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IDENTITA’ PLURIDISABILI
[abstract] La persona sordocieca presenta una identità precisa, un modo proprio di comunicare e una ricca storia della propria educazione [fine abstract]
Claudia Costa
Premessa
La mia vita si intreccia con quella della Lega del Filo d’Oro un lunedì di aprile del
2009. La storia di Sabina Santilli, e prima ancora quella di Ellen Keller e Laura Bridgman, le
prime persone sordocieche, per giunta donne, ad avere il coraggio di uscire dall’oscurità e far
sentire la loro “voce”, mi aveva da sempre affascinato, così come la figura dell’istitutrice
Anne Sullivan, aveva costituito per me un modello di ispirazione e riferimento.
Di lì a pochi mesi il mio primo soggiorno estivo da volontaria: Rodi Garganico, dove si
sono aperte le porte di un mondo che vede nel buio e parla nel silenzio.
È l’inizio di un’avventura, che ancora continua, densa di esperienze che arricchiscono la
vita e le danno un senso. Da allora ho incontrato persone che hanno il coraggio di uscire dal
buio del silenzio. In questi anni insieme abbiamo scherzato, giocato, abbiamo condiviso gioie
e segreti, attimi che lasciano il “segno”, che ognuno di noi serba nel proprio cuore, nell’intimo
più profondo. È così che gli occhi hanno imparato a vedere in modo diverso, le orecchie ad
ascoltare in silenzio.
Un sordo cieco non è semplicemente un’anomalia del codice genetico, una lesione
cerebrale o qualche altro danno organico ma è, prima di tutto, un individuo che non richiede
la nostra compassione, ma la nostra conoscenza, la nostra capacità di condividere, il nostro
saper coinvolgerlo e, soprattutto, il nostro rispetto.
Soltanto dopo aver conosciuto una persona sordocieca si può veramente capire che
“l’essenziale è invisibile agli occhi”.
Personalità giuridica pluridisabile
Se si prova a tapparsi le orecchie e a chiudere gli occhi si può appena intuire a cosa
equivale essere sordociechi. I cinque sensi permettono al cervello di ricevere le informazioni
provenienti dall’ambiente circostante, ma la vista e l’udito hanno un ruolo principale nel
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raccoglierle e trasmetterle. Il cervello umano riceve infatti il 95% di tutto ciò che assimila
mediante la vista e l’udito.
La sordocecità è la combinazione di una minorazione uditiva e visiva; non sempre però
vi è la perdita totale di entrambi i sensi. La maggior parte delle persone sordocieche possiede
qualche residuo uditivo e/o visivo. La sordocecità, però, non è il semplice risultato
dell’addizione delle due disabilità, ma è uno status a sé stante. Un individuo è considerato
sordocieco quando la combinazione delle due minorazioni sensoriali sono di ostacolo e
impediscono di svolgere le funzioni “normali” della vita quotidiana. I sordociechi presentano
problemi rispetto alla comunicazione, all’accesso all’informazione e alla mobilità. Non
possono utilizzare un senso al fine di compensare la disabilità dell’altro e, pertanto, non
possono usufruire dei servizi destinati esclusivamente ai soggetti sordi o non vedenti.
Quando al deficit dell’udito (sordità o ipoacusia) o della vista (cecità o ipovisione) si
aggiungono altre complicazioni (ritardo cognitivo/evolutivo e/o deficit motori e/o problemi
comportamentali), si parla di pluriminorazione psicosensoriale. Sono persone che oltre a
problematiche sensoriali possono avere difficoltà ad apprendere, danni motori, lesioni
cerebrali, ecc., che presentano compromissioni funzionali superiori rispetto a quanto si
potrebbe registrare in base alla sommatoria dei singoli deficit, in quanto i disagi si
influenzano reciprocamente.
Per tutte queste ragioni era indispensabile una legge che tutelasse le persone
sordocieche, con le loro peculiarità e la loro unica e specifica identità, non più dunque
equiparazioni sterili a persone non udenti o non vedenti.
Il 24 giugno del 2010, dopo anni di battaglia silenziosa, si è così giunti all’emanazione
della Legge n. 107. All’articolo 1 della suddetta Legge “Misure per il riconoscimento dei
diritti alle persone sordocieche”, si sottolinea per la prima volta il riconoscimento della
sordocecità come disabilità unica e specifica. La condizione di sordocieco viene riconosciuta
al soggetto che risulti in possesso dei requisiti già previsti dalla legislazione vigente
rispettivamente in materia di sordità civile e di cecità civile ai fini dell'ottenimento delle
indennità già definite in base alle vigenti normative relative alle due distinte minorazioni.
L’articolo 5 della Legge dichiara inoltre che le regioni possono individuare specifiche
forme di assistenza individuale alle persone sordocieche, con particolare riferimento alla
fornitura di sostegno personalizzato mediante guide-comunicatori e interpreti. Per la prima
volta vengono dunque definite le figure specifiche che fanno da intermediarie tra la persona
sordocieca e il mondo circostante, le “persone di con-tatto”, professionisti in grado di
affiancarli negli spostamenti, con competenze specifiche delle tecniche di accompagnamento
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e dei sistemi di comunicazione; figure, peraltro, già contemplate in altre nazioni del mondo.
La Danimarca, ad esempio, già dal secolo scorso, in base ad una disposizione legislativa,
assicura alle persone sordocieche il diritto all’assistenza gratuita di un accompagnatore per un
certo numero di ore settimanali.
L’emanazione di questa legge ha rappresentato una vera e propria rivoluzione
copernicana, in quanto nessun provvedimento aveva mai considerato precedentemente la
sordocecità come status distinto dalla cecità e dalla sordità considerate singolarmente.
