GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

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Estate tricolore Periodico di cultura enogastronomica e tur ismo Anno 2 - Numero 14 - Luglio 2011 Poste Italiane S.p.a. Spedizione in abbonamento postale -70% DCB Milano Copia di cortesia Con il patrocinio di

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Speciale Salento

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Estatetricolore

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Estate. L’estate è la stagione che vede trionfare, in ogni regione, le sagre e le feste popolari.

Da quelle più antiche e radicate a quelle improvvisate o rispolverate a fini turistici, magari a ope-

ra di volonterose associazioni locali, praticamente tutte sono accompagnate da degustazioni o

vendita di prodotti alimentari.

Ecco allora che le sagre, da quelle più sentite da parte degli abitanti del posto a quelle meno

riuscite dal punto di vista di pubblico, rivestono un ruolo fondamentale nel percorso delle comu-

nità nel riappropriarsi del proprio territorio e della propria cultura, anche quella gastronomica.

Di tutte queste manifestazioni è praticamente impossibile dare conto e notizia - anche se noi

tentiamo quotidianamente di farlo sulle pagine del nostro sito www.gustarelitalia.it - ma ciò che

conta è il fatto che siano in costante aumento. Il nostro consiglio è quello di diffidare da quegli

eventi che propongono una cucina genericamente italiana, ma di “buttarsi” in quelle sagre che

esaltano piatti e prodotti tipici della propria zona. Dal Trentino al Salento, dalla Riviera Ligure al-

la Sicilia l’estate è la stagione ideale per gustare centinaia di tradizioni alimentari spesso di nic-

chia, talvolta impossibili da ritrovare facilmente durante il resto dell’anno.

Nelle pagine di questo numero, per non fare torto a nessuna delle lodevoli iniziative locali,

abbiamo voluto segnalare soltanto due tradizioni storiche così radicate da non temere la con-

correnza di nessuno, né di porsi in alternativa alle altre: il Palio a Siena e la festa della Perdo-

nanza a L’Aquila.

Estate tempo di sagre, si è detto. Attenzione, però: l’estate è anche tempo di vacanza e di cam-

biamento delle proprie abitudini alimentari. Pur trascurando chi insegue diete last minute o ricer-

ca soltanto cibi “freschi” (o presunti tali) adatti alle temperature che salgono, è indiscutibile che

nei mesi estivi la maggior parte degli italiani muti la propria alimentazione. Non necessariamente

in peggio, anzi. Se da un lato è evidente a chiunque metta piede su una spiaggia italiana il fatto

che molti si concedano spuntini fuori pasto tutt’altro che salutari, è anche vero che sono moltis-

simi i vacanzieri che, in montagna come al mare, aumentano la propria attività fisica. Se anche

l’appetito dovesse aumentare, il consiglio di “Gustare l’Italia” non è quello di trattenersi il più pos-

sibile; è invece quello di “approfittare” delle vacanze per dedicarsi con più calma e attenzione

anche alla cultura del buon mangiare (e buon bere).

Per scoprire (o riscoprire) una tradizione enogastronomia, per assaporare un piatto particolare,

per non dover ricorrere soltanto al supermercato nel fare la spesa, per concedersi una sosta

gourmet in uno dei tanti ottimi ristoranti italiani. In vacanza come in città.

In questo numero noi di “Gustare l’Italia” abbiamo proprio voluto, come sempre, segnalare

quelle realtà, produttive o ricettive, che vanno esattamente in questa direzione, e che, con la lo-

ro qualità assoluta, garantiscono al tempo stesso il gusto, il piacere e la bontà, tutte componen-

ti che in estate non devono assolutamente andare in vacanza.

Alessandro Milani - Direttore Responsabile Edito

riale

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4Gustare l’Italia

6 Tradizioni italiane L’altro lato del Palio16 Mangiare in contrada

18 Il produttore Nelle Langhe batte un cuore di pietra

24 Tradizioni italiane Papa Celestino V e la Festa del Perdono

28 Eccellenze italiane Un piacere per la gola, un piacere per il corpo

Som

mar

io lu

glio

- ag

osto

201

1

52 Ospitalità italiana Reggia Domizia, dove si sposano classe e passione

34 La vacanza L’estate di Grado tra spiagge, casoni e buona cucina

46 Il produttore Le tante sfi de del Tonno Colimena

62 Il consorzio agroalimentare Il mosaico (liquido) di Otranto

66 Il cibo di strada I turcinieddhri, scarti d’autore

70 Il consorzio vitivinicolo Una regione, un vino molte anime

652

62

46

34

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Gustare l’Italia5

76 Il produttore Brandisio, musica per il palato

80 Quelli che le guide non dicono “La Martinella”, tradizione e modernità

84 Le città di Res Tipica Sulle orme della bufala

86 Gli itinerari di Res Tipica Tra il Volturno e il Garigliano

90 Bufala e pizza Il matrimonio s’ha da fare

92 Il cibo nell’arte Delizie lunari: le fantasie culinarie nell’opera di Antonio Rubino

96 Ricorrenze La profezia di Pellegrino

103 Rubriche

105 L’orto di luglio - agosto I cocomeri Le pesche I pomodori

112 Libri da mangiare

114 Indice ricette

Direttore Responsabile: Alessandro Milani - Caporedattore: Raffaele Montagna - Art Director: Daniele Colzani

Segretaria di Redazione: Mara Guerrieri - Responsabile Diffusione: Roberto Zanutto

Grafica e impaginazione: Daniele Colzani - Giovanni Di Gregorio

Concessionaria pubblicità: Soltrade Communication - Via Mirabello, 10 - 00195 Roma

Responsabile Trattamento Dati Personali: Maurizio Villa - L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e

la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs 196/2003 scrivendo al

Responsabile del Trattamento Dati Personali: Soltrade Communication - Via Abbadesse, 20 - 20124 Milano

Contatti: [email protected] - www.gustarelitalia.it

Redazioni: Milano: Via Milanese, 5/11 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) - Roma: Via Mirabello, 18 - 00195 Roma

- Sicilia: Via Cannezio, 22 - 97100 Ragusa

Hanno collaborato a questo numero: Giulia Battafarano - Paolo Bonagura - Fabrizio Cimino - Marco Locatelli - En-

zo Meli - Francesco Maria Montella - Roberto Mottadelli - Martino Negri - Emiliano Raccagni - Laura Rangoni

Fotografi e Uffici Stampa: Giulia Brogi - Emanuela Cattaneo - Teodoro S. Gruhl - Petr Kratochvil - Lidia Monta-

nari- Raniero Pizzi - Associazione Nazionale Città della Bufala - Casa Artusi - Consorzio per la tutela del Palio di

Siena - Oliopuglia.it - Oliviaemarino.it - Reggia Domizia - Ufficio Turismo e Relazioni Esterne Comune di Grado

Distribuzione: C.M. Press Distribuzione

© Riproduzione (anche parziale) vietata

Periodico di cultura enogastronomica e turismo - Anno 2 - Numero 14Luglio 2011 - Reg. Tribunale di Milano n° 201 del 14/04/2010

www.gustarelitalia.it

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6Gustare l’Italia

di E

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ne

L’altro lato del Palio

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Gustare l’Italia7

Il Palio di Siena. Tra le molte chiavi di lettu-

ra con le quali approcciarsi a una delle più po-

polari feste italiane, se ne possono individuare

due, essenziali e contrapposte.

La prima, certamente maggioritaria, è quella

dello spettatore televisivo o del turista che ma-

gari inconsapevolmente si trova ad assistere a

un evento che lo colpisce per colori, suoni,

passione. Lo spettacolo è indiscutibilmente

affascinante. Viene quindi spontaneo “parteg-

giare” per uno dei fantini che smaniano in quei

Dietro le quinte della celebre festache per due volte l’anno infi amma Siena e la sua gente

momenti interminabili che precedono l’avvio

della corsa, gustarsela col cuore in gola fino

allo scoppio del mortaretto, quando capita di

assistere a scene di esultanza (e di speculare

delusione) da delirio collettivo.

Quando tutto è finito, però, molti non ca-

piscono come si possa letteralmente impaz-

zire per una corsa di cavalli di poco più di un

minuto. La domanda resta senza risposta.

Oppure no, per chi decide di seguire un se-

condo approccio.

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8Gustare l’Italia

peranno, dato

che ogni carrie-

ra ne vede in

campo dieci.

Le sette esclu-

se correranno di

diritto in quella

dell’anno suc-

cessivo, insie-

me ad altre tre

sorteggiate.

Un altro giro va chiesto alla fortuna al mo-

mento della tratta, quando quattro giorni pri-

ma del Palio dall’urna esce il nome del cavallo

che da quel momento verrà custodito nella

stalla di contrada, in realtà un appartamento

Oltre la festaIl Palio si disputa in piazza del Campo due

volte l’anno, il 2 luglio e il 16 agosto. Non è una

rievocazione storica, come ne sono fiorite a

centinaia a partire dagli inizi del Novecento in

tutta Italia.

È una festa viva, organizzata e regolamenta-

ta dal Comune di Siena, che dal 1656 ne cura

direttamente lo svolgimento, andando a solen-

nizzare quanto già da quasi due secoli le con-

trade della città svolgevano in vari modi e con

discontinuità.

Da allora, la festa di Siena si è sempre di-

sputata in occasione delle ricorrenze dedi-

cate alla Madonna di Provenzano (a luglio) e

dell’Assunta (ad agosto), tanto che, nei gior-

ni precedenti la

disputa della car-

riera, il drappello-

ne dipinto che an-

drà in premio al

vincitore viene cu-

stodito rispettiva-

mente nella Basili-

ca di Provenzano

e nel Duomo.

È proprio lì che i

contradaioli festanti si recheranno immediata-

mente dopo la corsa per intonare il Te Deum di

ringraziamento, un rito antico e cattolicissimo

e allo stesso tempo moderno e pagano, che in

terra consacrata mischia bandiere e abbracci,

urla e lacrime, sudore e preghiere.

La continua con-

taminazione tra

sacro e profano è

il filo conduttore

che scandisce i

tempi del Palio.

La sorte gioca

un ruolo decisivo

nel decidere quali

contrade parteci-

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Gustare l’Italia9

per equini dotato

di tutti i comfort,

con tutte le at-

tenzioni che me-

rita il vero prota-

gonista a cui

affidare le aspet-

tative di vittoria.

Ed è sempre la

dea bendata, al

momento di stabilire l’ordine di ingresso tra i

canapi delle diverse contrade, a giocare un

ruolo primario, dato che la posizione in cui

ogni fantino dovrà muoversi può risultare deci-

siva. Il rito appare con tutta la sua forza con la

benedizione del cavallo, che avviene nell’ora-

torio delle contrade nel pomeriggio che prece-

de la corsa. Nella cerimonia officiata dal sacer-

dote (correttore) che ha in cura le anime della

contrada, e nell’urlo liberatorio dello stesso,

che saluta cavallo e fantino con un “vai e torna

vincitore!”, seguito da una sbandierata sul sa-

grato della chiesa, c’è più forte che mai questa

fusione tra sacro e profano, tra solennità e gio-

co che da quel momento è consacrato a bat-

taglia. Una battaglia simulata, si intende, che

vale però la supremazia cittadina nel momento

più importante dell’anno.

La contrade viveCon una felice intuizione il giornalista Toni-

no Virone scrisse oltre vent’anni fa sulla rivi-

sta Testimonianze

che per capire il Pa-

lio di Siena bisogne-

rebbe sedersi su uno

dei palchi che cir-

condano la piazza

del Campo, qualche

ora dopo la conclu-

sione della corsa.

Quando la tensione

che si era accumulata al massimo si spezza

nell’urlo di chi ha vinto e quando il resto della

città, come ripresasi da un momento di parali-

si, torna lentamente al suo vivere.

Possibile, si chiede, che questa spettacolare

messa in scena finisca lì? E se invece, come il

giovane Holden di Salinger, si provasse a im-

maginare che fine

fanno le anatre nel

laghetto del Central

Park quando d’in-

verno è tutto ghiac-

ciato e nessuno le

vede? Cosa accade,

in altre parole, quan-

do si spengono i ri-

flettori sulla corsa?© E

man

uela

Cat

tane

o

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10Gustare l’Italia

Possibile che

tutto questo ec-

cesso di emozioni

si esaurisca in

questo modo? Il

paragone regge,

perché il Palio di

Siena è un fuoco

che brucia mo-

strando le sue

fiamme per otto giorni, due volte l’anno.

