Gian Piero [email protected]

Rilassatevi. Prendetevi una pausa dal frenetico mondo degli slogan facili e dalle parole sacre ma estemporanee delle brochure della campagna elettorale: ora sedetevi e leggetevi i “giovani in tutte le salse”. Questo è un giornalino pensato leggero, pop e più variopinto possibile, con lo scopo chiaro di dare voce ai giovani e quello, altrettanto chiaro, di opporsi alla cultura fatta come esercizio snob, ma soprattutto alla politica fatta di annunci shock. Perdonateci la prima immagine di dilettanti allo sbaraglio, il nostro sogno è quello di realizzare una piattaforma di confronto dei giovani, che sia utile a loro per raccontarsi e ai “grandi” per capirli. E alla politica per ricordarsene, ogni tanto. In fondo tra i ragazzi di Tortoreto tira un bel vento di risveglio e di fertile lavorìo (e da giovane albense lo dico con una punta d’invidia) che va preservato, capito, fomentato, arricchito e, perché no, esportato. Sullo sfondo, nel giornalino troverete immagini e storie di una Tortoreto che era. In puro stile “Primo Colligere”, insomma. Perché, sembra banale doverlo dire: è tanto importante pensare al futuro, quanto altrettanto necessario fissare il passato e aggiungerlo a quel patrimonio che compone l’identità di una comunità e la tiene unita. Patrimonio che, come testimoniano le sale del Colligere, a Tortoreto è già ricco di suo (e anche qui mi risale l’invidia). Ma di “ricordare”, come di imparare, non si dovrebbe smettere mai.

Hanno Collaborato:

Giulia Santomo, Eugenio Fla-jani Galli, Luigi Cardone, Sa-brina Ragni, Jessica Tini, Martina Biocca, Alessio An-gelone, Federica Albani.

Periodico gratuito (Registrazione al Tribunale di Teramo n.672 del 17 aprile 2014) a cura dell’associazione culturale Colligere, via Nazionale

Adriatica 1, Tortoreto Lido (TE).

Riservato ogni diritto ed uso. Vietata la riproduzione,

anche parziale.

Se hai una passione per la scrittura, il disegno, la fotografia e pensi di ave-re un talento particolare, invia il tuo lavoro originale all’indirizzo email:

[email protected]

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4pag.Tutti i colori del Colligere

10pag.Il primo voto non si scorda mai

11pag.Le avventure di un neo laureato

15pag.Vita da... YOUTUBERS

20pag.Puoi trovarlo al colligere

21pag.C’era una volta

22pag.Attacchi di poesia

24pag.I bambini di Betania

26pag.Il collezionista di musica

27pag.l’Intervista

28pag.Qui si viziano nipoti

29pag.Il fumetto

7pag.Leggilo!

8pag.Filmalo!

9pag.C’era una volta

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Non è possibile spiegare a parole tutto quello che si può trovare nelle sale gestite dall’associazione culturale Colligere, passando di stanza in stanza e dovendone illustrare le caratteristiche. Dopo averci riflettuto a fondo ho realizzato che forse non c’è modo peggiore di presentare il Colligere del dover spiegare a parole com’è composta fisicamente la sua struttura. Anzi questo sarebbe un insulto a tutto quello che il Colligere ha rappresentato per me quand’ero un bambino e quello che rappresenta ora.Perché se mi limitassi a dire cose come “Il Colligere ha al suo interno più di 11.000 libri!!” non riuscirei nemmeno lontanamente a rendervi partecipe di quello che, secondo me, è l’essenza del Colligere.Colligere non è “Ha ben 11.000 libri!!”... Colligere significa avere decine di giovani e “meno giovani” all’interno di un locale, che si ritrovano per leggere alcuni di quei libri! Significa conoscere gente che legge cose diverse, scrive cose diverse, parla di cose diverse. Il Colligere è confronto, condivisione.

Tutti i coloridel Colligere

di Gian piero Orfanelli

Si può fare rock davanti alle storiche reti della sciabica? Al Colligere sì: qui le speranze ed i progetti dei giovani si fondono

con la storia e la cultura di Tortoreto e dintorni.

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E’ passione. E’ aprire una porta ed ascolta-re dei ragazzi fare musica insieme, aprirne un’altra e vedere Marco che con un sorriso sul volto legge l’ultimo numero di RatMan mentre al suo fianco Laura sfoglia un classico della letteratura cercando di riassumerne un capitolo.Entrare nel Colligere significa poter incon-trare Renato che passeggia nell’ala dedica-ta al museo della cultura marinara mentre si chiede come suo nonno riusciva a pescare usando degli attrezzi così rudimentali. Signi-fica potersi sedere con dei ragazzini che non hai mai visto prima, per giocare a carte e far vedere a tutti quanto quelli della tua gene-razione siano molto più forti... e poi perdere miseramente. Significa incontrare persone con ideologie completamente diverse alla propria e collaborare insieme per un proget-to comune, che si è sicuri possa portare qual-cosa di costruttivo al nostro paese di origine.Questo è quello che il Colligere rappresenta per me, e sicuramente non è abbastanza per esplicare l’importante ruolo che quest’Asso-ciazione merita di ricoprire per tutti noi Tor-toretani e per i nostri vicini. Pertanto perché mai avrei dovuto farvi leg-gere di quello che potrete trovare al suo in-terno, andateci di persona e scoprite quello che il Colligere può rappresentare per voi!

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Abbiamo inaurgurato la sede rinnovata il 7 Dicembre 2013 e nel giro di tre mesi abbiamo superato i 62 iscritti. Non lo avremmo mai detto. L’Associazione Colligere è presente sul terri-torio da 21 anni, nei quali ha ottenuto come molti sanno, il riconoscimento del “Museo della Cultura Marinara” e una biblioteca da 11mila libri. L’ex presidente Angelo Romagnoli, oggi presidente onorario, ha deciso di donare a noi giovani questo enorme patrimonio, dandoci, se così posso dire, una grande responsabilità. Oggi Colligere offre anche una sala musica per suonare strumenti, una sala riunioni dove ospi-ta diversi incontri ed una sala culturale e ludica dove vengono alternati momenti di studio a momenti di svago. Ci tengo a sottolineare che al momento non riceviamo alcun contributo comunale, di conse-guenza tutte le spese sono a nostro carico, ed è solo grazie all’appoggio da parte dei nostri soci, che riusciamo a restare a galla. Oltre sessanta persone che hanno deciso di sostenerci ed aiutarci, partecipando e contribuendo. La Colligere sta pian piano tornando ad essere un punto di incontro, di studio, di possibilità.All’interno delle nostre mura ogni settimana si riuniscono ragazzi universitari e delle scuole superiori per studiare insieme, a volte anche aiutandosi a vicenda, avvengono guerre sulle scacchiere, incontri sui giochi da tavola e sfide di ogni genere. La cosa di cui sono contento è che finalmente i ragazzi di Tortoreto sanno che c’è un luogo dove poter incontrarsi, dove poter studiare e divertirsi. Quando sono stato all’università, ho scoperto cosa voleva dire poter andare a casa di qualcu-no dove non ci fossero i genitori, entrare e avere il caffè preparato dal tuo amico: ho scoperto il dialogo davanti una tazzina di caffè, cosa che fino a prima era stato più un’azione fatta per smorzare qualche attesa. Credo che la Colligere possa essere ritenuta una casa universitaria, dove poter andare per studiare insieme, prendersi una pausa sorseggiando un caffè o sfidan-dosi a biliardino, per poi rimettersi di nuovo sui libri con il supporto dei compagni. Non siamo un centro sociale, ma un centro aggregativo. Sarò sincero: non è facile mantenere l’ambiente pulito, sono molte le volte che agli occhi di molti amici passo per antipatico, severo e pesante, ma so anche che è un male necessario affinchè il nostro punto di ritrovo non possa essere soggetto a futili critiche che priverebbero i giovani tortoretani (e non solo), di questo luogo tanto desiderato...certo, non siamo un parco divertimenti o una biblioteca secolare, ma credo che dobbiamo partire dal nostro piccolo, crescendo pian piano, insieme. mi da enorme soddisfazione vedere i ragazzi che si insegnano a vicenda, che si organizzano, che si chiamano per portare giochi o decidere il da farsi insieme, in modo collettivo: sono con-tento perchè in passato era impossibile farlo: le discussioni si concentravano sul dove riunirsi, mentre invece ora è mutata nel cosa fare.Vedo molto interesse, ma sopratutto noto molta partecipazione; noto come i ragazzi sfruttino questa possibilità, anche con questo giornalino: è evidente il bisogno dei giovani nell’avere spazio: spazio architettonico, spazio nei temi, spa-zio nell’ascolto, spazio nella voce: i giovani hanno bisogno di spazio. Gli stessi giovani hanno ricreato questo luogo, sono i giovani stessi che si finanziano e si ado-perano per i propri bisogni, senza l’aiuto di nessuno si sono mobilitati per soddisfare un biso-gno che era rimasto insoddisfatto per anni.Credo sia normale ricevere alcune critiche, anche se pregiudizievoli, ma mi consolo nel sape-re che ogni decisione è presa in modo collettivo, in piena trasparenza e nelle discussioni più accese. Tempo fa insieme a molti altri abbiamo messo a dura prova il nostro sistema nervoso, lavoran-do duro nel vero senso del termine, investendo tutto di noi stessi, e ora è naturale entrare alla Colligere e sentirsi a casa: l’abbiamo fatta a nostra immagine e somiglianza. Organizziamo incontri di psicologia mensilmente, offriamo diversi corsi, tra cui basso, batte-ria, disegno, uncinetto e teatro; offriamo la possibilità di consultare libri, studiare o fare una conferenza. La Colligere è un’assocazione Culturale sana e giovanile che sta evolvendo nel migliore dei modi, spero, e ho buone convinzioni per credere, che sarà in vita per altri ven-tun’anni.

