Dinamo: 15 interpretazioni artistiche per un unico soggetto, la bicicletta

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Tanto Ecomondo quanto Dinamo, una delle iniziative di Ecomondo in Città, riflettono sulle tematiche dello sviluppo ecosostenibile. Ma laddove Ecomondo dà soprattutto risalto alle attuali potenzialità tecniche, funzionali, imprenditoriali del recupero e del riciclo, Dinamo vuole svilupparne gli aspetti artistici e creativi, approfondendo le potenzialità espressive e comunicative degli oggetti «di scarto» e delle buone pratiche di mobilità sostenibile. DINAMO è perciò un percorso artistico in cui, anche in questo caso per la prima volta, una cordata spontanea di artisti interroga la comunità realizzando una rete di installazioni collocate in alcuni spazi urbani (Piazza Cavour, Palazzo del Podestà) strategici di Rimini centro. Una collettiva, una proposta culturale inedita e sperimentale fatta di opere concepite e realizzate per l’occasione sul tema della bicicletta, un tema caro all’Assessorato all’Ambiente anche dopo il successo dell’avvio del progetto bike-sharing nella nostra città. Infatti riutilizzando vecchie biciclette (fornite dai soci dell’Associazione Pedalando e Camminando), ogni artista dal proprio punto di vista proporrà il più semplice ed ecologico dei mezzi di locomozione come comoda alternativa ai mezzi di trasporto che congestionano il traffico urbano. Saranno creazioni bizzarre, macchine ibride e sbalorditive, giochi inediti dove meccanica, elettrotecnica ed elettronica si fonderanno alle tradizionali arti figurative e con le quali il pubblico potrà addirittura interagire. Il progetto Dinamo è un’iniziativa inscindibilmente legata al fondamento etico del riutilizzo dei materiali di scarto, e alla necessità di un maggior impegno individuale nella cura dell’ambiente urbano: ma con uno scatto fantastico, una rielaborazione creativa che investe la città e la coinvolge secondo i suoi ritmi, la sua voglia di svago, la sua instancabile curiosità. Perché l’oggetto bicicletta. Gli artisti si misureranno con un tema, scelte linguistiche e soluzioni tecniche mai affrontati nella loro carriera. Tutti hanno scelto un unico soggetto: la bicicletta, punto di partenza comune per le singole elaborazioni creative. Ogni artista che ha aderito a Dinamo è infatti chiamato a cimentarsi con una definizione della «bicicletta», investendola di connotazioni poetiche e di significati che scaturiscano dalla propria visione del mondo. Una definizione che – facendo leva su dati d’esperienza comune e immaginari condivisi – interpelli la coscienza degli uomini. Naturalmente, la scelta del soggetto è ricaduta sulla bicicletta perché, oltre ad essere un oggetto ricco di storia e fortemente evocativo, tra i più comuni mezzi di trasporto è quello che ha il minor impatto ambientale: nessun tipo di inquinamento.

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Assessorato Politiche Ambientali ed Energetiche www.riminiambiente.it

Progetto a cura del collettivo Dinamo Energia Creativa Stesura: Giulio Accettulli

Comunicazione e grafica:Patrizia Casadei

Si ringrazia:Ass. Pedalando e Camminando Lithos arti graf icheFotoedit-San MarinoMelap Stampa digitaleAss. Ora D’Aria

Un particolare ringraziamento:

a tutti gli artisti per la generosità nel condividere il proprio tempo

e le proprie conoscenze, a Giulio Accettulli per averci ospitato

tante notti in quel posto fantastico facendoci sentire dei veri carbonari, a Marzia Olmeda, Anna Barrucci ,

Fabrizio Brandi e infine a Giulia Sardonini

per i consigli sui testi.

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Il progetto prende il nome dal piccolo generatore di corrente alternata che trova la sua più comune, universalmente conosciuta applicazione nelle biciclette. Il piede muove il pedale che muove la catena che muove la ruota che innesca il funzionamento della dinamo: e il fanale si accende. Fintanto che la ruota gira, il fanale emette luce. La dinamo è un semplice ma straordinario strumento della trasformazione energetica. L’analogia con il nostro progetto è immediata: il moto rotatorio dei piedi (lo sforzo, l’impegno del singolo individuo) si trasferisce nel moto circolare della ruota (lo spostamento, il percorso) e quindi nell’innesco del fanale che illumina la strada (la consapevolezza, la fiducia nella meta). Il piccolo fanale rassicura il viaggio, e rivela immediatamente il viaggiatore agli altri. Non è difficile tradurre quest’immagine nella logica della collettività: fintanto che qualcuno si impegna (e ingegna) a dar rilievo a un argomento importante come la salvaguardia dell’ambiente, questo potrà ottenere la giusta attenzione da parte della comunità sociale. Il progetto Dinamo intende commutare un argomento profondo, di viva e discussa attualità, in un’occasione di ricerca ed espressione creativa, divulgazione fuori dagli schemi, svago intelligente, gioco, meraviglia, riflessione piacevole e serena.