Equivale, in sintesi, ad una emancipazione della identità delle persone sordo cieche,
riconosciute giuridicamente nella loro specifica alterità.
Nel passato in Italia sono stati riconosciuti timidamente alcuni diritti delle persone non
vedenti e non udenti, senza mai però prendere in considerazione la doppia disabilità
sensoriale.
Nel 1926 Augusto Romagnoli fondò a Roma la prima scuola di specializzazione per
educatori di bambini non vedenti, che allora si chiamava “Margherita di Savoia”. Romagnoli
era cieco e aveva coordinato una sperimentazione sulla didattica per ciechi che portò in
seguito alla legge sull’obbligatorietà della loro istruzione, definito col Regio Decreto n. 577
del 1928. Tale disposizione estendeva l’obbligo scolastico ai ciechi e ai sordomuti che non
presentassero altre difficoltà che impedisse loro di ottemperarvi. A quell’epoca l’istruzione
dei ciechi e dei sordomuti avveniva difatti in apposite scuole speciali con corsi di studio della
durata di sette anni.
Quando il professor Romagnoli decise di accogliere Sabina Santilli nel suo istituito di
Roma nel 1927, la mamma di Sabina visse un momento di sconforto. Allora lui fece
l’esempio della potatura: "Quando si potano i rami, dispiace tagliarli perché sono belli, però
si sa che solo in questo modo la pianta cresce meglio, robusta e dà molti frutti… ecco
l’importanza dell’educazione".
Sabina Santilli nacque il 29 maggio 1917 a San Benedetto dei Marsi, un piccolo paese
contadino dell’Abruzzo. All’età di sette anni, nel 1924, divenne sordocieca a seguito della
meningite. Sabina rimase all’Istituto Romagnoli fino al 1938 e continuò a studiare da sola le
lingue inglese, francese, spagnolo, tedesco, esperanto e anche il russo. Grazie alla sua
determinazione e alla sua instancabile volontà di entrare in dialogo con il mondo, Sabina
riuscì a mettere in rete i sordociechi italiani, a dare visibilità alla loro esistenza, ai loro
problemi e ai loro diritti, fino a creare nel 1964 la Lega del Filo d’Oro, primo organismo
distinto in Italia ad occuparsi delle persone sordocieche, un Ente riconosciuto dallo Stato con
D.P.R. n. 516 del 19/05/1967. L’associazione ebbe origine per iniziativa di alcune persone, tra
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cui la sua principale fondatrice sordocieca, le quali, constatato come la categoria dei
sordociechi fosse completamente sconosciuta alla società e non avesse alcuna forma di
assistenza, ritennero necessario intraprendere un’iniziativa concreta a favore di tali individui,
consapevoli dell’esigenza di un approccio alla sordocecità come disabilità distinta e specifica.
Tutto ebbe inizio nel luglio 1964, in cui venne organizzato, insieme a dei volontari, un
soggiorno estivo a Frontignano di Ussita, sui Monti Sibillini. Vi parteciparono una decina di
donne, tra cieche e sordocieche, accompagnate da alcune volontarie di Osimo, coinvolte dal
parroco del tempo Don Dino Marabini. Il soggiorno di Frontignano fu il primo di una lunga
serie: Sabina non si stancò mai di organizzare queste vacanze speciali, che ancora oggi, a
distanza di quasi cinquant’anni, continuano ad essere un appuntamento annuale per tutti i
sordociechi italiani. Il 22 luglio 1987 Sabina è stata insignita della massima onorificenza
pontificia “Pro Ecclesia et Pontefice” dal Papa Giovanni Paolo II. Nel 1994, l’allora
presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, conferì a Sabrina la medaglia d’oro di
Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana “per aver ideato e promosso la Lega del
Filo d’Oro, operando con coraggio, generosità e lungimiranza al consolidamento e allo
sviluppo dell’associazione, per il riscatto dei sordo ciechi in Italia”.
Diverso è stato il cammino dei sordo ciechi in altri paesi dell’Europa: la prima nazione
ad interessarsi delle sorti dei pluridisabili sensoriali fu la Francia, a Poitiers. Nella seconda
metà dell’800, nella “Istitution Notre Dame di Larnay”, un’istituzione femminile per
sordomute, suor Medulle riuscì ad educare una bambina sordocieca di tre anni. La religiosa
insegnò il suo metodo a suor Marguerite, che successivamente educò le sorelle Marie e
Marthe Heurtin, entrambe sordocieche dalla nascita, le quali appresero la Lingua dei Segni, il
Braille, la scrittura in nero e per giunta alcuni rudimenti del linguaggio orale. Attualmente la
principale associazione operante in Francia è l’ANPSA, Association Nationale Pour
Sourdaveugles français, sorta alla fine degli anni Settanta, in seguito all’epidemia di rosolia
che nel decennio precedente colpì il paese e che ebbe come conseguenza un incremento di
casi di sordocecità.
Negli Stati Uniti esiste il DB-link, servizio nazionale che si occupa della diffusione di
informazioni sulle problematiche legate alla sordo cecità in bambini e giovani (0-21 anni).
Esiste poi una rete europea, l’European Deafblind Network, che riunisce tutte le
principali istituzioni del continente che si occupa della pluridisabilità sensoriale, e
un’organizzazione internazionale, il Deafblind International, che riunisce persone
sordocieche, professionisti e ricercatori che operano in relazione alle problematiche sulla
pluridisabilità sensoriale.
