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II - SECONDA FASE DI STUDIO La Tradizione (TF, cap.3) - Sommario 1. Rapporto tra Chiesa e Parola di Dio 2. Nozione di Tradizione 3. Rapporti tra Chiesa, Scrittura e Tradizione 4. Rapporti tra Scrittura e Tradizione 5. Rapporti tra Scrittura, Tradizione e Magistero 6. Rapporti tra Rivelazione, Chiesa e santità 7. Livelli e aspetti dell’infallibilità della Chiesa 8. Estensione e condizioni dell’infallibilità degli insegnamenti dei Pastori della Chiesa 9. Immutabilità e sviluppo dei dogmi

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II - SECONDA FASE DI STUDIO

La Tradizione (TF, cap. 3) - Sommario

1. Rapporto tra Chiesa e Parola di Dio

2. Nozione di Tradizione

3. Rapporti tra Chiesa, Scrittura e Tradizione

4. Rapporti tra Scrittura e Tradizione

5. Rapporti tra Scrittura, Tradizione e Magistero

6. Rapporti tra Rivelazione, Chiesa e santità

7. Livelli e aspetti dell’infallibilità della Chiesa

8. Estensione e condizioni dell’infallibilitàdegli insegnamenti dei Pastori della Chiesa

9. Immutabilità e sviluppo dei dogmi

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(TF, Captiolo Terzo, pp. 175 e sgg.)

Stiamo esaminando le tre fonti della Teologia cristiana:

1. Rivelazione

2. Tradizione

3. Magistero

dal punto di vista dellaTeologia Fondamentale

Abbiamo trattato della Rivelazione (cosmica e storica).

> Ora passiamo alla Trasmissione della Rivelazione,

> > entrando nel capitolo della Tradizione.

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II - 1. Rapporto tra Chiesa e Parola di Dio

Il primo punto riguarda il rapporto tra la Chiesa e la Parola di Dio.

• «La consegna della Rivelazione alla Chiesa

• ed il compito della Chiesa di rendere continuamente presente nel tempo laparola salvifica di Dio

pongono il tema della Trasmissione della Rivelazione.

• La natura stessa della storia, in particolare la tensione esistente fral’aspetto evolutivo e mutevole di questa

• e l’aspetto stabile e compiuto della parola da predicare / trasmettere

pongono il tema dell’ autenticità della trasmissione, introducendo pertanto la

questione⟨

del ruoloe della natura

⟩di un Magistero

Inoltre, tanto la trasmissione della parola, come l’ autenticità di questa, devonoessere viste alla luce del contenuto scritto della Parola, cioè della SacraScrittura». (TF, p. 175).

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«Rivelazione e Chiesa hanno il medesimo fine, cioè la salvezza degli uomini.

Fra Rivelazione e Chiesa esistono delle strette e reciproche implicazioni:

• la Rivelazione realizza, rende possibile la Chiesa

• ma in un certo senso, la Chiesa rende possibile la Rivelazione: la mette periscritto, la incarna nella vita, la trasmette al mondo.

Tuttavia la principale delle due implicazioni causali è quella che vede nellaRivelazione la causa della Chiesa.

↔ ↔Il rapporto è in qualchemodo analogo a quello fraEucaristia e Chiesa:

• la Chiesa è edificata dall’ Eucaristia,

• ma anche la Chiesa confeziona l’ Eucaristia.

La Chiesa è in stretto rapporto con la Rivelazione attraverso il suo specialerapporto con la Parola». (TF, p. 176)

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• «Essa è la comunità di coloro chehanno creduto alla Parola

• è convocata dalla Parola

• la trasmette

• la custodisce

• ne garantisce l’autenticità

“Ecclesia verbo Dei generatur,alitur, nutritur, roboratur”(sant’Agostino)

Fin dall’inizio della sua missione visibile nel mondo,inaugurata il giorno di Pentecoste, la Chiesa viene indicata di fatto come laassemblea dei credenti, di coloro che hanno risposto ad unachiamata-vocazione che hanno ascoltato ed accolto la parola.

• I cristiani sono infatti i chiamati o gli scelti, termini che derivano dal verboconvocare.

• I cristiani, gli appartenenti alla Chiesa, sono coloro che vengono “chiamatida Gesù Cristo” (Rm 1,6),

• “chiamati da Dio secondo il suo disegno” (Rm 8,28),

• i vincitori insieme all’Agnello Redentore della visione apocalittica, “quelli checon lui sono i chiamati, gli eletti, i fedeli” (Ap 17,14)». (TF, p. 176)

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«La Chiesa nasce dalla predicazione di Cristo e degli Apostoli.