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Ø Manolo Benvenuti e Giulio AccettulliSmètla, patàca!Installazione cinetico-sonora con parti di biciclette dismesse, ferraglia e altro materiale di recupero.

La semplicità della bici. Un gesto ordinario, banale. Ma banale è piuttosto la pigrizia che ci fa associare un oggetto solamente alla funzione per cui è stato concepito. Smètla, patàca!

Lo stesso gesto delle gambe che fa muovere la bicicletta può produrre una varietà potenzialmente infinita di meccanismi, micro-azioni scenografiche, suoni, luci, suggestioni. È un principio elementare che permette un sfruttamento maggiore, e molto più fantasioso, delle virtualità energetiche racchiuse nel mezzo bicicletta. Smètla, patàca!

Un unico movimento, neanche troppa fatica, un atto del corpo moltiplicato e convertito nelle forme più varie: il massimo dell’economia energetica. Quest’opera è un monumento alla banalità a cui dovremmo sfuggire pedalando a rotta di collo. Smètla, patàca!

Tutto è nato dal ricordo del gioco più semplice che ci hanno insegnato da bambini: far suonare una cartolina, una carta da briscola, un pezzetto di plastica a contatto coi raggi delle ruote. E la bici diventa un motorino. O un’altra fastidiosa macchina delle meraviglie. Schizza via e strepita a un passo dai pedoni innervositi. L’adulto sbraita Smètla, patàca! mentre il bambino, oltre all’esibizionismo, sperimenta la trasformazione dell’energia.

Questo luna park modulare vuole riprodurre la sua estasi. L’incanto semplice e genuino sprigionato da un’installazione che vede Tinguely, Duchamp, Kandinsky, Russolo e Fellini giocare insieme a chi fa la pedalata più bella. Altro che spinning! Rassoda il cervello! E smètla, patàca!

Il dubbio… il dubbio è: che è molto da imbecilli pedalare una bicicletta scassata su di un piedistallo in un museo… E che se lo fai è solo per una stupida riverenza all’autorevolezza del luogo e dell’evento che, nel momento stesso in cui si dice “culturale”, procura rispetto gratis nella nostra società di criceti. Ma se dico questo, sembra soltanto una rigetto di rabbia e non si coglie comunque la poesia dell’andare in bicicletta che è l’unica cosa – l’unica – che mi sembra degna; di essere trasmessa.

Un ringraziamento particolare a Matteo Carabini e officine Astolfi, Santarcangelo di Romagna.

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Barbie come icona.

Dai primi spot degli anni ‘60 la Barbie ha rappresentato il modello di vita perfetto di una normale famiglia borghese. Col passare degli anni anche Barbie è cambiata, si è modernizzata per rimanere sempre attuale e continuare a rappresentare quel sogno non realizzabile ma a cui tendiamo. Ecco perché ho chiesto a lei e al suo compagno Ken di raccontarci una storia.

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Siamo iniziati alla bicicletta sin da bambini e diventa un atto automatico addirittura istintivo come nuotare e fare l’amore, un momento a cui spesso sono legati i primi ricordi dell’infanzia.Utilizzare la bicicletta ci permette di giocare con il senso del reale, ci riporta alla nostra dimensione biologica e umana fino a che reale e utopia diventano la stessa cosa.

Ø Angela AnzaloneEcO-cINEma Ruota di bicicletta con braccio in metallo, stampa fotografica digitale, cornice in plastica con sfondo in carta nero, cornici in legno, stampa fotografica su carta politenata (1980), ruote passeggino bambini.

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Ø Fethi Atakolla lENtEZZacerchioni di bicicletta (scarti di riparatori di bici), plexiglas (scarti di lavorazione).

Illumina la strada dell’equità perchè il mondo della bici è accessibile ad ogni persona, secondo il suo talento, senza fretta e senza paura.

Quando mi è stato chiesto di pensare ad un’opera d’arte che fosse composta da pezzi di bicicletta la mente mi è subito “partita” e le idee, nei giorni a seguire, sono state molte e molto diverse fra loro. Mi interessava, rispecchiando la mia filosofia di lavoro, utilizzare materiali “veramente” di scarto, dar loro una seconda vita e che il risultato avesse una funzione d’uso reale, oltre a quella artistica.

