Il Bollettino Domenicani n.3, Maggio-Giugno 2013

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A. XLVII - n. 3 - maggio - giugno 2013 - Sped. A.P. - D.L. 24/12/2003, n.353, conv. in L. 27/02/2004 n.46 - Firenze Aut. n.1800/1967 EDITORIALE Un’attenzione particolare al nostro carisma (p. 91). PREDICAZIONE Predicazione oggi e i suoi luoghi (p.108). DOMENICANI DOMENICANI

Transcript of Il Bollettino Domenicani n.3, Maggio-Giugno 2013

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EDITORIALE Un’attenzione particolare al nostro carisma (p. 91).

PREDICAZIONE Predicazione oggi e i suoi luoghi (p.108).

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DOMENICANIbimestrale d’informazionedella Provincia Romana di S.Caterina da Siena

Anno XLVII – n. 3maggio-giugno 2013

c/c postale n. 41482894int. Convento S. Domenico

Padri Domenicani 09127 Cagliari – Italia

Autorizzazione delTribunale di Firenze del4 gennaio 1967 - n. 1800

DirettoreP. Eugenio Zabatta o.p.

Responsabile P. Fausto Sbaffoni o.p.

Direzione e Redazione: piazza S. Domenico, n. 5

09127 CAGLIARI

Tel. 055-2656453 cell. 339 18 22 685

e.mail [email protected]

CON APPROVAZIONE ECCLES. E DELL’ORDINE

Sped. Abb. Postale D.L. 24/12/2003, n.353,

conv. in L. 27/02/2004 n.46

copertina: FIRENZE. S. Jacopo in Polverosa. Madonna del Rosario e

Bimbo tra i Santi Domenico e Cate-rina di Jacopo Vignali (1592-1644).

Anno XLVII - maggio - giugno 2013 - n. 3.

L’iconografia della B. Vergi-ne Maria, con il Bimbo divino in braccio, che danno la co-rona del S. Rosario a san Do-menico e a santa Caterina è tanto varia quanto diffusa.

L’inventiva geniale dei no-stri artisti propone sempre un particolare personale che ci rende più gradita la loro ope-ra che trasmette un loro pro-prio messaggio di fede, ma concordemente anche quel-lo tradizionale che riconosce san Domenico il primo predi-catore del Rosario.

SOMMARIOEditoriale. Un’attenzione al nostro carisma.

P. Eugenio Zabatta op.La generazione che cerca il Signore.

P. R. Carballo.Il Papa e il nostro Centenario.

(lettera di Pp Benedetto XV).

Meravigliosa somiglianza e parentela.N. N.

Pensare… la fede.P. Eugenio Zabatta op.

La predicazione oggi e i suoi luoghi.Edoardo Mattei ld.

L’Arca di San Domenico….P. Manolo Puppini op.

INFORMAZIONI I Capitoli del 2013, Un nuovo santo domenicano, Fine Settimana vocazionale, Le Fraternite laiche domenicane.

In memoria: P. M. Aquilanti, P. A. Ballicu.

La nostra Biblioteca (Pubblicazioni).Celebrazione dell’unità …. •••

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Un’attenzione particolare al nostro carisma

Negli ultimi giorni di fine maggio si sono intensificati tra noi i lavori di pre-parazione ai Capitoli, particolarmente con le relazioni dei vari ufficiali e pro-motori di Provincia. Come sempre un istintivo movimento ha coinvolto tutti, ognuno per la propria parte, coscienti di fare, con i Capitoli, un nuovo passo in avanti, decisivo per il nostro futuro.

Anche questo numero di Domeni-cani intende metterci in sintonia con l’intento comune e si augura di contri-buire a raggiungerlo. Attenti come sia-mo al segno dei tempi non ci sfugge la coincidenza, che pensiamo non casua-le ma provvidenziale, che sia la cele-brazione del Capitolo Generale come quella del Capitolo Provinciale elettivo avvengano nell’Anno della Fede: augu-riamo che lo stesso slancio e il partico-lare fervore che ci sono raccomandati in questo anno, si estendano agli am-bienti capitolari e “invadano” coloro che sono chiamati a intervenire e dare il loro personale contributo. Fraterna-mente auguriamo a questi confratelli, scelti per un lavoro così importante, il dono del discernimento nelle decisioni e quello del consiglio giusto nelle scel-

te da fare: che siano liberi da pregiudizi e sospinti dalla speranza.

A seguito degli articoli che abbia-mo selezionato per questo fascicolo, auguriamo ai partecipanti ai Capitoli, Generale e Provinciale, un’attenzione particolare al nostro carisma, cioè alla predicazione ai lontani. Anche se qual-cuno di loro pensasse che la missione ad gentes ha ormai segnato il passo e non incide più, cioè non ha più quella carica… sovversiva, in grado di “scon-volgere” la cultura (cf Evangelii Nun-tiandi di Paolo VI, 19), non è certo fini-ta, tanto meno per noi Domenicani, la predicazione in quanto tale.

Certamente le forme e i metodi di predicazione vanno rinnovati, meglio impostati e adattati ai nuovi destinatari, in tempi nuovi. Per noi rimane il “guai a me se non predicassi il Vangelo”. Ri-mane l’assillo della salvezza delle ani-me da ottenere proprio con il mezzo della predicazione.

Essendo la predicazione il nostro carisma non c’è Capitolo che non ne abbia parlato, ma il bisogno di trattar-ne anche questa volta si fa più urgente perché la Chiesa ha, con l’Anno del-

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la fede, evidenziato la necessità della nuova evangelizzazione.

Lasciare le nostre case religiose e prediligere il ritorno in mezzo ai lon-tani (poveri, non-cristiani) corrisponde al nostro carisma originario. L’articolo a pagina 20 ci pone degli interrogativi a proposito e offre dei suggerimenti da seguire per non rimanere indietro, per non cedere… un primato che ci appar-tiene. Ugualmente l’articolo a pagina 15 ripensa misticamente il nostro uffi-cio di predicatori in analogia a quello di Maria, Madre di Dio.

Non dimentichiamo la chiara volon-tà di S. Domenico di recarsi a predica-re il Cristo fra i Cumani, gente violen-ta dell’Europa dell’est. Quella volontà, più volte espressa dal nostro Fondatore, diventa, per noi domenicani, una lezio-ne altrettanto chiara, riguardo al “tipo” di predicazione che dobbiamo fare.

La predicazione “domenicana”, in-fatti, non solo dev’essere dottrinale, ma deve volgersi soprattutto ai lontani, ad gentes. Le Costituzioni dell’Ordine si premurano di specificare come dev’es-sere la nostra predicazione e a chi dev’essere rivolta: il “servizio della pa-rola” è posto tra le esigenze fondamen-tali del nostro esistere nella Chiesa. “La predicazione domenicana – vi si legge - sia sempre caratterizzata dallo spiri-to evangelico e sempre accompagnata da solida dottrina”. “Sull’esempio di S. Domenico, che fu pieno di sollecitudi-ne per la salvezza di tutti gli uomini e popoli, ricordino i frati d’essere inviati a tutti gli uomini, popoli e nazioni, cre-denti e non credenti, e specialmente ai poveri …” (n. 98).

È in questo orizzonte così “circo-lare” che il domenicano deve saper portare la sua parola “soprattutto a co-loro che sono lontani dalla fede”, sa-

pere “riconoscere l’opera dello Spirito presente in mezzo al popolo di Dio e riscoprire i molti tesori nascosti nelle varie culture che aprono nuove vie alla Verità” (99).

Questo linguaggio, da sempre usua-le per “i frati predicatori”, perché in es-so è espresso il loro carisma, la Chiesa lo vive oggi più intensamente per il dia-logo interreligioso che sta incremen-tando con forza.

Il nostro impegno nella predicazio-ne, perciò dev’essere all’avanguardia in questo nuovo orientamento che sta caratterizzando l’apertura della Chiesa: una nuova metodologia in una nuova atmosfera psicologica con le altre Reli-gioni. Tra l’altro si nota che “per diffon-dere la verità evangelica e affermarla nell’opinione pubblica dobbiamo sa-per far ricorso assiduo e diligente an-che ai molteplici mezzi di comunica-zione sociale” (104).

Oltre alle suore, anche ai laici delle nostre fraternite domenicane, che sono parte integrante della famiglia domeni-cana, viene raccomandata, dalla loro Regola, la stessa apertura verso i “lon-tani”, essendo essi “partecipi con i frati e le suore dell’apostolato dell’Ordine” (n. 9). Come “ogni domenicano devo-no rendersi capaci di predicare la Pa-rola di Dio … (perché) rientra nella lo-ro vocazione domenicana promuovere l’unità dei cristiani e il dialogo con i non cristiani e non credenti” (n. 12).

Sono sempre attuali le raccomanda-zioni del Capitolo generale di Cracovia (2005) per il quale : “Il dialogo è di-ventato una delle priorità dell’Ordine”. Per noi, infatti, “il dialogo interreligioso non può più essere visto come un op-tional aggiuntivo della nostra missione …”. E sempre citando gli “Atti di Craco-via” leggiamo: “Il capitolo raccomanda

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che vi sia una particolare attenzione al riguardo sin dagli anni della formazio-ne iniziale, “menzionando in partico-lare l’importanza della preparazione dei frati a un ministero più esplicita-mente globale…, la volontà di dialogo con quelli di altra fede o di nessuna” (Crac. 269) e un’ordinazione, proposta dai precedenti Capitoli e ora inserita nelle Costituzioni, raccomanda che “i frati siano sempre pronti al colloquio e ad ogni opportunità di vero dialogo” (Ib. 357; LCO 111).

“Mai il dialogo e la necessità di a-scoltare e accogliere l’altro/a nella sua diversità, sono stati così urgenti… il nostro compito è quello di sfidare co-loro che vorrebbero dividere il nostro mondo in fazioni opposte” (IDI, 436, p. 247).

E il frutto di questo “lavoro che mol-ti tra noi già stanno facendo” da anni è “la fondazione della Chiesa tra le genti e la conferma della fede nel popolo cri-stiano” (LCO, 98).

Siamo certi che se i nostri confratelli

capitolari faranno riferimento all’iden-tità della nostra famiglia, come a sor-gente a cui dobbiamo attingere, allora non mancherà quello “scatto” in avanti che desideriamo, né il nuovo fervore di cui abbiamo bisogno per perseverare nella nostra vocazione.

«Il ritorno alla testimonianza dei primi frati ci fa vedere che fu la passio-ne per la salvezza degli uomini e del-le donne del loro tempo a sviluppare in loro il senso della misericordia e la qualità della compassione di Dome-nico. La nostra tradizione spirituale ci mostra anche come il dialogo con Dio animasse la vocazione apostolica delle prime generazioni. Questa realtà della vita spirituale, della contemplazione, della celebrazione liturgica e dell’in-tercessione è certamente il punto d’ap-poggio più sicuro per darci l’audacia di inventare nuovi modi d’incontro e di predicazione nel mondo d’oggi».(Atti del Capitolo Generale di Bogotà, 2007, n. 59).

P. Eugenio Zabatta o.p. •••

UN AUGURIO E UN APPELLOLa direzione è lieta di augurare a tutti i

gentili lettori di “Domenicani” un lieto e rige-nerante periodo estivo di ferie per un merita-

to riposo del corpo e dello spirito.Mentre tiene a ringraziare di cuore coloro

che hanno già provveduto a dare il loro aiuto per la stampa di questa nostra rivista

di famiglia, la stessa direzione incoraggia tutti a non mancare ad aderire a questo

“appello” con generosità. Grazie! Si ricorda il numero di ccp : 41482894

intestato a: Convento S. Domenico, Padri Domenicani, 09127 Cagliari.

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attraverso relazioni semplici, spontanee, intime, gratuite, rispettose, di ugua-glianza; devono poter sentire tutta la vicinanza e l’accoglienza, e non l’au-tosufficienza; devono poter accogliere attraverso una comunicazione aperta alla ricerca dell’accoglienza reciproca, una modalità autentica di relazione che parla al cuore anche mediante uno stile di vita diverso.

Oggi siamo chiamati a dire con il no-stro essere: ”Dio ha rotto il suo silenzio. Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella sua storia. Gesù è la sua Parola, il Dio con noi, il Dio che ci mostra che ci ama, che soffre con noi fino alla morte e risorge”(2).