Ma non esisterebbe senza le braci che per

tutto il resto del tempo covano profonde in mi-

gliaia di cittadini senesi e vengono custodite in

diciassette luoghi: le contrade.

Le contrade di Siena sono state studiate in

modo approfondito da storici e archivisti, ma

anche da sociologi

e antropologi. Il

perché è presto

detto: gli antichi ri-

oni che da secoli

dividono il territo-

rio della città stori-

ca, quella ancora

totalmente rac-

chiusa nelle mura

medievali, sono entità vive e non semplici

giubbetti colorati con i quali immedesimarsi o

tifare durante il Palio.

Perché ciò che è accaduto a Siena nel corso

di un’evoluzione urbanistica e sociale che af-

fonda le sue radici nel Medioevo e prende for-

ma a partire dal

Cinquecento è

p ro b a b i l m e n t e

unico al mondo.

Le contrade, in-

fatti, non sono i

suggestivi ma vuo-

ti contenitori che

corrispondono ai

rioni più antichi di

qualunque città europea che ne conserva i no-

mi per tradizione e comodità topografica. Co-

me all’opposto non sono minimamente para-

gonabili alle moderne circoscrizioni, vive dal

punto di vista amministrativo ma senza storia

e, soprattutto, senza vissuto.

I diciassette rioni di Siena sono da almeno

cinque secoli il primo punto di riferimento

per il potere

centrale del Co-

mune. Hanno

ciascuna un go-

verno, al cui ca-

po c’è un Priore

(in due casi Ret-

tore o Governa-

tore), eletto in-

sieme a una

giunta (sedia o seggio), con i suoi vicari, e

una serie di ministri che si occupano di fi-

nanze e bilancio, beni immobili, organizza-

zione, solidarietà, giovani.

E, soprattutto, ogni contrada ha un popolo

che si riconosce non solo nei suoi colori e nel-

le sue insegne, ma in quella fetta di città che

gelosamente è

rivendicata co-

me il proprio ter-

ritorio. E a quel

territorio si sen-

te di appartene-

re non solo nel

momento più

eclatante, quello

del Palio, ma

sempre. Ogni contrada ha il suo luogo religio-

so (oratorio) e locali (la società di contrada)

aperti tutti i giorni dell’anno, che fungono da

punto di riferimento per grandi e piccoli. Ci so-

no diciassette gruppi sportivi, diciassette

gruppi di donatori di sangue.

Ogni contrada ha la sua piccola compagnia

teatrale, le iniziative culturali, quelle dedicate

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Gustare l’Italia11

ai più piccoli. Organizza corsi, cene, gite, mo-

stre. Edita un suo giornale, ha un suo sito web.

Ha le sue assemblee, le sue elezioni, un suo

museo, che custodisce non solo gli agognati

drappelloni del Palio, ma soprattutto memorie

di secoli di vita quotidiana di una micro comu-

nità e archivi che ne descrivono dettagliata-

mente la storia, i più antichi datati a metà del

XVI secolo.

Da rioni a luoghi dell’animaContinuità è forse il termine più adatto

per descrivere ciò che le contrade di Siena

sono riuscite a garantire col passare dei se-

coli e che è stata la

chiave non solo

della loro sopravvi-

venza, ma della

capacità di vivere il

presente di una

città che è natural-

mente e profonda-

mente cambiata.

Nate prima come

distretti amministrativi di tipo militare per in-

quadrare le milizie cittadine nel Medioevo e

poi aggregatesi attorno alle parrocchie di rife-

rimento ai tempi della perdita dell’indipenden-

za e dell’ingresso di Siena nella sfera di in-

fluenza fiorentina, le contrade hanno percorso

quasi mezzo millennio di storia inserite nel tes-

suto cittadino e non sarebbero riuscite, senza

adattarsi ai cambiamenti, a farsi custodi del

passato e delle tradizioni ed essere soprattut-

to i rioni della vita quotidiana.

L’editto con cui Violante di Baviera, gover-

natrice della città per conto dei Medici, fissò

una volta per tutte nel 1729 gli attuali confini

dei diciassette rioni, non fu un inizio, ma l’uffi-

cializzazione di uno status quo, l’esistenza

delle contrade, già da tempo riconosciuta.

Esempi più vicini a noi ne confermano l’im-

portanza nel tessuto cittadino. Agli albori del-

lo Stato unitario sono infatti le contrade a far-

si promotrici al proprio interno di quelle

Società di Mutuo Soccorso che tanto merito

ebbero nell’aiutare lavoratori e famiglie co-

strette a fare i conti

con la miseria,

quando non c’era

lo stato sociale.

Sempre le contra-

de, con le loro ban-

diere spiegate a fe-

sta, accolsero gli

eserciti alleati dopo

la liberazione della

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città nel 1945 e,

quasi a segnare il

ritorno alla norma-

lità dopo gli orrori

della guerra, si

pretese a furor di

popolo di organiz-

zare un Palio stra-

ordinario per il

giorno dopo.

Forse per spiegarne l’importanza nella vita

di tanti senesi basterebbe guardare ancora

oggi come la bandiera della contrada segna-

li la nascita di un bimbo, lo accompagni du-

rante l’esistenza non mancando di essere

presente al suo matrimonio o nell’estremo

saluto di un funerale.

Sono questi i momenti nei quali si percepi-

sce in modo forte un senso di identità e appar-

tenenza che si tramanda da generazioni, non

solo a parole.

12Gustare l’Italia

È su questi presupposti che le contrade,

impegnate a cambiare insieme alla società

per continuare a esserne parte attiva, stanno

affrontando oggi l’ennesima sfida della pro-

pria esistenza.

Di fronte all’inesorabile spopolamento del

centro storico della città, che, come tutte, si

terziarizza e vede negozi, uffici e residenze

universitarie sostituirsi alle abitazioni, le con-

trade stanno imparando a adattarsi.

Venuto a mancare il rapporto diretto tra rio-

ne e abitante, ora

che la maggior

parte dei senesi

vive fuori dalle

mura, in terra di

nessuno, la con-

trada lotta per

continuare a ri-

manere un cen-

tro d’aggregazio-

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Gustare l’Italia13

ne naturale, trasformandosi da rione a luogo

dell’anima. Il battesimo contradaiolo, introdot-

to negli anni Cinquanta-Sessanta del secolo

scorso per sancire una volta l’anno l’ingresso

nella comunità dei nuovi arrivati, è diventato il

simbolo di un’appartenenza che da fisica si fa

sempre più spirituale, mentre le strade dove

un tempo si nasceva e si trascorreva una vita

diventano i luoghi dove continuare a tornare

per respirare la propria appartenenza.

Da qui la capacità delle contrade di saper

offrire la quoti-

dianità attraver-

so lo stare insie-

me tutto l’anno,

aspettando i due

momenti nei

quali, con il Pa-

lio, le braci riani-

mano un fuoco

visibile a tutti.

Il Palio è vitaIl Palio, a questo

punto dovrebbe es-

sere chiarissimo,

non è un gioco e

nemmeno una gara

sportiva. È una gio-

stra dove le rivalità

tra contrade, la poli-

tica, le astuzie e gli

accordi possono valere quanto l’abilità nello

stare a cavallo e concorrere a determinare il ri-

sultato finale.

Ma provare a vincere non è tutto, perché la

soddisfazione di vedere la propria rivale fallire

un successo, magari tanto atteso e alimentato

dalle aspettative è pari a quella di avere il mi-

glior cavallo nella stalla.

Questo è l’humus del quale si nutre la sfre-

nata corsa di tre giri attorno a una delle più

belle piazze del mondo e nel quale il desiderio

Page 14: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

14Gustare l’Italia

di arrivare primo si impasta e diventa tutt’uno

con un retroterra di tradizioni, sentimenti e vi-

vere quotidiano che generazioni di senesi si

tramandano di padre in figlio.

I rituali si possono costruire, inventare, per-

fezionare fino a far credere a chi vi prende par-

te che si è sempre fatto così, quando magari

la pro loco locale è soltanto andata a ripesca-

re da libri polverosi una festa o una tradizione

da fare risorgere.

A Siena, invece, le anatre del giovane Holden

non scappano dal lago con i primi freddi. Ci so-

no sempre, rintanate al caldo delle loro contra-

de e sono la dimostrazione concreta di quanto

sia vera la definizione più essenziale, ma forse

più azzeccata, che mai sia stata formulata per

definire la festa della città toscana.

Quando infatti si dice che il Palio è vita si ri-

assume al meglio ciò che custodisce questo

rito, già di per sè affascinante anche al primo

approccio, che ogni anno fa tremare i cuori di

una città intera e - se inteso un po’ più a fondo

- trasforma un turista in un appassionato.

© E

man

uela

Cat

tane

o (2

)

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Gastronomia e contrade

16Gustare l’Italia

di E

mili

ano

Rac

cag

ni

Mangiare in contrada è importante. Lo san-

no bene gli appartenenti ai diciassette rioni di

Siena, perché durante tutto l’anno l’appunta-

mento con pranzi e cene, soprattutto nei fine

settimana, è il modo più semplice e diretto per

mantenere viva l’appartenenza e il senso di

socialità quando il Palio è lontano.

Con l’estate, però, l’enogastronomia diventa

uno dei punti di forza della macchina organiz-

zativa di ciascuna contrada. A ridosso delle ri-

spettive “Feste Titolari”, nelle quali viene cele-

brato il Santo patrono di ciascuna, le iniziative

conviviali si moltiplicano. Ma non solo.

Tradi

zion

i ita

liane

Da molti anni il calendario della città nei mesi

estivi è scandito anche da grandi fiere gastro-

nomiche, che alcune contrade ospitano nei

giardini e nelle piazze adiacenti alle proprie se-

di. Sono una vera e propria occasione di aper-

tura nei confronti del resto della città e anche

dei turisti.

Si va da rassegne gastronomiche tout court,

come quelle organizzate dalla Torre, dal Nic-

chio, dal Bruco, ad appuntamenti monotema-

tici: il braciere per la Selva, il gelato per il Leo-

corno, il vino novello per la Civetta, tanto per

fare qualche esempio.

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Gustare l’Italia17

Durante i giorni del Palio, poi, un’altra

spettacolare celebrazione dello stare in-

sieme attorno a un tavolo è rappresen-

tata dalla “Cena della Prova Generale”.

Un appuntamento che fino agli anni

Settanta era riservato a poche decine di

persone e che oggi si è trasformato nel

momento della speranza di vittoria, per

il quale le contrade riescono a mettere a

tavola nelle proprie strade centinaia, se

non migliaia di commensali la sera pri-

ma della corsa.

Tra una portata e l’altra, i discorsi

dell’attesa di dirigenti e fantino e i canti

dei contradaioli scandiscono la serata,

anch’essa aperta agli ospiti che abbia-

no acquistato saggiamente un posto

nei giorni precedenti.

L’augurio di tutti è quello di ritrovarsi

dopo pochi mesi, ancora una volta sot-

to il cielo, alla Cena della Vittoria, un ve-

ro e proprio gala celebrativo nel quale il

posto d’onore, tra migliaia di commen-

sali, è tutto per il cavallo arrivato primo

in piazza il 2 luglio o il 16 agosto. © E

man

uela

Cat

tane

o

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Nelle Langhe batteun cuore di pietra

Il pro

dutto

re

18Gustare l’Italia

di G

iulia

Bat

tafa

rano

Sugli scaffali dei supermercati si trova una

notevole quantità di farine diverse per tipo e

marca, preparate per usi specifici. Una simile

varietà potrebbe perfino mandare in panico il

consumatore. Ma da dove vengono le farine?

Ed è vero che in fondo sono tutte uguali?

Evidentemente no, se Renzo Sobrino ha de-

ciso, nonostante corra l’anno 2011, di conti-

nuare a macinare il grano secondo metodi

antichi, scegliendo soltanto materie prime

che non abbiano subito alcun tipo di altera-

zione da parte dell’uomo.