È Cristo stesso che convoca la Chiesa mediante

• le sue parole

• la sua predicazione

• i suoi gesti

• i miracoli che confermano la sua parola e la fanno accogliere nella fede.

Egli è il buon Pastore che chiama le suepecorelle una ad una, e le pecorelle del suogregge ascoltano e riconoscono la sua voce(cfr Gv 10,3-4.16).

Il mandato ricevuto dal Padre è quello di dare ai suoi discepoli le paroleascoltate dal Padre, parole che essi hanno accolte, e di santificarli così nellaverità (cfr Gv 17,6-19). La convocazione della Chiesa da parte della parola èrappresentata specialmente dall’invito ad entrare nel Regno e a viverne leesigenze». (TF, p. 176).

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II - 2. Nozione di Tradizione

«Le prime riflessioni del Magistero della Chiesa sulla natura della Tradizione

• nascono, [. . . ] nel contesto della crisi protestante, con il Concilio di Trento.

• Il Concilio Vaticano I non dedicò specifiche dichiarazioni sulla Tradizione,limitandosi a ricordare la dottrina tridentina circa il fatto che il Vangelo disalvezza è contenuto nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte (cfr DH1501, DH 3006) e che non è lecito interpretare la sacra Scrittura contro ilcomune sentire dei Padri della Chiesa (cfr DH 1507, DH 3007).

Troviamo tuttavia anche:

– l’affermazione “che la dottrina della fede che Dio ha rivelato è stataaffidata alla Chiesa come un divino deposito, perché la custodiscafedelmente infallibilmente la proclami”,

– precisando poi come “il senso che dei sacri dogmi deve sempre essereconservato è quello che la santa madre Chiesa ha determinato unavolta per tutte” (DH 3020)».

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Sarà invece il Concilio Vaticano II ad occuparsi in modo diffuso e profondo dellaTradizione» (TF, p. 154)

«ll tema della trasmissione della Rivelazione vene introdotto

nel n. 7 della Costituzione Dei Verbum.

Vi compaiono quattro elementi principali:

a) l’esistenza di un Vangelo di salvezza come unica fonte del messaggiotrasmesso dalla Chiesa (cfr Concilio di Trento, DH 1501)

b) la necessità di una sua trasmissione nella storia,

c) l’introduzione della nozione di Tradizione che, nella sua prima accezionevuol qui indicare trasmissione, e infine

d) l’esistenza di una precisa necessità, quella di salvaguardare

– la purezza [all’origine]

– e la fedeltà [nel tempo]

del Vangelo da trasmettere, che introduce il ruolo del ministero apostolicoed episcopale in questo annuncio-trasmissione». (TF, p. 185)

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«Nella etimologia latina del termine “traditio” vi sono i

concetti

⟨ del trasmettere

e del consegnare

⟩“tradere”

Esaminando insieme i nn. 7-8 della Dei Verbum possiamo riconoscerecinque modi, reciprocamente integranti, di accedere alla nozione di Tradizione.Occorre infatti “tradere”

a) quanto è stato rivelato da Dio, ovvero

b) il Vangelo promesso ai profeti e promulgato dal Cristo, quale fonte di ogniverità salutare e di ogni regola morale, o ancora, in senso più ampio

c) tutto quanto fu trasmesso dagli apostoli e che contribuisce alla condottasanta all’incremento della fede del popolo di Dio, nella dottrina, nella vita,nel culto. In senso più specifico, sono aspetti di questo tendere

d) il mandato di trasmettere tale Vangelo, fedelmente eseguito dagli apostolinella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni e

e) la predicazione apostolica messa successivamente per iscritto neilibri ispirati». (TF, p. 185)

In sostanza, la Tradizione ha un contenuto specifico: gli apostoli trasmisero siaciò che avevano ricevuto dalle labbra, dalla frequentazione e dalle opere delCristo, sia ciò che avevano imparato per opera dello Spirito Santo».

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Circa la natura e la modalità di questa trasmissione si menzionano:

• la predicazione orale

• gli esempi

• le istituzioni

• l’ annuncio posto per iscritto con l’ ispirazione dello Spirito Santo.

Nel n. 8 viene offerta una importante

definizione dell’ oggetto della trasmissione

mentre, nel precisarlo, la Dei Verbum desidera far comprendere tutta la suaprofondità ed ampiezza:

“Ciò che fu trasmesso dagli apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuiscealla condotta santa e all’incremento della fede del popolo di Dio. Così la Chiesa,nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte legenerazioni tutto ciò che essa è e tutto ciò che essa crede” (n. 8)» (TF, p. 185).

