GUSTARE L'ITALIA 20 - MAGGIO 2012
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C o n i l p a t r o c i n i o d i
Gustare l’Italia3
“Premio Cantarelli”
In occasione del Cibus 2012 che si svolgerà a parma dal 7 al 10 maggio “Gustare l’Italia” vuo-
le ricordare Peppino e Mirella Cantarelli, due personaggi che nella Bassa Parmanse hanno con-
tribuito in modo decisivo ad esaltare la gastronomia italiana.
La prima volta che mi resi conto che l’Italia poteva mettersi alla pari o addirittura superare la di-
stanza che da secoli ci separava gastronomicamente dalla Francia (non certo nella sostanza ma
nello stile, l’eleganza, la raffinatezza della proposta) senza perdere nessuno dei valori che legano
la nostra cucina al territorio, anzi affinandoli ed esaltandoli, fu quando conobbi i Cantarelli, Peppino
e Mirella, lui perfetto maitre e sommelier, lei favolosa cuoca, nel loro ristorante di Samboseto in
provincia di Parma un’isola golosa nascosta nel mare nebbioso della Bassa parmense.
Mi era stato detto che mi sarei trovato in un relais di campagna che nulla aveva da invidiare ai
grandi d’oltralpe, ma ero piuttosto scettico; in quel tempo (siamo alla metà degli anni ’50) si pen-
sava che un ristorante di prestigio non avrebbe mai potuto sopravvivere lontano dalle città più
importanti; potevano contare su una discreta clientela solo le trattorie appena fuori porta che le-
gavano il nome e la fama ad una robusta cucina tradizionale, un paio di vini accettabili, un con-
to non astronomico, un ambiente quanto più possibile “paesano” senza alcuna concessione al
lusso e alla raffinatezza.
Era esattamente quello che mi aspettavo. Mi trovai invece in un luogo di assoluta piacevolez-
za; l’edificio che lo ospitava era un casolare dall’aspetto esterno piuttosto dimesso, ma supera-
to il negozio di alimentari che fungeva da anticamera si entrava in un luogo raffinato: sui tavoli
tovaglie e piatti di alto artigianato, preziosi bicchieri di Baccarat erano pronti ad accogliere i vini
che Peppino Cantarelli aveva scelto fra i migliori della regione, e i liquori fra i più prestigiosi del
mondo (non ricordo di aver mai più visto una tale ricchezza di marche di whisky e di Porto).
La cucina della signora Mirella fu all’altezza dell’ambiente: nel rigoroso rispetto della tradizione
i suoi piatti erano cucinati con antica sapienza e con ingredienti di prim’ordine. Fu una cena esal-
tante di cui conservo un ricordo vivo e grato. “Le stelle sono venute più vicine” dice un perso-
naggio di Karen Blixen al termine di un fantastico pranzo cucinato da una grande cuoca. Mai
come quella sera sentii anch’io vicine le stelle nell’aria quieta della Bassa.
I Cantarelli aprirono la strada poi a poco a poco, con coraggio e spesso con grandi sacrifici,
arrivarono gli altri: Cesare, Angelo, Tonino, Gualtiero, Ezio, Lamberto, Gianfranco…tutti con un
debito di riconoscenza, tutti concordi nel riconoscere che la storia della gastronomia italiana si
divide in a.C. e d.C. (avanti Cantarelli e dopo Cantarelli).
Ecco perché “Gustare l’Italia” vorrebbe ricordarli con qualcosa di speciale che resti nel tempo,
e abbiamo lanciato l’idea di un premio a loro dedicato. Abbiamo chiesto la collaborazione di il-
lustri critici e operatori gastronomici e tutti si sono dichiarati entusiasti
Nel prossimo numero pubblicheremo il regolamento del “Premio Cantarelli”; sarà un modo di
dire grazie a chi si è tanto adoperato per far conoscere la cucina di una grande regione contri-
buendo in modo decisivo a far compiere alla ristorazione italiana quel salto di qualità che l’ha
portata ai massimi livelli internazionali.
Un grazie a Peppino e alla signora Mirella che ci piace pensare in Paradiso mentre, con i suoi
tortelli e i suoi “savarin di riso” sta incantando gli angeli.
La redazione Edito
riale
4Gustare l’Italia
6 La manifestazione Cibus, dove il cibo incontra il business
Som
mar
io m
aggi
o 20
12
22 Tradizioni culinarie Parma a tavola
26 Mamme in cucina Federica, mamma cuoca
10 Attualità S.O.S (Save Our Sons)
14 Non solo cibo Parma fra cibo e cultura
30 Le “lune” di Gustare l’Italia “Da Giovanni”
36 Il personaggio Il “Genio” della “cucina molecolare”
6
10
14
30
22
26
36
Gustare l’Italia5
42 La formazione Al via il Master della Cucina Italiana
46 La provocazione Gli chef “fantasma”
48 la provocazione/2 La Tv insegna a mangiare?
GUSTARE L’ITALIA - Periodico di cultura enogastronomica e turismo - Anno 3 - Numero 20 - Maggio 2012 - Reg. Trib. di Milano n° 201 del 14/04/2010 - Editore: Linea Editoriale srl - Via Milanese, 5/11 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) - Iscrizione ROC (Registro Operatori della Comunicazione) 21940 - ISSN code 2279-7998
Direttore Responsabile: Massimo Balletti - Direttore Responsabile: Cino Tortorella - Art Director: Daniele Colzani
Impaginazione: Daniele Colzani - Giovanni Di Gregorio - Segreteria di Redazione: Rodolfo Puoti
Concessionaria pubblicità: Linea Editoriale Advertising
Responsabile Trattamento Dati Personali: Dina Lietti - L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la
possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs 196/2003 scrivendo a: in-
Hanno collaborato: Fabrizio Cimino - Javier Echezarreta - Luca Fregoso - Herbert Hortner - Felice Maratea - Praz-
man - Mario Rebeschini - L. Rossi - Piero Valdiserra - Comune di Parma - Consorzio del Parmigiano Reggiano -
Consorzio del Prosciutto di Parma - Disney Enterprises, Inc. Pixar/Animation Studios - Esac Ente Servizi Associazio-
ne Commercianti Spa - IAT Informazioni e Accoglienza Turistica Comune di Parma - Let’s move - Museo del
Parmigiano Reggiano - Museo del Pomodoro - Museo del Prosciutto e dei Salumi Tipici - Museo del Salame Felino
- Ufficio Stampa Cibus 2012 - Ufficio Stampa Mediaset
© Riproduzione (anche parziale) vietataIndirizzi e contatti: Linea Editoriale srl - Via Milanese, 5/11 - 20099 Sesto San Giovanni (MI)
Redazione Milano: Via Abbadesse, 20 -
20124 Milano - E-mail: [email protected]
42
46
www.gustarelitalia.it
Cibus, dove il ciboincontra il business
6Gustare l’Italia
di P
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Chi visiterà la sedicesima edizione di
CIBUS (in programma a Parma da lune-
dì 7 a giovedì 10 maggio 2012) troverà
un quartiere fieristico potenziato rispet-
to al passato, con maggiori servizi, nuo-
vi parcheggi, un’area espositiva di
120mila metri quadrati.
Cresce il numero di espositori che
rappresentano le realtà più dinamiche
della produzione italiana, come i prodot-
ti biologici, i prodotti freschi di quarta e
quinta gamma, i prodotti pronti freschi,
con tante novità espositive, dallo spazio
per i surgelati a quello del vending.
L’esposizione è organizzata seguen-
do la logica di un continuum coerente
con le merceologie fresche, più il nuovo
polo dei surgelati nei padiglioni 2 e 3,
mentre il grocery (pasta, oli, condimenti,
dolciario, ecc.) sarà riunito nei padiglioni
5, 6 e 7.
Tra le novità di rilievo, segnaliamo “CIBUS
Frozen” (surgelati), “Micro Malto” (birrifici arti-
gianali) e “Venditalia Self Expo” (negozio auto-
matizzato).
Rilevante come sempre sarà la presenza del-
le tipiche produzioni italiane di carne, salumi,
prodotti lattiero - caseari e pomodoro.
Grande risalto sarà dedicato alla “Piazza dei
prodotti Dop e Igp”, realizzata in collaborazione
con il Ministero dell’Agricoltura, in cui esporran-
no i Consorzi di Tutela italiani.
Sul fronte del lattiero - caseario, la “Scuola In-
ternazionale di Cucina Italiana Alma” ha orga-
nizzato il Concorso “Alma Caseus”, che pre-
mierà i migliori formaggi italiani.
Gustare l’Italia7
Un’area dedicata alla ristorazione fuori casa
(bar, ristoranti, mense, ecc.) sarà inoltre orga-
nizzata in collaborazione con Fipe/Confcom-
mercio. Complementari a CIBUS 2012 saran-
no la quinta edizione del “Salone del Dolciario”
e il forum scientifico “Pianeta Nutrizione”.
Per quanto riguarda il “Salone del Dolciario”,
realizzato in collaborazione con Aidepi, l’Asso-
ciazione delle Industrie del Dolce e della Pasta
Italiane, Fiere di Parma ha iniziato a lavorare a
un rilancio strategico di questo evento, favoren-
do l’attività di incoming dei buyer del settore.
Alla terza edizione di “Pianeta Nutrizione”,
forum multidisciplinare sulla sana e corretta
nutrizione, parteciperanno medici, nutrizionisti
e società scientifiche.
Tra i temi principali che verranno trattati:
• “Differenze tra maschi e femmine” nel mo-
do di alimentarsi, e le possibili conseguenze
sulla salute;
• l’”Obesità infantile” che rappresenta un
problema estremamente preoccupante per la
società in quanto gli studi indicano che in Italia
siamo i primi in Europa per sovrappeso ed obe-
sità e che un bambino obeso ha 80 probabilità
su 100 di essere obeso da adulto; da ciò deriva
l’importanza dell’educa-
zione alimentare fin da i
primi anni di vita.;
• “Sana nutrizione,
elisir di lunga vita” è
un altro importante
argomento perché
un’alimentazione non
corretta è causa di malat-
tie che riducono le aspettative
di vita. Verranno presentati studi clinici che di-
mostreranno come una sana alimentazione
possa contribuire ad allungare sia le aspettative
che le qualità della vita stessa.
La comunicazione
Completamente rinnovata sarà la comuni-
cazione di CIBUS 2012, che si avvarrà di un
sito (www.cibus.it) totalmente rivisto e dell’ac-
cesso ai principali social network: Twitter, Fa-
cebook, LinkedIn (sulla cui piattaforma un
gruppo, “inCibus”, utilizzerà la tecnica del
passaparola virale per creare una community
di utenti fidelizzati, al fine di alimentare dibatti-
ti, discussioni e interazione intorno ai temi ine-
renti l’agroalimentare).
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8Gustare l’Italia
Anche quest’anno sarà organizzato
“CIBUS in città”, un fuori salone nelle
strade e nelle piazze di Parma con il pa-
trocinio e la collaborazione del Comune
di Parma.
L’obiettivo dell’evento è quello di offrire
ai tanti visitatori che affolleranno le vie di
Parma la possibilità di assaggiare i pro-
dotti e di vederne l’applicazione concreta
in cucina, uscendo quindi dall’ottica pro-
fessionale di CIBUS (riservato ai soli ope-
ratori del settore agroalimentare).
Oltre alla degustazione di prodotti sarà
possibile partecipare a eventi interattivi e
formativi, e ad attività ludiche e culturali:
dalle degustazioni di dolci e succhi di
frutta alle esibizioni di maestri pasticceri,
dalle esposizioni di attrezzature antiche
per la preparazione degli alimenti a gare
sportive a tema gastronomico, da forme
di pane create ad hoc alla possibilità di
sperimentare nuovi prodotti nei temporary
shop allestiti per l’occasione.
Non mancheranno infine lezioni e seminari
nutrizionali su come seguire un’alimentazione
sana e corretta. “CIBUS in città” vedrà anche
un importante e inedito evento di charity: un
triangolare di calcio allo Stadio Tardini di Par-
ma, con le squadre rappresentative dell’indu-
stria alimentare, della grande distribuzione e
della formazione delle “Mediaset Stars”. L’in-
casso sarà interamente devoluto in favore di
progetti e iniziative solidali di associazioni e
fondazioni della città di Parma.
Per info: www.cibus.it©
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S.O.S. (Save Our Sons)
10Gustare l’Italia
di C
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“Let’s move” (diamoci una mossa, sveglia-
moci!) è l’appello che Michelle Obama sta lan-
ciando da qualche mese dal suo sito “Let’s mo-
ve” a tutte le mamme americane.
“Un bambino su tre è afflitto da obesità infantile
- è la denuncia - e tra le minoranze ispaniche e
afro si toccano anche punte del 20%, è un
dramma che si deve affrontare e risolvere al più
presto perché continuando così un terzo dei
bambini nati dopo il 2000 corre seri rischi di an-
dare incontro a malattie anche gravissime lega-
te al sovrappeso”.
Per combattere questo proble-
ma Michelle invita i genitori ame-
ricani a seguire le raccomanda-
zione che dietologi e nutrizionisti indicano
sempre: dare ai figli una corretta alimentazione
(dichiarando guerra ai cibi fritti o ipercalorici) e
obbligarli a svolgere quotidianamente un’attivi-
tà fisica.
Anche l’Associazione Onlus “Amici di Mago
Zurlì”, presieduta dal dottor Lucio Catamo, è
dalla parte di Michelle perché sono anni che
denuncia i pericoli dell’obesità infantile, da
quando nel 2007 il Consiglio Nazionale delle Ri-
cerche, dopo un’accurata indagine, era giunto
alla drammatica conclusione che “i bambini ita-
liani sono i più obesi d’Europa”.
Il 35 % in sovrappeso o a rischio di obesità
(contro il 27% degli spagnoli, il 20% degli ingle-
si, il 14% dei tedeschi), e le cause: scorretta ali-
mentazione, poca attività fisica, scarsa atten-
zione da parte delle famiglie. La fascia d’età più
colpita: tra i 6 e gli 11 anni, e i maschi più inte-
ressati rispetto alle coetanee.
Per quanto riguarda la distribuzione su terri-
torio il problema aumenta da Nord (1 bambino
su 4) a Sud (1 bambino su 3).
Uno degli argomenti che verrà trattato in “Pianeta Nutrizione” al Cibus 2012 è quello dell’obe-
sità infantile; tra i relatori Cino Tortorella, il direttore editoriale di “Gustare l’Italia” che da anni si
occupa con il dottor Lucio Catamo, presidente dell’Associazione Onlus “Amici di Mago Zurlì”
di questo gravissimo problema che riguarda i bambini italiani. L’Associazione ha in progetto
“S.O.S. (Save Our Sons)” che sta per arrivare a una felice realizzazione.
La first lady Michelle Obama
Gustare l’Italia11
I dati del CNR avrebbero dovuto preoc-
cupare seriamente le famiglie se si consi-
derano i rischi che corrono i piccoli: dia-
bete, ipertensione, infarto, ictus, patologie
di tipo respiratorio, di tipo articolare dovu-
te al carico meccanico, ridotta mobilità…
e soprattutto disturbi di carattere psicolo-
gico: l’obesità comporta spesso una di-
minuzione dell’autostima nel bambino
che può sentirsi a disagio e vergognarsi,
fino ad arrivare ad un rifiuto del proprio
aspetto fisico; spesso è deriso, vittima di
scherzi, emarginato dai giochi e perciò
portato ad isolarsi, a non uscire di casa, a
trascorrere più tempo davanti alla televi-
sione, in un circolo vizioso che li porta ad una
iperalimentazione.
E l’obesità infantile continua, nella gran parte
dei casi, nell’età adulta, esponendo i soggetti a
patologie di natura cardiocircolatoria, all’artrosi
precoce, al diabete, fino all’insorgere di tumori.
Senza considerare le conseguenza di tipo
psicologico che si trascinano dall’infanzia e si
amplificano fino ad arrivare a stravolgere la vita
del soggetto e dei suoi rapporti sociali.
Combattere questo pericolo non è così diffi-
cile; a parte malformazioni congenite dovute a
fattori ereditari, dietologi e pediatri sono d’ac-
cordo nell’indicare gli elementi chiave per la
protezione ed il trattamento dell’obesità infanti-
le sono le tre A:
12Gustare l’Italia
• A come Attenzione da parte delle famiglie;
• A come Alimentazione corretta;
• A come Attività fisica;
Non sono condizioni difficili o proibitive; ba-
sterebbe un po’ di buona volontà, ma troppo
spesso manca nei genitori che pure sono con-
vinti di fare tutto il necessario per il bene dei lo-
ro bambini, e che reagirebbero con veemenza
se li si accusasse di non amarli e di preparare
per loro un futuro di sofferenze e di dolori.
Dovrebbe arrivare chiara e decisa la denun-
cia dei pericoli ai quali i loro figli vanno incontro
se non si adottano le semplici misure necessa-
rie prima che sia troppo tardi, misure che oltre
tutto non sono per niente costose, anzi fanno
addirittura risparmiare.
E poiché questa denuncia che pur viene
spesso fatta attraverso i giornali e la Scuola non
ottiene nessun risultato, sarà bene ricorrere ad
altri mezzi di comunicazione, i più importanti:
televisione e cinema.
Ed è per questo che l’associazione “Amici di
mago Zurlì” presieduta dal prof. Lucio Catamo
ha pensato di realizzare il film documentario
S.O.S. (Save Our Sons) nel quale abbiamo
coinvolto autorità nel campo scientifico e noti
personaggi dello spettacolo e dello sport.
Anni fa Erich Shosser pubblicò negli Stati
Uniti il libro-denuncia “Fast Food Nation” (il Pa-
ese del Fast Food) che ebbe un buon riscontro
di critica ed una certa attenzione da parte del
pubblico, ma diventò un successo internazio-
nale soltanto quando Morgan Spurlock ne tras-
se il docu-film “Super size me”.
Nel film sono illustrate le avventure di un per-
sonaggio (interpretato dallo stesso regista) che
decide di nutrirsi per 4 settimane esclusiva-
mente nei fast food - in particolare McDonald
- con il risultato di ritrovarsi ingrassato di 11 chi-
li, affetto da disfunzioni sessuali e cardiache e
danni quasi irreversibili al fegato.
Il film ottenne uno straordinario successo di
pubblico e di critica (costato circa 500.000 dol-
lari ne ha incassati in tutto il mondo quasi 50
milioni), ha avuto anche una nomination agli
Oscar e, sarà un caso, la tendenza all’obesità
Gustare l’Italia13
negli Stati Uniti ha incominciato lentamente a
diminuire.
Il nostro S.O.S. si svilupperà in modo esatta-
mente contrario al percorso di “Super size me”:
si seguiranno le vicissitudini di un gruppo di pic-
coli obesi che, in un villaggio vacanza, verranno
coinvolti in un fantastico gioco che li farà diven-
tare agili e snelli come la gran parte dei loro co-
etanei. Il gioco sarà condotto da un personaggio
del mondo dello spettacolo caro ai bam-
bini, coadiuvato da un bizzarro as-
sistente, il “police food” Ciccio
Mangialamela, lontano parente
di Topo Gigio, un cartone ani-
mato disegnato da…; i due
aiuteranno i bambini a rag-
giungere il risultato desiderato
senza che debbano sottopor-
si a diete o a estenuanti sacri-
fici, ma semplicemente se-
guendo i consigli di un
simpatico nutrizionista e di noti
campioni sportivi. Il primo suggerirà ai genitori
l’alimentazione corretta da dare ai figli, gli altri
giocheranno insieme ai bambini facendo con
loro ginnastica e sport all’aria aperta.
All’inizio del docu-film il conduttore ricorderà
ai genitori i rischi ai quali i piccoli obesi vanno
incontro e li inviterà a seguire attentamente le
raccomandazioni del nutrizionista se desidera-
no che i suoi consigli non si rivelino inutili.
Ricorderà anche che una alimentazione cor-
retta non soltanto aiuterà i bambini, ma potrà
anche portare qualche piccolo risparmio nelle
famiglie; non certo milioni, soltanto pochi euro,
ma quel poco denaro potrebbe aiutare bambini
che in tante parti del mondo hanno problemi
opposti.
A questo punto ci si collegherà con una loca-
lità di una nazione del Terzo Mondo dove ve-
dremo bambini con problemi di sottonutrizione
; anch’essi saranno insieme a una divertente
animatrice che realizzerà con loro la magia di
ritrovare una forma perfetta giocando e nutren-
dosi con i cibi ottenuti con il del denaro rispar-
miato dai bambini italiani.
Nei circa 90’ della durata del docu-film vedre-
mo quindi i piccoli obesi che ritroveranno il loro
peso-forma e dall’altra parte si assisterà al rifio-
rire dei bambini denutriti; e sarà questo un ulte-
riore incentivo per i bimbi italiani a vivere l’av-
ventura nella consapevolezza di dare un aiuto
ai loro compagni più sfortunati.
Siamo certi che proiettare
un film così in tutte le na-
zioni dove è presente il
grave problema contribui-
rà notevolmente ad av-
viare una seria campa-
gna contro l’obesità
infantile, perché la forza
delle immagini varrà più
di centinaia di articoli,
conferenze e lezioni sco-
lastiche.
Parma fra cibo e cultura(Parmigianino e Parmigiano)
Il Cibus non poteva che nascere a Parma,
come il Vinitaly a Verona, e non un caso che
sia stato realizzato per le prime edizioni nel
parco del Palazzo Ducale di Maria Luigia, con
una perfetta sintesi fra Storia, Arte e Gola.
Fellini, nel suo film “Casanova” fa dire al pro-
tagonista a colloquio con la bella Henriette in
viaggio verso Parma: “Chiunque intraprenden-
do un viaggio in questa terra deve prepararsi a
far conoscenza con tre divinità: il salame, il
prosciutto e il parmigiano”.
