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Casella di testo
Il diritto fallimentare e delle società commerciali 5/2009
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di vantaggi informativi o di forza economica per imporre soluzioni di mag- gior favore, a danno di altri soggetti; ricostruzioni, queste, adottate in altri ordinamenti, e proposte senza fortuna anche per la riforma della legge fal- limentare (4), ma che si è preferito non adottare nel nostro ordinamento,

(') Con D.M. 28 novembre 2001 del Ministero della Giustizia fu istituita una «Commis- sione per l'elaborazione di principi e criteri direttivi di uno schema di disegno di legge delega a1 governo, relativo all'emanazione della nuova legge fallimentare ed alla revisione delle nor- me concernenti gli istituti connessi», presieduta dall'Avv. Sandro Trevisanato e, appunto, no- ta ai più come «Commissione Trevisanato*, nella quale erano autorevolmente rappresentati il mondo giudiziario, professionale ed accademico. All'esito dei lavori, protrattisi per quasi tre anni, la commissione elaborò un disegno di legge delega del quale erano presenti due testi paralleli, uno approvato dalla maggioranza dei componenti, l'altro votato a minoranza, cia- scuno con opzioni difformi e in parte contrastanti su alcuni dei punti nodali dei principi di delega proposti. Gli obiettivi fondamentali della riforma risultarono tuttavia condivisi dalle due componenti della coinmissione: la relazione generale allo schema di legge delega (comu- ne ad entrambi i testi di disegno di legge), ipotizzò una procedura con fisiononiia molto cliia- ra: apertura ad ogni possibile contenuto del piano di sistemazione della crisi, che vedesse pro- tagonisti il debitore e i creditori e riservasse al giudice un ruolo più defilato di quello rivcstito nelle procedure cosiddette minori (concordato e amministrazione controllata); previsione di tempi certi e ragionevolmente rapidi per la definizione degli accordi; indicazione, nell'ambito - di questa procedura, di percorsi ancor più rapidi e semplificati dlorché il debitore avesse pre- ventivamentc raggiunto l'accordo con una parte significativamente rilevante e qualificata dei creditori. Per iltesto degli schemi di decreto legGlativo v. JORIO-FORTUNATA, La ri/ornta delle procedtrre coticorszrali- 1 progetti, Milano 2005, pag. 253. Una seconda Comniissione, sempre presieduta dall'Aw. Sandro Trevisanto, elaborò un disegno di legge rubricato «Sche- ma di d.d.1. di riforma della procedure concorsuali redatto dalla Commissione istituita con D.M. 27 febbraio 2004 dal Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro delllEconomia e delle Finanze, presentato agli uffici legislativi dei Ministeri deleganti», il cui testo integrale è pubblicato in Fallit~zento 2004, stippl. n. 8. L'art. 1 del progetto di legge disegnava i contorni di tre processi regolatori dell'insolvenza, già in parte delineati negli schemi di legge delega elaborati daiia prima commissione: se gli istituti di allerta e prevenzione avevano lo scopo di «far cmergcre con tempestività la crisi dell'impresa in funzione di ricercare le soluzioni più adatte per il suo superarnerito», ponendosi dunque in una funzionc preventiva alla fase patologica dell'insolvenza, la procedura di composizione concordata della crisi era diretta a consentire al debitore di «superare la crisi o di regolare il suo stato di insolvenza proponendo ai creditori un piano che può avere finalità conservative, liquidatorie o miste». L'ulteriore procedimento era invece quello con i caratteri più vicini al «vecchio» fallimento. Ed infatti, la procedura di liquidazione concorsuale fu disegnata in modo tale da essere diretta a «sod- disfare i creditori concorsuali attraverso la liquidazione del patrimonio del debitore e la suc- cessiva distribuzione del ricavato owero attraverso un piano di regolazione dell'insolvenza alternativo alla liquidazione del curatore». La previsione di un percorso guidato di emersione dell'insolvenza delineava una forte volontà di prevenzione del fenomeno, rivolta ad evitare clie il default delle imprese si manifestasse solo quando le conseguenze fossero state irrever- sibili. In questo quadro, si stagliava la previsione di un intervento solo in chiave patologica del Tribunale, alla cui valutazione finale era rimessa la prognosi sulla effettiva salute dell'iinpresa, consentendo, nell'il~otesi in cui fosse emerso un semplice «stato di crisi», di rimettere all'iin- presa la possibilità di awalersi di una procedura di composizione concordata della crisi. Tale ultima procedura, dalle caratteristiclic solo in parte assiinilabili 3 qiielle del concordato pre-

Parte I - Dottrina 609

forse per le radicali innovazioni sulla stessa composizione degli organi giu- diziali in materia fallimentare che avrebbero presumibilmente richiesto, e per il rischio di isolamento dell'impresa sotto P osta a controllo, che ha fatto ritenere gli svantaggi maggiori dei vantaggi ( ).

ventivo, fu immaginata con lo scopo di regolare, appunto, tanto lo stato di crisi, quanto l'in- solvenza, e si apriva per iniziativa esclusiva del debitore il quale aveva facoltà di presentare un piano di pagamento dei propri debiti, anche in deroga alle disposizione in tema di prelazione. La procedura era imperniata sulla dialettica tra debitore e creditori che, attraverso l'organo rappresentativo del «consiglio dei creditori), (owero anche individualmente, purché portatori di percentuali di credito rilevante), esercitavano ampi poteri di influenza e di autorizzazione degli atti della procedura e l'amministrazione dell'impresa durante la fase concorsuale. P i ì~ limitato il ruolo dell'organo giurisdizionale: nella fase preventiva, la verifica era solo limitata all'esistenza dei requisiti formali di accesso alla procedura, mentre non era previsto alcun po- tere di verifica sulla meritevolezza o sulla fattibilità del piano. Approvata la proposta da parte dei creditori, peraltro, anche la fase dell'omologazione del piano avrebbe assunto le carattc- ristiche di un procedimento di mera approvazione e verifica della regolarità della procedura. Una parentesi contenziosa avrebbe potuto aprirsi nell'ipotesi di opposizione da parte dei uno o più creditori. In tal caso, se l'opposizione fosse stata proposta da creditori che non avessero rappresentato percentuali significative del passivo (individuabili in misura inferiore al 10% dell'ammontare dei crediti iscritti), il Tribunale avrebbe dovuto valutare l'idoneità del piano a tutelare il creditore opponente in maniera non deteriore rispetto ad altre alternative prati- cabili (compresa la liquidazione concorsuale). Più pervasiva l'indagine del Tribunale nell'ipo- tesi di opposizione proposta da creditori che avessero rappresentato almeno un decimo dei creditori iscritti, owero nell'ipotesi di relazione sfavorevole da partc del commissario giudi- ziale, laddove l'organo giudicante avrebbe potuto verificare l'attuabilità del piano. L'attenua- zione dei poteri del Tribunale era inoltre accentuata dall'assenza di potere di iniziativa per la risoluzione o l'annullamento del piano che poteva essere domandata, quanto alla prima, solo su ricorso di uno o più creditori, quanto alla seconda, oltre che su ricorso di uno o più cre- ditori anche su iniziativa del P.M.

( 5 ) I1 progetto di legge della seconda Commissione Trevisanato, esitato nell'estate del 2004, non arrivò tuttavia mai all'esame delle Camere, probabilmente travolto dalla eccessiva onerosità in termini di espressione di volontà politica che l'approvazione dell'innovativo siste- ma concorsuale avrebbe comportato. Ed infatti, innumerevoli sarebbero stati gli interventi necessari all'attuazione del piano di riforma: da una necessaria riforma dell'ordinamento giu- diziario che prevedesse l'istituzioni delle sezioni specializzate miste di cui agli art. 3 , 4 e 5 del disegno di legge, sul modello dei «tribunnzrx de commercm francesi (owero giurisdizioni di primo grado composte di giudici non togati, in prevalenza imprenditori o tecnici con com- provata esperienza in materia commerciale, di nomina elettiva, con competenza in materia di controversie commerciali e concorsuali instaurate tra imprenditori e nei confronti di iin- prenditori per rapporti inerenti l'attività di impresa), all'interazione con altre disposizioni re- golamentari (si pensi all'istituzione degli organismi di vigilanza presso le Camere di coininer- cio) e normative (in riferimento, ad esempio, alla regolamentazione tributaria). A ciò si ag- giunga che dalla riforma sarebbero certamente usciti del tutto ridefiniti i ruoli (ed il rispettivo peso) dei soggetti della procedura all'interno del sistema: in particolare i creditori assuineva- no nella dialettica del procediineiito, tanto nella fase della composizione concordata clie in

liquidatoria, un ruolo sempre più importante, idoneo ad incidere nei momenti cliiave delle procedure concorsuali (tale, ad esempio, da poter influenzare la natura ed i poteri at- tribuiti a1 Tribunale nella fase del giudizio di opposizione all'omologazione del piano di coin-

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Le recenti riforme, invece, hanno preferito puntare su soluzioni mag- giormente «private» nella composizione della lite, che tuttavia portano con loro il rischio, che l'ordinamento non sembra particolarmente interes- sato a scongiurare, che la salvezza dell'impresa passi anche attraverso un sa- crificio assai elevato dei diritti dei creditori, anche in ipotesi di alcuni più clie o a vantaggio di altri (6).