Il mulino si trova in una viuzza del comune di

La Morra, nel cuore delle Langhe, patria di altri

e ben più noti prodotti e i suoi muri sembrano

quasi rivestire un ruolo di barriera protettiva

nei confronti di un vero gioiello di architettura

molitoria risalente ai primi del Novecento. Qui,

in una struttura che era una filanda, da quattro

generazioni la famiglia di Renzo macina i grani

e li trasforma nell’oro bianco che permette a

pochi fortunati panificatori, professionisti e

non, di creare prodotti dal sapore “antico”.

Un tempio dell’arte biancaUn campanello suona, un uomo corre, sale

di corsa tre gradini di legno, imbraccia un

enorme sacco e versa del grano in un’antica

macchina. Questa l’immagine che ci accoglie

quando arriviamo al Mulino Sobrino.

Entrando nell’edificio ci si trova davanti a

uno spettacolo di altri tempi: un mulino a pie-

tra dove mani sapienti versano il grano e dal

quale esce una cascata di farina.

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Gustare l’Italia19

Il “moderno” metodo per

sapere quando è il mo-

mento di versare nuo-

vamente il grano è

costituito solo da un

vecchio campanello

che, come ci viene

spiegato, non ha i problemi dei moderni mac-

chinari, non si inceppa mai.

Tutto ebbe inizio nel 1960 e oggi il Mulino

Sorbrino è uno dei pochissimi piccoli esem-

plari ancora in attività: in essi si lavoravano

principalmente i cereali prodotti dalle aziende

agricole della zona e per lo più le macinazioni

erano effettuate dal mugnaio come contoterzi-

sta (macinava il grano per i contadini che riti-

ravano poi le farine e pagavano per il lavoro).

Questo è avvenuto anche qui fino a quando

il padre di Renzo, diversamente da suo padre

e dal padre di suo padre, dalla metà degli anni

Cinquanta ha iniziato a sostituire gradualmen-

te la macinazione per conto terzi con la lavo-

razione e la commercializzazione delle farine.

Giusto per avere un’idea di cosa si intenda

per piccolissimi mulini basta sapere che qui,

sommando la produzione delle macine in pie-

tra a quella dei laminatoi, si lavoravano circa

600 kg di cereali all’ora; un mulino industriale

della metà dell’Ottocento (come per esempio

il celebre Molino Stucky di Venezia) poteva la-

vorare 6000 kg all’ora; oggi i mulini industriali

più piccoli arrivano a 3000-4000 kg all’ora,

quelli medi arrivano a 10.000/11.000 e quelli

grandi perfino a 60.000/70.000.

Tornando al Mulino Sobrino, la produzione

delle farine avviene utilizzando macine in pie-

tra naturale a lenta rotazione (2 coppie di ma-

cine facenti parte della dotazione delle quattro

coppie di pietre del mulino costruito alla fine

dell’Ottocento) e un mulino di concezione mo-

derna costruito nell’estate del 1950, ancora in

gran parte in legno (per queste sue caratteri-

stiche esclusive vorrebbe essere definito “mu-

lino storico” dal Politecnico di Torino).

Trasformare significa rispettareChiacchierare con il mastro mugnaio è tal-

mente piacevole che ci si potrebbe fermare

ore e ore ad ascoltarlo raccontare di come ri-

spetti tutto quello che gli permette di creare un

prodotto d’eccellenza.

Il primo ingrediente è la scelta dei produttori

di grano, tutti selezionati con cura, tutti segua-

ci dei principi legati alla biodinamica e soprat-

tutto tutti della zona (a eccezione del produt-

tore di grano duro che proviene dal Centro e

Sud Italia e del Kamut®).

Qui il concetto di filiera corta è applicato da

sempre e a essere rispettati sono anche i con-

tadini stessi che garantiscono qualità a fronte

di un pagamento del 20-30% superiore a

quello che otterrebbero sul libero mercato

(con una punta del 250% in più sul mais da

polenta, giustificato dall’altissima qualità).

Page 20: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

20Gustare l’Italia

Il secondo è il rispetto per il grano (qui si

conserva l’antica usanza di lavare il grano pri-

ma di macinarlo) e per il consumatore che ha

la certezza dell’origine della farina che ha tra le

mani, con la sicurezza che essa non contenga

nemmeno un chicco OGM, né enzimi aggiunti,

lattosio, acidificanti, antifungini, addensanti,

stabilizzanti o altri additivi. Solo ed esclusiva-

mente grano coltivato, macinato e conservato

come una volta.

Già, perché qui non si vedono nemmeno

silos: tutto è stivato sopra al negozietto, in

quello che era e ancora è il granaio, esatta-

mente come facevano i contadini e i mugnai

di un tempo.

I cereali vengono stoccati in sacconi da

10/11 quintali, suddivisi e identificabili per pro-

duttore e per qualità, in modo da sapere in

qualsiasi momento, con riferimento al lotto di

macinazione, le varietà e la provenienza del

grano. Insomma, ecco il vero concetto di trac-

ciabilità che oggi va tanto di moda!

Un cuore di pietraAnche la scelta di utilizzare ancora il mulino

a pietra fa parte di questa filosofia del “rispet-

to”. Questo tipo di macinazione, infatti, impe-

disce la separazione (e la conseguente elimi-

nazione) del germe, la parte dei chicchi ricca

di sostanze nutrienti e inoltre non scalda inutil-

mente ed eccessivamente il chicco stesso.

E, se si chiede a Renzo cosa ne pensa di

chi sostiene che nelle farine macinate a pietra

restino inevitabilmente residui di pietra, me-

glio prepararsi a una risposta cordialmente

colorita, secondo il modo di fare tipico dei

piemontesi.

Renzo ci spiega che i rulli in acciaio dei mu-

lini industriali più volte all’anno sono oggetto

di manutenzioni che consistono nell’incidere il

metallo per rigare i rulli (i quali, con l’attrito

provocato dalla macinazione, tendono a di-

ventare lisci).

Dove sarà mai finito l’acciaio che si è consu-

mato? Le macine in pietra naturale, per via

dell’attrito con i cereali, subiscono un’infinite-

sima abrasione, è innegabile, ma per cercare di

Page 21: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia21

quantificare quanto sia piccola la perdita di pol-

vere di calcare basta ragionare sul fatto che le

macine che si utilizzano qui hanno oltre 100 an-

ni, hanno sempre macinato cereali senza subire

interruzione nella lavorazione e si stima possa-

no lavorare ancora per decine di anni.

È importante specificare che si parla di “ma-

cine in pietra naturale”, perché quelle moder-

ne sono costituite da scagliette di pietra legate

da un composto sintetico.

Ma non finisce qui: in questo luogo magico

si rispetta anche il passato. Renzo ammette

con orgoglio di potersi vantare di essere stati

(probabilmente) i primi a puntare sulle vec-

chie varietà nella ricerca della massima qua-

lità organolettica delle farine. Quando Slow

Food si chiamava ancora Arci Gola, quindi

più di 25 anni fa, una delle prime eccellenze

alimentari delle quali si occupò fu proprio la

farina di mais da polenta prodotta da questo

mulino utilizzando le vecchie varietà locali.

Non solo granoIl frumento infatti non è l’unico cereale che

viene macinato da Renzo. Al Mulino Sobrino

si producono anche farine di segale, avena,

farro, Kamut®, grano saraceno, monococco

(considerato il padre di tutti i cereali, il primo

a essere coltivato dall’uomo), riso e perfino

quella di castagne.

Page 22: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

22Gustare l’Italia

C’è una farina che rende il mugnaio partico-

larmente orgoglioso: quella di mais. E non una

qualunque. Il prodotto che gli ha regalato il ri-

conoscimento da parte di Gambero Rosso co-

me miglior blend per polenta è infatti un mix di

antichi cultivar di granoturco (8File, Marano e

Pignoletto) macinati per ottenere la tradiziona-

le pietanza nella versione delle Langhe sia in-

tegrale, sia fioretto, sia bramata.

Ecco le parole usate nel febbraio 2010 dal

crostaceo gourmand: “L’aspetto è come deve

essere, grezzo ma elegante, di un bel colore

giallo bronzato carico. Ottimo profumo tipico

di mais fresco e pulito. Consistenza granulosa.

Eccellente sapore, pieno, autentico, appagan-

te, con in evidenza la nota vegetale. Quello che

ti aspetti da una grande vera polenta”.

Fior di FarineIl tempo pare essersi fermato non solo nei

locali adibiti alla macinazione dei cereali.

Da qualche anno infatti ci sono altri piccoli

spazi entrando nei quali si respira l’aria di una

volta. Renzo e Margherita hanno deciso di

permettere a tutti di godere di un soggiorno in

questa magica atmosfera: hanno recuperato

l’antica casa di famiglia e l’hanno resa un ac-

cogliente bed&breakfast.

Come è facile aspettarsi da due persone in-

credibili come loro, la ristrutturazione è stata

eseguita in modo conservativo ed è stata fatta

la scelta di mantenere la disposizione originale

delle camere nonché una parte degli arredi.

Qui, al Fior di Farine, per iniziare la giornata

alla grande, Margherita prepara - a mano, uti-

lizzando esclusivamente prodotti di prima

qualità, tra i quali ovviamente le loro farine –

una colazione da leccarsi i baffi.

Un consiglio: regalatevi un fine settimana in

quest’oasi delle Langhe.

Un consiglio nel consiglio: non perdetevi per

nessuna ragione al mondo i croissant.

Page 23: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

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Papa Celestino Ve la Festa del Perdono

Tradi

zioni

italia

ne

24Gustare l’Italia

di F

abri

zio

Cim

ino

Pietro Angeleri detto Pietro da Morrone

nacque a Isernia nel 1209; dopo aver preso i

voti a Roma si trasferì in un eremo sul Monte

Morrone, vicino Sulmona, dove fondò la con-

gregazione dei Frati di Pietro da Morrone co-

me ramo dei Benedettini; questa congregazio-

ne fu riconosciuta da Papa Gregorio X.

La sua fama di frate eremita, in odore di san-

tità, aveva raggiunto tutte le genti cristiane e il

suo nome era rispettato e venerato anche dai

regnanti di tutta Europa. In quel periodo, dopo

la morte di Papa Niccolò IV, il 4 aprile 1292,

non si riusciva a eleggere un papa che fosse

gradito a tutti i regnanti.

Il 5 luglio 1294, dopo 27 mesi di sede vacan-

te, gli 11 cardinali che in quel tempo costitui-

vano il Sacro Collegio elessero un pontefice

“di transizione”, un frate eremita che non ave-

va alcuna esperienza di governo, ma era sicu-

ramente uomo di grande carisma e notorietà.

La notizia gli fu comunicata da tre vescovi nel

suo eremo sul Morrone; inizialmente rifiutò,

poi, per senso del dovere, accettò e divenne il

192° papa della Chiesa Cattolica.

Fu quindi accompagnato dal re Carlo D’An-

giò all’Aquila dove, il 29 agosto 1294, nella

splendida basilica di Santa Maria di Collemag-

gio, fu incoronato con il nome di Celestino V.

Uno dei suoi primi atti ufficiali fu l’emissione

della Bolla del Perdono, un editto con il quale

Celestino volle dare un forte segnale a tutto il

mondo cristiano.

Page 25: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia25

In un’epoca nella quale l’indulgenza plenaria

era spesso appannaggio esclusivo dei ricchi e

dei potenti che potevano permettersi di paga-

re il proprio perdono, egli consentì a tutti, una

volta l’anno, pentiti e confessati, di essere

mondati da tutti i peccati attraversando la Por-

ta Santa della Basilica di Collemaggio dai ve-

spri del 28 agosto al tramonto del 29 agosto di

ogni anno.

Il “Papa Santo” in questo modo anticipò di

sei anni il primo giubileo, istituito nel 1300 dal

suo successore, Bonifacio VIII. Quest’ultimo fu

colui che fece di tutto per far abdicare Celesti-

no, il quale rinunciò al soglio pontificio il 13 di-

cembre 1294; solo 10 giorni dopo, il 23 dicem-

bre, fu eletto papa, con il nome di Bonifacio

VIII, il cardinale Benedetto Caetani.

Egli cercò in tutti i modi di recuperare la Bol-

la del Perdono affinché non fosse più applica-

ta. Nonostante tutti i suoi sforzi non riuscì però

a trovarla perché essa era custodita in un luo-

go segreto.

