I punti caldi della Terra -...

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C olonne snelle e isolate di roccia incandescente si innalzano len- tamente verso la superficie par- tendo dalle parti più profonde del man- tello terrestre inarcando così la crosta e formando vulcani. I pennacchi risalgono in tutto il mondo, sotto continenti e oceani, sia al centro delle zolle (o plac- che) mobili che costituiscono l'involucro esterno della Terra, sia in corrisponden- za delle dorsali medio-oceaniche dove due zolle si allontanano l'una dall'altra. Le tracce che lasciano in superficie si sovraimpongono ai più evidenti segni dovuti al movimento delle zolle. Eruzio- ni vulcaniche e terremoti associati ai pennacchi avvengono lontano dai mar- gini di zolla, il luogo ove si ha la maggior parte di questa attività. Queste correnti ascensionali formano inoltre vasti e ano- mali rigonfiamenti sul fondo oceanico e sui continenti. Queste zone isolate di at- tività geologica sono chiamate «punti caldi». I pennacchi del mantello sono relati- vamente stazionari cosicché le zolle cro- stali vi scorrono sopra. Spesso il passag- gio di una zolla sopra un punto caldo è evidenziato da una «traccia» ossia una successione di strutture superficiali ca- ratteristiche chiaramente identificabili il cui andamento lineare indica la direzio- ne di movimento della zolla. Se la zolla è oceanica la traccia del punto caldo può essere una dorsale vulcanica continua o una catena di isole vulcaniche e di vul- cani sottomarini che si elevano molto al di sopra del fondo circostante. Le isole Hawaii costituiscono l'esempio più si- gnificativo di questo fenomeno. Fu una visita in loco che indusse J. Tuzo Wilson dell'Università di Toronto a proporre nel 1963 il concetto di punto caldo. Wilson osservò che a occidente di Ha- waii le isole si trasformavano man mano in atolli e banchi sottomarini, ossia erano progressivamente più erose e quindi più vecchie. La stessa osservazione era stata fatta più di un secolo prima dal geologo americano James Dwight Dana, ma fu Wilson il primo a interpretare l'incre- mento progressivo di età come una pro- va della deriva dei continenti. Egli sug- gerì che la catena di isole fosse stata for- mata dal movimento verso ovest di un blocco di crosta sopra una «corrente a getto di lava» attualmente situata sotto la stessa Hawaii all'estremità orientale della catena. La proposta cadde in un momento in cui i libri di testo, compreso uno al quale aveva contribuito tre anni prima lo stesso Wilson, menzionavano la deriva dei continenti come un'idea inte- ressante avanzata negli anni venti ma in seguito caduta in discredito. Negli ultimi vent'anni l'idea è invece stata generalmente accettata come parte integrante della teoria della tettonica a zolle. Ora si sa che la crosta della Terra è incassata nelle zolle rigide della litosfe- ra, il cui spessore sotto i continenti varia da 100 a 150 chilometri, mentre sotto gli oceani è circa la metà di questo valore. Il continuo movimento delle zolle sopra l'astenosfera parzialmente fusa (quella porzione di mantello che si estende a una come questi processi superficiali siano connessi al lento «scorrimento » convet- tivo di roccia calda nel mantello sotto- stante. I punti caldi costituiscono una parte importante di questa connessione. Infatti, se i pennacchi ascensionali do- vessero arrestarsi, le zolle si fermereb- bero. Infine, l'energia che alimenta il moto delle zolle è costituita dal calore liberato dal decadimento di elementi ra- dioattivi presenti nel mantello in profon- dità. I pennacchi costituiscono un'effi- ciente via di canalizzazione del calore verso la superficie. La loro efficienza è attribuibile a una caratteristica delle roc- ce del mantello: la loro viscosità, ossia la loro resistenza allo scorrimento, è ri- dotta in misura notevole da aumenti re- lativamente esigui di temperatura (per esempio 100 gradi centigradi) o dal con- tenuto di sostanze volatili, come l'acqua. Il materiale meno viscoso, prodotto da variazioni di temperatura o di contenuto in sostanze volatili, tende a raccogliersi e a risalire verso la superficie attraverso pochi e stretti condotti in maniera molto simile al petrolio che dal serbatoio sot- terraneo risale in superficie attraverso alcuni pozzi. Q arebbe tuttavia fuorviante affermare che i pennacchi alimentano il movi- mento delle zolle perché i due fenomeni costituiscono parti diverse del medesimo ciclo convettivo. Man mano che le zolle si allontanano reciprocamente ai lati di una dorsale medio-oceanica, roccia fusa proveniente dall'astenosfera risale in corrispondenza dell'asse di espansione, e forma crosta oceanica. La nuova lito- sfera si raffredda via via che si allontana dalla dorsale ed è infine distrutta nelle fosse oceaniche dove due zolle collidono e una di esse si immerge in profondità nel mantello. Il mantello profondo ali- menta i pennacchi che, a loro volta, ri- versano il materiale riscaldato dalla ra- dioattività nell'astenosfera; questa, oltre a fornire il materiale che formerà nuovo fondo oceanico, costituisce uno strato fluido e caldo sopra il quale scivolano le zolle. L'astenosfera viene costantemen- te distrutta quando si raffredda e si ag- giunge alla base della litosfera; il confine fra i due strati è essenzialmente di tipo termico. Qualora non fosse più rimpiaz- zata dai pennacchi, l'astenosfera scom- parirebbe rapidamente e il moto delle zolle cesserebbe. Vale la pena di sottolineare come que- sto «modello a pennacchi» della circo- lazione convettiva del mantello vada considerato per quel che è: un modello. I pennacchi non sono mai stati osservati direttamente. Il mantello profondo può essere esplorato solamente attraverso l'analisi delle onde sismiche e, finora, la risoluzione degli studi sismici non è stata sufficientemente buona per rilevare i pennacchi. Può darsi che le correnti ascensionali abbiano un diametro di solo qualche centinaio di chilometri e differi- scano poco dalle zone circostanti per temperatura e densità (le proprietà che determinano la velocità delle onde si- smiche in una regione). Le prove indirette della presenza dei pennacchi nel mantello sono tuttavia so- stanziali. Le misurazioni da satellite del campo gravitazionale terrestre rivelano che i punti caldi sono zone in cui la gra- I punti caldi della Terra Le tracce lasciate da questi pennacchi di roccia calda in risalita dalle profondità del mantello sulle zolle che vi transitano sopra sono costituite da catene di isole e di vulcani sottomarini e da plateau medio-oceanici di Gregory E. Vink, W. Jason Morgan e Peter R. Vogt profondità di circa 200 chilometri) spie- ga lo sviluppo dei bacini oceanici e la formazione delle catene montuose. Uno dei principali obiettivi della geofisica contemporanea è quello di comprendere Il moto della zolla del Pacifico sopra tre punti caldi stazionari ha prodotto la formazione di tre catene insulari parallele: isole Hawaii-vulcani sottomarini Emperor; isole Tuamotu-isole della Linea; isole Australi, Gilbert e Marshall. Le catene si sviluppano al centro della zolla e questo dimostra che sono state formate da un meccanismo diverso da quello che ha prodotto gli archi insulari vulcanici del Pacifico occidentale associati alla subduzione della zolla nelle fosse oceaniche. I pennacchi hanno origine in profondità nel mantello e le loro «tracce» superficiali indicano il percorso della zolla. Circa 40 milioni di anni fa la zolla del Pacifico ha assunto la sua attuale direzione di moto verso ovest spostandosi dal precedente percorso diretto più spiccatamente verso nord; la variazione è evidenziata da una incurvatura nelle catene dei punti caldi. I vulcani attivi, come il Kilauea su Hawaii, si trovano all'estremità sudorientale delle catene. Procedendo verso nord-ovest, i vulcani sono estinti e progressivamente più antichi. 32 33