Certo, è anche possibile che le nuove disposizioni in concreto, poiché auspicabilmente tese alla velocizzazione dei processi di ristrutturazione, ri- sanamento, o liquidatori, si rivelino alla fine convenienti anche per i credi- tori, specie creditori-fornitori o lavoratori che avranno comunque più da guadagnare dall'auspicato recupero aziendale, e che in ogni caso è possibile possano ottenere una soddisfazione più ampia ed in tempi drasticamente ridotti rispetto alla durata in concreto delle procedure concorsuali pre-ri- forma; come è possibile, con l'allargamento dei soggetti abilitati alla presen- tazione di concordati fallimentari, che anche alcuni creditori possano pro- porre soluzioni concordate tese a trasformare i crediti, o parte degli stessi, direttamente nella proprietà dell'impresa insolvente, così da ermettere in- Y sieme salvaguardia delle realtà aziendali e tutela dei crediti ( ).

Per certo, tuttavia, le nuove disposizioni che si occupano delle procedu- re concordate sembrano volutamente comprimere i diritti dei creditori al-

posizione concordata, se l'opponente fosse stato o meno portatore di una percentuale quali- ficata dei crediti ammessi al concorso), nonché le scelte degli altri organi della procedura sulle modalità della liquidazione del patrimonio.

( 6 ) Si pensi, ad esempio, ai creditori soddisfatti stragiudizialmente prima della presenta- zione di una proposta di concordato preventivo, ed il cui pagamento potrà non essere sog- getto a revocatoria in caso di successivo fallimento se effettuato nell'ambito di un piano di risanamento attestato da un soggetto revisore, secondo le prescrizioni di cui all'art. 67, com- ma 3 lettera 4; ancora, si pensi al creditore che accetti una soddisfazione concordataria in ragione solo percentuale, contribuendo così al raggiungimento delle maggioranze di legge, ma a fronte della prestazione di fideiussioni personali a garanzia del residuo credito esulante dalla falcidia concordataria.

(') Come ad esempio realizzato nel concordato proposto dal Commissario Straordinario per le società del Gruppo Parmalat sulla base delle norme contenute nella legge di conversione del c.d. «Decreto Salvaparmalat» (d.l.23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni in l. 18 febbraio 200.1, n. 39) con il dichiarato «duplice obiettivo di (i) consentire quella pro- secuzione della attività di impresa del core brrsiness che, come evidenziato dal Piano Industriale illustrato nel Capitolo IV del presente Programma, si dovrebbe tradurre in un sensibile incre- mento dei risultati economico-finanziari e quindi del valore dei complessi produttivi capaci di generare reddito e di (ii) riservare il beneficio riveniente dalla continuazione della attività e dal conseguente atteso aumento di valore, ai creditori chirografari delle Società oggetto del Con- cordato, creditori che hanno subito il pesante pregiudizio dell'insolvenza del Gruppo» (cfr. Punto 6.1. del programma presentato al Ministro per le Attività Produttive dal Commissario Straordinario Dott. Enrico Bondi). La documentazione completa relativa alla procedura di concordato delle società del Gruppo Parmalat, ivi compresa la relazione del Commissario straordinario, è disponibile sul sito www.parttzalat~na~~~t~~inistrazionestraordinana.it.

l'accertamento ed alla soddisfazione dei propri crediti, elemento ormai qua- si accidentale ed accessorio delle dinamiche concorsuali, peraltro in un lim- bo normativo quanto alle concrete possibilità di tutela del proprio credito, specialmente per i creditori «deboli», owero coloro che non hanno capacità di interlocuzione paritaria con chi tenti un salvataggio; e, si rammenti sem- pre, il più delle volte privilegiare la tutela di un credito automaticamente si risolve nella dimidiata tutela degli altri creditori.

Compito del giurista, nel rispetto delle indicazioni legislative, è oggi più che mai ricostruire un sistema globale che identifichi e tenga in conto le va- rie esigenze, individuando gli strumenti, efficaci e non, di tutela dei diritti di accertamento e soddisfazione del credito nelle procedure concorsuali, senza tuttavia giungere ad immotivate compressioni dei poteri accordati ai propo- nenti per la risoluzione delle crisi d'impresa.

E richiamare la vasta categoria dei professionisti chiamati ad attestare o a predisporre piani di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti, relazioni giurate di professionisti sul valore di mercato da attribuire a beni su cui esiste una causa di prelazione (160 legge fallim.), verità dei dati azien- dali e fattibilità del piano di concordato preventivo, ad una matura consa- pevolezza del proprio ruolo, poiché ad essi è oggi riservato un compito mol- to importante dalla cui riuscita dipenderà il successo della riforma; è un ruolo di grande responsabilità, prima di tutto etica, che la riforma attribui- sce ad una vasta categoria di professionisti, teso a garantire i diritti dei terzi, e non solo del proprio committente; l'auspicio è che l'orgoglio per il nuovo ed importante compito riconosciuto, insieme alla consapevolezza delle san- zioni che potrebbero gravare sul professionista inadempiente ('), spingano al raggiungimento degli obiettivi prefissi.

2. La limitata tutela del credito nelle procedure concordate integralmente stragiudiziali. - La stipula di accordi ~tra~iudiziali di composizione dell'in- solvenza tra l'imprenditore ed i creditori, pur operanti esclusivamente sul piano privatistico e senza alcun intervento da parte dell'organo giudiziario, si è contraddistinta come strumento di frequente utilizzo nella prassi dei rapporti commerciali. Tali soluzioni, tuttavia, si sono dimostrate tradizio- nalmente non esenti da rischi nell'ipotesi di naufragio del piano e successivo fallimento dell'imprenditore, soprattutto accentuando il rischio di possibili ipotesi di concorso in bancarotta preferenziale, owero, sul piano civilistico, di revocatorie dei pagamenti ricevuti.

Con la rimodulazione dell'art. 67 legge fallim. (che, si ricorda, ha anche

(8) Si pensi, ad esempio, alla possibile responsabilità extracontrattuale del professionista nei confronti dei creditori nell'ipotesi di alterazione dei dati contabili, oppure ai possibili ri- svolti penali di cui in/ra par. 3 .

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612 Il diritto fallitnentare e delle società commerciali Parte 1 - Dottrina

dimezzato il erio odo sospetto) si è introdotta la particolare esenzione di cui al comma 3 lett. d ) che considera non più revocabili i pagamenti effettuati, e le garanzie prestate, in esecuzione di un piano di risanamento la cui ragio- nevolezza sia attestata da un professionista (awocato, commercialista, ragio- niere commercialista o società tra professionisti, aventi i requisiti per la no- mina a curatore), secondo le stesse modalità previste per le operazioni straordinarie di fusione societarie a seguito di acquisizione con indebita- mente, indicate nell'art. 2501 bis cod. c i ~ .

Si tratta di uno strumento caratterizzato da relativa libertà di forme ( 9 ) ,

e non soggetto a particolari vincoli pubblicitari, che si ritiene potrebbe pre- scindere da un accordo espresso con i creditori in ordine alle percentuali offerte (che peraltro ben potrebbero non caratterizzarsi in categorie omoge- nee ed essere singolarmente concordate o garantite). L'attuazione dei piani di risanamento prescinde dunque da una effettiva tutela della par condicio creditoruvz, tanto che le modalità di risanamento rimangono interamente devolute all'accordo tra privati, con la conseguenza di vedere vieppiù favo- riti quei creditori con maggiore forza contrattuale.

Ci troviamo in un contesto di risoluzione esclusivamente privato, che non prevede alcuno specifico mezzo di accertamento e tutela per crediti integral- mente o parzialmente in contestazione. Tuttavia, questi creditori, così come i creditori non contestati e che ritengano di non aderire aile proposte soluzioni stragiudiziali, o cui dette soluzioni non siano state neppure prospettate, po- tranno certo utilizzare tutti i meccanismi che il diritto privato ed il diritto pro- cessuale consente per ottenere tutela, così agendo in via ordinaria di esecu- zione individuale o concorsuale con la richiesta di fahmento (in presenza del- le condizioni), o in via di cognizione ordinaria con il corredo comunque deile disposizioni cautelari ( l0) che consentano di tutelare il credito o il bene con il blocco o il controllo sui beni dell'impresa e dell'imprenditore (l1).

Questa situazione, naturalmente, può complicare notevolmente ogni se-

(') Si è osservato, v. ARATO, Gli accordi d i salvataggio o di liquidazione delì'itnpresa in crisi, in Falli~~zento 2008, 1237, che non potrebbe prescindersi dalla forma scritta dei piani di risanamento, poiché diventerebbe difficile l'attestazione di ragionevolezza da parte del pro- fessionista, senza poter concretamente valutare i contenuti del piano, i modi prospettati per il superamento della crisi e l'esattezza dei criteri utilizzati per individuare le cause della crisi medesima.

( l 0 ) Misure cautelari previste oggi anche nel contesto del procedimento di istruttoria prefallimentare, di cui all'art. 15, coinma 8 legge fallim., laddove il Tribunale, su istanza di parte, può emettere i prowedimenti cautelari e conservativi a tutela del patrimonio dell'irn- presa, la cui duraia è liiiiitata a quella del procedimento istruttorio e vengono confermati o modificati con la sentenza dichiarativa, o revocati con il decreto che rigetta l'istanza.