Parola al Presidente

Stefano TiniIl presidente dell’Ass. Colligere

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di Luigi Cardone“Fuga dalla libertà” è il capolavoro pubblicato nel 1941 da Erich Fromm, uno dei più grandi sociologi del XX secolo, che cerca di rispondere ad alcuni dei più grandi interrogativi che un giovane che non ha esperito le dittature del secolo scorso dovrebbe porsi: perché ci sono stati i totalitarismi? Di chi è la colpa? Sempre che ci sia una colpa. Secondo l’autore l’uomo “non ha raggiunto la libertà nel senso positivo di realizzazione del proprio essere, cioè di espressione delle sue potenzialità intellettuali, emotive e sensuali.” La libertà ha reso l’uomo indipendente e razionale, ma anche isolato al punto da dover scegliere se fuggire dal peso di questa libertà verso nuove dipendenze o se progredire verso la piena realizzazione della libertà positiva basata sull’unicità dell’uomo.

di Martina BioccaIn “Novecento” di Alessandro Baricco la storia è già tutta nel titolo. E’ appunto la storia di Novecento: un bambino abbandonato in prima classe durante un viaggio a bordo del Viginian, un transatlantico che viaggia sei-sette volte l’anno dall’Europa all’America, e ritorno. E’ la storia di un bambino prodigio che a soli otto anni sale per la prima volta sullo sgabello del pianoforte della nave e suona come se avesse studiato da una vita accordi e note musicali. E’ una storia che racconta della paura soffocante che ogni giorno tutti noi abbiamo nell’affrontare la vita dovendo districarci tra le sue infinite scelte. Novecento, infatti, decide una sola volta di scendere dalla nave, ma poi sul gradino del pontile, sopraffatto dalla visione dell’immensità del mondo, decide di risalire a bordo, di tornare nel suo mondo ovattato e tranquillo in compagnia delle note del suo pianoforte, di vivere una vita di rinuncia in quella porzione di nave che limita il suo orizzonte. E’ la storia di bambino che all’interno delle pagine cresce e diventa un pianista famosissimo ma che non scenderà mai dal transatlantico. E’ una storia originale, scritta in una lingua fresca e giovanile che cattura l’anima, gli occhi e le orecchie del lettore. E’ una storia scritta a ritmo di jazz. E’ una storia che più che da leggere, è da immaginare.

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di Luigi CardoneThe Road: un bivio alla fine della civiltàTratto dal romanzo omonimo, The Road (La Strada) è un film del 2010 che mette in evidenza le virtù e le fragilità dell’uomo in un contesto catastrofico che segna la fine della civiltà. La storia è ambientata in un futuro post-apocalittico, in un mondo che regredisce e in cui il progresso scientifico-tecnologico è annullato. L’essere umano dovrà, quindi, fare i conti con la propria natura. In questo “inferno grigio” un padre e un figlio, interpretati rispettivamente da Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee, si mettono alla ricerca di qualcosa che permetta loro di sopravvivere: la speranza, quella forza che li allontana dal pensiero del suicidio, dal cannibalismo, dall’egoismo e dalla violenza. Fede, rispetto e amore caratterizzano i due sopravvissuti, circondati dal male e dalla disumanizzazione. Un interpretazione eccellente che veicola messaggi significativi, ponendo l’attenzione su un’importante riflessione: cosa sarebbe l’uomo senza la società, solo nel mondo e spoglio di tutto? Non restano che due soluzione: seguire la strada “animale-disumanizzante” o la strada “morale” che è il risultato di uno storico e lungo progresso spirituale e intellettuale.

di Alessio Angelone“A proposito di Davis”I panni di chiunque, quelli di Llewyn Davis, dei sognatori ad occhi aperti che non hanno una strategia per perseguire la sperata strada. Perché se è vero che il protagonista del film “A proposito di Davis”, interpretato dall’eclettico Oscar Isaac e ispirato alla vita del cantante Dave Van Ronk, è uno dei tanti figli dell’America che cercano fortuna fra gli anni Cinquanta e Sessanta nel mondo del folk revival, è altrettanto vero che la sua figura di inetto deve scontrarsi con la disillusione e la dura realtà. Sono infatti questi hard times (abusando di Dickens) per il folk revival, quelli che antecedono il successo senza precedenti di Bob Dylan (che appare in secondo piano all’inizio e alla fine del film) e quelli che rinchiudevano la dimensione del genere musicale nel quartiere degli artisti, il Greenwich Village. L’abilità della visionaria regia dei fratelli Coen sta proprio in questo: uscire fuori dai confini del Village, e portare sulla scena un panorama musicale oramai privo di verve, se non deceduto da decenni.Fra un divano e l’altro su cui dorme in case di amici e peripezie compassionevoli, il povero Llewyn, che pur succube dell’inettitudine non

riusciremo mai a detestare del tutto, trascorre una vita ciclica senza vie di uscita, impressione quest’ultima resa allo spettatore dalla “costruzione ad anello”: sembra infatti che alla fine del film, pur susseguendosi cronologicamente gli eventi, si torni ai primi istanti della narrazione perdendo la cognizione del tempo, con l’illusione che si ripeta la stessa giornata. Il grigiore esistenziale infine che avvolge Llewyn non è disatteso da quello stilistico: i registi si servono debitamente di una New York metropolitana, fumosa, di scenografie dalle tonalità prevalentemente scure, di inquadrature che sottolineano una vita stantia, di uno sfondo sonoro di brani originali e non, che inevitabilmente accompagna tutta l’odissea del povero protagonista, accompagnato da un gatto di nome (come avrebbe potuto chiamarsi altrimenti) Ulisse. I complimenti vanno anche al cast, composto da Carey Mulligan, John Goodman e Justin Timberlake che detta le note briose e divertenti della colonna sonora folk della pellicola. Un film melanconico ma allo stesso tempo frizzante, candidato agli oscar per miglior fotografia e sonoro a cui però non è stato reso merito. Due statuette negate non metteranno in dubbio il valore artistico di questo capolavoro firmato Coen.

