La dinamo stellare -...

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La dinamo stellare I cicli di macchie, analoghe a quelle solari, visibili su altre stelle stanno rivelandosi di grande aiuto nello studio della variabilità del Sole e dei suoi effetti sul nostro pianeta di Elizabeth Nesme-Ribes, Sallie L. Baliunas e Dmitry Sokoloff N el 1801, mentre rifletteva sulle bizzarrie del clima inglese, William Herschel scoprì che vi era un rapporto tra il prezzo del fru- mento e la comparsa o la scomparsa delle macchie solari. Ma questo an- damento svanì ben presto, entrando co- sì a far parte di quelle che, secondo la maggioranza degli scienziati, non erano che leggende sulla possibile correlazio- ne fra fenomeni solari e fenomeni terre- stri. L'idea che la luminosità del Sole potesse variare e influenzare l'atmosfe- ra terrestre restava puramente ipotetica. Fu quindi solo a metà degli anni ot- tanta che tre satelliti per lo studio del Sole - Solar Maximum Mission, Nim- bus 7 ed Earth Radiation Budget - di- mostrarono inequivocabilmente (con una perfetta coincidenza di risultati che non si poteva attribuire al caso) che la nostra stella può effettivamente andare incontro a fasi di raffreddamento e di riscaldamento; inoltre la variazione è correlata con il numero di macchie so- lari presenti. In anni recenti uno di noi (Baliunas) ha osservato che anche altre stelle ma- nifestano oscillazioni simili a quelle del Sole. Questi studi stanno dando impor- tanti contributi alla conoscenza della «dinamo» che alimenta tutte le stelle, ma hanno anche rivelato che vi è una Le macchie solari sono regioni relativamente fredde che si formano laddove i campi magnetici emergono in superficie e impediscono la risalita di gas caldo dall'interno della stella. Piccole celle convettive formate da gas in moto ciclonico dan- no al resto della superficie un aspetto granuloso. Intorno a una macchia solare il campo magnetico organizza il flus- so del gas in linee a raggiera che ricordano la disposizio- ne della limatura di ferro intorno a un magnete a barra. LE SCIENZE n. 338, ottobre 1996 37

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La dinamo stellare

I cicli di macchie, analoghe a quelle solari, visibili su altre stellestanno rivelandosi di grande aiuto nello studio della variabilità del Sole

e dei suoi effetti sul nostro pianeta

di Elizabeth Nesme-Ribes, Sallie L. Baliunas e Dmitry Sokoloff

N

el 1801, mentre rifletteva sullebizzarrie del clima inglese,William Herschel scoprì che

vi era un rapporto tra il prezzo del fru-mento e la comparsa o la scomparsadelle macchie solari. Ma questo an-damento svanì ben presto, entrando co-sì a far parte di quelle che, secondo lamaggioranza degli scienziati, non eranoche leggende sulla possibile correlazio-ne fra fenomeni solari e fenomeni terre-

stri. L'idea che la luminosità del Solepotesse variare e influenzare l'atmosfe-ra terrestre restava puramente ipotetica.

Fu quindi solo a metà degli anni ot-tanta che tre satelliti per lo studio delSole - Solar Maximum Mission, Nim-bus 7 ed Earth Radiation Budget - di-mostrarono inequivocabilmente (conuna perfetta coincidenza di risultati chenon si poteva attribuire al caso) che lanostra stella può effettivamente andare

incontro a fasi di raffreddamento e diriscaldamento; inoltre la variazione ècorrelata con il numero di macchie so-lari presenti.

In anni recenti uno di noi (Baliunas)ha osservato che anche altre stelle ma-nifestano oscillazioni simili a quelle delSole. Questi studi stanno dando impor-tanti contributi alla conoscenza della«dinamo» che alimenta tutte le stelle,ma hanno anche rivelato che vi è una

Le macchie solari sono regioni relativamente fredde che siformano laddove i campi magnetici emergono in superficie eimpediscono la risalita di gas caldo dall'interno della stella.Piccole celle convettive formate da gas in moto ciclonico dan-

no al resto della superficie un aspetto granuloso. Intorno auna macchia solare il campo magnetico organizza il flus-so del gas in linee a raggiera che ricordano la disposizio-ne della limatura di ferro intorno a un magnete a barra.