(") E ciò sempre attraverso misure conservative come il sequestro, anche giudiziario al- lorquando sia contestata la proprietà o il possesso dell'azienda.

rio piano di risanamento e di ristrutturazione, che si basi ad esempio sul mantenimento dell'attività imprenditoriale con eventuale trasferimento ad alcuni creditori e con una dismissione invece di alcuni cespiti piuttosto che di altri per soddisfare altre situazioni creditorie, poiché il creditore non considerato o che comunque non aderisca è libero nella sua attività di tutela e di individuazione dei beni su cui soddisfarsi; l'istituto, cioè, non ha tutte quelle facilitazioni (come il blocco cioè delle attività esecutive e cautelari) che sono previste per le altre forme che l'ordinamento offre di soluzioni concordate della crisi di impresa, ed appare allora francamente dettato quasi esclusivamente per evitare conseguenze dannose per alcuni soggetti nell'ipotesi di un eventuale futuro fallimento.

La disposizione, dunque, non esclude il rischio di un utilizzo superficia- le quando non volutamente distorto dell'istituto, che consente di favorire quei soggetti che hanno ricevuto i pagamenti, e ancor più quelli che hanno ricevuto un pagamento integrale, rispetto a coloro che rimangono creditori senza ricevere alcunché, se successivamente si sia arrivati al fallimento con una realtà imprenditoriale ormai ulteriormente svuotata (immediata, per- tanto, la considerazione inoltre di come questa situazione possa a maggior ragione esercitare una pressione indebita nella scelta di adesione del credi- tore), specialmente se dovesse ritenersi oramai integralmente precluso l'e- sercizio della revocatoria; la tutela, in queste ipotesi, riposerebbe infatti esclusivamente sul giudizio prognostico esercitato dal revisore contabile, «un giudizio di ragionevolezza» tuttavia che, secondo le prime tesi interpre- tative (l2), non appare dalla lettera della disposizione successivamente sin- dacabile dagli organi della curatela.

Ritengo invece che il giudice delegato possa operare un pur circoscritto controllo sulla fattibilità del piano; si tratta, a mio awiso, di un piano teso alla risoluzione della crisi d'azienda che nelle intenzioni del legislatore deve essere valutato con criteri contabili, economici, prognostici, ma tuttavia non strettamente giuridici. Non è necessario, cioè, che il piano di risanamento preveda ad esempio il pagamento integrale di tutti i creditori, ancorché in modo dilazionato, ed il pagamento percentuale solo di quei creditori che abbiano già espressamente accettato la riduzione, come invece si preve- de ad esempio per il piano di ristrutturazione ex art. 182 bis legge fallim.; ne, a mio awiso, è necessario nella redazione del piano prevedere il rispetto

( l 2 ) V. ad esempio STASI, 1 piani di risanamento e d i ristrtrtturazione nella legge fallinzcn- fare, in Falli~nenfo 2006, 861 il q a l e ritiene che sia da condividere l'opinione che ritiene, in caso di iilsuccesso del piano, che il Curatore del successivo falliinento non possa chiedere la revoca dei pagamenti eseguiti sulla base del piano dimostrandone la inidoneità, in quanto I'at- testazione di ragionevolezza dovrebbe costituire un implicito riconoscimento dell'idoneità del piano, salvo forse il caso di comprovata malafede dell'accipiens.

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dei creditori in classi secondo posizioni giuridiche omogenee con il rispetto rigoroso delle classi di privilegiati e chirografari, e con il grado di privilegio, prevedendo una graduazione dei pagamenti nel rigoroso rispetto dei criteri codicistici come nel concordato preventivo, poiché appunto la finalità che sembra dover essere perseguita è invece quella della previsione di un nuovo strumento agile che fornisca un ombrello ai pagamenti che ragionevolmente potrebbero condurre ad una soluzione della crisi.

Residua, tuttavia la necessità a mio awiso che il giudice valuti il piano che non ha fornito gli esiti sperati, sotto alcuni pur limitati profili; così, do- vrà valutare se il rispetto di quel piano, comunque costruito ed in forza del quale sono stati effettuati alcuni pagamenti, avrebbe o no condotto alla so- luzione della crisi, nel verificarsi delle situazioni ipotizzate (ad esempio, un aumento di fatturato poi non realizzatosi); e inoltre'dovrà valutare la ragio- nevolezza del piano anche sotto il profilo delle possibilità che le soluzioni proposte abbiano delle concrete possibilità di essere realizzate ( l 3 ) . Allora, rimane la necessità, in conclusione, che il giudizio di ragionevolezza del pro- fessionista, quando infine l'azienda sia stata dichiarata fallita, venga ad es- sere oggetto di analisi da parte degli organi della curatela ed eventualmente del giudice della revocatoria (sempre con valutazione, naturalmente, ex an- te), onde valutare la correttezza dello stesso, ed impedire pertanto che il piano di risanamento, strumento che è previsto per la risoluzione di crisi d'impresa, con eccessiva facilità possa essere trasformato in uno strumento teso esclusivamente a favorire alcuni creditori rispetto ad altri.

Rimane, infine, lo spettro delle sanzioni penali, una volta dichiarato il fallimento, per chi tramite il piano di risanamento si proponga di raggiun- gere non commendevoli finalità. Così, a mio awiso ( l ), anche un atto non

(l3) Così, a mio awiso, non si sottrarrà ad una valutazione negativa del Giudice Delega- to un piano attestato che preveda, sulla base di un giudizio prognostico, aumenti di fatturato assolutamente improbabili, o la concessione di garanzie e finanziamenti già primafacie irrea- lizzabili, owero la riduzione di crediti, magari garantiti, che non appaiano accettabili da parte dei creditori.

(l4) Si tratta di capire se, in queste ipotesi, ciò che è permesso dalla legge fallimentare non sia per ciò solo esente da reato; o, piuttosto, se la mancata abrogazione o modifica della disposizione penale non comporti la necessità non solo della sua piena applicazione, ma anche il rischio, oltre alle conseguenze penale, che atti o contratti stipulati non debba- no oggi comunque essere considerati invalidi perché in contrasto con le imperative dispo- sizioni della legge penale. FABIANI, L'alfabeto della nrrova reuocatoria fallinzentare, in Fal- linzento 2005,581, ritiene ancora attuale la bancarotta preferenziale, e dunque applicabile la sanzione di nullità per gli atti «compiuti allo scopo di favorire in danno degli altri cre- ditori con la partecipazione consapevole del terzo...». L'autore precisa, ancora, come la nullità sia invocabile anche per i pagamenti, per effetto della clausola di cui all'art. 1324 cod. civ. (ritenendo evidentemente il pagamento un atto unilaterale tra vivi avente conte- nuto patrimoniale).

soggetto alla revocatoria ex art. 67 legge fallim. in forza delle esenzioni ora previste potrà fondare il reato di bancarotta in presenza del dolo specifico del fallito che va ricondotto allo scopo primario di favorire un creditore e di danneggiare così gli altri (e non soltanto di accettare il pericolo, la possibi- lità che l'evento realizzi il risultato dannoso, come ritenuto dalla dottrina maggioritaria (l5)).

Da questo punto di vista, tuttavia, il piano di risanamento presentato dall'imprenditore e asseverato da un esperto potrebbe rappresentare una ciambella di salvataggio per il fallito, che potrebbe provare a sostenere I'as- senza del dolo specifico richiesto per il reato proprio dall'avallo di un esper- to e dalla intrinseca serietà del piano presentato, ciò che in determinate cir- costanze potrebbe fornire spunti per sostenere la propria buona fede nei pagamenti (l6); ed anzi, anche questo potrebbe rap P7 resentare una spinta al- la presentazione di corretti piani di risanamento ( ), che metterebbero al riparo il fallito dal reato di bancarotta, sempre aleggiante per chi tenti la strada del recupero a mezzo di un mero concordato stragiudiziale (l8), 0

del pagamento atomistico di solo alcuni tra i creditori. In ogni caso, rimane ferma la possibilità di applicare i consueti istituti

civilisti agli atti compiuti dal fallito, onde sindacarne validità o efficacia; ad esempio, allora, verificare se alcune vendite effettuate dal fallito non sia- no invece simulate.

L'atto rimane poi soggetto alla sanzione di nullità (l9) quando sia stato compiuto in accordo tra i contraenti, allo scopo di favorire il contraente ed a danno degli altri creditori (20).

Contra invece R R I C C H E ~ I , Relazione per il convegno «la disnplina della crisi di itnpresa e il nuovo sislenza reuocatorio: la riforma del diritto fallimentare nella delega legislatiua», Foggia 9 luglio 2005, in www.ipsoa.it//alhen~o, che, sul presupposto che l'art. 67 comma 3 legge fallim. descrive situazioni di liceità poiché esclusi dall'area della revocabilità, ritiene che per quegli atti si debba in radice escludere ogni rilevanza penale.

(l5) In argomento v. PEDKAZZI, in PEDKAZZI-SGUBBI, Reati cotmmessi dal fallito, in Commentario Scialoja Branca alla legge fallinzentare, Bologna-Roma 1995, 1 16 seg.

( l6 ) L'esperto è responsabile civilmente e penalmente del suo operato ex art. 64 legge fallim.

( l 7 ) Rimane ferma, infatti, la necessità che il piano di risanamento non solo sia credibile in se, ma presenti la reale situazione dell'azienda, con tutte le attività e le passività. In argo- mento, v. retro al par. 2.

(l8) SU concordato stragiudiziale e bancarotta si rimanda all'ampia disamina effettuata da FRASCAROLI SANTI, Efi t t i della cotnposizione stragiudiziale dell'insolvenza, Padova 1995, 87 seg.

(l')) Così, a mio parere, rimane applicabile anche agli atti compiuti nel periodo sospetto ma non revocabili per la disciplina delle esenzioni, l'invalidità ex art. 1418 cod. civ. se questi siano stati compiuti con lo scopo di privilegiare alcuni creditori, e di danneggiare gli altri, integrando il reato della bancarotta fallimentare.