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foto di Mariano Mazzonisocio fondatore della Colligere 21 anni fa

Don Aldino - Storico Parroco di Tortoreto Lido

che ha guidato i credenti dal 1977 al 2007, la-

sciando al nostro paese la Chiesa S.S. Maria

Assunta e la casa parrocchiale adiacente. Sim-

patica nota: chiamava tutti i bimbi “vecchietti”.

Via Trieste- una delle principali vie del nostro

paese com’era prima dell’intervento di restyling.

Nella foto vediamo lo “STOP” sul lungomare e

aldilà di questo, per la memoria dei più anziani,

non può non tornare in mente la “rotonda di

Via Trieste”, storico punto d’incontro delle sere

invernali.

Foto scattata durante la rappresentazione sto-rico religiosa della Via Crucis: durante la Messa pasquale, era usanza rappresentare ogni stazio-ne della Via Crucis per le vie del paese, con abiti e caratteristiche dell’età di Cristo, inscenando la Passione. Nella stessa foto possiamo vede-re il vecchio passaggio a livello in Via Carducci nel momento di attraversamento di un treno.

Sbrogliamento delle reti - reti lunghe centi-nai di metri vengono districate a mano nella zona sud di Tortoreto, nell’entrata allo sta-dio. Spesso però veniva usato anche il lun-gomare, attirando la curiosità dei più piccini.

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Giovani fa rima con Politica? Sì, ma prima c’è un muro da abbattere: lo smarrimento dei ragazzi davanti al linguaggio dei media e dei politici. Siamo all’alba di un nuovo cambio di guardia a Tortoreto, le elezioni comunali sono alle porte e questa è l’occasione giusta per avvicinarli. Ma come si sentono i giovani neovotanti? Quali sono le loro aspettative? La politica nel nostro paese è un interesse che attira anche la parte più giovane della popolazione? Lo abbiamo chiesto ad alcuni di loro, che sono alla prima esperienza nel seggio, cercando di capire loro cosa hanno da dire. Perché si parla sempre di giovani, ma raramente si dialoga con loro. <<Andrò a votare, ma a dire la verità mi sento smarrito, è una cosa che non ho mai fatto e non conoscendo la politica locale non so ancora a chi darò il mio voto>>, dice Daniel, ragazzo di venti anni di Tortoreto. Anche Nicolò, suo coetaneo, la pensa in maniera simile: “Mi sento come un pesce fuor d’acqua, mentre l’esempio politico nazionale mi porta ad avere un gran senso di smarrimento. Non so come il mio voto possa cambiare qualcosa e, soprattutto, chi mi assicura che i vincitori delle prossime elezioni, una volta arrivati in Comune, rispettino gli impegni presi con noi?>>. I due ragazzi sono un chiaro esempio di come ci si possa sentire quando si va a votare per la prima volta, senza nessun tipo di riferimento e di conseguenza con poche idee a riguardo.

Il primo votonon si scorda mai

di Enrico Romagnoli

Le elezioni comunali di Tortoreto viste dai giovanissimi elettori. Tra l’enorme distanza dal linguaggio politico

e la voglia di partecipare : una generazione che prova a farsi sentire

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Affacciarsi al mondo della politica, infatti, per loro non sembra facile, sia perché spesso si fa poco per avvicinare i giovani al mondo politico, sia perché quest’ultimo viene dipinto troppo spesso con colori tristi. Invece la politica è un arcobaleno di infinite possibilità. Nonostante questo profondo senso di smarrimento, infatti, gli stessi Daniel e Nicolò non nascondono i loro sogni e le loro speranze verso la politica: la più forte è quella che alle prossime elezioni ci sia qualche faccia più giovane rispetto al passato; ma Daniel vorrebbe anche l’istituzione di più centri aggregativi no-profit che coinvolgano sempre più ragazzi in attività pomeridiane, mentre Nicolò vorrebbe un occhio di riguardo per i ragazzi che decidono di passare le vacanze estive a Tortoreto, a suo parere questo paese ha bisogno di turismo più giovane. Marco, loro amico, invece, ha già fiducia in chi subentrerà nei locali comunali. Lui dice: <<Beh da un punto di vista emotivo non saprei come descrivere quello che provo: è una cosa che non ho mai fatto, ma che comunque voglio fare. La mia unica preoccupazione è quella di sbagliare a scegliere. Sono sicuro che chi verrà eletto farà un bel lavoro, spero si punti un po’ di più sul turismo visto che è la principale fonte economica del paese>>. <<Il diritto al voto deve essere assolutamente esercitato, io farò la mia scelta in base alla mia ideologia politica. Spero che questa sia la più condivisa. Per me le sale del Comune devono riempirsi di giovani ragazzi preparati che riescano ad apportare benefici al paese>>. Queste sono le parole di Jessica, ragazza decisa, con le idee chiare e con voglia di mettersi in gioco. Da queste testimonianze, traspare l’interesse per il proprio paese che però non viene sempre concretizzato poiché c’è un grande senso di smarrimento e di sfiducia, sensazioni date dalla politica nazionale, che per molti rimane l’unico “esempio”, purtroppo non sempre positivo. Ma non è nemmeno vero che i giovani non si interessano della cosa pubblica e della politica: ognuno ha un proprio pensiero, proposte e modi di vedere la realtà che ci circonda. Il presidente della Consulta Giovanile Comunale di Tortoreto, Giorgio Ripani, in tal senso afferma: “La politica a

Debutta a Tortoreto la doppia preferenza di genere. Alle prossime elezione comunali si potrà votare per la prima volta con un sistema che prevede la possibilità di esprimere due preferenze per due candidati di sesso diverso appartenenti alla stessa lista. La norma, che si ispira alla legge elettorale della regione Campania adottata a partire dal 2009, è stata introdotta al fine di promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nelle amministrazioni locali.Senza dubbio il nuovo metodo di voto, nei comuni in cui è già stato sperimentato, ha prodotto esiti positivi. Tantissimi i politici, uomini e donne, che tuttavia ne hanno fatto una strumentalizzazione. Vero è che in materia elettorale qualsiasi misura positiva è incompatibile con il principio di uguaglianza, ma da qualche parte bisogna pur cominciare per porre rimedio alla sotto rappresentanza femminile. Azioni

a Tortoreto è un grande interesse dei ragazzi, lo dimostrano alcune associazioni civiche e la stessa Consulta Giovanile. Sempre più giovani si interessano della cosa pubblica. Io personalmente sono entusiasta di andare a votare e poter decidere per il mio paese, spero che la nuova amministrazione si prefigga di migliorare i punti di incontro e curare maggiormente le infrastrutture fondamentali>>. I giovani quindi sono qui, pronti ad intervenire e a mettersi a servizio del proprio paese. E in questa splendida città, è impossibile non parlare di politica giovanile.

Alle elezioni comunali si potranno esprimere due preferenze per candidati di sesso diverso. Ma il tema è di quelli che investe l’Italia intera.