LE SCIENZE n. 338, ottobre 1996 37

Questo magnetogramma mostra che le linee di forzamagnetiche emergono dal Sole in corrispondenza diuna macchia (in giallo) e rientrano in un'altra (inblu); di solito le macchie solari appaiono a coppie.

1700 1720 1740 17601660 1680

MINIMO DI MAUNDER

I cicli undecennali di attività solare furono interrotti nel periodo 1645-1715da una fase di quiescenza. Questo intervallo anomalo, il minimo di Mann-der, coincise con un periodo di temperature insolitamente rigide nell'Euro-pa settentrionale, a indicazione del fatto che le fluttuazioni solari influenza-no il clima terrestre. L'attuale pulsazione regolare dell'attività del Sole (adestra) è stata registrata nel corso di un ciclo presso l'Osservatorio di Pari-gi. Le fotografie sono state riprese nella luce violetta del calcio ionizzato.

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ché sono circa 2000 gradipiù fredde della circostantesuperficie solare; se potes-sero essere osservate sullosfondo del cielo notturno,emetterebbero una lumi-nescenza rosso-arancione.Le macchie si formano neipunti in cui intensi campimagnetici bloccano i mo-vimenti del gas solare, im-pedendo il trasferimento dicalore dall'interno alla su-perficie. Accanto alle mac-chie solari si notano spessoaree brillanti chiamate pla-ge (dal termine franceseche significa «spiaggia»).Le linee di forza del cam-po magnetico tendono aemergere dalla superficie

solare in un punto e a rientrarvi in unaltro, collegando le macchie in coppieche assomigliano ai poli di un magnetea barra orientato più o meno in direzio-ne est-ovest.

All'inizio di ciascun ciclo della dura-ta di 11 anni le macchie solari appaionointorno ai 40 gradi di latitudine in en-trambi gli emisferi; via via che il cicloprocede, esse si formano sempre più vi-cino all'equatore. In corrispondenza delminimo del ciclo, presso l'equatore siosservano zone di intenso magnetismo,chiamate regioni attive. A prescinderedalle macchie, gli astronomi hanno os-servato che i poli geografici del Solepresentano campi magnetici deboli, dipochi gauss. Questo campo a grandescala ha una configurazione di «dipo-lo», simile al campo di un magnete abarra. La macchia anteriore di una cop-pia - quella che diventa visibile per pri-ma via via che il Sole ruota da ovest aest - ha la stessa polarità del polo dell'e-misfero corrispondente, mentre la mac-chia posteriore ha polarità opposta. I-noltre, come Hale e Seth B. Nicholsonscoprirono nel 1925, la polarità si inver-te ogni 11 anni, sicché il ciclo magneti-

co totale impiega 22 anni a compiersi.Ma il comportamento del Sole non è

sempre stato così regolare. Nel 1667,quando fu fondato l'Osservatorio di Pa-rigi, vennero iniziati studi sistematicidella nostra stella che finirono per com-prendere oltre 8000 giorni di osserva-zione nei 70 anni che seguirono. La do-cumentazione raccolta indica una scar-sissima attività delle macchie solari inquesto periodo. Questa importante os-servazione non suscitò però molto inte-resse fino a che non venne scoperto ilciclo delle macchie solari; soltanto al-lora Rudolf Wolf dell'Osservatorio diZurigo intraprese l'esame della docu-mentazione storica. Wolf riscoprì il pe-riodo di scarsa attività delle macchie,ma il suo lavoro venne criticato perchéegli non aveva usato tutti i documentidisponibili.