Ho pensato che per la maggior parte delle persone la bicicletta è il mezzo utilizzato per il piacere di fare una tranquilla passeggiata, magari in mezzo alla natura, con quella giusta “lentezza” necessaria per vedere la gente, gli oggetti, i colori di ciò che ci circonda.

Poi ho pensato alla vita contemporanea che ci corre velocemente davanti e che bisogna “afferrare” per non stare indietro e uscire dal giro, alla pesantezza di questo ritmo che non ci permette più di vedere.

È per questo che ho voluto fare un’opera che parlasse di LUCE, COLORE, LEGGEREZZA e di LENTEZZA.

Alla fine dell’esposizione l’opera sarà poi scomposta in più parti per poter vivere la sua terza vita: sculture luminose per ambienti più piccoli, nella speranza che portino con sé tutta l’anima della scultura MADRE.

Ringrazio per la collaborazione: i ragazzi della Comunita’ Terapeutica di Trarivi, della Cooperativa Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi e Piero Giannini.

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Ø Claudio BallestracciSalutI da RImINIBicicletta da bimbo marca clodia, vetro, lamiera zincata, luce, acqua, pesci rossi.

Serbatoio onirico dal fondo del mare.

Fisso all’estremità del ramo la corda poi un chiodo ritorto, l’esca è la carta mancante, il salto temporale, il vano. Pesco copertoni, uno stivale di gomma, un tostapane, un barattolo della conserva, una bicicletta.

La bicicletta è quella delle pescivendole del borgo, oppure quella delle baffone di Fellini che venivano giù dall’entroterra, oppure quella di Leonardo del mercatino di Savignano.

La bici nuota, o semplicemente staziona, dentro un mondo sommerso che rievoca quello di Ballard, in formato ridotto, come stampato su una cartolina.

La bici si è ristretta, in tutti i sensi, come l’infanzia.

L’orizzonte di coloro che sono saliti su una bicicletta è triplicato di dimensioni, ampliando il raggio di azione e sconfinando oltre le solite strade battute.

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Ø Claudio BallestraccitERapIa IN fugaBicicletta inferma, bicicletta terapèuta, bottiglie per fleboclisi, tubi in gomma, elementi organici estinti, luce, dinamo.

Telaio di bicicletta estratto dalla terra, seppellito, forse semplicemente interrato come un seme, come una pianta, riposava sotto tre dita di terriccio, foglie marcite e ciuffi d’erba sovrastato da rovi di more.

Protocollo terapeutico: rianimazione.

La bicicletta incatenata nella stanza di un museo perde tutta la sua poesia, è un “veicolo” di emozioni accecato, storpiato, imbavagliato, dissanguato. È una farfalla in bacheca, è la lama luccicante e vivisezionante del pensiero cartesiano. Un simulacro… o un velocipede in salamoia.

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Ø Claudio Ballestracci da un’assurdità di Patrizia CasadeiSIlENtEBicicletta e megafoni.

Sssssssssssssst!

Quando l’arsura ci obbliga ad aprire le finestre, noi, abitanti del rumore, siamo costretti ad adottare megafoni per parlarci …derubati di contemplazione.

Un particolare ringraziamento a Raffaele Bassetti per la fabbrica dei suoni.

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La biciclèta di insógni

U i è una ziràndla sòura e’ manóbri d’una biciclèta ch’la pàsa sòta un pòunt ad mulètti. E’ su padròun l’è un burdèl ch’e’ tén dacòunt una lumaghìna ch’la stéva tra al fòi di radécc.

La bicicletta dei sogni

C’è una girandola/ sul manubrio di una bicicletta/ che passa sotto un ponte di mollette./ Il suo padrone è un bambino/ che tiene a conto una lumachina/ che stava tra le foglie dei radicchi.

Annalisa Teodorani

Ø Maria Cristina BallestracciESSENZa dI BIcIclEttaBicicletta profumata.

Il profumo della bici è femminile. “…delle giovani donne all’inizio del novecento ebbero l’ardire di inforcare la bicicletta e indossare dei comodi ma scandalosi pantaloni, tutto ciò provocò molte polemiche…” e una ventata profumata di libertà.

Un particolare ringraziamento a Enrico Violanti per l’essenza di pino siberico.

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Dedalo Pignoni nasce nel Riminese il 21 ottobre del ‘35.

I genitori, una sartina e un fornaio, lo introducono fin dalla più tenera età all’arte del pedale. Impara prima a pedalare che a camminare, prima a sgommare che a parlare, prima a impennare che a fare l’amore. Nel ‘39 gli viene regalata una Graziella. Non se ne separerà mai più. Intanto il mondo intorno a lui cambia: le automobili riempiono le strade, i fornai portano il pane coi camion e la macchine per cucire sono elettriche. Lui e Graziella diventano ostacoli e iniziano ad arrugginire nella strada e nei ricordi.