Bonifacio VIII, nel timore che qualcuno lo ri-

volesse come papa, fece internare Celestino

in una fortezza di proprietà della famiglia Cae-

tani, il castello di Fumone, presso Anagni, do-

ve il frate del Morrone morì il 19 maggio 1296.

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Page 26: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

26Gustare l’Italia

Oggi le sue spoglie riposano nella Basilica di

Santa Maria di Collemaggio all’Aquila.

A partire da quel 29 agosto di oltre 700 anni

fa all’Aquila si celebra questa festa. Oggi la

Bolla è conservata nei forzieri del Comune, e

le celebrazioni si preparano con molta atten-

zione e dedizione.

Un comitato di esperti si riunisce per organiz-

zare gli eventi che precedono le celebrazioni

religiose e, nel rispetto delle tradizioni celesti-

niane, tutte le manifestazioni sono gratuite e

aperte a chiunque voglia parteciparvi.

Si comincia una settimana prima con l’arrivo

del Fuoco del Morrone: una staffetta di giovani

podisti parte da Sulmona e arriva fino all’Aqui-

la con i tedofori che trasportano il fuoco che

accenderà il braciere della Perdonanza nella

torre del Palazzo Comunale.

Dopo il sisma del 2009 le manifestazioni non

si svolgono più nei bellissimi cortili dei palazzi

nobiliari ancora devastati dalla furia del terre-

moto ma nelle piazze e nelle strutture realizza-

te durante l’emergenza post sismica.

Nei giorni della festa L’Aquila ospita le dele-

gazioni di molte città e di tutti i comuni rappre-

sentanti gli antichi contadi che nel 1254, come

raccontano le cronache dell’epoca, contribui-

rono a fondarla.

Si tramanda che fossero 99 le contee che

vollero riunirsi in una nuova città: infatti essa

ha 99 piazze, 99 chiese, 99 fontane.

Page 27: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia27

Nel pomeriggio del 28 agosto inizia la sfilata

in costume d’epoca con tutte le delegazioni

delle contee e i gonfaloni delle città ospiti; il

corteo della Perdonanza parte dal palazzo del

comune e arriva fino alla Porta Santa della Ba-

silica di Collemaggio.

La “Dama della Bolla” accompagnata da un

“Giovin Signore”, in coda al corteo, reca con

sé la Bolla del Perdono.

Arrivati davanti alla Porta Santa, un rappre-

sentante del Sacro Collegio bussa tre volte al-

la porta, che viene aperta dall’interno.

Da quel momento, per un giorno intero,

chiunque può attraversare la

porta e ricevere il perdono

da tutti i peccati.

Dopo il tramonto del 29

agosto, chiusa la Porta San-

ta, la Bolla rientra in comune

in corteo, stavolta scortata

solo dagli aquilani, gli sban-

dieratori cittadini e le autorità

locali. La serata trascorre in

festa con orchestre e spetta-

coli all’aperto fino a conclu-

dersi con un’esibizione di

bellissimi fuochi d’artificio.

Questa festa non è molto nota in Italia, nono-

stante l’importanza religiosa dell’evento, ma la

sua popolarità aumenta di anno in anno, tanto

è vero che nel 2010 l’apertura della Porta San-

ta è stata celebrata dal cardinale Walter Ka-

sper, prefetto della Congregazione per l’Unità

dei Cristiani. Quest’anno sarà la volta del car-

dinale Angelo Comastri, Vicario Generale di

Sua Santità per la Città del Vaticano.

Dopo la processione, gli aquilani continua-

no i festeggiamenti a casa con gli amici di

sempre; si preparano le ricette tradizionali

che in una località di montagna sono tutte a ©

Ran

iero

Piz

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)

Page 28: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

28Gustare l’Italia

base di quegli ingredienti che la natura aspra

può offrire. Noi abbiamo la fortuna di essere

invitati da Carla Zoppi, una grande donna, ma-

dre di tre splendidi figli, ma soprattutto una

cuoca sopraffina. Ci offre una cena indimenti-

cabile a base di “olaci”.

Gli olaci sono spinaci selvatici di montagna

che dalle parti dell’Appennino aquilano cre-

scono da fine maggio a luglio inoltrato vicino

agli stazzi degli ovini a quote superiori ai

1700 m.

La passione di Carla per le cose buone non

ha fine, e in questo caso è andata a cercare

gli olaci personalmente, da sola - lo ammet-

tiamo, su nostra richiesta - sui monti del Gran

Sasso.

Iniziamo con una frittata agli olaci come en-

treé, accompagnata da una nuvola dolcissima

di ricotta di capra di montagna. Il piatto forte

sono le mezze maniche con gli olaci.

Il condimento di questo primo piatto tradizio-

nale aquilano è costituito essenzialmente da

questi spinaci selvatici prima scottati e poi “ri-

passati” in padella.

Carla cuoce la pasta in abbondante acqua

bollente e, appena è al dente, inizia a mante-

care la pasta con la verdura. Aggiunge olio ex-

travergine di oliva e, dopo pochi minuti, i piat-

ti sono in tavola.

Un sapore inimitabile, delicato e intenso. Il

tutto è accompagnato da un vino spumante

rosato di Montepulciano Cerasuolo d’Abruzzo

2010 sboccatura 2011 che ben si abbina ai

piatti detergendo i grassi con l’effervescenza

naturale.

Per secondo propone un rolleé di vitello al

forno farcito con salsicce e odori. Poi crostata

di albicocche e frutta a piacere. Per finire chiu-

diamo la serata con un nocino casereccio co-

me è tradizione aquilana.

© F

abriz

io C

imin

o (4

)

Page 29: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

www.restipica.net

L’Associazione Res Tipica è stata creata dall’ANCI nel 2003 per promuovere in Italia e nel mon-do le identità territoriali e ad oggi riunisce 27 Associazioni di Identità, 1.842 Comuni, 4 Unioni di Comuni, 40 Province, 2 Regioni, 51 Comunità Montane, 8 Enti Parco, 8 Strade del Vino, 11 Camere di Commercio, per un totale di quasi 2000 Enti locali.

Il network, rivolto principalmente ai Comuni di piccole e medie dimensioni, intende preserva-re e favorire l’immenso patrimonio che incorpora i saperi delle comunità, le caratteristiche dell’ambiente e le produzioni tipiche, trasformando questo grande capitale culturale e socia-le in qualità della vita e in occasioni di sviluppo sociale ed economico rispettoso dei valori e della cultura locale.

ASSOCIAZIONE ITALIANA PAESI DIPINTI

Page 30: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

30

di E

nzo

Mel

i

Turismo ed economia, strumenti di crescita

strettamente correlati, per un territorio, quello

di Ispica, in provincia di Ragusa, che punta a

un ulteriore salto di qualità. Il piccolo comune

siciliano continua a investire nelle ricchezze

che la natura gli ha regalato e che la sua gente

è riuscita a tutelare e sviluppare.

Tardo barocco ma anche antiche vestigia di

culture rupestri, palazzi nobiliari e monumenti

che nel Val di Noto fioriscono e s’impongono

nel panorama locale.

Ecce

llenz

e ita

liane

Un piacere per la gola, un piacere per il corpo

Ma c’è anche la carota novella, ortaggio che

a Ispica rappresenta un’importante fonte di

ricchezza economica, e che da gennaio ha ot-

tenuto in via definitiva il riconoscimento IGP.

La Carota Novella di Ispica ha la sua pecu-

liarità proprio nel periodo di produzione, che è

compreso tra il 20 febbraio e il 15 giugno; è un

prodotto che non viene “frigoconservato”, ha

una colorazione intensa e un profumo deciso.

Croccante, fresca e dietetica. Tra le sue pro-

prietà vanta la ricchezza di betacarotene e di

Gustare l’Italia

Page 31: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

31

nuova stagione che porterà

nuovi brillanti risultati in termini

di aumento di produzione e com-

mercializzazione. Segnali importanti

per la crescita economica di

tutto il territorio, ulteriormen-

te qualificato dal riconosci-

mento Igp di uno dei suoi

prodotti d’eccellenza”.

Un Consorzio di tutela

giovane ma determinato,

che intende ampliare i pro-

pri orizzonti. “È fonda-

mentale mettere in moto

la macchina - spiega il

presidente dell’organi-

smo, Carmelo Calabrese

- con 14 aziende produt-

trici per una superficie cer-

tificata di circa 300 ettari.

Siamo riusciti a vendere il

primo prodotto con imbal-

laggi unici, pur con i pro-

blemi fisiologici presenti

in ogni start up aziendale,

ma i risultati cominciano ad

arrivare. Il primo monitorag-

gio verrà effettuato a giugno,

quando l’organismo deputa-

to al controllo delle superfici,

dalla coltivazione al confe-

zionamento alla vendita, in

base al disciplinare Igp, trarrà

le prime conclusioni”.

Ma ci sono ulteriori possibili-

tà, quelle legate alla cosmesi:

Emanuele Egiziano, dottorando

all’Università di Pisa, nella sua re-

lazione dal titolo “Aspetti funzionali

dell’estratto di Carota Novella di Ispi-

ca IGP: applicazioni cosmetiche”, è

entrato nel dettaglio.

altre vitamine dei gruppi B, PP, D ed E, che la

rendono importante per la vista e la pelle; re-

centi ricerche avrebbero messo in evidenza le

sue proprietà antitumorali.

Ma non è tutto. Per la Carota Novella Igp di

Ispica si aprono nuovi scenari. Resta un punto

fermo, naturalmente, il prodotto in sé, apprez-

zato per le sue qualità riconosciute dal mar-

chio di Indicazione Geografica Protetta, ma la

promozione delle peculiarità dell’estratto di

“Carotispica” per uso cosmetico sta spalan-

cando nuovi orizzonti.

Se ne è discusso a Ispica nel corso di un

convegno dal titolo “Sviluppi e scenari futuri

della Carota Novella di Ispica IGP”, organizza-

to nell’ambito della manifestazione Carotispi-

ca 2011, prima uscita ufficiale dopo l’otteni-

mento del marchio.

“Dal 7 gennaio il marchio Igp alla Carota No-

vella di Ispica è definitivo - spiega il sindaco

Piero Rustico - e il ruolo del giovanissimo Con-

sorzio di tutela continua a essere fondamenta-

le. Il 2011 è l’anno che segna l’avvio di una

Gustare l’Italia

Page 32: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

32Gustare l’Italia

to più chiaro e per questa ragio-

ne è possibile, per esempio,

inserirne una maggiore quantità

in una crema, potenziandone

l’efficacia senza rischiare di

macchiare la pelle”.

Uno sviluppo da non sottova-

lutare in un quadro generale mol-

to ambizioso: “In Sicilia ci sono

circa 1500 ettari di coltivazione di

carote novelle - dice il vicepresi-

dente del Consorzio, Massimo

Pavan - e nei prossimi tre anni

puntiamo a raggiungere il 30% di

prodotto commercializzato con il marchio Igp

della Carota Novella di Ispica. Il percorso per

fare conoscere il prodotto al consumatore non

è semplice ma ci stiamo impegnando a fondo.

Abbiamo ovviamente avviato i contatti con la

grande distribuzione - italiana ed estera - e

stiamo lavorando anche sul fronte della pro-

mozione attraverso bandi regionali, nazionali e

comunitari per intercettare risorse”.

Torniamo al cibo: cotta o cruda, per le diete

e per la vista, per stare bene, insomma, la ca-

rota novella può avere diversi utilizzi, anche

per accompagnare il gelato.

Per info: www.carotanovellaigp.it

L’Università di Pisa, nei laboratori di Tecnica

Farmaceutica della Facoltà di Farmacia, ha

assunto un ruolo di coordinamento con le

aziende (Extracta snc, Devè srl, Egeria Pharm

sas) e di valutazione dell’efficacia degli estrat-

ti della Carota Novella di Ispica Igp rispetto

agli estratti attualmente in commercio.

Quattro le formulazioni sulle quali il laborato-

rio ha operato: un olio abbronzante, una cre-

ma solare, una crema viso e una crema corpo.