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olonne snelle e isolate di rocciaincandescente si innalzano len-tamente verso la superficie par-

tendo dalle parti più profonde del man-tello terrestre inarcando così la crosta eformando vulcani. I pennacchi risalgonoin tutto il mondo, sotto continenti eoceani, sia al centro delle zolle (o plac-che) mobili che costituiscono l'involucroesterno della Terra, sia in corrisponden-za delle dorsali medio-oceaniche dovedue zolle si allontanano l'una dall'altra.Le tracce che lasciano in superficie sisovraimpongono ai più evidenti segnidovuti al movimento delle zolle. Eruzio-ni vulcaniche e terremoti associati aipennacchi avvengono lontano dai mar-gini di zolla, il luogo ove si ha la maggiorparte di questa attività. Queste correntiascensionali formano inoltre vasti e ano-mali rigonfiamenti sul fondo oceanico esui continenti. Queste zone isolate di at-tività geologica sono chiamate «punticaldi».

I pennacchi del mantello sono relati-vamente stazionari cosicché le zolle cro-stali vi scorrono sopra. Spesso il passag-gio di una zolla sopra un punto caldo èevidenziato da una «traccia» ossia unasuccessione di strutture superficiali ca-ratteristiche chiaramente identificabili ilcui andamento lineare indica la direzio-ne di movimento della zolla. Se la zollaè oceanica la traccia del punto caldo puòessere una dorsale vulcanica continua ouna catena di isole vulcaniche e di vul-cani sottomarini che si elevano molto aldi sopra del fondo circostante. Le isole

Hawaii costituiscono l'esempio più si-gnificativo di questo fenomeno. Fu unavisita in loco che indusse J. Tuzo Wilsondell'Università di Toronto a proporrenel 1963 il concetto di punto caldo.

Wilson osservò che a occidente di Ha-waii le isole si trasformavano man manoin atolli e banchi sottomarini, ossia eranoprogressivamente più erose e quindi piùvecchie. La stessa osservazione era statafatta più di un secolo prima dal geologoamericano James Dwight Dana, ma fuWilson il primo a interpretare l'incre-mento progressivo di età come una pro-va della deriva dei continenti. Egli sug-gerì che la catena di isole fosse stata for-mata dal movimento verso ovest di unblocco di crosta sopra una «corrente agetto di lava» attualmente situata sottola stessa Hawaii all'estremità orientaledella catena. La proposta cadde in unmomento in cui i libri di testo, compresouno al quale aveva contribuito tre anniprima lo stesso Wilson, menzionavano laderiva dei continenti come un'idea inte-ressante avanzata negli anni venti ma inseguito caduta in discredito.

Negli ultimi vent'anni l'idea è invecestata generalmente accettata come parteintegrante della teoria della tettonica azolle. Ora si sa che la crosta della Terraè incassata nelle zolle rigide della litosfe-ra, il cui spessore sotto i continenti variada 100 a 150 chilometri, mentre sotto glioceani è circa la metà di questo valore.Il continuo movimento delle zolle sopral'astenosfera parzialmente fusa (quellaporzione di mantello che si estende a una

come questi processi superficiali sianoconnessi al lento «scorrimento » convet-tivo di roccia calda nel mantello sotto-stante. I punti caldi costituiscono unaparte importante di questa connessione.

Infatti, se i pennacchi ascensionali do-vessero arrestarsi, le zolle si fermereb-bero. Infine, l'energia che alimenta ilmoto delle zolle è costituita dal caloreliberato dal decadimento di elementi ra-dioattivi presenti nel mantello in profon-dità. I pennacchi costituiscono un'effi-ciente via di canalizzazione del caloreverso la superficie. La loro efficienza èattribuibile a una caratteristica delle roc-ce del mantello: la loro viscosità, ossiala loro resistenza allo scorrimento, è ri-dotta in misura notevole da aumenti re-lativamente esigui di temperatura (peresempio 100 gradi centigradi) o dal con-tenuto di sostanze volatili, come l'acqua.Il materiale meno viscoso, prodotto davariazioni di temperatura o di contenutoin sostanze volatili, tende a raccogliersie a risalire verso la superficie attraversopochi e stretti condotti in maniera moltosimile al petrolio che dal serbatoio sot-

terraneo risale in superficie attraversoalcuni pozzi.

