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IDENTITA’ PLURIDISABILI [abstract] La persona sordocieca presenta una identità precisa, un modo proprio di comunicare e una ricca storia della propria educazione [fine abstract] Claudia Costa Premessa La mia vita si intreccia con quella della Lega del Filo d’Oro un lunedì di aprile del 2009. La storia di Sabina Santilli, e prima ancora quella di Ellen Keller e Laura Bridgman, le prime persone sordocieche, per giunta donne, ad avere il coraggio di uscire dall’oscurità e far sentire la loro “voce”, mi aveva da sempre affascinato, così come la figura dell’istitutrice Anne Sullivan, aveva costituito per me un modello di ispirazione e riferimento. Di lì a pochi mesi il mio primo soggiorno estivo da volontaria: Rodi Garganico, dove si sono aperte le porte di un mondo che vede nel buio e parla nel silenzio. È l’inizio di un’avventura, che ancora continua, densa di esperienze che arricchiscono la vita e le danno un senso. Da allora ho incontrato persone che hanno il coraggio di uscire dal buio del silenzio. In questi anni insieme abbiamo scherzato, giocato, abbiamo condiviso gioie e segreti, attimi che lasciano il “segno”, che ognuno di noi serba nel proprio cuore, nell’intimo più profondo. È così che gli occhi hanno imparato a vedere in modo diverso, le orecchie ad ascoltare in silenzio. 1

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IDENTITA’ PLURIDISABILI

[abstract] La persona sordocieca presenta una identità precisa, un modo proprio di comunicare e una ricca storia della propria educazione [fine abstract]

Claudia Costa

Premessa

La mia vita si intreccia con quella della Lega del Filo d’Oro un lunedì di aprile del

2009. La storia di Sabina Santilli, e prima ancora quella di Ellen Keller e Laura Bridgman, le

prime persone sordocieche, per giunta donne, ad avere il coraggio di uscire dall’oscurità e far

sentire la loro “voce”, mi aveva da sempre affascinato, così come la figura dell’istitutrice

Anne Sullivan, aveva costituito per me un modello di ispirazione e riferimento.

Di lì a pochi mesi il mio primo soggiorno estivo da volontaria: Rodi Garganico, dove si

sono aperte le porte di un mondo che vede nel buio e parla nel silenzio.

È l’inizio di un’avventura, che ancora continua, densa di esperienze che arricchiscono la

vita e le danno un senso. Da allora ho incontrato persone che hanno il coraggio di uscire dal

buio del silenzio. In questi anni insieme abbiamo scherzato, giocato, abbiamo condiviso gioie

e segreti, attimi che lasciano il “segno”, che ognuno di noi serba nel proprio cuore, nell’intimo

più profondo. È così che gli occhi hanno imparato a vedere in modo diverso, le orecchie ad

ascoltare in silenzio.

Un sordo cieco non è semplicemente un’anomalia del codice genetico, una lesione

cerebrale o qualche altro danno organico ma è, prima di tutto, un individuo che non richiede

la nostra compassione, ma la nostra conoscenza, la nostra capacità di condividere, il nostro

saper coinvolgerlo e, soprattutto, il nostro rispetto.

Soltanto dopo aver conosciuto una persona sordocieca si può veramente capire che

“l’essenziale è invisibile agli occhi”.

Personalità giuridica pluridisabile

Se si prova a tapparsi le orecchie e a chiudere gli occhi si può appena intuire a cosa

equivale essere sordociechi. I cinque sensi permettono al cervello di ricevere le informazioni

provenienti dall’ambiente circostante, ma la vista e l’udito hanno un ruolo principale nel

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raccoglierle e trasmetterle. Il cervello umano riceve infatti il 95% di tutto ciò che assimila

mediante la vista e l’udito.

La sordocecità è la combinazione di una minorazione uditiva e visiva; non sempre però

vi è la perdita totale di entrambi i sensi. La maggior parte delle persone sordocieche possiede

qualche residuo uditivo e/o visivo. La sordocecità, però, non è il semplice risultato

dell’addizione delle due disabilità, ma è uno status a sé stante. Un individuo è considerato

sordocieco quando la combinazione delle due minorazioni sensoriali sono di ostacolo e

impediscono di svolgere le funzioni “normali” della vita quotidiana. I sordociechi presentano

problemi rispetto alla comunicazione, all’accesso all’informazione e alla mobilità. Non

possono utilizzare un senso al fine di compensare la disabilità dell’altro e, pertanto, non

possono usufruire dei servizi destinati esclusivamente ai soggetti sordi o non vedenti.

Quando al deficit dell’udito (sordità o ipoacusia) o della vista (cecità o ipovisione) si

aggiungono altre complicazioni (ritardo cognitivo/evolutivo e/o deficit motori e/o problemi

comportamentali), si parla di pluriminorazione psicosensoriale. Sono persone che oltre a

problematiche sensoriali possono avere difficoltà ad apprendere, danni motori, lesioni

cerebrali, ecc., che presentano compromissioni funzionali superiori rispetto a quanto si

potrebbe registrare in base alla sommatoria dei singoli deficit, in quanto i disagi si

influenzano reciprocamente.

Per tutte queste ragioni era indispensabile una legge che tutelasse le persone

sordocieche, con le loro peculiarità e la loro unica e specifica identità, non più dunque

equiparazioni sterili a persone non udenti o non vedenti.