DI GIULIA SANTOMO

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M O V I M E N T O 5 S T E L L E T O R T O R ET OCandidato Sindaco LUCA PALANCACandidati Consiglieri MASSIMO BIANCHI

LAURA CAPRETTAENIO CAPRIOTTI

GIORGIO CATALANOVINCENZO CIANCAGLIONE

PATRIZIA DI GREGORIOSALVATORE DI SALVATORE

CLAUDIA GRECCIOLIFABRIZIO OLIVIERI

ALESSANDRO PALUMBOELEONORA SCARPONE

RICCARDO STRACCIALINI

T O R T O R ET O S E M P R ECandidato Sindaco ALESSANDRA RICHICandidati Consiglieri LANFRANCO CARDINALE

RENATO CHICCHIRICHIDOLORES CIMINI

ARIANNA DEL SORDOCARLO DEZI

FABRIZIO DI FEBOFEDERICO DI LORENZO

ROSITA DI MIZIOROSELLA DI PANCRAZIO

DANIELE MARCONIALFONSO MAZZAGUFOSABATINO PALOMBIERI

LILIANA PIACENTINICLAUDIO SECCAFIENO

IVAN TASSONIMASSIMO TARQUINI

T O R T O R ET O N E L C U O R ECandidato SindacoCandidati Consiglieri CAMILLO ARCIERI

GIOVANNI ARDENTESTEFANIA BARLAFANTE

NICO CARUSIROBERTO CELI

ROBERTA CIPRIETTIMAURO DI BONAVENTURASABRINA MARIA DI PIETRO

ANTONIO LUPIDANIELA MIGNINISANDRO PORREAMAURO POSTUMAELENA RICCITELLI

FRANCESCO STAFFILANIINNOCENZO TADDEO

DESIRÈ TAVOLETTI

positive come la doppia preferenza e le quote di genere - non rosa, ma di genere - sono innanzitutto strumenti sgradevoli e sminuenti nei confronti di donne meritevoli e competenti, ma in-dispensabili perché è inutile aspettare che l’apertura avvenga in modo spon-taneo: la paura del cambiamento e del-la perdita di potere da parte dell’uo-mo, l’autoesclusione delle donne dalla politica sono solo alcuni degli aspetti che rendono necessaria tale forzatura per incrementare la presenza femmi-nile nei centri decisionali della politica. Secondo gli ultimi dati relativi al Glo-bal Gender Gap Report l’Italia appare al settantunesimo posto nella graduatoria stilata dal World Economic Forum che valuta la disparità di genere sulla base di quattro criteri fondamentali quali le opportunità nel mercato del lavoro, il livello d’istruzione, la salute e la rap-presentanza politica. L’emancipazione politico-giuridica delle donne si scontra quotidianamente con un ordine ancora fortemente patriarcale basato su ruoli culturalmente determinati. Se ciò non fosse vero non ci sarebbe bisogno di im-porre la parità per mezzo di normative.

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Da Tortoreto alla Basilicata, dopo aver toccato anche Milano e Roma, passando per Pavia, Brescia e Bologna in un infinito giro d’Italia alla ricerca di un lavoro: il racconto di uno dei tanti viaggi del-la speranza di uno dei tanti (aspiranti) giovani infermieri italiani alle prese con i concorsi pubblici

Che stress ragazzi. Questi viaggi della speranza mi sfiancano, ancora non mi ci abituo. Forse mi ci abituerò, e allora sarà grave. Ho la testa che mi pulsa e la schiena reduce da una notte insonne passata sul divano di una sconosciuta. Vorrei dormire, sì, è quello che mi ci vorrebbe, ma questo maledetto autobus che sfreccia fra le montagne lucane mi sta facendo venire la nausea e i due tipi seduti dietro di me che sgranocchiano patatine al formaggio non migliorano la situazione. Tendo l’orecchio, stanno verificando alcune risposte del test: “Allora, vediamo, l’altro nome della vitamina PP, la cui carenza causa la pellagra..” “Ma perché dovrei studiare la pellagra, è una fottuta malattia del ‘700, di quando la gente mangiava solo polenta!” “E tu ti stupisci ancora di ‘ste domande? Le mettono apposta, questi concorsi sono pubblici solo sulla carta, si sa.. comunque, tu che hai risposto?” “B6” “Era B3” “Ecco, appunto..”Guardo fuori dal finestrino e penso che anche io ho risposto B6. Cresce la certezza di essere venuta fino in Basilicata solo per buttare soldi, come se ne avessi! Eh certo, perché ci si arrangia per risparmiare, ma anche per dormire sul divano di una vecchia anziana in un remoto paese nelle desolate lande lucane bisogna pagare. Però lei è stata gentile, per colazione mi ha offerto il ciambellone fatto in casa e mi ha riempito la bottiglietta con l’acqua della sorgente. Qui non c’è un cazzo da visitare, ma ho scoperto che sono pieni di sorgenti di acque minerali: cioè, sono venuta a cercare lavoro in una regione che in quanto a popolarità se la batte con il Molise..no, aspetta, Molisn’t!Sul pullman, mi torna in mente il titolo di un articolo che ha catturato la mia attenzione: << John Elkann: “Molti giovani non trovano lavoro perché stanno bene a casa” >>. Mi scappa una risata. Sì sì, John, ha davvero colto nel segno, noi giovani non troviamo lavoro perché siamo tutti dei bamboccioni, che stanno bene a casa con mamma e papà e non hanno la voglia di alzare il culo dal divano per andare a cercare un lavoro. Certo, qualche bamboccione c’è anche, come faremmo senza, ma queste generalizzazioni, a detta sua poi, lo dica che stava scherzando! Mi chiedo se lei abbia mai dovuto macinare km e km in treno e in autobus (per spendere di meno!) e andare a sostenere la prima di quattro prove dell’ennesimo concorso pubblico a cui immancabilmente si presentano migliaia di giovani (e non solo!), disoccupati come me, che ancora sperano di poter migliorare il loro futuro.Eh già, Lodo, com’era? “Si sta svegli finché non muore la speranza, maledetta stronza, che non muore mai, mentre io vorrei dormire..”Oppure, caro John, ha mai avuto bisogno di recarsi in un centro per l’impiego, dove attualmente ti ridono in faccia quando ti presenti per chiedere un lavoro, quasi fosse una barzelletta? Ha mai avuto bisogno di andare in giro per le aziende, con il caro plico di curriculum in mano e tanta fiducia nel cuore, e sentirsi inevitabilmente rispondere dalla segretaria di turno (i dirigenti sono figure astratte, con i quali puoi solo fantasticare un colloquio immaginario): “Signorì, ma

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qui stanno licenziando tutti, figurati se assumono qualcuno, un giovane senza esperienza poi, non ne parliamo!”. Poi vabé, magari il mese successivo vieni a sapere che un giovane è stato assunto, sì, ma era il figlio del cugino del vicino di casa del direttore generale, e allora? Di che ti stupisci? Siamo in Italia ragazzi, la meritocrazia è presente quanto un unicorno parcheggiato in seconda fila. Comunque, torniamo a noi caro John, ovviamente no, con le opportunità a cui ha sempre avuto accesso, non ha mai avuto bisogno di cercare un lavoro, non ha mai fatto parte di quel 40% di giovani disoccupati, ed evidentemente non ci conosce affatto, quindi per favore, la prossima volta, colga l’occasione per tacere anziché ostentare ignoranza.L’autobus si ferma, siamo arrivati a Foggia. Scendo e mi guardo intorno. Ho tre ore abbondanti prima che arrivi il treno che mi riporta a casa. Mi tornano in mente le parole della vecchia signora da cui mi sono accampata per la notte: “A Fo’gg? Nun ci sta niènt a vedè!” Decido di fare ugualmente un giretto perlustrativo, arrivo in una piazza, mi siedo su una panchina e tiro fuori il libro. Dopo una mezzoretta di lettura penso che Palahniuk stia fomentando alla grande il mio già sedimentato cinismo e chiudo il libro. Noto sulla panchina accanto un tipo di mezza età che mi fissa. Bah..ho la faccia sporca? Ho l’aria stravolta di una fuggitiva che ha attraversato il deserto? Probabilmente si, penso. Faccio la prova del nove, riapro il libro, fingo di leggere per un minuto, poi alzo di nuovo lo sguardo e...tac! Il tipo mi sta ancora fissando. Allora penso che sia l’occasione giusta per sfoderare la Frase, il rimedio di origine ancestrale raccontato da Zerocalcare, il <<checcazzotiguardi?>>. Sto valutando mentalmente l’intonazione giusta da utilizzare, quando lui si alza e si viene a sedere accanto a me: “Eri anche tu al concorso per gli infermieri, vero? Stavi seduta davanti a me!”. Che stupida che sono, sto sempre a pensare male. Il tipo si chiama Fabrizio, ci è venuto addirittura dall’Umbria per fare questo concorso in Basilicata. Mi dice che ormai le tenta tutte, non può permettersi di selezionare, di scegliere. Ha 42 anni, una moglie, una figlia e un lavoro precario a tempo determinato. Mi racconta di sua figlia, che ha 14 anni e vorrebbe anche lei diventare un’infermiera, da grande. Lui sa a cosa andrebbe incontro, sua figlia. Anni di studio, di sacrifici, di speranze, per poi arrivare al giorno della laurea, il Grande Traguardo, il giorno in cui ti guadagni un titolo che ormai è solo un pezzo di carta con cui ti puoi soffiare il naso, per non enunciare altri utilizzi più fantasiosi. Però Fabrizio sa anche il perché sua figlia vorrebbe fare questa professione. Perché in tutti questi anni di lavoro, alternato a disoccupazione, alternato a precariato, costellati di incertezze sul futuro, lui inconsciamente le ha trasmesso la voglia di fare, la passione per una professione, i sogni di una vita che ancora non riesce a realizzare ma in cui non ha mai smesso di credere. E allora Fabrizio non riesce a dirle di no, non riesce a dirle che si sbaglia, che dovrebbe tentare una strada più sicura. Anche perché una strada più sicura, lui, non saprebbe indicargliela. Allora preferisce credere che quando sarà arrivato il turno di sua figlia, il futuro sarà migliore. I giovani avranno delle strade da percorrere e non saranno ostacolati, denigrati, ridicolizzati da imprenditori e politici ignoranti il cui unico scopo è intascare soldi.No, anzi, loro saranno agevolati, e disegneranno il loro futuro, e studieranno per fare il lavoro che amano, e lavoreranno dove loro sceglieranno di vivere, e non il contrario, come noi, qui, adesso, che vaghiamo come meteoriti senza orbita, senza direzione.Speranza. Maledetta stronza.