A queste divinità, Indro Mondanelli in una in-
chiesta svolta negli anni ’60, aggiungeva altri
quattro punti cardinali che hanno contribuito
ad arricchire spiritualmente Parma: “Una è
Correggio - scriveva - nei cui quadri e affreschi
gelosamente vegliati questa piccolo metropoli
rispecchia i propri umori capricciosi, morbidi e
sfumati. Il secondo è Verdi, gli altri due sono
Stendhal e Maria Luigia “la Materna”, “la Ma-
gnanima”, “l’Illuminata” che i parmigiani ricor-
dano ancora oggi come se l’avessero cono-
sciuta”.
Maria Luigia, donna bella e passionale, mo-
glie di Napoleone, di un altro paio di mariti
nonché partner di un ragguardevole numero di
amanti, fu a capo del Ducato di Parma Piacen-
za e Guastalla dal 1815 al 1847.
14Gustare l’Italia
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Gustare l’Italia15
Ancora oggi si ricorda il felice periodo del
suo regno oltre che in molti monumenti ed edi-
fici fra i quali il Teatro Regio da lei voluti, nella
“erre” della gente di quelle parti, una “erre”
che ricorda quella francese ma meno aggres-
siva, più musicale, più delicata.
Di riflesso anche Maria Luigia ha avuto mol-
to da Parma dove la sua sensualità che nelle
corti di Francia e di Austria era repressa, ha
potuto esplodere in modo allegro e naturale,
favorità dal temperamento dei suoi sudditi e
dalla piacevolezza della cucina.
Maria Luigia non ci mise molto a innamorar-
si di Parma; era stata battezzata con una ca-
terva di nomi: Maria Luisa Leopoldina France-
sca Teresa Giuseppa Lucia ma a Parma volle
essere chiamata soltanto Maria Luigia.
Anche in cucina il suo arrivo creò una certa
rivoluzione; a Parma avevano regnato i Farne-
se di stirpe romana, i Borbone di Spagna e di
Francia; alla corte si erano gustati i migliori
piatti delle cucine di quelle nazioni sapiente-
mente rivisitati grazie al gusto e ai prodotti lo-
cali, ma con l’avvento di Maria Luigia anche la
cucina esplose dando vita a un ricchissimo re-
pertorio di prelibatezze.
Ecco perché è stato del tutto logico e natu-
rale che la grande kermesse del Cibus nasces-
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Pro
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se proprio nei giardini Palazzo Ducale, che lo
scrittore Alberto Bevilacqua ha definito “l’in-
cantevole e sensuale Parco della lussuria”.
Un gourmet di classe e di cultura che la pri-
ma volta si rechi a Parma in occasione del Ci-
bus dopo aver visitato i padiglioni del Salone
Internazionale, deve recarsi in pellegrinaggio a
Palazzo Ducale e rivolgere un pensiero alla
memoria della bella Maria Luigia; subito dopo,
Giuseppe Verdi Maria Luisa d’Austria Stendhal
16Gustare l’Italia
ricordando di trovarsi in una città
di tradizioni artistiche, ricca di
monumenti, di preziose opere
díarte con le memorie di un glo-
rioso e raffinato passato, inco-
mincerà un percorso attraverso la
città per ammirarne le bellezze
díarte e di cultura.
Nei secoli scorsi Parma è stata
capitale di un piccolo ducato cu-
scinetto fra i domini pontifici e la
Lombardia, da secoli punto di
transito privilegiato attraverso
l’Appennino per i collegamenti tra
nord e sud díItalia e d’Europa; da qui transita-
va la via Francigena che già nel Mille conduce-
va i pellegrini a Roma.
Un percorso ideale dovrebbe partire dal
centro storico dominato dal Palazzo della Pi-
lotta, una importante costruzione eretta nel
XVI secolo dai Farnese come palazzo dei ser-
vizi di corte; oggi è il centro culturale della cit-
tà che racchiude il suggestivo Teatro Farnese,
il Museo Archeologico, la Galleria Nazionale e
la Biblioteca Palatina.
Lasciando piazza della Pilotta per dirigersi
verso via Garibaldi si incontra il Teatro Regio
inaugurato nel 1829 con la prima della “Zaira”
l’opera scritta appositamente da Vincenzo
Bellini per l’inaugurazione del Teatro che negli
Il Palazzo della Pilotta
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an
anni è diventato il terrore di autori e cantanti a
causa del suo loggione frequentato da intendi-
tori che non perdonano, pronti all’applauso
ma anche a clamorosi dissensi.
Si ricorda ancora il battibecco fra i loggioni-
sti e un tenore che dopo una salve di fischi si
presentò al proemio: “ Ma che volete da me?”
domandò e gli spettatori in coro: “Cat canti
ben!” (che tu canti bene).
Lasciato il Regio ci si dovrebbe recare in
piazza Duomo a visitare il Battistero in marmo
rosa di Benedetto Antelami, il più importante
monumento medioevale d’Italia, e naturalmen-
te il Duomo una delle più belle cattedrali roma-
niche, costruito nel 1074, consacrato nel 1106
e ristrutturato dopo il terremoto del 1117.
Palazzo del Giardino
Gustare l’Italia17
A pochi passi ecco la chiesa rinasci-
mentale di San Giovanni con la cupola
affrescata dal Correggio e dal Parmigia-
nino, e accanto il monastero con gli
emozionanti chiostri.
Anche in provincia molti sono i luoghi
di grande interesse storico e artistico: il
castello di Montechiarugolo, costruito a
picco sul fiume Enza, circondato da pos-
senti bastioni che ne fanno una fortezza;
il castello di Torrechiara del XV secolo
fatto costruire dal Conte Pier Maria Ros-
si per la sua amante Bianca Pellegrini con “la
camera d’oro” un delizioso rifugio per amori
appassionati e il Palazzo Reale di Colorno che
ritorna a perfezionare i connubio tra storia e ci-
La Cattedrale e il Battistero
La Reggia di Colorno, sede dell’ALMA
© L
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Freg
oso
Il palco del Teatro Regio
© L
uca
Freg
oso
bo perché durante il regno di Maria Luigia era
la sua residenza estiva e oggi è la sede di AL-
MA Scuola Internazionale di Cucina Italiana di
cui Gualtiero Marchesi ne è il Magnifico
Rettore.
Il turista che a questo punto del suo
percorso nel rimirare i capolavori artistici
di Parma e provincia si ricorderà di esse-
re anche un esigente gourmet, non avrà
che l’imbarazzo della scelta perché dal
punto di vista della cultura gastronomica,
Parma è una delle perle più preziose
dell’Emilia Romagna definita da qualcu-
no “la capitale dei buongustai”; la natura
ha donato a questa terra particolari e variega-
te condizioni ambientali - dalla assolata pianu-
ra lambita dal Po, ai verdi colli, alle erte gioga-
ie dell’Appennino - che l’uomo ha saputo nei
secoli mettere a frutto e affinare per far na-
scere alcuni dei prodotti tipici più rinomati
al mondo: il Parmigiano Reggiano, il sala-
me Felino, la Spalla di San Secondo, i vini
dei colli, gli impareggiabili funghi di Borgo-
taro, il tartufo di Fragno, il leggendario cu-
latello.
L’amore per la terra ha portata Parma a
diventare dall’Ottocento ai nostri giorni, la
food valley d’Italia, concentrando in questa
aerea la lavorazione del pomodoro, della
pasta, del latte e di numerose “conserve” ga-
stronomiche in questo aiutata da un’industria
specializzatasi nelle tecnologie d’avanguardia
per la lavorazione degli alimenti.
18Gustare l’Italia
Numerosi sono i luoghi di culto da visitare a
questo proposito; suggeriamo in città il risto-
rante “Parizzi” con le sue opere più preziose di
cui si ignora purtroppo il primo autore: gli ano-
lini in brodo, i tortelli d’erbetta, i risotti e per
arrivare ai giorni nostri, i ravioli di coniglio e or-
tiche con fave burrata e pecorino di Pienza, il
branzino al vino rosato, il savarin di riso e per
chiudere in allegria la cialda di tre mousse e il
torroncino con il cioccolato caldo...
Una visita la meriterebbe anche “Al Tramez-
zino” che a differenza del “Parizzi” è in periferia;
non ci sono affreschi rinascimentali ma il turista
sarà certo interessato dallo spiedo di pesci e
crostacei al rum, le mazzancolle tostate con ri-
so integrale e salsa al pepe rosa, lo stinco di
agnello allo spiedo con carciofi alla menta.
Se si vuole restare nella tradizione più rigo-
rosa sarà bene recarsi in via Gramsci all’antico
“Cocchi”, con le sue paste ripiene, le carni al
forno, i dolci tradizionali e la specialità della
casa da ottobre a maggio: il fantastico carrello
dei bolliti.
I musei del ciboRicordiamo inoltre ai gourmet che arrivano a
Parma per il Cibus che in provincia possono
visitare i musei del cibo dislocati in un territo-
rio, che trae significato dal lavoro e dalle attivi-
tà che vantano tradizione antiche.
I musei del cibo che sono andati a inserirsi
in maniera naturale nei percorsi enogastrono-
mici varati dallíamministrazione provinciale e
hanno arricchito aree già interessanti per le
loro bellezze paesaggistiche, storiche ed arti-
stiche:
• il Museo del Parmigiano Reggiano ha se-
de nello storico Casello ottocentesco che sor-
ge allíombra della Rocca Meli-Lupi di Soragna
ricca di castelli e di ricordi verdiani;
• il Museo dei Salumi tipici sorge a Langhi-
rano nell’ex Foro Boario in una zona fortemen-
te caratterizzata dalla lavorazione della carni
suine e dalla stagionatura;
• il Museo del Salame Felino è situato a Fe-
lino in un castello del XII secolo
• il Museo del Pomodoro è nella frazione del
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Felin
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Gustare l’Italia19
comune di Collecchio all’interno di una monu-
mentale corte agricola benedettina del XIII se-
colo da sempre deputata alla produzione agri-
cola, allíallevamento del bestiame e in tempi a
noi più vicini, alla trasformazione industriale
del pomodoro.
È posto a ridosso del corso del fiume Taro
nel parco regionale importante area protetta
accanto ad un altro parco
storico dei boschi di Carre-
ga e lungo la direttrice della
via Francigena ricca di me-
morie e monumenti dell’epo-
ca medioevale.
Non è ancora stato realiz-
zato il Museo del culatello, il
principe dei salumi, di cui
d’Annunzio si definiva “cu-
pidissimo amatore” e ci si
augura che presto si rimedi
a questa grave mancanza.
Nell’attesa invitiamo i
gourmet a recarsi a Zibello,
pochi chilometri da Parma, dove al ristorante
“La Buca” troveranno qualcosa che molto so-
miglia al museo che manca.
Innanzitutto gusteranno i piatti di una cucina
dove da più di cento anni si avvicendano le
cuoche che di madre in figlia (siamo ormai alla
quinta generazione) si sono tramandati i sapo-
ri delle ricette tradizionali; gli anolini (anulen)
cotti nel brodo “in terza” (cappone, manzo e
vitello), le lumache trifolate dette “le belle ad-
dormentate” (vanno in letargo alla fine di no-
vembre, i ricercatori le trovano immerse nel
sonno ed è così che trapassano dolcemente in
pentola), l’arrosto di tacchinella, la “pit” come
la chiamerebbero Peppone e don Camillo, la cro-
stata di mandorle o di marmellata di prugne...
Il pranzo sarà stato naturalmente aperto e
magari anche concluso dal culatello e il luogo
dove viene dovrà essere visitato in religioso si-
lenzio al termine del pranzo: è la cantina dove
vengono fatti stagionare in modo rigorosa-
mente artigianale.
La lavorazione iniziale è riservata ai mariti
ma in seguito ogni operazione è compito squi-
sitamente femminile perché - giurano le donne
- “i culatelli vanno curati come i bambini”.
L’unica differenza è che invece di crescere
calano di peso; ineluttabilmente da maggio a
20Gustare l’Italia
dicembre se ne va quasi il 50%, come se mi-
steriosi ed inafferrabili ladri si aggirassero nei
paraggi.
La cantina della Buca ospita fino a 400 cu-
latelli che vengono spazzolati ogni due mesi,
battuti per individuarne la qualità e controllati
con l’ago ottenuto da un osso di cavallo usato
per la prova olfattiva.
Gli esemplari che non superano tutte le pro-
ve vengono inesorabilmente scartati.
Ogni sera viene aperta la porta della cantina
ed entra la nebbia che si alza pigra dal Grande
Fiume per andare a dare il suo umido abbrac-
cio ai culatelli addormentati.
I culatelli, quelli veri, che verranno serviti ac-
compagnatio rigorosamente dal Lambrusco,
anche questo, quello vero, quello di cui, come
scriveva Curzio Malaparte, “è colma la musica
di Verdi fino all’orlo, quello che in tutta la
“Chartreuse de Parme” di Stendhal scorre co-
me una vermiglia, frizzante vena”.
Tutto questo e molto altro ancora è Parma
e la sua provincia, la Parma sensuale, colta
e ghiottona di Salinbene, di Verdi, di Sten-
dhal, di Giovannino Guareschi, di Alberto
Bevilacqua. La Parma del Cibus.
Il Gran Maestro della Confraternita dell’Arciculatello SupremoAlberto Bevilacqua nato a parma nel 1934, scrittore. regista
sceneggiatore nonchè poeta e giornalista
Ha ricoperto nella sua città una carica molto importante,
quella di “Gran Maestro della Confraternita dell’Arciculatello
Supremo”.
Così lo scrittore racconta in che cosa consiste la carica che
ha accettato con un entusiasmo molto maggiore che se aves-
se ricevuto un oscar per un suo film o un Premio Strega per un
suo romanzo: “quello della confraternita è un lavoro molto serio
che esiste da secoli. I componenti sono so-
lo uomini che devono aver dimostrato di
non essere mai stati deviati dal gusto per
la vita e i suoi piaceri, a causa della ric-
chezza o del successo.
Si riuniscono una volta all’anno indossando costumi medioeva-
li e decidono qual è il migliore culatello dell’anno. Ne assaggia-
no fino a 30 tipi per volta e fra un assaggio e l’altro bevo-
no un bicchiere di Malvasia per preparare il palato
alla prossima degustazione.
Alla fine della cerimonia il maestro con la
spada indica il vincitore che viene nominato
“culatello dell’anno”.
Alberto Bevilacqua
Benagiano Pastifi cio srlCorso Italia 138-140/b - 70029 Santeramo in Colle (Ba)Tel. 080-3036036 - E-mail: [email protected] - Website: www.benagiano.it
L’amore per la qualitàIl rispetto per la tradizione
Parma a tavola
Tutto nella tradizione di Parma rivela una
linea elegante, raffinata, gentile, che anche a
tavola, e in cucina, corrisponde al carattere
dell’antica capitale, dove ancora oggi si ve-
nera il nome della duchessa Maria Luigia, a
cui si deve un periodo splendido per le arti,
il costume, le feste.
Rispetto alla cucina bolognese, a quella
modenese, alla reggiana, a tutta la cucina
emiliana insomma, Parma vanta un tocco
aristocratico che si affida in particolare al
suo prosciutto, al suo parmigiano oggi pro-
tetti dal marchio di qualità.
Proviamo dunque a metterci a tavola: tutto
un pranzo “alla parmigiana”, lasciando fuori,
s’intende, quel piatto del profondo sud, che
pure si chiama addirittura “parmigiana”, fat-
to con melanzane o anche con zucchine e
In occasione della “Mostra del libro di enogastronomia” che si
svolgerà ad Alberobello, una iniziativa del Museo del Vino di Dante
Renzini, sarà premiato anche il vincitore del concorso “Il vino in
pentola” intitolato a Vincenzo Buonassisi, maestro e critico di buo-
na cucina. Può partecipare al concorso chiunque inviando a info@
lineaeditoriale.it, una mail con la ricetta di un piatto che abbia fra i
suoi ingredienti (non necessariamente quello principale) il vino di un
qualsiasi vitigno.
Di Vincenzo Buonassisi, che insieme a Luigi Veronelli nel secolo
scorso ha insegnato agli italiani l’arte del buon mangiare e del buon bere, pubblichiamo uno
scritto dedicato alla cucina parmense con le ricette dei suoi storici piatti, in occasione di uno
dei primi “Cibus”.
22Gustare l’Italia
di V
Ince
nzo
Buo
nass
isi
Tradi
zion
i culi
narie
Gustare l’Italia23
falde di peperoni, gli asparagi ancora “alla
parmigiana” che si servono lessi, con sopra
le uova fritte; e le molte insalate in cui entra-
no scaglie di parmigiano; o il tortino di par-
migiano e tartufo, stagionale, che si fa di-
sponendo a strati fettine dell’uno e dell’altro,
poi facendoli legare e ammorbidire sul fuo-
co, e così via.
Ancora, in un menù parmigiano di nome e
di fatto, come non partire da un favoloso an-
tipasto che si fa servendo separatamente, in
diverse ciotole schegge di parmigiano e
gherigli di noci: che legano nei gusti in modo
straordinario e non richiedono cot-
ture sul fuoco; caso mai, un accom-
pagnamento; e poi gli “anolini”, di-
versi da tutte le paste ripiene, a
forma di moneta o mezzaluna; un
principio sacro a Parma è che per
paste molto piccole occorre un ri-
pieno che si avvalga del sugo dello
stracotto ma non della carne (e chi
rompe questa regola è considerato
sacrilego).
Il pezzo di manzo intero poi deve
essere lardellato con striscioline di
pancetta e pezzetti d’aglio introdot-
ti nella polpa con piccole incisioni.
La cottura ideale dovrebbe esse-
re di 5 o 6 ore. E ringraziate il cielo
perché un tempo si faceva durare questa
cottura perfino tre giorni con pazienza ine-
narrabile e si usava mettere sul tegame un
coperchio rovesciato nel cui incavo si versa-
va vino rosso (Lambrusco, Gutturnio, Bonar-
da i più adatti) in modo che si formasse un
velo di sapore alcolico a proteggere e rende-
re più raffinata la cottura.
Sono rifiutate dagli ortodossi altre versioni
del piatto, in cui gli anolini vengono conditi
con burro e panna, o col ragù perché questi
condimenti ammazzano il gusto del ripieno.
Un altro piatto di grande tradizione è la
“cotoletta alla parmigiana”, guarnita sopra
con il parmigiano. Anche di questo troverete
la ricetta; a stagione, secondo disponibilità,
si usa coprire questo cotolette anche con
una piccola pioggia di lamelle di tartufo.
Ancora, a volte, invece di usare il pangrat-
tato comune, quando è il momento di frigge-
re le cotolette, si usa un pangrattato fatto
leggermente abbrustolire (passandolo al
fuoco con una noce di burro).
Altro piatto classico: l’“erbazzone” o “scar-
pazzone”, torta di verdure in cui entra ovvia-
mente il parmigiano grattugiato. Ottima ser-
vita sia calda sia fredda.
A proposito degli anolini e di tutte le paste
ripiene, ricordiamo che il primo a parlarne, in
età medioevale fu un frate: frà Salimbene da
Parma, nato altrove ma a Parma vissuto a
lungo; e ne parlò per biasimare la nuova
usanza di avvolgere palline di carne macina-
ta e altro, dentro pezzetti di sfoglia, perché
non si disfacessero per la cottura nel bro-
do.
Fortunatamente, non gli dettero ascolto.
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24Gustare l’Italia
Ingredienti per 6 persone: 300 gr di polpa di
manzo; 1 dl di olio di semi; 1 cipolla piccola; 3
spicchi d’aglio; 1 bicchiere di vino rosso; 3
chiodi di garofano; 100 gr di pane grattugiato;
100 gr di parmigiano grattugiato; 1 uovo; sale
(per il ripieno); 200 gr di farina bianca; 2 uova;
sale (per la pasta)
Procedimento: in un tegame fare rosolare la
polpa di manzo infarinata assieme all’olio.
Quando sarà rosolata da tutte le parti aggiun-
gere il vino, farlo evaporare, aggiungendo sale
e chiodi di garofano; finire la cottura con ac-
qua.
A cottura ultimata togliere la carne e mettere il
pane, girando con un cucchiaio di legno; la-
sciare raffreddare e passarlo assieme alla carne
nel tritacarne, aggiungere l’uovo e il parmigia-
no grattugiato amalgamando bene; aggiustare
di sale.
Impastare la farina e le uova con un pizzico di
sale, fino ad ottenere una pasta liscia ed omo-
Anolini in brodo alla parmigiana
Tortelli d’erbetta alla pamigiana
genea. Tirare la sfoglia sottile ricavandone delle
strisce sulle quali si distribuirà il ripieno, ripiega-
re in due la pasta, saldare bene intorno poi ta-
gliare con il tradizionale stampino.
Cuocerli in brodo di manzo e cappone.
Vino da accompagnamento: Gutturnio.
Ingredienti per 4 persone: 500 gr di ricotta; 25
gr di parmigiano grattugiato; 70 gr di foglie di
bietole lessate in acqua salata e tritate finemen-
te; 1 uovo; 5 gr di sale; noce moscata (per il ri-
pieno); 200 gr di farina bianca; 2 uova (per la
pasta); 00 gr di burro fuso; 4 cucchiai di parmi-
giano grattugiato (per condire).
Procedimento: Impastare la farina e le uova,
fino a ottenere una pasta liscia e omogenea.
Tirare la sfoglia sottile ricavandone strisce lun-
ghe 20 cm e larghe 8.
Distribuire su ogni striscia 5 cucchiaiate di ri-
pieno, ripiegare in due la pasta, saldare bene
intorno, poi tagliare con una rotellina la pasta
fra ogni tortello.
Cuocere i tortelli in acqua bollente e salata per
4/5 minuti.
Distribuire 10/12 tortelli su ogni piatto, cospar-
gerli di parmigiano grattugiato, versarvi sopra
un po’ di burro fuso e servire.
Vino da accompagnamento: Scorza Amara.
Gustare l’Italia25
Ingredienti per 4 persone: 80 gr di cipol-
la tritata fine; 100 gr di pancetta tagliata a
julienne; 400 gr di spinaci lavati; 2 uova;
200 gr di parmigiano grattugiato; sale;
noce moscata; 250 gr di pasta sfoglia; 4
cucchiai d’olio.