Il 24 giugno del 2010, dopo anni di battaglia silenziosa, si è così giunti all’emanazione

della Legge n. 107. All’articolo 1 della suddetta Legge “Misure per il riconoscimento dei

diritti alle persone sordocieche”, si sottolinea per la prima volta il riconoscimento della

sordocecità come disabilità unica e specifica. La condizione di sordocieco viene riconosciuta

al soggetto che risulti in possesso dei requisiti già previsti dalla legislazione vigente

rispettivamente in materia di sordità civile e di cecità civile ai fini dell'ottenimento delle

indennità già definite in base alle vigenti normative relative alle due distinte minorazioni.

L’articolo 5 della Legge dichiara inoltre che le regioni possono individuare specifiche

forme di assistenza individuale alle persone sordocieche, con particolare riferimento alla

fornitura di sostegno personalizzato mediante guide-comunicatori e interpreti. Per la prima

volta vengono dunque definite le figure specifiche che fanno da intermediarie tra la persona

sordocieca e il mondo circostante, le “persone di con-tatto”, professionisti in grado di

affiancarli negli spostamenti, con competenze specifiche delle tecniche di accompagnamento

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e dei sistemi di comunicazione; figure, peraltro, già contemplate in altre nazioni del mondo.

La Danimarca, ad esempio, già dal secolo scorso, in base ad una disposizione legislativa,

assicura alle persone sordocieche il diritto all’assistenza gratuita di un accompagnatore per un

certo numero di ore settimanali.

L’emanazione di questa legge ha rappresentato una vera e propria rivoluzione

copernicana, in quanto nessun provvedimento aveva mai considerato precedentemente la

sordocecità come status distinto dalla cecità e dalla sordità considerate singolarmente.

Equivale, in sintesi, ad una emancipazione della identità delle persone sordo cieche,

riconosciute giuridicamente nella loro specifica alterità.

Nel passato in Italia sono stati riconosciuti timidamente alcuni diritti delle persone non

vedenti e non udenti, senza mai però prendere in considerazione la doppia disabilità

sensoriale.

Nel 1926 Augusto Romagnoli fondò a Roma la prima scuola di specializzazione per

educatori di bambini non vedenti, che allora si chiamava “Margherita di Savoia”. Romagnoli

era cieco e aveva coordinato una sperimentazione sulla didattica per ciechi che portò in

seguito alla legge sull’obbligatorietà della loro istruzione, definito col Regio Decreto n. 577

del 1928. Tale disposizione estendeva l’obbligo scolastico ai ciechi e ai sordomuti che non

presentassero altre difficoltà che impedisse loro di ottemperarvi. A quell’epoca l’istruzione

dei ciechi e dei sordomuti avveniva difatti in apposite scuole speciali con corsi di studio della

durata di sette anni.

Quando il professor Romagnoli decise di accogliere Sabina Santilli nel suo istituito di

Roma nel 1927, la mamma di Sabina visse un momento di sconforto. Allora lui fece

l’esempio della potatura: "Quando si potano i rami, dispiace tagliarli perché sono belli, però

si sa che solo in questo modo la pianta cresce meglio, robusta e dà molti frutti… ecco

l’importanza dell’educazione".

Sabina Santilli nacque il 29 maggio 1917 a San Benedetto dei Marsi, un piccolo paese

contadino dell’Abruzzo. All’età di sette anni, nel 1924, divenne sordocieca a seguito della

meningite. Sabina rimase all’Istituto Romagnoli fino al 1938 e continuò a studiare da sola le

lingue inglese, francese, spagnolo, tedesco, esperanto e anche il russo. Grazie alla sua

determinazione e alla sua instancabile volontà di entrare in dialogo con il mondo, Sabina

riuscì a mettere in rete i sordociechi italiani, a dare visibilità alla loro esistenza, ai loro

problemi e ai loro diritti, fino a creare nel 1964 la Lega del Filo d’Oro, primo organismo

distinto in Italia ad occuparsi delle persone sordocieche, un Ente riconosciuto dallo Stato con

D.P.R. n. 516 del 19/05/1967. L’associazione ebbe origine per iniziativa di alcune persone, tra

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cui la sua principale fondatrice sordocieca, le quali, constatato come la categoria dei

sordociechi fosse completamente sconosciuta alla società e non avesse alcuna forma di

assistenza, ritennero necessario intraprendere un’iniziativa concreta a favore di tali individui,

consapevoli dell’esigenza di un approccio alla sordocecità come disabilità distinta e specifica.

Tutto ebbe inizio nel luglio 1964, in cui venne organizzato, insieme a dei volontari, un

soggiorno estivo a Frontignano di Ussita, sui Monti Sibillini. Vi parteciparono una decina di

donne, tra cieche e sordocieche, accompagnate da alcune volontarie di Osimo, coinvolte dal

parroco del tempo Don Dino Marabini. Il soggiorno di Frontignano fu il primo di una lunga

serie: Sabina non si stancò mai di organizzare queste vacanze speciali, che ancora oggi, a

distanza di quasi cinquant’anni, continuano ad essere un appuntamento annuale per tutti i

sordociechi italiani. Il 22 luglio 1987 Sabina è stata insignita della massima onorificenza

pontificia “Pro Ecclesia et Pontefice” dal Papa Giovanni Paolo II. Nel 1994, l’allora

presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, conferì a Sabrina la medaglia d’oro di

Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana “per aver ideato e promosso la Lega del

Filo d’Oro, operando con coraggio, generosità e lungimiranza al consolidamento e allo

sviluppo dell’associazione, per il riscatto dei sordo ciechi in Italia”.

