GUSTARE L'ITALIA SPECIALE EXPO

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di A

rab

ella

Pez

za

Da quando il B.I.E. (Bureau International des

Expositions) ha concesso a Milano l’incarico di

organizzare l’Esposizione Mondiale del 2015 tut-

ti ne parlano ma non tutti sanno di che cosa

esattamente si tratta.

Expo è il nome generico che indica le grandi

ESPOSIZIONI che si tengono nel mondo fin dal-

la metà del XIX secolo; la prima è generalmente

considerata quella che si è svolta a Londra nel

1851. Il grande successo dell’evento ha spinto

successivamente molte nazioni ha organizzarne

altre come l’Exposition Universelle di Parigi del

1889 che ebbe come simbolo la torre dell’archi-

tetto Eiffel.

Da qualche anno le Expo sono organizzate se-

condo un calendario deciso appunto dal B.I.E.

che assegna alle Nazioni che si propongono il

Feeding the Planet - Energy for LifeMancano 1796 giorni all’Expo

Even

ti

compito di organizzarle ogni cinque anni e il te-

ma al quale dovrà essere ispirata.

Quest’anno è toccato a Shanghai con il tema:

“Better City. Better Life”( Migliore Città. Vita Mi-

gliore) e nel 2015 toccherà appunto a Milano

con il tema: “Nutrire il Pianeta- Energia per la Vi-

ta” (Feeding the Planet- Energy for Life), un tema

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di grande importanza per tutto il mondo perché

riguarda il modo di assicurare un’alimentazione

sana e di qualità a tutti gli esseri viventi per eli-

minare la fame, la sete, la mortalità infantile e la

malnutrizione che colpiscono oggi 850 miloni di

persone sull’intero pianeta; come avere cibo e

acqua potabile a sufficienza per vivere e come

prevenire le nuove, grandi malattie sociali della

nostra epoca (obesità, tumori, patologie cardio-

vascolari ), innovando con la ricerca e la tecno-

logia l’intera filiera alimentare, al fine di migliora-

re le caratteristiche dei prodotti e la loro

conservazione e distribuzione.

Fondamentale sarà inoltre educare a una corret-

ta alimentazione i bambini a gli adolescenti, per

favorire un nuovo sano stile di vita.

Per la realizzazione del’Expo la Milano del 2015

si presenterà al mondo come una delle metropo-

li più innovative sul piano urbanistico e nell’orga-

nizzazione degli spazi; i numerosi progetti ai

quali stanno lavorando architetti come Renzo

Piano, Norman Foster, Arata Isozaki cambieran-

no radicalmente il volto della città.

L’Expo sarà situata il un’area nel settore nord-

ovest e occuperà una superficie di 1,7 milioni di

metri quadrati comprendente parte del territorio

delle città di Pero e Rho. La realizzazione di que-

sto nuovo Polo di Fiera Milano, sulla base del

progetto architettonico di Massimiliano Fuksas,

ha dato avvio a un processo di trasformazione e

riqualificazione dell’intera area.

Non sarà quindi un’Expo nella città ma tutta una

città al servizio dell’Expo attraverso la creazione

di itinerari culturali e di svago. Verrà tra l’altro

creato un camminamento di circa due chilometri

lungo il quale saranno allestiti tavoli dove poter

gustare i prodotti gastronomici delle Nazioni

espositrici.

Si realizzeranno inoltre vie di terra per 22 chilo-

metri e vie d’acqua per 20 chilometri; l’intera

area diventerà così un’isola con boschi di 15mi-

la alberi circondata da un canale navigabile. Sa-

rà il più grande Parco d’europa che a novembre,

quando i padiglioni verranno smontati, resterà

per sempre il Parco di Milano.

Il Sindaco Letizia Moratti che ha fortemente vo-

luto questo avvenimento sogna per la “sua” Ex-

1.800 milioni di europrevisti per le infrastrutture

70.000 posti di lavoro

35.000 volontari

20 milionidi visitatori da maggio a novembre

650 milioni di eurodi ricavi

550 milioni di eurodi incasso per i biglietti

I numeri di Expo 2015

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po una “Milano bella da vivere” e di ritorno dalla

Cina dove ha partecipato all’inaugurazione

dell’esposizione di Shanghai così ha dichiarato

in una intervista rilasciata al Magazine del Cor-

riere della Sera: “la nostra non sarà un’Expo im-

ponente e monumentale; sarà un’esperienza. I

visitatori sperimenteranno una possibilità di vive-

re in modo diverso l’approccio al cibo, ma anche

il rapporto con il pianeta. Qui senza padiglioni

maestosi verranno ospitati campi di coltura e

serre, un orto botanico planetario con le biosfere

dei climi del mondo, i prodotti di 150 Paesi che

metteranno in esposizione l’intera loro filiera

agro-alimentare: dalla semina alla tavola.”

