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I metodi scientifici di datazione dei reperti ci aiutano a “guardare” nel passato Quando la scienza studia la storia Vecchio, vecchissimo, antico. Ma quanto? La scienza con i suoi strumenti d’indagine ci aiuta a capire l’età degli oggetti. In questo articolo completiamo la trattazione dell’archeometria iniziata sullo scorso numero di “Green”, in cui abbiamo parlato dei metodi fisici che permettono di determinare la struttura dei manufatti artistici e la natura dei materiali con cui sono realizzati. Vedremo assieme alcune delle altre tecniche utilizzate in questa disciplina, quelle che permettono di datare numerosi reperti di natura organica, risalendo fino a decine di migliaia di anni fa, e di comprendere meglio la loro e la nostra storia. di Luigi Campanella e Fulvio Zecchini 10

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I metodi scientifici di datazione dei repertici aiutano a “guardare” nel passato

Quando la scienza studia la storia

Vecchio, vecchissimo, antico. Ma quanto? La scienza con i suoi strumenti d’indagine ci aiuta a capire l’età degli oggetti. In questo articolo completiamo la trattazione dell’archeometria iniziata sullo scorso numero di “Green”, in cui abbiamo parlato dei metodi fisici che permettono di determinare la struttura dei manufatti artistici e la natura dei materiali con cui sono realizzati. Vedremo assieme alcune delle altre tecniche utilizzate in questa disciplina, quelle che permettono di datare numerosi reperti di natura organica, risalendo fino a decine di migliaia di anni fa, e di comprendere meglio la loro e la nostra storia.

di Luigi Campanella e Fulvio Zecchini

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Scienza e storia I metodi di datazione

Il metodo del carbonio-14Fu nel 1947 che il chimico statunitense Willard Frank Libby (Grand Valley, 1908 – Cambridge, 1980) ideò un modo per mi-surare il periodo trascorso dalla morte di un essere vivente, o dalla produzione di un manufatto costruito con materiali organici, grazie al cosiddetto “metodo del carbo-nio-14” (14C, radiocarbonio); scoperta che, 13 anni dopo, gli valse il premio Nobel per la Chimica.Questo isotopo radioattivo venne scoperto nel 1940, ammonta ad un bilionesimo (10-12) del carbonio presente in natura. Viene con-tinuamente prodotto negli strati esterni del-la stratosfera e nella troposfera, in massima parte dai 9 ai 15 chilometri di altitudine, ad opera dei raggi cosmici, particelle ad alta energia provenienti dallo spazio in grado di frammentare i nuclei dei gas atmosferici. L’isotopo comune dell’azoto, 14N (nume-ro atomico 7, numero di massa 14), può assorbire uno dei neutroni così formatisi, espellendo nel contempo un protone, il suo numero atomico passa così da 7 a 6 (ma il numero di massa rimane invariato) e si trasforma in 14C, isotopo radioattivo del carbonio con otto neutroni e sei protoni.Il carbonio-14 reagisce subito con l’os-sigeno atmosferico per formare anidride carbonica (CO2) radioattiva che si disper-de nei diversi comparti ambientali, venen-do così incorporato – assieme all’isotopo più comune e non radioattivo 12C - dalle piante, durante la fotosintesi, e da qui nel-la biomassa degli animali seguendo la ca-tena alimentare. In tal modo, ogni essere vivente, compresi noi uomini, contiene una piccola percen-tuale di radiocarbonio, il quale, essendo instabile, tende a decadere con emissione di una particella β (decadimento beta): un neutrone si trasforma in una coppia proto-ne-elettrone con emissione di un antineu-trino elettronico e così il 14C si ritrasforma in 14N, stabile e non radioattivo.Finché un organismo vive, il radiocarbonio che decade viene rimpiazzato secondo la catena di eventi sopra descritta, pertanto esso contiene una quantità costante di car-bonio-14 e tale rimane il rapporto tra 14C e 12C. Quando esso muore, l’assunzione di carbonio termina poiché non si alimenta più, pertanto il radiocarbonio non viene più sostituito e, con il continuare del decadi-mento, la quantità di carbonio-14 diminu-isce; ci vogliono circa seimila anni perché la metà degli atomi di radiocarbonio pre-senti decadano formando 14N (emivita del 14C = 5.730 anni).La quantità di radiocarbonio presente – an-

che se minima - può essere misurata con un contatore di particelle radioattive molto sensibile, ciò permette di valutare con buo-na esattezza l’età di un reperto; il massimo periodo databile con questo metodo è di circa 60.000 anni, con un errore che si ag-gira attorno al 10%. La formula utilizzata per il calcolo è la seguente:

- ln (n1/n0) = 0,693 (tx/t1/2)

dove:ln: = logaritmo naturale (loge)n1 = decadimenti del campione (ad esem-pio del legno di un certo tipo) misurati col contatore;n0 = decadimenti misurati sul campione di riferimento (nel nostro esempio un albero vivente della stessa specie);0,693 = costante;tx = età incognita del campione;t1/2 = tempo di dimezzamento (emivita) del carbonio-14.