Diverso è stato il cammino dei sordo ciechi in altri paesi dell’Europa: la prima nazione

ad interessarsi delle sorti dei pluridisabili sensoriali fu la Francia, a Poitiers. Nella seconda

metà dell’800, nella “Istitution Notre Dame di Larnay”, un’istituzione femminile per

sordomute, suor Medulle riuscì ad educare una bambina sordocieca di tre anni. La religiosa

insegnò il suo metodo a suor Marguerite, che successivamente educò le sorelle Marie e

Marthe Heurtin, entrambe sordocieche dalla nascita, le quali appresero la Lingua dei Segni, il

Braille, la scrittura in nero e per giunta alcuni rudimenti del linguaggio orale. Attualmente la

principale associazione operante in Francia è l’ANPSA, Association Nationale Pour

Sourdaveugles français, sorta alla fine degli anni Settanta, in seguito all’epidemia di rosolia

che nel decennio precedente colpì il paese e che ebbe come conseguenza un incremento di

casi di sordocecità.

Negli Stati Uniti esiste il DB-link, servizio nazionale che si occupa della diffusione di

informazioni sulle problematiche legate alla sordo cecità in bambini e giovani (0-21 anni).

Esiste poi una rete europea, l’European Deafblind Network, che riunisce tutte le

principali istituzioni del continente che si occupa della pluridisabilità sensoriale, e

un’organizzazione internazionale, il Deafblind International, che riunisce persone

sordocieche, professionisti e ricercatori che operano in relazione alle problematiche sulla

pluridisabilità sensoriale.

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Identikit della pluridisabilità

Le persone sordocieche possono presentare sordocecità completa fin dalla nascita o

sopraggiunta successivamente, ipoacusia con deficit visivo, cecità con residui uditivi e scarsa

funzionalità uditivo-percettiva, sordità con residui visivi e scarsa funzionalità visivo-

percettiva. Oltre ad avere diverse combinazioni di problemi alla vista e all’udito, possono

manifestare anche difficoltà relative le altre vie sensoriali. Francesco, attuale presidente del

Comitato delle persone sordocieche, organo consultivo e propositivo della Lega del Filo

d’Oro nato nel 1991, per quanto concerne il tema dell’identità ribadisce: “Identità come il

diritto ad essere se stessi. Non ci dobbiamo identificare solo come sordociechi o ciecosordi

ma farlo è un passo importante per la costruzione della propria identità e di una identità

collettiva. Ognuno fa un percorso difficile per scoprire la propria identità attraverso un

continuo riadattamento alla nuova condizione sensoriale in cui ci si trova”.

Non esistono oggi in Italia dati precisi sulla popolazione sordocieca; tuttavia, i casi di

sordocecità nel nostro Paese sono molto più diffusi di quanto si pensi e riguardano migliaia di

persone di tutte le fasce di età. La popolazione sordo cieca è fortemente eterogenea in quanto

le cause e l’insorgenza della sordocecità differiscono da individuo a individuo. Chi nasce

sordocieco o lo diventa nei primissimi anni di vita rappresenta il 14% delle persone

sordocieche; chi nasce sordo e perde la vista nel corso della vita rappresenta il 35% dei casi;

chi nasce cieco e perde l’udito nel corso della vita rappresenta il 6% e chi diviene sordocieco

nel corso della vita o in età anziana il 45%. In quest’ultimo caso, l’avanzamento della vita

media determina anche un aumento di perdita abbinati dell’udito e della vista più o meno

gravi, conseguenti alla degradazione dei rispettivi organi percettivo-sensoriali. Nell’eziologia

di questi individui si ritrovano più spesso, fra le cause prenatali, infezioni virali contratte nel

primo trimestre di gravidanza della madre come la rosolia, la toxo-plasmosi e l’intossicazione

da farmaci; fra quelle perinatali, nascite premature e i traumi da parto; fra quelle postnatali,

meningiti, encefaliti ed eventi incidentali di varia natura. In passato la rosolia contratta dalla

madre nei primi mesi di gravidanza è stata una delle principali cause di sordo cecità

congenita; attualmente le cause sono più eterogenee, quali sindromi rare, prematurità,

meningite, tumori e traumi, che provocano non soltanto la duplice minorazione, ma deficit

aggiuntivi a livello neurologico e dello sviluppo. Le cause principali del deficit visivo delle

persone sordocieche pluriminorate possono essere: retinopatia del prematuro, retinoblastoma

(tumore oculare dell’infanzia), glaucoma (aumento della pressione intraoculare con

progressivo danno del nervo ottico), retinite pigmentosa, coloboma corioretinico e/o del nervo

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ottico, cataratta congenita, cristallino opacizzato, atrofia o sub-atrofia del nervo ottico.

L’ipovisione può essere centrale o periferica: la prima impedisce la visione del dettaglio, la

seconda ostacola l’orientamento e la mobilità. C’è chi non vede bene da vicino e chi da

lontano. Possono esserci soggetti che soffrono di cecità crepuscolare o notturna, ovvero

presentano difficoltà a vedere in condizioni di scarsa illuminazione, o problemi di

adattamento alla luce nel passare da ambienti illuminati ad altri oscuri.

Il campo visivo è una delle principali capacità che consente di condurre una vita

autonoma, perché permette di percepire l’insieme degli oggetti presenti nell’ambiente. Una

persona che presenta restringimento del campo visivo, può vedere solo la parte centrale del

panorama (come se guardasse dentro un tubo), impedendogli di spostarsi autonomamente

nell’ambiente perché non riesce a percepire ciò che può incontrare in alto, in basso e

lateralmente.

Le sindromi più rappresentative che causano la sordocecità sono la Sindrome di Usher,

la Sindrome di Charge e la Sindrome di Norrie.

La Sindrome di Usher è una malattia congenita caratterizzata da retinite pigmentosa e

sordità, con un’età di esordio variabile.

Nella Sindrome di Usher la retinite pigmentosa è una patologia che colpisce le cellule

fotorecettrici della retina (coni e bastoncelli), distruggendole lentamente, e che può portare

alla riduzione della visione a bassa luminosità, all’abbagliamento e al restringimento del

campo visivo.