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«Esiste un sufficiente consenso fra i teologi al momento di segnalare iluoghi fondamentali ove cercare il contenuto della Tradizione.

Essi sono sostanzialmente:

a) il Magistero della Chiesa,

b) l’ insegnamento dei Padri,

c) la Liturgia, ed infine

d) il comune sentire dei fedeli.

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Il Magistero della Chiesa è il primo locus ove la Tradizione

• prende forma

• e viene trasmessa in modo autorevole

come testimoniato dalla progressiva importanza che fin dai primi secoli ebbero

• i Concili dell’antichità cristiana

• e dal fatto che, nei loro insegnamenti, i Vescovi riuniti in Concilio sipreoccupavano di poggiarsi su coloro che li avevano preceduti.

• Il Vescovo di Roma ricopriva un ruolo particolare

– sia perché alla sua sede venivano indirizzate questioni da dirimere,come testimoniato ad esempio da Ignazio di Antiochia e daIreneo di Lione

– sia perché un suo legato era presente ai Concili o delle loro decisioniegli veniva tempestivamente informato». (TF, p. 189)

Roma locuta, causa finita (cfr Agostino di Ippona, Discorso 131,10)

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II - 3-4. Rapporti tra Chiesa, Scrittura e Tradizione

«È la stessa Scrittura ad offrirci, al suo interno, qualche spunto circa lacomprensione del suo rapporto con la Tradizione.

1. In primo luogo la tradizione orale precedette la fissazione del testo scritto:Gesù stesso non scrisse nulla, ma insegnò con parole e opere, e glievangelisti si preoccuparono di porre per iscritto “tutto ciò che Gesù fece einsegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agliapostoli che si era scelto nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo” (At 1,1).

2. In secondo luogo, la fissazione del testo scritto non è stata sostituita dallatrasmissione orale del Vangelo: ciò si vede dal fatto che i singoli Vangeli, egli scritti del NT in genere, hanno un carattere parziale rispetto all’interapredicazione apostolica. Ciascun libro ha una finalità limitata e ben precisa.Inoltre, viene esplicitamente detto che “molti altri segni fece Gesù inpresenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro”(Gv 20,30). Va comunque chiarito che affermare che ciascun libro scrittocontenga un aspetto parziale della predicazione apostolica, non vuol direche l’insieme di tutta la Scrittura, includendovi anche l’AT, non contenga inqualche modo la base implicita di tutta la Rivelazione.

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3. In terzo luogo, si parla esplicitamente di una parola orale trasmessa dagliapostoli, che deve essere messa in pratica: “mantenete le tradizioni cheavete appreso così dalla nostra parola come dalla nostra lettera” (2 Ts 2,15;identico concetto in 2 Tm 1,13 e 1 Tm 1,16). Paolo, a sua volta avevaconfrontato oralmente il suo vangelo con quello predicato dagli apostoli aGerusalemme, “per non trovarmi nel rischio di correre o di avere corsoinvano” (Gal 2,2).

4. Infine, la Scrittura menziona la necessità di interpretare rettamente laScrittura. Questo compito non può essere evitato e deve essere affidato achi ha autorità per farlo: “sappiate anzitutto questo, che nessuna scritturaprofetica va soggetta a privata spiegazione” (2 Pt 1,20). San Pietro parladella necessità di interpretare rettamente le lettere di Paolo (cfr 2 Pt 3,16) ePaolo stesso parla di alcuni che travisano i suoi scritti».

(TF, pp. 191-192)

Magistero

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SINTESI

Unità. Essa dipende da vari fattori quali:

− la comune origine da Dio, perché Dio ispira la Scrittura e Dio stabiliscein Cristo, con l’assistenza dello Spirito, una tradizione apostolica,

− il comune fine, cioè la salvezza degli uomini,− il comune contenuto, il Vangelo, cioè la predicazione apostolica.

Distinzione. Si tratta di realtà anche distinte perché:

− l’una è parola divina ispirata, l’altra, sia nelle sue forme scritte che orali,è parola non ispirata, sebbene arricchita dalla garanzia dell’assistenzadivina, attraverso la funzione del Magistero;

− l’una ha la struttura di un testo fissato, mentre l’altra ha la strutturadi un messaggio vivo, che esplicita nella storia e con le leggi della storia,ciò che il deposito (cioè la Scrittura e la Tradizione stessa) contiene.