(20) FABIANI, OP. ult. cit., 581-582, ritiene nullo ogni atto compiuto per favorire uii terzo

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616 Il diritto fallimentare e delle società commerciali Parte l - Dottrina 617

Rimane infine, a mio avviso, la possibilità per i creditori estranei all'ac- cordo che abbiano subito la conseguenze di un piano certificato in assenza dei presupposti per il salvataggio dell'impresa, di agire nei confronti del- l'esperto per farne valere la responsabilità ai sensi dell'art. 2043 e 2236 cod. civ.

3 . La tutela del credito nel concordato preventivo. l1 ruolo degli organi della procedura nel giudizio di omologazione. - I1 «nuovo corso» delle pro- cedure di composizione dell'insolvenza è stato avviato con la prima rivisita- zione dell'istituto del concordato preventivo, attuata già con le norme di cui al «decreto competitivitàn (21), e completata con la riforma di cui al d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169. L'istituto consente oggi all'imprenditore di pro- porre ai propri creditori un percorso di risoluzione del dissesto dell'impresa che si concretizzi, indifferentemente, tanto in uno «stato di crisi», quanto nella in una più grave situazione di insolvenza.

Si comprende dunque come il novero delle situazioni risolubili attraver- so la proposizione del concordato preventivo sia alquanto eterogeneo, tanto che ben potrebbe il debitore fare ricorso alla procedura anche semplice- mente per raggiungere lo stesso obiettivo dell'abrogata amministrazione controllata, proponendo dunque il pagamento integrale dei creditori, ma una più o meno accentuata dilazione temporale.

Le possibilità di modulazione della proposta di concordato consentono oggi al debitore di realizzare diverse soluzioni per la risoluzione della crisi di impresa che prescindono dalla necessaria offerta di pagamento percen- tuale (peraltro ormai senza l'obbligo di offrire percentuali minime di sod- disfazione predeterminate per legge) o dalla mera cessione dei beni ai de- bitori, e anche attraverso tra la suddivisione dei creditori in classi che pre- vedano trattamenti differenti per ciascuna categoria di creditori o attraver- so la non integrale soddisfazione dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca.

Peraltro, la proposta di concordato preventivo non risulta più sottopo- sta ad alcun controllo di meritevolezza da parte del Tribunale; ulteriore in- centivo per il debitore risulta poi il blocco di nuove azioni esecutive e cau- telari alla data di presentazione del ricorso (22).

ai danni degli altri creditori, con la «partecipazione consapevole del terzo, da valutarsi alla stregua della conosceiiza del criterio di preferenza».

(21) 1).1. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni in 1. 14 maggio 2005, n. 80. ( I 2 ) A differenza che nel fallimento, laddove l'art. 51 fa salve le esecuzioni regolate da

disposizioni di legge speciali, qiiali quelle relative a1 credito fondiario, l'art. 168 legge fallini. non contempla una disciplina analoga. Ritiene LO CASCIO, 11 concordato preventivo, VI1 edi- zione, Milano 2008, 446, che si deve presumere che nei confronti dell'imprenditore in con-

Qui certo si offre la scelta al creditore, pertanto libero se accettare o no la proposta concordataria; e tuttavia, la scelta è a semplice maggioranza dei crediti ( 2 3 ) , sicché è ben possibile in pratica che il creditore sia chiamato a subire le scelte della maggioranza dei creditori, o addirittura di un singolo creditore se in possesso della maggioranza dei crediti, anche se non le con- divida (e con le nuove regole, senza una percentuale minima di soddisfazio- ne assicurata), o rimanga convinto che avrebbe potuto ottenere maggiori soddisfazioni agendo individualmente, o anche a seguito di un fallimento del proprio debitore, e senza che esista un organo avanti al quale egli possa fare valere una simile doglianza.

I1 diritto individuale del creditore nella sua libera estrinsecazione viene così parzialmente compresso di fronte alla prospettiva di una soluzione con- cordata a maggioranza, e peraltro anche istituzionalmente tesa necessaria- mente alla salvaguardia del complesso aziendale.

Una soluzione quella adottata dal legislatore, peraltro, di impatto ancor più rilevante e che merita di essere segnalato se si considera come oggi il concordato preventivo sia allargato tanto alle società in stato di insolvenza quanto a quelle che semplicemente attraversino uno «stato di crisi», e cioè una situazione comunque non irreversibile per definizione, e da cui in buo- na sostanza ci si propone di uscire anche (ma, in teoria anche prevalente- mente o esclusivamente) con il sacrificio di creditori che dunque, se in mi- noranza, ben potrebbero essere dissenzienti (oltre, ad esempio, al rischio di vedere comunque un'alterazione delle maggioranze richieste con introdu- zione di crediti ad hoc, e tante altre situazioni prospettabili per le quali,

cordato preventivo non possano essere esperite neppure le azioni esecutive di credito fondia- rio. Nello stesso senso, prima della riforma, cfr. Cassazione 19 marzo 1998, n. 2922 in Fa/- limento 1999,363 con nota di PETRAGLIA; Cassazione 7 novembre 1991, n. 11879, in Falli- mento 1992,49, ed in Girrst. civ. 1992, I , 1281 con nota di DIDONE, Esect~zioneper la riscos- sione del credito fondiario e concordato preventivo.

(*j) L'art. 177 legge fallim., così come modificato dal d.igs. 12 settembre 2007, n. 169, prevede ora che il concordato preventivo è approvato se all'esito delle operazioni di voto ri- porta la maggioranza dei crediti ammessi al voto; nell'ipotesi in cui siano previste diverse clas- si di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi. La previsione originariamente introdotta dal d.1. 14 marzo 2005, n. 35, de- scriveva un più complesso meccanismo di computo delle maggioranza per il quale, al pari del sistema attuale, il concordato era approvato se riportava il voto favorevole dei creditori che rappresentavano la maggioranza dei crediti ammessi al voto; tuttavia, ove fossero previste di- verse classi di creditori, il concordato era approvato se riportava il voto favorevole dei credi- tori che rappresentavano la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella classe medesima, ma il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al comma 1, poteva approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi aveva approvato la proposta di concordato e qualora avesse ritenuto che i creditori ap- partenenti alle classi dissenzienti potessero risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

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618 Il diritto fallimentare e delle società commerciali Parte I - Dottrina

in effetti, l'art. 236 legge fallim. offre una tutela anche in chiave preventiva e dissuasiva in concreto non sempre efficace (*-')).

La soluzione adottata dal legislatore impone dunque una compressione dei diritti del singolo creditore, intendendo la massa dei crediti dunque co- me una sorta di unico credito omogeneo; soluzione avverso la quale è lecito manifestare profondi dubbi in ordine all'equità ed alla razionalità sottesa, ma che non appare contestabile in chiave costituzionale.

Si tratta di una scelta con cui fare i conti, e da valutare pragmaticamen- te, onde però verificare se le concrete dinamiche procedimentali legislati- vamente previste quanto alla presentazione della domanda di ammissione ed al controllo dell'offerta (e di successive eventuali sanzioni) di fatto non consentano un ulteriore potenziale occulta compressione dei diritti dei cre- ditori.

Da questo punto di vista, la tutela dei creditori può estrinsecarsi sulla base delle determinazioni degli stessi creditori, ma si basa certo anche sui poteri di controllo, d'ufficio o indotti dalle opposizioni dei creditori eserci- tato dal tribunale, che si estrinsecano prima dell'approvazione finale della misura in tre diverse fasi.

I1 primo momento di controllo attiene al momento del giudizio sull'am- missibilità della proposta di concordato preventivo dalla disposizione di cui all'art. 162 legge fallim., oggi limitato ad un'analisi sull'esistenza dei presup- posti (e per taluni, anche sulla astratta fattibilità del piano, se pure non più sulla convenienza (25)) tuttavia basate eminentemente su suggestioni e docu-

('"1 Sul punto v. LO C ~ s c i o , op. cit., 985 seg., e la dottrina ivi richiamata. ( 2 5 ) Un controllo che, tuttavia, sembra non di mera regolarità formale; piuttosto, soprat-

tutto riguardo alla relazione dell'esperto di cui all'art. 161 legge fallim., deve avere ad oggetto anche il contenuto dell'attestazione di veridicità dei dati aziendali e contabili esposti e della prognosi di coerenza e concretezza del piano incluso nella relazione. In tal senso v. Tribunale Bari 25 febbraio 2008, in Fallii?zento 2008,682, con nota di GENOVIVA, I litniti del sindacato del Tribunale del concordato preventivo alla bce del «correttiuo». Già prima della novella del 2007, non mancavano indicazioni in giurisprudenza nel senso riconoscere più penetranti po- teri al Tribunale in sede di controllo di ammissibilità, v. Tribunale Milano 9 febbraio 2007, in Fallinzento 2007, 1218 con nota di MANDRIOLI, Concordato preventivo: la ~ertj5ca del i'riba- naie in ordine alla relazione del pro/essioni.rta. I1 Tribunale meneghino in particolare ha evi- denziato come in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo all'Autorità Giudiziaria competa, nell'abito del controllo di legalità coerente con le funzioni di garanzia assegnate, la verifica della completezza argomentativa e deUa coerenza motivazionaledelle at- testazioni contenute nella relazione dell'esperto nonché della congruenza tra i dati esposti in ricorso e la valutazione di fattibilità del piano concordatario, così da assicurare che tale rela- zione sfoci in una prognosi reale sulle prospettive poste alla base del piano medesimo. In sen- so conforine si veda anche Tribcinale Moriza 16 ottobre 2005, in Fallin~ento 2006, 62, e Tri- bunale Pescara 20 ottobre 2005, in Fallivzento 2006,56. Si veda, infine, Corte d'Appello To- rino 19 giugno 2007, in Falli~~zento 2007, 13 15, con nota di VACCHIANO, I poteri di controllo del trzbrinale zn sede di a~?z/nissio/w del debitore al concordato preventivo. Secondo la corte to-

mentazione prodotte dalla parte; questa fase, peraltro, è oggi dialetticamen- te impreziosita da una sorta di opinamento tra tribunale e proponente ai sensi dell'art. 162 legge fallim. tale da consentire in più ipotesi l'evitarsi di un pronuncia di inammissibilità, sostituito con una miglioramento ed una precisazione della proposta.