Poco prima del 1890, Gustav F. W.Spórer per primo e poi E. Walter Maun-der riferirono che l'anomala attività so-lare registrata nel XVII secolo corri-spondeva a un periodo particolarmentefreddo che aveva colpito l'Europa. Que-sta osservazione stupefacente venne i-gnorata per quasi un secolo, in quantomolti astronomi erano convinti che i lo-ro predecessori non fossero abbastanzacompetenti per fare un conteggio esat-to delle macchie solari. Solo nel 1976John A. Eddy della University Corpora-tion for Atmospheric Research di Boul-der nel Colorado riaprì il dibattito, e 10anni più tardi Elizabeth Nesme-Ribes ecollaboratori esaminarono gli archiviparigini, stabilendo che il cosiddetto«minimo di Maunden> era reale.

Eddy notò anche che, durante il perio-do di scarsa attività solare, negli anelli diaccrescimento degli alberi si era deposi-tata una quantità di carbonio 14 superio-re alla norma. Questo isotopo radioatti-vo si forma per trasmutazione dell'azotonell'alta atmosfera a opera dei raggi co-smici. L'osservazione di Eddy indicavache, quando il campo magnetico asso-ciato al vento solare è intenso, la Terra

tende a essere riparata dai raggi cosmici,e quindi si forma una quantità inferioredi carbonio 14; la presenza di un ecces-so dell'isotopo faceva pensare dunque aun basso livello di attività magnetica delSole durante il minimo di Maunder. Illavoro di Eddy confermava così la con-nessione fra scarsità di macchie e ridottaattività solare.

Oltre alla rarità delle macchie solarinel corso del minimo di Maunder, l'in-dagine negli archivi parigini ha messoin luce anche un'altra bizzarria: fra il1661 e il 1705, le poche macchie indi-viduate dagli astronomi si trovavano disolito nell'emisfero meridionale; inol-tre si spostavano assai più lentamentesulla superficie solare di quanto faccia-no le macchie attuali. Solo all'iniziodel XVIII secolo il Sole assunse l'a-spetto che conosciamo oggi, con nume-rose macchie solari distribuite più omeno uniformemente nei due emisferi.

Si ritiene che l'attività magnetica delSole abbia origine nella zona con-

vettiva, il «guscio» esterno dello spes-sore di 200 000 chilometri dove i gasribollenti trasferiscono verso l'alto ilcalore delle regioni solari più profonde.Il fluido forma violenti vortici di di-mensioni ampiamente variabili; quellipiù noti dalle osservazioni sono celleconvettive che permangono solo perpochi minuti e alla superficie presenta-no un diametro di circa 1000 chilome-tri. Esistono anche «supercelle» di am-piezza che va da 30 000 a 50 000 chilo-metri e strutture ancora più grandi. Leforze di Coriolis fanno sì che i vorticiruotino in senso antiorario nell'emisfe-ro settentrionale e in senso orario inquello meridionale; queste direzionivengono chiamate cicloniche.

Non è noto se simili vortici esistanoanche al di sotto della superficie. Inprofondità, la zona convettiva lascia ilposto a quella radiativa, dove l'energiatermica è trasportata dalla radiazione. Ilnucleo solare, dove avviene la fusione

dell'idrogeno in elio, sembra ruotare ri-gidamente e lentamente in confronto allasuperficie.

La prima descrizione del meccanismoche genera il campo magnetico solare fupresentata nel 1955 da Eugene N. Parkerdell'Università di Chicago. A causa dellatemperatura elevata, gli atomi -di idroge-no e di elio perdono i loro elettroni, dan-do origine a un plasma elettricamente ca-rico. Il movimento delle particelle cari-che genera campi magnetici. Si ricordiche le linee di forza associate a un cam-po magnetico formano anelli chiusi equindi non hanno inizio né fine; la lorodensità indica l'intensità del campo ma-gnetico, mentre la loro orientazione nerivela la direzione. Dato che il plasmaconduce la corrente elettrica in manieramolto efficiente, esso tende a intrappola-re le linee di forza: se queste dovesserospostarsi attraverso il plasma, generereb-bero una corrente elettrica molto forte,con notevole dispersione di energia.