Interdipendenza. Esse sono tuttavia strettamente interdipendenti:

⇓ ⇓ (cfr TF, p. 197)

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S

INTESI

Interdipendenza. Esse sono tuttavia strettamente interdipendenti:

− per come il deposito si è formato: la Tradizione, che interpreta la Scrittura,è anche precedente alla Scrittura,

− per come il deposito viene riconosciuto autentico: la Tradizione consegnail canone, ma al tempo stesso la Scrittura è fondamento ultimoper confrontare la veridicità di ciò che si trasmette.

− Per la loro funzione nella vita della Chiesa: la Tradizione esisteprimordialmente per interpretare rettamente la parola di Dio scritta(Tradizione finalizzata alla Scrittura), ma la parola di Dio scritta, senzala vita vissuta della Chiesa, resterebbe lettera morta(Scrittura finalizzata alla Tradizione viva).

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Rapporto fra Scrittura e Tradizione: alcune considerazioni conclusive

«Volendo ancora interrogarsi circa la possibile esistenza di unaTradizione costitutiva in senso forte, e dunque circa la possibile insufficienza delcontenuto materiale della sacra Scrittura, si dovrebbe dire che, in fondo, nonsiamo di fronte ad una questione di principio, ma soltanto ad una questione diricerca storica.

Tuttavia, alla luce di quanto finora visto, parrebbe più logico concludere che laTradizione trasmette cose non scritte ma comunque contenute nella Scrittura.

Ovvero, se esistono delle verità di fede

– proposte come tali dalla Chiesa e credute dal popolo di Dio

– che non appaiono contenute neanche implicitamente nella Scrittura, è assairagionevole ritenere che queste siano in essa ugualmente contenute inquanto interpretata dalla Tradizione». (TF, pp. 197-198)

−→ Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 74-83

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II - 5-6. Rapporti tra Scrittura, Tradizione e Magistero e santità

↑ ↑

? Il Magistero in rapporto alla Rivelazione ?

«La funzione del Magistero in rapporto alla Rivelazione [Scrittura] vacompresa in primo luogo come un servizio alla parola rivelata in ordine allasalvezza delle anime.

Essa rende possibile armonizzare la tensione esistente fra

• fedeltà al deposito rivelato da una parte

• e trasmissione della parola in modo adeguato alle necessità di ogniepoca dall’altra,

ricordando tuttavia che la ragione ultima della possibilità di tale armonia èdovuta alla presenza e all’azione dello Spirito Santo nella Chiesa, garantesia della verità del deposito che della sua fedele proclamazione nellastoria». (TF, p. 200)

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Così la Lumen Gentium sintetizza il rapporto tra Magistero e Rivelazione:

«Questa missione divina affidata da Cristo agli apostoli dovrà durare finoalla fine dei secoli perché il Vangelo da trasmettere è per la Chiesa principiodella sua vita in ogni tempo. Poiché la Chiesa è una societàgerarchicamente organizzata, gli apostoli si preoccuparono di istituire deisuccessori. Perché la missione ricevuta venisse continuata anche dopo laloro morte, lasciarono ai loro immediati collaboratori, come per testamento,il compito di consolidare e di completare l’opera che avevano iniziato».

(LG, 20)

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? L’oggetto del Magistero ?

«Abitualmente si indica l’oggetto del Magistero con l’espressione patristica

?? res fidei et morum ??

Di fatto però, poiché la funzione del Magistero è trasmettere la parola checonduce alla salvezza, faranno parte del suo insegnamento anche quelleverità la cui affermazione si rende necessaria per

• comprendere,

• esporre,

• difendere

proprio quel contenuto salvifico».

(TF, p. 201)

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«Ciò può condurre il Magistero ad insegnare:

a) sia verità formalmente rivelate [revelatum per se], che chiamiamooggetto primario del Magistero della Chiesa, ovvero

– quelle verità insegnate esplicitamente dalla Scrittura,

– o che possono derivarsi da esse:

* dogmi trinitari, cristologici,

* dottrina fondamentale sulla Chiesa e sui sacramenti, ecc.;

b) sia verità non formalmente rivelate, che costituisconol’oggetto secondario del Magistero, ovvero

– verità non contenute nella Scrittura, ma la cui affermazione si rendenecessaria per comprendere e trasmettere il Vangelo di salvezza diGesù Cristo;

– si tratta comunque di insegnamenti ordinariamente riconducibili allaTradizione intesa in senso ampio e, dunque, mai del tutto estraneialla Rivelazione». (TF, p. 201)

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?? Verità di ordine filosofico oggetto del Magistero ??

«Va inoltre segnalato che appartengono all’oggetto secondario delMagistero anche alcuni insegnamenti di carattere filosofico, come

• la conoscenza naturale di Dio [esistenza e attributi principali],

• l’esistenza della libertà personale,

• l’immortalità dell’anima umana, ecc.