Procedimento: fare imbiondire la cipolla
nell’olio, aggiungere la pancetta e gli spi-
naci, sale, noce moscata e pepe.
Portare tutto a cottura e lasciare raffred-
dare; aggiungere uova e parmigiano.
A parte tirare metà della pasta sfoglia e
metterla a coprire il fondo di una teglia.
L’altra metà servirà per coprire la farcia.
Infornare a 200° per 20 minuti.
A piacere nella farcia si può aggiungere
un poco di ricotta.
Vino da accompagnamento: Gutturnio.
Ingredienti per 4 persone: 4 piccioni; 80 gr di
scalogno; 80 gr di cipolla; 40 gr di funghi por-
cini secchi; 1 dl di olio; 300 gr di riso; 1 dl di
vino bianco; 100 gr di burro; 100 gr di parmi-
giano; 2 mestoli di brodo; pane grattato.
Erbazzone
Bomba di risoProcedimento: disossare i piccioni meno le
cosce e rosolarli in padella con lo scalogno e i
funghi ammorbiditi e cuocere lentamente.
Tostare le ossa, aggiungere un po’ d’acqua,
lasciare ridurre e aggiungere al ragù.
Rosolare la cipolla con un po’ di burro,
aggiungere il riso, farlo tostare, mettere il
vino, farlo evaporare e portare a cottura
col brodo, mantecare col burro e parmi-
giano e lasciare riposare per 5 minuti.
Imburrare uno stampo a ciambella, pas-
sare il pane grattato, mettere un primo
strato di riso poi il ragù di piccione (1/3 te-
nendo a parte le cosce), riempire col riso
rimasto, infornare a 200° per 10 minuti
circa.
Rovesciare lo stampo su un piatto da
portata e mettere al centro il ragù rimasto
e le cosce.
Vino da accompagnamento: Gutturnio.
Federica, mamma cuoca
26Gustare l’Italia
di C
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rella
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Maggio è anche il mese del “Mother’s
Day” il giorno della mamma la festa nata negli
Stati Uniti a metà degli anni 50 che ho avuto
l’onore di portare per primo in Italia nella mia
trasmissione “Zurlì mago del giovedì” che
conducevo in quel periodo dagli studi della
Rai di Milano.
Come Direttore Editoriale di “Gustare l’Ita-
lia” ho deciso di ricordare questa festa in mo-
do originale e d’accordo con la direzione del
Cibus, che si svolgerà a Parma dal 7 al 10
maggio pochi giorni prima del “Mother’s Day”
si è deciso di premiare una mamma del mon-
do dello spettacolo che oltre alle qualità di te-
nerezza, sensibilità, amore per i propri figli ne
abbia un’altra importantissima dal punto di
vista gastronomico: sia anche una buona
cuoca.
Abbiamo svolto un’indagine in tal senso e
siamo giunti alla conclusione che le mamme
più votate sono state Lorella Cuccarini, Anto-
nella Clerici, Cristina e Benedetta Parodi, De-
borah Compagnoni.. ma al primo posto con
una percentuale bulgara è stata scelta Fede-
rica Panicucci.
Il risultato mi ha fatto molto piacere perché
conosco Federica fin dai tempi del suo esor-
dio come “centralinista” di Portobello, storico
programma di Enzo Tortora.
Qualche tempo fa ero stato invitato alla sua
trasmissione “Mattino Cinque” che conduce
con Paolo Del Bebbio, in onda dal lunedì al
venerdì negli studi Mediaset e ho trovato sor-
prendente come gli anni siano scivolati sul
suo luminoso viso e sul suo corpo senza la-
sciar tracce; sempre bella, fresca, luminosa.
E sempre più brava. Ero stato invitato alla tra-
smissione per parlare di un incidente che mi
è capitato tre anni fa, un caso che gli scien-
ziati chiamano “pre-morte”; il cuore mi si era
fermato per alcuni minuti durante i quali mi
sono trovato proiettato in un’altra dimensione
dove sono stato inondato da una luce “liqui-
da” ed ho trascorso momenti di pace profon-
da riascoltando voci di persone care scom-
parse.
È stata un’emozione intensa e da quando
sono ritornato alla realtà cerco di far arrivare
© U
ffic
io S
tam
pa
Med
iase
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Gustare l’Italia27
a tutti un messaggio: “Non abbiate paura.
Quando il vostro cuore si fermerà non sarà la
fine; e non vi troverete soli”.
Insieme a me c’erano altre persone che
hanno vissuto la mia stessa esperienza e la
raccontavano quasi con le mie stesse parole;
c’era però anche qualche scettico che attri-
buiva quanto ci era accaduto, ad una sorta di
allucinazione come accade quando si è sotto
l’effetto di una droga o quando si sogna…
Era inutile obiettare che non tutti i sogni sono
uguali e la droga provoca sensa-
zioni diverse da individuo al indivi-
duo.
Federica condusse il non facile
dibattito che ne è seguì con molta
classe e sensibilità, e al termine
della trasmissione mi complimen-
tai con lei dicendole che aveva
fatto davvero molta strada da
quando aveva iniziato la sua pri-
ma esperienza nel mondo dello
spettacolo.
Mi disse che in realtà aveva co-
minciato molto prima, a cinque
anni, quando aveva partecipato
ad uno spettacolo musicale cantando una
canzone; e mi mostrò ridendo una foto di lei
bambina insieme a Mago Zurlì.
La rivedo dunque per dirle che è stata no-
minata “Mamma Cuoca 2012” e la cosa le fa
molto piacere anche se si schermisce con
modestia: “Non sono poi una grande cuoca”
- dice - “sono toscana nata a Cecina, mi pia-
ce il buon mangiare e il buon bere; sono di-
screta ai fornelli e quando ho tempo cucino
per tutta la famiglia divertendomi molto e ap-
passionandomi. Purtroppo il mio lavoro non
mi permette si farlo spesso come vorrei. Le
mie specialità sono favolose lasagne al ragù
per le quali mio marito e i miei figli vanno mat-
ti, e quella che noi a Cecina chiamiamo la
“fettunta”; non è un cibo molto importante, è
una merenda, ma la faceva sempre mia non-
na quando ero bambina. Nei miei ricordi non
c’è niente di più buono. È la mia “madeleine”
come per Proust il dolcetto di Zia Lèonie.”.
Sorride come a inseguire un piacevolissimo
ricordo.
“Posso avere per i nostri lettori le ricette
delle lasagne che della fettunta?” le chiedo
“per le lasagne non c’è problema – mi rispon-
de - “ma non cercare di fare la “fettunta” per-
ché ti sarà impossibile. Anch’io spesso ci pro-
vo ma non riesco mai a farla come quella di
nonna Chiarina”
“Chiarina ? Non ci può essere un nome più
bello per una nonna” dico
“Lei era proprio come il suo nome: lucente,
serena, sempre allegra… quando era l’ora
della merenda prendeva una fetta di pane, ta-
gliava un pomodoro che strofinava da una
parte e dall’altra parte del pane, un pizzico di
sale e poi una pioggerellina d’olio. Ed io ero
in Paradiso”.
“Con tutto il rispetto per la nonna Chiarina”
- le dico - “non mi pare una ricetta così im-
possibile da realizzare … non è poi così diffi-
cile procurarsi una fetta di pane…”
28Gustare l’Italia
Mi interrompe: “Si ma quale pane ? non
quello che troppo spesso si mangia oggi… il
pane deve essere quello dei contadini tosca-
ni, cotto nel forno a legna, senza sale…pane
che sa di pane e non di cartone come spesso
succede oggi, e il pomodoro non quello dei
supermercati che sa di plastica, ma quelli del-
la campagna intorno a Cecina; non sono pro-
prio perfetti esteticamente, ma maturano
senza aiuti chimici al sole e al vento che arriva
dal mare…e l’olio… l’hai mai assaggiato l’olio
degli uliveti della mia Toscana, intenso, profu-
mato, che ti accarezza e poi ti pizzica delizio-
samente in gola?”
Le obbietto che forse a Milano sarà difficile
trovare quel pane, quei pomodori, quell’olio,
ma le basterà tornare a Cecina e da qualche
contadino potrà ancora trovare tutto ciò che
occorre per rifare la “fettunta”
“Certo quando posso tornare nella mia cit-
tà, ci provo ogni volta, e riesco a fare qualco-
sa che si avvicina al sapore che mi è rimasto
nel cuore… ma ci sono ingredienti che pur-
troppo non trovo più”.
“Quali ?”
Sospira con dolcezza: “Le storie fantasti-
che che mi raccontava mentre facevo meren-
da, le sue risate, gli occhi luminosi di nonna
Chiarina…”
Non lo dico, ma penso che quello che mi è
accaduto e che ho raccontato in trasmissio-
ne non è stata un’allucinazione, come so-
stengono i sapientoni, ma una realtà alla qua-
le tutti noi prima o poi andremo incontro,
quelle storie, quei sorrisi e quegli occhi li ri-
troverà un giorno (che le auguro però lonta-
nissimo!).
Le lasagne di FedericaIngredienti per 4 persone: 300 g di pasta all’uovo;
300 ml di besciamella; ragù alla bolognese; 150 g
di Parmigiano grattugiato; 100 g di prosciutto; 100
g di formaggio stagionato.
Procedimento: ritagliate le lasagne da una sfoglia
non troppa sottile; cuocete la pasta in abbondante
acqua salata e scolatela al dente.
Foderate una teglia da forno col ragù; stendete
uno strato di pasta, quindi coprite con altro ragù,
qualche cucchiaio di besciamella, una spolverata
di Parmigiano, il formaggio e il prosciutto.
Procedete in questo modo fino a quando non sarà
esaurita tutta la pasta.
Sull’ultimo strato mettete abbondante ragù, besciamella e Parmigiano e infornate nel forno pre-
cedentemente scaldato a 180° per mezz’ora circa. Servite subito, ben caldo.
30Gustare l’Italia
di F
elic
e M
arat
ea
La nostra Luna illumina oggi un ristorante
non proprio trascurato dalle guide gastrono-
miche ma che, a parere di chi scrive, avrebbe
diritto ad un’attenzione maggiore da parte dei
severi critici che attraversano l’Italia per ema-
nare le loro sentenze inappellabili; qualche
stella, qualche forchetta, qualche gambero in
più certo lo meriterebbe l’elegante locale di
Cortina d’Alseno, il bel paese immerso nel ver-
de e nel silenzio delle colline del piacentino.
Le lu
ne d
i Gus
tare
l’Ita
lia
Siamo nel cuore del ducato di Parma e Pia-
cenza dove regnò dal 1815 al 1847 Maria Lui-
sa di Borbone, la moglie di Napoleone bella e
passionale. Ancora oggi si ritrova il ricordo fe-
lice del suo governo, oltre che in molti palazzi
e monumenti, nella “erre” dalla gente di que-
ste parti, un dolce difetto di pronuncia che ri-
corda quella francese ma meno aggressiva,
più musicale, più dolce e sensuale. Proprio
come il carattere di chi vi è nato.
“Da Giovanni”
A Cortina d’Alseno il tempo ha battiti lenti,
le ore trascorrono nella quiete; è il luogo idea-
le per chi è in cerca di tranquillità e di riposo
ma anche di sapori del passato. Troveranno
tutto ciò nel ristorante “Da Giovanni” situato in
una bella casa di campagna dove oggi c’è chi
vi arriva anche in elicottero grazie alla spiazzo
accanto alla costruzione, ma nel settecento
era una posta per cambiare i cavalli delle car-
rozze che lasciavano la via Emilia dirette a Ge-
nova per la “Via dell’olio” (così chiamata per-
ché la percorrevano i commercianti che
Gustare l’Italia31
andavano nel capo-
luogo ligure ad ac-
quistare il prezio-
so liquido).
D i v e n t a t a
un’osteria alla fine
dell’Ottocento fu ac-
quistata cinquant’anni
fa da Giovanni Besenzoni che con la moglie
Carolina, straordinaria cuoca, aveva deciso di
farne una trattoria dove poter gustare i cibi
della tradizione cosentina.
Il successo fu immediato e la voce si sparse
in breve tempo; chi voleva riassaporare i piatti
di un lontano passato doveva recarsi da Gio-
vanni dove la Carolina realizzava indimentica-
bili manicaretti, sopratutto i “Pisarei e fasò”,
una ricetta del Quattrocento.
I “pisarei” sono un tipo di pasta fatta a ma-
no; il nome non è proprio elegante (chiedete il
significato a Renato o leggetelo nel dizionario
italo - piacentino), i fagioli sono quelli “dell’oc-
chio”, carnosi e sensuali.
Qualche anno dopo si aggiunse alla condu-
zione della trattoria il figlio Renato che aveva da
poco sposato la bella Maria Teresa anche lei ot-
tima cuoca, e così la continuità fu assicurata.
Oggi i compiti dei Besenzoni sono così sud-
divisi: Maria Teresa, amorevolmente assistita
dalla suocera, è la regina dei fornelli; il figlio Ni-
cola è il simpatico perfetto maitre in sala; e Re-
nato, da quando non c’è più papà Giovanni,
procura le materie prime, gli inarrivabili salumi
per la gran parte realizzati in proprio e della
scelta dei vini alcuni di questi anche di propria
produzione.
Nella cantina sono presenti oltre a nobili vini
italiani, i migliori di Emilia Romagna e soprat-
tutto quelli di Parma, Modena e Piacenza.
Sono vini di non grande nobiltà e con una
pessima stampa perché spesso prodotti in
modo superficiale, ma Renato ha compiuto
un’accurata scelta tra i prodotti del territorio e
propone il meglio in assoluto rendendo così
giustizia a questi vini piacevoli e generosi che
Sante Lancerio, il messo incaricato da Papa
32Gustare l’Italia
Paolo II a cercare i vini da bere nelle tappe dei
suoi viaggi, aveva definito “belli come sono bel-
le le maschere, le rotelle et ancora le donne”e
Andrea Bucci, medico di Papa Sisto V, li aveva
trovati “di gusto delizioso, piccanti, di soave
odore e spumanti mentre si versano”.
Deliziosi e spumeggianti sono i due vini che
produceva papà Giovanni: il rosso Gutturnio e
il bianco Ortrugo. Il Gutturnio, dal nome poeti-
co e tenebroso, è un uvaggio di Barbera e Bo-
narda, vispo e brioso, allegro, tutto sapore e
colore, perfetto per i salumi e per la ruvida cu-
cina piacentina.
È un vino che mal sopporta i viaggi e solo
quando lo si beve sul posto esprimere al me-
glio le virtù. Si beve abbastanza fresco e ha la
consistenza dei sogni giovanili.
L’Ortrugo è ottenuto da un vitigno autoctono
rarissimo e quasi in via d’estinzione. Il suo
matrimonio ideale è con i soavi culatelli che
Renato realizza con antica sapienza.
In cucina regna la tradizione più ghiotta e ri-
gorosa e Maria Teresa ne è l’interprete attenta
e puntuale.
E se qualche volta cede all’ispirazione del
momento a alla fantasia, le asseconda nel ri-
spetto dei prodotti che le arrivano dalla campa-
gna, dalle colline, dall’orto. “Avere ospiti signifi-
ca farsi carico della loro felicità” è una sua
bellissima frase sulla quale dovrebbero medita-
re moltissimi chef anche fra i più titolati.
Alcuni suggerimenti tratti dal suo menù: “In-
salatina di gallina perniciata di Viustino, vinai-
grette all’aceto balsamico e tartufo nero esti-
vo”, “Anatra muta di Viustino brasata al
monterosso” “Trancio di storione al gutturnio”
e, immancabili e superbi, i “Pisarei e fasò baz-
zotti”.
È questo un piatto non proprio leggero ep-
pure secondo i piacentini è ideale per una ce-
na romantica preludio ad una notte appassio-
nata. Non è proprio un cibo leggero, forse
anche un pò eccessivo ma da queste parti si
dice che se in Paradiso non ci saranno i “Pisa-
rei e fasò” mancherà qualcosa alla completa
beatitudine.
Gustare l’Italia33
Così come dal resto il Paradiso non sarebbe
perfetto senza una delle più alte invenzioni ga-
stronomiche di questa terra benedetta: il cibo
divino e afrodisiaco come i tartufi, i caviale, i te-
sticoli di cigno, le ostriche, le radici di mandra-
gola; sto parlando di sua maestà il culatello.
Avvicinarsi al culatello la prima volta è come
scoprire Mozart, come dare il primo bacio
d’amore, come tuffarsi nelle acque incontami-
nate di un lago alpino in una quieta sera
d’estate.
Il culatello è un cibo inventato per l’allegria in
una terra dove è proibita la malinconia, dove i
pensieri evaporano come al mattino le nebbie
fiumarole che vi hanno trascorso la notte.
Quale geniale poeta ha pensato per primo di
isolare la parte della coscia del maiale per de-
stinarla a diventare culatello, rifilarla, salarla,
vestirla del “sunsen” e legarla dandogli la ca-
ratteristica forma a pera?
Come ha potuto intuire che le nebbie del
grande fiume avrebbero dato l’ultimo tocco in-
34Gustare l’Italia
sieme al buio e al silenzio per portare la sua
creazione alla perfezione? Quante melodie
eterne di Verdi si devono al culatello? Quanti
deliziosi racconti del Mondo Piccolo di Gio-
vannino Guareschi?
Oggi è difficile trovare l’autentico culatello;
purtroppo l’industria se ne è impadronita ed è
riuscita a violentarlo e ad alterarlo così come
ha fatto con altri prodotti: dal “formaggio di
fossa” al “lardo di Colonnata” ai “fagioli di So-
rana” alla “mozzarella di bufala” all’aceto bal-
samico… e l’elenco potrebbe purtroppo con-
tinuare.
Per fare un autentico culatello occorre in-
nanzitutto che sia ottenuto da maiali cresciuti
in libertà e nutriti con cibi genuini senza ag-
giunta di additivi chimici; ed una volta insacca-
ti il tempo per portarli alla preparazione non
può essere inferiore ai 24 mesi; oggi la gran
parte di quello che arriva sulla nostra tavola è
ottenuto da maiali allevati in batteria e realizza-
to anche in soli 10 mesi.
“Da Giovanni” si può ancora gustare, come
nel bel tempo andato, quello che d’Annunzio
chiamava “delizia golosa” e se ne diceva “cu-
pidissimo amatore”.
Se il grande Gabriele si trovasse oggi a pas-
sare dalle parti di Cortina, se potesse gustare
il culatello di Renato, se potesse gustare le
creazioni gastronomiche di Maria Teresa, scri-
verebbe articoli di fuoco contro certi critici ga-
stronomici che danno a “Da Giovanni” valuta-
zioni pari a quelle di certi locali banali; e
sarebbe certo d’accordo con noi che alla fami-
glia Besenzoni diamo la nostra Luna, piena e
risplendente.
Il “Genio” della“cucina molecolare”
36Gustare l’Italia
di C
ino
To
rto
rella
La notizia dell’anno nel magico mondo del-
la gastronomia: “Ferran Adrià terrà un corso
di cucina all’Università di Harvard per i prossi-
mi 5 anni”, strillano i media di tutto il mondo.
Dopo aver dato l’addio ai fornelli il 30 luglio
dello scorso anno (e gli appassionati di cucina
si stanno ancora chiedendo il perché) questo
sarà il prossimo impegno che attende l’inven-
tore della “Cucina mMolecolare” al quale la
sua città, Barcellona, ha dedicato una mostra
intitolata “Rischio, Libertà e Creatività” che si
può vistare al Palau Robert fino al febbraio
dell’anno prossimo.
Ferran vi è celebrato come uno dei più illu-
stri figli della Catalogna, colui che ha innalza-
to a mito il ristorante “elBulli” numero uno al
Il pe
rsona
ggio
mondo, e ha pure avuto il coraggio di chiudere
dopo 25 anni di successi.
Ben ottomila pagine di 6 libri e 6 cdrom sono
occorse per spiegare la nascita e l’evoluzione
del ristorante di questo personaggio che ha in-
cominciato la sua carriera a frequentando le
cucine come lavapiatti ed è arrivato a essere
considerato il più grande cuoco vivente, uno
dei più grandi della storia.
La Mostra descrive le oltre duemila creazioni
di Adrià e presto sarà inaugurato un Museo
dove saranno conservati religiosamente gli
storici documenti sul ristorante ormai chiuso.
Pare anche certo che a Holliwood sarà gira-
to presto un film basato sul racconto “The
Sorcerer’s Apprentice” (l’apprendista strego-
© J
avie
r E
chez
arre
ta
Gustare l’Italia37
ne) di Lisa Abend, e il film uscirà nel 2014 in
contemporanea con un’altra mostra che si ter-
rà a New York.
Migliaia dei fan che stanno riempiendo le sa-
le del Palau Robert per visitare l’esposizione
del Maestro sono in trepida attesa dell’inizio
dei corsi ad Harvard, la storica università di
Boston del Massachusetts e della Fondazione
“elBulli” che aprirà fra un paio d’anni.
Dopo aver stupito il mondo dei gourmet con
la cucina molecolare (per comprendere la qua-
le occorre rivolgersi a ingegneri nucleari) terrà
lezioni sulla Cucina come punto di arrivo per la
scienza, l’arte la letteratura che si sono poste
al suo servizio e l’hanno fatta diventare sog-
getto di dispute accademiche.
Ho avuto la fortuna di incontrare tre volte
questo genio della cucina che certo è riduttivo
chiamare chef e men che meno cuoco: la pri-
ma volta fu agli inizi degli anni ’90; avevo sen-
tito parlare di Ferran Adrià, delle sue creazioni,
delle centinaia di giovani allievi che da tutto il
mondo si succedevano nella sua cucina per
imparare le sue tecniche rivoluzionarie.
Mi ero trovato a
Barcellona la dome-
nica delle Palme,
avevo visitato l’emo-
zionante cattedrale
incompiuta di Gau-
dì, avevo assistito
alla Messa Pasquale
recitata in puro ca-
stigliano all’aperto
davanti alla chiesa.