Nel controllo dei presupposti, un momento centrale, poi, atterrà all'a- nalisi della suddivisione dei creditori in classi secondo posizioni giuridica e interessi economici omogenei; diverse sono in argomento le tesi che si af- facciano quanto alla maggiore o minore libertà da riconoscersi al proponen- te, e conseguentemente alla maggiore o minore invasività dell'intemento del tribunale fallimentare; una soluzione non semplice, e che tuttavia è auspica- bile possa giungere a degli esiti per quanto possibile predeterminabili per non scoraggiare le proposte concordatarie, in cui nella scelta dell'ampiezza dei poteri si dovrà tentare di operare il miglior possibile contemperamento tra esigenze spesso opposte e tuttavia in se tutte commendevoli; da una par- te, la necessità di non ingabbiare un meccanismo che solo se interpretato con libertà potrà dare gli auspicati esiti di risoluzione di crisi ed insolvenza; e, tuttavia, individuare dei meccanismi di controllo della regolare formazio- ne delle classi rigorosi seppur limitati per impedire che il meccanismo del concordato si trasformi anche nella libertà assoluta e non adeguatamente giustificata di scelta del creditore proponente, attraverso una sorta di ghet- tizzazione di alcuni creditori in determinate classi, di far pagare la crisi del- l'impresa solo ad alcune categorie di creditorie. In argomento, per indicare alcuni dei temi di probabile incertezza, credo sia ragionevole ipotizzare che la divisione debba tendenzialmente rispettare i gradi di privilegio ed il chi- rografo, e che la divisione dei creditori in diverse classi, sempre che adegua- tamente e convincentemente giustificata nel caso concreto, possa compiersi solo all'interno del grado; che sia però possibile proporre diverse soluzioni a diverse classi, mediante cessioni di quote o aliud pro alio ecc. e che pertanto la proposta non debba limitarsi a proposte percentuali, e che in queste ipo- tesi, in cui effettivamente la valutazione di convenienza del singolo creditore è certo più difficile, centrale sotto il profilo della ragionevolezza delle classi e delle proposte satisfattive e del rispetto delle classi di credito, sia il ruolo

rinese, in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo il controllo del tribu- nale deve vertere: a) sotto il profilo della regolarità, sull'accertamento della rispondenza dei dati considerati ed attestati dal professionista qualificato ai sensi dell'art. 161, comma 3, legge fallim., alla documentazione di supporto o degli elementi comunque acquisiti; b) sotto il pro- filo della completezza, sull'accertamento dell'offerta di un'informazione, esauriente ed argo- mentata, dell'effettiva situazione economica e finanziaria del debitore richiedente, in relazione al piano proposto ai creditori, in modo che esso sia dawero spiegato sulla base di un'indica- zione, critica e ragionata, dei mezzi offerti rispetto agli obiettivi perseguiti.

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del tribunale; che all'interno delle classi di privilegio, possa non essere rigo- rosamente necessario il pagamento integrale della classe precedente, e sia possibile ipotizzarne un pagamento percentuale, utilizzando il residuo ad esempio per il parziale ancorché certamente inferiore soddisfo della classe di grado inferiore.

I1 secondo momento del controllo può svolgersi già nel corso della pro- cedura che infine condurrà alla fase del giudizio di omologazione. Già nel corso della procedura, alla luce dell'obbligo di attivarsi del tribunale nelle ipotesi di sollecitazioni del commissario già nell'ipotesi di cui all'art. 173 legge fallim., e dell'attivarsi del commissario giudiziale chiamato ad una ve- rifica ed ad autonome indagini ex art. 171-173 legge fallim., il tribunale può se del caso anche anche riesprimere i propri poteri di controllo potendo pe- rò contare su un significativo sviluppo di nuove conoscenze grazie all'atti- vità di indagine e di verifica che appunto deve essere svolta dal commissario giudiziale.

Infine il terzo momento del controllo fa riferimento al giudizio di omologazione che segue l'esito favorevole delle votazioni; ritengo, infatti, che i poteri di controllo del tribunale siano mantenuti nel giudizio di omologazione (a mio avviso, anche in assenza di opposizioni) in cui il tri- bunale è a mio avviso chiamato a dare un giudizio, pur sempre limitato all'esame dell'esistenza dei presupposti e dell'inesistenza ora anche delle condizioni ostative di cui all'art. 173 legge fallim., e tuttavia al momento dell'omologazione da rendersi anche sulla base dei pareri e della relazione del commissario giudiziale ( 2 6 ) , delle allegazioni dei creditori estranei e dell'attività istruttoria, già concessa in via generale ex art. 738 comma 2 cod. proc. civ. (27 ) .

(26) Certamente oltre al giudizio ben più pewasivo innescato dal creditore dissenziente o assente ex art. 180 legge fallim. che ben potranno portare all'attenzione dei Tribunale circo- stanze sino a quel momento non prese in esame (si pensi ad un profilo non emerso in sede di valutazione sull'ammissibilità o dal Commissario Giudiziale che potrebbe evidenziare un gra- ve inadempimento atto a risolvere il concordato) che possano denotare palesemente I'infatti- bilità del piano e che dagli stessi soggetti potrebbero essere fatti valere anche in un momento successivo con un domanda di risoluzione del concordato. Kitiene in questo PAGNI, Il con- trollo del Tribrinale e la tritela dei creditori nel concorda~o preventivo, in Fallir~zento 2008, 1095, che sia certamente logico, a maggiore tutela di tutti i molteplici interessi coinvolti nel- l'esecuzione del concordato preventivo ed al fine di evitare che si creino affidamenti in capo a terzi, consentire al Tribunale una valutazione rivolta ad impedire preventivamente I'omologa- zione di un concordato ab origine infattibile, piuttosto che consentire I'omologazione in pri- ma battuta per poi arrivare ad una immediata risoluzione non permettendo al Tribunale di valorizzare nel giudizio di omologazione elementi che andrebbero in ogni caso valutati suc- cessivamente nella fase di attuazione.

(*') Osserva PAGNI, op. cit., 1095 che per escludere la necessità della proposizione di opposizione per attuare il controllo della fattibilità del piano da parte del Tribunale, occorre

Va rammentata, infine, in forza delle innovazioni recentemente intro- dotte con le modifiche apportate nel 2007, come, in ipotesi di classi di cre- ditori con una o più classi dissenzienti, sia richiesta la contestazione della convenienza della proposta da un creditore appartenente ad una classe dis- senziente perché al tribunale sia consentito di esercitare un controllo di «convenienza» della proposta come condizione dell'omologazione, un pote- re che assume un ruolo ancora maggiore se si considera come oggi non sia più richiesta per l'approvazione, oltre al voto favorevole della maggioranza dei crediti, anche quello della maggioranza delle classi dei creditori.

3.1. Segue. Valutazione e controllo del creditore sulla proposta di concor- dato. - Se dunque i poteri di controllo del tribunale debbono essere ridi- mensionati nelle forme ora ipotizzate, maggiore centralità acquista (sia per il voto che per il meccanismo svolto dall'innesco delle eventuali oppo- sizioni nel giudizio di omologazione) il ruolo del creditore di valutazione e controllo della proposta di concordato.

In argomento, va analizzato con attenzione se i creditori sono posti nelle migliori condizioni per valutare la convenienza della proposta, una valuta- zione che va certo riservata ai creditori, che tuttavia necessitano, per una corretta valutazione, quantomeno di conoscere con precisione la consisten- za della situazione creditoria e debitoria, il valore dei beni, in generale i dati aziendali, e verificare dunque se il piano proposto sia (non solo conveniente O meno ma) fattibile, owerosia se sia credibile che le promesse di pagamen- to offerte verranno rispettate. Una necessità per un corretto e consapevole esercizio delle proprie scelte; essenziale tanto più per un istituto che preve- de addirittura l'impossibilità di risoluzione o annullamento di un concorda- to quando i debiti derivanti dal concordato siano stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore, e in ogni caso con eventuali succes- sive ipotesi di revocazione (espressamente escluso peraltro nelle ipotesi di

tener conto, oltre che degli spazi aperti dall'art. 162, comma 1, anche e soprattutto dell'art. 173, ultimo comma, che richiede la segnalazione del commissario giudiziale su fatti ritenuti rilevanti ai fini della risoluzione o dell'inattuabilità del piano, ma che sembra fare riferimento a tale segnalazione come ad un'eccezione pro~es~uale, bensì ad un mezzo per sottoporre al- l'attenzione del tribunale fatti che, altrimenti, il Collegio non potrebbe conoscere ex oficio. In altre parole, in ragione del riferimento operato dall'ultimo comma dell'art. 173, non sembra irragionevole ritenere che rimanga tutt'oggi ancorato al rilievo d'ufficio il profilo della fatti- bilità del piano, ferma la necessità che i fatti che contrastano con la fattibilità prospettata dal debitore emergano quantomeno dal parere del commissario: pertanto, i limiti allo svolgimen- to dell'istruttoria che si individuano nell'art. 180 legge fallim. (che appunto sembra subordi- nare I'awio dell'istruttoria alla proposizione di opposizioni) non costituiranno un ostacolo, poiché, trattandosi di procedimento camerale potrà richiamarsi suppletivamente l'applicazio- ne dell'art. 738 cod. proc. civ.