I risultati sono lusinghieri: “Abbiamo verificato

che gli estratti della Carota di Ispica ricavati in

laboratorio presentano un’attività antiossidan-

te superiore a quella degli estratti attualmente

in commercio. I carotenoidi contenuti, invece,

sono leggermente infe-

riori agli altri analizzati,

questo a indicare che

l’attività antiossidante

non è legata direttamen-

te alla concentrazione di

carotenoidi ma all’intero

fitocomplesso presente

nell’estratto.

Anche quest’ultimo

dato può essere letto in

chiave positiva: una

presenza inferiore di ca-

rotenoidi rende l’estrat-

Page 33: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia33

Ecco quindi alcuni spunti per esaltare il sapore della Carota Novella di Ispica Igp, suggeriti da

Giuseppe Bono, consulente enogastronomico de “Il Mercato” di Ispica.

Lolli con guanciale, anice stellato e Carota Novella di Ispica

Ingredienti: (dosi per 4 persone): 500 gr. di lolli (pasta tipica iblea) - 400 gr. di Carota Novella di Ispica Igp - guanciale di maialino nero dei Nebro-di - anice stellato - aglio - sale - pepe nero

Preparazione: saltare il padella insieme all’aglio la carota ridotta a mirepoix con l’olio e il guancia-le. Aromatizzare con l’anice stellato.

Cuocere la pasta e farla saltare con la crema ot-tenuta. Servire caldo.

Flan di Carota Novella di IspicaIngredienti: (dosi per 4 persone): 400 gr. di Ca-

rota Novella di Ispica Igp - 300 gr. di ricotta vac-cina - 50 gr. di olive verdi - sedano - cipolla - ba-silico - sale - aceto di vino rosso - olio extravergine d’oliva

Preparazione: far stufare la carote in una pento-la con cipolla, sedano, un filo d’olio e aceto. Ri-durre a crema con un frullatore a immersione, amalgamare la ricotta e aggiungere del basilico.

Prendere degli stampini conici da forno, oliarli e riempirli con il composto ottenuto.

Cuocere in forno a 130° per 10 minuti. Sfornare tiepidi e servire.

Reginette con canocchie e crema di carote al cardamomo nero

Ingredienti: (dosi per 4 persone): 350 gr di pasta formato reginette - 300 gr. di Carota Novella di Ispi-ca Igp - 500 gr. di canocchie - porro - sedano - cardamomo nero - sale - olio extravergine d’oliva

Preparazione: soffriggere il porro e il sedano con l’olio extravergine, aggiungere le canocchie e fare cuocere per pochi minuti.

Aggiungere la crema di carote e aromatizzare con il cardamomo.

Far cuocere la pasta, scolare e fare saltare in pa-della con la crema ottenuta. Servire calda.

Gelato alla carota Ingredienti: 450 ml d’acqua - 300 gr. di Carota

Novella di Ispica Igp - 130 gr. di zucchero - 5 gr. di farina di semi di carrubo

Preparazione: lavare le caro-te e passarle con il passaver-dura. Unire il succo di carota ottenuto all’acqua tiepida.

Mescolare lo zucchero con l’addensante e aggiungere la miscela al composto di carota e acqua.

Mantecare il tutto nella gela-tiera e servire con foglie di ba-silico e timo limonato. Ric

ette

Page 34: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

34Gustare l’Italia

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L’estate di Gradotra spiagge, casoni

e buona cucinaLa v

acan

za

Page 35: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia35

Scoprire davvero Grado significa conosce-

re tutto ciò che rende unica una vacanza in

questa località di mare: qui storia, tradizione,

mare, natura, enogastronomia e un ricco ca-

lendario di eventi fanno dell’isola d’oro, così

chiamata per la sua sabbia finissima baciata

dal sole, una meta turistica capace di regalare

emozioni sempre nuove e una vacanza dalle

molteplici sfaccettature.

Prediligere Grado significa avvalersi di strut-

ture altamente qualificate e di una ricettività

che risponde a qualsiasi esigenza di vacanza:

si può scegliere tra numerosi alberghi, oppure

attrezzatissimi e moderni campeggi, residence

turistici, appartamenti e affittacamere.

Arrivando da Nord, costeggiando il luccican-

te specchio d’acqua della laguna e attraver-

sando il ponte girevole del Belvedere costruito

nel 1936, si giunge finalmente sull’Isola di Gra-

do. Viceversa, arrivando da Est e oltrepassan-

do l’ordinata campagna si arriva alla Pineta, il

polmone verde dell’isola.

Page 36: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

36Gustare l’Italia

Il centro storicoGrado conserva intatto il fascino senza tem-

po di un’isola lagunare dalla lunga storia, testi-

moniata dall’intreccio di calli e campielli con

monumenti di straordinaria bellezza, e la sug-

gestione di una laguna quasi incontaminata,

che attraggono turisti e nel corso degli anni

hanno anche ispirato scrittori, artisti e registi.

Considerata fin dall’Ottocento la più ambita

spiaggia dell’Impero Austro-Ungarico, Grado,

antico borgo di pescatori situato tra l’omoni-

ma laguna e il Mare Adriatico, vanta una storia

che risale alla Gradus romana del II sec d.C. e

che continua ad affascinare turisti e artisti di

tutto il mondo.

Basta addentrarsi nell’intreccio di strade rac-

chiuse fra le mura del castrum (V sec. d.C.) per

scoprire opere di rara bellezza, iscrizioni latine,

frammenti scultorei, architetture medioevali e i

caratteristici camini, opera e marchio incon-

fondibile di fantasiosi manovali.

Le mura del castrum raccontano di un pas-

sato lontano che s’intreccia con quello di

Aquileia - della quale Grado fu prima porto

marittimo, poi rifugio e infine rivale, - e con

quello di Venezia, di cui l’Isola del Sole può

considerarsi la “madre” in senso storico e re-

ligioso, avendole trasmesso il prestigioso ti-

tolo patriarcale.

Nel V e VI secolo le ricorrenti minacce barba-

riche trasformarono l’abitato in fortezza, dove

trovarono rifugio i vescovi di Aquileia.

Page 37: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia37

È a quest’epoca che risalgono le splendide

chiese che ancora oggi caratterizzano il centro

storico. In Campo dei Patriarchi, proprio nel

cuore della città, si affaccia, infatti, la triade di

mirabili edifici paleocristiani: la Basilica di San-

ta Eufemia, il Battistero e la Basilica di Santa

Maria delle Grazie.

Il Duomo (Basilica di S. Eufemia) custodisce

le testimonianze dei suoi quattordici secoli di

storia, come l’ambone romano, la pala vene-

ziana in argento e, nell’abside, l’affresco goti-

co del “Cristo in gloria”.

L’armoniosa architettura degli interni è scandita

dal ritmo dei colonnati e dal mirabile mosaico

pavimentale, mentre a destra dell’abside centra-

le si apre la cappella-mausoleo del patriarca Elia,

fondatore della chiesa, dove sono custodite le

preziose opere di oreficeria e argenteria dei se-

coli VI e VII del Tesoro del Duomo.

Nel lato sud si erge il campanile medioevale

sulla sommità del quale svetta l’inconfondibile

Angelo segnavento, dono veneziano e simbo-

lo, ormai, di tutta la comunità di Grado.

Page 38: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

38Gustare l’Italia

Il turismo nei tipici “casoni”Scenario naturale d’indiscutibile bellez-

za e straordinaria ricchezza naturale, la

laguna di Grado comprende due riserve

che ne custodiscono la biodiversità, e

accompagnano i turisti alla scoperta di

questo ricco patrimonio.

Qui, per far sperimentare in prima perso-

na la vita in laguna, è stato realizzato il pri-

mo albergo diffuso in ambiente lagunare

in Europa, che verrà inaugurato a breve.

Meno di un secolo fa tutta la vita dei gra-

desi si svolgeva nelle oltre 200 isole della

laguna, come testimonia il paesaggio di-

segnato da canali e valli da pesca per l’al-

levamento di cefali e branzini, isole puntinate

di “casoni” e sporadiche costruzioni.

Abitazioni umili interamente costruite con ma-

teriali reperibili in laguna (legno, fango, canna

palustre), i “casoni” fungevano inizialmente da

riparo per i pescatori che facevano la spola tra

Grado e Marano. Essi costituiscono oggi una

straordinaria testimonianza della storia della la-

guna e del rapporto equilibrato e rispettoso

mantenuto tra i graesani e il loro ambiente.

Con l’obiettivo di conservare e valorizzare

al meglio il patrimonio storico-culturale lagu-

nare, la Regione Friuli Venezia Giulia ha co-

finanziato la realizzazione del primo albergo

diffuso in laguna a livello europeo attraverso

la ristrutturazione e lariqualificazione dei

“casoni” in chiave ecocompatibile.

Il progetto “Ospitalità originale in laguna”

rappresenta un modo per promuovere una ti-

pologia di turismo sostenibile con benefici sul

Page 39: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia39

recupero degli ambienti, possibilità di integra-

zione del reddito per i privati coinvolti, ma so-

prattutto uno strumento interessante e non in-

vasivo per scoprire e sperimentare in prima

persona la vita in laguna in tutti i suoi aspetti,

dalla natura alla storia, dalle tradizioni all’ec-

cellente gastronomia.

Tra pochi mesi, la nicchia di turisti più esigen-

ti, alla ricerca di un’oasi inconsueta di benes-

sere e relax, avrà così la possibilità di soggior-

nare nei casoni ristrutturati della laguna,

sperimentando le attività che essa offre, dalla

pesca alla canoa, in un ambiente assoluta-

mente unico nel suo genere.

Page 40: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

40Gustare l’Italia

Un spiaggia su misuraRecord nazionale con 22 Bandiere Blu, tre

spiagge interamente rivolte a sud e quindi

esposte tutto il giorno ai raggi solari, 120.000

mq di sabbia dorata e ricca di minerali,

strutture qualificate e un ricco e variegato

programma di animazione con iniziative per

tutta la famiglia fanno di Grado una destina-

zione balneare di primo livello.

Un vero paradiso per il turismo balneare:

Grado detiene il record nazionale di asse-

gnazioni grazie alla 22esima Bandiera Blu

ottenuta nel 2010 (la 21ma consecutiva) e

vanta il primato di essere l’unica località

dell’Adriatico a essere interamente rivolta a

sud e quindi esposta ai raggi solari per tut-

ta la giornata.

Circa 120.000 mq di sabbia dorata e ricca

di preziosi minerali suddivisi in tre spiagge

che offrono servizi differenziati ai propri tu-

risti, suggerendo un modo nuovo di vivere

la spiaggia.

• Spiaggia GIT: nel cuore di Grado, ad-

dossata alla zona centrale dell’isola, a due

passi dai principali hotel, negozi e ristoranti,

si apre l’ampia spiaggia GIT: una distesa di

sabbia d’oro, fiore all’occhiello dell’offerta

Page 41: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia41

balneare gradese per l’alta qualità delle strut-

ture e dei servizi offerti, che ha ottenuto

l’Oscar per l’ospitalità 2009 dalla rivista

“Spiagge d’Italia” nell’ambito della seconda

edizione del concorso che premia i 12 stabi-

limenti balneari italiani più innovativi.

Una spiaggia curata e controllata, con ac-

cesso a pagamento, per assicurare la massi-

ma sicurezza e mantenere un alto livello di

servizio per tutti i propri ospiti.

• Spiaggia costa azzurra: con-

centrandosi soprattutto sulle esigenze

dei suoi piccoli ospiti e delle famiglie, la

spiaggia Costa Azzurra di Grado, situa-

ta alle spalle del centro storico, sfrutta

l’ampia distesa di sabbia come scena-

rio d’eccezione per rappresentazioni

fiabesche, giochi, racconti e iniziative

speciali, anche sotto le stelle.

• Spiaggia di Grado Pineta: infine, a circa un km dal centro, al quale

è collegata da una comoda pista ciclabile, si

estende la spiaggia di Grado Pineta dove il pro-

fumo del mare si fonde con quello dei pini, il co-

lore dorato della sabbia al verde degli alberi.

A due passi dal verde, con una sezione ri-

servata agli amici a quattro zampe, Grado

Pineta organizza nei mesi di luglio e agosto

molteplici attività d’animazione per grandi e

piccini, distribuite durante l’intero arco del-

la giornata.