Ero poi andato a
cena da “elBulli” a
Roses pochi km dal
confine francese, con alcuni amici curiosissimi
come me nel provare le creazioni di quel cuo-
co di cui parlava tutto il mondo dei gourmet.
Passarono gli anni e mi ritrovai nella bellissi-
ma capitale della Catalogna insieme a Mike
Bongiorno con il quale stavo realizzando una
trasmissione il “Premio Mozart” una gara di
giovani concertisti selezionati in tutto il mondo.
Anche Mike aveva sentito parlare di “elBulli”
e volle provarlo. Non gli raccontai della mia pri-
ma esperienza e partimmo per Roses.
Il ricordo di quel secondo incontro è molto
più vivo del primo perché in seguito ne parlam-
mo a lungo con Mike: arrivati a Roses prose-
guimmo per cala Montjoi, una stradina che
correva fra agavi, oleandri, lecci e pini marittimi
ci portò al ristorante che si affacciava su una
deliziosa spiaggetta; varcammo la veranda che
dava su due sale molto piacevoli tra il rustico e
il classico, e ci fu dato il menù, ma il maitre ci
consigliò di lasciar fare allo chef come la gran
parte degli ospiti.
Ci presentò anche la carta dei vini segnalan-
doci quelli italiani di marche prestigiose come
Gaya, Schiopetto, Gravner, ma dovendo gu-
stare cibi cucinati da un catalano preferimmo
un vino della zona totalmente sconosciuto e
che trovammo gradevole.
Poi cominciò la processione dei cibi e ripro-
vai l’esperienza della prima volta. “Ma che co-
38Gustare l’Italia
sa stiamo mangiando?” conti-
nuavamo a chiederci fra una
portata e l’altra; e ce lo chie-
demmo per molto tempo dopo
aver pagato il conto che, siamo alla fine del
secolo scorso, superava le 300.000 lire.
Continuando a leggere gli innumerevoli arti-
coli che illustravano le gesta di Adrià arrivam-
mo alla conclusione che eravamo noi a non
aver capito niente del genio , delle sue intui-
zioni spericolate che avevano dato una svolta
epocale alla storia della cucina travolgendo
tradizioni, usanze, consuetudini…
Qualche tempo dopo però ci capitò di leg-
gere su “La Stampa” un articolo di Edoardo
Raspelli che aveva vissuto la nostra medesima
esperienza. “Finalmente capiremo chi è Ferran
Adrià e sapremo che cosa abbiamo
mangiato a “elBulli” - ci dicem-
mo.
Eccone alcuni passi: “…La prima
schiuma arriva subito, appena seduti, con un
buon whisky sour ai frutti della Passione, poi i
primi cinque “piatti” saranno solo sfizi provoca-
tori più da cocktail party che da ristorante: da-
dini millimetrici di sesamo croccante (!), baccalà
croccante (!!), croccante di alghe (!!!), un cuc-
chiaino con pinoli in salsa sala-
ta e montata, riso selvaggio
cotto a mo’ di pop corn, la cui
cottura lo riduceva a vermetti;
cosine fredde, fettucce da
sgranocchiare. E poi si cade a
precipizio.
Un delizioso bicchierino por-
ta una pallina di pane farcito di
olio e fritto, adagiato su un
bianco sorbetto di acquoso
pomodoro; un cucchiaio reca
una schiumetta di patata con
un lieve gusto di caffè. (…)
Un altro calicino elegante ar-
riva: “Lo deve bere tutto di se-
guito” mi dice il cortese cameriere. Il colore è
terrificante: sembra il riflusso gastroesofageo
della protagonista dell’Esorcista. All’inizio è una
crema calda di piselli, sul fondo si trasforma in
menta ghiacciata: repellente.
I medaglioni sono freschissimi frutti di mare
locali, mollicci, accompagnati da una dolce ge-
latina di frutti della Passione. Il mio entusiasmo
per le annunciate “tagliatelle alla carbonara” è
durato un secondo: su un vitreo
piatto trasparente mi sono arri-
vati dei freddi spaghettini diafani
creati mettendo una montagna
di agar- agar in un brodo, fatto così rassodare.
Li accompagnano dadini di formaggio e uovo
crudo. E avanti così fino al drammatico finale.
La lettura di quell’articolo ci rallegrò: evidente-
mente non eravamo i soli a essere stati scioc-
cati dall’esperienza vissuta a Roses…
Spesso non mi sono trovato d’accordo su
certe considerazione gastronomiche di Ra-
spelli, ma quando lo incontrai mi felicitai con
lui e non mancai di ringraziarlo per quello che
aveva scritto su “elBulli”
Passò qualche anno e mi accadde di incon-
trare Ferran Adrià per la terza volta ma, per
mia fortuna, non in Catalogna.
Gustare l’Italia39
Mi ero trovato al Castello di Grinzane Ca-
vour per un avvenimento gastronomico; termi-
nata la cerimonia avrei dovuto fermarmi al
pranzo che si svolgeva in un’ala del castello,
ma adducendo il banale motivo di un impegno
improvviso risalii in macchina e mi diressi ad
Albaretto della Torre che dista da Grinzane
una decina di km; trovarsi nelle Langhe, in au-
tunno, intorno all’una, a pochi km da Albaretto
e non andare a pranzare al ristorante di Cesa-
re Giaccone sarebbe stato un delitto imperdo-
nabile per qualsiasi gourmet.
L’autunno è la stagione ideale per la cucina
di Cesare; la Langa indossa colori intensi e
delicati e in quel tempo Cesare ha il baffo fre-
mente. Più che baffi i suoi in questa stagione
sono vibrisse con le quali “sente” i suoi piatti
per avvicinarli alla perfezione.
Arrivai dunque al ristorante appena fuori Al-
baretto e venni accolto come sempre da ami-
co ma Cesare si disse molto dispiaciuto per-
ché tutti i tavoli erano occupati: “Se non ti
dispiace ti faccio pranzare con un mio cliente
che sta per arrivare insieme a un cuoco spa-
gnolo di cui non ricordo il nome”
“Come stai a trifole?” gli chiesi (trifola è il no-
me che in Piemonte si dà ai tartufi).
“Ho passato la notte con il mio tabui e ne ho
di fantastici” (in Langa si chiamano “tabui” i
cani senza pedigree, diciamo pure bastardi,
che spesso sono i migliori cacciatori di tartufi)
“Per le tue trifole pranzerei anche con il diavo-
lo”. Di li a poco arrivarono gli ospiti che Cesare
attendeva; uno di questi era Ferran Adrià. Fu un
pranzo che - quello sì - non dimenticherò mai. E
sono certo nemmeno lo chef spagnolo.
Cesare superò se stesso;
incominciò con l’antipasto
“insalata novembrina con
carne di fagiano, castagne,
melograno e tartufo” condi-
ta con olio extravergine e
arancio; continuò con “ra-
violi di fonduta ricoperti da
una pioggia di tartufi” (dice
Cesare che è anche un poe-
ta: “I ravioli di fonduta senza
tartufi sarebbero come una
notte di luna senza innamo-
rati”).
Fu poi la volta di “patate
alla grappa con patè di fara-
Cesare Giaccone
40Gustare l’Italia
ona” (patate di Garessio che crescono a mille
metri sulle montagne del cuneese: gustose,
friabili, ricche di sapori; si tagliano, si bagnano
nella grappa che Romano Levi inventava a Ne-
ve e si accompagnano con il patè.
Fece poi il suo trionfale ingresso l’”anatra
farcita con salsa di castagne al tartufo bianco”
un’altra favolosa creazione di Cesare.
Ferran era al colmo della meraviglia; aveva
gustato ogni piatto con rapimento, con pas-
sione, con continui esclamazione di stupore.
Ricordavo le sue schiume, i suoi spaghettini
diafani, le sue salsine molli, le gelatine, il gela-
to di parmigiano...
E lo vedevo gustare rapito i cibi che conti-
nuavano ad arrivare in tavola e di ognuno vo-
leva conoscere ogni segreto.
Cesare gli raccontò ogni cosa aiutato dal
suo amico che faceva da traduttore, mentre
gustavamo i formaggi di Occelli che in que-
gl’anni aveva incominciato a creare i formaggi
ritrovati da un passato che si credeva perso
per sempre, bevendo alcune bottiglie del Ba-
rolo Monfortino di Conterno aperte qualche
ora prima; il vino al contatto dell’aria si era fat-
to morbido e cedevole come una bella donna
che finalmente ha detto sì.
Tre bottiglie dopo ci alzammo da tavola. Fer-
ran non finiva mai di dare pacche sulle spalle
di Cesare che era visibilmente commosso an-
che se non ama le lodi,ed è contro ogni gene-
re di valutazione, odia le stelle, i cappelli, le
forchette e ogni diavoleria che le varie guide
gli impongono contro la sua volontà.
Ma quei complimenti gli arrivavano da chi
era considerato il cuoco numero uno al mon-
do, un genio, un inventore di fronte al quale
Marconi, Meucci, Volta, Franklin scompaio-
no…
Non ho mai avuto il coraggio di raccontare a
Cesare le mie esperienze catalane a “elBulli”.
Aspetto che qualcuno in Italia si decida a
dare a Cesare quel che è di Cesare: non mu-
sei, non fondazioni, non biblioteche…baste-
rebbe anche solo un cavalierato: Cav. Cesare
Giaccone. Meglio di no. Suona male.
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1155/CC
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Al via il Masterdella Cucina Italiana
42Gustare l’Italia
del
la R
edaz
ione
Non è semplicemente un corso di alta for-
mazione professionale finalizzata ad appren-
dere le migliori tecniche di cucina. E’ soprat-
tutto un percorso destinato ad “aprire le
menti”, fornendo stimoli culturali ed estetici
utili a sviluppare la personalità del futuro chef,
la sua creatività, la sua originale visione della
cucina.
Con questi obiettivi nasce il “Master della
Cucina Italiana”, presentato nel corso di una
conferenza stampa tenutasi a Vicenza, nella
sede della Confcommercio, che ha visto come
relatori i componenti del comitato scientifico
del Master costituito da Sergio Rebecca, pre-
sidente della Confcommercio di Vicenza e di
Esac S.p.A. divisione Formazione (l’ente servi-
zi che gestirà questo percorso formativo),
Massimiliano Alajmo, chef tre stelle Michelin,
Raffaele Alajmo, amministratore delegato di
Alajmo S.p.A. e Mauro Defendente Febbrari,
medico, esperto di salute e nutrizione.
La fo
rmaz
ione
Il Master potrà contare, come punto di forza,
su di un corpo docente d’eccezione ed in par-
ticolare sul contributo formativo dei cuo-
chi stellati “Cavalieri del-
la Cucina Italiana”, di
cui oltre allo stesso
Massimiliano Alajmo
(Le Calandre, Sarmeola di
Rubano), sono parte: Heinz
Beck (La Pergola, Ro-
ma), Andrea Berton
(Trussardi alla Scala,
Milano), Massimo
Bottura (Osteria Fran-
cescana, Modena), Anto-
nio Cannavacciuolo (Villa Crespi, Orta San
Giulio), Moreno Cedroni (Madonnina del Pe-
scatore, Senigallia), Chicco Cerea (Da Vittorio,
Brusaporto), Gennaro Esposito (La Torre del
Saracino, Vico Equense), Giancarlo Perbellini,
(Perbellini, Isola Rizza), Niko Romito (Reale
Massimiliano Alajmo, Raffaele Alajmo e Mauro Defendete Fabbri
Gustare l’Italia43
Casadonna, Castel di Sangro), Giovanni Santi-
ni, (Dal Pescatore, Canneto sull’Oglio) Davide
Scabin (Combal. Zero, Rivoli) , Ciccio Sultano
(Duomo, Ragusa) e Mauro Uliassi (Uliassi, Se-
nigallia).
“Con questo Master vogliamo contraddire la
visione tecnicista di cucina ridotta quasi solo
all’aspetto estetico - ha affermato Massimilia-
no Alajmo nel corso della conferenza stampa
- e far invece emergere il pensiero che essa sia
cultura, intimità, espressione. Sarà quindi un
percorso formativo che intende non tanto “sa-
ziare” quanto stimolare gli appetiti culturali de-
gli allievi”.
I punti salienti dell’offerta formativa sono
stati illustrati dal presidente Rebecca, che ha
esordito sottolineando come questo Master
sia “rivolto a giovani “coraggiosi”, che voglio-
no mettersi in gioco non solo come professio-
nisti, ma anche e soprattutto come uomini e
donne decisi, prima di tutto, ad elevare la pro-
pria crescita personale”.
Certo, la tecnica rivestirà una parte impor-
tante, con ben 360 ore di lezione di alta cucina
(su 800 totali) tenute dai “Cavalieri della Cuci-
na Italiana”, 96 ore di pasticceria con profes-
sionisti quali Gianluca Fusto, Corrado Assen-
za, Luigi Biasetto, Ezio Marinato, 32 ore di
sommellerie e abbinamenti enologici affidate a
Angelo Sabbadin.
La manualità, che rimane dunque al centro,
sarà però “vivificata” dal percorso teorico for-
Heinz Beck Andrea Berton Massimo Bottura
Antonio Cannavacciuolo Moreno Cedroni Chicco Cerea
44Gustare l’Italia
mativo, per dare all’allievo l’opportunità di li-
berare e dispiegare tutte le sue potenzialità.
Nel programma del Master, sono state a tale
proposito contemplate materie quali: Chimica
e fisica degli alimenti (Davide Cassi); Nutrizio-
ne ed igiene (Mauro Defendente Febbrari); Zo-
otecnia, agraria, ittica (Filippo Scortegagna);
Analisi sensoriale e psicologia (Lorenzo Dante
Ferro e Francesco Biroli); Arte, estetica (Filippo
Maglione); Storia e cultura della cucina italiana
(Massimo Montanari); Storia della gastrono-
mia e Letteratura gastronomica (Alfredo Pelle
e Antonio Di Lorenzo); Management aziendale
(Raffaele Alajmo); Team building (Roberto Ge-
suato).
Secondo il Comitato scientifico che ha idea-
to il Master, teoria e pratica non bastano: “Vo-
gliamo far capire ai giovani allievi che si può
“leggere” la società e crescere come persone
anche attraverso il cibo, che ingredienti e so-
stanze sono metafora della vita - ha sottoline-
ato Mauro Defendente Febbrari, medico e
amico personale di Luigi Veronelli -. In cucina,
ad esempio, ogni movimento, ogni sensazio-
ne, anche quella uditiva di una pentola che
bolle o di un fragrante pezzo di pane che si
spezza, può essere un’emozione sensoriale
fantastica, che dobbiamo imparare ad apprez-
zare fino in fondo e quindi a saper trasferire”.
Ed è, questo, un concetto sottolineato an-
che da Raffaele Alajmo: “Il nostro primo obiet-
tivo è ovviamente quello di
contribuire a formare cuochi
che in futuro potranno dire la
loro nell’ambito della cucina
italiana di qualità. Il nostro au-
spicio, però, è che al termine
di questo percorso si possa
conseguire non solo un miglio-
ramento tecnico, ma anche un
arricchimento umano”.
In questo senso saranno so-
lo 20 gli allievi che potranno
avere l’opportunità di frequen-
Gennaro Esposito Giancarlo Perbellini Niko Romito
Giovanni Santini Davide Scabin
Gustare l’Italia45
tare il Master e di essere quin-
di in aula con alcuni dei più il-
lustri chef italiani.
Il percorso si rivolge ai mi-
gliori studenti degli istituti al-
berghieri, che abbiano conse-
guito però un’esperienza di
base nelle cucine dei ristoran-
ti. Le lezioni inizieranno ad ot-
tobre 2012, ma le iscrizioni so-
no già aperte (tutte le
informazioni sul sito www.ma-
stercucinaitaliana.it).
Sede del master sarà il Centro Formazione
di Esac S.p.A. (Ente Servizi Associazione
Commercianti), a Creazzo (Vicenza), una strut-
tura nuovissima (sarà attiva tra pochi giorni)
dotata di moderne cucine professionali affian-
cate da laboratori di pasticceria, gelateria e
panificazione, sale di degustazione e sommi-
nistrazione e in generale di tutte le attrezzature
necessarie per garantire formazione di alto li-
vello, sia manageriale che, appunto, specializ-
zata nel comparto food.
Per poter accedere al corso e al fine di ga-
rantire uniformità tra gli allievi è prevista una
selezione di verifica della manualità di base in
cucina. Mentre al termine del percorso for-
mativo (che durerà 5 mesi, cui seguirà
un’esperienza pratica in alcuni dei più impor-
tanti ristoranti italiani) verrà rilasciato un atte-
stato di partecipazione con un bilancio delle
competenze, vale a dire una valutazione, ef-
fettuata dal comitato scientifico, delle abilità
acquisite e delle attitudini dimostrate durante
il Master.
L’obiettivo di questo percorso formativo,
infatti, non è quello di “dare un voto” ai gio-
vani chef, ma di offrire un’eccezionale oppor-
tunità di crescita culturale e professionale,
valorizzando prima di tutto i punti di forza in-
dividuali, l’unica via che consente di speri-
mentare e proporre una propria personale
idea di cucina.
Per info: www.mastercucinaitaliana.it
Ciccio Sultano Mauro Uliassi
Gli chef “fantasma”
46Gustare l’Italia
di G
rillo
Par
lant
e
Un turista che arriva per la prima volta in
Italia, se oltre ad essere amante del bello è
anche un vero gourmet avrà segnato sul pro-
prio block notes i luoghi d’arte e di cultura da
visitare e certo anche i ristoranti dove è im-
prescendibile pranzare o cenare; Firenze: vi-
sita alla galleria degli Uffizi, pranzo all’Enote-
ca Pinchiorri (via Ghibellina 87);
Milano: serata al Teatro alla Scala
per il concerto del M° Muti, cena da
Cracco (via Hugo 4); Padova: Cap-
pella degli Scrovegni, pranzo e cena
a “Le Calandre” (località Sarmeola);
Napoli: visita all’isola di Capri cena al
“Don Alfonso” di Sant’Agata sui due
Golfi.. e così via.
Che succederebbe se al turista che si
reca alla Scala, dopo aver il regolare bi-
glietto per il concerto del maestro
Muti, gli facessero ascoltare un suo
CD, se la Cappella degli Scrovegni
La p
rovo
cazi
one
© D
isne
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nter
pris
es,
Inc.
Pix
ar/A
nim
atio
n S
tud
ios
fosse chiusa per il matrimonio del custode,
agli Uffizi gli mostrassero un album con le foto
dei capolavori, se invece di Capri gli facessero
visitare l’isola di Ponza (tanto sempre di terra
circondata dal mare si tratta..)
Eppure accade spesso che andando al ri-
storante, lo chef pluristellato, ricoperto di
gamberi e forchette dalle Guide, sia assente
perché impegnato in trasmissioni televisive,
spot, festival, consulenze, tavole rotonde o a
pubblicizzare sandwich creati per una cate-
na multinazionale di fast food.
E al cliente che arriva da Tokyo o da
New York si darà al massimo la soddisfa-
zione di mostraglielo in tv o in fotografia
(a questo proposito è venuto in aiuto un
sito internet nel quale si può ammirare
un album di figurine dei cuochi d’Italia
come accadeva anni fa con gli atto-
ri, i calciatori e cantanti delle edi-
zioni Panini).
Gustare l’Italia47
“Qual è il problema?” - obbietterà qualcu-
no- “il titolare non c’è ma ci sono i suoi aiu-
tanti che hanno imparato da lui a cucinare il
risotto, la ribollita, la trippa, l’ossobuco, la
zuppa di pesce proprio come lo chef assen-
te…”
Pensate che cosa sarebbe accaduto un
tempo se qualcuno andando nello studio di
un grande pittore per chiedergli di essere ri-
tratto o di ritrarre la sua famiglia, si fosse
sentito rispondere: “ Spiacenti il signor Raf-
faello (o Tiziano o Correggio. non c’è ma ci
sono i suoi allievi che potranno accontentar-
la; il maestro poi metterà la firma” e una vol-
ta terminato il quadro si fosse poi sentito ri-
chiedere la stessa cifra che se fosse stato
dipinto dall’artista famoso.
Perché poi è questo il vero problema,
quello che spesso accade nei ristoranti dei
grandi della cucina: ci sia o non ci sia il capo
il prezzo è sempre lo stesso, quello per il
quale spesso occorre dove fare un leasing o
accendere un mutuo.
“Tanto - dicono - hanno cucinato gli allievi
e i prodotti sono quelli che avrebbe adope-
rato lo chef”.
Come sanno tutti i gourmet le cose non
stanno così e se il capo non c’è il risultato
non può che essere inferiore.
“Gustare l’Italia” vuole sommensamente
fare una proposta: al momento di pagare il
conto (la prima rata sul mutuo) l’ospite chie-
derà la presenza del grande artista dei for-
nelli (in molti celebri locali è ancora tradizio-
ne che alla fine di un pasto sia lui, di sua
spontanea volontà ad andare raccogliere i
giudizi dei clienti).
Se lo chef per un qualsiasi motivo non c’è,
si avrà diritto a un considerevole sconto.
Semplice no?
Ps: Ci interesserebbe il vostro parere che
potrete farci conoscere inviando una mail a
La Tv insegna a mangiare?
48Gustare l’Italia
di G
rillo
Par
lant
e
Intorno all’ ora di pranzo o cena è
difficile, accendendo la tv non
imbattersi in un canale che non
trasmetta programmi dove
cuochi di ogni genere si alter-
nano ai fornelli: “La prova del
cuoco”, “Masterchef”, “Cuci-
na con Ale”, “Cambio cuoco”,
“Papà ai fornelli”, “Dolce e sala-
to”. “I menù di Benedetta”… l’ultimo, “Benve-
nuti a tavola”, è incominciato qualche setti-
mana fa, addirittura in prima serata.