Q arebbe tuttavia fuorviante affermareche i pennacchi alimentano il movi-

mento delle zolle perché i due fenomenicostituiscono parti diverse del medesimociclo convettivo. Man mano che le zollesi allontanano reciprocamente ai lati diuna dorsale medio-oceanica, roccia fusaproveniente dall'astenosfera risale incorrispondenza dell'asse di espansione,e forma crosta oceanica. La nuova lito-sfera si raffredda via via che si allontanadalla dorsale ed è infine distrutta nellefosse oceaniche dove due zolle collidonoe una di esse si immerge in profonditànel mantello. Il mantello profondo ali-menta i pennacchi che, a loro volta, ri-versano il materiale riscaldato dalla ra-dioattività nell'astenosfera; questa, oltrea fornire il materiale che formerà nuovofondo oceanico, costituisce uno stratofluido e caldo sopra il quale scivolano lezolle. L'astenosfera viene costantemen-te distrutta quando si raffredda e si ag-giunge alla base della litosfera; il confine

fra i due strati è essenzialmente di tipotermico. Qualora non fosse più rimpiaz-zata dai pennacchi, l'astenosfera scom-parirebbe rapidamente e il moto dellezolle cesserebbe.

Vale la pena di sottolineare come que-sto «modello a pennacchi» della circo-lazione convettiva del mantello vadaconsiderato per quel che è: un modello.I pennacchi non sono mai stati osservatidirettamente. Il mantello profondo puòessere esplorato solamente attraversol'analisi delle onde sismiche e, finora, larisoluzione degli studi sismici non è statasufficientemente buona per rilevare ipennacchi. Può darsi che le correntiascensionali abbiano un diametro di soloqualche centinaio di chilometri e differi-scano poco dalle zone circostanti pertemperatura e densità (le proprietà chedeterminano la velocità delle onde si-smiche in una regione).

Le prove indirette della presenza deipennacchi nel mantello sono tuttavia so-stanziali. Le misurazioni da satellite delcampo gravitazionale terrestre rivelanoche i punti caldi sono zone in cui la gra-

I punti caldi della TerraLe tracce lasciate da questi pennacchi di roccia calda in risalita dalleprofondità del mantello sulle zolle che vi transitano sopra sono costituiteda catene di isole e di vulcani sottomarini e da plateau medio-oceanici

di Gregory E. Vink, W. Jason Morgan e Peter R. Vogt

profondità di circa 200 chilometri) spie-ga lo sviluppo dei bacini oceanici e laformazione delle catene montuose. Unodei principali obiettivi della geofisicacontemporanea è quello di comprendere

Il moto della zolla del Pacifico sopra tre punti caldi stazionari ha prodotto la formazione di trecatene insulari parallele: isole Hawaii-vulcani sottomarini Emperor; isole Tuamotu-isole dellaLinea; isole Australi, Gilbert e Marshall. Le catene si sviluppano al centro della zolla e questodimostra che sono state formate da un meccanismo diverso da quello che ha prodotto gli archiinsulari vulcanici del Pacifico occidentale associati alla subduzione della zolla nelle fosseoceaniche. I pennacchi hanno origine in profondità nel mantello e le loro «tracce» superficialiindicano il percorso della zolla. Circa 40 milioni di anni fa la zolla del Pacifico ha assunto lasua attuale direzione di moto verso ovest spostandosi dal precedente percorso diretto piùspiccatamente verso nord; la variazione è evidenziata da una incurvatura nelle catene dei punticaldi. I vulcani attivi, come il Kilauea su Hawaii, si trovano all'estremità sudorientale dellecatene. Procedendo verso nord-ovest, i vulcani sono estinti e progressivamente più antichi.

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vità è anormalmente alta, ossia si ha uneccesso di massa. La massa eccedentepuò essere attribuita a vaste protuberan-ze prodotte in superficie dai pennacchiascensionali. Una seconda linea di provederiva da studi geochimici condotti suibasalti eruttati da vulcani di punto caldo.Confrontati con i basalti prelevati dalledorsali medio-oceaniche, queste roccesono ricche di sostanze volatili e di ele-menti, come per esempio il potassio, chesono «incompatibili» con i cristalli dellecomuni rocce del mantello. Contengonoinoltre quantità anomale di isotopi deri-vanti dai processi di decadimento ra-dioattivo. Le differenze di composizionesuggeriscono che le lave di punto caldoderivino da rocce che sono risalite dallazona sottostante l'astenosfera, che ali-menta i centri oceanici di espansione.Secondo il modello a pennacchi, mentreil materiale proveniente dalle profonditàdel mantello fluisce nell'astenosfera, laparte ricca di sostanze volatili e di ele-menti incompatibili fonde e parte di essarisale in superficie in corrispondenza deivulcani di punto caldo.

Recenti progressi in sismologia ali-mentano la speranza che prima o poi gliaddetti ai lavori possano osservare i pen-nacchi direttamente (si veda l'articoloLa torno grafia sismica di Don L. Ander-son e Adam M. Dziewonski in «LeScienze» n. 196, dicembre 1984). Inparticolare una nuova rete globale di si-

smografi potrebbe migliorare la risolu-zione degli studi sismici al punto da ren-dere possibile la determinazione delledimensioni dei pennacchi e della profon-dità delle loro radici.

pennacchi non sono certamente uni-formi; infatti le differenze nel loro

contenuto isotopico implicano che essiprovengano da profondità diverse. Ilconfronto tra volume e frequenza di eru-zioni nei differenti punti caldi indica an-che che essi variano in dimensioni e chei singoli pennacchi non sono immutabilinel tempo. Dopo aver esaminato il vo-lume di roccia eruttata lungo l'allinea-mento dei punti caldi delle Hawaii, unodi noi (Vogt) ha suggerito che il tasso discarico di un pennacchio può variare nelcorso del tempo e i dati geochimici aval-lano questa conclusione. Jean-Guy E.Schilling dell'Università di Rhode Islandha proposto che i pennacchi consistanodi rocce che risalgono in forma di bollee non con un flusso continuo.