Le persone con Sindrome di Usher, quando presentano un peggioramento a livello

visivo, hanno difficoltà a interpretare la lettura labiale poiché non hanno sufficiente vista per

aiutare l’udito, né sufficiente udito per supportare la vista, pertanto necessitano di imparare

quanto prima la comunicazione tattile.

In caso di sindrome di Usher, interventi adeguati rivolti al bambino sono:

Apprendimento di sistemi alternativi, preferibilmente alfabetici.

Lingua Italiana dei Segni (LIS) eseguita all’interno del campo visivo.

Utilizzo della Lingua Italiana dei Segni Tattile (LIST).

Acquisizione dell’uso del Braille.

Utilizzo di protesi uditive, di sistemi di amplificazione sonora e di ausili tecnologici.

Nonostante le difficoltà che le persone con Sindrome di Usher incontrano, tanti di loro

vivono una vita intensa, come nel caso di G., un giovane trentenne campano affetto da

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Sindrome di Usher, cui ha dedicato gran parte della sua vita allo sport, praticando il nuoto a

livello agonistico. “La malattia mi ha reso sordo dalla nascita e con il passare degli anni mi

ha provocato dei problemi alla vista. Nato sordo, da piccolo comunicavo attraverso la lettura

labiale e crescendo ho iniziato a frequentare altri ragazzi sordi che comunicavano utilizzando

la LIS. Per comunicare facilmente decisi di impararla…. La mia passione per lo sport è

iniziata a quattordici anni. Ricordo che mi recavo presso un centro sportivo e incontravo

ragazzi della mia età. I miei sport preferiti erano il calcio, il basket e il nuoto… Conservo con

orgoglio le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo vinte in gara”.

S., una donna di 44 anni affetta da Sindrome di Usher e da un’infiammazione mielitica

(forma di sclerosi multipla), è riuscita negli anni a diplomarsi. Ecco la sua testimonianza sulla

questione identitaria: “Credo che il momento focale è la consapevolezza e la presa di

coscienza, la riconquista della propria autostima, fondamento dell’identità. Ho iniziato a

sentirmi diversa da tutti sino a quando mi sono chiesta: ma diversa da chi? Da cosa? La

diversità è diventato un concetto talmente assoluto che non esistevo più. Tutti siamo diversi

da tutti perché ognuno di noi è unico ed irripetibile, proprio per questo ognuno è importante

per ciò che è. Non si può essere diversi per differenze fisiche, per idee contrastanti, si è

diversi perché ognuno di noi è un pezzo unico di un puzzle senza il quale il quadro non sarà

mai completo. Ho voluto così imparare la Lingua dei Segni per poter interagire meglio, ad

utilizzare il tatto dove fosse stato utile. Tutto è sembrato “naturale”. Ho voluto comunicare

che il silenzio è l’inizio della cancellazione dell’identità, silenzio non solo della voce, ma del

corpo in generale. Ho iniziato ad accettarmi per ciò che ero e sono, ho imparato a non farmi

condizionare dal pensiero che gli altri avevano di me e della mia malattia perché forse non la

vedevano neanche.. Gridavo al mondo «Ci sono anche io!». Simona, in quanto tale esiste,

unica, cittadina del mondo a cui appartengo e che mi appartiene, di cui sono parte viva. Si, è

vero, sono malata, ma non diversa… e poi diversa da chi?”.

Una malattia genetica rara è la Sindrome di Charge: sino al 2005 non se ne conoscevano

le cause, e affligge 1 su 15.000 nuovi nati. Il suo nome è un acronimo: ad ogni lettera

corrisponde una patologia in lingua inglese (C = coloboma degli occhi; Heart =

malformazioni cardiache; A= atresia delle coane; R = ritardo nella crescita e nello sviluppo; G

= anormalità genitali e urinarie; Ear = anomalie uditive).

I bambini con Sindrome di Charge necessitano di una presa in carico intensa, di

numerosi interventi chirurgici e di interventi specialistici multidisciplinari, compresa la

consulenza cardiologica, l’esame completo dell’occhio, le protesi acustiche e il supporto

terapeutico ed educativo. Il ritardo mentale è variabile con un QI che varia dalla quasi

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normalità al ritardo grave. Le anomalie delle orecchie comprendono dismorfismi caratteristici,

ipoacusia conduttiva e/o nervosa, con lieve o grave sordità.

Nella cura dei bambini con Sindrome di Charge è necessario eseguire un’attività alla

volta, concedere tempo per l’elaborazione sensoriale e assicurare un adeguato periodo di

riposo dato che i soggetti con tale sindrome necessitano di tempo e spazio per recuperare

attenzione e concentrazione. L’apprendimento è possibile e ciò avviene attraverso gli occhi

(vista) che sostituiscono l’udito, e con adeguate scelte metodologiche, quali Lingua dei Segni

e/o lettura labiale, come nel caso di C., un bambino che vive in Sardegna. Attualmente

rappresenta l’unico individuo con Sindrome di Charge in questa regione. C. è sordo profondo,

cieco parziale e presenta problemi di equilibrio. Ma nonostante le difficoltà incontrate, C. è un

bambino con una grandissima voglia di vivere e si impegna ogni giorno per raggiungere una

propria autonomia personale. C. disegna, colora, dipinge, mangia e si veste da solo, sa farsi il

bagnetto e aiuta la sua sorellina. Ha imparato a camminare e per casa gira sicuro. C. ha

imparato ad esprimersi attraverso la LIS, fa richieste, esprime opinioni, formula frasi. Fa

diverse attività e si diverte, litiga e gioca come qualsiasi altro bambino.