Così le linee di forza del campo simuovono solidalmente al plasma e fini-scono per attorcigliarsi. I fasci di lineedi forza intrecciate avvolgono insiemecampi di polarità opposta, che tendonoa cancellarsi a vicenda; tuttavia la rota-zione solare genera forze che periodi-camente riescono a sciogliere i groviglie creano un campo magnetico comples-sivo. Questo meccanismo, che generaun campo magnetico dal flusso di cor-rente elettrica, è la dinamo solare.

Le componenti essenziali della dina-mo solare sono due: i vortici convettivie la rotazione non uniforme del Sole.Verso la metà del secolo scorso, unastronomo dilettante inglese, Richard C.Carrington, scopri che le macchie solaripresso l'equatore ruotano più veloce-mente - del 2 per cento - di quelle allemedie latitudini. Dato che le macchiesono immerse nel plasma, questa osser-vazione indica che zone diverse dellasuperficie solare hanno velocità di rota-zione differenti. Il periodo di rotazione èdi circa 25 giorni all'equatore, 28 giornialla latitudine di 45 gradi e ancora di piùa latitudini elevate. Questa rotazione dif-ferenziale dovrebbe estendersi in pro-fondità per tutta la zona convettiva.

Ora si supponga che la forma inizialedel campo magnetico solare sia quella diun dipolo orientato grosso modo in dire-zione nord-sud. Le linee di forza vengo-no spinte in avanti all'altezza dell'equa-tore dalla rotazione più veloce e sideformano in senso est-ovest. Alla fine,vengono a giacere parallelamente all'e-quatore e risalgono in superficie, dove simanifestano formando una coppia dimacchie solari.

Ma le forze di Coriolis tendono ad al-lineare i vortici convettivi e quindi an-che le macchie solari, che sono vincola-te a seguire i moti del plasma. Esse fini-

scono per trovarsi disposte in manieratale che, per esempio, la macchia poste-riore di una coppia nell'emisfero setten-trionale è a una latitudine leggermentepiù elevata di quella anteriore. Quandole linee di forza presso l'equatore ven-gono stirate oltre un certo punto, sispezzano e vanno alla deriva verso l'e-sterno. La macchia posteriore della cop-pia raggiunge per prima il polo e inverteil campo magnetico locale (si ricordiche la macchia posteriore ha polaritàopposta a quella del polo più vicino do-po il massimo del ciclo). Le linee di for-za che inizialmente si estendevano benoltre la superficie del Sole si richiudononuovamente a cappio e vengono trasci-nate via dal vento solare. In questo mo-do, il campo magnetico totale si invertee il ciclo ricomincia da capo.

Occorre però tenere presente chequesto semplice quadro potrebbe esserein disaccordo con alcuni recenti risultatiforniti dall'eliosismologia (la scienzache studia i fenomeni sismici solari). Ilmodello descritto impone che l'internodel Sole moti più velocemente della su-perficie; viceversa, i risultati ottenutidal Global Oscillation Network Group(un consorzio internazionale di osserva-tori) indicano che la velocità di rotazio-ne presso l'equatore diminuisce con laprofondità. Questi esperimenti stannofornendo informazioni accurate sui motiinterni del Sole e aiutano quindi a perfe-zionare la teoria della dinamo solare.

Ma che cosa accadde durante il mini-mo di Maunder? Per spiegare questaanomalia, due di noi (Nesme-Ribes eSokoloff) hanno osservato che, oltre allastruttura dipolare, il campo magneticosolare deve avere anche una piccolacomponente di quadrupolo, simile alcampo prodotto da due magneti a barraaffiancati. Se il quadrupolo oscilla a unafrequenza leggermente diversa da quelladel dipolo, le macchie solari in un emi-sfero vengono generate un poco primadi quelle nell'emisfero opposto: è esatta-mente ciò che si osserva oggi. Inoltre,nel corso degli ultimi quattro secoli, inalcuni cicli solari si è avuto un numerodifferente di macchie nei due emisferi;questo andamento sembra ripetersi a in-tervalli di circa un secolo, ed è esatta-mente ciò che ci si aspetterebbe se il di-polo fosse in «risonanza» con un debolequadrupolo.