Talvolta un punto caldo può sparirecompletamente e possono formarsene dinuovi; dalle tracce lasciate sembra chel'arco tipico di vita di un pennacchio siadell'ordine di 100 milioni di anni e chela sua posizione possa variare legger-mente. Di conseguenza le tracce in su-perficie non sono tutte così nettamentelineari come la catena hawaiiana. In con-fronto alle zolle, però, i pennacchi del

mantello sono relativamente stazionari ela prima prova della loro immobilità ri-sale al 1970. Uno di noi (Morgan) hadimostrato che tre gruppi di isole vulca-niche del Pacifico, ossia la catena isoleHawaii-vulcani sottomarini Emperor, lacatena arcipelago Tuamotu-isole dellaLinea, la catena formata dalle isole Au-strali, Gilbert e Marshall, sono all'incircaparalleli e potrebbero essere stati tuttiformati dal medesimo movimento dellazolla del Pacifico sopra tre punti caldistazionari. In ognuno dei casi l'attivitàvulcanica più recente si è avuta nei pressidell'estremità sudorientale della catenae le isole e i vulcani sottomarini diventa-no più vecchi andando verso nord-ovest.La zolla del Pacifico sta attualmentemuovendosi verso nord-ovest; si è spo-stata in questa direzione di moto da unadirezione più spiccatamente settentrio-nale circa 40 milioni di anni fa. Il cam-biamento di rotta è evidenziato da unpiegamento nelle tracce dei punti caldi.

Poiché il movimento dei punti caldi èirrilevante, essi forniscono un quadro diriferimento mondiale per tracciare ilmoto assoluto delle zolle rispetto all'in-terno della Terra. Per qualche tempo iricercatori hanno cartografato il percor-so delle zolle le une rispetto alle altre esono stati così in grado di ricostruirel'apertura dei bacini oceanici. Anche imargini tra le zolle - ossia dorsali e fosse- si spostano, cosicché i movimenti rela-

tivi non rivelano la posizione di una zollasul globo terrestre in un determinatomomento. Né essi indicano se due zolledivergenti si siano mosse alla ste§sa ve-locità o se, invece, una delle due sia ri-masta ferma. Si può rispondere a questiinterrogativi convertendo i movimentirelativi noti in movimenti assoluti facen-do ricorso al quadro di riferimento of-fertoci dai punti caldi nel quale ciascunodi essi occupa una latitudine e una lon-gitudine fisse.

Il moto relativo delle zolle divergenti- cioè la storia dell'espansione del fondooceanico - viene determinata analizzan-do le anomalie magnetiche del fondomarino. Nel corso della storia geologica,a intervalli regolari di 100 000 anni circain media, il campo magnetico terrestreha invertito la propria polarità per ragio-ni che rimangono ancora poco chiare. Laregistrazione di queste inversioni è con-servata nella crosta oceanica. I mineralimagnetici contenuti nella lava eruttatadalle dorsali medio-oceaniche si allinea-no con il campo magnetico prevalente e,man mano che la roccia fusa si raffreddae solidifica, la direzione del campo ma-gnetico viene permanentemente regi-strata nella crosta.

La crosta magnetizzata è trasportatadalle zolle divergenti sotto forma di fasceche decorrono all'incirca parallele all'as-se della dorsale. Ciascuna fascia ha un'a-nomalia magnetica caratteristica ed è co-

stituita da crosta formatasi nel medesi-mo momento, cosicché le fasce vengonochiamate isocrone magnetiche. L'etàdelle diverse isocrone, e di conseguenzala velocità di espansione del fondo ocea-nico, è stata stabilita per mezzo delladatazione radiometrica di rocce recupe-rate nel corso di spedizioni di perfora-zione a grandi profondità oceaniche. So-vrapponendo isocrone corrispondenti si-tuate ai due lati opposti dell'asse diespansione, si può ricostruire la posizio-ne relativa delle zolle al momento in cuile due isocrone si sono formate. (La so-vrapposizione in effetti elimina dallamappa tutto il fondo oceanico che si èformato dopo quella particolare inver-sione magnetica.)

Se si conosce il movimento di una delle zolle sopra i pennacchi, allora il loro

movimento relativo permette di dedurreil percorso di altre zolle nel quadro diriferimento dei punti caldi. Generica-mente il procedimento consiste dappri-ma nel considerare una traccia ben defi-nita di un punto caldo su una zolla - peresempio una catena di vulcani sottoma-rini - e poi nell'adattare le tracce di piùdubbia interpretazione fino a ottenere lacorrispondenza migliore: i moti assolutidella zolla che meglio soddisfino i limitistabiliti dai dati riguardanti il punto cal-do e dai movimenti relativi.

Utilizzando questo procedimento, ab-

biamo ricostruito l'apertura degli oceaniAtlantico e Indiano e questa ipotesi puòessere verificata: le strutture superficialilungo le tracce lasciate dai punti caldidebbono per natura ed età corrisponde-re all'ipotesi secondo la quale si sonoformate per il passaggio di una zolla so-pra un pennacchio ascensionale. Questodovrebbe essere vero non solo lungoquelle porzioni delle tracce che sono me-glio definite, ma anche in quelle regionidove le tracce sono state semplicementeestrapolate dai moti stimati della zolla edove non sono stati osservati in prece-denza segni di attività di punto caldo.