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inadempimento eppur non grave) o annullamento (esclusivamente in ipote- si di dolo) del concordato, che in ogni caso sopraggiungono il più delle vol- te in una fase troppo lontana per riverberarsi positivamente sulle posizioni dei creditori.

E tuttavia, anche da questo punto di vista il dato legislativo non consen- te con immediatezza di ricostruire un procedimento che tuteli pienamente i creditori sotto il profilo informativo; l'art 161 legge fallim., infatti, prevede che il piano e la documentazione presentata dall'imprenditore siano accom- pagnate «dalla relazione di un professionista ... che attesti la ... veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del pianon; si tratta di un elemento certo impor- tante, ma rimane che la scelta del professionista è riservata all'imprenditore proponente.

Rimane ancor più necessitata, allora, una lettura ampia dei poteri del commissario giudiziale che legittimi una sua attività di indagine e controllo delle asserzioni, onde verificare l'opportunità di provvedere anche immediatamente alla sollecitazione all'autorità giudiziaria per av- viare la revoca dell'ammissione alla procedura di concordato pre- ventivo ex art. 173 legge fallim. nelle ipotesi ivi previste, e comunque che consenta all'udienza ex art. 175 legge fallim. al commissario di svol- gere una relazione in cui si evidenzino anche eventuali perplessità sui dati aziendali, specie sulle poste la cui valutazione sia oggettivamente aperta a più potenziali letture, ed ancora sulla fattibilità del piano (in particolare, il più delle volte, sul raggiungimento o no delle percentuali promesse), che rimane comunque un giudizio prognostico, così da consentire ai creditori di votare avendo una cognizione quanto più chiara possibile della situazione su cui esprimere la propria valutazione, e per le quali promuovere eventuali opposizioni nel giudizio di omolo- gazione.

3.2. Segue. La determinazione dei creditori. - Quanto invece alla de- terminazione dei creditori, va rammentato conle, a differenza che nella procedura fallimentare, la procedura per l'ammissione al concordato pre- ventivo non prevede uno specifico provvedimento giurisdizionale per l'accertamento del passivo. Nel concordato preventivo, invece, l'impresa produce un elenco nominativo dei crediti, che il commissario giudiziale deve verificare apportandovi le necessarie rettifiche (e, se ritenga l'omis- sione dolosa, avvertire immediatamente il tribunale fallimentare perché provveda alla revoca dell'ammissione al procedimento ex art. 173 legge fallim.); i creditori concorrenti ed il debitore potranno poi a loro volta dare indicazioni, ed infine il giudice delegato, che a mio avviso potrebbe anche inserire ex novo creditori che si fossero presentati all'adunanza senza essere presenti negli elenchi rettificati, deciderà quali crediti am- mettere ed in che grado, ai soli fini del voto (senza pregiudizio del diritto

Parte l - Dottrina 623

di continuare o promuovere giudizi ordinari sulla sussistenza e qualità del credito (28)).

I creditori non ammessi, poi, ex art. 176 legge fallim. potranno opporsi all'esclusione in sede di omologazione del concordato solo nel caso in cui l'ammissione avrebbe avuto influenza sulla votazione nella maggioranza.

I problemi maggiori, tuttavia, si evidenziano ai fini non della votazione ma del passivo perché siano soddisfatti nelle percentuali della proposta ac- cettata per quei crediti che il commissario giudiziale ed il giudice delegato ritengono di escludere dal passivo, ai fini della partecipazione alla distribu- zione.

Al creditore, naturalmente, rimane certo la possibilità di agire con una comune azione giudiziaria in via ordinaria per ottenere il riconoscimento del proprio diritto; la sospensione dell'attività giurisdizionale ordinaria ope- rata dalla proposta concordataria riguardando esclusivamente le azioni cau- telari ed esecutive. Ottenere una pronuncia prima della distribuzione, con- sentirà al creditore di essere inserito tra i creditori da soddisfare.

In queste ipotesi, tuttavia, se il credito fosse appunto contestato, e il provvedimento giurisdizionale ottenuto in sede ordinaria non ancora defi- nitivo, ai sensi dell'art. 180 legge fallim. al momento dell'omologazione del concordato sarà il tribunale fallimentare a bloccare il pagamento e or- dinare il deposito della somma; ciò non consente una immediata soddisfa-

(") Ricorda L o CASCIO, OP. cit., 643, come qualsiasi controversia avente ad oggetto I'accertamento dell'esistenza e della natura delle obbligazioni concorsuali deve svolgersi in se- de ordinaria nella quale il creditore, in contraddittorio con il debitore, può far valere le pro- prie difese; v. anche Cassazione 14 febbraio 2002, n. 2104 in Fallii?zento 2003,25 con nota di TRENTINI, Modalità d i verifrca dei crediti n d concordato preventivo; Appello Genova, 14 apri- le 2004 in Dir. fall. 2005, 11, 486 con nota di A. COSTA, Accertamento del rango d i un credito tra attività d i verifica nel concordato preventivo per cessione dei beni e legittirnaiione passiva del liqz,ida/ore nel giridizio ordinario, il quale ritiene la sussistenza di un litisconsorzio con il liqui- datore nei giudizio aventi ad oggetto l'accertamento delle obbligazioni concorsuali nelle ipo- tesi di concordato preventivo con cessione dei beni. Si ricorda inoltre come un ulteriore pro- blema oggetto di dibattito derivi dalla partecipazione dei creditori nei giudizi concernenti I'accertamento dei crediti fatti valere nei confronti del debitore concordatario con cessione dei beni. In questo senso il tema appare di non facile soluzione soprattutto avuto riguardo degli effetti che l'eventuale riconoscimento del credito potrebbe avere in termini di incidenza sulla fdcidia concordataria. Riterrei tuttavia di escludere che la eventuale partecipazione del creditore debba awenire quale litisconsorte necessario, quanto piuttosto quale mero intenre- niente. In giurisprudenza anche v. Cassazione 22 dicembre 2006, n. 27849 in Dir. & Git,stiiia 2007 (rivista informativa), Cassazione 30 marzo 2005, n. 6672 in D&G - Dir. e Giz~stizia 2005, 24, 27; Cassazione 29 aprile 1999, n. 4301 in Dir. fall. 2000, 11, 776 ritiene che il liquidatore giudiziale dei beni ceduti dal debitore ammesso a1 concordato preventivo con cessione dei I>eni è litisconsorte necessario del debitore, ove il creditore agisca per I'accertamento del pro- prio credito, proponendo altresì domanda di condanna o che comunque influisca sulle ope- razioni di liquidazi»ne.

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zione, ma tuttavia permette altresì di proteggere il credito in contestazione evitando che nel mentre del suo accertamento giudiziale, l'attivo si disperda irrimediabilmente.

Un onere, quello del tribunale fallimentare ora descritto ex art. 180 leg- ge fallim., che io riterrei potersi applicare anche ai crediti (per la somma o per il grado) contestati durante il procedimento di ammissione al concorda- to, pur ancora in assenza di un'incoata azione giudiziaria, che dovrebbe es- sereiniziata entro un termine prefissato dal tribunale.

E pertanto assai utile che il creditore la cui esistenza sia contestata par- tecipi già alla fase precedente l'omologazione, così da ottenere una tutela cautelativa da parte del tribunale fallimentare.

Assai difficile, è invece, individuare ipotesi efficaci di tutela per i crediti, invece, che semplicemente non sono stati valutati dal commissario giudizia- le e quindi eventualmente compresi nel passivo dal giudice delegato perché egli semplicemente ne sconosce l'esistenza non essendone stato avvertito dal ricorrente e non avendone comunque trovato altrimenti traccia, ed in assenza di una spontanea richiesta del creditore (evento non inconsueto, purtroppo alla luce della non sempre efficace pubblicità del decreto di am- missione ex art. 166 legge fallim.); questi crediti, per il vero, che non sono stati considerati dagli altri creditori al momento della votazione, e che il tri- bunale non ha potuto tutelare con il deposito delle somme al momento de- I'omologazione ex art. 180 legge fallim. (*').

Certo, l'impresa in stato di crisi che decida consapevolmente di omette- re l'esistenza di uno o più crediti assume su di se il rischio che ex art. 173 legge fallim. si proceda alla revoca dell'ammissione al concordato (e, in pre- senza dei presupposti, alla dichiarazione di fallimento (30)), e questo può certo rappresentare un deterrente a simili comportamenti; ma non sono previste espresse possibilità di tutela efficaci dopo il giudizio di omologazio- ne, tanto da potere ipotizzare addirittura l'impossibilità nel far valere star- divamente» le proprie ragioni creditorie; d'altro canto, va anche considera- to che i creditori che hanno dato l'assenso alla proposta di concordato lo hanno fatto sulla base di una prospettazione della potenziale ripartizione dell'attivo che verrebbe così successivamente modificata se si allargasse la base dei crediti da soddisfare.