Nel labirinto veloce dell’asfalto Dedalo si dimentica la via del ritorno, tutto è troppo mutevole, le strade cambiano nome, colore;

pensa allora a una mappa, disegna con Graziella la via di casa, imprime con le sue ruote uno stradario in scala reale, scrive col battistrada la storia del suo viaggio, come la lumaca con la bava, con tratto lento ma costante.

Non c’è solitudine in bici, l’universo ti avvolge con la sua presenza.

Ø Roberto BallestraccigRaEgaRIO dEdalOtraccia su asfalto.

Un particolare ringraziamento ad Armando Capelli per il pronto intervento pneumatici.

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Affossare biciclette è stato sempre un mio hobby:

Da piccolo prendevo lunghe rincorse sulle pedane dei bagni, per poi pedalare il più possibile nella sabbia bagnata finché le ruote non diventavano pesanti, ingoiate dalla terra vischiosa.

In autunno ai lati delle strade sbocciavano umidi mucchi di foglie, in cui gettavo il fragore del mio velocipede sparendo in una nube arancio e croccante, mentre in primavera le ruote affondavano nel biancume dei pioppi.

Un’istantanea tridimensionale di un ricordo.

Oppure un monumento ai caduti, la rappresentazione della fuga impossibile dall’asfalto che lento ingolla e digerisce chi non è abbastanza veloce.

È come l’erba che rompe il cemento, non s’ingolfa, non si rottama, si ricicla.

Ø Roberto BallestracciaffOSSataBicicletta tagliata.

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La cyclette sta ferma, non ha ruote, in questo caso rappresenta l’immobilità della società rispetto al riciclo e di conseguenza all’ecologia; è ancorata a terra da catene di consumismo, la bicicletta da bambino il suo alter ego...

Se non ci si adopera per il riciclo dei rifiuti e il recupero di materiali ed energia, non ci si muove anche se ci sembra di pedalare!

Trasformare “la precisione meccanica di gambe-bielle” in strada percorsa, significa, anche, risparmiare al mondo quel rifiuto indifferenziato di kilowatt e chilometri prodotto nelle palestre del business.

Ø Cristina CervelliericyclEttE dIffERENZIata

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Bicycle Race è qualcosa che proprio come il riciclo fa di necessità virtù. Bicycle Race cerca lo slancio nel limite dei mezzi, battendo una seconda strada. Bicycle Race è un piccolo esperimento, l’ingegno di emozioni antiche. Un po’ come i giocattoli dei contadini d’un tempo. Tutto qua.

Il tempo della bici non è né lento né veloce, è il tempo degli innamorati, scandito dal battito del cuore.

“Gli uomini liberi possono percorrere la strada che conduce a relazioni sociali produttive solo alla velocità della bicicletta”.Ivan Illich

Ø Alexa Invrea, Giuseppe Righini, Sandro Grassia e Fulvio Mennella.BIcyclE RacEuna bici, preferibilmente vecchia. una canzone. cinghie, pulegge, una dinamo e dell’elettronica tascabile. Qualcuno che pedala. E un teatrino di personaggi disegnati o dipinti che cominciano a muoversi di fronte a noi.

velocità della bicicletta”

BICYCLE RACE ringrazia Manuele Medri e Amedeo Righini per la preziosa consulenza tecnica.

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Ø Annalisa MagnaniZOOtROpIOmaking of.

Tutti coloro che non si muovono nella protezione di un abitacolo vengono confinati entro isole pedonali, nelle riserve ecologiche della città, in aree protette per specie in via d’estinzione. Gli altri si fanno scudo con la propria carrozzeria per poter attraversare la città invasa da diversi.

Lo Zootropio, detto anche Daedalum o Wheel of life, di William George Horner è il precursore della macchina da proiezione cinematografica, capace di procurare la visione di immagini in movimento.

Al centro ci sono gli occhi di Anna e tutto gira come satellite intorno a questi. Come il perno di una giostra gli occhi di Anna registrano, idealizzano, sfumano nella poesia eventi, avvenimenti che fuggono come portati via dal vento, dall’oblio, dall’amnesia della velocità.

Tutto, in questa centrifuga, scorre, tranne il punto di vista di Anna (l’occhio del ciclone).

Anna cerca di fissare col ricordo, nel ricordo, particolari istantanei, come una collezionista di farfalle, per farli sopravvivere più di un giorno e come Astolfo recupera il senno di Orlando sulla Luna cavalcando l’Ippogrifo, Anna ci dona il suo viaggio ellittico intorno alla poesia della bicicletta.