Sebbene i dati disponibili siano fram-mentari (soprattutto per quanto riguar-da l'età di strutture del fondo oceanico),in generale la ricostruzione supera laprova. Un buon esempio è costituito dal-la traccia del punto caldo che ha formatoil vulcano sottomarino Great Meteor asud delle Azzorre (si veda l'illustrazionein queste due pagine). Duecento milionidi anni fa l'area a nord-ovest della Baiadi Hudson sul Circolo polare artico sitrovava sopra al pennacchio del GreatMeteor; 50 milioni di anni dopo il puntocaldo era sotto l'Ontario. L'affioramen-to dello scudo canadese da Manitoba al-l'Ontario può essere attribuito al solle-vamento della crosta provocato dal pen-nacchio: in una zona sollevata è moltopiù probabile che i sedimenti che si tro-vano sopra le rocce del basamento ven-

Le tracce lasciate in superficie dai punti caldi mostrano come si sonomosse le zolle rispetto all'interno della Terra durante l'apertura del-l'Atlantico. Poiché i punti caldi (pallini grandi) sono ancorati inprofondità nel mantello, essi sono relativamente stazionari, ossia laloro latitudine e longitudine non cambiano. Le tracce consistono divulcani estinti, intrusioni magmatiche e rigonfiamenti crostali formatidai pennacchi ascensionali e poi trascinati via dalle zolle. Ogni pallino

piccolo rappresenta il movimento della zolla in 10 milioni di anni. Perricostruire il movimento delle zolle si parte da una o due tracce bendefinite, come quella del punto caldo del Great Meteor (G), il qualeha formato anche i vulcani sottomarini del New England e intrusionimagmatiche nelle White Mountains. Le tracce degli altri punti caldivengono poi calcolate a partire da ricostruzioni che devono concordarecon il moto relativo delle zolle dedotto dalla storia dell'espansione del

fondo oceanico. Quando una dorsale medio-oceanica che separa duezolle si sposta sopra un pennacchio, la traccia di quest'ultimo continuasull'altra zolla ma viene interrotta (linee tratteggiate) dal fondo ocea-nico formatosi in corrispondenza della dorsale dopo che questa erapassata sul punto caldo. Il moto di una zolla è rotatorio cosicché letracce si avvicinano a cerchi concentrici e non a linee rette parallele.Lungo le tracce delle isole di Madeira (M) e di Sant'Elena (E), in epoca

successiva i continenti si sono separati; può darsi infatti che i pennacchifavoriscano la formazione di una frattura (rift) provocando l'assotti-gliamento della zolla che passa sopra di essi. È probabile che la valledello Snake River, zona nella quale la litosfera è stata indebolita dallatraccia del punto caldo di Yellowstone (Y), sia il luogo di un futurorift. Non tutti i punti caldi appaiono in ogni ricostruzione dato che sene formano in continuazione di nuovi mentre ne spariscono di vecchi.

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Un punto caldo può alimentare una dorsale a distanza, ispessendo lacrosta e formando un plateau oceanico. Nelle fasi iniziali di aperturadi un bacino oceanico (in alto) il punto caldo si trova al di sotto diuna spessa zolla continentale che si muove verso nord-ovest; il mate-riale proveniente dal pennacchio non può ancora raggiungere il centrodi espansione. Alcuni milioni di anni più tardi (al centro) il moto dellezolle ha avvicinato la dorsale e ha portato la piattaforma continentale

sopra il punto caldo. Il materiale del pennacchio ha incominciato ascorrere lungo la litosfera verso la parte più vicina della dorsale.Quando il materiale eccedente viene eruttato, le zolle lo trascinanovia. La forma a «V» del plateau così formatosi riflette sia l'allontana-mento delle zolle dalla dorsale, sia il loro movimento rispetto al puntocaldo. La variazione nella direzione di moto di una zolla (in basso) dàluogo a una incurvatura nella traccia del punto caldo e nel plateau.

La Dorsale medio-atlantica si trova attualmente su parecchi punti caldi; il flusso provenienteda questi pennacchi si aggiunge alla normale risalita di magma che si ha nella dorsale e si haquindi un ispessimento della crosta. Nella mappa topografica tracciata al calcolatore, le regioniin marrone sono poco profonde, quelle in verde profonde. L'Islanda è situata sull'asse delladorsale e ha un grosso punto caldo sotto la sua costa sudorientale; il pennacchio ha innalzatola crosta sopra il livello del mare sollevandola e ispessendola. La struttura assottigliata delsegmento di dorsale a sud dell'Islanda, la Dorsale di Reykjanes, riflette il flusso di materialedel pennacchio lungo l'asse. Una topografia analoga, a sud-ovest delle Azzorre, fa pensare cheanche in quella zona stia fluendo lungo la dorsale materiale proveniente da quel punto caldo.Forse il punto caldo islandese ha formato il plateau a sud-est dell'Islanda (incluse le Faeroer)alimentando un asse di espansione, ora estinto, al centro del plateau. William F. Haxby delLamont-Doherty Geological Observatory della Columbia University ha realizzato la mappasu dati di Joseph E. Gilg e Roger Van Wyckhouse dell'US Naval Oceanographic Office.

gano erosi con il trascorrere del tempo.Cento milioni di anni fa la traccia ha

raggiunto il giovane e stretto Atlanticoal largo di Cape Cod. Il passaggio delNew Hampshire al di sopra del puntocaldo è registrato da intrusioni magma-tiche nelle rocce metamorfiche delleWhite Mountains, intrusioni che risalgo-no al periodo compreso tra 100 e 124milioni di anni fa. Tra 100 e 80 milionidi anni fa la traccia segue l'andamentodei vulcani sottomarini del New En-gland. Basandosi su datazioni radiome-triche di rocce raccolte da questi vulcani,Robert A. Duncan dell'Oregon StateUniversity ha dimostrato che lungo lacatena i vulcani diventano via via piùgiovani andando verso sud-est. La loroetà coincide con il passaggio sopra ilpunto caldo. Partendo dall'età e dalladistanza reciproca dei vulcani sottoma-rini, Duncan ha calcolato la velocità del-la zolla nordamericana durante quel pe-riodo: circa 4,7 centimetri all'anno.