Si tratta di

• contenuti che costituiscono un revelatum per accidens,

• oppure di contenuti non riconducibili in alcun caso ad una parolarivelata.

Come vedremo, il fatto che la Chiesa ne faccia oggetto di insegnamentorisponde al ruolo razionale e antropologico di tali contenuti, negando i qualinon sarebbe possibile comprendere la Rivelazione stessa, custodirla oesporla fedelmente» (TF, p. 202).

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? Forme di esercizio del Magistero ?

«Le forme di esercizio del Magistero della Chiesa sono sostanzialmentedue: Magistero

• ordinario (sia esso universale oppure no), e

• solenne detto anche straordinario»

Magistero

ordinario

semplicemente inteso

universale

straordinario o solenne

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«a) il Magistero ordinario semplicemente inteso consiste

nell’insegnamento dei Vescovi (e dunque anche del romano Ponteficecome vescovo di Roma),quando questi esercitano la cura pastorale ordinaria del gregge loroaffidato;

• abitualmente, gli insegnamenti corrispondenti non vengono proposticon un particolare tenore di universalità o di irreformabilità:

• se lo posseggono, è perché tali insegnamenti partecipano di veritàche già godono di quelle caratteristiche;

b) il Magistero ordinario viene chiamato ordinario ed universale quando iVescovi che guidano le porzioni del popolo di Dio loro affidate, in unionecon il romano Pontefice capo del collegio episcopale, sebbene dispersisulla terra, convergono insieme su un particolare insegnamento odottrina da proporre al popolo di Dio: tale sintonia/convergenza èsuscettibile di essere valutata

• anche su base storica (prospettiva diacronica)• e non solo in base alla contemporaneità dei vari interventi

(prospettiva sincronica)». (TF, pp. 202-203)

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«Il tenore verbale e contestuale dell’insegnamento del magisteroordinario universale non assume, in linea generale, un linguaggiodefinitorio, sebbene il contenuto insegnato possa invece ritenersi in nonpochi casi come qualcosa di definitivo.

c) parliamo di Magistero solenne, chiamato anche straordinario, quando

• i Vescovi in unione con il romano Pontefice proclamano unparticolare insegnamento o una dottrina mediante un atto collegiale,come ad es. quelli formulati in un Concilio ecumenico,

• e quando il romano Pontefice propone anche da solo delledefinizioni ex cathedra, cioè appellandosi esplicitamente al suomandato petrino.

Normalmente è con questa forma di Magistero che si impartisconoinsegnamenti

• con atti definitori,• atti cioè nei quali il linguaggio impiegato definisce il contenuto della

dottrina che deve essere creduta dai fedeli».

(TF, pp. 202-203)

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II - 7. Livelli e aspetti dell’infallibilità della Chiesa

? Indefettibilità della Chiesa ?

«La comprensione del concetto di

• infallibilità poggia su quello di

• indefettibilità

della Chiesa e trae da esso la sua giustificazione.

Alla nozione di indefettibilità

(dal lat. non deficio, non vengo mai meno, ma anche non mi dissolvo,

non perdo consistenza)

sono associati almeno tre contenuti:

a) l’idea della stabilità nell’identità (stabilità di chi rimane sostanzialmenteuguale e fedele a sé stesso);

b) l’idea di permanenza nel tempo;

c) una persistenza finalizzata a ricoprire un preciso ruolo escatologico».

(TF, p. 208)

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«Il carattere indefettibile della Chiesa

• trova riscontro nel Nuovo Testamento

• e dipende dalla volontà fondazionale di Cristo.

Una delle sue presentazioni più esplicite è quella collegata allaconfessione petrina:

“E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edficherò la mia Chiesae le porte degli inferi non prevarrarmo contro di essa” (Mt 16,18)

Cristo stesso

– prometterà agli Apostoli di accompagnare la loro missione fino alla finedei tempi (cfr Mt 28,18-20)

– ed annuncia l’invio dello Spirito Santo per sempre, a perennetestimonianza e garanzia di verità (cfr Gv 14,17.26)».(TF, p. 208)

Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 84-87 e 91-93

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“E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edficherò la mia Chiesae le porte degli inferi non prevarrarmo contro di essa” (Mt 16,18)

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II - 8. Estensione e condizioni dell’infallibilitàdegli insegnamenti dei Pastori della Chiesa

? Infallibilità della Chiesa in docendo ?

«Il Magistero della Chiesa si è occupato in modo formale di sistematizzareuna dottrina circa l’infallibilità soltanto nei due ultimi Concili del Vaticano.