La città della moda, del design, della cultura e

della creatività si è messa in cammino per ri-

prendere anche la sua vocazione agricola, per

far trovare alle migliaia di visitatori che arriveran-

no da ogni parte del mondo una “Milano bella da

vivere” anche perché l’agricoltura urbana sarà

una delle risorse al tema drammatico della fame

del mondo.

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In occasione dell’Esposizione Universale di Shanghai intervistiamo Da-

vide Rampello, Presidente della Triennale di Milanodi F

elic

e M

arat

ea

Il 1° maggio è stata inaugurata a Shanghai

con un travolgente successo di pubblico e di cri-

tica l’Esposizione Universale; chi l’ha visitata ne

parla come del più grande evento espositivo di

tutti i tempi. Alla manifestazione partecipano na-

zioni di ogni parte del mondo che hanno impie-

gato il massimo sforzo per mostrare l’eccellenza

del proprio Paese in ogni campo.

Anche l’Italia partecipa con il progetto “La Città

dell’Uomo” del quale è responsabile l’Architetto

Shanghai 2010

Attua

lità

Giampaolo Imbrighi e vede la Triennale di Milano

come principale curatore. Con questo progetto

l’Italia svolge nell’Expo un ruolo da protagonista

perché il tema - “Better City. Better Life” (Miglio-

re città. Vita migliore) - si presta ad esaltare le

peculiarità storiche ed artistiche del nostro pae-

se. Fin dal primo giorno dell’inaugurazione il Pa-

diglione Italia, secondo per imponenza dopo

quello cinese, è stato visitato da oltre 30.000 vi-

sitatori entusiasti di questo miracolo di arte, arti-

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gianato e tecnologia. E’ stato davvero un grande

successo la cui eco è arrivata in Italia senza pe-

rò l’enfasi e l’evidenza che avrebbe meritato (è

d’altra parte da secoli un luogo comune che noi

italiani siamo i peggiori propagandisti delle no-

stre eccellenze e qualità, mentre siamo bravissi-

mi nell’evidenziare e pubblicizzare i nostri difet-

ti). Il merito va diviso equamente tra gli ideatori,

gli artigiani che lo hanno realizzato e le molte

aziende che hanno messo a disposizione i propri

prodotti innovativi, tecnologicamente avanzati

ed esteticamente di altissimo livello; un posto di

eccellenza va inoltre alla Triennale di Milano, di

cui è Presidente il Prof. Davide Rampello, condi-

rettore di “Gustare l’Italia”.

Siamo andati a riceverlo alla Malpensa; lo abbia-

mo visto per nulla affaticato dal lungo viaggio

ma visibilmente soddisfatto del successo otte-

nuto, un successo che durerà i sei mesi

dell’Esposizione, fino al 31 ottobre 2010. Gli

chiediamo di raccontarci questa straordinaria

esperienza: “L’Expo di Shanghai racconta ai visi-

tatori la creatività degli italiani che proviene dalla

millenaria cultura che abbiamo ereditato; ritengo

che sia una grande promozione per l’Italia ed

una importante vetrina dell’eccellenza dei pro-

dotti del nostro Paese”.

Cosa si devono aspettare i visitatori che en-

treranno nel Padiglione Italia?

“Si troveranno come sul set di un film che illustra

il racconto fantastico dell’avventura umana, cul-

turale, artistica e anche gastronomica del nostro

Paese. Già nel foyer d’ingresso si vivrà un’emo-

zione di profonda intensità, perché si attraversa

una spettacolare ricostruzione del Teatro Olimpi-

co di Vicenza realizzata incredibilmente con la

stessa tecnica e gli stessi materiali usati dal Pal-

ladio nel XVII secolo: legno, stucco e gesso. Si

entra quindi nella prima sala, dove sono rappre-

sentate alcune “icone” dell’industria motoristica

italiana: dalla Ferrari, all’Isotta Fraschini . E’

quest’ultima l’auto più preziosa al mondo (si cal-

cola che il suo valore di mercato superi oggi i 5

milioni di dollari). Si pensi che nel 1923 - quando

la più accessoriata e costosa Rolls Royce costa-

va 40 mila lire - per un’Isotta Fraschini occorre-

vano ben 140 mila lire”.