La malattia di Norrie è una displasia vitreo-retinica ereditaria legata al cromosoma X

che colpisce solo i maschi. In un terzo dei casi verso i 20-30 anni si sviluppa sordità percettiva

bilaterale. La cecità è invece precoce, come è comune il ritardo psicomotorio (65%), e si

possono associare varie anomalie sistemiche: cardiache, polmonari, scheletriche, uro-genitali,

gastrointestinali.

A dispetto dei limiti posti dalla Sindrome, R., cinquantenne romano, coltiva da sempre

la sua passione per la musica folkloristica suonando il suo organetto.

Donne pioniere

La prima donna sordocieca con un modesto grado di istruzione, di cui si ha notizia nella

storia, è Julia Brace, figura offuscata da quella di Helen Keller e Laura Bridgman. Nata il 13

giugno 1807, nel Connecticut, all’età di cinque anni, dopo aver contratto il tifo, Julia perse

completamente l’udito e la vista. Un poco alla volta cominciò ad utilizzare il senso del tatto e

dell’olfatto per orientarsi e muoversi con sicurezza. Il dott. Samuel Howe della Perkins

School tentò una prima alfabetizzazione, ma non ottenne gli effetti sperati in quanto la donna

arrivò presso l’istituto all’età di trentacinque anni.

La “Perkins School”, la più antica scuola per persone cieche degli Stati Uniti ubicata

nelle vicinanze di Boston, nata inizialmente per le esigenze delle persone cieche, è stata

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successivamente aperta anche alle persone sordo cieche e con diverse disabilità associate.

Questa scuola ospita attualmente molti bambini e ragazzi con la Sindrome di Charge.

Laura Bridgman, la prima persona sordo cieca al mondo a conseguire il diploma,

nacque il 21 dicembre 1829 ad Hanover nel New Hampshire. Si ammalò di scarlattina ed alla

fine della malattia rimase senza vista e udito, con la perdita dell’olfatto e del gusto. Con

l’unico senso che le era rimasto, il tatto, iniziò ad esplorare il mondo circostante nella sua

abitazione di campagna. Imitando la madre si dedicò alle faccende domestiche ed imparò a

cucire e a lavorare a maglia nonostante le sue condizioni. Sviluppò un rudimentale sistema di

segni per soddisfare i suoi bisogni primari e chiamare i suoi familiari. In quel periodo il Dott.

Samuel Howe, direttore della Perkins School, dopo aver conseguito importanti risultati con i

ragazzi ciechi, era già pronto per nuove sfide. Dopo aver sentito parlare della giovane

sordocieca, convinse i suoi genitori a lasciarla andare a studiare presso il suo Istituto, dove

giunse il 4 ottobre 1837 all’età di otto anni. Studiò geografia, aritmetica, storia, grammatica,

algebra, geometria, fisiologia, filosofia e storia. Howe riportò gli splendidi risultati ottenuti da

Laura nel rapporto annuale della scuola, regalando a lei ed alla sua insegnante notorietà a

livello internazionale. In una lettera del 1885 Laura scriveva: “Faccio appello alle persone

buone di Boston in favore dei ciechi, e chiedere loro di dare una mano verso la fondazione e

dotazione di un asilo per i bambini piccoli non vedenti. Vivono ora in tenebre e oscurità. Sia

la luce e la gioia per loro al più presto”.

La mamma di Helen Keller, la più importante e famosa ambasciatrice a livello mondiale

della causa delle persone sordo cieche, aveva letto di Laura Bridgman nel libro di Charles

Dickens, “American Note”. L’autore inglese infatti descrisse il suo incontro con una giovane

adolescente sordocieca, Laura Bridgman, che nel 1842 aveva ottenuto ottimi risultati grazie ai

metodi utilizzati presso la Perkins School. I genitori di Helen Keller vennero così a sapere

dell’esistenza di un istituto che avrebbe potuto aiutare la loro figlia ad uscire dal

quell’isolamento che la sua condizione le procurava e, pertanto, le permisero di studiare

presso la Perkins School in giovanissima età. Occorre tenere a mente che in quell’epoca alle

persone cieche e sordocieche non era concesso nessun tipo di educazione scolastica.

Helen Keller naque il 27 giugno 1880 in Tuscumbia, Alabama. All’età di 18 mesi a

seguito di una febbre, della quale non si è mai saputa la diagnosi precisa, divenne sorda, cieca

e incapace di parlare. Era comunque una bambina intelligente e sensibile, infatti all’età di 6

anni aveva già inventato un sistema di comunicazione con la propria famiglia basato su una

sessantina di segni. Nonostante ciò ella si sentiva frustrata e adirata: questa sensazione iniziò a

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mutare dopo l’incontro con Anne Sullivan, che fu per anni la sua insegnante. All’età di 8 anni

iniziò una serie di viaggi verso la Perkins School, dove l’insegnante si era diplomata.

Anne Sullivan nacque nell’aprile del 1866 nel Feeding Hills, un villaggio nella parte

occidentale del Massachusetts. Quando Anne aveva circa cinque anni, contrasse il tracoma,

una malattia dell'occhio. Sua madre morì quando Anne aveva appena otto anni; il padre, non

riuscendo a mantenere lei e il fratello minore, abbandonò i figli lasciandoli in un istituto per

poveri. Dopo pochi mesi passati in istituto il fratello morì. Nel 1880 Anne riuscì ad entrare

alla Perkins School. Qui strinse amicizia con Laura Bridgman dalla quale imparò l’alfabeto

manuale. Durante l'estate del 1886, il capitano Keller scrisse al direttore della Perkins School,

Michael Anagnos, chiedendogli un’insegnante da assegnare alla sua giovane figlia Helen. Nel

marzo del 1887 Anne partì per Tuscumbia, in Alabama: da qui il suo incontro con la donna

sordocieca divenuta più famosa al mondo. Con l’aiuto di Anne, Helen imparò l’alfabeto

manuale, il Braille, il Tadoma (il metodo per la lettura delle labbra) ed in seguito a parlare.