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Identikit della pluridisabilità
Le persone sordocieche possono presentare sordocecità completa fin dalla nascita o
sopraggiunta successivamente, ipoacusia con deficit visivo, cecità con residui uditivi e scarsa
funzionalità uditivo-percettiva, sordità con residui visivi e scarsa funzionalità visivo-
percettiva. Oltre ad avere diverse combinazioni di problemi alla vista e all’udito, possono
manifestare anche difficoltà relative le altre vie sensoriali. Francesco, attuale presidente del
Comitato delle persone sordocieche, organo consultivo e propositivo della Lega del Filo
d’Oro nato nel 1991, per quanto concerne il tema dell’identità ribadisce: “Identità come il
diritto ad essere se stessi. Non ci dobbiamo identificare solo come sordociechi o ciecosordi
ma farlo è un passo importante per la costruzione della propria identità e di una identità
collettiva. Ognuno fa un percorso difficile per scoprire la propria identità attraverso un
continuo riadattamento alla nuova condizione sensoriale in cui ci si trova”.
Non esistono oggi in Italia dati precisi sulla popolazione sordocieca; tuttavia, i casi di
sordocecità nel nostro Paese sono molto più diffusi di quanto si pensi e riguardano migliaia di
persone di tutte le fasce di età. La popolazione sordo cieca è fortemente eterogenea in quanto
le cause e l’insorgenza della sordocecità differiscono da individuo a individuo. Chi nasce
sordocieco o lo diventa nei primissimi anni di vita rappresenta il 14% delle persone
sordocieche; chi nasce sordo e perde la vista nel corso della vita rappresenta il 35% dei casi;
chi nasce cieco e perde l’udito nel corso della vita rappresenta il 6% e chi diviene sordocieco
nel corso della vita o in età anziana il 45%. In quest’ultimo caso, l’avanzamento della vita
media determina anche un aumento di perdita abbinati dell’udito e della vista più o meno
gravi, conseguenti alla degradazione dei rispettivi organi percettivo-sensoriali. Nell’eziologia
di questi individui si ritrovano più spesso, fra le cause prenatali, infezioni virali contratte nel
primo trimestre di gravidanza della madre come la rosolia, la toxo-plasmosi e l’intossicazione
da farmaci; fra quelle perinatali, nascite premature e i traumi da parto; fra quelle postnatali,
meningiti, encefaliti ed eventi incidentali di varia natura. In passato la rosolia contratta dalla
madre nei primi mesi di gravidanza è stata una delle principali cause di sordo cecità
congenita; attualmente le cause sono più eterogenee, quali sindromi rare, prematurità,
meningite, tumori e traumi, che provocano non soltanto la duplice minorazione, ma deficit
aggiuntivi a livello neurologico e dello sviluppo. Le cause principali del deficit visivo delle
persone sordocieche pluriminorate possono essere: retinopatia del prematuro, retinoblastoma
(tumore oculare dell’infanzia), glaucoma (aumento della pressione intraoculare con
progressivo danno del nervo ottico), retinite pigmentosa, coloboma corioretinico e/o del nervo
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ottico, cataratta congenita, cristallino opacizzato, atrofia o sub-atrofia del nervo ottico.
L’ipovisione può essere centrale o periferica: la prima impedisce la visione del dettaglio, la
seconda ostacola l’orientamento e la mobilità. C’è chi non vede bene da vicino e chi da
lontano. Possono esserci soggetti che soffrono di cecità crepuscolare o notturna, ovvero
presentano difficoltà a vedere in condizioni di scarsa illuminazione, o problemi di
adattamento alla luce nel passare da ambienti illuminati ad altri oscuri.
Il campo visivo è una delle principali capacità che consente di condurre una vita
autonoma, perché permette di percepire l’insieme degli oggetti presenti nell’ambiente. Una
persona che presenta restringimento del campo visivo, può vedere solo la parte centrale del
panorama (come se guardasse dentro un tubo), impedendogli di spostarsi autonomamente
nell’ambiente perché non riesce a percepire ciò che può incontrare in alto, in basso e
lateralmente.
Le sindromi più rappresentative che causano la sordocecità sono la Sindrome di Usher,
la Sindrome di Charge e la Sindrome di Norrie.
La Sindrome di Usher è una malattia congenita caratterizzata da retinite pigmentosa e
sordità, con un’età di esordio variabile.
Nella Sindrome di Usher la retinite pigmentosa è una patologia che colpisce le cellule
fotorecettrici della retina (coni e bastoncelli), distruggendole lentamente, e che può portare
alla riduzione della visione a bassa luminosità, all’abbagliamento e al restringimento del
campo visivo.
Le persone con Sindrome di Usher, quando presentano un peggioramento a livello
visivo, hanno difficoltà a interpretare la lettura labiale poiché non hanno sufficiente vista per
aiutare l’udito, né sufficiente udito per supportare la vista, pertanto necessitano di imparare
quanto prima la comunicazione tattile.
In caso di sindrome di Usher, interventi adeguati rivolti al bambino sono:
Apprendimento di sistemi alternativi, preferibilmente alfabetici.
Lingua Italiana dei Segni (LIS) eseguita all’interno del campo visivo.
Utilizzo della Lingua Italiana dei Segni Tattile (LIST).
Acquisizione dell’uso del Braille.
Utilizzo di protesi uditive, di sistemi di amplificazione sonora e di ausili tecnologici.