Tenendo presente sullo sfondo quan-to abbiamo detto, il consacrato che vive la fede, dono dello Spirito, è consape-vole di essere mistero a se stesso, vive sulla soglia del limite e dell’infinito, dove si scopre creatura alla presenza del Totalmente Altro che ha il volto del Padre di Gesù Cristo e riconosce questa dimensione negli altri; cura il silenzio, la dimensione contemplativa che “per-mette alla persona di osservare la realtà

LA GENERAZIONE CHE CERCA IL SIGNORE

(cf. Sal. 24)

Noi consacrati dobbiamo acquisire la coscienza della grande testimonianza di fede che trabocca dalla nostra identità di “cercatori” del Signore, con tutto ciò

che comporta questa ricerca: preghiera costante, fedeltà al dono ricevuto, vigilanza amorosa, obbedienza filiale e gioiosa alla volontà del Signore,

purificazione dalle false immagini di Dio.

Non è sufficiente fare le cose per Dio, buttarsi in una grande quantità di cose religiose o sacre per potersi dire persone credenti e “rendere ragione della spe-ranza che è in noi” (1 Pt 3,15).

Anche se quelli che incontriamo o a cui ci avviciniamo di frequente si sen-tono attratti dalle cose che facciamo, ciò non vuol dire che le nostre opere interpellino, provochino, avvicinino a Dio, perché tra le altre cose sappiamo bene che ci sono molte associazioni o movimenti che, a volte, possono offrire ottimi servizi.

“I consacrati di oggi sono chiamati a un discernimento dei problemi interni per mettersi in gioco, con le loro forze attuali e anche con il desiderio, che rimane forte, di ciò che è essenziale: Cristo. Questo essenziale deve mobili-tare tutte le energie. Incontrare Cristo, coltivare una stretta amicizia con lui, parlare di lui e farlo conoscere: è qui che si gioca l’identità dei religiosi e non nei ruoli o nelle funzioni a cui la società potrebbe attribuire valore”(1)

Gli uomini e le donne che si avvici-nano devono scoprire in noi il nostro essere in Dio, il nostro essere credenti,

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da un’altra prospettiva, dalla cima, ap-parentemente estatico e immobile, ma fondamentalmente capace di accogliere realtà nuove, vive, per giungere con-temporaneamente al cuore di se stessi e della realtà” (3).

- Vive in continuo ascolto di Dio, delle persone che incontra, nella storia, in atteggiamento di obbedienza;

- Non naviga da solitario, non vi-ve da scapolo, ma si sente parte di un circuito, fa spazio all’altro e struttura il tempo per curare le relazioni ad intra e ad extra: accoglie e trasmette la fede in comunione, lavorando in rete nel pro-prio ambiente secondo il comandamen-to nuovo dell’amore, custodisce il bene comune; rimane sempre in relazione con tutti gli uomini e le donne del suo tempo, a partire dai fratelli e dalle sorel-le della comunità o fraternità, accoglie l’altro senza condizioni;

- rafforza con il tempo il senso di appartenenza alla propria comunità con cui condivide la sua vita umana e spirituale;

- percepisce la sua vita come un dono di Dio e matura la consapevolezza che l’esistenza vissuta nello Spirito potenzia l’umanità e libera le persone;

- assume uno stile di vita sobrio, vive con il poco che riceve, fonda la sua vita nell’essenzialità, non cerca il benessere a qualsiasi costo, non accumula per sé, condivide ciò che possiede, crede nella Provvidenza;

- vive il servizio nella gratuità e nella logica del dono e della restituzione;

- si pone e comprende se stesso in modo unificato e non frammentario;

- è capace di una progettualità che permette lo sviluppo integrale di se stes-so e degli altri nella libertà;

- acquisisce la capacità di discerni-

Il cristiano vive in continuo ascolto di Dio, delle persone che incontra, nella storia, in atteggiamento di obbedienza, di preghiera.

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mento evangelico, strumento che con-solida l’acquisizione di un metodo auto formativo;

- è portatore di pace e di giustizia; sente la bellezza e la custodisce, diffonde speranza.

Come ben sappiamo, credere sup-pone, anzitutto, accogliere un dono di cui siamo gratificati senza merito nostro: il dono della fede. “Il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo”, affermano gli Atti degli Apostoli par-lando di Lidia (At 16,14). Francesco di Assisi, come molti altri, lo riconosce così anch’egli nel suo testamento: «Il Signore mi diede una fede tale (…).

Il Signore mi diede e continua a dar-mi una fede tanto grande…» (4,6). Come per Francesco, così anche per noi, tutto è

grazia (PF 12), anche la fede. Perciò, co-me abbiamo detto, la fede tende sempre ad agire e a trasformare la persona dal di dentro, mira alla conversione della mente e del cuore.

La fede, tuttavia, è anche un impe-gno personale per conservarla e farla crescere. Per questo, Benedetto XVI ha proposto che durante questo Anno della fede facciamo “memoria del dono pre-zioso della fede” (PF 8).

Già il santo vescovo di Ippona in una delle sue omelie sulla redditio symboli, cioè sulla consegna del Credo dice: «Voi lo avete ricevuto (il Credo), ma lo dove-te tenere sempre presente nella mente e nel cuore, lo dovete ripetere stando a letto, ripensarlo nelle piazze e non dimenticarlo durante i pasti; e anche quando dormite con il corpo, dovete ve-

MONASTERO S. MARIA DEL SASSO (Bibbiena). Il Coro delle claustrali.Il consacrato che vive la fede, dono dello Spirito, (…) cura il silenzio, la dimensione

contemplativa che “permette alla persona di osservare la realtà da un’altra prospettiva, dal-la cima, apparentemente estatico e immobile, ma fondamentalmente capace di accogliere realtà nuove, vive, per giungere contemporaneamente al cuore di se stessi e della realtà”.

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gliare in esso con il cuore” (Sermo 215). La Chiesa primitiva chiedeva che

si imparasse a memoria il Credo, per conservare la fede e ricordare la propria condizione di credenti. Questo ricorda-re, ripassare nel cuore, non si limita al passato, ma fa sì che la fede entri nel presente, qualificando la propria vita, e si apra al futuro sviluppandosi e crescen-do, come cresce il chicco di senape (Mt 13,31). In questo modo il contenuto del Credo, sintesi della nostra fede, diventa storia, si fa vita e si apre alle mirabilia Dei, alle opere meravigliose di Dio, che il Signore continua a compiere in noi.

La fede è pertanto una grazia che dobbiamo accogliere con vera e pro-fonda gratitudine e una responsabilità che ci porti a prenderne coscienza “per rianimarla, purificarla, confermarla e confessarla”(4).

La fede, se non vogliamo che si spen-ga, e perdere così la nostra condizione di essere sale e luce nel nostro mondo (cf Mt 5,13-16), deve essere continua-mente riscoperta (cf PF 4) e vissuta con gioia, in modo tale da poterla confessare individualmente e comunitariamente, interiormente ed esteriormente, e cele-brarla nella liturgia e nella nostra vita quotidiana (cf PF 8,9). La fede che mi è stata data, mi è stata anche affidata perché la conservi e la faccia crescere “Con il cuore infatti si crede… e con la bocca si fa la professione di fede” (Rom 10,10). Accoglienza e responsabilità sono inseparabili!

Penso che l’Anno della fede costitu-isca un’occasione favorevole perché la vita consacrata e ognuno di noi accolga questo dono con rinnovata gratitudine e allo stesso tempo lo assuma con vera re-sponsabilità. Dall’altra parte, sento che il Signore dice oggi ai consacrati, come ieri ai suoi discepoli: “Coraggio, sono

io, perché dubitate?” (cf Mt 14,31), e come disse per mezzo del profeta Aggeo al popolo d’Israele in momenti per esso molto difficili, lo ripete oggi anche a noi: “Coraggio, e al lavoro, perché io sono con voi” (Ag 2,4). Sento come rivolte in prima persona a noi consacrati le paro-le della lettera agli Ebrei: «Manteniamo senza vacillare la professione della no-stra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso” (Eb 10,23). Le difficoltà non mancano nella vita con-sacrata. Ne facciamo esperienza ogni giorno. Ma noi, come scrive sempre la Lettera agli Ebrei “non siamo di quelli che cedono (…), ma uomini di fede” (Eb 10,39), e dalla nostra povertà gridiamo, sicuri di essere ascoltati: “Signore, cre-do, ma aumenta la mia fede”.

La fede sarà l’unica risorsa per rifare nuova la vita consacrata. “Qualunque altra cosa ci allontanerà dalla realtà, dal centro vitale della nostra vita, e anche ci diminuirà”. La fede è l’unica cosa che renderà possibile che la vita consacrata “sia oggi ciò che è stata in passato cata-lizzatrice della presenza divina e voce profetica in mezzo al nostro mondo (5).

(R. Carballo, ofm – in Testimoni, 5/2013, pp. 43-44).

JEAN-CLAUDE LAVIGNE, Perché abbiano

la vita in abbondanza, Qiqajon, Magnano 2011,34.

BENEDETTO XVI, Meditazione, XIII As-semblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, 8 ottobre 2012.

L. LEUZZI-F. MONTUSCHI, Aiutare i giovani a progettare la vita, OCD, Roma, 2009, 40.

PAOLO VI, Exhort., Petrum et Paulum Apostolos (1957).

JOAN CHITTISTER, Le otto montagne della vita consacrata. Spiritualità per oggi. •••

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Frontespizio di un fascicolo pubblicato per il settimo centenario dell’Ordine. La lettera pubblicata nelle pagine seguenti è anche riportata nel numero speciale de “Il Rosario - Memorie Domenicane”, Anno XXXIII (1916) pp. 7-12.

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Diletto Figlio,salute e apostolica benedizione.Nel Congresso dei Terziari Domeni-

cani, tenuto tre anni sono in Firenze, presenti Noi con più vescovi, e Noi caldamente approvando ed esortando fu stabilito che, nella prossima solen-nità dell’uscente 700 anno dalla legit-tima conferma dell’Ordine Domeni-cano, una riunione consimile e molto più solenne, fosse tenuta in Bologna. Certo allora eravamo ben lungi dal congetturare ciò che Dio aveva dispo-sto circa l’umile Nostra persona in un giorno non lontano: ma Ci parve d’es-sere mossi da certi peculiari motivi a festeggiare l’Istituto e la memoria del glorioso Patriarca, essendo Noi, i tutori e custodi delle sacre sue spoglie e, ve-nerando nella nostra Casata gentilizia un seguace della sua Regola, sortito ad ampliare il numero dei beati.

Ora, poi che per arcano volere di Dio è avvenuto che, al sopraggiungere di questa secolare solennità, non siamo più collocati nella Sede di S. Petronio, ma sulla stessa Cattedra del Principe degli Apostoli, conviene che Noi si ab-bia riguardo ai meriti immortali verso la S. Chiesa, oltre che alla Nostra priva-ta parentela e che si dia all’inclito Or-dine una particolare testimonianza di apostolica affezione.

Già le laudi della illustre famiglia Domenicana può dirsi siano state cele-brate, come per ispirazione divina dal Nostro antecessore Onorio III; il qua-le, dopo aver sanzionato l’Ordine fon-dato nove anni innanzi, mercé la sua costituzione emanata il XXII dicembre MCCXXVI, lo stesso giorno volle dar nuove lettere apostoliche al Padre e le-gislatore in questi termini: “ Noi, since-rati che i frati del tuo Ordine diverran-

DOCUMENTIChe cosa scriverà per noi, al prossimo ottavo centenario dell’approvazione

dell’Ordine, il Papa attuale, SS Francesco I? Pensiamo di far cosa gradita riportare, quale documento storico, la lettera apostolica che in occasione del settimo cente-nario Papa Benedetto XV inviava al P. Maestro generale, L. Theissling.

IL PAPA E IL NOSTRO CENTENARIO

Lettera del Santo Padre BENEDETTO XV al Rev. P. M. Fra Ludovico Theissling, Maestro dell’Ordine Domenicano,

nell’imminente VII Centenario della legittima conferma dell’Ordine. E’ stata pubblicata negli Acta Apostolicae Sedis, fasc. di novembre 1916.

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no i campioni della Fede e i veri lumi-nari del mondo, confermiamo l’Ordine stesso”. Lo che quanto veracemente fosse detto, venne in modo aperto di-mostrato dagli eventi avveratisi nel cor-so dei secoli fino a noi.