Il principale vantaggio di questo metodo di analisi sta nel poter valutare l’età di nume-rosi materiali organici, cosa che spesso non è possibile effettuare con altre tecniche. Purtroppo le attività umane stanno infi-ciando l’attendibilità dei risultati. Infatti la quantità di CO2 atmosferica è aumentata a causa dell’uso dei combustibili fossili (car-bone, petroli, gas naturale), nei quali il 14C è praticamente tutto decaduto, l’effetto net-to della loro combustione è quello della di-luzione del radiocarbonio atmosferico, ciò a sua volta fa risultare i reperti più antichi di quanto siano realmente. Conseguenze opposte hanno avuto invece gli esperimenti nucleari, eseguiti frequen-temente nell’ultimo dopoguerra; infatti le

Ceppo di un albero tagliato attorno al 1111 d.C.[Immagine: Michael Gäbler, 1978, Wikipedia Commons]

Schema di funzionamento del contatore Geiger. Inventato nel 1913 dall’inglese Hans Wilhelm Geiger (1882 - 1945) serve a misurare le radiazioni di tipo ionizzante, come quelle provenienti da decadimenti di tipo alfa e beta.Funzionamento: semplificando molto, la camera (in turchese) viene puntata verso l’oggetto da analizzare, la radiazione passa attraverso una finestra di mica (un minerale) e ionizza una delle molecole del gas rarefatto in essa contenuto; l’elettrone che si separa dallo ione viene raccolto dall’anodo e il segnale elettrico viene inviato al contatore (in giallo).[Immagine: Theresa Knott, 2005; Wikipedia Commons]

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esplosioni hanno prodotto un gran numero di neutroni, alcuni dei quali hanno interagi-to con l’azoto-14 atmosferico per formare nuovi atomi di 14C che si sono sommati alla concentrazione preesistente. La combinazione di questi fenomeni fa sì che oggi ci sia il 20% in più di carbonio-14 in atmosfera e, pertanto, non è possibile una datazione con errore accettabile di re-perti prodotti dopo il 1650.

Un esempio esemplificativo, particolar-mente interessante, è quello della Sindone conservata nella Chiesa di San Giovanni Battista, il Duomo di Torino, la cui storia documentale è affidabile solo a partire dal 1353. La datazione col radiocarbonio della stoffa del lenzuolo, effettuata nel 1988, lo fa risalire al Medioevo (1260-1390 d.C.). Però l’incendio del 1532 avvenuto nella Sainte-Chapelle du Saint-Suaire di Cham-béry (Savoia, Francia), dove la reliquia era a quel tempo conservata, potrebbe aver incrementato la concentrazione di 14C nel tessuto, facendo apparire il reperto più gio-vane di quanto non sia.

La tecnica NMRNei numeri 20 e 21 di Green abbiamo di-scusso di come la risonanza magnetica nucleare (o NMR, da nuclear magnetic re-sonance) sia una potente tecnica per iden-tificare e descrivere numerose molecole organiche. Nel 1998 è ne è stato ipotizzato l’uso come metodo di datazione, alternati-vo o complementare a quello del radiocar-bonio, per poter studiare, tra l’altro, pro-prio la Sindone.Con l’NMR si può misurare la concentra-