Page 42: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

42Gustare l’Italia

Grado, una laguna da gustareLa ricchezza e il fascino della laguna, scrigno

di storia e natura, si manifestano anche a ta-

vola, nella qualità e nel gusto dei prodotti tipici

dell’enogastronomia locale.

Dall’asparago bianco di Fossalon, la cui pro-

duzione è iniziata oltre due secoli fa, al pesce

azzurro di cui è particolarmente ricca quest’area

dell’alto Adriatico, fino al santonego, una spe-

ciale qualità di assenzio marino dalle foglie co-

lor verde argentato, molto aromatico e con pro-

prietà digestive.

Nelle sue specialità tradizionali Grado è riu-

scita a trasporre sul piano del gusto l’incontro

tra mare e terra, combinando sapientemente i

sapori in un risultato di qualità che racchiude il

fascino del luogo e delle sue tradizioni. Così il

“boreto a la graisana”, il pesce azzurro e

l’asparago bianco di Fossalon sono diventati

emblemi del gusto dell’Isola d’Oro.

Ogni anno Grado dedica a queste tre specia-

lità, primizie per i palati, alcune rassegne, oc-

casione per locali e turisti di assaporare la

qualità unica dei prodotti della zona e scoprire

ricette tipiche e nuove interpretazioni.

L’asparago bianco di Fossalon, tenero e pre-

libato, si avvia al riconoscimento della Deno-

minazione di Origine Protetta (D.O.P.) da parte

della Comunità Europea.

In Friuli Venezia Giulia lo si coltiva su circa

250 ettari complesivi, certificandone la prove-

nienza con il marchio Igp (Indicazione Geogra-

fica Protetta Regionale).

I suoli d’elezione, comunque, sono quelli

sabbiosi, senza ciottoli, costituiti dalle alluvioni

recenti del Tagliamento, del Torre e dell’Ison-

zo, dalle dune costiere prospicienti la laguna di

Grado, nonché da alcuni terreni ottenuti con la

bonifica di Fossalon.

D’estate, con il fulcro nel mese di luglio, il

protagonista indiscusso delle tavole e delle

rassegne gastronomiche proposte dai risto-

ranti del centro è il pesce azzurro, che in

quest’area dell’alto Adriatico è considerato

dagli intenditori il migliore e il più saporito,

proprio in virtù dell’elevata salinità del mare e

dalla compresenza dei bassi fondali nella la-

guna gradese.

Con il termine “pesce azzurro” si designa-

no tutti i pesci di mare che vivono lontano

Page 43: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia43

dalle coste, ma che comunque non hanno

consuetudine col fondo marino. Sono pesci

valutati in base al sapore, adatti a cotture

semplici e immediate.

Per essere apprezzati in tutta la loro bontà

devono essere consumati molto freschi, cosa

che a Grado è assicurata dal lavoro della Co-

operativa dei pescatori che ogni mattina al

mercato ittico scarica in abbondanza di pe-

scato freschissimo, oggetto di un’animata

asta riservata ai commercianti

Il piatto gradese per eccellenza rimane però

il “boreto a la graisana”, la cui ricetta racchiu-

de la storia stessa dell’Isola di Grado.

Emblema di una vita fatta di mare e di pesca,

nell’incantevole scenario della laguna, il boreto

è una pietanza unica per la semplicità degli in-

gredienti e della preparazione, creata in origine

dai pescatori locali e tramandata di generazio-

ne in generazione.

Primario sostentamento dei gradesi che abi-

tavano i “casoni”, le tipiche abitazioni di paglia

e canne palustri degli isolotti lagunari, è entra-

to presto nelle mense delle famiglie abitanti

l’antico borgo del castrum e da lì innalzato fino

alle alte sfere della cucina gradese.

Come accompagnamento un ottimo vino friu-

lano, preferibilmente rosso, come lo “Schiop-

pettino”, visto che in passato il bianco, avendo

la tendenza a trasformarsi presto in aceto, fini-

va nella preparazione stessa del boreto.

Mentre il digestivo principe è il “santonego”,

una speciale qualità di assenzio marino, pian-

ticella perenne dalle foglie verde argentato,

aromatico e digestivo.

Page 44: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

44Gustare l’Italia

Tradizioni gradesiFedele alle proprie tradizioni, da secoli l’Isola

di Grado dedica il primo week-end di luglio alle

celebrazioni religiose del “Sabo Grando” e

“Perdon de’ Barbana”, con la caratteristica pro-

cessione in barca verso l’Isola di Barbana per

rendere grazie alla Vergine che nel 1237 salvò

l’isola da una terribile epidemia di peste.

Da secoli il sentimento religioso e l’attacca-

mento alle proprie tradizioni rivivono con la più

bella e sentita festa dell’isola.

I festeggiamenti interessano tutta l’area del

centro storico, dove sono allestiti mercatini di

prodotti tipici, si svolgono concerti e degusta-

zioni enogastronomiche; la zona del porto dal

quale parte la variopinta processione di bar-

che addobbate a festa che, attraversando la

laguna, raggiunge il Santuario della Madonna

di Barbana nell’omonima isola, nel quale viene

officiata la funzione religiosa vera e propria.

Il santuario sorge nel punto esatto nel quale,

secondo la tradizione, nel 582, dopo una vio-

lenta mareggiata, fu ritrovata una statua lignea

della Madonna.

Interpretando il fatto come espressione del-

la volontà divina, il patriarca Elia vi fece co-

struire una chiesa dedicata alla Vergine, che

da quel momento divenne il fulcro del culto

mariano dei gradesi.

La devozione per la Madonna di Barbana fu

rafforzata da un altro episodio cruciale della sto-

ria della città: la fine di una terribile epidemia di

peste che afflisse l’isola nel 1237, il cui merito fu

attribuito a un intervento della Santa Vergine.

Page 45: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia45

• Sabo Grando (sabato grande): rappresenta una straordinaria occasione

di ritrovo nella quale riscoprire e assapo-

rare il folclore della vita gradese.

La vigilia della tradizionale processione

lagunare del “Perdon de’ Barbana” è, infat-

ti, una vivace giornata di festa, che anima

calli e i campielli del Castrum con mercati-

ni di prodotti tipici, canti, danze e musiche

gradesi, con l’esibizione della Banda Civi-

ca, e che culminano in un suggestivo spet-

tacolo pirotecnico sul mare.

Perdon de’ BarbanaLa domenica si svolge il tradizionale pel-

legrinaggio in barca verso l’Isola di Barba-

na per sciogliere un voto risalente al 1237.

La mattina il porto di Grado si affolla di pe-

scherecci addobbati a festa con pennoni, or-

tensie, ghirlande, bandiere e gran pavese.

Al grido di “In nome de Dio avanti!”, un vario-

pinto corteo di barche con a bordo le autorità

religiose e civili e i capofamiglia della comunità

gradese lascia il porto e inizia il pellegrinaggio

via mare per ricondurre al Santuario di Barba-

na la statua lignea della Madonna degli Ange-

li (conservata all’interno della chiesa paleocri-

stiana di Santa Maria delle Grazie, situata nel

centro cittadino).

Al termine di una messa solenne nel mona-

stero dell’isola, il corteo riporta la statua a

Grado per il “Te deum” lasciandosi alle spalle

una scia di ortensie, staccate dalle imbarca-

zioni dei fedeli.

Page 46: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

46

di A

less

and

ro M

ilani

”Le acciughe fanno il pallone

che sotto c’è l’alalunga

se non butti la rete

non te ne lascia una”

Così cantava Fabrizio De Andrè, grande

amante e conoscitore del mare, citando un

modo di dire popolare genovese.

Le acciughe, nelle acque di fronte a Genova,

si uniscono in branco a forma di palla e fuggo-

Il pro

dutto

re

Le tante sfi dedel Tonno Colimena

no ad alta velocità non solo dalle reti dei pe-

scatori, ma soprattutto da quel grande preda-

tore che è il tonno alalunga.

Anche lui, a sua volta, non se la passa bene,

però, visto che la sua pesca è stata da tempo

regolamentata e fortemente ridotta.

Per evitare che esso scompaia dalle tavole

italiane è stato necessario selezionare al mas-

simo gli operatori del settore ai quali concede-

re il permesso di continuare a inseguirlo, tra le

Gustare l’Italia

Page 47: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

47

onde mediterranee, in una lotta che sarà sem-

pre impari, ma il cui risultato non è già sconta-

to e che costa fatica anche al vincitore.

La scelta su chi possa avere l’onore e l’onere

di questa sfida è caduta su pescatori di prova-

ta onestà e metodi antichi: le tonnare di Torre

Colimena e la cooperativa dei pescatori di

Porto Cesareo, nello Jonio.

Sono loro che hanno ancora oggi la possibi-

lità di provare a catturare questi grandi signori

del mare e della tavola italiana. E spetta poi al

“Tonno Colimena” il compito (ma anche la fe-

licità e l’orgoglio di lavorare e commercializza-

re lo straordinario pescato.

“Tonno Colimena” - per tutti in paese sem-

plicemente “la fabbrica del tonno” - ha sede

nella zona industriale di Avetrana (TA), le

Gustare l’Italia

barche tra la baia di Torre Colimena e Porto

Cesareo e il motore nella famiglia Scarciglia/

Lomartire.

Chi pensa che inseguire i propri sogni di

bambino non porti da nessuna parte non avrà

interesse per questa storia, ed è libero di non

leggerla o di non crederci, ma tutto nasce da

un bambino di 5 anni, il piccolo Franco, che

- dopo aver costruito un arco e delle frecce di

legno - invece di fingersi Robin Hood e inse-

guire lepri e conigli, se ne stava ore e ore

sott’acqua ad aspettare i pesci più grandi, come

un novello Achab a sfidare tante Moby Dick.

Quando quel bimbo tanto amante del mare è

cresciuto, emigrato al Nord e tornato, e ha

aperto un ristorante, ha subito voluto che il pri-

mo passo fosse riprendere la caccia a quei

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48Gustare l’Italia

Tonno Colimena inizia la sua attività nel 2007,

forte di tutta l’esperienza di anni e anni di pe-

sca tradizionale.

Può sembrare una banalità, ma qui davvero i

ritrovati della tecnologia e la possibilità di lavo-

rare in una struttura industriale sono semplice-

mente messi al servizio di tecniche e procedi-

menti antichi, e molte fasi della lavorazione

avvengono ancora come secoli fa, grazie al

solo lavoro delle mani.

Come poteva accadere di vedere un tempo,

di notte gli uomini salpano con le loro barche,

lanciano le reti ferrettare o il palamito, e torna-

no sulla costa con il pesce: tonno alletterato (o

tonnetto), tonno alalunga e palamita.

Una volta giunti a Torre Colimena trasportano

il pescato in fabbrica, dove - come faceva fino

a qualche tempo fa Franco - il tonno viene la-

vorato in giornata: pulito, cotto (rigorosamente

pesci. Non più soltanto per sé, per il gusto del-

la sfida personale, ma anche per i suoi clienti,

che dovevano poter godere dei frutti dello Jo-

nio, quel mare che si faceva ammirare, vicinis-

simo, dai tavolini del locale.

Più aumentavano i frequentatori del ristoran-

te, più occorreva pescare tonno. Era venuto il

tempo di coinvolgere anche quei gruppi di pe-

scatori che rischiavano di perdere un mestiere

o snaturarlo entrando nel circuito della pesca

intensiva. Era anche venuta l’ora di regola-

mentare un’attività tradizionale con tanto di

certificazioni e garanzie.

Nacque così in Franco, nel fratello Pompeo e

nel cognato Agostino, di riattivare l’antica ton-

nara di Torre Colimena e creare una fabbrica

per lavorare quei tonni che - nonostante la cri-

si e la crescente penuria di pesce - Franco

continuava a pescare per passione.

Page 49: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia49

non al vapore ma nel brodo di cottura, accom-

pagnato soltanto da acqua, sale, olio pugliese,

aceto e aromi mediterranei), tagliato e messo

sotto vetro (non dentro latte metalliche).

Alla fabbrica lavorano molte donne, che esal-

tano ulteriormente la bontà del prodotto con la

loro manualità e la passione di chi sta prepa-

rando il pranzo per la propria famiglia.