Dappoichè, quanto riguarda la lo-ro opera e lo zelo per la Fede, è mol-tissimo dal fatto che, nessuno ripulsò mai con più energia e costanza di essi gli oppugnatori della cristiana dottri-na. Prima di tutti i settari Albigesi, de’ quali, divinamente ispirati a percuote-re l’audacia, con quanto valore la fiac-carono! Così ai Catari, Patarini, Ussiti, Novatori ed agli altri eretici successi-vi, con quanto vigore e dottrina, mer-cé l’insegnamento, la predicazione e gli scritti resistettero! Né scarseggiaro-no fra essi quei che confermarono col sangue la professione di fede: valga per tutti quel Pietro Martire, del qual figlio si gloria tanto la Chiesa Veronese. E chi non sa la premura onde sogliono co-munemente rinvigorire e tutelare l’in-tegrità della Fede e della vita cristiana? Per tacere delle altre opere salutevoli, istituite da essi a tal proposito, come la Congregazione del Santissimo No-me di Gesù, l’altra del Santissimo Sa-cramento e il Terz’Ordine; è indubita-to che la S. Chiesa ebbe da Domenico e da’ suoi religiosi quel “gran presidio contro l’eresie ed i vizi” che va sotto il nome di Rosario Mariano.

Né meno solleciti e benemeriti si mostrarono nel dilatare il regno della S. Chiesa. Già fino dagli albori dell’Or-dine sappiamo quanto giovarono le lo-ro sacre missioni ai barbari dell’Asia e dell’Africa superiore, moltissimo nella stessa Europa: in particolare poi riusci-rono salutevoli ai Polacchi ed Unghere-si. E non appena fu scoperta l’America, i religiosi specialmente Spagnoli videro

schiudersi un nuovo immenso campo alla loro operosità apostolica. E in es-so si adoperarono poi sempre in guisa, da cogliere non soltanto frutti copiosi a salute delle anime ma coprirsi eziandio di gloria non caduca.

In quella bella serie di operai riful-gono i nomi di Lodovico Bertrando e di Bartolomeo di Las Casas. Il primo dei quali per isplendore di virtù e copia di miracoli fece rivivere le insigni gesta degli Apostoli; il secondo col sottrarre gl’indigeni al dominio di Satana, e più ancora col proteggerli dal servaggio e dalle onte dei malvagi, meritamente fu celebrato quale vindice dell’umana di-gnità.

Finalmente, ciò che attesta anche meglio della Fede sincera e irreprensi-bile, nell’encomio dell’Ordine Dome-nicano è di porsi la sua singolare co-stante devozione a questa Sede Apo-stolica.

Imperocché, quando la pontificia potestà fu impugnata dall’orgogliosa o-stinazione cesarea, non possiamo tace-re che, e gli altri religiosi e questi prima di tutti, come fedelissimi al Pontefice, ebbero a soffrire insulti e villanie; ogni qualvolta poi erano da difendere e por-re in luce i diritti del Romano Pontifi-cato, i Domenicani tennero sempre il primo posto in quelle difese ed illustra-zioni. Del resto, finché resterà in bene-dizione la memoria di Caterina Senese, apparirà in tutta la sua luce l’unione singolare della famiglia Domenicana coll’Apostolica Sede. Quanto poi alla luce recata da essi al mondo fino ai no-stri tempi, anzitutto colla dottrina, cre-diamo fermamente che nessuno pos-sa dubitarne. Sanno tutti con quanto impegno siensi dati in ogni tempo ad ottimi studi, mercé i quali s’avvantag-giano oltremodo i veri progressi umani

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del retto vivere; né serve menzionare quei religiosi i quali, ricchi d’ingegno e di perizia de massimi negozi, si resero immortali coi loro gravissimi scritti.

Qual può esservi persona seriamen-te dotta, che non ammiri le opere d’Al-berto Magno, d’Antonino, del Gaeta-no? Chi, dedito a studi severi, purché accoppi al desio d’imparare l’amore al-la S. Chiesa, non pregierà sommamen-te, non amerà caldamente, non seguirà col massimo affetto Tommaso d’Aqui-no, la cui dottrina, dono certo della di-vina provvidenza, rifulse nella Chiesa a conferma della verità e a confusione di tutti gli errori dei secoli futuri? Né si lo-da tanto quest’Ordine per aver allevato l’Angelico Dottore, quanto perché in appresso non s’è mai scostato d’un api-ce dal magistero di lui. E inoltre a tanto fulgore di scienza conviene aggiungere l’altro, anche più divino, della santità.

Moltissimi, infatti, di questa religio-sa famiglia, dalle sue origini fino ad og-gi, gli uni più insigni degli altri, la vita trascorsa nell’innocenza sollevò al cie-lo; donde, come stelle lucenti, illumi-nano la via ai popoli cristiani ad ogni eccellenza di virtù. Lo stesso Patriarca Domenico guida in certo qual modo la schiera, e dietro a lui con meraviglio-sa varietà d’astri minori rifulgono e l’A-quinate, e il Ferreri e, l’ordinatore dei canoni, e la Vergine Senese e colei che prima abbellì d’alta santità le regioni dell’America meridionale.

Le quali cose chi ben consideri, non istupirà se la Sede Apostolica, occu-pata santamente ben quattro di questi religiosi, ebbe sempre un gran concet-to dell’Ordine Domenicano. Da esso, infatti i Romani Pontefici ricercarono spesso i soggetti da innalzare alle altis-sime dignità, ed ai quali affidare gravis-simi uffici. Ed ai quali affidare gravissi-mi uffici. Ed attribuirono in perpetuo a quest’Ordine certe mansioni particola-ri, costituite a tutela della Fede, come a commendarne l’integrità della Regola e della dottrina.

Noi, poi, o Figlio diletto, ripensan-do a tutto questo, rendiamo grazie an-zitutto a Dio autore e largitore di ogni bene, perché serba ed estende ancora per Sua benignità l’Istituto del tuo gran Padre e legislatore, e lo supplichiamo fervidamente a volerlo favorire ed aiu-tare in egual modo per l’avvenire. Per-ciò teco e co’ tuoi confratelli, e con quanti accoglie cotesto triplice Ordine, Ci rallegriamo di gran cuore; esortan-dovi a mostrarvi sempre degni figli di sì gran Padre ed eredi dei vostri antenati. A Te, poi, in particolare, poiché hai ini-ziato il supremo Magistero dell’Ordine sotto la celebrazione di questa fausta ricorrenza, pensiamo dover esserti fe-

PP. Benedetto XVnell’udienza del 24 settembre 1915

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lice augurio: e facciamo voti che la tua carica cospicua decorra prosperamen-te e fruttuosamente per la Santa Chiesa. Affinché poi i secolari festeggiamenti, ricorrenti il XXII del prossimo Dicem-bre, sieno celebrati con frutto più co-pioso ed allegrezza spirituale, Ci piace arricchirli del dono della indulgenza pontificia. Pertanto, a tutti coloro i qua-li visiteranno qualsiasi chiesa o pubbli-co oratorio del primo, secondo e terzo Ordine Domenicano, dov’essi festeg-giamenti si solennizzino per tre giorni o per uno soltanto, concediamo per u-na sola volta l’indulgenza plenaria dei peccati, purché i fedeli soddisfacciano

alle consuete condizioni. Concediamo inoltre la facoltà di celebrare la Messa del S. P. Domenico non solo il giorno della secolare solennità, ma anche gli altri due giorni delle triduane preghiere pubbliche, ove queste si effettuino.

Auspice frattanto dei celesti favori, e pegno della Nostra paterna benevo-lenza, impartiamo con tutto l’affetto a Te, Figlio dilettissimo, come a tutta la Famiglia domenicana, l’Apostolica be-nedizione.

Dato in Roma a S. Pietro, il XXIX Ot-tobre MCMXVI, anno terzo del Nostro Pontificato.

BENEDETTO PP. XV.

Il Papa Benedetto XV e i Laici DomenicaniIn diverse occasioni Papa Bene-

detto XV parlò a favore dell’Ordine e del Laicato domenicano, nel quale anch’egli aveva professato. Il 6 set-tembre 1919 emanò un breve con cui invitava ad entrare nella Frater-nita laica… per seguire una via più perfetta. Lo riportiamo pensando di far cosa gradita ai nostri laici!

Scriveva: «In mezzo ai gravi pe-ricoli, che da ogni parte insidiano la fede e la morale del popolo cristia-no, è dovere Nostro di salvaguardare i fedeli, indicando loro quei mezzi di santità che Ci sembrano più utili e opportuni per la loro difesa e per il loro progresso. Tra questi mezzi rav-visiamo essere uno dei più cospicui, più agevoli e più sicuri il Terz’Ordine Domenicano (Laicato), che il glorio-so Patriarca di Guzman, conoscitore delle insidie del mondo non meno

che dei salutari rimedi derivanti dalle divine dottrine del Vangelo, ebbe l’ispirazione d’istituire, affinché in questa sua figliolanza ogni classe di persone trovasse come appagare il desiderio di una vita più perfetta.

Esortiamo pertanto i fedeli di tutto il mondo a non trascurare l’eco, tuttora risonante della voce, tante volte secolare e sempre provviden-ziale, del sapiente Fondatore; e per il Nostro ufficio di fautori della salute delle anime li invitiamo a raccogliersi sotto il sacro vessillo del Terz’Ordine di San Domenico, adorno di tanti fiori di virtù, ma illustrato in partico-lar modo dalle due preziose gemme di santità: Caterina da Siena e Rosa da Lima.

Ed a tutti gli iscritti allo stesso Laicato, presenti e futuri, impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione, pegno della Nostra paterna bene-volenza, caparra dei celesti favori e augurio di salvezza».

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Domenico, devotissimo della Vergi-ne, si infervorò ancor di più al suo culto proprio nella lotta contro gli albigesi, che negavano a Maria il privilegio della divina maternità.

Fu allora forse che egli cominciò a predicare le glorie di Maria compen-diate nei misteri del Rosario, alternando la preghiera alla predicazione, sì che la preghiera illuminava la verità predicata e questa, a sua volta, illustrava il mistero contemplato nella preghiera.

La devozione del Padre Fondatore alla Vergine Maria fu ereditata dai figli.

Tutta la storia dell’Ordine è testimo-nio eloquente di questo sentimento di amore filiale che i Frati Predicatori, in tutte le età, hanno nutrito verso la Re-gina degli Apostoli. Quando, al tempo del b. Giordano, i religiosi erano parti-colarmente tormentati dagli assalti del nemico infernale, si ricorse con fiducia alla Vergine e il beato, successore di san Domenico, ordinò che si cantasse tutte le sere la Salve Regina dopo la Compie-ta. Immediatamente ritornò la calma.

Il beato Giordano - ci dicono le Vitae

Fratrum - fu devotissimo della Vergine; e con lui si poterebbero ricordare tutti i grandi domenicani di ogni tempo: da san Tommaso a santa Caterina da Siena, da san Vincenzo Ferreri al Savonarola, da san Pietro da Verona ad Alano della Rupe, ecc; tutte le generazioni domeni-cane si sono trasmesse, come da padre in figlio, questa fiaccola, che è amore ardente alla Vergine, zelo per la sua gloria e imitazione delle sue virtù.

Giustamente Teodorico d’Apolda, a-giografo domenicano del sec. XIII, chia-mò l’Ordine il giardino della Madonna: giardino, ove fioriscono fiori olezzanti per lei, ove Ella è Regina.

Tale devozione fiorì e certamente fiorirà sempre nell’Ordine domenicano anche perché è intimamente connessa all’ideale domenicano. «Tra l’incarna-«Tra l’incarna-Tra l’incarna-zione del Verbo di Dio - ha detto Pio XII, parlando ai domenicani - e la pre-dicazione v’è una stretta analogia, una meravigliosa somiglianza e parentela. Il discepolo di Cristo, a somiglianza del-la Beatissima Vergine Maria, dona, dà Cristo agli uomini, è portatore di Cristo.

PREGHIAMO PER L’ORDINEIn preparazione al Capitolo Generale e Provinciale.

MERAVIGLIOSA SOMIGLIANZA E PARENTELA

«Il discepolo di Cristo, a somiglianza della Beatissima Vergine Maria, dona, dà Cristo agli uomini; è vero portatore di Cristo.

La Vergine, Madre di Dio, rivestì Cristo dell’indumento delle membra, l’araldo del vangelo lo riveste dell’aereo corpo delle parole».