zione di alcuni atomi presenti in un cam-pione, posto che lo spin del loro nucleo sia diverso da zero: 1H, 13C, 14N e 15N mostrano tale caratteristica e sono presenti nel lino del lenzuolo. Semplificando, lo spin del nucleo deriva dalla combinazione di quello dei suoi protoni e neutroni, rappresenta il momento angolare associato alla sua rota-zione sull’asse, un valore vettoriale diretto perpendicolarmente al piano di moto (con verso su o giù), dipendente dalla direzione e dal raggio di rotazione, dalla massa e dal-la velocità.La tecnica di datazione NMR si basa sull’al-lineamento degli spin degli atomi in esame, mediante l’applicazione di un campo ma-gnetico esterno intenso e costante, sovrap-posto ad un secondo campo a impulsi, che abbia direzione perpendicolare al primo e una frequenza di oscillazione tale da eccita-re i nuclei degli atomi. Si tratta di un meto-do non invasivo, a differenza di quello del carbonio-14. Infatti, l’interazione magnetica può raggiungere al massimo i 14 T (tesla, unità di misura dell’induzione magnetica del SI) con energie dell’ordine di 10-24-10-25 J (joule) inferiori a quelle associate all’intera-zione cinetica delle molecole a temperatura ambiente, pari a 10-20-10-21 J.Per approfondire gli studi sulla Sindone si potrebbe utilizzare la tomografia NMR (una rappresentazione spettroscopica tridi-mensionale a strati) per analizzare l’intero lenzuolo, valutando così la variazione di concentrazione dei vari atomi presenti in funzione della posizione sul telo. Si posso-no fare misure su campioni con grandezze dell’ordine del centimetro e sono già dispo-nibili strumenti capaci di generare campi fino a 14 tesla; l’elevata intensità è neces-saria in quanto è direttamente proporziona-le alla risoluzione del segnale acquisito. Sulla Sindone si potrebbero eseguire diversi studi con l’NMR. Il primo è quello della di-stribuzione spaziale del carbonio-13 median-te tomografia, prima di eseguire un’eventua-le nuova datazione con radiocarbonio, per scegliere la localizzazione migliore dove prelevare i campioni da analizzare. Ulteriori test a supporto della tecnica del carbonio-14 potrebbero riguardare un’ac-curata determinazione della concentrazio-ne di 13C (isotopo non radioattivo con 6 protoni e 7 neutroni che rappresenta circa l’1,1% di tutto il carbonio esistente in na-tura) e 14N che permetta di ottenere poi dei risultati altamente attendibili.Ancora, si potrebbe ottenere un’altra da-tazione sul lino del sudario sia utilizzan-do i risultati precedenti che analizzando altri atomi, comparando poi i risultati con quelli della radiodatazione. Poiché la cel-

Andamento della concentrazione di CO2 contenente 14C

in atmosfera nella seconda metà del XX secolo. Il picco più alto

(freccia) è stato misurato il 10 ottobre 1963.

I dati - relativi ad una località neozelandese e ad una austriaca

- sono espressi come rapporto tra 14C e 12C rispetto al livello

naturale in atmosfera.

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Scienza e storia I metodi di datazione

lulosa del lino interagisce chimicamente con l’ambiente circostante (luce, calore ecc.), nel tempo si aggregano dei gruppi chimici, detti cromofori, che sono all’ori-gine del suo classico ingiallimento. Ciò potrebbe influenzare il risultato dei test NMR, pertanto si sono ipotizzate misure di riferimento su lini antichi, ma non sono ancora state determinate la risoluzione e l’accuratezza dei dati ottenibili con questi metodi.Infine si potrebbero effettuare delle simu-lazioni per valutare l’effetto dell’incendio sulla concentrazione di 13C del lino e ana-lizzare la distribuzione dell’acqua nella struttura del tessuto.Le misurazioni effettuate su lino di recen-te produzione hanno portato a risultati con un rapporto tra segnale e rumore di fondo pari a 20 per le misure di 1H con tecniche NMR tradizionali e a 6 per quelle di 13C con la tecnica della polarizzazione incro-ciata; quest’ultimo rapporto deve essere assolutamente migliorato per avere risul-tati attendibili. L’incertezza delle misu-re effettuate può essere abbassata fino al 10% se vengono controllati effetti siste-mici, quali la quantità di acqua assorbita dalle fibre di lino e l’umidità ambientale che possono far variare anche dell’80% la concentrazione di 1H.

La dendrocronologiaEsistono altri metodi di datazione che sono applicabili solo in casi particolari. Uno di questi è la dendrocronologia, una scienza che correla l’accrescimento annuale degli alberi, a vita solitamente plurisecolare, con i fattori climatici. Lo spessore degli anelli di accrescimento annuale del tronco e la costituzione dei suoi tessuti dipendono infatti dalle condi-zioni ambientali in cui la pianta cresce, in particolare dall’umidità, dalla temperatura e talvolta da danneggiamenti dovuti a in-cendi o a infezioni parassitarie. In tal modo si può tracciare la storia di una pianta, anno per anno. In particola-re, l’anello risulta spesso se le condizioni ambientali sono state favorevoli; invece, in caso contrario, esso può risultare mol-to sottile e presentare diverse anomalie istologiche (legate, cioè, alla struttura dei tessuti). Basandosi su questi aspetti e ana-lizzando le diverse essenze presenti in un dato habitat, per un opportuno periodo di tempo, si possono ricavare dei diagrammi che mettono in evidenza l’andamento tem-porale del clima della zona. È possibile analizzare comparativamente

le curve di accrescimento di due campioni della stessa specie, ciò permette di collega-re tra loro due esemplari di epoche diverse e di ottenere in tal modo una curva di ri-ferimento estesa nel tempo. Confrontando con quest’ultima i dati ottenuti dal legno in esame si può datarlo con una certa accu-ratezza.