Si supponga ora che il campo di qua-drupolo abbia la stessa intensità di quellodi dipolo. Le linee di forza parallele al-l'equatore risultanti dallo stiramento diquesta configurazione si annullerebberoin un emisfero, ma non nell'altro. Le po-che macchie presenti in questo caso ap-parirebbero tutte in un emisfero, propriocome era stato osservato nel XVII secolodurante il minimo di Maunder.

Possiamo riassumere il complesso

stretta connessione fra «macchie stella-ri» e luminosità, a conferma di quantoosservato per il Sole. Tuttavia il dibatti-to scientifico sul significato dei ciclisolari e sull'entità dei loro effetti sulclima terrestre è tutt'altro che esaurito.

Lpiù antiche testimonianze note sul-le macchie solari sono documenti

cinesi che risalgono a circa 2000 anni fae quindi riferiscono di osservazionicompiute a occhio nudo. Fra il 1609 e il1611 diversi studiosi, compresi Johan-nes Fabricius, Thomas Harriot, Chri-stoph Scheiner e Galileo Galilei, inizia-rono a studiare le macchie solari con te-lescopi primitivi. I loro risultati, comeSamuel Heinrich Schwabe fece notarenel 1843, mostravano una periodicità e-vidente, di circa 10 anni, nel numero digruppi di macchie solari. In questo seco-lo George Ellery Hale del Mount Wil-son Observatory in California scoprì chequeste chiazze scure irregolari sono se-de di forti campi magnetici, con inten-sità di migliaia di gauss. (Per confronto,il campo magnetico terrestre è in mediadi mezzo gauss.)

Le macchie solari appaiono scure per-

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La dinamo solare genera il campo magnetico della nostra stella e ne provoca l'inver-sione ogni Il anni. Si supponga che il campo magnetico iniziale (a) sia simile a quellodi un magnete a barra, con il polo positivo presso il polo nord geografico del Sole. Lelinee di forza del campo si muovono in maniera solidale al gas elettricamente carico.Dato che la rotazione è più veloce all'equatore, le linee di forza risultano distorte (b) efiniscono per avvolgersi strettamente attorno al Sole (e). A questo punto però le linee

di forza resistono allo stiramento e si svolgono, risalendo verso la superficie ed emer-gendo sotto forma di coppie di macchie (d). Le macchie vanno alla deriva verso i poli,e la macchia posteriore della coppia (rispetto al senso di rotazione) si arriva per pri-ma; di conseguenza il campo totale si inverte (e). Oltre al campo di dipolo mostrato, ilSole ha probabilmente anche un campo di quadrupolo (nel riquadro a sinistra) la cui«risonanza» con il campo di dipolo potrebbe aver provocato il minimo di Maunder.

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DISTANZA DAL CENTRO/RAGGIO SOLARE

La rotazione della superficie del Sole è veloce all'equatore e piùlenta ai poli. Questa rotazione differenziale interessa tutti glistrati esterni della stella. Il nucleo, nel quale la fusione general'energia che in definitiva alimenta la dinamo, molto probabil-mente ruota a velocità angolare costante, come un corpo rigido.

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rapporto fra il campo dipolare e quel-lo quadrupolare definendo un «numerodella dinamo», D, che è pari al prodottodell'elicità del plasma (la componentea spirale del suo moto) per la velocitàdi cambiamento locale della rotazione.Quando D è molto piccolo, il campomagnetico tende a svanire; via via cheesso aumenta, però, compare il campodi quadrupolo, e a seguire quello , di di-polo. Al di là di un valore critico di D,entrambe le componenti del campo sonocostanti; ma se D aumenta ancora, la di-namo diventa periodica, con andamentocrescente e decrescente. È questo il regi-me solare attuale. Un campo di quadru-polo debole che risuona in fase con il di-polo conduce a cicli brevi e violenti; uncampo di quadrupolo più intenso, se èleggermente sfasato rispetto a quello didipolo, allunga e attenua il ciclo dellemacchie. Per valori di D molto superioria quello critico, si instaura il caos.