Nonostante le difficoltà che le persone con Sindrome di Usher incontrano, tanti di loro
vivono una vita intensa, come nel caso di G., un giovane trentenne campano affetto da
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Sindrome di Usher, cui ha dedicato gran parte della sua vita allo sport, praticando il nuoto a
livello agonistico. “La malattia mi ha reso sordo dalla nascita e con il passare degli anni mi
ha provocato dei problemi alla vista. Nato sordo, da piccolo comunicavo attraverso la lettura
labiale e crescendo ho iniziato a frequentare altri ragazzi sordi che comunicavano utilizzando
la LIS. Per comunicare facilmente decisi di impararla…. La mia passione per lo sport è
iniziata a quattordici anni. Ricordo che mi recavo presso un centro sportivo e incontravo
ragazzi della mia età. I miei sport preferiti erano il calcio, il basket e il nuoto… Conservo con
orgoglio le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo vinte in gara”.
S., una donna di 44 anni affetta da Sindrome di Usher e da un’infiammazione mielitica
(forma di sclerosi multipla), è riuscita negli anni a diplomarsi. Ecco la sua testimonianza sulla
questione identitaria: “Credo che il momento focale è la consapevolezza e la presa di
coscienza, la riconquista della propria autostima, fondamento dell’identità. Ho iniziato a
sentirmi diversa da tutti sino a quando mi sono chiesta: ma diversa da chi? Da cosa? La
diversità è diventato un concetto talmente assoluto che non esistevo più. Tutti siamo diversi
da tutti perché ognuno di noi è unico ed irripetibile, proprio per questo ognuno è importante
per ciò che è. Non si può essere diversi per differenze fisiche, per idee contrastanti, si è
diversi perché ognuno di noi è un pezzo unico di un puzzle senza il quale il quadro non sarà
mai completo. Ho voluto così imparare la Lingua dei Segni per poter interagire meglio, ad
utilizzare il tatto dove fosse stato utile. Tutto è sembrato “naturale”. Ho voluto comunicare
che il silenzio è l’inizio della cancellazione dell’identità, silenzio non solo della voce, ma del
corpo in generale. Ho iniziato ad accettarmi per ciò che ero e sono, ho imparato a non farmi
condizionare dal pensiero che gli altri avevano di me e della mia malattia perché forse non la
vedevano neanche.. Gridavo al mondo «Ci sono anche io!». Simona, in quanto tale esiste,
unica, cittadina del mondo a cui appartengo e che mi appartiene, di cui sono parte viva. Si, è
vero, sono malata, ma non diversa… e poi diversa da chi?”.
Una malattia genetica rara è la Sindrome di Charge: sino al 2005 non se ne conoscevano
le cause, e affligge 1 su 15.000 nuovi nati. Il suo nome è un acronimo: ad ogni lettera
corrisponde una patologia in lingua inglese (C = coloboma degli occhi; Heart =
malformazioni cardiache; A= atresia delle coane; R = ritardo nella crescita e nello sviluppo; G
= anormalità genitali e urinarie; Ear = anomalie uditive).
I bambini con Sindrome di Charge necessitano di una presa in carico intensa, di
numerosi interventi chirurgici e di interventi specialistici multidisciplinari, compresa la
consulenza cardiologica, l’esame completo dell’occhio, le protesi acustiche e il supporto
terapeutico ed educativo. Il ritardo mentale è variabile con un QI che varia dalla quasi
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normalità al ritardo grave. Le anomalie delle orecchie comprendono dismorfismi caratteristici,
ipoacusia conduttiva e/o nervosa, con lieve o grave sordità.
Nella cura dei bambini con Sindrome di Charge è necessario eseguire un’attività alla
volta, concedere tempo per l’elaborazione sensoriale e assicurare un adeguato periodo di
riposo dato che i soggetti con tale sindrome necessitano di tempo e spazio per recuperare
attenzione e concentrazione. L’apprendimento è possibile e ciò avviene attraverso gli occhi
(vista) che sostituiscono l’udito, e con adeguate scelte metodologiche, quali Lingua dei Segni
e/o lettura labiale, come nel caso di C., un bambino che vive in Sardegna. Attualmente
rappresenta l’unico individuo con Sindrome di Charge in questa regione. C. è sordo profondo,
cieco parziale e presenta problemi di equilibrio. Ma nonostante le difficoltà incontrate, C. è un
bambino con una grandissima voglia di vivere e si impegna ogni giorno per raggiungere una
propria autonomia personale. C. disegna, colora, dipinge, mangia e si veste da solo, sa farsi il
bagnetto e aiuta la sua sorellina. Ha imparato a camminare e per casa gira sicuro. C. ha
imparato ad esprimersi attraverso la LIS, fa richieste, esprime opinioni, formula frasi. Fa
diverse attività e si diverte, litiga e gioca come qualsiasi altro bambino.
La malattia di Norrie è una displasia vitreo-retinica ereditaria legata al cromosoma X
che colpisce solo i maschi. In un terzo dei casi verso i 20-30 anni si sviluppa sordità percettiva
bilaterale. La cecità è invece precoce, come è comune il ritardo psicomotorio (65%), e si
possono associare varie anomalie sistemiche: cardiache, polmonari, scheletriche, uro-genitali,
gastrointestinali.
A dispetto dei limiti posti dalla Sindrome, R., cinquantenne romano, coltiva da sempre
la sua passione per la musica folkloristica suonando il suo organetto.
Donne pioniere
La prima donna sordocieca con un modesto grado di istruzione, di cui si ha notizia nella
storia, è Julia Brace, figura offuscata da quella di Helen Keller e Laura Bridgman. Nata il 13
giugno 1807, nel Connecticut, all’età di cinque anni, dopo aver contratto il tifo, Julia perse
completamente l’udito e la vista. Un poco alla volta cominciò ad utilizzare il senso del tatto e
dell’olfatto per orientarsi e muoversi con sicurezza. Il dott. Samuel Howe della Perkins
School tentò una prima alfabetizzazione, ma non ottenne gli effetti sperati in quanto la donna
arrivò presso l’istituto all’età di trentacinque anni.