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La Vergine, Madre di Dio, Maria, rivestì Cristo dell’indumento delle membra, l’araldo del vangelo lo riveste dell’aereo corpo delle parole: tanto lì che qui v’è la verità che ammaestra gli uomini, che gli uomini illumina e salva; la maniera è diversa, ma la virtù è la medesima. Di certo questo medesimo onore, questa lode, questa dignità appartengono a voi con speciale titolo».

Questa somiglianza di compiti mentre accresce la devozione dei Frati Predicatori verso la Vergine Santissima, li assicura del suo materno patrocinio.

Sono certamente molti i pericoli per chi deve avvicinare ogni sorta di gente; molti e di ogni genere per chi deve co-stantemente vivere a contatto col male, con l’errore, con tante deviazioni della mente e del cuore umano.

Per questo in un certo senso fu giusta la preoccupazione di quella donna soli-

taria, che, come raccontano le Vitae Fra-trum, vedendo due domenicani giovani e belli - iuvens et pulchros - percorrere, soli, il mondo, pensò che non si potes-sero mantenere puri. Ma non del tutto era giustificata la sua apprensione. Ad essa infatti apparve la beata Vergine, la quale le disse che il suo sospetto l’aveva offesa gravemente, giacchè era lei che custodiva quei giovani domenicani, che percorrevano il mondo per la salvezza delle anime. Essi potevano andare sicuri per il mondo, perché erano sotto la sua “speciale tutela”.

Tanta materna bontà è per i frati Pre-dicatori motivo di grande serenità e gio-iosa fiducia nelle lotte e nelle difficoltà del ministero apostolico e nello stesso tempo è impegno a crescere ogni giorno più nell’amore alla beata Vergine Maria e a far conoscere a tutti, sempre più, le sue glorie. • • •

La predicazione e la vita domenicanaLa predicazione non è solo una funzione, un compito, una missione. Per la

Famiglia Domenicana è un modo di vita, uno stile di vita, è la vita “vere apo-stolica” che Domenico volle per sé e i suoi seguaci. Il nostro impegno come domenicani è non solo avere una vita di predicazione, ma una vita che in se stessa sia predicazione, una vita che predichi.

Domenico concepì il suo progetto fondazionale in funzione della predica-zione. Questo fu il propositum vitae che presentò ai papi Innocenzo III e Ono-rio III per l’approvazione in modo che tutti gli elementi della vita domenicana sono ispirati dal ministero della Parola e devono orientarsi a questo ministero.

Questa ispirazione e questa orientazione ci permette di parlare della pre-ghiera e liturgia domenicana, della contemplazione e dello studio domenica-no, dell’osservanza regolare domenicana, della professione domenicana dei consigli evangelici... La predicazione configura la nostra vita.

Questo spiega la stretta relazione tra la vitalità della vita domenicana e la vitalità del ministero della Parola nell’Ordine. Quando la missione evange-lizzatrice è viva, tutti gli elementi della nostra vita sono vivi: la preghiera, la contemplazione, lo studio, la vita fraterna. E quando tutti questi elementi sono vivi è viva anche la missione evangelizzatrice. (Atti CG Roma 2010, proemio).

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Verbo di Dio si umanizzi solo per nutrire la religiosità segreta dei sin-

goli, lasciando, per il resto, la realtà umana immutata.

Una fede che non diversificasse il credente dagli altri nelle sue con-

vinzioni morali, nella sua attività politica, nel suo modo di inseguire la giustizia terrestre - in una parola,

una fede socialmente irrilevante – non sarebbe più la fede esaltata da-

gli Atti degli apostoli e dagli scritti di Paolo e di Giovanni.

Ugualmente un “consacrato” ritrova il suo valore in misura della

fiducia che sa riporre nel suo Si-gnore. Nessun male potrà separarlo

dall’amore di Cristo.

Nel pluralismo religioso, che è or-mai solido anche in Italia, tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, a non ri-manere solo spettatori. L’Italia vive una sua dinamica pluralistica e i settori più vivaci del mondo cattolico lo hanno capito da tempo.

I numeri? In Italia vivono 400/500 mila evangelici di varie denominazio-ni, 100 mila ortodossi, 35 mila ebrei, circa 70 mila buddisti, almeno 400 mila testimoni di Geova e, anche se è difficile dare una cifra esatta, si stimano almeno 600 mila i musulmani.

Ormai è un dato culturale e giuri-dico che nel nostro Paese il panorama religioso sia più variegato di quanto non si pensa: accanto ai cattolici, in varie comunità italiane, militano molti stranieri di altra fede, destinati ad au-mentare a motivo dei loro figli e i nipoti

Nel 1882, commemorando il suo grande amico Dostojevski, Vladimir Solo-vev diceva: «Non sottoporsi alla visibile signoria del male e non staccarsi per esso dall’invisibile bene, questo è l’atto eroico della fede. In essa è tutta la forza dell’uomo. Chi non è capace di questo atto eroico, questi non farà nulla e nulla dirà all’umanità. Gli uomini di azione vivono una vita altrui, ma non creano essi la vita. La vita la creano gli uomini di fede. Questi sono i cosiddetti sognatori, utopisti, pazzi: essi sono profeti, i migliori tra gli uomini e le guide dell’umanità» (Secondo discorso sopra Dostojevski).

PENSARE… LA FEDE“La fede se non è pensata è nulla”

(S. Agostino, De praedestinatione, 2,5: PL 44, 963). (cf Fides et ratio, n. 79).

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che, via via nel tempo, acquistano la cittadinanza italiana.

Inoltre ci sono italiani che, sen-za aderire ad altre confessioni di fe-de, non si dicono cattolici tout court e quindi, a parte il numero crescente dei non-cristiani, il problema si sposta sulla identità di fede, dove non è tanto questione di numero ma di qualità. In questa “invasione” di altre religioni si può intravedere chiaramente un movi-mento a danno o a distruzione delle ra-dici cattoliche che tanto influsso hanno avuto nella civiltà europea.

Oggi in Italia sono emergenti radici “protestanti”, “ebree”, “islamiche” e in generale “orientali”.

Come cristiani cattolici non possia-mo rimanere passivi se con responsa-bilità riconosciamo per noi il comando di Gesù di “istruire e fare sue discepole tutte le genti” (Mt.28,19).

Un impegno di testimonianza, di difesa del nostro “credo” si fa più ur-

gente oggi e va fatto in certo modo. È maturata in noi la coscienza che non si difende la propria radice negando le altre, ma evidenziando i “pregi” della propria, nella consapevolezza che si deve “convivere“ con le altre.

La presenza massiccia di queste “al-tre fedi” non costituiscono solo un “pic-colo incidente di percorso”! Va quindi provveduto, pena la fine. Il confronto inevitabile deve costituire per noi mo-tivo di risveglio e di pungolo, una spin-ta a muoversi al largo, a riscoprire la soprannaturalità del cristianesimo che, per le sue origini divine, sa di essere la vera religione.

Si tratta cioè di qualità e quindi del-la maggiore conoscenza che dobbiamo acquisire e della più profonda riflessio-ne che dobbiamo saper fare sulla no-stra fede cristiana.

Non a caso il Papa, proprio nell’en-ciclica sul rapporto tra fede e ragione, insisteva sul dovere di “pensare”, riflet-

A PIENA PAGINA

Il chiostro è uno dei luoghi in cui più facilmente si fa sen-tire lo Spirito Santo, Soffio che porta la Parola e Silenzio che sta nel cuore di Essa (Paolo VI).

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tere la propria fede, perché “la fede se non è pensata è nulla” (n. 79).

È questo “pensare” che, d’altra par-te, porta alla conoscenza indispensabi-le della propria fede, in profondità, per professarla e conduce al superamento dell’ignoranza che è la radice di tutti i mali.

Una “conoscenza”, si rileva ancora per un quadro completo, che si riferi-sce non solo alla propria fede, ma an-che ad un’ordinata conoscenza delle altre fedi, dato che il problema ecume-nico e interreligioso non è periferico, ma centrale, direi strategico.

Ancora una volta, e proprio per u-na penetrazione delle verità cristiane, ci è di prezioso aiuto il Rosario. Que-sto, oltre a farci aderire alle verità, in un assenso libero e cosciente, ci avvan-taggia, con la meditazione, a ‘dire” e a “vivere” tutto il condensato della no-stra fede (cf. Ivi, n. 79).

Disponendoci a dire il Rosario, do-po aver preso la nostra corona, da soli o insieme ad altri, in effetti ci muoviamo per adempiere ciò che è più urgente ed essenziale per un vero cristiano: ripor-tiamo la nostra mente ai quadri della vita di Cristo; mentre li pensiamo, li contempliamo, diciamo la nostra fede. Leggiamo: “Chiunque crede pensa, e credendo pensa e pensando crede. Lo stesso credere null’altro è che pensare assentendo”. Queste straordinarie pa-role di S. Agostino (PL 44,963) mentre ci dicono la profondità della sua intu-izione di fede, ci mettono in evidenza la preziosità e la forza del nostro Rosa-rio e l’efficacia di questo sulle anime. Con il Rosario infatti assolviamo a ciò che è più proprio del cristiano: riflet-tere e vivere la propria fede. Una fede che salva noi e salverà il mondo.

P. Eugenio Zabatta op. •••

Dall’ Enc. Porta Fidei

LA CONOSCENZA DEI CONTENUTI DELLA FEDE

Come si può osservare, la cono-scenza dei contenuti di fede è es-senziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa. La co-noscenza della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivela-to da Dio. L’assenso che viene pre-stato implica quindi che, quando si crede, si accetta liberamente tutto il mistero della fede, perché garan-te della sua verità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore [18].

D’altra parte, non possiamo di-menticare che nel nostro contesto culturale tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fe-de, sono comunque in una since-ra ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico “preambolo” alla fede, perché muove le persone sulla stra-da che conduce al mistero di Dio. La stessa ragione dell’uomo, infatti, porta insita l’esigenza di “ciò che vale e permane sempre” [19].

Tale esigenza costituisce un invi-to permanente, inscritto indelebil-mente nel cuore umano, a mettersi in cammino per trovare Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto incontro [20]. Proprio a questo incontro la fede ci invita e ci apre in pienezza. •••

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La predicazione, nel passato, non aveva luoghi prestabiliti, ma avveniva là dove il popolo viveva e si incontra-va. Questi luoghi vedevano nascere passioni e idee, confrontarsi opinioni e nemici, e in essi si concentravano tutti i sentimenti personali per costi-tuirsi in comunione sociale: il suc-cesso personale diventava l’orgoglio di tutti e la sofferenza individuale si espandeva in umiliazione comune.

In queste “piazze” predicava San Domenico per combattere l’eresia ca-tara e conquistare gli eretici all’orto-dossia. A Viterbo, all’angolo esterno sinistro della chiesa di Maria Nuova, è ancora visibile il pulpito dal quale, nel 1267, predicava San Tommaso. Un pulpito esterno perché Tomma-so si rivolgeva al popolo fuori dalla Chiesa, nella “piazza”.

È interessante notare come già al-lora lo zelo missionario portasse la Chiesa, i Predicatori, a cercare “fuori dalle sagrestie” il popolo, a guarda-

re oltre i propri recinti e steccati per andare in cerca delle pecore sperdu-te (forse i pastori sapevano ancora di pecora, come dice papa Francesco?).

Se la predicazione era per il po-polo, verso di lui bisognava andare e San Domenico non ha mai avuto paura per sé e per i suoi frati impe-gnati nell’evangelizzazione.

A chi gli faceva notare che uscen-do dai conventi i frati potevano cede-re al piacere mondano, San Domeni-co, a sua volta, faceva notare che la predicazione ai lontani era ben supe-riore al rischio di un peccato assolvi-bile con il pentimento.

I domenicani, dalle piazze al-le regge, hanno predicato per secoli ma, improvvisamente, piazze e reg-ge si sono svuotate e i predicatori so-no rimasti soli. Le chiese sono vuote, le piazze sono diventate “digitali”, le regge occupate da ministri laici (quando non massoni) e frati e lai-ci recriminano perché “la gente non

Siccome la gente non va più in chiesa, come può la Chiesa andare incontro alla gente? Nelle domeniche, del tempo di Pasqua, si sono svolti degli eventi di “predicazione al popolo” che mi hanno ricordato l’antica forma di predica-zione, quando appunto “l’andare incontro”alla gente era più usuale.

A questo riguardo l’autore ci comunica la sua particolare esperienza fatta recentemente e con esempi vissuti la ripropone come necessaria. Cogliamone i richiami e pratichiamone i suggerimenti.