In locali nei quali - difficile a credersi per chi

abbia visitato impianti industriali dei più svaria-

ti settori dell’alimentare - non si sente nemme-

no “puzza” di pesce, ogni fase è controllata e

rispetta anche le più rigide norme europee,

grazie a un’altro dei figli di Franco, Paolo,

quello che più degli altri ha seguito le orme del

padre pescatore, diventando un punto di rife-

rimento nella “fabbrica del tonno”.

Aldilà del rispetto delle regole, i capisaldi del

Tonno Colimena sono altri, e alla famiglia

Scarciglia piace presen-

tarli come le 4 S: sapo-

rito, sano, sostenibi-

le e salentino.

Già, perché oggi

che si parla tanto di

filiera corta e pro-

dotti a kilometro

zero, sapere che qui

arriva soltanto pesce che

nuotava a poche miglia dalla costa di questa

parte dello Jonio tra Taranto e Gallipoli è una

bella garanzia.

Questa “bottega artigiana ingrandita” può in-

fatti vantarsi di rispettare la stagionalità della

pesca, di non sporcare i mari come i grandi

pescherecci oceanici, di non compiere mat-

tanze di delfini e altri cetacei, di non soccom-

bere alle leggi della pirateria industriale.

Page 50: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

50Gustare l’Italia

Parlando con Giusep-

pe Scarciglia, figlio di

Franco, bastano due

semplici frasi per capi-

re come si ragiona da

queste parti.

Se infatti gli si chiede

quale sia la più grande

soddisfazione che gli ha

dato questa sfida, non

ha esitazioni nel rispon-

dere che consiste nel

fatto di non aver ancora

incontrato qualcuno -

esperti del settore com-

presi - che non abbia

detto che il Tonno Colimena non sia buono.

La seconda svela con naturalezza la mission

aziendale: dopo avermi chiesto se avessi visto

il servizio realizzato da Report sulla pesca in-

tensiva del tonno, Giuseppe mi dice che è la

prima cosa che fa vedere ai suoi agenti di ven-

dita, per dire: ecco, da noi non avviene niente

di tutto ciò. Citando Montale: “Ciò che non

siamo, ciò che non vogliamo”.

Non stupisce quindi che di questo prodotto

se ne sia innamorato Slow Food, sempre alla

ricerca di quei “presidi” che rappresentano e

tutelano prodotti tradizionali di qualità ed ec-

cellenza, e lo abbia voluto presente a Slow

Fish, a Genova.

Forte della propria origine salentina e anche

di un’offerta che spazia ormai dai filetti di ton-

no alla ventresca, dal conditonno per la pasta

ai pomodorini ripieni, al Tiavolik, in salsa pic-

cante, oggi il Tonno Colimena non ha difficoltà

a imporsi per qualità sul mercato nazionale e

anche su quello estero, come dimostrato dai

successi raccolti in fiere internazionali, di set-

tore e non.

E pensare che questa sfida è nata “sempli-

cemente” dalla saggezza dei pescatori dello

Jonio…e dalla passione di un bambino di 5

anni che giocava con l’arco e le frecce

sott’acqua!

Per informazioni: www.tonnocolimena.it

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52Gustare l’Italia

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ilani Reggia Domizia,

dove si sposanoclasse e passione

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Gustare l’Italia53

“Roma non è stata costruita in un giorno”,

recita il proverbio.

Ma senza scomodare la Città Eterna, nem-

meno un albergo, un residence, un ristoran-

te possono nascere in una notte, come fun-

ghi, soprattutto se basano la propria filosofia

sul rapporto con il territorio.

Andando a ricercare le molle che spingono

verso un’azione, non sempre ci si trova di

fronte a freddi calcoli, business plan, ragio-

namenti e pianificazioni aziendali.

Spesso ci si imbatte invece in intuizioni,

passioni, talvolta azzardi, di certo molto più

interessanti da raccontare e da conoscere.

È il caso della storia di Reggia Domizia, lo

splendido relais situato sulla strada che da

Manduria porta a Sava, e poi ancora verso

Taranto. Reggia Domizia è infatti il punto

d’arrivo di un percorso iniziato oltre 40 anni

fa, quando Pompeo Scarciglia, partito da

Avetrana per andare a lavorare al Nord, per

l’esattezza a Brugherio, tra Milano e la

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54Gustare l’Italia

Brianza, viene raggiunto dal fratello Franco e

dal cognato Agostino Lomartire.

Sono loro, tre uomini, poco più che ragaz-

zi, del Salento tarantino a comporre la squa-

dra che otterrà quei risultati che porteranno

a Reggia Domizia.

Lavorando inizialmente nella gestione di al-

cune mense aziendali della cintura milanese,

in poco tempo acquisiscono esperienza e

soprattutto riconoscimenti tali da poter in-

traprendere attività in proprio nel campo del-

la ristorazione.

Il modo con il quale trattano la clientela e

soprattutto sembrano anticiparne e caval-

carne gusti ed esigenze permette loro di di-

ventare sempre più conosciuti, stimati e

fuggire da quello stato di necessità che li

aveva spinti a emigrare al Nord, abbando-

nando una terra meravigliosa ma arida di

possibilità lavorative stabili. Mentre Agosti-

no decide di continuare l’esperienza in

Lombardia, Franco sente troppo forte il ri-

chiamo della sua terra, anzi, del suo mare, il

suo habitat naturale.

Senza di esso sta male e decide di tornare

in Puglia. E qui cosa può fare? Continuare a

lavorare nel campo della ristorazione, ovvia-

mente. Individuato il luogo giusto, sulla co-

sta, a Torre Colimena, occorre lanciarsi. A

rispondere subito è ancora una volta la fami-

glia: il fratello e il cognato decidono di inve-

stire parte dei ricavi delle mense nella co-

struzione de La Scogliera, un locale sul mare

che possa avere anche un residence per i

turisti e grandi sale per i matrimoni.

Al Nord questi ragazzi salentini hanno co-

Page 55: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia55

possibile. Perché è la famiglia a passare

dalla teoria alla pratica e fare gli investimen-

ti, compreso chi è rimasto al Nord.

Se dovessimo utilizzare una metafora cal-

cistica, nella sq uadra della famiglia Scarci-

glia i ruoli sono sempre stati ben definiti:

Pompeo, purtroppo recentemente scompar-

so, era il mediano, che faceva il lavoro di fa-

tica e rubava palla agli avversari, Franco è il

regista, con l’intuizione vincente, che sa già

cosa fare prima ancora di avere il pallone tra

i piedi, Agostino il trequartista, libero di spa-

ziare per il campo con la sua simpatia imme-

diata, il suo sorriso e il suo saper trattare,

con il semplice cliente così come con il

grande politico. I figli di Franco gli attaccan-

ti, i finalizzatori, quelli che devono correre e

buttare la palla in rete.

Questa vera e propria “fabbrica di idee”

non ne vuole sapere di fermarsi: un’altra

nuova intuizione emerge, e tutti sanno che è

quella giusta, ancora una volta.

Organizzando ormai da anni matrimoni a

La Scogliera, intuiscono che la tendenza nel

festeggiare le nozze, soprattutto in una re-

gione come la Puglia dove spesso si trasfor-

mano in un evento epocale, si sta spostando

dalla costa verso l’interno.

nosciuto un nuovo tipo di risto-

razione e un certo senso degli

affari, e capiscono che i gusti

della clientela locale stanno

cambiando: iniziano quindi a of-

frire la cucina del territorio, di

terra e soprattutto di mare, con il

pesce appena pescato.

Il successo de La Scogliera è

immediato, sia per i matrimoni,

sia per chi vuole provare i piatti di

Franco, al quale si devono la

maggior parte delle ricette del lo-

cale. E i clienti sono quasi tutti

del posto, o dei paesi vicini, per-

sone che hanno trovato un angolo di paradi-

so dove festeggiare le nozze dei figli o assa-

porare pesce freschissimo, soprattutto tonno,

godendo dello spettacolo dello Jonio attorno

alla quattrocentesca torre d’avvistamento.

La Scogliera è ancora oggi il locale ideale

per gustare la vera cucina tradizionale di

questa zona del Salento: pesce, come det-

to, e frutti di mare, ma anche tanta verdura

(a metro zero, non a kilometro zero, visto

che la maggior parte di casa proviene

dall’orto di famiglia), legumi, carne, dolci e

liquori fatti in casa. Una cucina basata su

ingredienti semplici che si esaltano recipro-

camente in uno straordinario trionfo di sa-

pori autentici.

Il successo de La Scogliera non ferma la

fantasia e l’intuito di Franco, il quale, vista la

crescita del turismo stagionale sulla costa,

fatto soprattutto di giovani, pensa che oc-

corra un locale apposta per loro: nasce così,

sempre a Torre Colimena, lo Ziu Belo, pizze-

ria e discobar per cena e dopocena di ra-

gazze e ragazzi.

Lo affida ai due figli maggiori, Giuseppe e

Antonella, ma il progetto ottiene ancora una

volta l’ok entusiasta di tutta la squadra. Un

affare di famiglia, nell’accezione migliore

Page 56: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

56Gustare l’Italia

Il territorio vanta ville antiche e numerose

masserie che ben si prestano a ricevimenti

sfarzosi, in ambienti spaziosi e protetti, lon-

tani dai paesi, molte volte in contesti sugge-

stivi e carichi di storia.

Pompeo, Franco Agostino questo lo capi-

scono prima del boom delle nozze in masse-

ria, ma per “buttarsi” devono trovare un luo-

go adatto, non una location qualsiasi.

Reggia Domizia nasce così nel 2007, ma-

gari un po’ in ritardo rispetto ai piani, ma fi-

nalmente là dove in grado di trasformarsi da

uno dei tanti posti per novelli sposi in un re-

lais straordinario, dove i fidanzati possano

sognare “quel giorno” di invitare orgogliosi

amici e parenti.

Reggia Domizia, infatti, è questo ma anche

molto di più. Gestita da Giuseppe, che ha la-

sciato lo Ziu Belo alle cure della sorella An-

tonella e di suo marito Filippo, ha sì un oc-

chio di riguardo per le coppie nel giorno del

sì, ma anche per una vacanza all’insegna del

relax e dell’alta gastronomia di qualità.

La struttura originaria del complesso è

Ingredienti per 4 persone: un vasetto di

conditonno Colimena da 180 gr; 400 gr di

cavatelli freschi; 150 gr di pomodorini; olio

extravergine d’oliva; uno spicchio d’aglio; 50

gr di cipolla fresca; 100 gr di prezzemolo.

Ingredienti facoltativi (per gli amanti dei sa-

pori intensi): 50 gr di olive nere; 10 gr di ac-

ciughe sott’olio; peperoncino fresco

Procedimento: Far bollire l’acqua, salarla e

versarvi la pasta. Nel frattempo versare in un

saltiere l’olio e portare a fiamma alta: aggiun-

gere la cipolla tritata e lo spicchio d’aglio

(anche intero, per poi toglierlo dopo la cottu-

ra) e far rosolare. Una volta imbiondita la ci-

polla, unire i pomodorini e far rosolare a

fiamma alta, spolverando con il prezzemolo

tritato fresco. Completata la cottura dei po-

modorini (circa 5/7 minuti), spegnere il fuoco

e versare nel saltiere il contenuto del vasetto

di conditonno. Ultimata la cottura della pa-

sta, unirla al composto preparato e mante-

care bene a fiamma spenta spolverando

con prezzemolo tritato fresco e servire.Gli ingredienti facoltativi per gli amanti dei

sapori forti sono da aggiungere in fase di ro-

solatura.

Cavatelli al conditonno Colimena

Page 57: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia57

composta da una villa ottocentesca e

dall’annessa masseria.

La prima cosa che si è voluto fare è stato

il recupero, il più fedele possibile, dell’im-

pianto iniziale, adeguatamente ristrutturato

rispettando vincoli edilizi e architettonici, ma

anzitutto il gusto e il “senso” della villa.

Ai lavori ha sovrinteso anche Franco in

persona, rispolverando studi e passione di

quando, ragazzo, frequentava il liceo artisti-

co di Lecce.

Oggi Reggia Domizia può vantare, in am-

bienti perfettamente riadattati, saloni per ri-

cevimenti e salette per colazioni, cene e

pranzi più intimi, cortili e stanze eleganti. At-

torno al complesso, in un’area di 32 ettari

complessivi, prati, strutture en plein air sem-

pre per i banchetti e una piscina con giochi

d’acqua e di luce che sembra fatta apposta

per le foto di rito del book degli sposi.