Wladislaw Szpilman

Ringrazio per il sostegno e la collaborazione: AndreaAlessi, Mauro Baratti, Dany Greggio, Denis D’Elia, Alfonso Gabrielli,

Angela Garattoni, Andrew Mcfarlane.

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Ø Massimo ModulaattENtI al caNE!Spettro riflesso a pedali (installazione meccanico-pittorica).

Giorgino aveva otto anni e gli piaceva sempre girare in bici. Da quando c’era il black-out i genitori gli avevano vietato di uscire la sera ma per lui era quello il momento più entusiasmante e parecchie volte, di nascosto, scavalcava la finestrella del piano rialzato del container e si allontanava silenzioso verso un quartiere sfollato di periferia. Con la lucina che cresceva e diminuiva a seconda di quanto veloce pedalava, si divertiva ad esplorare quella zona che da sempre gli era stata vietata per via di strani ceffi e sbandati di ogni sorta che la popolavano, ma anche per le enormi quantità di rifiuti tossici e derivati che giacevano in ogni angolo.

Giorgino proprio per questo motivo si avventurava con gli amici a bordo delle loro vecchie bmx, come lucciole a caccia delle orme di un gigante dalle innumerevoli zampe; così avevano battezzato quel complesso dismesso di case, centri commerciali saccheggiati e pompe di benzina, un labirinto di segni per loro incomprensibili a cui poter dare nomi nuovi per le loro storie inventate che componevano l’incustodito museo della preistoria tecnologica…

“L’output del complesso industriale costituitosi per spostare la gente costa alla società più tempo di quello che fa risparmiare.” Ivan Illich

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Ø Fabiana RossiNON calpEStaRE la cIttàBicicletta, dinamo, fanale, foro stenopeico, oggetto e… ciclista.

La bicicletta ci dona un’altra luce con tempi espositivi maggiori, per vedere ciò che la fretta ruba, ritrovare i limiti e le pulsazioni delle nostre mappe.

Questo mio progetto trae origine da due passioni molto forti: la fotografia e l’attenzione all’ambiente che ci è attorno. Una vecchia bicicletta regalata torna a splendere con il suo nuovo fanale. Qualcuno deve salirci su e pedalare per azionare il fascio di luce alimentato dalla dinamo. Il fanale della bici illuminerà un piccolo oggetto la cui immagine verrà catturata e ribaltata dalla macchina a foro stenopeico sistemata accanto alla bicicletta. Non tutti sanno che la base delle “magiche” macchinette digitali di oggi che “fanno tutto da sole” c’è questo semplicissimo processo fisico. La luce che si insinua e ricrea il paesaggio. Per terra, intorno alla bicicletta, sparpaglierò delle fotografie che ho scattato girando per Rimini con la mia mountain bike. Sono foto rubate, immagini che sfuggono alle persone che vivono nell’abitacolo dell’utilitaria, o peggio, del suv! Il velocipede ti permette una visione amplissima, scorgi angoli e situazioni che da dietro il volante non potresti notare, impegnato come sei ad evitare il tram che ti supera da sinistra e il monster che ti sorpassa da destra! Immagini a colori di una Rimini che vuole rimanere a colori. Puoi calpestare le mie foto. Tanto sono ripetibili all’infinito. Rimini è una sola. Se continui a calpestarla potrebbe non sopportarlo.

Grazie per l’aiuto a Dario Fucchi, Bruno Pari e Viterbo Rossi.

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Sogno di una bicicletta

Bicicletta: - Ricordo le persone salire sulla mia sella, e tutte le notti passate al freddo d’inverno. Ora la mia vecchiaia è arrivata, mi sento le ossa arrugginite e stanche.

Gabbiano:

- Basta lamentarti. Hai un desiderio?

Bicicletta: - Vorrei essere leggera e poter volare.

All’improvviso, con un ballo un po’ strano e un battito di ali il gabbiano trasformò la bicicletta in aquilone.

Ø Keath Shorrocksla BIcIclEtta, Il gaBBIaNO E l’aQuIlONE

Chi ha ingabbiato la bici?L’industria con la sua vorace espansione ha trasformato il mondo a sua immagine e somiglianza incastrando anche noi nell’abitacolo dell’automobile?