La spettroscopia IROltre che per la ricerca scientifica in chi-mica e in fisica, la spettroscopia infrarossa (IR) viene impiegata da molti anni per vari scopi che vanno dalle analisi ambientali a quelle mediche e farmaceutiche. Del tutto nuova è invece la sua applicazione come metodo di datazione di reperti e materiali, specialmente del legno e degli oggetti con esso fabbricati.Questa tecnica si basa sul principio dell’as-sorbimento dell’energia di fotoni incidenti associati ad una radiazione IR di frequenza appropriata da parte di particolari moleco-le organiche. Alcuni componenti del legno possiedono questa proprietà, per cui se in-seriamo un po’ di materiale polverizzato in uno spettrofotometro IR potremo valutare l’assorbimento di radiazione da parte delle singole molecole che lo compongono; sul computer che gestisce lo strumento potre-

Negativo in bianco e nero della Sindone conservata nel Duomo di Torino.

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mo quindi visualizzare lo spettro delle fre-quenze assorbite da un certo tipo di legno. Infatti quest’ultimo è considerabile come un polimero naturale costituito da diversi tipi di molecole, la cui natura e combina-zione cambiano parzialmente a seconda della pianta considerata. Pertanto ognuna di queste curve rappresenta un’impronta della singola varietà di albero determinata dalla composizione chimica del suo legno.Quando la pianta muore, col passare del tempo le molecole del legno vengono alte-rate e quindi cambia lo spettro ad esso as-sociato, ciò permette di ottenere l’impronta di un certo tipo di legno a diverso invec-chiamento. La datazione si ottiene per con-fronto con la curva di campioni standard con età nota della stessa essenza.Questa tecnica presenta diversi vantaggi. Innanzitutto, non risente delle condizio-ni climatiche in quanto il legno di alberi della stessa specie, cresciuti in continenti diversi, presenta lo stesso processo d’in-vecchiamento, ad eccezione di quelli delle regioni tropicali, per la datazione dei quali sono necessari alcuni calcoli correttivi. In secondo luogo, non risente di condizioni ambientali estreme come temperatura e umidità elevata. Infatti, solamente la parte superficiale del legno viene modificata da questi fattori, a causa di fenomeni di alte-

razione delle molecole che compongono la lignina, con corrispondente variazione dello spettro IR. Pertanto la parte esterna del campione viene scartata e l’analisi vie-ne effettuata solo sulla porzione interna. Il materiale da analizzare deve rimanere sotto i 180 °C durante tutta la sua esistenza, altri-menti possono aversi fenomeni di pirolisi, in cui alcuni legami molecolari vengono scissi a causa dell’elevata energia termica. Pertanto lo studio con questo metodo di un bosco in cui è avvenuto un incendio può dare risultati falsati. Il maggior difetto di questo metodo, an-che per quanto appena esposto, è che esso è altamente invasivo. Infatti la polvere di legno si ottiene trapanando in più punti (per avere un campione rappresentativo), dopo aver scartato la parte superficiale. Ciò può essere d’impedimento per l’analisi di manufatti artistici di valore. Un secondo problema è causato dalla presenza di tarli, le cui larve scavano profonde gallerie nel legno alterandone anche la composizione chimica e, quindi, lo spettro IR, in quan-to consumano molecole rilevabili con tale tecnica analitica.

La racemizzazione degli aminoacidi

Con la sola eccezione della glicina, tutti gli amminoacidi (o meglio gli α-amminoacidi), i costituenti di base delle proteine, sono chirali. Tali molecole presentano nella loro struttura almeno un elemento stere-ogenico tridimensionale, tipicamente un atomo di carbonio legato a quattro atomi o gruppi funzionali diversi. In tal caso non esiste nessun piano o centro di simmetria e possono formarsi due strutture molecolari alternative che risultano essere una l’im-magine speculare dell’altra, non sovrap-ponibili (per immaginarle basta pensare alle nostre mani). Le due forme vengono definite enantiomeri e possiedono le stes-se proprietà chimiche e fisiche (reattività,

Anelli di accrescimento in un tronco di faggio cresciuto nella foresta di Hornopožárský

nella Repubblica Ceca. [Immagine: Juan de Vojníkov,

Wikipedia Commons, 2010]

Il comune tarlo del legno è un insetto della specie

Anobium punctatum (ordine Coleotteri)

e raggiunge una lunghezza di 3-5 millimetri.