Le modalità di tale infallibilità magisteriale in docendo

sono riepilogate dal noto n. 25 della costituzione Lumen gentium:»

“Quantunque i singoli Vescovi non godano della prerogativa dell’infallibilità,quando tuttavia anche dispersi per il mondo, ma conservanti il vincolo dellacomunione tra di loro e col successore di Pietro, nel loro insegnamentoautentico circa materie di fede e di morale s’accordano su una dottrina daritenersi come definitiva propongono infallibilmente la dottrina di Cristo”.

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“E questo è ancora più manifesto quando, radunati in Concilio ecumenico,sono per tutta la Chiesa dottori e giudici della fede e della morale; e alle lorodefinizioni si deve aderire in una sottomissione di fede”.

“Di questa infallibilità il romano pontefice, capo del collegio dei vescovi,fruisce in virtù del suo ufficio quando, quale supremo pastore e dottore ditutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fratelli (cfr. Lc 22,32), proclamacon un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale”.

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«È facile riconoscere in questa pagina conciliare un’infallibilità associata adue delle tre forme di esercizio del Magistero già incontrate:

• quello solenne

• e quello ordinario universale.

Nel primo caso ci troviamo di fronte al

– magistero dei Concili Ecumenici riuniti attorno al romano Pontefice– oppure al magistero del romano Pontefice quando definisce

ex cathedra, in virtù del suo ufficio di capo del collegio episcopale epastore della Chiesa universale.

Nel secondo caso, l’infallibilità in docendo si applica al magistero ordinariouniversale dei Vescovi dispersi per il mondo, nel loro compito di pascerela Chiesa particolare loro affidata, ma sempre in quanto collegioepiscopale che succede al collegio apostolico, e dunque investito, nelsuo insieme, della sollecitudine pastorale per la Chiesa universale».

(TF, p. 209).

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? Il sensus fidei del popolo di Dio e l’Infallibilità in credendo ?

«La costituzione Lumen gentium parla al n. 12 dell’infallibilità in credendodel popolo di Dio:

“La totalità dei fedeli che hanno ricevuto l’unzione dello Spirito santo(cfr. 1Gv 2,20.27) non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questaproprietà che le è particolare mediante il senso soprannaturale della fede intutto il popolo, quando dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici esprimel’universale suo consenso in materia di fede e di costumi.

Infatti, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito diverità, il popolo di Dio, sotto la guida del sacro magistero, al qualefedelmente si conforma, accoglie non la parola degli uomini ma, qual è inrealtà, la parola di Dio (cfr. 1Ts 2,13), aderisce indefettibilmente ‘alla fedeuna volta per tutte trasmessa ai santi’ (Giuda, 3), con retto giudizio penetrain essa più a fondo e più pienamente l’applica nella vita”» (TF, p. 216).

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II - 9. Immutabilità e sviluppo dei dogmi

«Fin dall’inizio della missione evangelizzatrice della Chiesa

• vi è stata la necessità di fissare in qualche modoalcuni contenuti della Rivelazione

• la cui confessione veniva consideratadi primaria importanza per la salvezza.

La fede creduta con il cuore doveva potersi concretare anche in unaformulazione pubblica:

“con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fala professione di fede per avere la salvezza” (Rm 10,10)»

(TF, p. 220)

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«Il dogma ha dunque un contenuto veritativo:

• esso indica e trasmette una vera conoscenza di natura definitiva,

• sebbene suscettibile di esplicitazione ed approfondimento.

A chiarire che i dogmi cristiani possedessero un contenuto

– veritativo

– ed oggettivo

fu principalmente il Magistero antimodernista.

Fra gli errori dei modernisti vi era infatti quello di una

• comprensione del dogma in chiave immanentista [soggettivismo]considerandolo una mera spiegazione-fissazionedell’esperienza religiosa personale

• oppure una prescrizione vincolante per il suo carattere pratico[moralismo/volontarismo],non per quello conoscitivo (cfr. DH 3422, 3426)».

(TF, p. 220).

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«Più recentemente, Fides et ratio (1998) ha ricordato la necessità diimpiegare in teologia una filosofia sempre aperta

“ad una istanza metafisica”, capace di muoversi dal fenomeno alfondamento, di saper indicare l’esistenza di una verità stabile al di là delflusso della storia, del mutevole impiego del linguaggio, dell’apparenza deifenomeni (cfr. nn. 82-83, 96-97)».

(TF, p. 220).

? Immutabilità del dogma ?

«È pertanto lecito parlare di una immutabilità dei dogmi proposti dallaChiesa.