Con l’ausilio di Anne, in qualità di interprete, frequentò la Perkins School per ciechi a Boston

nel 1888, e successivamente la “Wright-Humason School” per sordi di New York nel 1894.

Divenne la prima persona sordo cieca a laurearsi, infatti ottenne tale riconoscimento con il

massimo dei voti e la lode presso il “Radcliffe College” nel 1904. Nel 1936 andò a vivere nel

Connecticut dove visse sino alla sua morte avvenuta nel 1968. Durante il periodo presso il

Radcliffe College iniziò la sua lunga carriera di scrittrice, durata per ben cinquant’anni. Oltre

al più famoso “La storia della mia vita” ha scritto altri undici libri nonché numerosi articoli

sulla cecità, la sordità, su argomenti di carattere sociale e sui diritti delle donne. Nonostante il

suo ampio spettro di interessi ed il successo ottenuto, non si dimenticò mai dei bisogni degli

altri, in particolare di coloro i quali erano ciechi e sordociechi. Ha ricevuto molte lauree

onorarie da prestigiose università nonché onorificenze internazionali. Nel 1965 Helen Keller è

entrata, assieme ad altre 20 donne, nella Women’s Hall of Fame presso il New York World’s

Fair.

Mani che parlano

Dall’istante della nascita, col primo pianto, e per tutta la vita l’essere umano comunica.

“Non si può non comunicare” così recita il primo assioma metacomunicativo della

“Pragmatica della comunicazione umana”. La comunicazione è dunque ineluttabile. Silenzi,

parole non dette…, tutto sta ad indicare che siamo impossibilitati ad uscire dal mondo della

comunicazione.

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C., una giovane ventenne nata e cresciuta in provincia di Perugia, non ha mai visto e

mai sentito perché nata prematuramente al quinto mese di gestazione, eppure, nonostante

l’apparente silenzio e buio, la sua vita è fatta di relazioni e parole dette con le mani. Grazie ad

una logopedista intraprendente, e poi successivamente grazie anche ad una interprete, proprio

come Anne Sullivan, educatrice solerte di Helen Keller, C. ha potuto comunicare con il

mondo che la circondava: “Dopo un primo scompiglio nella mia famiglia, ho frequentato il

centro di logopedia a Perugia. Lì ho incontrato una logopedista molto brava, Daniela, che ha

visto in me una grande intelligenza. Daniela si è impegnata a fare una ricerca su una

possibile comunicazione adatta ad una bambina sordocieca quale ero io. Io avevo un anno e

non potevo comunicare con la LIS pura, quindi la logopedista ha inventato un codice di

comunicazione per me. Daniela ha usato i segni della LIS, ha trasformato questi segni con

delle regole scientifiche e li ha adattati alle mie mani, alla mia testa e al mio corpo. Durante

la seconda elementare sono venute delle persone esperte dall’Università americana di

Gallaudet, e proposero di passare alla LIS tattile dei sordociechi. Fin dalla prima elementare

sono stata affiancata da Nadia, interprete LIS, e insieme a lei ho fatto un percorso di

apprendimento della LIS. Questo mi ha dato la possibilità di accedere all’istruzione,

all’informazione e alla comunicazione con tutte le persone che conoscono la LIS. Grazie a

questo strumento di comunicazione ho avuto la possibilità di raggiungere un buon grado di

cultura, di istruzione e di autonomia”.

Le persone sordocieche utilizzano differenti sistemi di comunicazione che variano a

seconda che vi sia una perdita totale di udito e vista o dei residui nei canali sensoriali.

Ne sono un esempio R. e G., una coppia sposata di anziani milanesi: il marito comunica

con la LIS Tattile mentre la moglie con il sistema di comunicazione Malossi.

Il sistema Malossi è stato ideato da Eugenio Malossi, dal quale ha preso il nome. Egli

nacque ad Avellino nel 1885 e all’età di sette anni, a causa di una grave encefalite, perse la

vista, l’udito, l’olfatto e la parola. Nell’ottobre del 1895 venne accolto da Domenico

Martuscelli nella sua scuola per ciechi, l’Istituto “Principe di Napoli” (l’attuale Istituto “D.

Martuscelli”), e venne affidato alle cure del maestro Francesco Artusio, che lo avviò

inizialmente all’uso funzionale del tatto, e successivamente a quella della lettura e della

scrittura, e del maestro Aurelio Colucci, anch’egli sordo cieco, che educò il bambino alle arti

manuali. Insieme al suo maestro Artusio, Eugenio Malossi riuscì a ideare una modalità

comunicativa meticolosa e precisa, tale da potersi sostituire alla parola, e oggi è divenuto il

metodo più diffuso tra i sordociechi italiani.

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Malossi divenne esperto nell’arte del vimini e della meccanica, apprese inoltre la lingua

inglese che gli consentì di mantenere una corrispondenza epistolare con l’amica americana

Helen Keller.

Malossi raffinò sempre di più i sensi vicarianti a sua disposizione, fino a riuscire a

riconoscere dalle vibrazioni del pavimento, non solo l’avvicinarsi di una persona, ma

addirittura di riconoscerla.

Eugenio Malossi fu a sua volta maestro ed educatore della piccola sordo cieca Anna

Tamasco presso l’Istituto Principe di Napoli, ideando nuovi mezzi e modalità comunicative

adatte e “a misura” della sua allieva.