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Vita da NONAPRITEQUESTOTUBO

A lezione di YouTube (e di cinema) con Claudio Di Biagio

In molti hanno sfruttato la visibilità ottenuta su YouTube per diventare attori. “nonapritequestotubo”, alias Claudio Di Biagio, invece, ha intrapreso la strada della regia. Mentre combatte per una comunicazione di qualità nel Tubo. Ci ha raccontato la sua esperienza da vip del web italiano.

Si ispira a Pif, ma da grande vorrebbe diventare Sergio Leone. E’ Claudio di Biagio, brillante, ironico e spigliato cinefilo, prima ancora che Vip del pianeta YouTube grazie al suo diverten-tissimo canale “nonapritequestotubo”. Il 16 aprile, il 26enne romano ha raggiunto San Bene-detto del Tronto per incontrare gli studenti del Liceo Classico, curiosi di scoprire i sogni ed i segreti del successo di uno dei ragazzi d’oro della prima generazione di youtuber italiani. Quel-la che da qualche anno sforna personaggi dello spettacolo a ripetizione. Ma con Claudio Di

Biagio, invece, hanno assistito soprattutto ad una lezione semiseria di cinema e di comunicazione, ma anche di YouTube, strumento

da lui definito, per potere di coinvolgimento dei ragazzi e non solo, “La radio dei giorni nostri”. Lui è conosciutissimo so-

prattutto e per le sue parodie dissacranti, come quella di Twilight che ha superato la soglia di 1 milione e 600 mila

visualizzazioni, ma anche per una serie web, approdata poi su Deejay Tv, che ha firmato insieme ad altri talenti di Youtube: Freaks. Ma oggi, dopo aver superato quota 13 milioni totali di visualizzazioni sul suo canale Di Bia-gio cerca di sfondare come regista. Già imboccata questa strada, con diversi lavori alle spalle tra cui un lungome-

traggio in collaborazione con Rai Cinema, “Andarevia”, ora sta girando “Vittima degli Eventi“, che racconta le avventu-

re del personaggio di Dylan Dog tra gli scorci di una Roma noir e che comincia ad attirare la curiosità anche dei media

nazionali. Un film per la cui realizzazione si è mobilitato tut-to il mondo di YouTube Italia con donazioni volontarie e che

sarà distribuito gratuitamente. Tornato per un attimo serio

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Di Biagio dice ai giovani in platea, prima di affidarsi alle domande del Colligere: <<Pren-dete a testate i muri che vi si porranno davanti, ma non rinunciate ai vostri sogni>>.

YouTube è una rampa di lancio per il cinema al giorno d’oggi?YouTube è utile per allenarsi, per capire e far capire quello che si può fare nel mondo del videoma-king. Ma è soprattutto un potentissimo strumento per farsi conoscere e per affinare la tecnica: chi visualizza e commenta i tuoi video ti indirizza. Poi quello che hai imparato e guadagnato puoi sfruttarlo, ma per entrare nel cinema devi convincere, fare mille incontri, cominciare a lavorare dalle basi e affrontare migliaia di colloqui. Poi il treno devi “acchiapparlo” al volo. Soprattutto se, come me, aspiri alla regia e non a fare l’attore, come invece hanno fatto alcuni miei colleghi e amici.Come ti sei avvicinato al mondo di YouTube?Per caso e per divertimento a 21 anni. Sono stato forse uno degli ultimi, nel mondo degli youtu-ber italiani più visti ad aver cominciato a condividere video solamente con questo scopo. Certo il mio obiettivo è sempre stato quello di sfruttarlo per arrivare a fare cinema.E invece alla regia?Non ho mai studiato cinema, la mia formazione è cominciata a 16 anni quando ho cominciato a lavorare nel videomaking e nella comunicazione. Per fortuna ho trovato un mentore, che mi ha insegnato a lavorare. Lavorare nel campo, farsi esperienza, infatti, ti predispone il cervello alla possibilità di fare praticamente qualsiasi cosa. I tuoi modelli?Pif mi fa impazzire. Sergio Leone è un genio. Potrei cominciare a parlarne e non finirei mai, mi limito a questo: non puoi pensare di parlare di cinema o addirittura di girare, se non hai mai vi-sto “C’Era una volta in America”.Cosa consiglieresti ad un giovanissimo che vuole fare cinema?Di buttarsi e fare, fare, fare. Un ragazzo che vuole fare regia è inimmaginabile che non abbia già girato un cortometraggio entro i 20 anni, anche se sbagliato e inguardabile. Devi crescere girando e montando video, provare a recitare per entrare nella psicologia degli attori, poi ai colloqui puoi dimostrare che sai lavorare. Il “pezzo di carta” non basta.Che genere di film vorresti girare?Ogni apprendista regista ti dirà che vuole fare cinema d’autore. Di sicuro non si entra nel cinema per quella porta.