I grandi chef trascorrono più tempo in tele-
visione che nelle loro cucine e i loro clienti de-
vono accontentarsi dei cibi cucinati dai loro
allievi pagandoli però come se fossero prepa-
rati dai grandi maestri. Evidentemente sono
programmi con alti ascolti, altrimenti non si
giustificherebbe l’interesse dei programmato-
ri per questo genere.
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rovo
cazi
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Invece nelle case italiane non si è
mai cucinato così male. Perché?
Me lo sto chiedendo da molto
tempo.
Il primo che si occupò di
cibi, vini e cucina in televisio-
ne fu Mario Soldati, un genti-
luomo d’altri tempi, un perso-
naggio di grande cultura,
scrittore e regista cinematografico. Il 3 dicem-
bre 1957 incominciò il suo programma “Viag-
gio nella valle del Po - Alla ricerca dei cibi ge-
nuini”.
“Ne parlerò - aveva dichiarato - andando a
visitare i luoghi dove si cucina nel rispetto del-
la tradizione. Sarà un viaggio perché viaggiare
è conoscere, e il modo più facile, più diretto
per arrivare a conoscere un paese è quello di
gustare la cucina della gente che vi abita. Nei
cibi e nel modo di cucinarli c’è tutto”.
Così incominciò il suo peregrinare nella
campagna padana con un microfono in una
mano e un ombrello nell’altra, per raccontare i
prodotti, le aziende, le cantine, le trattorie con
la stessa attenzione e il riguardo che si deve a
luoghi di cultura.
Per la prima volta i telespettatori seguirono
in tv un signore autore di romanzi e di film di
successo che parlava di salumifici, di industrie
dolciarie, di pastifici, di
cantine, come se
stesse descrivendo
biblioteche, musei,
pinacoteche.
Qualche tempo
dopo un altro stra-
ordinario personag-
gio Luigi Veronelli, si
Anche i libri di gastronomia appassionano
un pubblico sempre più numeroso; la raccolta
di ricette di Benedetta Parodi pare abbia ven-
duto più di un milione di copie!
La nostra dovrebbe essere la Nazione nella
quale si mangia meglio; e non dovrebbe esse-
re difficile dal momento che proprio in Italia è
nata la “Mediterranean Diet” che l’Unesco ha
dichiarato Patrimonio dell’Umanità.
Gustare l’Italia49
rivolse agli italiani attraverso lo schermo tele-
visivo per raccontare anche lui le qualità di ci-
bi e vini e il modo migliore di gustarli
Sono passati anni da quelle trasmissioni e
oggi i vini, i cibi e il modo di cucinarli sono di-
ventati i protagonisti di innumerevoli programmi
televisivi e radiofonici; i conduttori sono perso-
naggi di successo, i loro libri di ricette diventa-
no bestsellers… eppure nella gran parte delle
famiglie non si è mai mangiato così male.
I telespettatori seguono appassionati la
“Prova del cuoco”, si immedesimano nei con-
correnti di “Masterchef”, ascoltano rapiti i con-
duttori di “Papà ai fornelli”, poi spengono il te-
levisore, e si siedono a tavola dove ingurgitano
cibi banali, spesso precotti o appena sconge-
lati.
Perché? Continuo a chiedermelo e lo chiedo
in giro. Una timida risposta ho cominciato a
darmela. Forse la ragione di tutto questo è ri-
assumibile in una sola fondamentale, autore-
vole, potente parola: Pubblicità.
Prendete una qualsiasi trasmissione: “Linea
Verde” per esempio, e seguitela con attenzio-
ne. Fantastico!
È questa la verità: la gran parte delle tra-
smissioni di gastronomia che si susseguono
sui nostri teleschermi devono fare i conti con
la Pubblicità ed è per questo che la gran parte
dei programmi assomigliano a interminabili
spot; le località dove vengono presentati i pro-
dotti hanno tutte panorami fantastici, alberghi
che si affacciano su un mare che più limpido
non si può.
E i cibi chi ne ha mai mangiato di più squisi-
ti? E i vini?
Con la Pubblicità a farla da padrona è diffi-
cile squarciare il velo della superficialità; non
c’è rispetto per la cucina e per la gastronomia,
non c’è nessuno che si permette di dire “pane
al pane”… quando mai si è sentito dire in una
di queste trasmissioni che il tale olio di grande
marca spacciato per italiano arri-
va da chissà dove, o sconsigliare
le famiglie ad acquistare una
certa merendina perché favori-
sce l’obesità infantile.
“Gustare l’Italia” ci sta provando. Sabato 12
maggio, vigilia della Festa della mamma, inizia
una trasmissione curata dai suoi redattori che
andrà in onda sul Canale 99 di Lombardia Tv;
sarà rivolta alle famiglie con musica, giochi,
quiz e sarà anche in buona parte dedicata alla
gastronomia.
Si parlerà di cibi, di vini, di prodotti per il
buon mangiare e il buon bere. L’impegno sarà
quello di proporre al pubblico solo prodotti di
altissima qualità.
Che la dea Pubblicità ci protegga!
In ogni luogo dove si trovano i conduttori
tutto è perfetto e superlativo, la natura è bellis-
sima e rigogliosa, i cibi deliziosi, fragranti,
squisiti, i vini piacevolissimi, la gente simpati-
cissima e cordiale.
Mai nessuno che si permetta di negare le
qualità di un prodotto, mettere in guardia i
consumatori da certi altri; chi oggi avrebbe
l’ardire di fare, come Veronelli negli anni ’60,
una feroce campagna contro la Coca-Cola,
quale giornale gli darebbe spazio come fece a
suo tempo “Il Giorno”?
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Gustare l’Italia53
Maggio mese delle rose, “della rosa” e dei rosati
A partire da quest’anno maggio, il mese delle rose, sarà anche il mese dei rosati perché si
svolgerà il 1° Concorso Enologico Nazionale dei vini rosati d’Italia, un’iniziativa del dott. Dario
Stefàno Assessore alle Risorse Agricoalimentari della Regione Puglia.
Il Concorso è nato dalla volontà condivisa dall’Accademia Italiana della Vite e del Vino e dall’
Associazione Enologi ed Enotecnici con l’obbiettivo di valorizzare questa tipologia enoica che
negli ultimi anni ha mostrato un significativo trend di crescita suscitando l’interesse sempre mag-
giore dei mercati.
Non si tratta di una operazione di puro marketing ma di un percorso virtuoso che la Puglia
vuole condividere con tutte le regioni per valorizzare le migliori produzioni nazionali, favorirne la
conoscenza e la diffusione in Italia e all’estero impegnando le aziende a produrre vini di qualità
adeguatamente presentati e commercializzati.
Il 20 e il 21 aprile scorso, i rosati DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione
Geografica Protetta) nonché i vini spumati DOP e di Qualità prodotti e imbottigliati in Italia, sono
stati valutati nella Villa Romanazzi Carducci in Bari da commissioni composte per sorteggio da
esaminatori nominati dalla Associazione Enologi ed Enotecnici italiani e da un giornalista nomi-
nata dall’Ente organizzatore.
I primi tre rosati che sono risultati vincenti nelle sei categorie previste - 4 per i vini e 2 per gli
spumanti - saranno premiati con medaglia d’Oro d’Argento o di Bronzo se avranno ottenuto un
punteggio non inferiore a 80 centesimi.
I nomi dei vincitori verranno resi noti il 5 maggio a Otranto nel favoloso castello Aragonese e
ne daremo notizie ai nostri lettori nel sito www.gustarelitalia.it e più diffusamente nel prossimo
numero della nostra rivista.
Oltre che delle rose e dei rosati “Gustare l’Italia” non ha però dimenticato che maggio è anche
il mese della “Rosa” intesa come la maglia indossata dai campioni del ciclismo primi in classifi-
ca nel Giro d’Italia che giunge quest’anno alla sua 95ma edizione.
A tale proposito la direzione del “Museo del Vino e dell’arte contadina” creato ad Alberobello
da Mastro Dante Renzini ha deciso di concretizzare un’idea nata durante il Vinitaly di Verona; ha
rivolto di un invito ai campioni sportivi di smettere la demenziale consuetudine di spruzzare
champagne e spumante addosso ai tifosi; sono prodotti troppo importanti per essere trattati in
questo modo: le bollicine si devono bere non buttare via.
La Cantina Albea ha invitato i campioni del ciclismo a festeggiare i loro successi brindando
con i loro tifosi e non innaffiandoli con pregiati spumanti e si è impegnata al fare avere a chi ac-
cetterà l’invito un certo numero di bottiglie del suo delizioso spumante, il “R’osè” e ha allargato
l’invito a tutti i produttori che hanno partecipato al Concorso dei Vini Rosati ad aderire all’inizia-
tiva.
Il campione che indosserà la maglia rosa di vincitore del prossimo Giro d’Italia, se accetterà
l’invito riceverà qualche centinaio di bottiglie dei più preziosi rosati d’Italia.
La redazione
Edito
riale
54Gustare l’Italia
56 L’intervista Il futuro è rosato
Som
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aggi
o 20
12
66 Tendenze A tutto rosè (con e senza bollicine)
68 Rosati d’italia/1 Vini rosati, croce e delizia
60 La manifestazione Concorso Vini Rosati d’Italia
62 I vini nella storia Five Roses, il vino di Dioniso
70 Rosati d’Italia/2 Il Cerasuolo d’Abruzzo
74 Rosati d’Italia/3 Vignuolo: il vino di Ulisse e di Federico II
78 Vino & marketing Il rosato, questo (quasi) sconosciuto
66
68
70
62
60
56
Gustare l’Italia55
88 Le “lune” di Gustare l’Italia “La Peschiera”
82 In giro per l’Italia Salento, terra di magìa
94 Iniziative “Magic Shopping”
96 Libri da mangiare
98 Indice ricette
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to alle Risorse Agroalimentari Regione Puglia - Otrantopoint.com - Ufficio Stampa Concorso Enologico Nazionale dei
vini rosati d’Italia
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GUSTARE L’ITALIA - Periodico di cultura enogastronomica e turismo - Anno 3 - Numero 20 - Maggio 2012 - Reg. Trib. di Milano n° 201 del 14/04/2010 - Editore: Linea Editoriale srl - Via Milanese, 5/11 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) - Iscrizione ROC (Registro Operatori della Comunicazione) 21940 - ISSN code 2279-7998
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88
82
Il futuro è rosato
56Gustare l’Italia
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“Il futuro è rosa.. anzi rosato” è il divertente
titolo del dibattito che ha avuto luogo al Vinitaly
2012 protagonisti Nichi Vendola Presidente del-
la Regione Puglia, e Dario Stefàno assessore
alle risorse agroalimentari.
Il dibattito è stato voluto per pubblicizzare il
“1° Concorso Enologico Nazionale dei vini rosa-
ti d’Italia” che si è tenuto a Bari il 21 e 22 aprile
e si concluderà a Otranto, la splendida cittadina
del Salento, il 5 maggio prossimo.
L’iniziativa è stata fortemente voluta da Dario
Stefàno che continua la sua esperienza narrata
nel suo libro “Come mettere un punto e a ca-
po”. Gli avevamo chiesto del perché di quel ti-
tolo e lui ci aveva detto: “Mettere punto e a ca-
po” vuol dire non accontentarsi mai degli
obiettivi raggiunti e, più in generale, seguire con
determinazione il desiderio di misurarsi con i
nuovi impegni e le nuove sfide.
Facendolo, questo è importante, con il mas-
simo impegno, pur nella consapevolezza del
dubbio e dell’errore, ma con la bussola sempre
orientata verso il cambiamento, verso un pro-
getto di crescita che provi a dare le risposte più
efficaci alle tante aspettative di sviluppo.
L’Assessorato alle Risorse agroalimentari
credo sia un ottimo banco di prova, da questo
punto di vista. La sfida è quella di far tornare ad
essere l’agricoltura l’architrave del nostro siste-
ma economico e sociale, quella chiave di volta
su cui sono stati costruiti millenni di rapporti
economici, sociali e culturali.
E’ una battaglia che deve coinvolgere tutti gli
attori del ciclo agro-alimentare, affinché le no-
stre comunità si riapproprino di un modo “nuo-
vo”, moderno, di guardare all’agricoltura”.
Il prossimo obiettivo che si è fissato l’asses-
sore è quello della valorizzazione dei vini rosati
Gustare l’Italia57
che sono stati la rivelazione del Vinitaly; la ce-
nerentola della produzione italiana aspira a di-
ventare la principessa delle carte dei vini, tanto
da meritare un Osservatorio hoc.
“A livello nazionale i dati sono in crescita a
fronte di una contrazione diffusa dei consumi -
conferma l’Assessore - e tra gli addetti ai lavori
c’è la netta percezione di enormi possibilità di
sviluppo per i vini in rosa. Per questo abbiamo
ideato e organizzato il Concorso, dei Vini Rosa-
ti, che a breve entrerà nel vivo. E non si tratta
del frutto estemporaneo, di un’operazione di
marketing, ma nasce da un percorso virtuoso
che vogliamo condividere con tutte le regioni,
confrontandoci con chi è più avanti di noi”.
La Puglia, insomma, protagonista indiscussa,
vista la leadership quantitativa e qualitativa nel
comparto dei rosati: “Oltre il 40% della produ-
zione va in effetti localizzato nella nostra regione
- ha sottolineato Stefàno - ma voglio ricordare
come i rosati, per storia e tradizione, siano pre-
senti in quasi tutto il territorio nazionale. E sono
moltissime le denominazioni che includono nei
loro disciplinari questa tipologia. Un motivo in
più per puntare con sempre maggiore convin-
zione sui rosati italiani”.
Durante l’incontro svoltosi nella Sala Puccini
del Vinitaly, è stato ricordato il tentativo, di ap-
pena qualche anno fa, dell’Unione Europea di
cambiare le regole di produzione dei rosati au-
torizzando la miscela di rossi e bianchi, vicenda
nella quale la Puglia ha svolto un ruolo determi-
nate nel bloccare l’iniziativa che avrebbe man-
dato in polvere una tradizione millenaria.
Da qui l’idea del Concorso e quella di avviare
la costituzione di un Osservatorio nazionale al-
largata a tutte le regioni italiane, al Ministero
delle Politiche Agricole e ai privati. Il progetto è
quello di costituire una Fondazione pubblico-
privata come presidio per la tutela e valorizza-
zione dei vini rosati.
“Ne ho già parlato con il ministro Catania che
condivide appieno il progetto. L’idea - ha con-
cluso Stefàno - è quella di fare diventare soci
promotori della fondazione tutte le Regioni ita-
liane che condividano le finalità. Senza dimenti-
care la collaborazione delle varie associazioni
del settore (Onav, Ais, consorzi, Movimento tu-
rismo del vino, Slow food) e degli stessi produt-
tori, con cui condividere le attività da svolgere.
Inoltre l’Osservatorio si doterà di un comitato
58Gustare l’Italia
scientifico che guiderà anche i processi di ricer-
ca ed innovazione sul prodotto”.
A questa tipologia enoica che ultimamente si
è imposta al grande pubblico ed ha come ca-
ratteristica principale quella di essere diffusa
dall’Alto Adige alla Sicilia, manca però un sup-
porto statistico, un monitoraggio del consuma-
tore-tipo di rosati.
L’Accademia della Vite e del Vino, per colma-
re la lacuna sta conducendo una ricerca per
tracciare un profilo del consumatore di ro-
sati, nonché i principali fattori che spingo-
no alla scelta e all’acquisto di questa tipo-
logia. I primi dati, come ha dichiarato in
conferenza il presidente Antonio Calò,
confermano grande ottimismo.
“Le cose stanno effettivamente cam-
biando e dai dati in nostro possesso emer-
ge non solo una crescente attenzione ver-
so i vini in rosa ma, soprattutto, si ha la
sensazione che, anche dal punto di vista
del business, sia una strada tutta da per-
correre”.
Un futuro roseo, quindi, anche per quel-
lo che concerne la liaison tra rosati e alta
ristorazione. “Finalmente stanno trovando
diritto di cittadinanza anche nelle carte dei
grandi ristoranti - ha spiegato Alessandro
Scorsone, sommelier e volto televisivo - In
passato sono stati a lungo bistrattati ma
bisogna dire con onestà che non c’era una
grande qualità. Ora le cose sono cambiate ed in
Italia siamo fortunati perché possiamo vantare
rigidi controlli e una pulizia delle cantine che
non troviamo altrove. Il rosato, con la sua strut-
tura può essere abbinato a una serie infinita di
cibi. Ricordo che il vino non deve dissetare ma
allietare lo spirito e quando lo si assaggiano le
regioni e la filosofia dei loro produttori”.
In un quadro idilliaco di crescita e sviluppo in
tema di rosati ha però fatto da contraltare il mo-
nito del presidente della Regione Puglia, Nichi
Vendola.
“L’agricoltura rischia di morire - ha dichiarato
- il territorio rurale è stato per lungo tempo og-
getto di un’attività marginale che è preludio di
disastro ecologico. Per questo oggi è un setto-
re in affanno ed è ancora vissuto, da molti, co-
me una fabbrica decotta che fa fatica ad attrar-
re le nuove generazioni. Se pensiamo che l’età
media dei produttori è vicina ai 65 anni dobbia-
mo domandarci come si possono attirare le
nuove generazioni nelle campagne.
La risposta è attraverso la ricerca, le Universi-
tà, l’innovazione, e nell’investire sul prodotto,
facendolo risplendere nel raccontarlo. Occorro-
no pensieri innovativi come quelli che hanno
fatto diventare protagonista il vino rosé.
La parola innovazione in questo concetto è
ambiguo ma, a volte, può significare riscoperta
positiva dell’antico, rimettendo in circolazione
tradizionali sapienze. Proprio come stiamo cer-
cando di fare nella Puglia. Su questa traccia
non dobbiamo mai dimenticare che il bacino
culturale del Mediterraneo ha organizzato tutta
la sua iconografia su due simboli: vite e ulivo”.
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1° Concorso Nazionale Vini Rosati d’Italia
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“Nella civiltà del vino il rosè era un po’ il figlio
di un Dio minore e ha rischiato di precipitare
dentro una sventura anche istituzionale perche di
fronte alla Comunità Europea era stata presenta-
ta la proposta di chiamare “rosati” i vini di me-
scolanza ottenuti dalle produzioni di bianco e
rosso.
Fortunatamente questa iniziativa che avrebbe
sconvolto la storia dei rosati non è passata e il
Concorso che inizia oggi a Bari è la giusta con-
clusione della battaglia vinta.”
Queste le parole di Nichi Vendola Governato-
re di Puglia pronunciate a Villa Romanazzi Car-
ducci di Bari sabato 21 aprile scorso all’inaugu-
razione del “1° Concorso Nazionale Vini Rosati
d’Italia”.
Il Concorso ha visto la partecipazione di 372
vini di 288 aziende provenienti da 18 regioni
(escluse la Valle D’Aosta e Liguria con una entità
produttiva quasi nulla).
Per l’ organizzazione la Regione Puglia ha cu-
rato la parte amministrativa stilando il Regola-
mento, l’Assoenologi la parte tecnica valutando
i campioni dei vini e scegliendo i membri delle
Commissioni che sono poi stati estratti a sorte
dall’Avvocato Prosperini, estraneo al settore viti-
vinicolo, che ha avuto la responsabilità di con-
trollo di tutte le operazioni previste per la realiz-
zazione dell’iniziativa.
Le commissioni erano otto composte di cin-
que elementi ciascuna: un giornalista e quattro
enologi.
In base a quanto stabilito dall’art. 5 del Rego-
lamento, i vini partecipanti al “1° Concorso Eno-
logico Nazionale dei Vini Rosati d’Italia” sono
stati suddivisi in Vini Tranquilli, Vini Frizzanti e Vi-
ni Spumanti nelle seguenti categorie:
• Vini Tranquilli rosati a denominazione
di origine (DOP);
• Vini Tranquilli rosati a indicazione
geografica (IGP);
• Vini Frizzanti rosati a denominazione
di origine (DOP);
• Vini Frizzanti rosati a indicazione
geografica (IGP);
• Vini Spumanti rosati a denominazione
di origine (DOP);
• Vini Spumanti di qualità rosati.
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Gustare l’Italia61
Ecco i numeri relativi agli esami delle 8 com-
missioni presiedute dal Dott. Giuseppe Martelli:
• dei 372 vini iscritti al Concorso ne sono sta-
ti ammessi 372 che sono stati degustati e se-
gnalati e valutati
• 3410 schede compilate
• 48340 giudizi parziale
• 3800 bicchieri utilizzati
Ogni vino è stato degustato da due Commis-
sioni e ha avuto 10 voti; nella valutazione finali è
stato scartato il voto più alto e quello più basso.
Ai produttori partecipanti è stata garantita la
serietà nei giudizi; infatti ognuno potrà
chiedere alla fine del Concorso le sche-
de compilate dai giurati sul proprio vino
e potranno conoscere così i punti di for-
za o di debolezza riscontrati.
La premiazione si svolgerà il 5 Maggio
2012 ad Otranto (Le), nella magnificenza
del Castello Aragonese, nell’ambito di
un convegno sui Vini Rosati, alla presen-
za di personalità di alto livello istituziona-
le e scientifico del settore.
Saranno premiati i primi tre migliori vi-
ni per ciascuna delle sei categorie previ-
ste dal Concorso, rispettivamente con
Medaglia d’Oro, Medaglia d’Argento e
Medaglia di Bronzo.
La Regione Puglia, si impegna ad af-
fiancare le aziende vitivinicole lungo il
percorso della produzione e commer-
cializzazione, come previsto nella mis-
sione del concorso.
vini vincitori potranno beneficiare di
azioni di promozione in Italia e all’estero
da attuare dopo la pubblicazione ufficia-
le della graduatoria.
Il dott. Dario Stefàno Assessore alla ri-
sorse Agroalimentari della Regione, ide-
atore del Concorso ha così commentato
la conclusione dei lavori: “Era doveroso
per la Puglia, storicamente vocata alla
produzione dei rosati, rendersi protagonista di
una iniziativa di altissimo profilo che non ha pre-
cedenti nella storia dei concorsi nazionali dedica-
ti all’enologia di qualità.