Quante sono le sale?

“Al pianterreno ce ne sono cinque, attraverso le

quali il visitatore compie un viaggio ideale nel no-

stro Paese per far comprendere quale stretto

rapporto lega oggi in Italia l’arte e la tecnologia;

ed in ogni sala sorprese ed emozioni: la visione

di celebri opere d’arte, tra cui Canaletto, Burri,

Fontana, la riproduzione della cupola del Brunel-

leschi del Duomo di Firenze, una visione del Co-

losseo… fino alla sala cinque che ha per titolo:

“A bite of Italy” (un morso d’Italia). E’ proprio

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questa quella che più ci avvicina allo spirito della

nostra rivista e che rappresenta l’anello di con-

giunzione tra l’Expo di Shanghai e quello 2015 di

Milano. E’ una fantastica rappresentazione sce-

nografica dell’eccellenza dei prodotti della no-

stra agricoltura: nel centro della sala un ulivo di

otto metri si protende verso un cielo che è un

campo di grano e di papaveri rovesciato (sono

state costruite 87.000 spighe e migliaia di papa-

veri); la parete di destra è ricoperta di scatole

con la pasta italiana in tutte le sue forme, l’altra

parete è dedicata al vino, ai colori del vino in tut-

te le sue sfumature”.

Rampello è davvero entusiasta ed orgoglioso

come italiano di quanto è stato realizzato a

Shanghai e si dice ottimista per quella che sarà

a Milano l’Expo 2015 il cui tema “Feeding the

Planet – Energy for Life” (Nutrire il Pianeta –

Energia per la Vita”) interesserà molto da vicino

la nostra rivista.

Ritiene che l’Expo 2015 supererà Shanghai?

“Non potremmo certo competere con Shanghai

dal punto di vista della grandiosità estetica; nes-

suno avrà più al mondo negli anni a venire gli

spazi e i mezzi che hanno avuto i cinesi. Potremo

però superarli nei contenuti, nel desiderio di rea-

lizzare qualcosa che sia davvero di aiuto a tutti i

popoli che soffrono per la miseria e la fame. Un

esempio di quello che sarà lo spirito della nostra

Expo milanese possiamo già vederlo nella sala 5

dove si racconta attraverso il cibo il tema dell’ar-

monia tra la terra e l’uomo. Shanghai è una fara-

onica rappresentazione verticale, l’Expo 2015

sarà una rappresentazione orizzontale, come la

terra dalla quale molti uomini attendono risposte

ai loro angosciosi problemi di sopravvivenza”.

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di T

oni

Sar

cina

Da incallito gourmet e appassionato di storia

della cucina, ho dato un’occhiata ai programmi

abbozzati per la parte gastronomica che riguar-

da l’Expo 2015, al momento ancora allo stato

embrionale ma, dalle prime avvisaglie sembra

che le proposte siano alquanto riduttive e mode-

ste rispetto alle aspettative.

Pare infatti che il repertorio di cucina preso in

considerazione riguardi prevalentemente la cu-

cina popolare milanese e lombarda mentre, a

mio avviso, l’argomento dovrebbe essere op-

portunamente ampliato e reso più “colto” tenen-

do conto della ricchissima storia gastronomica

che, dal Rinascimento ad oggi, salvo rari e brevi

periodi, sia a Milano, sia nel territorio lombardo,

non ha mai conosciuto momenti di decadenza;

ma vediamo più da vicino come si dovrebbe

operare per questo argomento.

Uno dei sottotitoli di Expo 2015 è “Milano: Citta

d’acqua”, chiaro riferimento al periodo più rap-

presentativo del Rinascimento lombardo, vale a

Quale cucina?

Mila

no c

ittà d

’acq

uadire agli anni nei quali Leonardo da Vinci sog-

giornò presso gli Sforza con Ludovico il Moro,

suo grande mecenate. Le vie di canali tracciate,

sia dallo stesso Leonardo, sia dai lungimiranti

architetti urbanisti dell’epoca, avevano trasfor-

mato la città in una splendida capitale nella qua-

le navigli e canali rappresentavano un fiore

all’occhiello delle sue signorie. La cosa risulta

tuttora di grande attualità poiché, proprio in vista

di Expo 2015, sono sul tappeto numerose pro-

poste di parziale ripristino di alcune fra quelle vie

d’acqua per dare ai visitatori almeno un’idea

estetica di come Milano si presentasse nel pe-

riodo aureo cinquecentesco.