NONAPRITEQUESTOTUBO

Le locandine di “Freaks” e

“Dylan Dog - vittima degli eventi”

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CLAUDIO DI BIAGIO

Ai ragazzi del Liceo, hai detto che i giovani registi sono ostacolati al giorno d’oggi dalle “vecchie glorie” che non “mollano”. Il rapporto tra generazioni su YouTube, invece, qual è?Sergio Leone, ad un certo punto della sua carriera, ha deciso di dare spazio ai giovani registi ed aiutarli. Passaggio di testimone lungimirante e bellissimo, che purtroppo ora noi non vediamo, “ostacolati” come siamo anche dagli stessi autori che a loro volta hanno ricevuto una occasio-ne dalla generazione precedente di Leone e colleghi. Su YouTube, invece, i giovanissimi e chi crea video per la prima volta ora può dire di avere ora una strada più semplice da percorrere rispetto a quella che abbiamo affrontato noi della prima generazione, avvicinati per primi da un sistema di manager e strategie comunicative e da un mondo con poche regole e minore qualità. Ancora oggi noi “pionieri” sbattiamo la testa contro il muro per migliorare la comunicazione su YouTube ed aiutare i nuovi youtuber che propongono talento e genialità: qualche risultato lo abbiamo ottenuto.Il video di cui vai più fiero?Ho ripreso anziani che ballavano e si divertivano “come dannati” in un parco di Berlino, dove mi trovavo in vacanza con la mia ex. Nel video non parlo mai ed i protagonisti sono loro. Una comi-cità geniale nata da un’ispirazione folgorante. E poi è tutto improvvisato, come piace a me. Si chiama “Berlin Trip”. Vedetelo!Cosa non vorresti vedere su YouTube?La banalità di alcuni video di Francesco Sole, dove è assente l’ improvvisazione. Tutto è studiato a tavolino da esperti di comunicazione. Poi la volgarità, come nei video più recenti di Andrea Dipré. Parlaci di Dylan Dog, di cui è da poco uscito il trailer.Un progetto no-profit innovativo finanziato tramite un sistema che in Italia ancora funziona poco, il crowdfunding, ossia il finanziamento collettivo. In tanti da tutta Italia ci hanno aiutato e abbiamo raggiunto così decine di migliaia di euro con cui stiamo girando <<Vittima degli Eventi – Dylan Dog>>, che uscirà gratuitamente su YouTube e da cui spero di ottenere buona visibilità. In tanti, ci hanno aiutato dal punto di vista tecnico. Il progetto è piaciuto anche a qualche nome importante del cinema e della tv, che ha deciso di darci una mano gratis. Come gli attori Milena Vukotic e Alessandro Haber. Il film, ideato da me e Luca Vecchi, è per fan e non solo: non è il co-siddetto “fan service”. Il protagonista è Dylan Dog, ma per la storia ci siamo ispirati ad un vero fatto di cronaca da incubo accaduto a Roma. L’ambientazione infatti è Roma, non la Londra da

cartolina del fumetto, di cui abbiamo mantenuto l’atmosfe-ra cupa . L’idea è simpatica ed è venuta fuori per caso,

ma nemmeno troppo: da quando ho imparato a leg-gere, leggo Dylan Dog e dedicare un film al mio

eroe è già di per sé un sogno da sempre. Poi un giorno guardando il mio amico Luca Vec-

chi, che è sceneggiatore del film, mi sono accorto che assomigliava terribilmente a

Groucho. Da lì la decisione di buttarci in questa fantastica avventura.

Cosa ne pensi del Colligere e dell’impegno dei giovani in questo tipo di associazioni?Cazzo, queste cose ce vojono, ragà. Sono con voi.

Intervista a cura di Luca Tomassoni (con la collaborazione di Gian Piero Orfanelli)

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Vita da NOCOLDIZ

Attenti a NocoldizCon il suo video più popolare, in cui dissacra il fenomeno Bear Grylls, ha raggiunto quasi le 600 mila visualizzazioni. E’ di Alba Adriatica ed è ormai nell’olimpo di Youtube Italia.

Uno delle qualità che un buon Youtuber deve possedere per poter entrare nell’elite è si-curamente quella del video-editing, in quanto un buon montaggio è ormai assolutamen-te necessario per rendere il proprio video maggiormente fruibile agli occhi degli utenti.C’è chi però, ha fatto di quest’arte la sua più grande fortuna sul mondo del Tubo: il suo nome è Paolo Pirruccio alias Nocoldiz, ragazzo appena ventenne di Alba Adriatica, che in pochi anni è riuscito ad entrare nell’olimpo di Youtube Italia grazie ai suoi divertentissimi video-montaggi, i quali hanno superato l’incredibile soglia di 14 milioni di visualizzazioni totali.I video di Paolo rientrano però in una categoria particolare, che è divenuta ormai conosciuta col nome di Youtube Poop: essenzialmente, si tratta di scomporre dei video già esistenti che vengono chiamati Source (Fonti), per poi ricomporli tra di loro in modo tale da stravolgerne i contenuti e il significato, in modo tale da creare una propria opera. Per comprendere meglio q u e s t o particolare ambiente ci siamo fatti aiutare da Nocoldiz in persona, che ci ha innanzitutto spiegato come si è approcciato a questa passione:

“L’idea di fare Poop (il termine deriva dal nome dei primissimi video di genere chiamati YouTube Poop per l’appunto ndr) mi era venuta guardando alcuni video americani scoperti per caso, e provando a fare qualcosa di mio. Il mio stile

allora era estremamente basico, infatti mi limitavo a delle semplici ripetizioni, rallentamenti e ad applicare qualche

semplicissimo effetto grafico... Con gli Youtubers Ziotok83 e despotaaa ho poi scoperto che esistevano poop italiane e sopratutto ho imparato l’arte del sentence mixing, ovvero dello stravolgere i dialoghi.

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NOCOLDIZ

Quando ho iniziato a fare questi video, nel 2009, le poop esistevano già da tre anni ma il fenomeno era poco diffuso in Italia, per-lomeno come fenomeno culturale su You-tube. Degli “antenati” delle poop italiane infatti, si possono trovare nella storica tra-smissione televisiva Blob e nei corti di Elio e le Storie Tese che venivano trasmessi nel programma radiofonico Cordialmente”

Un semplice passatempo che si è tramutato poi in un vero e proprio lavoro. E’ da quasi un anno infatti, che Paolo, oltre ad esse-re apprezzato da un numero sempre mag-giore di iscritti (più di 70.000) riesce anche a vedere concretizzati i frutti del proprio talento grazie alla Partnership di Youtube, la quale gli permette di trarre anche qual-che piccolo profitto da tutta la mole di la-voro che necessita la creazione di un video:

“Il tempo che impiego per l’editing varia da source a source, e difatti posso impiegare dal-le 2 fino anche alle 10 ore totali. Solitamente la ricerca delle fonti e il montaggio avvengo-no in contemporanea : se ho un idea, ricerco la source e la aggiungo al progetto. In questo modo neppure io, all’inizio, so con esattez-za l’indirizzo che prenderanno i miei video!”

Video che potrete facilmente trovare sul ca-nale Youtube di Nocoldiz, il quale grazie al suo geniale senso dell’humor e al suo incre-dibile talento per l’editing ha assicurato a tutto il mondo del web, ore ed ore di puro in-trattenimento grazie ai suoi oltre 250 video!

Intervista a cura diGian Piero Orfanelli

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La Nassa è un attrezzo rudimentale usato per la pesca della seppia. Oggi, la “voccarola” metallica permette alla seppia di entrare ma non di uscire. Inizialmente, però, la struttura della nassa era in legno, come nel caso del pezzo conservato al Colligere. La struttura era rivestita da una rete a maglia media e all’interno vi si inserivano foglie di alloro per mimetizzare il tutto.

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Madonna a mare - Tipica usanza del nostro

paese: il giorno di Ferragosto viene portata

la Madonna sul mare tramite una barca per

essere benedetta, intorno ad essa si riunisco-

no barche, specie pescherecci di proprietà dei

marinari tortoretani, con sopra bambini e tu-

risti, che crea un’atmosfera di gioia e allegria.

Messa presso “Slargo Caduti in Mare”,

rito e tradizione vogliono che ogni Dome-

nica mattina nei mesi estivi, la Santissima

Messa venga svolta ai piedi del monumen-

to dedicato a chi ha perso la vita in mare.

Piazza Matteotti - Vista dall’alto della Messa presso “il Cannone”. La piazza aveva ancora le aiu-le e lo storico cannone della 2^ guerra mondiale.

Banda dei Giovanissimi di Tortoreto - questo era il nome della banda formata da giovanissi-mi tortoretani, con al massimo 16 anni, guida-ta dal Prof. Anselmo Zampana, ora deceduto, che ha insegnato Educazione Musicale nelle scuole medie di Tortoreto Lido: nella memoria di molti anche per i saggi natalizi nelle scuole.

foto di Mariano Mazzonisocio fondatore della Colligere 21 anni fa

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Qualche giorno ti svegli contentoqualche giorno ti senti spento un giorno capisci che devi partireun giorno capisci che deve finireHai dato tutto e ricevuto nientetroppo bene fa male alla genteora prenditi per mano e con forza cammina lontanoDalle ceneri rinasceraicome una fenice volerai.Quando sentirei che tutto é cambiatoquando non peserà più il passatoriderai prima o poisorriderai dei tuoi guai.