Circa 80 milioni di anni fa la Dorsalemedio-atlantica è migrata verso ovestsopra il pennacchio. La traccia proseguesulla zolla africana e termina con il vul-cano sottomarino Great Meteor. Attual-mente il punto caldo dovrebbe trovarsicirca 500 chilometri a sud-ovest delGreat Meteor. Sebbene in quella regio-ne di fondo oceanico vi sia un rigonfia-mento, non vi è traccia di attività vulca-nica in atto: può darsi che il pennacchiosia diventato inattivo.

Un rigonfiamento del fondo oceanico,alla stregua di uno scudo continen-

tale esposto, è un'area di crosta solleva-ta. Qualche tempo fa Robert S. Detricke S. T. Crough, allora all'Università diRhode Island, formularono l'ipotesi inbase alla quale un pennacchio produceun sollevamento della litosfera non in-curvandola bensì assottigliandola, sosti-tuendo la fredda e densa litosfera conroccia calda e galleggiante provenientedall'astenosfera. Dopo essere passati so-pra un punto caldo attivo, i rigonfiamen-ti, sia del fondo oceanico sia continenta-li, presumibilmente si raffreddano e gra-dualmente affondano di nuovo al lorolivello originario. I rigonfiamenti delfondo oceanico costituiscono una fase diinterruzione del processo nel corso delquale la litosfera si raffredda, si ispessi-sce e affonda man mano che si allontanadalla dorsale medio-oceanica inabissan-dosi infine nell'astenosfera in corrispon-denza di una fossa.

Le anomalie di punto caldo però noncostituiscono affatto interruzioni pocosignificative. Vi sono all'incirca 40 punticaldi attivi e i rigonfiamenti a essi asso-ciati hanno un diametro medio di circa1200 chilometri. Ciò significa che questirigonfiamenti coprono pressappoco il 10per cento della superficie terrestre. Que-sta osservazione ha indotto Crough e Ri-chard Heestand della Princeton Univer-sity a suggerire che la profondità del fon-do oceanico in una particolare regione

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PLATEAlkDI VO RING

GROENLANDIA

NORVEGIA

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non sia controllata solamente dal pro-gressivo raffreddamento della litosfera,ma anche dal lasso di tempo intercorsodal passaggio di quella regione sul puntocaldo.

Allo stesso modo i punti caldi potreb-bero controllare lo spessore della litosfe-ra continentale. Inoltre l'assottigliamen-to e l'indebolimento delle zolle conti-nentali causati dai pennacchi del mantel-lo potrebbero produrre effetti ancorapiù ingenti dell'esposizione delle roccedel basamento: potrebbero causare peresempio la loro frattura (rift). All'iniziodegli anni settanta Kevin C. Burke, dellaState University di New York ad Al-bany, notò che alcuni punti caldi sonoassociati a sistemi di rift a tre rami, neiquali due rami hanno formato un mar-gine di zolla mentre il terzo è abortito. Irift abortiti formano depressioni che siestendono nei continenti: un esempio èla valle del fiume Niger.

Le ricostruzioni dell'apertura dell'A-tlantico hanno messo in evidenza parec-chie tracce di punti caldi lungo le quali icontinenti si sono successivamente sepa-rati, probabilmente milioni di anni dopoche la zolla era passata sui pennacchi. Latraccia del punto caldo che formò l'arci-pelago di Madeira, per esempio, corretra la costa occidentale della Groenlan-dia e la costa orientale dell'isola di Baffine della penisola del Labrador. Il pennac-chio che ha dato origine all'isola di San-t'Elena può essere seguito lungo le costemeridionali dell'Africa occidentale e lecoste settentrionali del Brasile. In futurosi potrebbe sviluppare un rift nella valledello Snake River, dove la zolla norda-mericana è stata indebolita dalla tracciadel punto caldo che oggi è sotto lo Yel-lowstone National Park.

pennacchi del mantello spiegano lamaggior parte dell'attività geologica

al centro delle zolle. Mentre le zolle simuovono sopra i punti caldi, però, al-trettanto fanno i loro margini, incluse ledorsali medio-oceaniche; a differenzadei punti caldi, le dorsali non sono an-corate in profondità nel mantello e alloraci si domanda: che cosa succede quandoun pennacchio si viene a trovare sotto ovicino a un asse di espansione?

Un pennacchio esattamente al di sottodi un centro di espansione aumenta ilflusso di roccia fusa che risale dall'aste-nosfera e forma nuova crosta. La crostasopra il punto caldo è pertanto più spessadi quanto non lo sia lungo il resto delladorsale e di conseguenza si ha unplateauche si eleva rispetto al fondo oceanicocircostante. L'esempio più eclatante èofferto dall'Islanda, un'isola di puntocaldo a cavallo della Dorsale medio-a-tlantica, dove la risalita è così intensa ela crosta così eccezionalmente spessa cheil plateau si innalza al di sopra del livellodel mare. Dal punto di vista geochimicola crosta dell'Islanda è nettamente diver-sa dalla tipica crosta oceanica e mostrachiari segni dell'attività di un punto cal-

do. Misurazioni gravimetriche indicanoche il nucleo del pennacchio è situatosotto la parte sudorientale dell'isola. Ipicchi vulcanici ivi presenti sono unaprova tangibile della presenza di unacorrente ascensionale molto potente: sielevano fino a 1700 metri di altezza esono ricoperti dal ghiacciaio Vatnajo-kull. (Nel 1918 un'eruzione subglacialeliberò una piena con una portata ventivolte superiore a quella del Rio delleAmazzoni.)

Sembra che parte del materiale pre-sente nel potente pennacchio islandesesi espanda anche sotto la litosfera. Lalitosfera piega verso l'alto in direzione diun asse di espansione, e uno di noi(Vogt) ha ipotizzato che l'asse nord-suddell'Islanda abbia agito da condotto ca-nalizzando la roccia parzialmente fusa eallontanandola dal punto caldo. In en-trambe le direzioni, lungo la dorsale, ilmateriale in eccesso del pennacchio cau-sa una topografia anormalmente elevatasu una distanza di circa 1500 chilometri.Verso il meridione dell'Islanda il vastoplateau si assottiglia e forma la tipicaDorsale medio-atlantica. La strutturaassottigliata probabilmente deriva dalfatto che la maggior parte della rocciadel pennacchio ricca in elementi volatilie facilmente soggetta a fusione si esauri-sce nelle vicinanze dell'Islanda. In effettiSchilling ha scoperto che la composizio-ne chimica dei basalti prelevati dalladorsale diventa sempre più simile allacrosta oceanica tradizionale man manoche ci si allontana dall'Islanda e ciò con-ferma che il contributo relativo del pun-to caldo lentamente diminuisce.