Ciò perché il significato stesso delle formule dogmatiche

• rimane sempre vero e coerente,

• anche quando è maggiormente chiarito o meglio compreso».

(TF, pp. 222).

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«Allo scopo di meglio comprendere in cosa consista tale immutabilità, siesaminino i seguenti tre testi.

1. Il primo è quello proposto dal documento della Congregazione dellaDottirina della Fede, Mysterium Ecclesiae (24.6.1973):

“Devono quindi i fedeli rifuggire dall’opinione che le formule dogmatiche(o qualche categoria di esse) non possono manifestare la veritàdeterminatamente, ma solo nelle sue approssimazioni cangianti [...]

e che le stesse formule, inoltre, manifestano soltanto in modo indefinitola verità, la quale deve essere continuamente cercata attraverso quelleapprossimazioni.

Chi la pensasse così non sfuggirebbe al relativismo dogmatico efalsificherebbe il concetto d’infallibilità della Chiesa, relativo alla veritàda insegnare e ritenere in modo determinato”.

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“Un’opinione del genere è in aperto contrasto con le dichiarazioni delConcilio Vaticano I, il quale, pur consapevole del progresso dellaChiesa nella conoscenza della verità rivelata, ha tuttavia insegnato:

‘Ai sacri [...] dogmi deve essere sempre mantenuto il senso dichiaratouna volta per tutte dalla santa madre Chiesa, e mai è permessoallontanarsi da quel senso col pretesto ed in nome di un’intelligenza piùprogredita’ [Cost. Dei Filius, cap. IV]

Esso ha inoltre condannato la sentenza secondo la quale potrebbeaccadere che‘ai dogmi proposti dalla Chiesa si debba talvolta dare, in base alprogresso della scienza, un senso diverso da quello che la Chiesa hainteso ed intende’ [Cost. Dei Filius, cap. IV] ” (n. 5).

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2. Il secondo testo è la formulazione classica proveniente dal

Commonitorium di san Vincenzo di Lerins

fatta propria dal Concilio Vaticano I nella sua costituzione Dei Filius (cfr.DH 3020):

“Crescano pure, quindi, e progrediscano largamente e intensamente(multum vehementerque proficuat), per ciascuno come per tutti, per unsol uomo come per tutta la Chiesa, l’intelligenza, la scienza e lasapienza, secondo i ritmi propri a ciascuna generazione e a ciascuntempo, ma esclusivamente nel loro ordine, nella stessa credenza, nellostesso senso e nello stesso pensiero (in eodem dogmate, eodemsensu, eademque sententia)”.

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Testo più ampio: immutabilità e sviluppo del dogma

(Ufficio delle letture - Ven. XXVII sett. TO - Seconda lettura)

«Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso dellareligione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande.

Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerloimpedire? Bisognerà tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progressodella fede e non di un cambiamento.

Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. Il cambiamento invece siha quando una dottrina si trasforma in un’altra.

E’ necessario dunque che, con il progredire dei tempi, crescano e progrediscanoquanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singolicome di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono però rimaneresempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suocontenuto.

La religione delle anime segue la stessa legge che regola la vita dei corpi.Questi infatti, pur crescendo e sviluppandosi con l’andare degli anni, rimangono imedesimi di prima.

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Vi è certamente molta differenza fra il fiore della giovinezza e la messe dellavecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi.Si cambia quindi l’età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimoindividuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona. Lemembra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Peròsono le stesse. Le membra dell’uomo adulto non hanno più le proporzioni diquelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già,come tutti sanno, nell’embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovosi riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allostato embrionale. Non vi è alcun dubbio in proposito.

Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l’ordinemeraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell’età matura di dispiegae si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del creatoreaveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo. Se coll’andar deltempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversaoppure si arricchisce di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppurene perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l’organismo nerisulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe piùlo stesso.

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Anche il dogma della religione cristiana deve seguirequeste leggi.

Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi coltempo, approfondendosi con l’età.

E’ necessario però che resti sempre assolutamente intattoe inalterato.

I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nelcampo della Chiesa il seme della fede.

Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invecedella genuina verità del frumento, raccogliessimo il fruttodella frode cioè dell’errore della zizzania.

E’ anzi giusto e del tutto logico escludere ognicontraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quellostesso frumento di verità che fu seminato e che crebbefino alla maturazione. Poiché dunque c’è qualcosa dellaprimitiva seminagione che può ancora svilupparsi conl’andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto difelice e fruttuosa coltivazione».