LA PREDICAZIONE OGGIe i suoi luoghi

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viene più”, rassegnandosi a un nobile declino con la consolazione dei fa-sti di un passato sempre più remoto e più incomprensibile all’uomo d’oggi.

Come mai non ci siamo accorti che la gente se ne andava? Che co-sa stavamo guardando, cosa pensa-vamo? Che cosa ha offuscato i nostri occhi e annebbiato la vista?

Abbiamo accettato l’assenza di persone come una sconfitta e ci sia-mo ritirati nei conventi, nei salot-ti o nelle università. Siamo diventati spesso autoreferenziali: ci alimentia-mo di studi tomisti e cateriniani che interessano solo a noi e a pochi altri.

Dobbiamo chiederci anche perché non siamo tornati a cercare il popolo.

Che cosa ci ha trattenuto? Che co-sa lo ha impedito? Le celle, le pol-trone, le aule sono sicuramente più comode e accoglienti dell’andare a confrontarsi con i problemi reali del-la gente e accettare il rischio di sen-tirsi criticare, osteggiare e persino of-fendere. Stiamo abdicando al nostro carisma e alla nostra missione.

Faccio alcuni esempi. Quanti fra-ti sono disponibili a fare catechesi o predicazione nelle chiese o par-rocchie tenute dall’Ordine? Oppure quanti sono pronti a promuovere in-contri aperti a tutti? La scusa più co-mune è: “non viene nessuno” oppure “tutti oggi predicano, non c’è biso-gno di me”. >>>

Nella città di Viterbo, all’angolo esterno sini-

stro della chiesa di S. Maria Nuova, è an-cora visibile il pulpito

dal quale, nel 1267, usava predicare

S. Tommaso d’Aquino.

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In queste domeniche del Tempo di Pasqua, alcune piazze e luoghi pub-blici (parchi, stazioni della metropo-litana…) di Roma sono stati testimoni di eventi particolari, di predicazione, direi. Canti, esperienze personali, lodi (o vespri di pomeriggio) e cate-chesi. Sospendendo ogni giudizio sui promotori o sulla forma, mi sembra che sia stato un modo eccellente di tornare fra la gente.

Mi sono incuriosito e, in queste quattro o cinque domeniche, sono andato ad ascoltare in luoghi diffe-renti coloro che hanno animato que-sta grande missione. Sicuramente si notava la poca preparazione di al-cuni, qua e là qualche strafalcione o qualche concetto meritevole di mag-giori spiegazioni. Forse è poco, ma-gari velleitario, ma questo poco è sempre meglio di nulla.

Certo non è nelle corde dell’Ordi-ne una simile missione! Tanto più è

necessaria una forma di predicazione (dottrinale) in cui sia coinvolta la fa-miglia domenicana.

Si può iniziare con il chiederci quali siano le eresie di oggi e chi i nuovi eretici; dove la Verità è attac-cata…. Ad esempio: quanti nubendi (o presunti tali) pensano, pur convi-vendo, di non essere nel peccato solo per il fatto che hanno l’intenzione di sposarsi? E quanti sacerdoti concor-dano e incoraggiano questa posizio-ne? Forse un itinerario formativo al matrimonio potrebbe aiutare i fidan-zati a evitare questi errori di valuta-zione della morale. Inoltre le coppie in stato irregolare o difficile, come possono essere aiutate a vivere il loro rapporto con la Chiesa?

Questi potrebbero essere alcuni temi più urgenti che frati e laici pos-sono affrontare insieme e disporre un percorso. Certo, s’inizia da zero, il primo anno saranno presenti due per-

ROMA. Sopra e nella pagina 111 due momenti della grande missione in piazza.

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sone, il secondo tre ma, come si dice, il milione comincia dalle cinque lire.

Talvolta penso che, in generale, stiamo assolvendo male il nostro ca-risma domenicano. Il carisma è un’i-spirazione dello Spirito per il bene della Chiesa e perciò va seguìto.

I domenicani di Lille, da diversi anni, sono promotori di un’iniziativa che oggi raccoglie decine e decine di migliaia di adesioni. Retraite dans la ville (http://www.retraitedanslaville.org) è un modo di vivere un “ritiro spirituale” restando nella propria ca-sa, tenendo dei colloqui e seguendo delle catechesi alternate fra internet e incontri in presenza.

La diocesi di Padova, quest’anno ha pensato di replicare l’iniziativa di predicazione in piazza (http://www.

unattimodipace.it) coinvolgendo Ge-suiti, Frati Minori Conventuali e laici. Risultato? 20.000 iscritti! E noi Do-menicani, assenti! Ci siamo fatti sfug-gire l’occasione perché non ci abbia-mo creduto, non ci sentivamo ade-guati o peggio non ci andava di farlo?

Le persone che vogliono ascoltare ci sono, le domande sono tante ma dove sono i predicatori? La doman-da religiosa c’è, basta andarle incon-tro… forse nelle piazze!

Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come cre-deranno in colui del quale non han-no sentito parlare? Come ne sentiran-no parlare senza qualcuno che lo an-nunci? (Rm 10, 14).

(Edoardo Mattei della FLD di Roma). •••

«Il capitolo provinciale indica la predicazione itinerante quale uno dei com-piti a cui siamo chiamati primariamente nel nostro territorio… tenendo conto che, nella realtà della nostra Provincia, la predicazione itinerante è necessaria-mente legata a quella del Rosario (Atti Cap. Montecompatri (2005), n. 30).

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Mercoledì 22 maggio 2013 alle ore 18.30 nella chiesa di Santa Maria del Rosario in Prati (Roma), in occasione dei festeggiamenti per la Traslazione del Santo Padre Domenico, si è tenuta una videoillustrazione storico-artistica dell’Arca di San Domenico.

Fra Manolo M. Puppini O.P., autore della videoillustrazione, mediante l’au-silio di un videoproiettore, ha ricostrui-to le varie fasi costruttive di quest’opera cara ai domenicani di ogni epoca e di ogni luogo, facendo continui riferimen-ti alla storia, all’arte e alla fede.

La monumentale Arca marmorea che custodisce le ossa del santo fon-datore dei frati predicatori, infatti, è un’opera di immenso valore artistico e devozionale. L’aspetto attuale è il risul-tato di numerosi interventi che si sono succeduti nel tempo, dal XIII al XVIII secolo, e che ne hanno modificato e arricchito la struttura originaria.

Prima di parlare dell’Arca di San Domenico, fra Manolo ha narrato, in-fatti, le vicende che precedono la sua realizzazione.

Bologna, convento di San Niccolò delle Vigne, 5 agosto 1221: fra Dome-nico, dopo una vita totalmente votata al servizio di Dio e dei fratelli, è grave-mente malato. La febbre e la dissente-

ria non gli concedono alcuna tregua.I frati allora decidono di sottrarlo

alla calura estiva cittadina e di portar-lo nel monastero benedettino di Santa Maria del Monte, situato sul colle di San Benedetto (215 m s.l.m.), a sud di Bologna, distante circa 2 km dal con-vento. Essi sperano che il luogo più elevato (di 140 m ca) e più arieggiato possa, se non guarirlo, almeno allevia-re le sue sofferenze. Dopo essere usciti dalla città attraverso il serraglio (torre-sotto) di San Procolo e aver raggiunto la sommità del colle, le sue condizioni peggiorano invece di migliorare.

La mattina seguente, il rettore di Santa Maria del Monte, ritenendo fra Domenico ormai prossimo alla morte, avverte i frati che qualora fosse morto lì, non avrebbe permesso loro di por-tarlo via, ma lo avrebbe fatto seppelli-re nella propria chiesa. Fra Ventura da Verona riferisce l’intenzione del rettore a fra Domenico il quale gli risponde di non voler essere seppellito in altro luo-go che sotto i piedi dei suoi frati.

Fra Domenico muore il 6 agosto 1221 nel convento di San Niccolò del-le Vigne in Bologna circondato dai suoi frati. Dopo le esequie solenni presie-dute dal cardinale Ugolino dei Conti di Segni (futuro papa Gregorio IX), alle

24 MAGGIO: TRASLAZIONE DEL SANTO PADRE DOMENICO

L’ARCA DI SAN DOMENICO TRA STORIA, ARTE E FEDE

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quali partecipano il patriarca di Aqui-leia, molti vescovi e abati, e una molti-tudine di fedeli, viene sepolto nel coro della chiesa, sotto il pavimento.

Nel 1228, in occasione dei lavori di ampliamento della chiesa e del con-

vento, divenuti ormai insufficienti a soddisfare le necessità di una comunità di frati numerosa e in continua cresci-ta, l’antica chiesa di San Nicolò delle Vigne viene demolita. I lavori, però, s’interrompono per mancanza di fondi e il pavimento del coro sotto il quale è sepolto fra Domenico rimane per cin-que anni esposto alle intemperie.

Per ingiunzione di Gregorio IX, che prima di diventare papa lo ha frequen-tato e ne ha apprezzato la devozione, lo zelo e le virtù, la salma di fra Do-menico viene riesumata allo scopo di darne una più degna sepoltura. L’ope-razione avviene nella notte tra il lunedì 23 e il martedì 24 maggio 1233 per la paura che dalla tomba esca cattivo o-dore e per evitare la ressa dei devoti.

Aperta la cassa, ne esce un profumo meraviglioso e soave che tutti i presenti percepiscono. Il corpo di fra Domeni-

BOLOGNA. Chiesa di San Domenico.

La meravigliosa Arca elevata

al santo fondatore dei Frati Predicatori.

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co viene traslato in una nuova cassa di cipresso dotata di serratura e in un sar-cofago di marmo disadorno.

Il 13 luglio 1233 Gregorio IX indìce la causa di canonizzazione di fra Do-menico e nomina i tre commissari apo-stolici che devono svolgere il processo a Bologna. Questi, terminate le inda-gini, nominano tre sottocommissari af-finché svolgano lo stesso lavoro anche a Tolosa, luogo in cui fra Domenico ha vissuto ed operato a lungo.

Dal mese di agosto al mese di di-cembre 1233, dunque, si svolgono i processi di Bologna e di Tolosa. Con la bolla Fons sapientiae, datata 3 luglio 1234, Gregorio IX sancisce la canoniz-zazione di san Domenico, avvenuta a Rieti verosimilmente il 29 giugno o il 2 luglio 1234.

Durante la seconda guerra mon-diale, l’Arca di San Domenico viene smontata e il 17 aprile 1943 viene e-stratta la cassa di cipresso contenente

le reliquie. Dopo alcuni giorni di so-lenni celebrazioni (dal 2 al 6 maggio), il 6 maggio seguente viene trasferita in un luogo più sicuro, una cella-rifugio profonda 5,20 m. scavata apposita-mente sotto il pavimento del presbi-terio della sala del Capitolo. Il 15 set-tembre 1946 la cassa viene rimessa nel sarcofago (nel quale viene lasciato un documento che attesta il fatto) e l’Ar-ca viene rimontata. I giorni 3-4 maggio (radiografie delle ossa a cassa chiusa) e 5 agosto 1943 (esame del cranio), e 13 aprile 1946 (esame del cranio), un gruppo di medici e professori universi-tari, tra i quali Gian Giuseppe Palmieri e Fabio Frassetto, svolgono un’indagi-ne sulle reliquie di san Domenico allo scopo di determinarne le fattezze. Nel settembre del 1946 Carlo Pini realizza il busto marmoreo del Vero Volto di San Domenico (p. 113).

Dell’Arca duecentesca in marmo di Carrara, il cui aspetto era molto diver-

ROMA. Chiesa del S. Rosario. Sopra e pagina accanto: La videoillustrazione storico-artistica dell’Arca di San Domenico, guidata dal P. Manolo Puppini op.

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so da quello attuale, rimane soltanto il sarcofago (1264-1267), opera di Nico-la Pisano e aiuti (Arnolfo di Cambio, fra Guglielmo da Pisa O.P., Lapo, Donato), ornato di bassorilievi con le storie di san Domenico e del beato Reginaldo d’Orleans.

Nel Quattrocento, infatti, essa vie-ne smontata e ricomposta in una nuova forma da Niccolò dell’Arca (de Apulia), che proprio da questa sublime opera ri-ceve nome e fama. Egli dota l’Arca, alla quale lavora dal 1469 al 1473, di un alto coperchio marmoreo coronato di statue: il Padre Eterno benedicente, due putti, la Pietà con due angeli, i quattro evangelisti, san Francesco, san Dome-nico, San Floriano, Sant’Agricola, San Vitale, l’Angelo ceroferaio sinistro.