A sud dell'Islanda ai fianchi della dor-sale si osservano dorsali secondarie sim-metriche a coppie, ognuna delle qualiforma una «V» rivolta verso sud conl'apice sull'asse di espansione. Questestrutture potrebbero essere state forma-te da «onde» di flusso più intenso o damateriale del pennacchio insolitamentecaldo e galleggiante. Un'onda in movi-mento lungo la dorsale genererebbe unacrosta di spessore anormalmente eleva-to, influenzando per prima l'area più vi-cina al punto caldo. La crosta elevataverrebbe poi trasportata lontano dallezolle in espansione su i due lati dell'asseformando le dorsali secondarie a formadi «V». Conoscendo la velocità di espan-sione e l'angolo formato dalle dorsali se-condarie con l'asse di espansione, si puòstimare la velocità del materiale del pen-nacchio; sembra che esso fluisca lungol'asse a una velocità compresa tra cinquee 20 centimetri all'anno.

poiché la dorsale medio-oceanica sii- muove, è improbabile che un puntocaldo si trovi sotto un centro di espan-sione per più di un periodo geologica-mente breve. È ammissibile tuttavia cheun pennacchio alimenti un centro diespansione a distanza, ammesso che siasufficientemente vicino alla regione incui la litosfera si inclina in alto verso

l'asse. Questo concetto contribuisce aspiegare alcune caratteristiche morfolo-giche insolite dell'area islandese.

Il plateau che comprende l'Islanda siallunga dalle isole FaerOer a est allaGroenlandia a ovest e la sua porzione aest dell'Islanda e del centro attuale diespansione ha messo in difficoltà i geo-logi per molto tempo. Il suo andamentolineare suggerirebbe un'origine legata aun punto caldo; tuttavia non potrebbeessere stata formata semplicemente dalmoto di una zolla sopra un pennacchiofermo poiché non coincide con la tracciadel punto caldo islandese che è conosciu-to dalle ricostruzioni del primo Atlanti-co. Alcuni ricercatori hanno interpretatotutto ciò come una prova che il puntocaldo non è rimasto stazionario, ma hagirovagato formando il plateau con oc-casionali perforazioni della zolla. L'ar-gomentazione implica che le ricostruzio-ni non siano accurate: se i pennacchi nonsono stazionari non possono nemmenofornire un quadro di riferimento assolu-to per cartografare il movimento dellezolle sopra il mantello.

Secondo la nostra ipotesi personale ilpunto caldo islandese è rimasto stazio-nario e la parte di plateau Islanda-Faer-iier è stata creata da roccia che fluivaverso est dal punto caldo a un centro diespansione ora estinto. L'ipotesi può es-sere verificata. Presumibilmente il pen-nacchio alimenterebbe il punto più vici-no della dorsale e quindi, in ogni mo-mento, durante la formazione del pla-teau, una linea che rappresenta la distan-za minima tra il pennacchio e la dorsaledovrebbe intersecare il centro del pla-teau. Questo sarebbe simmetrico rispet-to all'asse della dorsale, ma non neces-sariamente perpendicolare a esso. Rela-tivamente al punto caldo, le zolle po-trebbero avere una componente di motoparallela all'asse e l'orientazione del pla-teau si otterrebbe sommando questacomponente al moto relativo delle zolle(perpendicolare all'asse). Infine, l'etàdel plateau in ogni suo punto coincide-rebbe con quella del fondo oceanico cir-costante poiché entrambi si sono formatinello stesso momento. Nessuna di que-ste previsioni reggerebbe se il plateaufosse stato formato da un punto caldoche si muoveva e che non alimentavauna dorsale.

Per verificare il modello, uno di noi(Vink) ha ricostruito l'apertura del maretra Groenlandia e Norvegia e la forma-zione del plateau. Il metodo è lo stessoutilizzato per ricostruire il primo Atlan-tico: la sovrapposizione delle isocronemagnetiche indica la posizione relativadelle zolle al momento di una determi-nata anomalia magnetica, e la traccia delpunto caldo indica il movimento dellazolla nel quadro di riferimento dei punticaldi.

Durante le prime fasi dell'apertura delbacino, circa 50-60 milioni di anni fa, ilpunto caldo islandese si trovava sotto laGroenlandia orientale. La sua traccia in

direzione sud rispecchia il moto dellazolla groenlandese verso nord. Il passag-gio della zolla sopra il pennacchio haprodotto probabilmente le estese forma-zioni di rocce ignee a sud-ovest di Sco-resbysund, la cui età ricavata radiome-tricamente è di circa 55 milioni di anni.Pressappoco 50 milioni di anni fa la piat-taforma continentale groenlandese si èmossa sopra il punto caldo; in quel mo-mento grandi quantità del materiale delpennacchio potrebbero aver cominciatoa fluire lungo la base della litosfera ocea-nica verso il centro di espansione e ilplateau avrebbe cominciato a formarsi.Le isole Faeróer, situate ora all'estremi-tà orientale del plateau, si sarebbero for-mate per prime poiché i loro basalti han-no un'età compresa tra 50 e 60 milionidi anni. Nella ricostruzione di quel pe-riodo il neoplateau è pressappoco sim-metrico rispetto all'asse di espansione, ela forma a «V» della sua estremità set-tentrionale riflette il moto in direzionenord delle zolle rispetto al punto caldo.