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Giulio AccettulliOrganizzatore di eventi cultura-li. Fluidificatore di incubi. Ma-niscalco della parola. Educato-re fai-da-te. Facchino free lance. Microproduttore discografico. Mecenate senza portafoglio. Bi-bliofilo senza libri. Collezionista di fallimenti a tempo pieno. Aspi-rante precario. [email protected]

Angela AnzaloneRiminese, ha seguito i corsi di fotografia del Prof. Guido Gui-di (Accademia delle belle Arti di Ravenna). È socia dal 2004 del “Circolo Fotografico Cultura e Immagine” (Savignano sul Rubi-cone - FC). Ha collaborato come fotografa di scena per alcuni fe-stival di musica e teatro: Itine-rario Stabile (Cesena), Rasse-gna Jazz per il Teatro del Mare di Riccione, Santarcangelo dei Tea-tri. Fotografa free lance di alcune compagnie teatrali e gruppi mu-sicali. Ha esposto a Open studio: “Percorsi nell’Arte Contempora-nea” ed.2006-2007-2008 (Faen-za) Curatrice: Stefania Mazzotti, “UNO-singolare plurale” 2°edi-zione Galleria Comunale D’Ar-te Molinella (Faenza) Curatrice: Daniela Lotta.

Fethi AtakolFethi Atakol è nato a Bellinzona

(Ticino, Svizzera) il 10 maggio 1972. Di origini turche, si è tra-sferito in Italia nel 1993 a Rimi-ni, in Emilia Romagna. Dal 1999 si dedica al “redesign” e regolar-mente presenta i suoi oggetti in fiere e mostre (Salone Internazio-nale del Mobile - Salone Satellite di Milano, Fiera Internazionale Ecomondo di Rimini, Block 60 di Riccione, Design Hotel Duomo di Rimini, A.N.G.E.L.O. Vinta-ge Palace di Lugo, ecc… ). Oggi vive con la moglie Manuela e la piccola Giulia a Rimini.www.fethiatakol.com Claudio BallestracciOpera da vent’anni nell’ambi-to delle arti figurative. Espone le sue opere in Italia e all’estero. E’ autore di diversi progetti di ca-rattere storico e culturale rea-lizzati sul territorio tra i quali il museo di Casa Panzini a Bellaria e la mostra per il 50°complean-no del CEIS di Rimini. Collabo-ra con Pitti Immagine di Firenze. Coautore di progetti e scenogra-fie in ambito teatrale. Nel 2007 è invitato alla 52° edizione del-la Biennale di Venezia, finalista al concorso internazionale “Mo-numento ai caduti di Nassirya” a Roma. Vive e lavora a Longiano.

Maria Cristina Ballestracci

Nata a Vimercate (MI) nel 1967, dopo aver conseguito il diplo-ma di geometra inizia la sua at-tività professionale in numero-si studi di architettura. Queste esperienze le permetteranno di acquisire un cospicuo bagaglio di conoscenza anche nel campo del design dove disegnerà molti og-getti d’uso, complementi d’ar-redo ed allestimenti. Ricoprirà anche il ruolo di “stylist” per le campagne pubblicitarie di alcune aziende di moda. Contemporane-amente cresce il suo interesse per l’arte che la conduce a produrre una serie di opere dove la parola scritta e la rielaborazione di ele-menti naturali ( pazientemente scelti in base alla forma e al lavo-ro esercitato su di essi dall’azione del tempo ) vengono ricomposti all’interno di quadri fondati sull’ espressività di segni in equilibrio tra essenzialità, misura e ritmo. Il suo lavoro è rivolto alla ricer-ca di una comunicazione, priva di ridondanza, in cui la purezza e l’essenzialità del segno riescano a cogliere il significato più profon-do delle cose in quella zona dove bellezza e poesia si possano fon-dere in una sola entità.

Roberto BallestracciFiglio di baristi, Roberto Balle-stracci, nasce in una notte buia e tempestosa il 20 marzo 1977 a

Treviglio nella ruggente e opero-sa Brianza.Nel ‘78 decide improvvisamente di trasferirsi a Rimini trascinan-do con sé tutta la famiglia, con gravi ripercussioni sul loro bilan-cio economico.Dopo un infanzia passata a dise-gnare, a 18 anni si iscrive all’ISIA di Urbino, dove inizia a scrivere, scoprendo la tipografia, la foto-grafia, l’illustrazione e le osterie del Montefeltro. Torna a Rimini e ricomincia a disegnare riuscen-do addirittura a fare qualche mo-stra. Nel 2003 smette di andare in bicicletta e gli cresce la pan-cia.