Il sistema di comunicazione da lui messo a punto consiste nel toccare e pizzicare

leggermente le varie parti delle falangi e del palmo della mano che corrispondono alle lettere

dell’alfabeto. La mano che riceve il messaggio è come la tastiera di un computer.

Volendo trasmettere dei numeri occorre preventivamente stringere leggermente il polso

della persona sordo cieca affinché il ricevente sia informato che al posto delle lettere vengono

trasmessi i numeri corrispondenti alle lettere indicate. Le persone sordocieche che lo

utilizzano da tempo e speditamente non necessitano di pause tra una parola ed un’altra. Il

metodo Malossi, così come la Dattilologia, lo Stampatello e il Braille, implica la conoscenza

della lingua italiana scritta.

Sabina Santilli imparò subito sia la scrittura in Braille sia il Metodo Malossi. A San

Benedetto, cittadina dove viveva la famiglia di Sabina, il primo ad imparare il Malossi, fu

papà Pacifico. Aveva riportato a casa Sabina per le prime vacanze e sentì la necessità di

comunicare con sua figlia. Fu così che la prima notte si mise a studiare l’alfabeto Malossi e

Sabina quando si svegliò ebbe la sorpresa di un "buon giorno" scritto sulla mano dal suo papà.

Fu proprio Sabrina Santilli a ideare un guanto con ricamate le lettere in rosso e in blu, in

modo tale che un sordocieco lo infila sulla mano e anche chi non conosce questo metodo può

comunicare direttamente con lui, con l’unico accorgimento di battere le lettere blu e pizzicare

le lettere rosse.

Il Malossi permette di superare i limiti delle barriere comunicazionali, in particolar

modo alle persone sordocieche che lo sono divenute successivamente alla nascita.

La Lingua dei Segni è una vera e propria lingua, con precise regole grammaticali,

morfologiche e sintattiche. Il canale uditivo-verbale, normalmente usato nelle lingue parlate,

viene sostituito da quello visivo-gestuale. Essa consente di esprimere qualunque concetto,

concreto o astratto, mediante “segni” dati da movimenti delle mani e da componenti non

manuali (espressioni del viso e posizione del corpo).

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La LIS viene utilizzata da non udenti con ancora un buon residuo visivo. Quando il

residuo visivo è compromesso può essere utilizzata a livello tattile. In tal caso, la mano del

sordocieco, che riceve la comunicazione, deve essere posta su quella dell’interlocutore. Il

segno viene quindi percepito tattilmente. Ci si può avvalere di una sola mano o di entrambe, a

seconda del grado di conoscenza e comprensione della LIS tattile, di intesa e intimità con

l’interlocutore.

Il tracking è un modo di comunicare usato specialmente da soggetti con un buon residuo

visivo (in genere persone con Sindrome di Usher), che permette di comprendere i segni

tenendo le proprie mani sul polso del segnante, così da “seguire” il movimento dei segni

stessi. Le persone con visione a tunnel, ad esempio, utilizzano questa modalità comunicativa

per comprendere i segni prodotti oltre il loro “spazio segnico”.

Per comunicare nomi propri di persone o di località, per indicare vocaboli di cui non

esiste il segno o parole in lingua straniera si ricorre alla dattilologia. La dattilologia o

“alfabeto manuale” rappresenta le lettere dell’alfabeto mediante differenti configurazioni della

mano ovvero, ad ogni posizione digitale della mano corrisponde una lettera (per esempio il

pugno chiuso corrisponde alla lettera “a”). Questo sistema di norma viene utilizzato da

persone sordocieche “segnanti”. Per trasmettere un messaggio si esegue con la mano

dominante all’altezza del viso della persona sordo cieca (se ha un residuo visivo) o tattilmente

sul suo palmo.

Modalità raramente utilizzata è il Tadoma, che permette alla persona sordo cieca di

decodificare i messaggi orali utilizzando le informazioni vibratorie e non che egli ricava

ponendo il pollice della sua mano sulle labbra del parlante e l’indice nello spazio

sottomandibolare. Rimane un valido strumento per l’impostazione dei fonemi in individui con

vari gradi di sordità e/o ciechi a cui si introduca il linguaggio orale.

Normalmente le persone cieche e sordocieche utilizzano il Braille quale metodo di

lettura e scrittura tattile. Le lettere dell’alfabeto e i numeri sono rappresentati da una differente

disposizione di punti in rilievo, in una casella rettangolare composta da sei punti (oppure otto

nei sistemi informatici). La lettura viene di solito effettuata mediante l’indice della mano

destra, seguito da quello della mano sinistra che ha principalmente compiti orientativi

nell’individuazione delle righe. Tale sistema fu ideato da Louis Braille, il quale nacque nel

1809 e divenne cieco all’età di tre anni a seguito di un incidente.

Una modalità facile e rapida per comunicare con le persone sordo cieche è poi la

scrittura in stampatello sul palmo della mano. Occorre utilizzare il proprio indice come se

fosse una vera e propria penna e si scrive la parola sul palmo del ricevente.

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Quando la persona pluriminorata psicosensoriale presenta un livello cognitivo che non

le consente di apprendere un vero e proprio codice linguistico (Lingua Italiana o LIS) è

possibile ricorrere a sistemi diversi che consentono di instaurare una comunicazione di base,

come la comunicazione segnaletico-oggettuale, che riconosce e utilizza oggetti,

precedentemente associati all’evento cui si riferisce, la comunicazione pittografica, che si

avvale di rappresentazioni grafiche e immagini che riproducono situazioni, azioni e bisogni

differenti, la comunicazione gestuale che utilizza dei gesti, quali movimenti del corpo, gesti

spontanei ed espressioni del viso.