Com’era la cucina in quel tempo? Paradossal-

mente si potrebbe affermare che la cucina di Mi-

lano e di altri territori lombardi, primo fra tutti il

Ducato di Mantova, abbia subito solo l’evoluzio-

ne della parte tecnica, grazie al processo di tec-

nologia culinaria, mantenendo inalterata l’eccel-

lenza delle preparazioni culinarie. Ma, verrebbe

da dire, come si può considerare alta cucina un

repertorio così limitato con risotti, minestroni,

trippe, “casseule”, panettoni e poche altre cose

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sempre rustiche e campagnole? Ed ecco qui il

grosso equivoco nel quale cade quasi sempre il

collettivo immaginario. Milano e la Lombardia, a

differenza di altre regioni e territori, si è sempre

vista attribuire una gamma di piatti piuttosto ri-

dotta, con ricette provenienti dalla tradizione po-

polare, tralasciando completamente l’enorme

repertorio della cucina aristocratica e borghese.

Se citassimo ad esempio l’indice del “Nuovissi-

mo cuoco milanese” di Felice Luraschi, edito a

metà dell’ottocento, vedremmo che annoverava

oltre milleseicento piatti, in uso all’epoca, nel ca-

poluogo lombardo.

Se poi ci volessimo addentrare proprio nel tem-

po di “Milano città d’acqua” troveremmo con

sorpresa realizzazioni culinarie che farebbero

impallidire per la loro ricchezza creativa i grandi

cuochi che oggi imperversano su riviste specia-

lizzate e tv.

Il risultato di queste considerazioni è semplice e

netto: per definire la cucina di un territorio non è

sufficiente riferirsi esclusivamente a quella po-

polare ma bisogna tener conto soprattutto della

cucina borghese e aristocratica praticata da lun-

go tempo nel territorio stesso e della quale, cuo-

chi letterati e scrivani, hanno trasmesso i detta-

mi nel tempo attraverso trattati di cucina e

ricettari.

A Milano poi, fin dai secoli passati fino ad oggi,

hanno trovato spazio e successo anche risto-

ranti, trattorie e locande con origini di altre regio-

ni, anche le più lontane, a significare che, nella

capitale lombarda, da sempre importante croce-

via commerciale di tipo internazionale, l’offerta

gastronomica così varia e mediamente di ottima

qualità, ha carattere poliedrico e di campione

concreto della gastronomia nazionale.

A mio avviso il visitatore proveniente da altre re-

gioni ma, soprattutto, dall’estero, dovrebbe tro-

vare a Milano un’accoglienza gastronomica col-

ta e, possibilmente, con riferimenti storici senza

cedimenti retorici, vale a dire piatti che, pur van-

tando un’origine assai lontana e ricchi di storia,

mostrino la loro innata modernità anche nelle

presentazioni estetiche.

Per il repertorio da proporre si potrebbe certa-

mente privilegiare la cucina lombarda delle varie

epoche susseguitesi dal Rinascimento ad oggi,

offrendo tuttavia un campionario di grandi piatti

di altre regioni e territori, approfittando della non

trascurabile circostanza che indica Milano quale

città con la migliore offerta qualitativa di cucine

regionali italiane.

Qui dovrebbe esserci l’intervento degli organiz-

zatori che, fatti propri i suggerimenti, li trasferi-

scano a ristoratori e addetti ai lavori che, a loro

volta, li propongano ai visitatori (se ne attendono

milioni) affinché, dopo il soggiorno per l’Expo

2015, possano ripartire con un’immagine positi-

va più completa. Tutto questo richiede un note-

vole lavoro di ricerca e di pratica per riportare

alla luce capolavori gastronomici del passato e

“Gustare l’Italia” si impegna a dare il suo contri-

buto per la realizzazione di questo scopo.

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Il vero gourmet che arriverà per la prima volta

a Milano in occasione della Grande Esposizio-

ne del 2015 sarà certo curioso di visitare i ri-

storanti dove poter incontrare il meglio della

cucina del nostro Paese, i sapori autentici e

genuini della nostra terra.

“Gustare l’Italia” vuol dare il proprio contributo

a questo legittimo desiderio e segnalerà quei

locali ai quali il turista goloso non dovrà rinun-

ciare per nessuna ragione.

Iniziamo la rassegna partendo da uno dei più

tradizionali ristoranti della cucina meneghina:

“Da Berti” a Milano

del

la R

edaz

ione

Fa parte dell’Associazione Locali d’Italia,

che riunisce i 200 più antichi e prestigiosi risto-

ranti, alberghi, pasticcerie, confetterie, caffè

letterari che hanno fatto la storia del nostro pa-

ese.