“Ti fanno scegliere tra destra e sinistra tu invece indica la viapuoi pregare per andare in altooppure stai qua ascolta il bassoqui ti danno solo il rosso o il nerola mia politica è un arcobalenodipende da tequi non si fa testa o crocedipende da te se andare lento o velocedipende da te chi far scendere dalla croce.Qualche scritta dice chela legge è uguale per tuttipoi con un bel sorrisoti mandano in paradisola piuma nera sta ancora fumandoper una pallottola senza controllo.Il sole batte su persone freddeil cuore di ghiaccio e la mano che togliesanti vestiti da super eroiuomini vestiti da avvoltinoi invece siamo al centroil paese è vivo dentro”

Come una Fenice Testa o Croce

Enrico Romagnoli

Enrico Romagnoli

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Svegliatomi solo, nel cuore della notte, quando la città è silente, mi sporsi a mirare il cielo: mi-liardi di stelle brillando mi ac-cecavano gli occhi, il loro albedo mi ha ridestato la veglia, la loro immensità mi ha fatto girar la testa,il loro candore mi ha abbagliato la retina, il loro sfavillare mi si è impresso nella mente.In quel momento, però, capii che mai, tutte insieme, rifulgevano quanto una singola stella: la stella più splendente che mi si è impressa dentro al cuore e che, illuminandomi la vita, mi riem-pie l?anima ed allontana ogni solitudine.Questa stella sei tu.

Eravamo giovani nuvole leggere,quando ci incontrammo io e te.Creammo vivaci vortici di vita,nelle stanze infinite del nostro amore.Un giorno aprimmo poi una porta sul mondo,da nuvole fummo pioggia e non senza dolortoccammo cemento, alberi e terra.Realtà provò a separare corpi già uniti,anime mescolate come tempere,senza più confini.Ma nulla fu in grado di scorgere,nel turbine dei nostri colorivide solo un sorriso di luce.

Polvere di Stelle Eravamo giovani

Eugenio Flajani Galli

Anonimo

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“I Bambini di Betania” è un’associazione internazionale. Nasce con l’intento di dare un valido aiuta alle famiglie e ai bambini che stanno vivendo una situazio-ne difficile. La direttrice della Onlus tortoretana è Maria Luisa Giangiulio. Solo pochi giorni fa è stata premiata, nella ricorrenza della festa delle donne, con il premio ‘Anna Pepe’ per essersi distinta per la sua attività professionale e il suo impegno civi-le. Nella sua associazioni i bambini arrivano attraverso degli assistenti sociali. «Dietro ogni bambino c’è un giudice e una sentenza. In base a quello, noi come associazione possiamo ospitarli per un breve periodo, aspettando che i proble-mi nella famiglia si risolvano, oppure – precisa Maria Luisa Giangiulo - possiamo aiutare i bambini un’altra famiglia dove andare, in adozione o affido». Quasi tut-ti i bambini sono della zona e quando arrivano hanno buona padronanza della lingua italiana; riescono quindi facilmente relazionarsi tra loro. Attualmente nella struttura sono presenti una ventina di bambini di età molto differente tra loro. Dai più piccoli ai più grandi, una valorosa equipe di assisten-ti sociali, psicologi ed educatori è al servizio delle varie esigenze dei bambini. «Con i più grandi svolgiamo un lavoro molto diverso: magari li aiutiamo a trova-re un un’occupazioni che li possa rendere indipendenti. Con i più piccoli invece è diverso. Abbiamo una struttura notte dove possono dormire tranquillamente e una struttura giorno – continua Maria Luisa- dove possono sviluppare le loro capacità creative o relazionali». I fondi che arrivano alla struttura provengono principalmente attraverso due vie: o da donazioni di privati, o dal Comune di provenienza dei bambini che la struttura va ad ospitare. Solo una piccola parte arriva effettivamente dalle do-nazioni al 5x1000. «Questi bambini quando arrivano hanno bisogno di tutto: dal latte, ai vestiti, al materiale scolastico e ricreativo. Quello di cui invece ha bisogno la struttura – conclude Maria Luisa - è un numero maggiore di volontari per far sì che questi bambini siano seguiti al meglio».La maggior parte di questi bambini dopo un breve periodo riesce a tornare a casa, ma un terzo di questi invece ha bisogno di trovare una nuova famiglia che sappia accudirli con maggiore amore e cura.

di Martina Biocca

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www.ibambinidibetania.com

Puoi sostenere i nostri progetti con un libero contributo in denaro

oppure diventando un nostro associato volontario.

- Tessera socio sostenitore: € 50,00 annuali

- L’apertura di una nuova casa famiglia, per l’accoglienza di bambini

bisognosi, cha abbia come punto di riferimento una famiglia (con

tutta un’equipe di esperti): € 50,00 mensili

- L’accoglienza il sostegno e la riabilitazione di minori che vivono

profondi disagi e sofferenze: € 10 mensili

- L’apertura di ludoteche sul territorio, indispensabili per la prevenzio-

ne del disagio e per la riabilitazione dei ragazzi: € 20 mensili

- L’adozione a distanza di un bambino: € 30 mensili

- Corso di formazione per operatori volontari: € 20 mensili

- Bollette elettricità: quote di € 30 mensili

- Bollette gas: quote di € 20 mensili

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La storia dell’uomo è da sempre un’alternanza di due condizioni. Guerra e pace: due facce della stessa medaglia. La musica è in grado di rievocare quei sentimenti che avvolgono i fatti storici e ci guida in un affascinante viaggio nella storia d’Italia. Tortoreto ha la fortuna di ospitare un importante patrimonio storico e musicale costituito dall’archivio privato di Federico Orsini, giovane collezionista laureato in Storia. Oltre quattromilacinquecento dischi 78 giri, spartiti, una dozzina di grammofoni, raccolte di francobolli del Regno d’Italia e degli stati preunitari, pubblicazioni e foto inedite, pipe, abiti tipici del primo Novecento: sono solo alcuni degli oggetti che il ventiseienne tortoretano ha riunito nel corso di circa quindici anni. Pezzi di alto rilievo: il fonografo, inventato da Edison, e il disco più piccolo del mondo, un cimelio da museo su cui è registrata la canzonetta italiana “T’amo ancora”. Una notevole quantità di materiale raro e di profondo interesse culturale che racconta l’Italia tra fine Ottocento e inizio Novecento. Numerosissimi i brani a carattere patriottico, militare e pubblicitario. Tra le tante voci storiche è possibile ascoltare quelle dei poeti Trilussa ed Ernesto Murolo, dei papi Pio XI e Pio XII, di Padre Pio, di generali, condottieri e politici come Di Revel, De Pinedo, Diaz, Cadorna, Badoglio, De Bono, Mussolini e Turati. Di particolare rilevanza anche i dischi censurati dal regime fascista, come “l’omicidio Matteotti”, e quelli contenenti notizie autobiografiche, come quello di Guglielmo Marconi.L’eccezionale collezione nasce dal connubio tra storia e lirica che Orsini ha saputo elaborare con profonda dedizione. La ricca raccolta comprende, inoltre, centinaia di cataloghi e opuscoli pubblicitari delle case discografiche, foto inedite e autografi degli interpreti della lirica italiana del tempo, incisioni di un giovanissimo Aldo Fabrizi, registrazioni di Vittorio De Sica, Gilberto Govi, Alberto Sordi e Fernandel, diventato poi il celebre Don Camillo, canzonette e marce di Daniele Serra, Odoardo Spadaro, Alberto Rabagliati, Milly, Ernesto Bonino, il Trio Lescano e Nino Taranto. <<Ma il mio preferito è Carlo Buti, prima stella di fama mondiale nel panorama della canzone ‘’all’italiana’’, primo vero grande interprete di questa>>, racconta Orsini, continuando: <<Buti seppe calamitare da subito gli interessi di persone di ogni età e fascia sociale, il suo repertorio spaziava su ogni genere di canzone e incise anche due brani lirici. La sua voce era pastosa, sentimentale, vellutata, aveva un falsetto ed una dizione perfetta. Di lui ho più di 370 dischi tra stampe italiane e americane, più le ristampe inglesi, francesi e non solo. ll tenore fiorentino iniziò a incidere nel 1930, ma divenne talmente famoso, che nel Dopoguerra in Brasile e Argentina si diceva mangiassero ‘’pane e Buti’’. Il suo successo venne meno con il crescere di fama di nuove voci come Claudio Villa. Smise di incidere nel ‘56. Negli ultimi anni tanti collezionisti che conosco hanno inserito molti suoi brani su internet ed esistono alcune pubblicazioni di sue registrazioni riversate in CD. E’ un peccato che in Italia nomi come Buti siano caduti completamente nell’oblio e non dicano nulla alle generazioni che non hanno vissuto quegli anni ormai lontani. All’estero è diverso>>. A Tortoreto, quindi, la Storia d’Italia rivive tramite la musica, arte che incide nel cuore e nella mente odio e amore, fede e onore, malinconia e spensieratezza.