Niccolò non riesce a realizzare tutte le statue previste, motivo per il quale ne viene affidato il completamento al giovane Michelangelo Buonarroti, che scolpisce il san Petronio, il san Proco-lo e l’Angelo Ceroferaio destro (1494-1495), e, successivamente, a Girolamo

Cortellini, che scolpisce il san Giovan-ni Battista (1536/1537).

Nel 1532 Alfonso Lombardi realiz-za il gradino marmoreo ornato di bas-sorilievi sul quale poggia il sarcofago, attualmente posto tra l’altare settecen-tesco e lo stesso sarcofago.

Infine, nel XVIII secolo l’Arca viene dotata di un nuovo basamento e di un altare in stile neoclassico, disegnato da Mauro Tesi e scolpito da Alessandro Salvolini, impreziosito da un paliotto marmoreo disegnato da Carlo Bianco-ni e scolpito a Parma nella bottega del parigino Jean-Baptiste Boudard raffigu-rante il seppellimento di san Domenico (1766-1768).

Fra Manolo M. Puppini O.P.

Per ulteriori informazioni o per orga-nizzare la videoillustrazione si prega di contattare fra Manolo alla sua

e-mail: [email protected] S. Maria del Rosariovia Germanico, 94 - 00192 Roma. •••

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DALL’ORDINE E DALLA PROVINCIA

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TUTTA LA FAMIGLIA DOMENICANA PARTECIPE…

Al Capitolo Generale che è celebrato a TRAGURIJ in Croazia, 22 luglio – 08 agosto 2013

Al Capitolo Provinciale elettivo celebratoa Pistoia il 15 settembre 2013

«Vi chiedo di iniziare a pregare per il buon andamento del Ca-pitolo Generale dei Definitori che si terrà a Troghir (Croazia) dal 22 luglio all’8 agosto a cui parteciperà come Definitore della nostra Provincia fra Luciano Cinelli e per il buon esito del Capitolo di Provincia che avrà inizio il 15 settembre nel Convento di S. Dome-nico di Pistoia» (il P. Provinciale).

L’invito alla preghiera per il buon esito dei prossimi Capitoli, che indichiamo qui sopra, è del P. Provinciale Daniele Cara, una preghiera continua e intensa che permette a tutti di essere utilmente presenti a questi eventi di capitale importanza per la vita dell’Ordine e per la sua missione nella Chiesa e nel mondo.

Le sedi dei Capitoli:TROGIR in Croazia

e PISTOIA in Italia.

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Il 12 maggio 2013 il Santo Padre Francesco ka canonizzato quelli che sono passati nella Storia della Chiesa come gli 800 martiri di Otranto.

Il 28 luglio 1480 i turchi volendo sbarcare in Puglia assediarono Otranto. Il convento dei domenicani dedicato a Santa Maria della Candelora, per la sua posizione appena fuori le mura della città, fu il primo ad essere espugnato ed occupato dalle artiglierie turche. I frati si rifugiarono in città.

Il 12 agosto, i turchi, dopo 14 gior-ni di assedio e di bombardamento alle mura, riuscirono ad entrare nella città e fecero strage di difensori e d’inermi cittadini. I turchi, contrariamente alle u-sanze, entrarono anche nella Cattedrale dove si erano rifugiati l’arcivescovo, il clero, i religiosi e molti cittadini.

Molti furono uccisi subito sul posto, altri il giorno dopo, 13 agosto, sul colle della Minerva dopo aver rifiutato di a-biurare la fede in Cristo.

Non si sa con precisione quanti cad-dero. La storia ci tramanda il numero di 800 martiri. Poche fonti forniscono i nomi degli uccisi. Questi nomi erano e dovevano restare noti solo a Dio perché il martirio fu inteso come impegno di una comunità in difesa della fede.

Nell’unica lista che ci tramanda i loro nomi e appare credibile, ai primi posti, è riportato il nome di maestro Alessandro Longo , domenicano.

Con lui forse sono stati uccisi anche altri domenicani, ma non ci sono per-venuti i loro nomi. Del domenicano di cui si hanno, invece, notizie certe sono proprio di Fr Alessandro Longo. Nato ad Otranto verso il 1425, egli entrò nell’Ordine domenicano nel convento di Lecce o di Nardò. Fu ordinato sacer-dote a Bologna il 30 maggio 1450. Nel 1451 fu nominato maestro degli studenti nello studio generale di San Domenico di Napoli. Fu il fondatore, nel 1458, del convento di Otranto e nel 1474 ot-tenne dal maestro dell’Ordine di poter dare l’abito domenicano e di ammettere alla professione frati e suore. E infine, nel 1475 fu assegnato definitivamente ad Otranto per consolidare il nascente convento da lui formato.

L’Ordine ha avuto per gli 800 martiri di Otranto una grande devozione!

Nel 1574 furono collocati alcuni corpi di martiri di Otranto sotto l’altare del Rosario nella chiesa domenicana di Santa Caterina a Formiello.

Nel capitolo generale di Roma del 1629 il titolo di priore di Otranto fu con-ferito al socio del provinciale di Puglia.

Nel 1694 il provinciale dei domeni-cani di Puglia chiese alla Congregazio-ne dei Riti la facoltà della celebrazione dell’ufficio e della messa dei Beati Mar-tiri per tutti i conventi dell’Ordine.

La postulazione generale dell’Ordine.

Un nuovo santo domenicano

SANT’ALESSANDRO LONGOMartire († 1480)

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L’équipe di pastorale vocazionale della nostra Provincia, ha inviato alla nostra redazione la relazione che vo-lentieri riportiamo qui di seguito:

«Nel fine settimana dal 10 al 12 maggio ci siamo ritrovati nel mona-stero domenicano di Pratovecchio (A-rezzo), ospiti delle nostre sorelle con-templative, per il terzo incontro vo-cazionale in questo anno della fede. Le giornate sono trascorse condividen-do la preghiera della comunità mona-stica e con momenti specifici di rifles-sione, in particolare sulla figura di S. Tommaso d’Aquino e sulla preghiera del S. Padre Domenico. Il luogo ame-no, la liturgia curata, i momenti di silen-zio e meditazione, la fraternità tra noi e con le sorelle domenicane hanno reso ricchi e rigeneranti questi tre giorni.

Un ringraziamento particolare al-la comunità di Pratovecchio e ai con-fratelli fra Antonio Cocolicchio e fra

VITA CONSACRATA

fine settimana vocazionale a Pratovecchio - 10-12 maggio 2013

Maurizio Carosi che in questi due anni hanno condiviso con me l’impegno e la gioia di accompagnare i primi pas-si del discernimento vocazionale di diversi giovani. Un ringraziamento anche al Provinciale p. Daniele Ca-ra, che ci ha sempre sostenuto con la sua presenza e il suo incoraggiamento. Affido anche alla vostra preghiera tutte le vocazioni domenicane, in particola-re della nostra Provincia Romana di S. Caterina da Siena».

(fra Simone Tommaso M. Bellomo).

Siamo lieti di comunicare nello stes-so tempo, ai nostri gentili lettori, la no-tizia della 42a edizione della Settima-na per gli Istituti di vita consacrata, che si è tenuta a Madrid dal 2 al 5 aprile, è stata dedicata al tema centrale del-la ricerca di Dio. L’icona scelta è stata quella di S. Tommaso Apostolo che ri-conosce Gesù risorto nelle sue piaghe.

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119«Comunichiamo con gioia che, il

giorno 20 Aprile 2013, la nostra conso-rella Caterina Di Trapani ha emesso la professione semplice nella chiesa di S. Marco a Firenze alla presenza del pre-sidente della fraternita “Beato Angeli-co” Dr. Francesco Spada e all’assisten-te P. Antonio Cocolicchio o.p. Presenti naturalmente anche i numerosi mem-bri della Fraternita stessa con tanti fa-miliari e amici.

La consorella ha scelto il nome di Maria Maddalena ed è stata accompa-gnata con particolare affetto e preghiera per questa circostanza cosi importante per la vita spirituale ed è stata festeg-giata da tutti i partecipanti al termine della Messa. Ci siamo trattenuti in cor-diale armonia con un fraterno rinfre-

sco, complimentandoci con la nuova consorella. Quel giorno corrisponde-va alla festa liturgica della nostra santa consorella Agnese da Montepulciano (1268-1317), e ciò ha costituito motivo di particolare gioia ed entusiasmo tra noi, sicuri della particolare intercessio-ne della santa a nostro favore.

In effetti questi incontri di preghie-ra e di cordialità sono graditi a tutti e diventano occasione per consolidare la nostra vita comunitaria, che deve ca-ratterizzare la nostra appartenenza alla famiglia religiosa domenicana. Vera-mente quato è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme.

Cogliamo l’occasione di partecipare a tutti con gioia, l’avvenuta inaugura-

FIRENZE. Chiesa di San Marco.Nuova professione nella Fraternita laica domenicanae restauro della facciata della chiesa.

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zione dei lavori di restauro della fac-ciata della nostra Chiesa di S. Marco (giovedì 30 maggio 2013), che insieme alla Basilica di S. Maria Novella, sono le sedi delle nostre preghiere comuni-tarie e riunioni di fraternita.

Dopo la presentazione dei lavori e la consegna delle targhe alle chiese fiorentine del F.E.C., da parte di “HE-RITY International”, l’evento è stato so-lennizzato, presenti le Autorità religio-se e civili, dal Concerto della Cappella musicale della Cattedrale di Firenze, Il Quartetto vocale “Brunelleschi”: An-namaria Vassalle (Soprano), Patrizia Scivoletto (Mezzosoprano), Cristiano Benedetti (Tenore), Gabriele Lombardi (Basso), Direttore (Michele Manganel-li). Ha concluso la cerimonia il buffet servito nel Chiostro San Domenico del convento di S. Marco. Francesco Spada presidente della FLD B. Angelico.

FIRENZE. S. Marco. Pagine 119 e 120, momenti della cerimonia della professio-ne e dell’inaugurazione del restauro della facciata della Chiesa.

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.Stiamo vivendo l’anno della fede, tempo in cui siamo tutti chiamati ad un forte impegno per risvegliare in noi que-sta virtù, oggi un po’ sopita, per poterne riscoprire la bellezza e la preziosità e quindi professarla e testimoniarla con grande gioia e convinzione.

Per mantenere questo impegno oc-corrono volontà e perseveranza, ma può essere di aiuto, stimolo e guida anche l’esempio della santa che ci sta parti-colarmente a cuore e che della fede ha fatto grande esperienza: S. Caterina da Siena, gloria dell’Ordine domenicano, Dottore della Chiesa e Patrona d’Italia e d’Europa.

Grande è la nostra ammirazione per

questa speciale santa e pertanto, con gioia ed esultanza, abbiamo celebrato, dal 26 al 29 aprile, la festa in suo onore, festa che è stata guidata da Don Panfilo e da P. Simone Bellomo OP, che rive-diamo ed ascoltiamo sempre volentieri.

Durante il triduo, abbiamo meditato il S. Rosario, pregando particolarmente per le vocazioni e abbiamo partecipato alla S. Messa.

Molto intensa la giornata della Festa che ci ha visto riunite alle 10 per le Lo-di, e per una bella meditazione dettata dal P. Simone il quale ha commentato un brano riguardante il commovente transito di S. Caterina dal quale si evin-ce la sua grande umiltà, quella umiltà

POPOLI - PE. - Chiesa S. DomenicoLa Fraternita festeggia S. Caterina da Siena

POPOLI (PE). Sopra e a p. 122: Gruppo di laiche domenicane posa con Don Panfilo e P. T. Bellomo op.

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che è, per noi tutte, motivo di profonda riflessione.

Nel pomeriggio un’adunanza straor-dinaria che ci ha dato l’opportunità di ascoltare ancora P. Simone il quale, con maestria, ha tracciato, a grandi linee, la vita della Santa mettendone in risalto gli insegnamenti che ne derivano.

Ci siamo quindi recate in chiesa, per il Rosario e per partecipare alla Messa solenne, concelebrata da P. Simone e da Don Panfilo, soddisfatte per la massiccia presenza della comunità.

Molto toccante e nel contempo gio-ioso, il momento in cui, davanti all’al-tare ed alla presenza del nostro Assi-

stente Don Panfilo e della Priora Paola Gagliardi, abbiamo rinnovato la nostra professione di Laiche domenicane.