Variazione dello spettro IR del legno di pioppo in funzione dell’età.

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Scienza e storia I metodi di datazione

temperatura di fusione, solubilità ecc.), con la sola eccezione del comportamento ottico. Infatti, sono in grado, nelle stesse condizioni sperimentali, di ruotare il piano della luce polarizzata di uno stesso angolo, ma in direzioni opposte: l’isomero defini-to come “destrogiro” lo ruota verso destra, l’altro - il “levogiro” - verso sinistra. Il processo di racemizzazione consiste nel-la trasformazione di un isomero nel suo an-tipodo ottico, si formano così cristalli misti di molecole destrogire e levogire che risul-tano nel complesso otticamente inattivi. Gli isomeri, in genere, vengono contrad-distinti con una lettera, D o L, che indica l’appartenenza ad una serie sterica carat-terizzata da una determinata posizione dei sostituenti, e non dal senso di rotazione del piano. È stato osservato che gli organismi viventi sono in grado di sintetizzare soltan-to il composto otticamente attivo L e che, solo dopo la morte, gli L-α-amminoacidi, in essi presenti, subiscono una lenta race-mizzazione trasformandosi nei corrispon-denti D-α-amminoacidi. Nei materiali fossili, per esempio, è stato osservato che il rapporto D/L di ciascun amminoacido cresce con l’età del campione fino a raggiungere, all’equilibrio un valore unitario per il racemo in cui abbiamo ugual concentrazione di forme L e D. Ciascun amminoacido impiega un tempo caratteri-stico per raggiungere il rapporto D/L = 1, perché ognuno ha una diversa velocità di racemizzazione a parità di condizioni spe-rimentali. La variazione di concentrazione dei due enantiomeri, cioè la velocità di racemizzazione, può essere espressa tra-mite una relazione matematica nella quale tempo e concentrazioni sono legati fra toro mediante un coefficiente di proporzionalità detto “costante di velocità”. Conoscendo tale valore e determinando, per via ana-litica, la concentrazione dei due enantio-meri di un dato amminoacido, è possibile calcolare il tempo intercorso dalla morte biologica dell’organismo a cui apparteneva l’amminoacido. Questo metodo ha trovato largo impiego per determinare l’età di reperti fossili, ossa, conchiglie, frammenti di legno e altro an-cora. Per esempio, l’acido aspartico, race-mizza a 20 °C in 15.000-20.000 anni e può, quindi, essere utilizzato per determinare l’età di campioni relativamente recenti. Invece, l’isoleucina impiega 100.000 anni e può essere sfruttata per studiare oggetti antichi per i quali non è possibile usare il metodo del carbonio-14 che non va oltre i 60.000 anni. Lo svantaggio di questa tecni-ca consiste nel fatto che la velocità di race-mizzazione è fortemente influenzata dalla

temperatura, rispetto alla quale è diretta-mente proporzionale. Pertanto, reperti anti-chi che nella loro storia abbiano subìto forti sbalzi termici possono essere datati in ma-niera erronea; risulta quindi necessario co-noscere la storia “termica” del campione.

Luigi CampanellaDipartimento di Chimica

Università “La Sapienza” di Roma

Fulvio ZecchiniConsorzio INCA

a) Formula generale di un α-amminoacido. Queste molecole sono le più importanti del loro gruppo in biochimica poiché formano le proteine, oltre ad avere, in alcuni casi, altre funzioni nell’organismo. In questi composti il gruppo carbossile -COOH, tipico degli acidi organici, e il gruppo amminico -NH2 sono legati al cosiddetto carbonio α (alfa). Gli altri sostituenti sono: un idrogeno e un gruppo R di natura organica, tipico dei diversi amminoacidi. Se R è diverso dagli altri sostituenti, allora il carbonio diviene asimmetrico e l’amminoacido presenta i due isomeri ottici D e L.

b) La glicina è l’unico α-amminoacido naturale in cui essendo R = H si ha un piano di simmetria del carbonio α, pertanto questa molecola non presenta attività ottica.

c) Acido L-aspartico e acido D-aspartico. Nel simbolismo tridimensionale dei legami, il cuneo tratteggiato indica che il gruppo legato, nello specifico l’NH2 della forma L, si trova sotto il piano del foglio, il cuneo pieno indica che si trova sopra il foglio, come l’NH2 della forma D.

d) L-isoleucina e D-isoleucina.

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