Il concorso rappresenta per la Puglia il tassello
di una più ampia strategia di sostegno alla viticol-
tura di qualità che ora entra nella fase della valo-
rizzazione di una tipologia enoica che appartiene
al dna produttivo, culturale e sociale della nostra
Regione e dell’intero Paese, così ricco di territo-
ri noti per gli eccellenti rosati, ricercati ed apprez-
zati in tutto il mondo”.
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Five Roses,il vino di Dioniso
62Gustare l’Italia
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La storia del vino è un po’ la storia stessa
dell’umanità, seguirla è come essere traspor-
tati in un affascinante viaggio legato al miste-
ro, al termine del quale si ha soltanto la certez-
za che, come ha scritto Paolo Monelli: “Se i
primi uomini della storia fossero stati astemi
probabilmente l’umanità vivrebbe ancora in tri-
bù nomadi; nessun Prometeo avrebbe inven-
tato il fuoco, nessuno avrebbe pensato a trarre
una ruota da un pezzo di legno”; e secoli prima
Tucidide: “I popoli del Mediterraneo emersero
dalle barbarie quando impararono a coltivare
la vite e l’ulivo”.
La storia del vino muove i primi passi in Orien-
te, nella culla della civiltà; la Bibbia nella Genesi
ci dice che la vite era conosciuta già da prima
del diluvio; ci racconta infatti che Noè, appena
uscito dall’arca, piantò una vigna dalla quale ot-
tenne l’uva e dopo aver spremuto i suoi chicchi
ne ricavò un succo che provocò eccitazione e
allegria, e più ne beveva più cresceva l’euforia
che lo portò a danzare, a sentirsi felice, a perde-
re ogni freno inibitore fino a essere pervaso da
un desiderio sessuale mai provato.
Qualche millennio dopo i Greci decisero che
ciò che si manifestava con quella felice ebrezza
era dovuto ad un dio che chiamarono Dioniso, e
lo apprezzarono e onorarono più del dio dei ful-
mini e dei tuoni.
I primi vigneti d’Italia vennero piantati nel Sa-
lento, dove furono accolti con molto favore di-
ventando Primitivo, Verdeca, Salice Salentino,
Negroamaro… e di li si sono poi sparsi per tutta
la penisola che per questo venne chiamata an-
che Enotria, terra del vino.
Quando nel terzo secolo a.c. arrivarono i Ro-
mani, Dioniso diventò Bacco e “oinos” fu tradot-
to in “vinum” aggiungendo a quello schietto e
genuino l’aggettivo “merum”; i salentini forse per
indicare che il loro era sempre vino purissimo e
non contaminato, tennero soltanto l’aggettivo
“merum” che in dialetto diven-
tò “mieru”.
Che il Salento abbia
avuto una grande
importanza nella
storia del vino è te-
stimoniato anche
dal fatto che quan-
do si beve in compa-
gnia, il gesto che si fa
alzando alzando e toc-
cando i bicchieri e ac-
compagnato da un au-
gurio (di buona saluta, di
Gustare l’Italia63
buona riuscita di un’impresa, di un prospero fu-
turo) viene detto “brindisi”, proprio come il capo-
luogo salentino.
Qualcuno dissente sostenendo che la parola
deriva dall’espressione tedesca: “bring dir’s” (lo
porto a te - sottinteso il bicchiere) così come “cin
cin” deriverebbe dal cinese “ch’ing ch’ing” che
vuol dire bacio.
Potrei convenire sulla derivazione di “cin cin”,
ma non lo sono su brindisi che senza alcun dub-
bio deriva proprio dalla città del Salento, tanto è
vero che in una deliziosa poesia di Francesco
Redi del ’600 ci sono versi che il poeta fa dire al
dio Bacco che, un po’ alticcio dopo un’abbon-
dante bevuta, sta navigando verso Brindisi con
Arianna la sua innamorata:
“… Su questa nave
io gir men voglio
per mio gentildiporto
di Brindisi nel porto, purchè sia carca
di brindisevol merce…”
E che cos’era la “brindisevol merce” se non
un buon carico di bottiglie di Negroamaro e di
Primitivo con il quale brindare alla sua bella in
cambio di una canzone?
“E se a te brindisi io fo
perché a me faccia il buon pro,
Arianuccia, vaguccia, belluccia,
cantami un poco, e raccontami tu
sulla mandola la cuccuruccu,
sulla mandola la cuccuruccu…”
Certo che Bacco doveva aver preso proprio
una bella sbronza per parlare così!
Ad ogni modo ciò che importa è che il vino, al-
la faccia degli astemi, ci sia e che i brindisi con-
tinuino ad allietare la nostra esistenza perché,
come scriveva Platone, “Dioniso ha donato il vi-
no agli uomini per alleggerire il loro fardello, per
dare allegrezza, per allontanare i malumori della
vecchiaia, permettendo di rinnovare la giovinez-
za e dimenticare la disperazione”.
Ne parlavo con il conte Piernicola Leone de
Castris che ho conosciuto per la prima volta in
occasione della festa organizzata per
celebrare il 66° compleanno dalla na-
scita del “Five Roses”, il vino entrato
nella storia della enologia italiana per-
ché è stato il primo rosato a essere im-
bottigliato.
E su questo non ci sono dubbi: se
ci sono versioni diverse sui vari
momenti della storia del vino, su
quella del rosato possiamo ave-
re solo certezze anche perché
risale a 70 anni fa.
Me la raccontò il conte, quarta
generazione di una famiglia di vi-
ticultori che ha incominciato la
sua attività a metà ’800; un gen-
tiluomo d’altri tempi così discreto
che faresti fatica a strappargli un
pettegolezzo in un mondo dove
la gente sparla di tutto e di tutti
dove i modi rozzi, superbi ed ag-
gressivi sembrano essere l’arma
vincente per affermarsi.
Piernicola Leone de Castris
64Gustare l’Italia
La storia è molto semplice: nel 1944 il Salento
fù occupato dalle truppe americane che, sbarca-
te in Sicilia stavano risalendo la penisola. Al loro
comando c’era il colonnello Poletti il cui cogno-
me rivelava le sue origini italiane.
Il nonno del conte Piernicola ebbe occasione
di incontrarlo e di invitarlo a cena dove gli fece
assaggiare il rosato che produceva nella tenuta
“Cinque Rose”.
Il colonello ne fù entusiasta e chiese al conte
di poterne avere un certo numero di bottiglie per
farlo gustare anche ai suoi ufficiali e ai suoi sol-
dati. Fu quello il primo ordine d’acquisto del ro-
sato, che venne battezzato “Five Roses”.
Si presentò però una grossa difficoltà per il
produttore che non sapeva come imbottigliarlo;
l’Italia era allora divisa in due e le bottiglie non
potevano arrivare dal nord come di consueto.
L’Idea fu di Poletti fece portare alla cantina le
bottiglie vuote della birra che i soldati americani
tracannavano in abbondanza e il problema fu ri-
solto. Il “Five Roses” ebbe un tale successo tra i
soldati (molti dei quali
smisero di bere birra)
che finita la guerra lo
vollero far arrivare negli
Stati Uniti dove ebbe la
stessa entusiastica ac-
coglienza.
Fu quello dunque
senza dubbio il primo
rosato d’Italia a essere
messo in bottiglia e ad
avere successo anche
a l’estero, successo
che continua tuttora,
tanto è vero che anco-
ra lo scorso anno sono partite dirette all’estero e
soprattutto verso gli Stati Uniti ben 300.000 bot-
tiglie di rosato.
Ho rivisto lo scorso anno Piernicola Leone de
Castris quando ha presentato uno spumante per
la prima volta nella storia prodotto col metodo
classico; lo ha voluto chiamare “Five Roses” co-
me lo storico rosato, il primo brut-rosè di Puglia
ottenuto da uve Negroamaro.
E l’evoluzione della storia del rosato comincia-
ta nel 1954 ed è importante specificare che si
tratta di uno spumante totalmente prodotto in
azienda e non solo imbottigliato come spesso
succede perché il metodo classico è un proces-
so non certo semplice da realizzare.
Il conte pur essendo all’avanguardia per le
moderne tecnologie utilizzate nei suoi stabili-
menti, se si entra nel maestoso edificio dell’anti-
ca torre merlata che occupa un intero quartiere
di salice salentino, la cittadina che porta lo stes-
so nome di un pregiato vino D.O.P. , ci si accorge
che ogni modernità è permeata di tradizione.
La presentazione del brut-rosè è avvenuta in
un ambiente dell’azienda dove si possono trova-
re documenti storici anche molto antichi e una
esposizione di macchine, alcune delle quali an-
che di fine 700 che testimoniano il lavoro di que-
sta cantina nei secoli.
L’arôme dela séduction.
cuvée prestigebrut rosé millésime
cuvée prestigebrut millésime
brut grande réservepremier cru
brutblanc de blancsw
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A tutto rosè(con e senza bollicine)
66Gustare l’Italia
di P
iero
Val
dis
erra
Tend
enze
Se avete in programma una ricorrenza
particolare, un appuntamento romantico
o un anniversario del cuore, certamente vi
preoccuperete di mettere in fresco una
bottiglia importante, che vi consentirà un
brindisi spumeggiante e suggestivo.
A questo proposito il panorama delle
bollicine, nostrane e d’importazione, negli
ultimi tempi si è animato per un piacevole
ritorno: quello dei rosé.
La moda, come spesso succede, è par-
tita dalla Francia, ma ora ha contagiato an-
che tutti i templi italiani del bere bene. Nei
migliori bar à vin parigini i clienti hanno ri-
cominciato a ordinare i rosé perché, a par-
te il gusto intensamente fruttato, il loro
aspetto richiama il rosa vellutato di molti
capi di alta moda.
Ci voleva la passerella degli stilisti per
riportare in auge questi vini tecnicamente
difficili, poco conosciuti, amati dagli in-
tenditori per il loro carattere e per la loro
vinosità e considerati una rarità dagli
stessi produttori.
Giunti al limite della scomparsa dal mercato,
spumanti e champagne rosé riprendono dun-
que consensi, e coinvolgono nella crescita ten-
denziale anche i rosati fermi.
A parte le considerazioni di ordine estetico e
psicologico, questi prodotti si fanno apprezzare
soprattutto per la forza e per la struttura che
deriva dal loro ingrediente principe, il Pinot ne-
ro, ed evidenziano tratti organolettici decisa-
mente più complessi rispetto alle bollicine in
bianco.
La tecnica per ottenerli può essere duplice.
Un primo metodo consiste nell’aggiunta alla
cuvée, prima della messa in bottiglia, di una
percentuale di vino rosso fermo, di solito con-
tenuto entro un 15%.
Un secondo procedimento prevede invece la
spumantizzazione di un vino che nasce già ro-
sato, e che viene successivamente portato al
giusto grado di effervescenza.
Vi starete forse domandando, a questo pun-
to, come servire dei prodotti così particolari.
Gustare l’Italia67
Troppo spesso si sente ancora al ristorante la
fatidica intimazione al cameriere o al sommelier
di turno: “Mi raccomando, la bottiglia ben
ghiacciata!”. I profumi e i sapori evoluti dei rosé
ne risulterebbero irrimediabilmente coperti.
Dovrete cercare una temperatura di servizio
più vicina possibile a quella di cantina, attorno
cioè ai 10 gradi, senza dimenticare che la solu-
zione più funzionale, oltre che più suggestiva,
resta quella del classico secchiello.
E per gli accostamenti con la cucina? Le bol-
licine color salmone nascono per esaltare abbi-
namenti inconcepibili con gli spumanti e gli
champagne normali, e quindi sulla tavola si ri-
velano molto versatili.
Amano ad esempio sposarsi a preparazioni
di pesci e crostacei crudi marinati, agli affumi-
cati, soprattutto di mare, alle pietanze a base di
carni bianche dalle medie cotture.
C’è poi chi serve i rosé su piatti molto impe-
gnativi come la cassoeûla lombarda, sulle car-
ni rosse e persino su certa selvaggina. In que-
sto momento sono richiestissimi dai patiti della
cucina fusion appartenenti a diversi tradizioni
culinarie.
Infine sono eccellenti anche a fine pasto, a
patto di accompagnarli con scaglie di parmigia-
no-reggiano o con dessert ai frutti di bosco,
crostate o frutta secca.
Le bollicine, hanno un effetto trainante anche
sul consumo dei rosati tranquilli. Un modo fre-
sco e giovane di bere, particolarmente adatto
all’estate, che sta riportando alla ribalta i gioiel-
li tradizionali - e fino a poco tempo fa trascura-
ti - di queste produzioni di nicchia: i Chiaretti del
Garda, ad esempio, o i vigorosi Cerasuoli
d’Abruzzo, oppure ancora i fragranti rosati della
viticoltura pugliese.
Vini rosati, croce e delizia
68Gustare l’Italia
di A
ngel
o S
olc
iRo
sati
d’Ita
lia/1
Secondo una recente indagine di mercati
entro il 2012 il consumo di vini rosati nel mondo
crescerà del 47% (International Wine & Spirit
Record).
Che il colore rosé stia cominciando ad anda-
re di moda lo confermano tante novità soprat-
tutto francesi, dove il blasonato Champagne
per rispondere alla crescente domanda di mer-
cato, ha lanciato molte cuvée in rosa.
Il risveglio di interesse attorno a questa tipo-
logia di prodotto sta aprendo nuove prospettive
di mercato ad alcuni territori dove la tradizione
dei vini rosati non è certo nata recentemente.
In Italia la vinificazione in rosa sta prendendo
piede un po’ ovunque.
Dal lago di Garda, al Trentino Alto Adige, per
scendere in Abruzzo, Puglia (Salento), Calabria
e Sicilia.
La grande tradizione si trova anche negli spu-
manti Metodo Classico. Nella regione che vanta
una lunga consuetudine spumantistica - l’Oltrepo
Pavese - il rosato rappresenta la perla del grande
vitigno principe dello spumante: il Pinot Nero.
Come si vinifica “in rosa”• Per pressatura diretta (vinificazione in bianco
delle uve nere) prevede la pressatura dirette del-
le vinacce fresche con breve macerazione per
estrarre il colore rosato.
• Per macerazione pellicolare, prevede una
breve macerazione (da 2/3 ore a 20/24 ore) del-
le bucce di vino rosso. Può essere condotta di-
rettamente in pressa o nelle vasche.
E’ il sistema tradizionale del Salento, qui chia-
mato sistema a “lacrima”. Le rese sono molto
basse (non più del 40%) in modo di estrarre so-
lamente il cuore, ovvero la parte migliore.
• Per Salasso, estrazione dopo circa 36 ore di
vinificazione di uve rosse, serve a dare maggior
colore e struttura ai rossi (esempio Pinot Nero
di Borgogna) ed il mosto sottratto dà origine ad
un rosato piuttosto intenso.
Gustare l’Italia69
Gli spumanti rosè Solci’sLa mia passione per i rosati
nasce anche come sfida enolo-
gica. Realizzare un vino rosato
di qualità (non ottenuto dalla
mescolanza di vino bianco con il
rosso e fortunatamente a Bruxelles non
è passato il mix tra bianchi e rossi) ri-
chiede conoscenze ed esperienza di vi-
gna e di cantina.
Perfetta selezione delle uve, assoluto
controllo di tutte le fasi di vinificazione
ed in modo particolare nelle poche ore in
cui il mosto rimane a contatto con le buc-
ce, dalle quali viene estratta una minima parte
delle sostanze coloranti, le più fragili.
Condividendo con mio fratello Piero il gusto,
la piacevolezza ed il fascino dei rosati, abbiamo
realizzato i nostri spumanti Metodo Classico,
sia il Brut Rosè che lo Charmant Rosè, con par-
ticolare attenzione e voglia. Sono nati così dei
prodotti unici che riteniamo al top della
categoria.
Anche nel Salento ho prodotto dei
grandi rosati: il Rosa del Golfo con il
prodotto di punta Vigna Mazzì (la provo-
cazione sta nel realizzare un grande ro-
sato, longevo, affinato sapientemente
nelle barriques) hanno conquistato il
massimo delle onorificenze dai critici
(2 Oscar del vino, 2 Soli Veronelli, il
riconoscimento come miglior rosa-
to d’Italia dal Gambero Rosso e
dalla guida Maroni ed altre).
Non ho esitazione nel dire che
con i miei Spumante Solci’s Rosé
e Charmant Rosè pasteggio con
notevole soddisfazione ed i miei
amici mi corteggiano e m’invitano
a cenare da loro forse più per il
Rosè che porto che per la mia
presenza (sono comunque soddi-
sfatto, l’apprez-
zamento per un
“figlio” dona gio-
ia). Per confermare
la validità del Rosa-
to del Salento trascrivo
quanto è apparso sulla Gui-
da dei Rosati del Gambero
Rosso del 2008, sulla quale il
nostro Mazzì è stato classificato
il migliore d’Italia:
• “Rosa del Golfo 2006 - Negroa-
maro al 90% con saldo di Malvasia
Nera, il Rosa del Golfo è ormai uno
dei più noti e tipici rosati di Puglia. Di colore rosa
corallo, al naso spiccano note floreali e di frutti
rossi, seguiti da sentori iodati e di macchia medi-
terranea.
La bocca è ricca, intensa, pulita, con frutto
fresco ben sostenuto dall’acidità e un finale lun-
go e coerente. Un vino davvero ben realizzato,
che anno dopo anno si conferma co-
me alfiere della produzione aziendale
e uno dei migliori rosati d’Italia.
• “Vigna Mazzì 2006 - Il Vigna Maz-
zì è senza dubbio uno dei più originali
rosati italiani. Da Negroamaro con un
10% di Malvasia Nera di Lecce, dopo
un lungo passaggio in barrique si
presenta di colore rubino brillante,
con sentori ancora leggermente
marcati dal legno ma anche in-
tensi nelle note di frutti rossi.
Il palato, di grande corpo e fi-
nezza, evidenzia una ricca pre-
senza di frutto, in particolare di
ciliegia, e un finale morbido,
leggermente caldo di alcol, ma
splendidamente sostenuto
dall’acidità.
Per noi è il miglior Rosato
d’Italia di quest’anno”.
Il Cerasuolo d’Abruzzo
70Gustare l’Italia
di F
abri
zio
Cim
ino
Rosa
ti d’
Italia
/2
Dal 2011 il vino Cerasuolo d’Abruzzo ha
modificato il suo nome nel disciplinare D.O.C.
della Regione: prima si chiamava Cerasuolo di
Montepulciano d’Abruzzo. Infatti è un vino ro-
sato ottenuto con uve Monte pulciano, vitigno
presente da secoli in Abruzzo ma chiamato
Montepulciano solo dal secolo XVII.
Il Cerasuolo è ottenuto da uve Montepulcia-
no d’Abruzzo vinificate in bianco, cioè con
breve contatto tra vinacce e mosto, quindi
senza macerazione delle vinacce.
Questo tipo di vinificazione prevede la pigia-
tura, e quasi sempre la diraspatura delle uve
(operazioni comuni alla vinificazione in rosso).
In seguito però si effet tua la sgrondatura del
pigiato, separando così il mosto dalla frazione
contenente le bucce.
Questa frazione, in pratica, viene destinata
immediatamente alla pressatura per il recupero
di tutte le frazioni liquide e non viene a contatto
con il mosto se non per poco tempo in modo
da conferire al vino il colore tipico rosato.
I vini rosati, come i bianchi, sono fondamen-
talmente vini freschi e profumati, da bere piut-
tosto giovani. I mosti vengono normalmente
decantati, filtrati e centrifugati per ottenere la
migliore limpidezza e finezza.
La vinificazione in bianco è abbastanza criti-
ca perché non vi deve essere il contatto con
l’aria onde evitare che producano fenomeni di
ossidazione (maderizzazione) determinando un
peggioramento delle qualità orga nolettiche del
Gustare l’Italia71
vino, che assume in tali casi un colore
definito “brodo di castagna” ed un sapo-
re di cotto.
È anche molto importante il tratta-
mento di solfitazione con azione antiset-
tica, antiossidante, antiossidasica. La
temperatura di vinificazione va mante-
nuta in un intervallo compreso tra 18 e
22 °C, in genere con l’im piego di fer-
mentatori coibentati a doppia parete.
Il vino così trattato, assume un colore
rosso ciliegia da qui il nome di Cerasuo-
lo; come tutti i rosati è un vino di pronta beva
senza possibilità di invecchiamento. Si abbina
moltissimo ai primi piatti abruzzesi come i bu-
catini all’amatriciana e la chitarra al sugo
d’agnello, o le virtù teramane; è ottimo con le
carni bianche e anche con la pizza.
Dal bicchiere si liberano sentori di fruttati e
floreali, marasca e sottobosco; il gusto è in-
tenso, rotondo, fresco e vivace; insieme si ar-
monizzano la freschezza del bianco e le sen-
sazioni ed il corpo di un giovane rosso.
L’impressione che dà a prima vista è quella
del vino di una volta, il vino che i nostri nonni
facevano in casa che era un po’ frizzantino
perché rifermentato in bottiglia.
Il Cerasuolo, invece, è un vino di alta qualità
che ha anche un alto rapporto qualità/prezzo
perché non ancora molto conosciuto dai con-
sumatori.
Sono stato a trovare un amico proprietario di
un’ottima azienda vitivinicola nel comune di
Giulianova (Tera mo), Giovanni Faraone.
È una persona di carattere, ma di animo no-
bile, e si mette a disposizione per rac contarmi
la storia della sua azienda iniziata nel 1916 da
papà Alfonso e mamma Argentina che produ-
cevano vino sfuso da mescita.
Giovanni che aveva intrapreso un’altra stra-
da, quella del geometra, agli inizi della sua car-
riera lavorava in una ditta emiliana di prefab-
bricati per l’edilizia; fortunatamente per i
seguaci di Bacco, nel 1970 decide di tornare
alla attività di famiglia e cambia decisamente
in meglio la sua vita, dedicandosi alla nobilis-
sima arte di produrre il vino.