Circa 36 milioni di anni fa le zolleavevano deviato a ovest il loro movi-mento piegando verso est la traccia delpunto caldo. La variazione è evidentenella geometria del plateau: la «V» èdivisa da un segmento più giovane indirezione est-ovest perpendicolare al-l'asse di espansione. Il plateau rimanesimmetrico rispetto all'asse e una lineache parte dal punto caldo interseca l'asseal centro del plateau. Entrambe le osser-vazioni indicano che il pennacchio con-tinuava a canalizzare roccia fusa verso ladorsale.

A quel tempo il punto caldo si trovavasotto la litosfera oceanica, più sottile del-la litosfera continentale, e che sarebbestata assottigliata ulteriormente dal pen-nacchio. Il nostro modello suppone chein seguito la dorsale si sia spostata versol'area in cui la litosfera era più debolelasciando un centro estinto di espansionesulla parte orientale del plateau. Sebbe-ne l'esistenza di un tale relitto sia tuttorain discussione, sembra che l'attività geo-logica sia effettivamente cessata versoest circa nel momento in cui l'asse di

Il plateau Groenlandia-Faeroer potrebbe es-sere stato formato dal punto caldo islandese.Le linee in colore parallele sono isocrone ma-gnetiche usate per ricostruire le posizioni pre-cedenti delle zolle. Cinquanta milioni di annifa (in alto) il punto caldo si trovava sotto lacosta della Groenlandia e incominciava adalimentare la dorsale. La forma a «V» delplateau riflette la traccia del punto caldo. Cir-ca 36 milioni di anni fa (al centro) le zollehanno cambiato rotta e la variazione si riflettenella parte più recente del plateau. Circa inquesto periodo l'asse d'espansione si muove-N a verso ovest sopra il punto caldo che alloraera sotto la litosfera oceanica. L'espansionealimentata dal punto caldo è continuata aovest fino a ora (in basso) formando l'Islanda.In una fase precedente il pennacchio, quandosi trovava vicino a una dorsale settentrionale,avrebbe potuto formare il plateau di Voring.

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LE SCIENZEquaderni

TECNOLOGIEPER L'ELETTRONICA

c.m.. a

23 LE SCIENZEquaderni

I TERREMOTI

M.M. Iblim Uhimiéni,

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n. 23 aprile 1985

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Tomografia sismicadi D. L. Anderson e A. M. Dziewonski

Proprietà della litosfera terrestredi R. Sabadini e E. Boschi

Il movimento del suolo nei terremotidi D. M. Boore

Proprietà plastiche delle roccee meccanismo dei terremoti

di M. Bonafede e M. DragoniLa faglia di San Andreas

di D. L. Anderson// ruolo dei cataloghi sismicinella previsione dei terremoti

di P. Gasperini, F. Mulargia e S. TintiDe formazioni crostali e sismicità

di V. Achilli, P. Baldi e S. ZerbiniLa previsione dei terremoti

di F. PressUltimi sviluppi nella previsione dei terremoti

di E. Boschi e M. DragoniCalifornia: dalla previsione

alla prevenzione sismicadi R. L. Wesson e R. E. Wallace

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espansione migrava verso ovest. Le roc-ce raccolte in un perforazione fatta vici-no al centro della porzione orientale delplateau hanno un'età di circa 40-43 mi-lioni di anni.

L'espansione del fondo oceanico con-tinuò invece all'estremità occidentaledel plateau. Essendo il punto caldo si-tuato sotto l'asse di espansione, il mate-riale del pennacchio incominciò a fluirelungo l'asse dando alla dorsale la suaforma attuale assottigliata verso sud. Ilmovimento verso ovest delle zolle allon-tanò presto l'asse dal punto caldo, ma ilpennacchio continuò ad alimentare ladorsale. In Islanda gli affioramenti piùvecchi si trovano in vicinanza delle costeorientali e occidentali come era preve-dibile in un'isola formatasi in corrispon-denza di un asse di espansione; la loroetà indica che l'isola si è formata tra i 16e i 12 milioni di anni fa. L'Islanda ètuttora geologicamente attiva, mentrenegli ultimi milioni di anni il movimentoverso est dell'asse di espansione ha nuo-vamente portato la dorsale sopra il pun-to caldo.

La ricostruzione indica come il puntocaldo islandese avrebbe potuto benissi-mo produrre la geometria del plateauGroenlandia-Faeróer. Può darsi che ab-bia formato anche il plateau di M:5ring,sebbene quest'ultimo si trovi ora 500chilometri a nord dell'Islanda. L'ipotesisi basa sulla supposizione che un pennac-chio alimenti sempre la porzione di assedi espansione a lui più vicina. Subito pri-ma della formazione del plateau Groen-landia-Faeróer, quando il punto caldo sitrovava ancora sotto la Groenlandia, es-so sarebbe potuto essere più vicino a unsegmento settentrionale della dorsale e,in quel periodo, avrebbe potuto formareil plateau di Voring. Il successivo movi-mento della zolla groenlandese in dire-zione nord avvicinò in seguito al puntocaldo l'asse di espansione meridionalefacendo in questo modo cambiare «ber-saglio» al pennacchio.

Come il concetto stesso di tettonica azolle, così anche quello dei punti caldi èsemplice, ma efficace. Esso spiega moltecaratteristiche della superficie terrestreche un tempo sembravano incorrelabilie future ricerche condurranno senzadubbio ad attribuire altri effetti all'atti-vità dei pennacchi ascensionali del man-tello. Allo stesso tempo il concetto è for-temente intuitivo. Per concludere colo-riamo solamente un po' la verità se rac-contiamo che gli hawaiiani riconobberole tracce del loro punto caldo centinaiadi anni prima che attirassero l'attenzionedei geologi. Secondo la leggenda ha-waiiana, infatti, Pele, la dea dei vulcanidagli occhi di fuoco, viveva originaria-mente a Kauai, all'estremità occidentaledella catena di isole. Quando il dio delmare la cacciò lei fuggì a Oahu; costrettaancora a fuggire continuò a spostarsiverso est, a Maui, e infine sull'isola diHawaii. Ora schiumeggia nel cratere delKilauea.