Sapevate che anche l’italietta del Ventennio fascista aveva la sua superstar internazionale? A Tortoreto c’è chi custodisce, con la musica, la storia d’Italia.

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l’angolo dello SportGiovani guantoni crescono

(e continuano a vincere)Oltre l’apparenza, la boxe è una nobile arte. E Tortoreto, che ha una sua importante tradizione, continua a sfornare talenti. Primo fra tutti, il giovanissimo Mattia Di Remigio.Ad un passo dalla boxe che conta davvero, c’è un giovane di Tortoreto. Nei primi di agosto del 2013, di sera e nel bel mezzo della passeggiata del lungomare, davanti ad una folla di tanti curiosi e tra le vecchie glorie della boxe di Tortoreto e dintorni, sale sul ring un giovane talento tortoretano che in pochi in città hanno visto combattere, ma che ormai è temuto in tutte le palestre d’Italia. Il nome di Mattia Di Remigio è arrivato persino nella famosissima palestra ”Indomita” di Roma, dopo aver varcato i ring di prestigiosi tornei e campionati nazionali in tutto il Paese, dalla Capitale a Napoli, Bologna, Rimini e non solo. 12 le vittorie in 22 match e mai nessun ko per il giovane pugile, classe 1991, che è arrivato ad un passo dalla Prima Categoria Elite combattendo tra i pesi Welther e Super Welther (fino a 70 chili) per la Pugilistica Rosetana, fabbrica di campioni italiani del maestro, ed ex campione lui stesso, Luciano Caioni. Ma la Prima Categoria, quella della “star” Clemente Russo e anche quella in cui rientrano gli atleti che partecipano alle Olimpiadi, a Mattia non basta, soprattutto ora che gli mancano pochissimi punti per raggiungerla. ”Il mio sogno è quello di arrivare alla categoria dei professionisti, dove la boxe è completamente diversa da quella dilettantistica delle classi elite, sia per regole, sia per modo di combattere. Mi affascina lo stile dei “picchiatori, quello di Julio Cesar Chavez, campione messicano degli anni ’80, che per me è un modello”. Ma come si diventa campioni? <<Per fare il pugile ci vogliono ostinazione e tanti sacrifici. Il resto lo te lo insegna la boxe, che è maestra di vita: al contrario dell’apparenza rude e di quanto pensa molta gente, infatti, il pugilato insegna valori sani come l’umiltà ed il rispetto. Ti aiuta inoltre a trovare un equilibrio, a formare un carattere e ad evitare la violenza fuori dal ring, porta via i ragazzi dalla strada. E’ uno sport difficile, ma nelle palestre c’è davvero un bell’ambiente e nonostante si combatte anche duramente, poi fuori dal ring si è tutti amici. Io l’ho scoperto fin da subito, quando mi sono avvicinato per caso alla boxe a 17 anni, capitando come spettatore alle preolimpiadi ospitate dalla Rosetana. E’ lì che questo sport mi ha catturato ed è lì che ho conosciuto Luciano Caioni, il maestro che mi ha cambiato la vita e mi ha accompagnato nel mio percorso nel bellissimo mondo della boxe>>.

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Le scrippelle ‘'mbusseSi può credere che nessuno abbia mai messo in dubbio che le crêpes fossero un piatto francese: e invece no, in Abruzzo il dubbio che le crêpes siano le figlie francesi di un piatto italiano è stato insinuato dagli orgogliosi genitori teramani.Tuttavia la versione ufficiale ci narra che le scrippelle ‘mbusse siano una derivazione rielaborata delle crêpes francesi. Ecco la storia: siamo nel 1810 a Teramo, dove gli ufficiali francesi erano di stanza. Al posto del pane il cuoco francese era solito servire ai commensali le crêpes, ritenendole più gradite e ap-petibili dell’umile e rozzo pane di granoturco e del pane nero prodotti in quel periodo di carestia. Il caso volle, però, che un bel giorno l’aiuto cuoco, il teramano Enrico Castorani, stava preparando un vassoio di crêpes, che per un fortuito incidente caddero nella pentola del brodo. Non sapendo come rimediare, il cuoco teramano, ricco senz’altro di italica prontezza di spirito, pensò bene di servire, al posto della mi-nestra, quel delizioso miscuglio di crêpes e brodo di gallina. Sembra che i francesi apprezzarono senza riserve e così nacquero le scrippelle ‘mbusse.Per quanto riguarda l’etimologia del nome crespelle deriva, pare, dal francese “crepe s’appelle”, il termi-ne scrippelle altro non è che la sua forma dialettale.

Si parte!Ingredienti (per due persone; 12 scrippelle):- 3 uova- 3 cucchiai di farina- 75 ml d’acqua- 1 pezzo di lardo(solitamente si calcola un uovo a persona - all’incirca - e per ogni uovo c’è bisogno di un cuc-chiaio di farina)Versate in un recipiente le uova e la farina, sbattete con cura i due ingredienti, affinché non si formino grumi. Quando siete sicuri di averli amalgamati bene, aggiungete l’acqua. Continuate a sbattere. Prendete poi una padella (di piccole dimensioni), mettetela su un fornello a fuoco lento e ungetela con il pezzo di lardo (questa operazione va fatta per ogni crêpes!). A que-sto punto versate, aiutandovi con un mestolino, pochissimo impasto e roteate la padella con l’altra mano, affinché l’impasto si sparga in modo omogeneo. Ricordatevi che la crêpes deve venire davvero sottile! Dopo pochi secondi noterete che i bordi della scrippella cominceran-no ad alzarsi: vuol dire che è il momento di girarla! Per evitare che si rompa aiutatevi con una forchetta a staccare il contorno della crêpes e, afferrandola con entrambe le mani, rigiratela. Fatela stare altri pochi secondi sul fuoco, poi mettetela in un piatto. Una volta finito tutto l’im-pasto, prendete il pecorino (o il formaggio) e cospargetelo sulla scrippella, poi arrotolatela su se stessa, per chiuderla. Sistematele, circa 4-5, in un piatto e versateci sopra il brodo caldo.Bon appetit! Rimanendo in tema, ometto gli accenti e lascio a voi la scelta di pronunciarlo in francese o in teramano!

di Jessica Tini

Per questa e per le prossime ricette nonna Cecchina, abruzzese DOC, ci accompagnerà alla scoperta delle nostre radicate tradizioni locali

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NAZELICAPITOLI 1 E 2

di Federica Albani

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