Come oggi sappiamo, la luminositàdel Sole aumenta con l'attività ma-

gnetica nel corso del ciclo: le plage lu-minose a poco a poco prendono il postodelle macchie scure. (Presumibilmente,

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al variare della luminosità, l'energia to-tale del Sole viene temporaneamenteimmagazzinata in «serbatoi» diversi,sotto forma di energia cinetica, magne-tica, termica o potenziale.) Negli ultimi16 anni di osservazioni da satellite, l'e-missione energetica totale del Sole è va-riata all'incirca dello 0,1 per cento fra lafase luminosa, magneticamente attiva, equella più debole e tranquilla.

Dato che la documentazione raccoltadai satelliti copre un periodo abbastanzabreve, non sappiamo di quanto cambi laluminosità del Sole alla scala di tempodei decenni; ma questo parametro è fon-damentale per valutare l'influenza sullaTerra. Un possibile modo per risponderea questa domanda consiste nell'esami-nare i cicli di macchie delle altre stelle.

Non è facile cartogafare le strutturesuperficiali di una stella; ma i campi ma-gnetici, riscaldando di strati esterni del-l'atmosfera stellare, fanno sì che l'ener-gia venga irradiata in certe righe spettra-li. Per esempio, nel Sole l'intensità delledue righe di emissione del calcio nelvioletto (a lunghezze d'onda di 396,7 e393,4 nanometri) segue da vicino inten-sità e ampiezza dei campi magnetici.Variazioni di queste righe possono quin-di darci una misura dei cambiamenti delmagnetismo superficiale di una stella.

Nel 1966, al Mount Wilson Observa-tory, Olin C. Wilson iniziò un program-ma di misurazione dell'attività magneti-ca di circa 100 stelle della cosiddetta se-quenza principale, costituita da astri che,come il Sole, bruciano idrogeno. (Quan-

do l'idrogeno si esaurisce, la stella siespande e diventa una gigante rossa.)Gran parte di queste stelle mostra segnievidenti di attività magnetica sotto for-ma di variazioni delle righe di emissionedel calcio nel violetto. Le fluttuazioni sidifferenziano grandemente per ampiezzae durata, in dipendenza soprattutto del-l'età e della massa della stella.

Tutte queste stelle hanno un numeroD superiore al valore critico necessarioper mantenere un campo magnetico.Una stella giovane, di uno o due miliardidi anni, ha un periodo di rotazione del-l'ordine di 10-15 giorni. L'elevato valo-re di D che ne risulta implica che questegiovani stelle subiscano fluttuazioni ca-pricciose dell'attività magnetica in unarco di tempo anche solo di due anni esenza cicli ben definiti. Qualche volta,tuttavia, le fluttuazioni si ripetono, conperiodi compresi fra due e 20 anni circa,che tendono a diventare più lunghi alcrescere dell'età della stella.

Via via che una stella invecchia, lasua rotazione rallenta - perché il mo-mento angolare viene trascinato via dalvento stellare - e D si riduce. A questopunto comincia ad apparire un ciclo ma-gnetico definito, con un periodo di sei osette anni e talvolta anche con due perio-di indipendenti. Più tardi - in corrispon-denza di un valore di D ancora più basso- uno dei periodi tende a predominare,allungandosi con l'età fino a 8-14 anni;oltre a ciò, si manifestano occasionaliminimi di Maunder. Prevediamo che, sela rotazione dovesse rallentare ulterior-

e

sero l'ampio campione osservativo, li-mitandolo a stelle simili al Sole permassa ed età. Questo gruppo comprendeattualmente registrazioni trentennali di20-30 stelle (il numero esatto dipendedai criteri con cui si definisce la somi-glianza con il Sole). La maggior parte diqueste stelle presenta cicli magneticievidenti, analoghi per ampiezza e perio-do a quelli solari. In circa un quarto del-le registrazioni le stelle appaiono total-mente calme, il che potrebbe indicareche si trovano in una fase simile al mini-

mo di Maunder. Questa osservazioneimplica che le stelle di tipo solare po-trebbero rimanere quiescenti per unquarto della loro esistenza.