La “Perkins School”, la più antica scuola per persone cieche degli Stati Uniti ubicata
nelle vicinanze di Boston, nata inizialmente per le esigenze delle persone cieche, è stata
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successivamente aperta anche alle persone sordo cieche e con diverse disabilità associate.
Questa scuola ospita attualmente molti bambini e ragazzi con la Sindrome di Charge.
Laura Bridgman, la prima persona sordo cieca al mondo a conseguire il diploma,
nacque il 21 dicembre 1829 ad Hanover nel New Hampshire. Si ammalò di scarlattina ed alla
fine della malattia rimase senza vista e udito, con la perdita dell’olfatto e del gusto. Con
l’unico senso che le era rimasto, il tatto, iniziò ad esplorare il mondo circostante nella sua
abitazione di campagna. Imitando la madre si dedicò alle faccende domestiche ed imparò a
cucire e a lavorare a maglia nonostante le sue condizioni. Sviluppò un rudimentale sistema di
segni per soddisfare i suoi bisogni primari e chiamare i suoi familiari. In quel periodo il Dott.
Samuel Howe, direttore della Perkins School, dopo aver conseguito importanti risultati con i
ragazzi ciechi, era già pronto per nuove sfide. Dopo aver sentito parlare della giovane
sordocieca, convinse i suoi genitori a lasciarla andare a studiare presso il suo Istituto, dove
giunse il 4 ottobre 1837 all’età di otto anni. Studiò geografia, aritmetica, storia, grammatica,
algebra, geometria, fisiologia, filosofia e storia. Howe riportò gli splendidi risultati ottenuti da
Laura nel rapporto annuale della scuola, regalando a lei ed alla sua insegnante notorietà a
livello internazionale. In una lettera del 1885 Laura scriveva: “Faccio appello alle persone
buone di Boston in favore dei ciechi, e chiedere loro di dare una mano verso la fondazione e
dotazione di un asilo per i bambini piccoli non vedenti. Vivono ora in tenebre e oscurità. Sia
la luce e la gioia per loro al più presto”.
La mamma di Helen Keller, la più importante e famosa ambasciatrice a livello mondiale
della causa delle persone sordo cieche, aveva letto di Laura Bridgman nel libro di Charles
Dickens, “American Note”. L’autore inglese infatti descrisse il suo incontro con una giovane
adolescente sordocieca, Laura Bridgman, che nel 1842 aveva ottenuto ottimi risultati grazie ai
metodi utilizzati presso la Perkins School. I genitori di Helen Keller vennero così a sapere
dell’esistenza di un istituto che avrebbe potuto aiutare la loro figlia ad uscire dal
quell’isolamento che la sua condizione le procurava e, pertanto, le permisero di studiare
presso la Perkins School in giovanissima età. Occorre tenere a mente che in quell’epoca alle
persone cieche e sordocieche non era concesso nessun tipo di educazione scolastica.
Helen Keller naque il 27 giugno 1880 in Tuscumbia, Alabama. All’età di 18 mesi a
seguito di una febbre, della quale non si è mai saputa la diagnosi precisa, divenne sorda, cieca
e incapace di parlare. Era comunque una bambina intelligente e sensibile, infatti all’età di 6
anni aveva già inventato un sistema di comunicazione con la propria famiglia basato su una
sessantina di segni. Nonostante ciò ella si sentiva frustrata e adirata: questa sensazione iniziò a
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mutare dopo l’incontro con Anne Sullivan, che fu per anni la sua insegnante. All’età di 8 anni
iniziò una serie di viaggi verso la Perkins School, dove l’insegnante si era diplomata.
Anne Sullivan nacque nell’aprile del 1866 nel Feeding Hills, un villaggio nella parte
occidentale del Massachusetts. Quando Anne aveva circa cinque anni, contrasse il tracoma,
una malattia dell'occhio. Sua madre morì quando Anne aveva appena otto anni; il padre, non
riuscendo a mantenere lei e il fratello minore, abbandonò i figli lasciandoli in un istituto per
poveri. Dopo pochi mesi passati in istituto il fratello morì. Nel 1880 Anne riuscì ad entrare
alla Perkins School. Qui strinse amicizia con Laura Bridgman dalla quale imparò l’alfabeto
manuale. Durante l'estate del 1886, il capitano Keller scrisse al direttore della Perkins School,
Michael Anagnos, chiedendogli un’insegnante da assegnare alla sua giovane figlia Helen. Nel
marzo del 1887 Anne partì per Tuscumbia, in Alabama: da qui il suo incontro con la donna
sordocieca divenuta più famosa al mondo. Con l’aiuto di Anne, Helen imparò l’alfabeto
manuale, il Braille, il Tadoma (il metodo per la lettura delle labbra) ed in seguito a parlare.
Con l’ausilio di Anne, in qualità di interprete, frequentò la Perkins School per ciechi a Boston
nel 1888, e successivamente la “Wright-Humason School” per sordi di New York nel 1894.
Divenne la prima persona sordo cieca a laurearsi, infatti ottenne tale riconoscimento con il
massimo dei voti e la lode presso il “Radcliffe College” nel 1904. Nel 1936 andò a vivere nel
Connecticut dove visse sino alla sua morte avvenuta nel 1968. Durante il periodo presso il
Radcliffe College iniziò la sua lunga carriera di scrittrice, durata per ben cinquant’anni. Oltre
al più famoso “La storia della mia vita” ha scritto altri undici libri nonché numerosi articoli
sulla cecità, la sordità, su argomenti di carattere sociale e sui diritti delle donne. Nonostante il
suo ampio spettro di interessi ed il successo ottenuto, non si dimenticò mai dei bisogni degli
altri, in particolare di coloro i quali erano ciechi e sordociechi. Ha ricevuto molte lauree
onorarie da prestigiose università nonché onorificenze internazionali. Nel 1965 Helen Keller è
entrata, assieme ad altre 20 donne, nella Women’s Hall of Fame presso il New York World’s
Fair.