L’azienda è a carattere familiare, conta non
più di nove ettari di possedimenti di cui sette
dedicati alla produzione vitivinicola; si arriva a
produrre 50.000 bottiglie per anno, di varie ti-
pologie. Giovanni Faraone è decisamente un
uomo molto legato alla tradizione; non ama
72Gustare l’Italia
“truccare” il suo vino con aggiunta di zuccheri
o con la concentrazione dei mosti, preferisce il
vino che riesce ad ottenere dalla sua terra con
il duro lavoro in vigna e l’attenzione a tutte le
regole del buon vinificare.
Si va dai bianchi “Trebbiano” giovane ed in-
vecchiato, alla “Passerina” fresca e gradevole,
allo spumante rosato, “ruffiano” come dice lui,
per il colore e le bollicine, al “Cerasuolo”, vino
per tutte le stagioni, ed infine al “Montepulcia-
no” giovane e a quello DOCG Colline Terama-
ne, che è vino di punta dell’azienda. Anche i
suoi figlioli Federico (enologo) ed Alfonso, so-
no appassionati esperti di vini ed aiutano papà
Giovanni nel suo duro lavoro.
Il Cerasuolo d’Abruzzo “Le Vigne” di Farao-
ne, è un vino di alta gradazione per essere un
rosato, infatti Gio vanni usa il metodo del “sa-
lasso” o saignée che consiste nel prelevare
una certa quantità di mosto dalla vasca di ma-
cerazione nella quale si sta preparando un
rosso.
Il mosto così prelevato viene vinificato in
bianco e quindi si ottiene un vino rosato. La
parte rimanente del mosto continua la sua ma-
cerazione ed è utilizzata per la produzione di
vino rosso.
Per la sua breve maturazione il Cerasuolo
deve essere tenuto in contenitori d’acciaio
poiché non ama il legno delle botti che confe-
rirebbe caratteristiche non utili ad un vino da
bere giovane
Il procedimento conferisce un’alta concen-
trazione di zuccheri e di conseguenza il vino
risulta avere una gra dazione alcolica notevole,
superiore ai 14°, pertanto, per quanto riguarda
gli abbinamenti col cibo, si avvici na più ad un
rosso che ad un bianco.
I ristoratori non amano proporre il Cerasuolo
o i rosati in genere e, infatti essi non hanno
grande fortuna in enoteca perché non sono né
bianchi né rossi.
Fino a qualche tempo fa chi non conosceva
il Cerasuolo o i rosati in genere, non amava or-
dinarli durante un pranzo; da qualche tempo
però i ristoratori hanno incominciato a propor-
li con successo perché si abbinano a una no-
tevole varietà di piatti e possono quindi essere
utilizzati in un pasto completo.
Per info: www.faraonevini.it
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Gustare L_Italia_210x275 1 17.05.2010 16:48:06
Vignuolo: il vinodi Polifemo e Federico II
74Gustare l’Italia
di F
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arat
eaRo
sati
d’Ita
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“Polifemo prese la tazza, bevve il vino con
piacere indicibile e ne chiedeva dell’altro: “Dam-
mene, dammene ancora, ti prego, e dimmi su-
bito il tuo nome perché possa offrirti il dono per
gli ospiti che, ne sono certo, ti farà felice. Anche
ai ciclopi qui, la terra fertile dà il vino dai pesan-
ti grappoli che la pioggia di Zeus feconda, ma
questo che tu mi dai è ambrosia, una vena di
nettare…”
Qual’era il vino che Ulisse versò abbondan-
temente nella coppa di Polifemo fino a farlo
cadere nel piacevole sonno che gli fu, però, fa-
tale? Dalle parti di Andria non hanno dubbi, era
un vino dei loro vigneti: chi dice uva di Troia, chi
Malvasia, chi Bombino.
Io propendo per quest’ultimo perché è il viti-
gno del delizioso rosato che in questi giorni è
sottoposto insieme ad altri al giudizio delle
commissioni che dovranno eleggere il vincitore
del “1° Concorso Nazionale dei Vini Rosati”.
E se il 5 maggio, quando a Otranto il Governa-
tore di Puglia Nichi Vendola nel dichiarare il suo
nome non dirà “Si aggiudica la medaglia d’oro il
rosato della Cantina Vignuolo di Andria…” vorrà
dire che i giurati non capiscono niente di vini…
Naturalmente sto scherzando; il Concorso, dei
vini rosati, voluto dall’Assessore alle Risorse
Agroalimentari della Regione Puglia, dott. Dario
Stefàno, è estremamente serio e lontanissimo
da quello che è accaduto lo scorso anno in Fran-
cia quando a Cannes si tenne l’evento interna-
zionale “Mondial di Rosè”.
A quella gara parteciparono una ventina di
Paesi che sottoposero i propri vini a una giuria
di cinquanta degustatori; vennero assegnate
276 medaglie e la nazione vincitrice se ne ag-
giudicò ben 208; il 75% del totale.
Indovinate quale fu questa nazione. Il Nepal?
La Nuova Guinea? Il Liechtenstein? Non ci arri-
verete mai: fu la Francia.
L’Italia che con la Francia si contende la pal-
ma di maggior esportatore di vini, arrivò quarta,
battuta addirittura dalla Repubblica Ceca e dal-
la Bulgaria!
Uno scandalo ridicolo di questa portata non
accadrà certo a Otranto perché il concorso è or-
ganizzato con assoluta serietà e controllato dalle
più autorevoli organizzazioni enoiche d’Italia.
Per quanto mi riguarda però, chiunque vinca
a Otranto, continuerò a dare la mia preferenza
Gustare l’Italia75
al rosato della Cantina Vignuolo di Andria, quel-
lo che da anni mi faccio arrivare a Milano per la
delizia dei miei familiari e dei miei amici, un vino
che si sposa perfettamente con la cucina lom-
barda e certo anche con quella veneta, tosca-
na, emiliana ...
Il vino che avrebbe fatto felice anche Federi-
co II, il Puer Apuliae che da vero amante di Bac-
co sapeva apprezzare i frutti della sua terra tan-
to amata, della Puglia Imperiale dove stabilì la
sua residenza preferita che chiamava “pupilla
dei miei occhi” e di cui diceva: “Ogni terrena
dolcezza è superata dalla amabilità della mia
terra”.
Nella terra dove fece costruire Castel del
Monte, il più bello e misterioso castello d’Euro-
pa, i vigneti regalano uve fra le più pregiate del-
la regione che fu definita “la cantina d’Italia” ne-
gli anni in cui la penisola veniva chiamata
Enotria (terra del vino).
In questa regione nel 1959 nasce quella che
diventerà la Cantina Vignuolo; la guerra è finita
da qualche anno, l’Italia vive con allegria quello
che verrà chiamato il “boom economico”.
Ad Andria, in provincia di Bari, viene costitui-
ta la Cantina Cooperativa della Riforma Fondia-
ria Acli con l’obbiettivo di valorizzare i vitigni au-
toctoni della Murgia ricca di storia e di cultura
millenaria.
La “cantina d’Italia” però
impiega molto tempo a
prendere coscienza della
sua forza e della sua impor-
tanza e anche la Cooperati-
va di Andria si adatta per
molti anni a fare quello che
facevano allora la gran parte
dei produttori pugliesi: ven-
devano vini sfusi che in
grandi cisterne andavano a
regalare corpo, anima e pro-
fumi ai più nobili e titolati vini
del nord Italia e della Francia, diventando Baro-
lo, Barbaresco, Bourgogne.
Da qualche anno però le cose sono
cambiate grazie alle intuizioni di illu-
minati produttori che, orgogliosi dei
loro vini, hanno incominciato ad
imbottigliarli e farli conoscere in Ita-
lia e all’estero.
Fra questi la Cooperativa di An-
dria che da quando è stato nomi-
nato presidente Perluigi Spa-
gnoletti Zeuli è arrivata a
contare più di duecento so-
ci scelti fra i produttori più
attenti e responsabili pro-
prietari dei circa 500 ettari
di vigneti sulle colline intor-
no a Castel del Monte, zo-
na di alta vocazione enolo-
gica grazie al clima
particolarmente favorevole,
ben esposta al sole e ba-
ciata dalle brezze del vici-
no mare, protetta dagli Ap-
pennini che ne favoriscono
il clima asciutto e poco
piovoso.
Viene cambiata la ragio-
ne sociale che diventa “Can-
76Gustare l’Italia
tina Vignuolo”, un nome gentile e
poetico, suggerito da una poesia
di Giovanni Pascoli per indicare il
viticcio che la vite, ramificando, svi-
luppa per poter meglio sostenere il
peso del grappolo maturo.
Un suono dolce che esprime al tempo
stesso forza ed eleganza, quello che i pro-
duttori vogliono ottenere, un equilibrio che
viene espresso nella realizzazione di vini pia-
cevoli, con un largo impiego di vitigni autoctoni,
ed evitando lunghe soste nei legni.
La selezione delle uve conferite alla Cantina
Vignuolo è oggi finalizzata alla produzione di vi-
ni a denominazione di origine e indicazione ge-
ografica protetta, e i disciplinari vengono scru-
polosamente rispettati; tutti vinificati in purezza
rivelano grande personalità ed esprimono al
meglio la ricchezza delle uve.
Il controllo completo della filiera dalla vigna
alla bottiglia consente di scegliere le uve da de-
stinare alle diverse tipologie di vino fra i quali
svettano i rossi ottenuti da uve Nero di Troia, i
bianchi di Chardonnay e Malvasia, e dal Bom-
bino Nero i rosati, quelli della mia predilezione
che mi auguro ottengano un grande successo
a Otranto.
Sono circa 200.000 le bottiglie
che escono ogni anno dalla can-
tina vignuolo, vini piacevolissimi
che per il rapporto qualità - prez-
zo sono stati definiti scherzosa-
mente “vini democratici” perché al-
la portata di tutte le borse.
Sono forse un po’ pericolosi per
chi deve guidare perché è difficile fer-
marsi al primo o al secondo bicchiere e i con-
sumatori che hanno questo problema devono
scegliere fra i propri amici uno appartenente al-
la triste genìa degli astemi o spendere un sacco
di soldi in taxi.
Federico II morì la notte del 13 dicembre
1250 a Castel Fiorentino, fra Lucera e Torre-
maggiore.
La sua morte parve incredibile a molti. In Si-
cilia si sparse la leggenda che fosse nascosto
nel cratere dell’Etna; e in Germania che dormis-
se un lungo sonno nella caverna di una monta-
gna, attorniato dai suoi cavalieri in attesa di un
ritorno trionfante.
Se ci sarà il ritorno auspicato, non c’è dubbio
che verrà festeggiato con un brindisi di rosato
della Cantina Vignuolo.
Per info: www.vignuolo.it
Il rosato, questo(quasi) sconosciuto
78Gustare l’Italia
Vino
& m
arke
itng
Il 6% dei vini italiani sono rosati, (e quasi la
metà prodotti in puglia), ma secondo un son-
daggio dell’Accademia della Vite e del Vino, il
70% degli italiani non né ha mai comprato una
bottiglia anche perché di questi vini non se ne
parla, o se ne parla poco e raramente si trova-
no produttori che ci credono e i loro sforzi non
sono premiati dal mercato, che chiede rosati
solo in bollicine.
Se ci chiediamo perché questa tipologia di
vino, che tecnicamente è difficile da produrre,
non sia molto richiesta, la conclusione è sem-
pre la stessa: produrre vino significa investire
capitali di denaro e pertanto è opportuno
aspettarsi come naturale conseguenza otte-
nere un profitto. Quello che non si vende, non
si produce.
A contribuire alla cattiva fama dei vini rosati -
è bene riconoscerlo - hanno contribuito le tante
e certamente troppe produzioni
discutibili del passato con qua-
lità scadenti che
di certo non
hanno reso
una buona immagine a questi vini. Per fortuna
tale tendenza è in netto declino e chi produce
rosati con attenzione ai vitigni, ai vigneti e so-
prattutto alla tecnica produttiva lo fa solo
nell’ottica del’altissima qualità.
Questo tipo di vino infatti, consente di risco-
prire particolari attitudini di alcuni vigneti e re-
interpretarne altri.
Per molti i rosati sono semplicemente uno
spreco di uva. Essi sostengono che durante la
loro produzione, molte delle qualità contenute
nelle bucce sono perse a causa di un limitato
tempo di macerazione con il mosto.
In effetti si tratta di una vinificazione in bian-
co di uve rosse che quindi sono sottratte a vi-
ni potenzialmente più nobili.
Occorre ricordare che spesso i vini rosati si
producono mediante la tecnica del salasso
utilizzata per la produzione di tanti blasonati
di C
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Gustare l’Italia79
vini rossi; tecnica per giunta salentina per
cui tecnologia vinicola pugliese esportata
in tutto il mondo.
In questi casi si provvede a prelevare
una piccola quantità di mosto rosato in
macerazione con le bucce con lo scopo
di aumentare il rapporto di quantità di
estratti nel prodotto finale, in altre parole,
per produrre vini rossi più robusti.
Se si guardano le cose da questo punto
di vista, i rosati prodotti in questo modo
dovrebbero essere di qualità eccellente,
visto che sono prodotti con uve di elevata
qualità tanto da fare meravigliare i degu-
statori non appena queste si trasformano
in densi vini rossi; si preleva dal cuore del
serbatoio, una parte che spesso non su-
pera il 15-20% che sarà fermentata come
un vino bianco di alta qualità.
Eppure i vini rosati sono vittime di una
sorta di paradosso: basta aggiungere del-
le bollicine - possibilmente mediante la
spumantizzazione secondo il metodo
classico - per farli diventare subito nobili,
ricercati, apprezzati e accettati. Infatti, gli
spumanti metodo classico rosé vivono in
ben altre e invidiate condizioni, sono ca-
paci di trasmettere emozioni assoluta-
mente uniche in un’esplosione di mera-
vigliosi aromi e piaceri.
Anche quelli sono vini rosati ma non
sono per questi consi-
derati inferiori come
invece accade per
i vini rosati da ta-
vola. Che i pro-
duttori di spumanti
rosati siano più
attenti al mar-
keting? Si-
curamente
sì. Tuttavia è
curioso notare che se negli spumanti al colore
rosa è riconosciuta nobiltà ed eccellenza, nei
vini da tavola il colore non gode della stessa
sorte! I pregiudizi sono sempre difficili da can-
cellare!
Eppure basterebbe concentrarsi di fronte a
un calice di buon rosato per capire la sua stra-
ordinaria versatilità e piacevolezza.
Se è vero che spesso nei vini bianchi è pro-
prio la freschezza degli aromi una delle qualità
più apprezzate, nei rosati a questa caratteristi-
ca, per giunta più ampia per la provenienza da
uve rosse, deve essere aggiunta a una mag-
giore pienezza gustativa e rotondità al palato
che rende certamente più piacevole la degu-
stazione.
80Gustare l’Italia
Pertanto è opportuno invogliare i consuma-
tori a considerare i rosati a volte snobbati co-
me la risposta più adeguata al consumo di vini
di qualità da accostare a moltissimi piatti.
La volontà della Regione Puglia di dar vita al
1° Concorso Enologico Nazionale dei vini ro-
sati d’Italia che si è iniziato a Bari il 20 e il 21
aprile e si concluderà a Otranto il 5 maggio,
sottolinea la importante presa di coscienza
che il rosato è una opportunità ulteriore di sco-
prire la interessante enografia nazionale e la
Puglia naturalmente vocata a tale produzione,
deve essere portabandiera di importanti inizia-
tive come questa.
Un plauso all’assessore Dario Stefano e al
Governatore Nichi Vendola per l’iniziativa.
I rosati di Casa AlbeaLe produzioni in rosa della Cantina Albea di Alberobello sono due concetti opposti ma
ugualmente interessanti di vinificazione. Nel caso del R’OSE’ si produce attraverso una
vinificazione alla Francese, cioè vinificazione in bianco di uve rosse, Nero di Troia in purez-
za e nel caso del PETRAROSA un salasso da Primitivo di Gioia,
vitigno coltivato a 400 m s.l.m. che produrrà poi il PETRANE-
RA. Nel primo caso anche per il leggero perlage del vino si pro-
pone un rosato leggero, morbido e fruttato, nel secondo domi-
na il corpo e la struttura con aromi unici di una fragranza, che
solo un primitivo coltivato su terreno calcareo e magro a
buone altezze conferisce.
Il R’osè è di colore rosato cerasuolo intenso con sfu-
mature di corallo, all’esame olfattivo è un vino pieno e
avvolgente con aromi di amarena, ciliegia e cocco, al
gusto è armonico di buona persistenza aromatica; il
Petrarosa èun vino elegante di un rosa corallo cristal-
lino, una fragranza olfattiva articolata tra frutti di bo-
sco, biancospino, roselline rampicanti con una fresca
nota di cocco, e al palato mostra una buona
freschezza ravvivata da un giusto perlage.
Per info: www.albeavini.com
CANTINA ALBEA - Via Due Macelli, 8 - 70011 Alberobello (Ba) - ITALYTel. 080 43232548 - Fax 080 4327147 - www.albeavini.com - [email protected]
Salento, terra di magìa
82Gustare l’Italia
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italia
Il 5 maggio prossimo verranno consegnati i
premi ai vincitori del 1° Concorso Enologico
Nazionale dei vini rosati d’Italia, la cerimonia si
svolgerà a Otranto, la bella città più a oriente d’
Italia, la città che ogni mattina è illuminata per
prima dal sole del nuovo giorno.
“Gustare l’Italia” invita il turista o l’addettto ai
lavori che si trova per la prima volta in Salento
per la cerimonia della premiazione, a non limi-
tarsi a un breve soggiorno ma ad approfittare
dell’occasione e ritagliarsi qualche giorno di va-
canza per conocere una delle regioni più impor-
tanti non soltanto d’Italia, ma della storia dell’
Umanità.
“La Puglia non è una regione; è un continen-
te”, ha scritto Raffaele Nigro, e il grande poeta
da poco scomparso Tonino Guerra, innamorato
di questa terra di magia ne descriveva “i tesori
barocchi, le case incantate e i trulli, gli ulivi pa-
triarchi arborei, i sapori forti di erbe antiche da
oli preziosi e accompagnati da vini antichissimi,
i muretti che chiudono i respiri del mondo di fa-
vola, le antiche torri di pietra e le grotte costiere
le cripte rupestri e i capolavori prigionieri sotto
terra, la Puglia imperiale che stupì Federico II
meraviglia del mondo, la Puglia di sogno che
c’era una volta e c’è ancora, a ricordarci che bi-
sogna arrivare nei punti più segreti e selvaggi
Gustare l’Italia83
dove si ha la sensazione di trovare l’infanzia del
mondo. E invece trovi te stesso”.
Invitiamo i turisti stranieri ad approfittare
dell’occasione per scoprire questa terra che
spesso è chiamata “Puglie” perché è riduttivo
parlarne al singolare essendo state nei secoli
molte le civiltà che vi hanno lasciato un segno
del loro passaggio, così che fra Santa Maria di
Leuca e il Gargano non ci sono soltanto chilo-
metri di differenza, ma secoli di storia, millenni
in cui soni intrecciate le culture mediterranee
che ne hanno fatte un luogo di incontro e di ar-
monia fra razze e civiltà.
È, il nostro, un invito anche gli italiani che
vanno in giro per il mondo alla ricerca di emo-
zioni esotiche quando invece a due passi da
casa c’è ancora tanto da scoprire.
84Gustare l’Italia
Avete mai visto Castel del Monte, la cattedra-
le di Trani, nave di pietra che sta per salpare
verso l’infinito, le necropoli ipogee di Trinitapoli,
i dolmen Salentini, le stele daunie, i trulli di Al-
berobello Patrimonio Unesco dell’Umanità, le
grotte di Castellana e di Putignano, la costa
garganica baciata dal sole con le sue 53 specie
di orchidee che fanno del Gargano il paradiso
delle api, le mille masserie dell’entroterra delle
Murge, le ceramiche di Grottaglie capolavori
d’arte e di tradizione?
Avete mai gustato le delizie gastronomiche
che non hanno uguali al mondo per ricchezza,
varietà, piacevolezza...
Dai formaggi, oro bianco della Valle d’Itria, ai
salumi di Martina Franca, ai vini di San Severo,
Gioia del Colle, Manduria, Cellino San Marco,
l’olio di Bitonto, e di Andria.
Non “Puglia” dunque, ma “Puglie” dunque e
ad ogni passo una nuova scoperta, una emo-
zione nuova.
I partecipanti al Concorso dei Rosati, la prima
intensa emozione l’avranno nel visitare a Otran-
to lo splendido castello Araganose nel quale si
svolgerà la premiazione delle aziende produttri-
ci; in questa castello Horace Walpole ambientò
il suo “The castle of Otranto” scritto nel 1764,
considerato il più grande romanzo gotico capo-
stipite di quello stile letterario che si affermeà
con forza nel secolo XIX.
Anche Umberto Eco ha iniziato il suo “Il nome
della rosa” a Otranto, nel monastero di San Ni-
cola di Casole dove c’era la biblioteca più ricca
d’Europa.
Un’altra meraviglia della città è la cattedrale
con il suo mosaico uno dei più grandi al mondo
che si snoda nel pavimento per oltre 16 metri.
Nella chiesa, la più grande di Puglia, sono ri-
cordati gli 800 martiri decapitati da Gedik Ah-
med Pasha il 14 agosto 1480.
Gustare l’Italia85
Il Concorso dei vini rosati si aggiunge alle nu-
merose manifestazione che si svolgono nel Sa-
lento durante tutto l’anno, manifestazione origi-
nale e straordinarie che in molti casi non hanno
il rilievo che meriterebbero .
Ne ricordiamo alcune alle quali chi scrive ha
avuto l’avventura di assistere: le Luminarie di
Scorrano, un piccolo paese della provincia di
Lecce; è uno spettacolo pirotecnico seguito
dall’accensione di migliaia di luci colorate che
non ha paragoni con nessun altro al mondo.