Abbiamo di recente scoperto unastella, HD 3651, in transizione fra la fa-se ciclica e quella del minimo di Maun-der. HD 3651 ha mostrato un compor-tamento periodico per circa 12 anni epoi ha cessato le proprie fluttuazioni,mentre l'attività superficiale scendeva alivelli molto bassi. L'ingresso nella fa-se di minimo di Maunder è stato sor-prendentemente rapido. Si vede quindicome l'osservazione di stelle di tiposolare condotta per alcuni decenni pos-sa offrirci «istantanee» di tutto l'inter-vallo di variabilità solare su scale ditempo dell'ordine dei secoli.

Anche la luminosità di queste stelledi tipo solare può essere confrontatacon la loro attività magnetica. Nel1984, presso il Lowell Observatory e ilSacramento Peak Observatory, sonoiniziate osservazioni fotometriche ap-profondite e precise di alcune stelle delcampione di Mount Wilson. Dal 1992 imembri del nostro gruppo che lavoranopresso la Tennessee State University elo Smithsonian Astrophysical Observa-tory si servono di telescopi automatiz-zati per seguire alcune di queste stelle.Tutti gli astri del gruppo studiato pre-sentano il massimo di luminosità intor-no al picco del ciclo di attività magneti-ca; alcuni hanno una variabilità mode-sta come quella del Sole - che è risulta-ta pari allo 0,1 per cento nell'ultimo ci-clo undecennale - ma altri hanno mo-strato variazioni anche dello 0,6 percento in un ciclo. L'attuale comporta-mento del Sole potrebbe quindi non es-sere indicativo della gamma di fluttua-zioni di cui la nostra stella è capace.

mente - nelle stelle più vecchie - il cam-po magnetico diventi costante. Il cam-pione delle osservazioni di Mount Wil-son contiene alcune stelle molto vec-chie, ma tutte presentano ancora ciclimagnetici, a indicazione del fatto che lostato di dinamo stazionaria verrebberaggiunto in non meno di 10 miliardi dianni, quando ormai le stelle sarebberopronte per espandersi in giganti rosse.

Per studiare la dinamo solare, Baliu-nas e collaboratori di Mount Wilson edella Tennessee State University restrin-

HD 4628 (K4V) CICLO DI 8,6 ANNI

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62)

1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995

HD 3651 (K2V) CICLO DI 14,6 ANNIOOO

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I cicli dell'attività magnetica di stelle vicine sono rilevabili tramite le righe di emis-sione nel violetto del calcio ionizzato. Queste tre stelle mostrano un comportamentomagnetico simile a quello del Sole: cicli costanti (in alto), cicli che lasciano il posto aun minimo analogo a quello di Maunder (nel centro) e una calma totale che indica lapresenza di una fase di Maunder (in basso). Lo studio di queste stelle fa pensare cheil Sole sia capace di variazioni molto più ampie di quelle che presenta attualmente.

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Con un lavoro pluridecennale, si èriusciti a ricostruire la storia evolutivadi una stella di tipo solare a partire dal-le registrazioni stellari. Una stella gio-vane ha un periodo di rotazione relati-vamente veloce, della durata di alcunigiorni, e livelli elevati e irregolari dimagnetismo superficiale. Cambiamentidi luminosità di diversi punti percen-tuale accompagnano le variazioni ma-gnetiche. La giovane stella è tuttaviameno luminosa durante il picco di atti-vità magnetica, presumibilmente per-ché le macchie scure sono così esteseda ricoprire quasi tutta la superficie.Via via che una stella di tipo solare in-vecchia, la rotazione rallenta e l'atti-vità magnetica diminuisce. In questestelle più «anziane» compaiono i mi-nimi di Maunder; inoltre il picco di lu-

minosità ora coincide con il massimodelle macchie solari, e le fluttuazioninon superano 1'1 per cento nel corso diun ciclo.