Tuttavia credo invece che, fermo restando il principio generale esdebi- tatorio dato dalla «falcidia concordataria», che colpisce anche i creditori

(*" Tale considerazione vale anche per i crediti contestati non segnalati dal commissario giudiziale e per i quali il Tribunale non abbia ordinato l'accantonamento in sede di oinolo- gazione ex art. l80 legge fallim.

( j O ) Oltre ai potenziali risvolti penali ex art. 236 legge fallim. iiell'ipotesi di simulazione o accai-itonatnenti di crediti idonei ad influire sul calcolo delle maggioranze.

che non hanno partecipato alla procedura (art. 184 legge fallim.), in via ge- nerale, non sembrano esistere ostacoli nel proporre un'azione ordinaria di accertamento del proprio credito nei confronti dell'impresa in crisi la cui proposta di concordato sia stata accolta e omologata (? l ) ; anche perché l'ac- certamento dei crediti alla base delle determinazioni del giudice delegato in materia di votazioni ed eventuali disposti nel iudizio di omologazione non

92 comporta comunque un giudicato sul punto ( ). Così, l'eventuale pronun- cia di riconoscimento del credito ottenuta dal creditore in sede ordinaria farà effetto anche nei confronti degli organi del concordato, che saranno te- nuti a inserire il creditore nel riparto.

Inoltre, riterrei che il creditore estraneo alla fase di omologazione, possa richiedere ed essere ammesso al passivo ed a partecipare dei riparti anche a prescindere da una previa pronuncia giudiziale in sede ordinaria laddove non contestato da debitore e altri creditori, e se inoltre la sua richiesta sia positivamente verificata dal liquidatore (nel concordato con cessione dei beni e che tale organo richieda) o dal commissario giudiziaie ex art. 185 legge fallim. (laddove manchi il liquidatore).

E tuttavia è forte il rischio che al momento dell'accertamento il concor- dato possa essere già stato integralmente adempiuto; in questo caso, in un concordato con cessione dei beni, il creditore non potrebbe più ottenere nulla.

La soluzione sembra potere cambiare quando il concordato preventivo sia garantito da un garante o da un fideiussore; in quest'ultimo caso, ritengo che a costui incomba comunque l'obbligo di garantire il pagamento del cre- ditore, pur se nei limiti percentuali previsti per la classe di credito di appar- tenenza. Va da se, tuttavia, che, e così sarà nella più parte dei casi, il fideius- sore ha ben il potere di evitare anche questo rischio laddove si specifichi nella proposta di concordato quali crediti egli intende garantire. La giuri- sprudenza ha poi messo in luce 03) la peculiarità della garanzia concorda- taria che acquista efficacia solo a seguito della omologazione della proposta e attribuisce al garante l'effetto esdebitario, precluso invece al normale fi-

(") V . retro nota 28. (j2) Riterrei, dunque, che neanche una proposta concordataria espressamente limitata

al soddisfacimento dei creditori che partecipino al processo, o che vengano inseriti nell'ap- posito elenco possa essere accolta, e che in ogni modo neanche un'omologazione della stessa potrebbe impedire i diritti dei creditori estranei; ma, diversamente v. Lo CASCIO, OP. cit., 656 il quale ritiene che la sorte dei creditori non concorrenti risulta affidata al contenuto della proposta e soprattutto della sorte che viene loro riservata nel piano per cui non è da escludere che possa anche essere stabilito che il soddisfacimento delle obbligazioni sia limitato ai soli creditori che partecipino al procedimento o che vengano inseriti nell'apposito elenco dei crediti.

( j 3 ) V. Cassazione 9 maggio 2007, n. 10635 in Fdllitnento 2008, 163.

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In conclusione, allora, si awerte talora un «buco» nel sistema protettivo endoconcorsuale accordato al creditore estraneo al giudizio di omologazio- ne del concordato preventivo e che solo successivamente sia in condizione di fare valere le proprie ragioni, tutte le volte in cui incertezze o contesta- zioni impongano il ricorso ad una tutela giudiziale ordinaria; in alcune si- tuazioni infatti, laddove il concordato sia assimilabile ad un concordato con cessione di beni ai creditori ed in assenza di garanti, la prossima ripar- tizione delle somme o dei beni in fase di liquidazione, o comunque la crea- zione e la distribuzione degli strumenti finanziari a questi fini creati, con di- stribuzione pertanto precedente all'ottenimento un prodotto giudiziale in sede ordinaria tale da consentire la partecipazione al riparto, rappresenta la classica situazione del «fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il diritto in sede ordinaria questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile*, garantita dall'utilizzo appunto della misura cautelare di cui all'art. 700 cod. proc. civ. (38), con la quale, al- l'interno (o ante causam) del giudizio ordinario per l'accertamento del cre- dito (con legittimati passivi il debitore ed il liquidatore o il commissario giu- diziale), il creditore pretermesso possa richiedere, se naturalmente il suo di- ritto sia assistito dal fumur, un provvedimento d'urgenza che ordini al sog- getto incaricato l'inibizione della distribuzione agli altri creditori di quella somma o di quei beni che invece spetterebbero a quel creditore se il suo credito fosse riconosciuto, e ne determini la custodia fino alla finale deter- minazione giudiziale ordinaria (39) .

Infine, un'attenzione particolare va invece riservata ai creditori che con- trattano con l'impresa dopo l'ammissione alla procedura di concordato pre- ventivo (e nel rispetto delle autorizzazioni ex art. 167 legge fallim.), nelle ipotesi in cui successivamente il giudizio di omologazione dia esito negativo, o che comunque successivamente la procedura di concordato si converta in fallimento. Sul punto, la giurisprudenza nel vigore della precedente norma- tiva, dopo un significativo excursus giudiziale, tendeva a riconoscere natura

('8) Ciò a prescindere dalla qualificazione dell'azione; sull'ainpiezza dell'applicazione deli'art. 700 cod. proc. civ., in riferimento anche ad azioni di mero accertamento e costitutive, v. SANTANGELI, Il prouuedit?zento d'urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. e la manutenzione del contratto, in Riu. dir. proc. 2007, I , 53.

( j 9 ) In senso favorevole v. FAHIANI, I L tutela del creditore concorstrale non concorrente nel concordato preventivo, cit., 623, il quale ritiene che il creditore che agisca in via ordinaria per l'accertamento della natura concorsuale del proprio credito potrebbe introdurre un ricor- so d'urgenza ridiiedendo al giudice del merito, in via alternata o cumulata, I'accertamei-ito in via prowisoria ed anticipata della propria qualità di creditore, owero I'inibitoria nei confrori- ti del commissario liqiiidatore rivolta a bloccare pagamenti ai creditori concorrenti con mo- dalità che pregiudichino la posizione del ricorrente nell'ipotcsi di successivo accertamento fa- vorevole in via definitiva.

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di prededuzione alle spese per la procedura ed anche alla gestione dell'im- presa se indicata come modalità della proposta di concordato ("), mentre restava semmai dubbio se anche i crediti sorti dopo la omologazione doves- sero o no essere riconosciuti in prededuzione (41); la recente riforma ai sensi dell'art. 11 1 comma 2 e 67 comma 3 lett. e) legge fallim. appare evidente- mente tesa a dare comunque copertura normativa alla prededuzione dei crediti ("2).

4. La tutela del credito negli accordi di ri.rtrutturazione dei debtti. - Si tratta, come è noto, di un nuovo istituto, in cui il legislatore aveva riposto grandi speranze, praticamente negletto nella versione normativa del 2006, che con le modifiche del 2007 si è cercato di rivitalizzare, dotandolo effet- tivamente di un maggior appeal, in particolare grazie al blocco per 60 giorni deile procedure cautelari ed esecutive sul patrimonio aziendale (42), che po-

("O) Ricorda, CATALOZZI, Crediti sorti drrrante il concordato preventivo i la loro tlltekr nel strccessivo falliinento: è ancora sostenibile la teoria della consenrzione?, in Fallimento 2008,436 come la giurisprudenza, ed in particolare Cassazione 27 ottobre 1995, n. 1 1216 (in Falhzrnto 1996,529, con nota di S. MARCHETTI, Consecuzione diprocedit?zcnti e prededucibiliti del cre- dito attraverso la ualorizzazione della possibile ftrnzione conservatiua del concorda/o prcuen/ivo) Iia consentito di riconoscere natura prededucibile anche ai crediti derivanti da obbligazioni sorte in costanza di quest'ultima procediira, nell'ipotesi in cui la continuazione prowisoria dell'impresa sia ricompresa nella proposta quale soluzione funzionale alla tutela dell'unità del complesso aziendale e successivamente menzionata nel decreto di ammissione ed, infine, di valutazione da parte dei creditori e del tribunale nella sede del processo di omologazione. Successivamente, la Suprema Corte, v. Cassazione 5 agosto 1996, n. 7140, in Falliinento 1997, 269, ha espressamente affermato l'astratta compatibilità di una gestione dell'imprcsa a fini conservativi di valori per una più proficua liquidazione con il concordato preventivo con ces- sione di beni, ed esteso, poi, tale giudizio a qualsiasi forma di concordato preventivo, non potendosi escludere che la gestione dell'impresa possa costituire una modalità essenziale di realizzazione di ogni forma concordataria; in questo senso v. anche Cassazione 12 marzo 1999, n. 2192, in Fallitnen/o 2000, 370.