Gli spettatori sono aggrediti da un concerto
fantastico di note che diventano luci e le luci
musica.
Uno spettacolo che se si svolgesse a Vienna
o a Nizza o Cincinnati avrebbe articoli sulle rivi-
ste più importanti, riprese televisive, interviste
celebrative agli organizzatori…, ma poiché si
svolge in un piccolo paese salentino non se ne
accorge nessuno se non gli abitanti del capo-
luogo e dei dintorni.
È il destino di molte manifestazioni del sud
che sono spesso ignorate o sottovalutate an-
che dalle autorità e dai media locali; fortunata-
mente si ha da qualche anno una inversione di
tendenza e iniziative una volta considerate pa-
esane hanno finalmente e l’attenzione che me-
ritavano.
Come, per restare in Salento “La notte della
taranta”, il più grande festival musicale dedica-
to al recupero della “pizzica salentina” e alla
sua fusione con altri linguaggi musicali che van-
86Gustare l’Italia
no dalla world music al rock, dal jazz alla sinfo-
nica, dal reggae all’elettronica.
Un esperimento riuscito della buona politica
che da qualche anno vive e si afferma anche
nel Sud d’Italia al quale partecipa un pubblico
sempre più numeroso (lo scorso anno hanno
assiepato il piazzale dell’ex convento degli
Agostiniani dove si svolge lo spettacolo oltre
140.000 spettatori arrivato da ogni dove).
Auguriamo all’assessore Dario Stefàno sa-
lentino di Lecce, che la sua iniziativa del Con-
corso dei Vini Rosati abbia, come merita, lo
stesso successo.
Benagiano Pastifi cio srlCorso Italia 138-140/b - 70029 Santeramo in Colle (Ba)Tel. 080-3036036 - E-mail: [email protected] - Website: www.benagiano.it
L’amore per la qualitàIl rispetto per la tradizione
Le “
lune”
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Italia
88Gustare l’Italia
di F
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ea “La Peschiera” Continua in questo numero l’iniziativa della
nostra rivista in difesa dei ristoranti ignorati o
sottovalutati delle guide gastronomiche, in
particolare nelle regioni meridionali.
Certo un tempo qualche giustificazione po-
tevano averla; molti ristoratori qualche colpa
indubbiamente l’avevano: scarsa attenzione
nella ricerca dei prodotti che la terra regala
con generosità, mancanza di professionalità,
poco rispetto per le tradizioni..
Da qualche anno però la tendenza è cam-
biata ed è sempre più frequente imbattersi al
Sud in locali che nulla hanno da invidiare a
quelli del Nord ricoperti da soli, stelle, gambe-
ri, forchette regalati da critici generosi.
Eppure per il meridione si continua ad usare
lo stesso metro di giudizio con valutazioni su-
perficiali, giudizi dati spesso per sentito dire
rimasticando cose scritte da altri o ripetendo
quelli scritti anni prima perché per molti ispet-
tori è certo più facile andare da Milano a Busto
Arsizio che avventurarsi fino a Canicattì (Agri-
gento) o a Noci (Bari).
E il Sud che pure avrebbe bisogno di essere
aiutato continua a essere penalizzato con gra-
ve danno per la sua economia (è un dato fatto
che un locale famoso per la piacevolezza della
gradevolezza cucina o per la gradevole ospi-
talità faccia aumentare il movimento turistico e
sia di conseguenza un aiuto per la ricchezza
del Paese).
Non è accettabile che la più importante e
antica Guida, la Michelin, che in tutta Italia
considera circa trecento ristoranti degni di
una, due, tre stelle (massimo riconoscimento
di qualità), ne riconosce soltanto 2 alla Sarde-
Gustare l’Italia89
gna, 4 all’Abruzzo, 2 alla Calabria, 5 alla Pu-
glia, 6 alla Sicilia, zero al Molise, zero al
Basilicata.
“Gustare l’Italia” in collaborazione con il Mu-
seo del Vino di Alberobello, organizzerà il pros-
simo settembre una iniziativa dal titolo “Ricor-
dati del Sud” indirizzata agli ispettori delle varie
Guide perché nella pubblicazioni che riguarde-
ranno il 2013 sia dato all’enogastronomia del
meridione lo spazio che si merita.
Nell’attesa continuiamo ad attribuire le no-
stre “lune” (visto che soli, stelle e pianeti vari
sono già stati da tempo prenotati) ai ristoranti
ingiustamente dimenticati.
Oggi a nostra “luna” illumina un locale incre-
dibilmente ignorato da tutte le Guide, a parte il
Touring Club che gli dà, bontà sua quattro for-
chette, e l’Espresso che gli riconosce poco più
della sufficienza, gli altri non lo considerano
proprio; è invece a nostro giudizio uno dei più
suggestivi, eleganti, affascinanti locali di tutta
Italia.
Consigliamo i critici gastronomici che deci-
dano di recarvisi di non andare soli a “La Pe-
schiera”; ne approfittino per regalarsi una va-
canza con la loro innamorata, e se non hanno
un amore in corso se ne inventino uno.
Si troveranno in luogo proibito a chi è solo
ma ideale per gli innamorati.
Risale certamente all’epoca borbonica ma
forse addirittura ai romani, dato che a pochi
metri ci sono gli scavi dell’antica Egnatia. Un
tempo l’aristocrazia oltre alla riserva di caccia
aveva la riserva di pesca, la “peschiera” co-
struita in riva al mare.
Con un ingegnoso sistema idraulico si face-
vano entrare i pesci in capaci vasche d’acqua
marina nella quale restavano prigionieri fino al
momento in cui i nobili signori decidevano di
sacrificarli per i loro banchetti.
Una delle ultime “peschiere” sul litorale che
porta da Monopoli a Savelletri è stata acqui-
stata qualche anno fa dalla famiglia Guerra
che con interventi di raffinata semplicità l’ha
90Gustare l’Italia
trasformata in un luogo galeotto, per innamo-
rati appassionati e golosi che oltre a gustarvi
una cucina marinara semplice ed essenziale,
possono disporre di camere che sembrano le
cabine di una nave di pietra che stia per salpa-
re verso un mare fantastico.
La Puglia è da sempre la maggiore produt-
trice di uva della Penisola ed è per questo che
è stata definita “la cantina d’Italia”.
Una cantina che però soltanto da pochi anni
ha preso coscienza della qualità dei propri vini
che fino a qualche decennio fa – tranne rare
eccezioni – prendevano anonimamente la via
del nord per dare anima a certi languidi pro-
dotti piemontesi, veneti, lombardi, toscani, e
anche a titolate etichette francesi.
A “La Peschiera” Giuseppe Guerra mette
nella scelta dei vini la stessa cura che pone
nell’indicare la linea della cucina e vuole nella
sua cantina i migliori prodotti della regione in
perfetta sintonia con il padre che è uno dei più
colti e appassionati ricercatori di vini come de-
gli altri prodotti che rendono grande la cucina
pugliese; la sua opera è anche di notevole ri-
lievo economico e culturale perché permette
di esistere ad artigiani che sarebbero altrimen-
ti destinati a scomparire.
Luoghi da visitareDal Gargano al Salento la
Puglia è una delle regioni
d’Italia più ricche di meravi-
glie artistiche e naturali; si ri-
cordano sempre i gioielli di
Alberobello e di Castel del
Monte dichiarati dall’Unesco
“Patrimoni dell’Umanità” ma
ci sono altre bellezze, altri te-
sori di valore incalcolabile
ancora da scoprire o note
soltanto a pochi.
Questa è una terra che è
stata amata dai popoli che
hanno costruito la storia del-
la civiltà che qui si sono avvicendati e hanno
lasciato una loro impronta: Greci, Romani,
Longobardi, Svevi, Angioini, Spagnoli… fino a
Veneziani, Francesi, Borboni.
Gli appassionati di storia si possono rivolge-
re a Giuseppe che ha ereditato dal padre
l’amore per la sua terra e sarà lieto di suggeri-
re itinerari di grande interesse; chi però vuole
soltanto godersi una vacanza per ritemprare lo
spirito dando felicità al corpo, troverà alla Pe-
Gustare l’Italia91
schiera il più moderno
impianto di talassotera-
pia che si sviluppa nelle
7 piscine di acqua di
mare e di acqua oligo-
minerale che sgorga
dal sottosuolo.
Un’altra interessante
avventura si potrebbe
vivere recandosi a Gal-
lipoli dove un veliero è
a disposizione degli
ospiti de “La Peschie-
ra”; Simona Guerra, so-
rella di Giuseppe, che
da quelle parti gestisce
un simpatico locale, il Coco Loco, sarà pronta
a salpare per una breve crociera che li porterà
a conoscere le bellezze della costiera Jonica,
dalla scogliera di Santa Maria di Leuca alla bel-
la isola di Sant’Andrea, fino a Santa Caterina.
A lume di candelaSe come ho consigliato i critici non saranno
soli ma si trovano alla Peschiera con il loro
amore, quando è l’ora della cena chiedano di
consumarla al tavolo più vicino al mare; l’Adria-
tico dovrebbe essere agitato e dovrebbe spi-
rare forte il magico vento di sud-est umido e
caldo che arriva da lontananze misteriose sfio-
rando la preistorica grotta di Porto Badisco e i
Menhir di Calimera. In quelle sere - secondo la
leggenda - gli innamorati hanno poteri divina-
tori e se avessero una bolla di cristallo potreb-
bero vedere limpidamente il loro futuro.
In mancanza della bolla magica saranno
perfette anche due flute di cristallo e l’avvenire
- certamente gioioso - apparirà fra le bollicine
di un delizioso spumante che il maitre avrà
provveduto a far servire.
Con lo spumante arriverà in tavola tutto l’oc-
corrente per realizzare la “Tartare di tonno al
fumo aromatico” che si dovrà assolutamen-
te gustare: in un piatto si metterà la carne cru-
da del pesce che il cameriere e gli stessi ospi-
ti provvederanno ad affumicare al momento
bruciando le erbe aromatiche appena colte
nell’orto: rosmarino, alloro, finocchietto selva-
tico, mirto… che verranno ricoperte da una
campana di vetro perché il tonno possa arric-
chirsi di quei profumi; dopo circa mezz’ora, la
carne sarà pronta e il risultato sarà un cibo de-
lizioso che verrà ricordato a lungo.
92Gustare l’Italia
Lo stesso accadrà per il piatto che Giuseppe
ha dedicato agli innamorati: “Lutrino ai sapori
mediterranei”, uno dei pesci più saporiti
dell’Adriatico, cucinato all’acqua pazza esaltato
dal Teresa Manara di Cantele, uno Chardonnay
che nasce in una terra, il Salento, dove il vino
hanno imparato a farlo tremila anni fa.
La notteLe camere de “La Peschiera” sono dodici,
bellissime, affascinanti arredate con gusto
malizioso; un breve patio le separa dal mare
che quando è agitato arriva a lambire la porta
a vetri contribuendo a creare un’atmosfera
morbosa e intrigante perfetta per amanti pas-
sionali alla ricerca di nuove emozioni.
Sopra ogni camera un’alcova di pietra per-
mette, se si vuole, di trascorrere le notti estive
avendo come soffitto soltanto il cielo stellato.
Una mano gentile avrà provveduto a far trova-
re agli innamorati una bottiglia di D’Araprì, un
incredibile spumante “inventato” a San Seve-
ro, in provincia di Foggia da tre amici che qua-
si per scommessa hanno ottenuto da un uvag-
gio di Bombino bianco e di Pinot nero
vinificato in bianco uno spumante di grande
eleganza.
E’ un’altra delle tante sorprese che la terra di
Puglia magica e stupefacente continua a riser-
vare a chi ha la ventura di venire a visitarla.
Le bollicine renderanno più intriganti i versi
maliziosi di un canto armeno dell’ottocento
che si trova a fianco al letto: “Vorrei diventare
acqua, confondermi con l’acqua del fiume,
e risalire fino alla sorgente. Così la mia
bella verrebbe a riempire la brocca, ed io
entrerei nella brocca gorgogliando. Lei
metterebbe la brocca sulle spalle, io le
sgocciolerei fra i seni”.
Dovrebbe essere l’inizio di una notte infuo-
cata. Se dopo un’esperienza come questa il
critico gastronomo non regala almeno una
stella “La Peschiera” chieda urgentemente un
incontro con uno psichiatra. Da parte nostra la
premiamo con la “luna” più risplendente, fulgi-
da, raggiante.
Da maggio su Antennasud il magazine settimanale“GUSTARE L’ITALIA: I PROTAGONISTI”
con indagini nelle filiere della Moda, Enogastronomia e Turismopartirà con lo Speciale dal “CIBUS” di Parma.
La trasmissione televisiva prodotta da Saverio Buttiglionesarà parte integrante del progetto internazionale
“FOOD & MODA”
“Magic Shopping”
94Gustare l’Italia
del
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edaz
ione
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Domenica 20 maggio sul Canale 99 di Lom-
bardia Tv andrà in onda la trasmissione “Magic
shopping” condotta da “due maghi e una stre-
ga”. I maghi sono Cino Tortorella il mago dello
Zecchino d’Oro e Gabriele Gentile il mago “da
legare” di molti spettacoli trasmessi dalla Rai, la
strega non è stata ancora trovata e si è chiesto
alle ragazze della Lombardia di proporsi per rico-
prire il ruolo.
“Magic shopping” è uno spettacolo rivolto alle
famiglie con musiche, giochi, gastronomia e quiz
che viene ripreso da una storica televisione nata
trent’anni fa a Soresina, una cittadina della pro-
vincia di Cremona, e ha oggi un bacino di utenza
che si estende su tutta la regione Lombardia e
parte dell’ Emilia.
La trasmissione viene ospitata dalle “Acciaie-
rie shopping center” il più elegante centro com-
merciale lombardo situato nel comune di Corte-
nuova tra le province di Bergamo, Brescia e
Cremona.
Il centro si estende su una superficie di 48.000
mq; la galleria di 13.000 mq si sviluppa su due
piani dominati da una grande cupola, una archi-
tettura unica nel suo genere che caratterizza uno
spazio destinato a ospitare importanti eventi.
Alcuni servizi innovativi caratterizzano le splen-
dide gallerie dello Shopping Village: un’area bim-
bi tra le più grandi realizzate nei centri commer-
ciali d’Italia, un’ampia food-court nella piazza
centrale, un’area relax, la nursery, accessi facili-
tati per disabili, 4.000 posti auto gratuiti ...
Collegato alla galleria, è attivo il City Park che
ospita un cinema multisala composto da 7 sale,
un centro divertimento con sala giochi, con
bowling e casinò.
“Gustare l’Italia” dà a tutti l’appuntamento per
questa sua nuova esperienza che, si augura, in-
contrerà il favore di grandi e piccini.
Spazio Abbadesse,tra tradizione
e modernitàLa scelta del luogo dove realizzare
un evento - sia esso una mostra oppu-re un rinfresco, un convegno o anche solo una serata tra amici - non deve es-sere mai casuale.
Per la buona riuscita di una manife-stazione, la location non è importante, è fondamentale.
Esistono luoghi che hanno un fasci-no particolare: sono quelli che hanno una storia da raccontare. Luoghi che portano il segno del lavoro dell’uomo e dove si respira un’aria unica, incon-fondibile.
La location dove realizzare eventi, so-prattutto di rappresentanza e promo-zione, deve essere anche facilmente rag-giungibile e comoda, magari nel centro di una grande città come Milano.
Un luogo con queste caratteristiche, proprio nella metropoli meneghina, esiste, è Spazio Abbadesse: un grande open space su due livelli perfetto per manifestazioni ed eventi, ma anche per ospitare conferenze, corsi di for-mazione e show room.
Spazio Abbadesse è un locale uni-co nel suo genere in quanto offre l’in-novativa formula “Cena & Spettacolo”, dove la migliore espressione della cu-cina si coniuga con spettacoli di livello internazionale.
Insomma, per soddisfare qualsiasi esigenza istituzionale o aziendale, Spa-zio Abbadesse è la vetrina ideale per chi vuole farsi conoscere a Milano.
Via Abbadesse, 2020124 Milano
Tel.: 02 - 66805588E -mail: [email protected]
Website: www.abbadesse.com
Pros
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96Gustare l’Italia
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Libri
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La cucina etica facile - Emanuela BarberoIl numero delle persone che decidono di diventare vegan è in costan-
te crescita. Cresce la consapevolezza che tutti gli animali (anche quelli
che solitamente mangiamo) sono esseri senzienti, capaci di provare sen-
sazioni, emozioni, sentimenti; ma modificare le proprie abitudini, impara-
re a utilizzare nuovi ingredienti, e valorizzarne di più altri, può non essere
così immediato.
Il volume, propone oltre 220 ricette da seguire passo a passo con tut-
te le indicazioni utili. Per ogni ricetta si indicano indica il livello difficoltà,
il tempo richiesto nella preparazione e anche la fascia di costo. Non
mancano i piatti da preparare «una tantum» per essere poi utilizzati più
volte, anche riscaldati.
Edizione: Sonda - Pagine: 200 - Prezzo: € 15,00
Cucinare in un mese - Sara PapaIl libro si compone di due parti: una introduttiva e una dedica-
ta alle ricette. Nell’introduzione vi sono tutte le indicazioni indi-
spensabili per mettersi ai fornelli con la certezza di ottenere
buoni risultati: dai consigli per mantenere l’igiene in cucina ai
trucchi per riconoscere la qualità degli alimenti al momento
dell’acquisto, dalle istruzioni pratiche per cucinare un risotto
perfetto alle ricette base per preparare la pasta all’uovo, quella
di grano duro e gli impasti per i dolci.
La sezione dedicata alle ricette è suddivisa in quattro parti,
che corrispondono ad altrettante settimane: la difficoltà delle
preparazioni aumenta gradualmente.
Edizione: Gribaudo - Pagine: 168 - Prezzo: € 16,90
I miei menù da 30 minuti - Jamie Oliver Il segreto del volume non è rinunciare alla qualità dei cibi cucinati
(per via del poco tempo a disposizione), ma essere ben organizzati
e imparare quei trucchi e “scorciatoie” da chef professionista che qui
cvengono spiegate nel modo più chiaro possibile.
All’interno troverete 50 menu concepiti con cura e studiati in ogni
passaggio per ottimizzare i tempi. Non importa se siete già cuochi
provetti o principianti assoluti, questo libro è per tutti: le ricette sono
illustrate passo passo, in modo da portare avanti in parallelo la pre-
parazione di primo, secondo, contorno e, perché no, magari anche
un dessert.
Se pensate sia impossibile, Oliver vi invita a mettervi alla prova.
Edizione: TEA - Pagine: 288 - Prezzo: € 29,00
Gustare l’Italia97
Viva Pantagruel - Leopoldo BranchettiIn questi anni di ossessione per il peso-forma e per i cibi light, sani,
digeribili e dieteticamente corretti, rischiamo di perdere il piacere della
tavola. È ora di ribellarsi alla dittatura light e di tornare ai sapori forti di
una volta. C’è un solo modo per farlo: cucinare come facevano le nostre
nonne, pensando alla bontà e alla gioia di condividere i piatti della tra-
dizione. Questo ricettario vi propone portate per pranzi domenicali indi-
menticabili, per celebrare la festa del buon cibo.
Come cucinare lasagne alla napoletana, cotolette di vitello al lardo,
krapfen alla crema... e ancora: parmigiana di melanzane (rigorosamente
con melanzane fritte),vincisgrassi (le lasagne marchigiane), tacchino ri-
pieno alla lombarda,torta cioccolatino con crema al mascarpone.
Edizione: Aliberti - Pagine: 120 - Prezzo: € 14,00
Parlami d’amore Ragù - Rocco MoliterniVariazioni sul tema “cucina”: tanti affrontano questo tema - in tv, alla
radio, sui giornali, in libreria - ma pochi lo fanno con ironia; qui sono rac-
colti 100 divertenti pezzi, per lo più provenienti dalla rubrica Fratelli di te-
glia, pubblicata ogni giovedì sulla pagina di enogastronomia Il bello & il
buono de“La Stampa”, affiancati da ricette ideate dallo stesso autore.
Gli argomenti? Variano dai piatti prediletti da personaggi famosi (Gari-
baldi, Manzoni, Cavour, Rossini…) a specialità regionali (gli strangolapre-
ti, i salumi, la porchetta…), dai misteri sull’origine di alcuni classici (car-
bonara, insalata russa, carpaccio…) a prodotti del nostro immaginario
(Idrolitina, Buondì Motta, Fernet Branca) e della pubblicità (cornetto Algi-
da, Birra Peroni…).
Edizione: Mondadori - Pagine: 160 - Prezzo: € 16,00
Mamma, che buono! - Rosita Ghidini BoscoIl segreto infallibile per far mangiare di tutto ai nostri figli? Guidarli
nell’alimentazione come li si guida in ogni altro aspetto della vita: armati
di buon senso, pazienza e fiducia in se stessi. Il libro nasce dall’esperien-
za personale dell’autrice, che è riuscita a far diventare le sue figlie due
“buongustaie” in grado di mangiare di tutto e apprezzare il cibo sano.
I 7 capitoli seguono la crescita del bambino fino ai 14 anni, il libro con-
tiene ricette tradizionali o elaborate secondo nuove tendenze nutriziona-
li. Semplici ma mai banali, allargano progressivamente l’esperienza del
cibo nei bambini. E inoltre: uso delle mani e delle posate, testardaggine
e buone maniere a tavola, coinvolgimento dei bambini nel fare la spesa
e nel cucinare, cibo consumato fuori casa e cibo-spazzatura...
Edizione: Vallardi - Pagine: 240 - Prezzo: € 14,90
98Gustare l’Italia
24 Anolini in brodo alla parmigiana
24 Tortelli d’erbetta alla parmigiana
25 Erbazzone
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Indi
ce ri
cette
mag
gio
25 Bomba di riso
28 Le lasagne di Federica
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