Manolo BenvenutiManolo Benvenuti, laureato in Architettura a Firenze, specializ-zato in progettazione di installa-zioni artistiche con materiali di scarto delle filiere produttive.Nel 2004 debutta con l’instal-lazione Domus Œconomica. Se-guono collaborazioni con priva-ti, associazioni ed enti pubblici per allestimenti, stand, installa-zioni urbane, manufatti di design e sculture con materiali di recu-pero.Ha collaborato con: associazioni Festival del Teatro e Ora d’Aria di Santarcangelo di R. (RN), centri giovani della Provincia di Rimini, associazioni di Potenza,

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Firenze, Rimini e Faenza, Pro-vince di Rimini, Torino e Viter-bo, Comuni di gazzuolo (MN), Pederobba (TV) e Castelbolo-gnese (BO), Ente Fiera Rimini, Sert Rimini. www.manolobenvenut i.wor-dpress.com

Cristina Cervellieri16/05/1969, RiminiDiplomata Accademia di Belle Arti di Bologna, sezione pittura.Assidua sostenitrice della raccol-ta differenziata e del riciclo inte-so come modo di vivere, abitudi-ne, usanza, convinzione.

Sandro GrassiaSandro Grassia vive a lavora a Rimini nel settore delle teleco-municazioni. Progetta e realizza dispositivi elettronici, caratteriz-zati da una forte impronta perso-nale, e legati perlopiù ad appli-cazioni musicali ed in generale artistiche.www.dervishi.com

Alexa InvreaPittrice, teatrante, persona se-mi-seria.Figlia di 2 artisti, allieva del-la pittrice Fiorenza de Ange-lis, studia con lei pittura e teo-ria del colore, arteterapia con Stefania Guerra-Lisi alla scuo-la “la Globalità dei Linguag-

gi”, allora Bologna, ora Roma.Nel 2001 entra a far parte della compagnia teatrale “L’Attoscuro” in veste di attrice e scenografa. Mostre personali e collettive dal 1991 a Genova, Varazze, Nervi, Piacenza, Rimini, San Marino, Santarcangelo dei Teatri, Forlim-popoli. Partecipa insieme alla fo-tografa Angela Anzalone alle ul-time 3 edizioni del festival di arte contemporanea “Open-Studio” a Faenza.

Annalisa MagnaniAnnaLisa Magnani è una video maker che ha uno sguardo atten-to ai particolari. I suoi lavori ri-specchiano una sensibilità per i tempi dell’azione, sempre estre-mamente lenti e dilatati, proprio per rispecchiare una sorta di pre-sa di coscienza che deve avvenire nello spettatore durante la visio-ne. Il suo modo di girare è cora-le e diretto perchè instaura con le immagini un rapporto di conti-nua scoperta. Non vi è alcuna ri-cerca spettacolare superflua, ma tutto tende ad un’essenzialità che porta per gradi alla rivelazione fi-nale.

Valerio Dehò

Fulvio Mennella Musicista, computer performer e tecnico diplomato presso la Fon-dazione Arturo Toscanini di Par-

ma e specializzato alla Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo. Dal 2006 Sound En-gineer presso il Naïve Recording Studio di Francesco De Benedit-tis. Ha lavorato con: Rai Cinema, C.A.M. Original Soundtracks, Fondazione Teatro alla Scala, Ci-necittà Studios, Red Records, Kenny Wheeler (UK), John Tay-lor (UK), Coluors Jazz Orche-stra, Diana Torto, Anders Jor-min, Massimo Manzi, Vittorio Gennari. Autore di colonne sono-re per Betasix Records, He.Go. Film, EasyMediaVideo. Bassista per The Hype, Silv3rman (En-rico Silvestrin MTV), Virus TV e computer performer per Mono FM e NicoNote. Turnista per Fal-con Valley Studio e Le Dune Stu-dio. Produttore per The Hype, Zimmer Frei (2004).www.naivestudio.com

Massimo Modulavive e lavora a Rimini come li-bero professionista illustratore, artista plastico, cantautore, col-laboratore in attività didattiche dell’ambito sociale e giovanile.

Giuseppe RighiniCantante, autore e attore occa-sionale da più 15 anni attivo sul-le scene.Ha lavorato tra gli altri con Andy dei Bluvertigo, Elena Bucci, An-

drea Chimenti, Mauro Erman-no Giovanardi, The Hype, Xa-bier Iriondo, Ivano Marescotti, Vincenzo Vasi e Zbigniew Zama-chowski.www.giusepperighini.com

Fabiana RossiFotografa, figlia di un fotografo e sorella di un fotografo. (!!!)Lavoro a Longiano e vivo a Ri-mini.Esposizioni presso: Wadada, Sala 5x10, Osteria Harissa per Assal-ti al Cuore, Incursioni Notturne per Santarcangelo 08. Sono la fotografa del Teatro Pe-trella di Longiano e mie foto sono esposte in forma permanen-te all’interno del teatro.Fotografa ufficiale di: “Percuo-tere la Mente”, “Sagra Musicale Malatestiana”, “BWV Bach” a Ri-mini e “Arrivano dal Mare ‘08” a Cervia.Collaborazioni fotografiche con musicisti quali: Giuseppe Righi-ni, The Hype, Lilli Burlero, Of-ficine Pan, Baiafonda, Antonio Ramberti, Muculords, Macola e Vibrondawww.viterbofotocine.com www.myspace.com/rubia71

Keith Shorrocksnato nel 1954 a Manchester, En-gland. Artista visivo,vive e lavora a Saludecio dal 1980.