(") Cassazione 25 luglio 2007, n. 16426 in Fallintento 2008, 433, afferma I'assoggetta- mento alle regole del concorso anche di quei crediti che, pur non avendo titolo anteriore al decreto di ammissione al concordato, si basano su ragioni anteriori alla nascita del credito stesso, cosiché la determinazione cronologica dell'obbligazione è data dal momento genetico della stessa, non dal successivo accertamento giudiziale.

(j2) Rimane fermo, a mio giudizio, invece, il divieto del pagamento anche in esecuzione di un contratto precedente alla proposta di concordato (ed i contraenti dovrebbero adcinpic- re alla propria prestazione accettando un pagamento percentuale, o di procedere a compen- sazioni volontarie su tali rapporti, siccorne lesivi del principio della par condicio crrdi/ortri~z). Sul punto si rimanda anche a SANTANGELI, La consccrrzione delle procedzrrc concorst~ali, in www.jrjrldicitrm.it.

("') Soluzione, a prima battuta, che lascia perplessi nella parte in cui si applica autorna- ticairicnte alla presentazione di una proposta che, a differenza che nel concordato preventivo ai sensi dell'art. 162 legge fallim. non sembra essere preceduta da un vaglio giudiziale di ain- inissibiliti.

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trebbero oggi lasciarne prevedere, una volta a regime e «digerito» dai pra- tici, un'applicazione maggiore.

Si recepisce una soluzione che potremmo definire «intermedia» tra i piani di risanamento, ex art. 67 legge fallim., una dimensione esclusivamen- te stragiudiziale, e la procedura regolamentata del concordato preventivo; con l'accordo di ristrutturazione, procedimento economicamente meno oneroso per il proponente, l'autorità giudiziaria è presente ancorché con un ruolo ancor meno invasivo rispetto alla disciplina del concordato pre- ventivo.

In linea puramente teorica, l'accordo di ristrutturazione si palesa uno strumento che non conduce, se rettamente inteso, a potenziali lesioni dei diritti dei creditori; la ristrutturazione dei debiti, infatti, si basa su un accor- do (di carattere vario e non predeterminato) con il 60% almeno dei credi- tori che accettano una diversa quantificazione, o una rimodulazione del cre- dito, o di trasformare il credito in partecipazioni azionarie e accordi singoli che possono variare da creditore a creditore, e lascia inalterati i diritti di quei creditori che invece non intendano aderire, o a cui direttamente non sia neanche richiesto di accettare una modificazione dei rapporti con l'im- presa P).

Ma naturalmente, il problema, oggi più ancora dato che al creditore escluso dall'accordo è precluso l'esercizio di azioni esecutive o cautelari, è evitare il rischio che l'accordo di ristrutturazione non raggiunga successiva- mente gli esiti auspicati, e che in questo modo a perdere tutto siano proprio i creditori esclusi dall'accordo, che in teoria non dovrebbero in alcun modo invece essere pregiudicati (rischio peraltro che si correrà ancora di più se con l'accordo di ristrutturazione non si chiude la realtà economica, sicché bisogna considerare anche vantaggi ma pure i rischi del formarsi di ulteriori obbligazioni da pagare in prededuzione (")).

Da questo punto di vista, le cautele opposte dal legislatore non appaio- no le più adeguate; ai sensi dell'art. 182 bis legge fallim., infatti, «l'impren- ditore in stato di crisi può domandare depositando la documentazione cui alla 161, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipu- lato con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista ... sull'attuabilità dell'accordo

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stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei».

Come nella procedura di concordato preventivo, dunque, l'asseverazio- ne è riservata ad un professionista terzo ma individuato dall'impresa in crisi (ed anzi, non è neanche pacifico che debba controllare i dati forniti dall'im- presa, e non dare soltanto una valutazione basandosi esclusivamente sugli Stessi Y)).

Nell'accordo di ristrutturazione manca però il commissario giudiziale, figura centrale nel concordato preventivo come strumento di analisi e con- trollo, ciò che da un lato comprime i costi dell'istituto e lo rende vieppiù appetibile, ma dall'altro rende assai difficile una vera e piena conoscenza della realtà economica sottostante all'impresa. A ciò si aggiunga di come vo- lutamente siano state rese assai difficili anche eventuali contestazioni dei creditori (o di altri interessati); ed infatti non è prescritta la notifica dell'ac- cordo di ristrutturazione ai creditori esclusi, comunicazione che avrebbe consentito una effettiva conoscenza della procedimento di omologazione dell'accordo; invece la disposizione prevede la pubblicazione nel registro delle imprese con immediato acquisto di efficacia dell'accordo di ristruttu- razione, e concede a creditori e interessati di proporre opposizioni al tribu- nale entro 30 giorni dalla pubblicazione, un evento ovviamente che non sa- rà in pratica conosciuto da alcun soggetto.

Ritengo che il tribunale, in presenza di opposizioni, sia chiamato ad esercitare la propria attività anche tenendo conto delle osservazioni di que- sti, cui va assicurata anche in fase camerale piena tutela, compatibilmente con i tempi della procedura, del diritto processuale a tutelare in giudizio il proprio credito; ed ancora che, anche in assenza di opposizioni, ed allo stesso modo di come io ritengo per il concordato preventivo, che la pro- huncia del decreto passi per l'esame dell'esistenza dei presupposti, ed in particolare la valutazione dei crediti onde verificare sia il raggiungimento delle percentuali richieste (ciò che sembra passare per una valutazione dei crediti, in particolare di quelli contestati, da parte prima del professio- nista e di poi anche del tribunale), sia in particolare, ma non soltanto, l'at- tuabilità dell'accordo, a tutela dei creditori estranei, esame di prima com- petenza del professionista incaricato, ma successivamente riservato al tri- bunale.

("1 I1 piano deve comunque assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei al- l'accordo. Sul concetti di regolare pagamento v. Lo CASCIO, op. cit., 892 il quale ritiene che dovrebbe essere interpretato nel senso di pagamento in conformità alle regole dell'accor- do intervenuto. In giurisprudenza, v. Tribunale Brescia 22 febbraio 2006 e Tribunale Milano 21 dicembre 2005 in Fallit~zento 2006, 670 con nota di NAKDECCHIA, Gli accordi di ris/rtr/- tzrrazionc dei debiti.

(45) Sul punto si rimanda alle considerazioni di Lo C ~ s c r o , op. cit., 909 seg.

('9 Osserva VEKNA, I ntroui accordi d i ristrzrrtrlrazionc (art. 182 bis legge fallh.) , in Dir. fall. 2007, I , 947 come il compito del professionista si concretizzi in una limitata revisione della situazione contabile prospettata dal debitore e con l'ausilio dclla docuinentazionc da es- so fornita, al fine di rilevare eventuali evidenti discordanze tra la situazione prospettata dal debitore e quella reale, aiiclie in ragione di eventuali fatti emersi tra la data di riferiniento della situazione prodotta dal debitore e quella della effettiva verifica.

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63 2 Il divitio fallimentave e delle società conzmevciali

Quanto alle fasi istruttorie, la natura camerale e le esigenze di decisioni tempestive non precluderanno tout cozut l'esame dei documenti prodotti dai creditori in opposizione e della valutazione di richiesti provvedimenti di istruzione costituenda (nell'esercizio delia tutela processuale del diritto di credito), che a mio avviso rimangono nei poteri del giudice anche in as- senza di opposizioni, in presenza della richiesta di una pronuncia di una omologa già ai sensi dell'art. 738 comma 2 cod. proc. civ.

La stessa conoscenza del tribunale, nel rendere il decreto di omologa- zione, potrebbe sembrare voler essere limitata alle risultanze scritte prodot- te dal ricorrente; ma riterrei, a1 contrario, che in questo procedimento ca- merale, anche se, ed in particolare in presenza di opposizioni di creditori, debba comunque essere assicurata la ~ossibili tà di far valere le ragioni che ostano all'approvazione del piano ( ).

Al pari che per le altre soluzioni di composizione dell'insolvenza, rima- ne a mio avviso la possibilità per i creditori estranei di far valere l'eventuale responsabilità risarcitoria del professionista che abbia attestato la fattibilità del piano in assenza dei presupposti o con dati aziendali falsi.

Escluderei, invece, a differenza della soluzione retro adottata nella pro- cedura di concordato preventivo, la natura di credito in prededuzione per quei crediti maturati dopo l'omologazione dell'accordo, se successivamente la crisi sfoci comunque in fallimento; nonostante la natura concorsuale della procedura e soprattutto le espressioni letterali di cui all'art. 11 1 legge fallim. possa consentire la tesi della prededuzione, riterrei questa possibilità da escludersi se si considera come dopo l'omologazione dell'accordo di ristrut- turazione l'imprenditore rimane immediatamente libero nelle proprie scel- te, senza peraltro che residui, come nel concordato, la figura del commissa- rio in funzione di controllo.

(47) Ma contra v. Lo C ~ s c i o , op. cit. 921, secondo il quale il controllo cui è chiainato il Tribunale in sede di omologazione sembra liinitato ad una verifica di mera regolarità forinale degli adempimenti, con la possibilità di attuare il controllo di merito circa l'idoneità del piano ad assicurare la soddisfazione dei creditori non aderenti nella sola ipotesi di opposizione. Ri- tengo comunque che residui in ogni caso I'applicabilità in via generale della <liscipliiia came- rale, che potrebbe consentire ~in'attiviti istruttoria ex art. 738 comma 2 d'ufficio al tribunale o in sede di reclanio alla corte d'al>pello, per verificare eventuali aspetti oscuri sull'attuabilità <lell'accordo da omologare.