È il ristorante “Da Berti”, un’oasi di pace ed

eleganza, dove amavano sostare e dipingere

Treccani e Veronesi, dove si sono intrattenuti

uomini e donne di cultura e di scienza, come

Enzo Biagi, Carlo Castellaneta, lo scultore Min-

guzzi, il premio Nobel Rita Levi Montalcini.

La sua storia ebbe inizio nel secolo scorso,

precisamente nel 1866: quell’anno venne po-

sata la prima pietra della Galleria Vittorio Ema-

nuele. Milano, che stava diventando la “grande

Milano”, con le sue fabbriche a vapore e i primi

immigrati, era a quel tempo una città con poco

più di 400 vie, 40 piazze, 20 corsi, 12 bastioni

e 14 viali: fuori dalle mura spagnole c’erano

solo campagna e casupole, con un incredibile

“Da Berti”oasi di paceed eleganza

Ristor

anti s

torici

numero di trattorie, osterie, bettole, cantine. Un

oste decise di aprire la sua attività fuori porta.

Nacque così la “Nuova osteria della Stazione

Centrale”, che venne presto soprannominata

“usteria di lader” (osteria del ladri) per la pro-

fessione di gran parte dei suoi frequentatori

che qui avevano la base e che si mescolavano

tra le bevute dopo-lavoro degli operai.

QUI SI INCONTRANO POLITICI ED IMPRENDITORIOggi “Da Berti”, guidato da oltre 30 anni da En-

rica Colombi e dal figlio Gigi Rota, è considera-

to uno storico punto d’incontro della politica e

dell’imprenditoria italiana e internazionale.

Possiede quattro ampi ambienti raffinati ed ele-

ganti: la sala affrescata, la sala Radetzky, la sa-

la delle etichette e la sala Liebig, con soffitti a

travi e, alle pareti, cimeli del bel tempo che fu;

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una grandissima veranda e una vasta cantina

dell’Ottocento sono i suoi gioielli.

Nel periodo dell’Expo, da maggio a ottobre, si

potrà pranzare e cenare nel bellissimo giardi-

no; piante secolari, alte siepi e vite americana

racchiudono gli ospiti in una sorta di prezioso

spazio dove tempo e impegni si dimenticano di

fronte ad una buona tavola.

Il traffico e il rumore della città sono lontani,

confinati al di là del parco.

Il profumo è quello delle carni grigliate che si

diffonde dal grande barbecue sotto gli alberi. A

lato del giardino si estende l’ampia veranda

con affreschi che aprono vedute sul passato:

RISTORANTE DA BERTI

Via Algarotti, 20 - 20125 Milano

tel. 02.6694627 - fax 02 6884159

mail: [email protected]

turno di chiusura: sabato mezzogiorno

e domenica

dove

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Berti com’era nel 1866, Corso Vittorio

Emanuele e Corsia dei Servi a fine seco-

lo, Porta Romana quand’era ancora la

“bella” amata dai milanesi.

Un’altra meraviglia del ristorante è la

cantina: un dedalo di archi e volte in mat-

toni, corridoi, stanze, angoli che si sno-

dano sotto tutto il ristorante; sono l’ere-

dità ottocentesca dell’antica osteria.

Qui un tempo erano collocate le botti per

la mescita dei vini, qui oggi si può cenare

a lume di candela e vivere così un’espe-

rienza romantica e rara perché pochissi-

mi ristoranti possiedono un tale gioiello

architettonico d’epoca perfettamente

conservato.

Dallo scorso anno è stato chiamato alla

direzione della cucina lo chef Mauro Ros-

si che, pur essendo nato in provincia di

Modena, è a tutti gli effetti un perfetto in-

terprete della gastronomia meneghina.

A differenza di Toni Sarcina, Mauro non

ha dubbi e, d’accordo con Gigi Rota e

mamma Enrica, il biglietto da visita ga-

stronomico che proporrà agli ospiti stra-

nieri sarà un autentico, perfetto, originale

“Risotto alla milanese con l’ossobuco”.

“Còtt al punt, manteccaa a la perfezion bell, mostos, el te fa resuscità anca on mòrt che creppaa d’indigestion. Tirel giò e mett in tavola che in là con tant d’oeucc e sospiren guardand chi. Sèrvel, che vegni subit anca mi”.

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