L’avvenire fra le mani

Realizzarsi a livello professionale e occupazionale contribuisce alla costruzione

dell’identità di una persona. Così Sabina Santilli scriveva: “Tutti hanno bisogno di avere

un’occupazione seria e redditizia, che dia loro la soddisfazione e la gioia di bastare a sé e di

non essere di peso alla società, ma utili”. Non sempre è facile per persone con disabilità

sensoriale plurima trovare una giusta collocazione nel mondo del lavoro; ciononostante, non

mancano delle positive esperienze che durano da diversi anni, come nel caso di S., affetto da

Sindrome di Usher, che vanta oltre vent’anni di esperienza lavorativa come tipografo presso

una stamperia comunale ed è attualmente il responsabile dell’eliografia dello stesso Comune.

Anche M., 36 anni, affetta da retinoblastoma dall’età di sedici mesi che, a causa delle

radioterapie eseguite ha subito delle lesioni all’udito e alla vista, lavora dal 1996 presso un

cooperativa sociale in provincia di Treviso, così come G. di Roma che lavora da diversi anni

in un istituto bancario come commesso.

L’avvento delle nuove tecnologie ha contribuito notevolmente a migliorare il grado di

autonomia delle persone pluriminorate, non solo per quanto concerne le routines quotidiane,

ma hanno altresì favorito e facilitato il loro ingresso nel mondo occupazionale, così come

anche testimoniato da A.:“I cellulari moderni hanno oggi un programma di video

ingrandimento che mi permette di leggere tranquillamente gli sms e di scriverli. Attualmente

ho accesso alle informazioni attraverso i giornali e la televisione e anche a internet, sempre

grazie allo zoom text che mi permette di ingrandire gli articoli. I social network mi hanno

permesso di ricevere informazioni da ogni parte del mondo, mi sono infatti iscritto su

facebook poco tempo fa e ho avuto modo di ritrovare amici che non sentivo più da tanto.

Invio loro messaggi e comunichiamo attraverso la chat. Prima, non avendo problemi di vista,

utilizzavo tranquillamente la tastiera del computer, mentre ora ho dovuto imparare i tasti a

memoria, in modo da poter rispondere ai messaggi, alle e-mail e chiacchierare in chat”.

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Allo stesso modo G. ribadisce che il computer e il cellulare sono diventati per lui fonti

importanti di comunicazione, consentendogli di rimanere in contatto con gli amici.

Il sogno di F., una giovane ragazza ventenne che vive attualmente a Monza, si realizza a

luglio del 2012, quando ha incontrato la sua cantante preferita, Laura Pausini, a cui ha

dedicato una poesia emozionando l’artista prima del suo concerto. Altro desiderio di F. è

quello di divenire avvocato. A febbraio F. ha sostenuto e passato il suo primo esame

accademico, diritto privato, presso la facoltà di giurisprudenza. Grazie alla new technology

Francesca può accedere con maggiore agilità e semplicità allo studio attraverso gli strumenti

informatici: “Fin da piccola ho avuto problemi legati all’udito e quando avevo dodici anni

hanno incominciato a sorgere i primi sintomi della Sindrome di Usher, una malattia che

comporta la perdita progressiva della vista. Anche se la mia giovinezza da quel momento

indimenticabile è cambiata, ho sempre e comunque portato avanti la mia passione per la

musica suonando il pianoforte e andando ai concerti dei miei artisti preferiti, fra cui Laura

Pausini. Nonostante i peggioramenti visivi desideravo essere indipendente dalla mia famiglia

nel fare i compiti e nel dedicarmi alle mie passioni, così ho cominciato a utilizzare un

computer portatile dotato di un “zoom text”, un programma d’ingrandimento. Verso l’età di

quindici anni, la mia vista, a poco a poco, stava sempre diminuendo tanto che è stato

opportuno far uso della sintesi vocale che mi permetteva e mi permette ancora oggi di

utilizzare il sistema informatico attraverso una voce che mi descrive tutte le operazioni che

eseguo. Voglio sottolineare quanto questo programma mi abbia veramente aiutata, perché mi

ha reso il più possibile autonoma nell’eseguire i miei doveri scolastici e anche nel coltivare i

miei hobbies. Poi è arrivato lo scanner che ha risvegliato in me la voglia di leggere un libro,

passatempo che a causa dei miei problemi avevo abbandonato. Questo strumento effettua una

copia di un testo a scelta che mediante una voce speciale posso ascoltare. Infine, per

curiosità personale e con l’aiuto indispensabile di mia sorella, ho studiato il Braille e così ho

incominciato a leggere libri e a scrivere testi in questo fantastico codice che per me è nuovo.

Penso che ognuno di noi possieda delle conoscenze e capacità che, qualsiasi siano le

difficoltà e i problemi, deve essere in grado di mettere in pratica. Bisogna essere capaci di

accettare la propria situazione trovando un punto di forza e avendo sempre una motivazione

per portare avanti al meglio la propria vita”.

Le persone sordocieche che attraverso queste righe hanno potuto far udire la loro voce,

sono la testimonianza evidente che si può “sentire” qualsiasi nota e sinfonia attraverso ogni

senso, e che si può vivere senza rinunciare alle proprie passioni, speranze, sogni…,

nonostante il silenzio e il buio apparente. Proprio in ogni senso.

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Bibliografia

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Filo d’Oro Onlus.

Sitografia

www.fradinoi.it

www.legadelfilodoro.it

Claudia Costapedagogista clinica,

psicomotricista funzionale,insegnante specializzata scuola dell’infanzia

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