T risultati degli studi sulle macchiestellari indicano che la differenza di

luminosità fra la fase ciclica e quella diminimo di Maunder dovrebbe esserealmeno dello 0,4 per cento. Questo va-lore corrisponde a una riduzione del-l'apporto energetico solare netto pari aun watt per metro quadrato alla som-mità dell'atmosfera terrestre. Simula-zioni eseguite presso il Laboratorio dimeteorologia dinamica di Parigi e al-trove fanno pensare che una similediminuzione, perdurante per parecchidecenni, possa portare a un abbassa-mento della temperatura media terrestre

di 1 o 2 gradi centigradi: quanto bastaper spiegare il raffreddamento osserva-to durante il minimo di Maunder.

Ma i gas-serra prodotti dalle attivitàumane stanno riscaldando la Terra, inquanto intrappolano calore che altri-menti sfuggirebbe nello spazio. Questoriscaldamento equivale a quello che siavrebbe se la superficie terrestre rice-vesse due watt di radiazione per metroquadrato. A quanto pare l'energia sola-re che giunge sulla Terra non è mai sta-ta superiore a 0,5-1,0 watt per metroquadrato negli ultimi secoli. Pertanto,se il riscaldamento diretto è l'unicomodo in cui il Sole influisce sul climaterrestre, i gas-serra dovrebbero giàavere un effetto dominante sul clima,capace di sovrastare qualsiasi dipen-denza dall'attività solare.

Il rapporto fra clima e macchie solarisembra, tuttavia, piuttosto persistente.La durata del ciclo delle macchie, peresempio, è strettamente correlata alletemperature globali degli ultimi 100armi. Sei su sette minimi di attività ma-gnetica solare negli ultimi 5000-6000anni, rilevati grazie all'analisi del ra-diocarbonio negli anelli degli alberi,hanno coinciso con periodi di climafresco. Oltre a ciò, per ragioni ancorapoco note, il ciclo delle macchie è cor-relato all'andamento delle correnti stra-tosferiche. Questi elementi induconoalcuni scienziati, noi compresi, a soste-nere che il Sole influenzi fortemente laTerra anche per via indiretta.

Le variazioni della radiazione ultra-violetta solare, per esempio, potrebberoalterare anche il contenuto di ozonodell'alta atmosfera. Recenti simulazioniindicano inoltre che le correnti dellabassa stratosfera trasmetterebbero levariazioni della luminosità solare allatroposfera, dove esse possono interagi-re più direttamente con il sistema cli-matico. Tutti questi argomenti sono at-tualmente oggetto di intenso dibattito;ma scoprire in che modo il Sole riscaldila Terra può fornirci informazioni vitalisul ruolo dell'uomo - e su quello dellanostra stella - nel processo di cambia-mento climatico.

ELIZABETH NESME-RIBES, SALLIE L. BALIUNAS e DMI-TRY SOKOLOFF studiano i rapporti fra la variabilità del Sole e ilclima terrestre. Nesme-Ribes lavora all'Osservatorio di Parigi e alCentro nazionale francese per la ricerca scientifica. Ha condottoampie ricerche sulle osservazioni storiche di macchie solari negliarchivi del XVII secolo conservati presso l'Osservatorio. Baliunas èricercatrice allo Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics diCambridge (Massachusetts); inoltre studia la variabilità delle stelledi tipo solare al Mount Wilson Observatory di Pasadena in Califor-nia, dove è vicedirettore. Sokoloff è professore di matematica pres-so il Dipartimento di fisica dell'Università statale di Mosca.

FOUKAL PETER V., La variabilità del Sole in «LeScienze» n. 260, aprile 1990.

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42 LE SCIENZE n. 338, ottobre 1996