Mani che parlano
Dall’istante della nascita, col primo pianto, e per tutta la vita l’essere umano comunica.
“Non si può non comunicare” così recita il primo assioma metacomunicativo della
“Pragmatica della comunicazione umana”. La comunicazione è dunque ineluttabile. Silenzi,
parole non dette…, tutto sta ad indicare che siamo impossibilitati ad uscire dal mondo della
comunicazione.
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C., una giovane ventenne nata e cresciuta in provincia di Perugia, non ha mai visto e
mai sentito perché nata prematuramente al quinto mese di gestazione, eppure, nonostante
l’apparente silenzio e buio, la sua vita è fatta di relazioni e parole dette con le mani. Grazie ad
una logopedista intraprendente, e poi successivamente grazie anche ad una interprete, proprio
come Anne Sullivan, educatrice solerte di Helen Keller, C. ha potuto comunicare con il
mondo che la circondava: “Dopo un primo scompiglio nella mia famiglia, ho frequentato il
centro di logopedia a Perugia. Lì ho incontrato una logopedista molto brava, Daniela, che ha
visto in me una grande intelligenza. Daniela si è impegnata a fare una ricerca su una
possibile comunicazione adatta ad una bambina sordocieca quale ero io. Io avevo un anno e
non potevo comunicare con la LIS pura, quindi la logopedista ha inventato un codice di
comunicazione per me. Daniela ha usato i segni della LIS, ha trasformato questi segni con
delle regole scientifiche e li ha adattati alle mie mani, alla mia testa e al mio corpo. Durante
la seconda elementare sono venute delle persone esperte dall’Università americana di
Gallaudet, e proposero di passare alla LIS tattile dei sordociechi. Fin dalla prima elementare
sono stata affiancata da Nadia, interprete LIS, e insieme a lei ho fatto un percorso di
apprendimento della LIS. Questo mi ha dato la possibilità di accedere all’istruzione,
all’informazione e alla comunicazione con tutte le persone che conoscono la LIS. Grazie a
questo strumento di comunicazione ho avuto la possibilità di raggiungere un buon grado di
cultura, di istruzione e di autonomia”.
Le persone sordocieche utilizzano differenti sistemi di comunicazione che variano a
seconda che vi sia una perdita totale di udito e vista o dei residui nei canali sensoriali.
Ne sono un esempio R. e G., una coppia sposata di anziani milanesi: il marito comunica
con la LIS Tattile mentre la moglie con il sistema di comunicazione Malossi.
Il sistema Malossi è stato ideato da Eugenio Malossi, dal quale ha preso il nome. Egli
nacque ad Avellino nel 1885 e all’età di sette anni, a causa di una grave encefalite, perse la
vista, l’udito, l’olfatto e la parola. Nell’ottobre del 1895 venne accolto da Domenico
Martuscelli nella sua scuola per ciechi, l’Istituto “Principe di Napoli” (l’attuale Istituto “D.
Martuscelli”), e venne affidato alle cure del maestro Francesco Artusio, che lo avviò
inizialmente all’uso funzionale del tatto, e successivamente a quella della lettura e della
scrittura, e del maestro Aurelio Colucci, anch’egli sordo cieco, che educò il bambino alle arti
manuali. Insieme al suo maestro Artusio, Eugenio Malossi riuscì a ideare una modalità
comunicativa meticolosa e precisa, tale da potersi sostituire alla parola, e oggi è divenuto il
metodo più diffuso tra i sordociechi italiani.
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Malossi divenne esperto nell’arte del vimini e della meccanica, apprese inoltre la lingua
inglese che gli consentì di mantenere una corrispondenza epistolare con l’amica americana
Helen Keller.
Malossi raffinò sempre di più i sensi vicarianti a sua disposizione, fino a riuscire a
riconoscere dalle vibrazioni del pavimento, non solo l’avvicinarsi di una persona, ma
addirittura di riconoscerla.
Eugenio Malossi fu a sua volta maestro ed educatore della piccola sordo cieca Anna
Tamasco presso l’Istituto Principe di Napoli, ideando nuovi mezzi e modalità comunicative
adatte e “a misura” della sua allieva.
Il sistema di comunicazione da lui messo a punto consiste nel toccare e pizzicare
leggermente le varie parti delle falangi e del palmo della mano che corrispondono alle lettere
dell’alfabeto. La mano che riceve il messaggio è come la tastiera di un computer.
Volendo trasmettere dei numeri occorre preventivamente stringere leggermente il polso
della persona sordo cieca affinché il ricevente sia informato che al posto delle lettere vengono
trasmessi i numeri corrispondenti alle lettere indicate. Le persone sordocieche che lo
utilizzano da tempo e speditamente non necessitano di pause tra una parola ed un’altra. Il
metodo Malossi, così come la Dattilologia, lo Stampatello e il Braille, implica la conoscenza
della lingua italiana scritta.
Sabina Santilli imparò subito sia la scrittura in Braille sia il Metodo Malossi. A San
Benedetto, cittadina dove viveva la famiglia di Sabina, il primo ad imparare il Malossi, fu
papà Pacifico. Aveva riportato a casa Sabina per le prime vacanze e sentì la necessità di
comunicare con sua figlia. Fu così che la prima notte si mise a studiare l’alfabeto Malossi e
Sabina quando si svegliò ebbe la sorpresa di un "buon giorno" scritto sulla mano dal suo papà.