Belli e coinvolgenti i canti i dei ragaz-zi dell’ACR che hanno reso più ricca e più partecipata la liturgia.

L’esempio di S. Caterina sia luce al nostro cammino spirituale e ci sproni, come laiche domenicane, a confessare la nostra fede e testimoniarla con la pa-rola e con la vita nelle varie realtà che ci circondano.

Popoli, 8/5/2013. Emilia LattanzioSegretaria FLD Popoli (PE). •••

Tra le varie attività della Fld di Popoli, per assolvere all’impegno della predi-cazione della parola di Dio, da sempre ha assunto l’impegno di far parte e di sostenere l’Associazione locale del Rosario Perpetuo. L’attuale zelatrice è una laica domenicana: Luigina Villa. Riferiamo questa notizia come invito ad altre fraternite a fare altrettanto. Un’altra iniziativa più specifica che suggeriamo alle nostre fraternite è pure quella di curare, dove è possibile, un gruppo di ragazzi per formare il Rosario Vivente. Questa attenzione alla formazione spirituale dei ragazzi e giovani, con il Rosario, rimane attuale e propria dei domenicani.

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123L’occasione per una bella e gioiosa riunione di tutta la Fraternita di Villaba-silica con le Suore domenicane, Ancel-le del Signore, è stata la festa di Santa Caterina da Siena.

È stato invitato per la celebrazione della Messa il P. Eugenio Zabatta che ci conosce da molti anni. Ringraziamo, come sempre, pure il nostro caro par-roco, che ci ha messo a disposizione la Basilica e la sala parrocchiale.

Organizzatrici sono state soprattutto la priora, sig.ra Enrica Cardinotti, e l’as-sistente Sr Delia, ma tutte le altre sorel-le sono state disponibili specialmente per adornare la statua di S. Caterina e per fare quanto era utile: tutto ha con-tribuito alla buona riuscita e tutte sia-mo state contente.

Il nostro cammino spirituale, nel ca-risma domenicano, a volte si manife-sta piuttosto impegnativo, ma ciò che ci incoraggia e sostiene è la coscien-za di avere raccolto, nella Fraternita in cui siamo entrate, un’eredità preziosa da parte di tante persone che ormai ci hanno preceduto nella Casa del Padre, ma che hanno lasciato il ricordo della santità della loro vita.

Alle comuni difficoltà, che seguono al mancato clima sociale e religioso di una volta, si aggiungono le altret-tante comuni difficoltà che dipendono dall’età che avanza e dalla forza che diminuisce. Ma non siamo, per questo scoraggiate! Il Signore lo sa e sostiene!

Abbiamo colto, proprio dalla vita di S. Caterina, della quale il padre ci ha

VILLABASILICA - LU. La Fraternita riunita con le suore domenicane

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parlato durante la Messa, vari motivi di incoraggiamento e di serenità, nono-stante tutto. Sarà proprio la coscienza della nostra debolezza, a tenerci unite al Signore e a farci meritare di più di-nanzi a Lui che si serve di piccoli mez-zi per fare grandi cose.

Ci rimane particolarmente cara l’im-magine, ricordataci dal padre durante la Messa, che di noi propone S. Cate-rina: “Dio è il Fuoco e noi le faville”. Un’immagine che dice da sé come “tutto possiamo in Colui che ci dà for-za” e perciò dobbiamo essere fidenti e abbandonate, come Caterina, alla divi-na Volontà del Signore. Un pò del suo “fuoco” arda e splenda anche nei nostri cuori spesso aridi.

Vogliamo continuare con perseve-

ranza a fare la nostra parte. Nella no-stra cittadina la presenza domenicana è molto antica e ci sono state per secoli le suore domenicane che facevano pa-storale e seguivano l’asilo parrocchia-le. Ora siamo rimaste noi con tutta la volontà di assicurare la presenza e la spiritualità domenicana.

È stata questa, veramente, una gior-nata propizia in cui oltre al rinnova-mento della nostra professione, tutte insieme, abbiamo rinnovato anche i nostri buoni propositi. Ringraziamo co-loro che ci accompagnano! Grazie par-ticolari alle suore domenicane, che per questa festa sono venute al completo, con la loro madre generale, Sara Ma-gni. Ci ha fatto molto piacere.

La segretaria della Fld.

VILLABASILICA (LU). Basilica S. Maria Assunta. Nella bellissima basilica romanica, con meravigliose colonne monolitiche, dopo la S. Messa celebrata in onore di S. Cateri-na da Siena, la Fraternita laica domenicana e le suore “Ancelle del Signore” posano per una foto a ricordo dell’incontro. (29 aprile 2013). •••

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125La fraternita di Empoli vanta una sto-ria antica e ricca di notevoli esperienze caritative. Al presente è piuttosto ridot-ta, ma proprio nel tentativo di favorire una ripresa, riferiamo la nostra storia a coloro che con la preghiera, con i con-sigli o altro vogliono darci una mano.

In primo luogo ringraziamo le Suo-re domenicane del Conservatorio del-la S.ma Annunziata che da sempre ci hanno offerto non solo i loro spazi, ma anche la loro guida e collaborazione, come si dirà presto.

Ringraziamo anche il P. Eugenio Za-batta che ci ha seguito in questo ultimo anno, e contemporaneamente ringra-ziamo il P. Provinciale, P. Daniele, che ce l’ha mandato.

Vari motivi, quale soprattutto il ritor-no al Padre di molte persone della nu-

merosa fraternita, hanno un pò scorag-giato le consorelle ancora viventi.

Varie iniziative di ripresa non sono mancate anche in questi ultimi anni e nonostante lo scarso successo siamo ancora intenzionate a riprendere le file e non essere tra le ultime che hanno colto la fiaccola senza poterla passa-re. Ci sono le domenicane, nostre care consorelle, e in quest’ultimo periodo anche la loro presenza in mezzo a noi è stata più continua e fattiva.

Speriamo che il nostro forte deside-rio di assicurare una presenza domeni-cana laicale, efficiente, anche qui ad Empoli, sia benedetto e il Signore, per intercessione di S. Domenico, ci guidi e ci trovi impegnate nella preghiera e nelle opere di carità che hanno caratte-rizzato questa fraternita: un desiderio,

EMPOLI - FI. - SS. AnnunziataLa Fraternita fa buoni tentativi di ripresa.

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il nostro, come potete capire, che si infervora solo ripensando alla gloriosa storia di essa.

Forse dobbiamo riportarci al 1948 per la data di fondazione e la prima as-sistente è stata Sr Gusmana Gori (2001) e con lei poi una certa Sr Rosaria; men-tre i primi direttori sono stati P. Rosario Schembri e P. Vittorio Scoccimarro.

La prima priora è stata Lida Sgalam-bro che ci ha lasciato alcune notizie di quegli anni di fondazione. In alcuni periodi la Fraternita ha contato ben ol-tre quaranta persone e veramente ge-neroso è stato il contributo che da essa veniva dato per le missioni se leggiamo le lettere che i missionari hanno scritto per ringraziare dei numerosi containers che ricevevano, ripieni di stoffe.

Per molti anni, fino al suo trasferi-mento a Siena - leggiamo nella crona-

ca – ha seguito spiritualmente la Frater-nita il P. Lorenzo Fatichi, poi finché ha potuto (2010) il P. Angelo Belloni.

Nel frattempo, testardamente, la Fraternita ha assicurato la sua collabo-razione alla Missione in Guatemala e si augura di poter continuare “a dare una testimonianza d’amore, anche se piccola, riconoscente e grata per la ric-chezza della grazia che, a sua volta, è sicura di ricevere dal Signore, per inter-cessione della Madonna e di S. Dome-nico, solo per il fatto di appartenere ad una così prestigiosa famiglia”.

L’attuale priora è la Sig. Sandra Por-ciani e la segretaria Sig. Stefania Car-retti. Per corrispondenza: Via Ippolito Nievo, 38 – 55083 EMPOLI (FI).

Tel. 0571-944583.

la priora Sandra Porciani.

Parlando dell’impegno dei laici all’apostolato, il Concilio Vaticano II precisa che «l’evangelizzazione o annuncio di Cristo è fatto con la testimonianza di vita e con la parola» (LG, 35).

Naturalmente la Regola delle Fld tiene conto delle due forme con cui concretamente il laico “effettua” il compito o ufficio profetico, ma pri-vilegia il secondo, cioè quello della “parola”. Infatti «i laici domenicani si contraddistinguono in modo peculia-re nella Chiesa sia per la propria vita spirituale sia per il servizio di Dio e del Prossimo» (Reg., 4), ma si spe-cifica che «scopo della formazione domenicana è preparare dei veri a-

dulti nella fede, che sianp cioè atti ad accogliere, celebrare, annunciare la Parola di Dio; devono essere dispo-nibili alle necessità dei loro contem-poranei, ma più lavorare al servizio della verità» (Rerg., 11 e 5). E an-cora: «Ogni laico domenicano deve rendersi capace di predicare la Parola di Dio» (Reg., 12).

(…). La comunità laicale domeni-cana o «la fraternita è il luogo adatto per nutrire e rendere matura la vo-cazione di ognuno» per la “parola”: per la predicazione, cioè “per parlare di Dio” (Reg., 15 e Direttorio nn. 20 e 23).

(E. ZABATTA, Per una Via Miglio-re, pp. 53-54).

Apostolato del Laico Domenicano

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Nato a La Quercia in provincia di Viterbo, l’11 febbraio 1916, P. Maria-no Aquilanti (Gino) ha concluso la sua lunga vita terrena il 24 maggio 2013.

Il passaggio alla vera vita è avvenu-to dopo le 18,00 e in quel momento i suoi confratelli, che celebravano la festa della Traslazione del santo Padre Domenico, erano riuniti in preghiera. “Una felice coincidenza per lui”, è sta-to detto! Infatti l’intercessione di S. Do-menico, a cui si aggiunge senza dub-bio l’intercessione di Maria Santissima, per la quale ha dimostrato sempre una particolare devozione, ci fa sperare che sia stato già accolto nella gloria di Dio.

In una lettera-documento (1958) in cui il P. Provinciale di allora, P. Regi-naldo Bernini, lo postulava al Maestro dell’Ordine, P. Michele Browne, a Ma-estro dei novizi nel Convento di San Domenico di Pistoia, leggiamo, tra l’al-tro, l’espressione più esatta ed indovi-nata che sintetizza la sua personalità: “è religioso dotato di eccellenti e otti-me qualità sia intellettuali che morali”. Doti che egli ha saputo valorizzare e potenziare mettendole al servizio delle persone nei molteplici settori in cui ha operato con slancio e disponibilità.

Gli ambiti della sua attività aposto-lica sono stati soprattutto quelli dell’in-segnamento e della pastorale. I suoi ‘a-lunni’ lo ricordano affabile e nel con-tempo preciso e meticoloso, mentre spronava, incoraggiando con affetto, a tendere al più perfetto. Esigeva natural-mente dagli altri quanto egli stesso ave-va raggiunto in virtù e sapienza di vi-ta. Lo affermano ancor oggi i numerosi ‘aspiranti’ del Collegio di Arezzo nel quale fu Rettore responsabile per oltre dieci anni (1945-55) e gli studenti dello “Studium” di Pistoia dove ha insegna-to con competenza Teologia morale e infine lo affermano coloro che hanno avuto la fortuna e la gioia di seguire i suoi ricchi corsi di catechesi o ”teolo-gia per laici“ che egli ha organizzato e guidato presso i conventi dove ha vis-suto: Pistoia, Arezzo, Roma, Perugia. I grossi volumi delle sue dispense sono segno concreto della portata e profon-dità del suo insegnamento.

Tutta questa attività, a lui congenia-le, di insegnamento e di formazione di vita che P. Mariano ha svolto partico-larmente tra i ragazzi e i giovani, da lui guidati, formati e confortati, gli è stata possibile perché oltre alle qualità mo-

IN MEMORIA DI

P. MARIANO AQUILANTI

sacerdote domenicano1916-2013

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Alle ore 19,15 del 24 maggio, men-tre la comunità di San Domenico di Fiesole stava celebrando solennemente la Traslazione del Santo Padre Dome-nico, si compiva per Padre Andrea la traslazione da questo mondo al Cielo.

Nato a Serri in provincia di Nuoro il 18 agosto 1934 da Giuseppe e Marian-na Puddu, battezzato con il nome di E-lia. Nel 1953, accolto a San Domenico

di Fiesole, inizia il corso di formazione che prosegue a Bologna e a Pistoia fino al 1963. Il 9 luglio del 1961, è ordinato sacerdote.