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3. «Il terzo testo è tratto da un importante discorso con il qualeGiovanni XXIII introduceva i lavori del Concilio Vaticano II ed esortava aconiugare il concetto di immutabilità con quello di progresso:

“Bisogna che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale è dovutol’ossequio della fede, sia esplorata ed esposta nella maniera chel’epoca nostra richiede. Una cosa è, infatti, il deposito della fede, cioè leverità contenute nella nostra veneranda dottrina, e altra cosa è il mododella loro enunciazione, sempre però nel medesimo senso esignificato”.

Da queste citazioni pare piuttosto chiaro che il tema-chiave sia costituito daltermine senso, quale parametro capace di misurare la stabilità e laconservazione nel tempo del contenuto veritativo del dogma».

(TF, pp. 222-223).

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? Lo sviluppo del dogma ?

«L’esistenza di un progresso dogmatico (multum vehementerque proficiat?)dell’insegnamento del Magistero ecclesiastico può in prima istanzaevincersi da due fatti.

a) il numero dei dogmi definiti cresce lungo la storia della Chiesa,

b) le medesime formulazioni dogmatiche vanno arricchendosi di nuoveesplicitazion magisteriali. Ci si confronta dunque con il tema dellosviluppo del dogma». (TF, p. 224)

«Le formulazioni dogmatiche sono poi oggetto di sviluppo per la stessanatura storica e viva

• della Tradizione

• della quale il Magistero

pur distinguendosene, è parte integrante ed istanza interpretativaautorevole, quale forma misterico-sacramentale della Tradizione stessa.

I principali fattori di sviluppo del dogma sono pertanto

i medesimi fattori di sviluppo della Tradizione». (TF, p. 225).

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«Oltre alla necessità di dover

• chiarire errori

• e combattere eresie

fattore storicamente piuttosto determinante, i motivi del progressodogmatico sono in fondo quelli contenuti nel già citato passo dellaDei Verbum:

“Questa Tradizione,

• che trae origine dagli apostoli

• progredisce (proficit) nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo:

infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse,cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti che le meditano in cuorloro, sia con la profonda intelligenza che essi provano (experiuntur) dellecose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successioneepiscopale hanno ricevuto un carisma certo di verità. La Chiesa, cioè, nelcorso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina,finché in essa giungano a pienezza le parole di Dio” (n. 8)». (TF, p. 225).

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«Nella sua opera Lo sviluppo della dottrina cristiana (1845)

J.H. Newman elenca sette criteri utili per distinguere,

nel corso dello scorrere della storia,

il vero sviluppo di una dottrina da una sua corruzione.

Lo sviluppo dottrinale autentico ha come caratteri:

1. La permanenza di un unico tipo: il soggetto deve conservare cioè lasua identità, nonostante cambi esterni che possono verificarsi.

2. La continuità nei principi. La dottrina deve restare coerente con sestessa, esistono principi-guida che non entrano mai in contraddizione eche consentono lo sviluppo delle idee lungo la storia.

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3. Il potere di assimilazione. È la capacità di coinvolgere ed inglobare ciòche è diverso, rimodellandosi, ma restando sempre se stessi. Il nuovo,la storia, non vengono viste come qualcosa che occorre combattere,ma qualcosa in cui ci si può muovere(oggi chiameremmo questo criterio inculturazione).

4. La presenza di una coerenza logica, spesso scoperta a posteriori, fra iprincipi ed i frutti che ne derivano.

5. L’anticipazione di sviluppi futuri, specie sotto forma di intuizioni edpredizioni, contenuti come semi precoci nella realtà presente.

6. Uno sviluppo che non rifiuta il passato, ma sa apprezzarlo ericondurvisi continuamente come garanzia di vera continuità storica.

7. La presenza di un vigore perenne e di una continuacapacità di rinnovamento che mai viene meno».

(TF, p. 226).

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? Rapporto con la filosofia e discernimento dei sistemi filosofici ?

«Trattandosi di formulazioni che fanno ricorso a concetti e categorie umane

• i dogmi della Chiesa si pongono necessariamente

• in rapporto con

la filosofia

le culture dei diversi popoli

il linguaggio umano

Si tratta di un rapporto inevitabile, ma al tempo stesso fecondo. Al parlaredei rapporti fra Rivelazione e filosofia, la Fides et ratio [n. 66] attribuisce uncerto valore ad una necessaria griglia di riferimento filosofico, che in buonaparte pare indicare quanto potremmo ragionevolmente chiamarepraeambula fidei, capace di individuare concetti e verità stabilmentedisponibili alla ragione umana, la cui conoscenza non ambigua risultaindispensabile per la comprensione della Parola di Dio». (TF, p. 227)