Fu proprio Sabrina Santilli a ideare un guanto con ricamate le lettere in rosso e in blu, in
modo tale che un sordocieco lo infila sulla mano e anche chi non conosce questo metodo può
comunicare direttamente con lui, con l’unico accorgimento di battere le lettere blu e pizzicare
le lettere rosse.
Il Malossi permette di superare i limiti delle barriere comunicazionali, in particolar
modo alle persone sordocieche che lo sono divenute successivamente alla nascita.
La Lingua dei Segni è una vera e propria lingua, con precise regole grammaticali,
morfologiche e sintattiche. Il canale uditivo-verbale, normalmente usato nelle lingue parlate,
viene sostituito da quello visivo-gestuale. Essa consente di esprimere qualunque concetto,
concreto o astratto, mediante “segni” dati da movimenti delle mani e da componenti non
manuali (espressioni del viso e posizione del corpo).
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La LIS viene utilizzata da non udenti con ancora un buon residuo visivo. Quando il
residuo visivo è compromesso può essere utilizzata a livello tattile. In tal caso, la mano del
sordocieco, che riceve la comunicazione, deve essere posta su quella dell’interlocutore. Il
segno viene quindi percepito tattilmente. Ci si può avvalere di una sola mano o di entrambe, a
seconda del grado di conoscenza e comprensione della LIS tattile, di intesa e intimità con
l’interlocutore.
Il tracking è un modo di comunicare usato specialmente da soggetti con un buon residuo
visivo (in genere persone con Sindrome di Usher), che permette di comprendere i segni
tenendo le proprie mani sul polso del segnante, così da “seguire” il movimento dei segni
stessi. Le persone con visione a tunnel, ad esempio, utilizzano questa modalità comunicativa
per comprendere i segni prodotti oltre il loro “spazio segnico”.
Per comunicare nomi propri di persone o di località, per indicare vocaboli di cui non
esiste il segno o parole in lingua straniera si ricorre alla dattilologia. La dattilologia o
“alfabeto manuale” rappresenta le lettere dell’alfabeto mediante differenti configurazioni della
mano ovvero, ad ogni posizione digitale della mano corrisponde una lettera (per esempio il
pugno chiuso corrisponde alla lettera “a”). Questo sistema di norma viene utilizzato da
persone sordocieche “segnanti”. Per trasmettere un messaggio si esegue con la mano
dominante all’altezza del viso della persona sordo cieca (se ha un residuo visivo) o tattilmente
sul suo palmo.
Modalità raramente utilizzata è il Tadoma, che permette alla persona sordo cieca di
decodificare i messaggi orali utilizzando le informazioni vibratorie e non che egli ricava
ponendo il pollice della sua mano sulle labbra del parlante e l’indice nello spazio
sottomandibolare. Rimane un valido strumento per l’impostazione dei fonemi in individui con
vari gradi di sordità e/o ciechi a cui si introduca il linguaggio orale.
Normalmente le persone cieche e sordocieche utilizzano il Braille quale metodo di
lettura e scrittura tattile. Le lettere dell’alfabeto e i numeri sono rappresentati da una differente
disposizione di punti in rilievo, in una casella rettangolare composta da sei punti (oppure otto
nei sistemi informatici). La lettura viene di solito effettuata mediante l’indice della mano
destra, seguito da quello della mano sinistra che ha principalmente compiti orientativi
nell’individuazione delle righe. Tale sistema fu ideato da Louis Braille, il quale nacque nel
1809 e divenne cieco all’età di tre anni a seguito di un incidente.
Una modalità facile e rapida per comunicare con le persone sordo cieche è poi la
scrittura in stampatello sul palmo della mano. Occorre utilizzare il proprio indice come se
fosse una vera e propria penna e si scrive la parola sul palmo del ricevente.
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Quando la persona pluriminorata psicosensoriale presenta un livello cognitivo che non
le consente di apprendere un vero e proprio codice linguistico (Lingua Italiana o LIS) è
possibile ricorrere a sistemi diversi che consentono di instaurare una comunicazione di base,
come la comunicazione segnaletico-oggettuale, che riconosce e utilizza oggetti,
precedentemente associati all’evento cui si riferisce, la comunicazione pittografica, che si
avvale di rappresentazioni grafiche e immagini che riproducono situazioni, azioni e bisogni
differenti, la comunicazione gestuale che utilizza dei gesti, quali movimenti del corpo, gesti
spontanei ed espressioni del viso.
L’avvenire fra le mani
Realizzarsi a livello professionale e occupazionale contribuisce alla costruzione
dell’identità di una persona. Così Sabina Santilli scriveva: “Tutti hanno bisogno di avere
un’occupazione seria e redditizia, che dia loro la soddisfazione e la gioia di bastare a sé e di
non essere di peso alla società, ma utili”. Non sempre è facile per persone con disabilità
sensoriale plurima trovare una giusta collocazione nel mondo del lavoro; ciononostante, non
mancano delle positive esperienze che durano da diversi anni, come nel caso di S., affetto da
Sindrome di Usher, che vanta oltre vent’anni di esperienza lavorativa come tipografo presso
una stamperia comunale ed è attualmente il responsabile dell’eliografia dello stesso Comune.
Anche M., 36 anni, affetta da retinoblastoma dall’età di sedici mesi che, a causa delle
radioterapie eseguite ha subito delle lesioni all’udito e alla vista, lavora dal 1996 presso un
cooperativa sociale in provincia di Treviso, così come G. di Roma che lavora da diversi anni
in un istituto bancario come commesso.