Nel 1964 lo troviamo a San Dome-nico di Fiesole per iniziare il ministero sacerdotale che svolgerà tra Fiesole e Livorno e più lungamente a Siena dove è parroco dal 1984 al 1998 e priore della Comunità dal 1987 al 1990.

rali di cui ci lascia un fulgido esempio, si aggiungono le qualità intellettuali, come precisava il documento citato. Egli è stato un vero Dottore in teolo-gia, titolo che egli aveva ottenuto da giovane frequentando i corsi filosofici e teologici all’Angelicum di Roma e ci fa capire la solida dottrina che sapeva comunicare.

La sua è stata una vita religiosa e sacerdotale, caratterizzata dal carisma domenicano, veramente intensa e fe-conda. I suoi interessi culturali e so-ciali, accompagnati dalla prolungata preghiera, che anche in questi ultimi anni di vita faceva nonostante il peso degli anni e i non lievi disturbi fisici,

e la sua affabilità con la giovialità che l’ha sempre caratterizzato, ci lasciano di lui l’immagine del religioso ideale del quale volentieri e riconoscenti ci si ricorda.

Lunedì 27 maggio, alle ore 11,30 a San Domenico di Fiesole, che lo ha accolto circa un anno fa per un’assi-stenza più adeguata, è stata celebrata la S. Messa esequiale, presieduta dal P. Provinciale. Nella chiesa, accanto alla bara del P. Mariano c’era anche quel-la del confratello P. Andrea Ballicu, da vario tempo malato, che il Signore ha chiamato accanto a sé quasi contem-poraneamente. Riposino in pace.

(fr Eugenio Zabatta op).

IN MEMORIA DI

P. ANDREA BALLICU

sacerdote domenicano1934-2013

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Nel 1998 P. Andrea viene trasferito a Sassari dove rimane fino al 2005 co-me vicario parrocchiale, poi di Supe-riore e assistente della Fraternita Laica Domenicana locale.

Nel 2005 è a Roma nel convento di Santa Maria sopra Minerva per assolve-re al compito di economo di Provincia fino ai primi mesi del 2012, e quello, a lui particolarmente caro, di Rettore della Basilica di Santa Maria sopra Mi-nerva dove, oltre gli esercizi di pietà, la predicazione al popolo, il decoro della chiesa, costituisce e il coro polifonico e ne sostiene l’attività.

Nel marzo del 2012 gli viene dia-gnosticato un tumore al pancreas già in fase avanzata e con numerose me-tastasi. Amorevolmente seguito e aiu-tato dalla sorella Giuliana, ricoverato a Firenze-Careggi, è riuscito a stare di-scretamente bene per oltre un anno, fi-no al maggio del 2013. Anche durante il periodo più acuto della malattia, P. Andrea ha vissuto con quella serenità e tranquillità d’animo che hanno caratte-rizzato tutta la sua esistenza.

La Messa esequiale ha avuto luogo in san Domenico di Fiesole, presieduta dal Priore Provinciale, P. Daniele Cara, con la presenza di numerosi confratel-li concelebranti. Oltre ai familiari era

presente un numero considerevole di amici e il coro polifonico della Miner-va che ha voluto rendere omaggio ed esprimere gratitudine al suo patrocina-tore venendo espressamente da Roma per animare la Celebrazione.

Con la sua amabilità e giovialità, con il suo carattere calmo e affabile e con il suo perenne sorriso, P. Andrea è stato capace di attrarre al Signore un innumerevole stuolo di persone.

Con i giovani e i bambini ha poi toc-cato il vertice delle sue capacità di sen-sibilità e dedizione totale, sì da lasciare nei cuori di quanti egli ha accostato, ha formato ed educato alla vita cristia-na, un ricordo indelebile: quel ricordo, durante la Messa esequiale, ha fatto sgorgare, dal cuore dei presenti, testi-monianze piene di affetto e di commo-zione!

P. Andrea per la sua disponibilità, la sua umiltà, la sua dolcezza, la sua profonda umanità, resterà sempre un grande esempio per chi nell’Ordine e nella Chiesa vuole servire il Signore nel ministero sacerdotale predicando, più che con bei discorsi e altisonanti pa-role, con la testimonianza semplice di una vita spesa all’insegna della carità apostolica, del servizio disinteressato e della fraternità evangelica.

In questi ultimi quattro anni ben sedici confratelli ci hanno preceduto nella Casa del Padre. Il nostro fraterno

ricordo nella preghiera, a suffragio delle loro anime, ci torni in benedizione per continuare, con la loro in-

tercessione, la missione che con fede e amore hanno

svolto in mezzo a noi. Chi

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La Provincia Romana di S. Cateri-na (Domenicani) edita due riviste di un certo rilievo scientifico: Memorie Domenicane e la Rivista di Ascetica e Mistica.

Memorie Domenicane che ha sede a S. Maria Novella in Firenze, produce un volume all’anno su temi legati alla storia e alla spiritualità di personaggi o di periodi storici legati al nostro Ordi-ne e presenta tutti i requisiti per esse-re riconosciuta nell’ alveo delle riviste scientifiche. Vi collaborano frati dome-nicani ma anche molti laici, esperti nel ramo. Il Direttore della Rivista ha una buona ramificazione di rapporti con studiosi del mondo domenicano e del mondo accademico in particolare di Roma e di Firenze.

In sinergia con la Rivista ha un ruolo importante, da un punto di vista culturale, la Biblioteca Domenicana di S. Maria Novella che in questi anni è molto migliorata nella struttura e nei servizi. Tre giorni alla settimana è aper-ta al pubblico (mart.-merc.-giov. dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18) e, fuori ora-rio, per appuntamento, è sempre visita-bile. È consultabile online: http://www.bibliotecadomenicana.eu.

Grazie alle iniziative del Diretto-re della Rivista e della Biblioteca, fra Luciano Cinelli, sono stati organizzati in questi anni alcuni convegni interna-zionali di studi storici che hanno avu-to un buon eco nel mondo scientifico, tra cui mi piace ricordarne uno su S. Antonino Pierozzi (1389-1459) “La fi-

LA NOSTRA BIBLIOTECApubblicazioni

gura e l’opera di un santo arcivescovo nell’Europa del Quattrocento” tenutosi a Firenze dal 25 al 28 novembre 2009, e l’altro su S. Caterina da Siena, “Virgo digna coelo”, con una sessione a Roma e una a Siena, in collaborazione col Pontificio Comitato di Scienze Storiche (fine ottobre 2011). In vista del Giubi-leo dell’Ordine (2016) sono previsti dei congressi di studio a Roma e Firenze.

Intanto è stato pubblicato il volume di 700 pagine (“24,5 x 17) su Antonino Pierozzi, la figura e l’opera di un santo arcivescovo nell’Europa del quattro-cento, (ed. Nerbini, FI, 2012). È questa la raccolta degli atti del Convegno in-ternazionale di studi storici, svoltosi a Firenze dal 25-28 novembre 2009, in occasione del 5500 anniversario della morte di Antonino Pierozzi.

Direzione: “Memorie Domenicane” c/o Biblioteca Domenicana - p.za S. Maria Novella, 18; opp. Biblioteca Domenicana: p.za Stazione, 4A-50123 FIRENZE. •••

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Suggeriamo volentieri ai nostri genti-li lettori, che spesso ci chiedono consi-glio di quali libri leggere, i tre seguenti volumi. Non costano molto e adattissi-mi per familiarizzarci sempre più con gli scritti di S. Tommaso d’Aquino e di S. Caterina da Siena:

DIEGA GIUNTA (a cura di), Il ser-vizio dottrinale di Caterina da Siena, Nerbini ed., Firenze 2011, p. 213 (22 euro).

S. Caterina è stata proclamata Dot-tore della Chiesa, da Paolo VI, il 4 ot-tobre 1970. Per ricordare quella data a quarant’anni di distanza, il Centro Internazionale di Studi Cateriniani ha promosso una raccolta di studi che so-no pubblicati a cura della professoressa Diega Giunta ne il Servizio dottrinale di Caterina da Siena, pubblicato dall’e-ditore Nerbini nel 2012:

Sette teologi domenicani affronta-no nei loro contributi alcuni aspetti del pensiero cateriniano evidenziandone il valore sempre attuale per la riflessione del credente, la vita spirituale e l’impe-gno nell’apostolato. In appendice i do-cumenti del dottorato (Paolo VI) e del suo XXV anniversario (Giovanni Paolo II e G. Cavallini).

La lettura del volume offre al lettore appassionato di santa Caterina la pos-sibilità di continuare ad approfondire il suo pensiero e la sua dottrina, renden-dosi sempre più conto che è una vera maestra d’umanità.

Se Teresa d’Avila s’incentra in modo mirabile e originalissimo sulla mistica ascesa dell’anima a Dio nell’orazione, Caterina ha un’autentica passione an-tropologica che traspare da ogni sua pagina e che anche questa raccolta di studi sottolinea. •••

TOMMASO D’AQUINO, La pre-ghiera cristiana. Il Padre Nostro, l’Ave Maria e altre preghiere. “Le frecce” 29, Bologna 2012, p. 128. (10 euro).

Nell’ultimo anno della sua vita, nel 1273, a Napoli, san Tommaso d’Aqui-no ha commentato le due più impor-tanti preghiere cristiane.

Questi testi sono stati per molti se-coli un vero best seller: sono centinaia i manoscritti diffusi in tutta Europa che li contengono.

Il commento di Tommaso a queste preghiere si distingue per il metodo, al-lo stesso tempo rigoroso e semplice – commenta la S. Scrittura con la stessa S, Scrittura – e poi anche per l’efficacia del linguaggio lineare e di facile com-prensione.

Il volume si chiude con la traduzio-ne di alcune preghiere che Tommaso ha scritto per varie necessità dell’esi-stenza.

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TOMMASO D’AQUINO, Credo. Commento al Simbolo degli Apostoli, “Le frecce” 31, Bologna 2012, p. 128 (10 euro).

Un libro particolarmente attuale in questo Anno della fede. ”La prima cosa necessaria ad ogni cristiano è la fede, senza di essa nessuno può dirsi fede-le cristiano”. La fede, produce quattro beni: unisce l’uomo a Dio, ci introduce alla vita eterna, ci guida nella vita pre-sente e, infine, è il mezzo per vincere le tentazioni.

Il titolo latino di quest’opera è: Ex-positio in Symbolum Apostolorum. La traduzione è stata condotta sul testo critiico messo a punto da Nicholas Ayo nel 1988. Introduzione di G. Carbone e traduzione di P. Lippini. •••

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“DOMENICANI” n. 3 / 2013maggio - giugno 2013

PROVINCIA ROMANA DI SANTA CATERINA piazza S. Domenico, n. 5 - 09127 CagliariTel. 055-265 64 53 - cell. 339 18 22 685

ccp. 41 48 28 94e.mail: [email protected]

San Domenico di Guzmanfondatore dell’Ordine dei Predicatori (Domenicani).

Celebrazione dell’unità nella Parola accolta e donata

Nessun dubbio che quando ciascuno di noi è stato mosso dalla convinzione più pro-

fonda che volevamo dare la nostra vita alla predicazione nell’Ordine, eravamo anche rallegrati dalla gioia di essere in grado di pregare con fratelli e sorelle. Insie-me nell’ascolto della Parola di Dio, siamo diventati consapevoli che questa Parola

gradualmente veniva a vivere nelle nostre proprie parole. Noi benediciamo e preghia-mo Lui che incessantemente entra nel cuo-re dell’umanità. Spesso preghiamo nel coro che si trova intorno ad uno spazio vuoto e aperto, aperto in modo specifico per rice-vere Colui che viene. Non andiamo in coro

solo per soddisfare un obbligo che ci siamo assunti; piuttosto ci riuniamo in coro per aspettare tutti insieme Colui che viene, per darGli il benvenuto e, soprattutto,

per imparare a riconoscerLo…Nel cuore della comunità, non c’è solo Cristo che viene ma anche il mondo. La

celebrazione è infatti il momento in cui l’a-more per il mondo viene nutrito nella fra-ternità. Di Domenico diciamo che parlava o di Dio o a Dio; parlava della gente a Dio o di Dio alla gente. Diciamo di lui che non cessava mai di intercedere per il mondo.

(Dalla lettera del MO, Roma 2012)