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Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto esser felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornar grandi delle cose necessarie. Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti.Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire. C’è più vita in dieci chilometri lenti e a piedi che in una rotta transoceanica che ti affoga nella tua solitudine progettante, un’ingordigia che non sa digerire. Si ospitano più altri quando si guarda un cane, un’uscita da scuola, un affacciarsi al balcone, quando in una sosta buia si osserva un giocare a carte, che in un volare, in un faxare, in un internettare. Questo pensiero lento è l’unico pensiero, l’altro è il pensiero che serve a far funzionare la macchina, che ne aumenta la velocità, che si illude di poterlo fare all’infinito. Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica.Bisogna sin da adesso guardare lentamente le case, scoprire quando il loro ammucchiarsi diventa volgare, desiderare che dietro di esse torni a vedersi il mare. Bisogna pensare la Misura che non è pensabile senza fermarsi a guardare gli escrementi degli altri uomini in fuga su macchine veloci. Nessuna saggezza può venire dalla rimozione dei rifiuti. È da questi, dal loro accumulo, dalla merda industriale del mondo che bisogna ripartire se si vuole pensare al futuro. I veloci, i progettanti, i convegnisti, i giornalisti consumano voracemente il mondo e pensano di migliorarlo. La lentezza sa amare la velocità, sa apprezzarne la trasgressione, desidera anche se teme (quanta complessità apre questa contraddizione!) la profanazione contenuta nella velocità, ma la profanazione di massa non ha nulla della sacertà che pure si annida nel sacrilegio, è l’empietà senza valore, un diritto universale all’oltraggio. Nessuna esperienza è più stolida della velocità di massa, della profanazione che non si sa. da “Andare lenti” di Franco Cassano

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Velocipede in salamoia

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Se c’è una cosa che più di altre vale la pena di raccontare di questa mostra è l’entusiasmo ed il coinvolgimento maturato spontaneamente tra gli artisti che hanno prestato la loro opera. La loro volontà di farsi, insieme per la prima volta, interpreti di un messaggio ambientale che esamina il rapporto tra cittadino e città, tra cittadino e beni di consumo.È un messaggio che parla a tutta la nostra comunità locale di comportamenti virtuosi verso la qualità della vita, nei confronti del nostro territorio e verso noi stessi per dire che a volte percorrere la città in bicicletta oppure riutilizzare un bene riciclandolo, può essere una esperienza capace di sorprenderci oltre che salutare e sostenibile.È un messaggio che per questo si fa rivoluzionario, quanto l’arte è capace di essere, perché vuole cambiare le nostre abitudini, i nostri comportamenti, il nostro modo di toccare, usare e riutilizzare ciò che Pallante chiamerebbe ‘bene’ e non ‘merce’.Un bene appunto, la bicicletta, una risorsa straordinaria anche nella crescita delle relazioni, nello stemperare i nostri ritmi quotidiani più spesso dettati dalle abitudini che dalle reali necessità, un bene che permette di vedere, assaporare, annusare, incontrare, scoprire con lentezza ciò che ci sta intorno, ciò che di bello esiste nella nostra città e spesso noi, riminesi, non vediamo, non apprezziamo, non consideriamo.‘Venghino signori venghino’, venghino a scoprire le mirabolanti ispirazioni creative, le macchine fantastiche forgiate da biciclette riciclate, ‘beni’ altrui recuperati e rivisitati, biciclette usate messe a disposizione dai soci di Pedalando e Camminando che anch’essi contagiati, in pochi giorni, ci hanno fornito 15 fiammanti velocipedi in salamoia accantonati in qualche cantina e che rivivono, in questa mostra, per qualche giorno, una nuova funzione sociale.Non è più utile di tanto che ‘di questa mostra se ne parli’ ma che questa mostra ‘ci parli’ di un mezzo che rinasce nella nostra città, rinasce nella cultura e si mette a servizio. Si mette a servizio anche con il nuovo bike-sharing inaugurato pochi mesi fa; anch’esso si offre, si propone alla vostra attenzione ed alle vostre abitudini per fare di Rimini, come già fu in passato, la città delle biciclette in questo nuovo millennio…’venghino signori venghino’.

Andrea Zanzini Assessore alle Politiche

Ambientali ed Energetiche

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Velocipede in salamoia

con la collaborazione di:

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