L’avvento delle nuove tecnologie ha contribuito notevolmente a migliorare il grado di
autonomia delle persone pluriminorate, non solo per quanto concerne le routines quotidiane,
ma hanno altresì favorito e facilitato il loro ingresso nel mondo occupazionale, così come
anche testimoniato da A.:“I cellulari moderni hanno oggi un programma di video
ingrandimento che mi permette di leggere tranquillamente gli sms e di scriverli. Attualmente
ho accesso alle informazioni attraverso i giornali e la televisione e anche a internet, sempre
grazie allo zoom text che mi permette di ingrandire gli articoli. I social network mi hanno
permesso di ricevere informazioni da ogni parte del mondo, mi sono infatti iscritto su
facebook poco tempo fa e ho avuto modo di ritrovare amici che non sentivo più da tanto.
Invio loro messaggi e comunichiamo attraverso la chat. Prima, non avendo problemi di vista,
utilizzavo tranquillamente la tastiera del computer, mentre ora ho dovuto imparare i tasti a
memoria, in modo da poter rispondere ai messaggi, alle e-mail e chiacchierare in chat”.
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Allo stesso modo G. ribadisce che il computer e il cellulare sono diventati per lui fonti
importanti di comunicazione, consentendogli di rimanere in contatto con gli amici.
Il sogno di F., una giovane ragazza ventenne che vive attualmente a Monza, si realizza a
luglio del 2012, quando ha incontrato la sua cantante preferita, Laura Pausini, a cui ha
dedicato una poesia emozionando l’artista prima del suo concerto. Altro desiderio di F. è
quello di divenire avvocato. A febbraio F. ha sostenuto e passato il suo primo esame
accademico, diritto privato, presso la facoltà di giurisprudenza. Grazie alla new technology
Francesca può accedere con maggiore agilità e semplicità allo studio attraverso gli strumenti
informatici: “Fin da piccola ho avuto problemi legati all’udito e quando avevo dodici anni
hanno incominciato a sorgere i primi sintomi della Sindrome di Usher, una malattia che
comporta la perdita progressiva della vista. Anche se la mia giovinezza da quel momento
indimenticabile è cambiata, ho sempre e comunque portato avanti la mia passione per la
musica suonando il pianoforte e andando ai concerti dei miei artisti preferiti, fra cui Laura
Pausini. Nonostante i peggioramenti visivi desideravo essere indipendente dalla mia famiglia
nel fare i compiti e nel dedicarmi alle mie passioni, così ho cominciato a utilizzare un
computer portatile dotato di un “zoom text”, un programma d’ingrandimento. Verso l’età di
quindici anni, la mia vista, a poco a poco, stava sempre diminuendo tanto che è stato
opportuno far uso della sintesi vocale che mi permetteva e mi permette ancora oggi di
utilizzare il sistema informatico attraverso una voce che mi descrive tutte le operazioni che
eseguo. Voglio sottolineare quanto questo programma mi abbia veramente aiutata, perché mi
ha reso il più possibile autonoma nell’eseguire i miei doveri scolastici e anche nel coltivare i
miei hobbies. Poi è arrivato lo scanner che ha risvegliato in me la voglia di leggere un libro,
passatempo che a causa dei miei problemi avevo abbandonato. Questo strumento effettua una
copia di un testo a scelta che mediante una voce speciale posso ascoltare. Infine, per
curiosità personale e con l’aiuto indispensabile di mia sorella, ho studiato il Braille e così ho
incominciato a leggere libri e a scrivere testi in questo fantastico codice che per me è nuovo.
Penso che ognuno di noi possieda delle conoscenze e capacità che, qualsiasi siano le
difficoltà e i problemi, deve essere in grado di mettere in pratica. Bisogna essere capaci di
accettare la propria situazione trovando un punto di forza e avendo sempre una motivazione
per portare avanti al meglio la propria vita”.
Le persone sordocieche che attraverso queste righe hanno potuto far udire la loro voce,
sono la testimonianza evidente che si può “sentire” qualsiasi nota e sinfonia attraverso ogni
senso, e che si può vivere senza rinunciare alle proprie passioni, speranze, sogni…,
nonostante il silenzio e il buio apparente. Proprio in ogni senso.
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Bibliografia
Benedan S., Faretta L. (2008). Pluridisabilità e vita scolastica. Manuale per la prima
accoglienza e la programmazione integrata. Trento: Erickson.
Canalini R., Ceccarani P., Storani E., Von Prondzinski S. (2005). Spazi incontro alla
disabilità. Progettare gli ambienti di vita nelle pluriminorazioni sensoriali. Trento: Erickson.
De Carli S. (2012). Le mie dita ti hanno detto. Sabina Santilli e la Lega del Filo d’Oro.
Vita.
De Masi R. (1994). The quality of life of deafblind people. Realities and opportunities.
In Computer & Handicap, n. 136.
Fadda R. (2002). Sentieri della formazione. Roma: Armando.
Henri P. (2000). La vita e l’opera di Louis Braille. Monza: Biblioteca Italiana per i
Ciechi “Regina Margherita” Onlus.
Keller H. (1923). Il racconto della mia vita. Firenze: Editori Carpigiani & Zipoli.
Orphanet-Italia delle malattie rare (2005). Annuario.
Saint-Exupéry, A. (1943). Le petit prince (tr.it. 2009). Paris: Gallimard.
Santilli L. (2003). La luce dentro e altri scritti su Sabina Santilli. Osimo (AN): Lega del
Filo d’Oro Onlus.
Sitografia
www.fradinoi.it
www.legadelfilodoro.it
Claudia Costapedagogista clinica,
psicomotricista funzionale,insegnante specializzata scuola dell’infanzia
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