Tutto ciò permette realmente una perso-

nalizzazione totale della festa di matrimonio,

che può consistere in un aperitivo all’aperto,

un banchetto a bordo piscina, una lussuosa

cena nei saloni interni, una festa danzante,

un ricevimento di classe e raffinato. Qui chi

convola a nozze può davvero creare da sé la

festa che ha in testa da anni.

Il servizio è il fiore all’occhiello di Reggia

Domizia. Nel solco della tradizione e sfrut-

tando l’esperienza di famiglia, qui tutto sem-

bra possibile agli ospiti. Chi sceglie questo

relais può godere di una dozzina di stanze

veramente accoglienti, la maggior parte del-

le quali senza dubbio definibili come suite,

anche a due piani o con l’idromassaggio.

Piccoli angoli felici dai soffitti altissimi, con

le volte a botte oppure le travi a vista, scale

in ferro battuto e rifiniture di classe, accom-

pagnate da bagni ampi e funzionali, frigobar

e tv satellitare.

La ricezione dell’hotel verrà ulteriormen-

te potenziata a breve, con un progetto di

aumento degli spazi adibiti a camere e con

la piena funzionalità di un centro benesse-

re con sauna, bagno turco, percorsi nella

Page 58: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

58Gustare l’Italia

Page 59: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia59

Page 60: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

60Gustare l’Italia

natura e cromo, aroma e musicoterapia.

In attesa che anche i devoti dello stare be-

ne olistico inseriscano questo indirizzo nella

loro rubrica, Reggia Domizia ha già di che

gratificare gli amanti del benessere conces-

so ai mortali attraverso l’alta gastronomia.

Il ristorante del relais è infatti di livello ele-

vatissimo: qui i piatti della tradizione salenti-

na si sposano con la sperimentazione culi-

naria dei moderni chef senza perdere di

vista i veri protagonisti dei piatti, cioè i pro-

dotti del territorio.

Idealmente complementare a quella de

La Scogliera, la cucina di Reggia Domizia

utilizza i tesori della terra e del mare in mo-

do più sofisticato, reinterpretando le ricette

tradizionali.

Non si punta alla semplicità, ma all’elabo-

razione creativa e

fantasiosa. Il risul-

tato è straordina-

rio, grazie alla ma-

estria dello chef e

del suo staff, ma

anche perché a

fornire la materia

prima è la stessa

azienda agricola di

famiglia che cir-

conda la villa.

L’ultimo assist della famiglia è per France-

sco, l’ultimo dei figli di Franco, che ha rag-

giunto Giuseppe a Reggia Domizia, posizio-

nandosi nelle grandi cucine, con il compito di

mantenere alta la bandiera della cucina che

negli anni ha regalato tante soddisfazioni.

Ma cosa rende davvero unica

Reggia Domizia in un contesto geo-

grafico nel quale sono sorte e anco-

ra stanno sorgendo numerose strut-

ture che offrono più o meno gli

stessi servizi?

Le risposte emergono già tra le ri-

ghe, dall’altissimo livello del servi-

zio alla fantasia in cucina, dalla ge-

nuinità dei prodotti alla possibilità

per gli sposi di personalizzare il

“gran giorno”.

Un ingrediente però soggiace a

tutto: la passione per il proprio lavo-

ro. È soltanto la passione che spin-

ge a curare il dettaglio, ed è solo il

dettaglio a rendere un posto unico,

come Reggia Domizia.

Se nel tempo, nella comunicazio-

ne turistica, il concetto di “condu-

zione” o gestione familiare non fos-

se finito a indicare quel tipo di

accoglienza sì calorosa e invitante,

ma anche semplice, “alla buona”,

Page 61: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia61

implicitamente segno di ristrettezza di

mezzi per poter fare di più, si potrebbe uti-

lizzare anche per Reggia Domizia.

La sua è infatti una conduzione familiare

- parlando con chiunque di loro appare

evidente che ciò che ha reso possibile tut-

to è stata ed è la forza del legame familia-

re - ma oggi questa famiglia di ristoratori

salentini vanta ormai nel campo dell’acco-

glienza esperienza e professionalità tali da

essere paragonati a una grande dinastia di

imprenditori.

Del resto, anche la FIAT è sempre stata

un’azienda a conduzione familiare…

Per informazioni:

Reggia Domizia

c/o C. da Pozzucupo – SS. 7 Ter. Mandu-

ria-Sava (TA) Tel. 099.9745111

www.reggiadomizia.it

Ingredienti per 4 persone : 600 g di filetto di tonno - 100

g di pistacchi sgusciati - 60 g di pinoli - 12 gamberi viola

- mezzo finocchio - un cuore di sedano - 6 ravanelli - un

cetriolo - una carota - un limone - un albume d’uovo -

olio extravergine d’oliva - finocchietto selvatico - farina -

pepe bianco - sale

Procedimento: pulire i gamberi viola dal carapace te-

nendo attaccati testa e coda, e condirli con olio, sale, pe-

pe, finocchietto selvatico, succo e buccia di limone.

Pulire le verdure, tagliarle a listarelle e creare un’insala-

tina di ortaggi condita con olio, sale e pepe.

Prendere il filetto di tonno e condirlo con sale e pepe

bianco a mulinello. Passare il tonno in poca farina, poi nell’albume snervato e infine avvol-

gerlo nel trito di pistacchi e pinoli.

Successivamente dorarlo in una padella antiaderente con un filo d’olio caldo e terminare

la cottura in forno a 180° per una quindicina di minuti.

La ricetta di Antonio Gentile, Chef di Reggia Domizia: filetto di tonno in crosta di pistacchi e pinoli su insalatina di ortaggi e gamberi viola di Gal-

lipoli al finocchietto selvatico

Page 62: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

62Gustare l’Italia

di R

ob

erto

Mo

ttad

elli

Si fa presto a dire Puglia. Un solo nome per

almeno otto “sub-regioni” differenti, terre e

tradizioni distinte, a volte in reciproca contrad-

dizione, separate da storiche rivalità: in rigoro-

so ordine alfabetico, Arco Ionico, Gargano,

Murge, Salento, Subappennino Dauno, Tavo-

liere, Terra di Bari e Valle d’Itria.

Forse avevano ragione i maestri elementari

di una volta, quelli che, quando recitavano il

rosario delle regioni del nostro Paese, scandi-

vano “le Puglie”, rigorosamente al plurale.

E con la bacchetta discendevano lungo la

carta geografica picchiettando per qualche

istante sul tacco dello Stivale, ché occorreva

concedere il tempo necessario per far me-

morizzare la nozione.

Il mosaico (liquido)di Otranto

Il con

sorz

io a

groa

limen

tare

Page 63: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia63

© o

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uglia

.it (4

)

Page 64: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

64Gustare l’Italia

Si potrebbe obiettare che ad accomunare

tutte o quasi le anime della Puglia - anzi, delle

Puglie - ci pensa il prodotto tipico locale per

antonomasia: l’olio, oro liquido, ovviamente

d’oliva ed extravergine.

Ma basterebbe approfondire un poco l’inda-

gine per scoprire che quello di “olio pugliese”

è un concetto relativo.

Perché le diverse varietà di olive coltivate

nella regione, e la natura eterogenea dei terre-

ni e dei microclimi, danno vita a prodotti non

certo identici tra loro, per quanto accomunati

dal livello qualitativo eccellente e da alcune

macrocaratteristiche ricorrenti.

Prendiamo l’olio “Terra d’Otranto DOP”. Se

non si conoscesse la geografia della regione,

lo si potrebbe pensare un

prodotto originario del-

la sola città che gli dà

il nome, celebre per

il mare e per gli stra-

ordinari mosaici del-

la cattedrale.

In realtà la sua zona

d’origine è decisamente

più ampia. Include infatti tutta la provincia di

Lecce, l’area orientale della provincia di Ta-

ranto e alcuni comuni meridionali della pro-

vincia di Brindisi.

Una striscia di terre rosse e brune, pog-

gianti su rocce calcaree, che unisce la costa

orientale a quella occidentale: l’ambiente

perfetto per coltivare due tipolo-

gie di olivi, la Cellina di Nardò e

l’Ogliarola salentina.

E proprio queste varietà, se-

condo il rigoroso disciplinare di

produzione, sono alla base

dell’olio “Terra d’Otranto DOP”: la

raccolta dei frutti deve avvenire

direttamente dalla pianta prima

dell’inizio di febbraio, mentre

l’oleificazione (che può avvalersi

solo di processi meccanici o fisi-

ci) deve avere luogo entro due

giorni dalla raccolta.

La cultivar Cellina di Nardò si

distingue da subito per l’altezza

degli alberi, che possono supera-

re i 12 metri: dai loro frutti si rica-

va un olio dall’aroma fruttato con

note di frutta e verdura, dal sapo-

re armonico che rilascia sensa-

zioni di mandorla, pomodoro ed

erba, piccante e persistente, con

retrogusto amaro.

L’Ogliarola dà invece vita a

un’extravergine sapido ma delica-

lo si potrebbe pensare un

prodotto originario del-

la sola città che gli dà

In realtà la sua zona

d’origine è decisamente

Page 65: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia65

tato, con media sensazione di amaro e una

sottile nota di piccante: caratteristiche “stan-

dard” che variano leggermente in base al peso

che ogni produttore attribuisce alla Cellina

piuttosto che all’Ogliarola, e che possono ac-

quisire ulteriori sfumature grazie all’aggiunta di

percentuali minori di altre olive, rigorosamente

coltivate in loco.

Si spiega anche così l’incredibile versatilità

dell’olio “Terre d’Otranto DOP”, che può ac-

compagnare tanto i primi piatti di pasta, quan-

to legumi e verdure cotte; si abbina ottima-

mente alla carne, ma dà risultati di assoluto

livello anche con il pesce…

Ed ecco che, quasi senza volerlo, si scopre

che le Puglie e l’olio “Terra d’Otranto DOP”

condividono lo stesso segreto, la stessa ine-

sauribile fonte di fascino: entrambi sono il frut-

to dell’incontro felicissimo tra identità vicine

eppure differenti.

Preziosi mosaici composti con tessere tra

loro perfettamente complementari, note squil-

lanti che si fondono in inattese armonie.

to, con note fruttate mai eccessive, leggermen-

te amaro e piccante, con sentori di carciofo.

Dall’incontro tra queste olive nasce un olio

di colore verde o giallo-verde e di sapore frut-

Page 66: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

I turcinieddhri, scarti d’autore

Il cib

o di

stra

da

66Gustare l’Italia

di M

arco

Lo

cate

lli

Quando si parla di carne è facile sentire

l’espressione “tagli nobili”. Ovviamente non

esistono ceti sociali tra le parti di un animale

da macello, piuttosto esistevano in passato

diverse destinazioni delle suddette porzioni.

Ai ceti più abbienti erano riservati tagli pre-

giati quali filetto, fesa, costata e via dicendo,

mentre gli scarti, ovvero ghiandole e interiora,

erano recuperate dalle classi più povere.

Da qui l’aggettivo nobili. Da qui anche la

grandissima capacità di riciclo tipica della

cultura gastronomica italiana.

Molto spesso agli appassionati di cucina ri-

sulta difficile riprodurre tecniche di prepara-

zione e cottura tipiche del passato proprio

perché la situazione sociale è totalmente mu-

tata e i mezzi di allora sono stati soppiantati

da strumenti più moderni.

Un tempo fu proprio la necessità a far

aguzzare l’ingegno: rendere non solo com-

mestibili, ma anche di ottimo livello qualitati-

vo, cibi di scarto è sempre stata la grande ar-

te culinaria del nostro Paese.

Uno degli esempi di questa tradizione è

rappresentato dagli involtini di frattaglie tipici

della Puglia noti come torcinelli nel nord della

regione o turcinieddhri o gnummareddi nel

centro-sud.

Paese che vai, ricetta che troviSono infinite le varianti della ricetta degli

appetitosi involtini di carne: non solo cambia-

no da paese a paese, ma anche da rosticce-

ria a rosticceria e addirittura da famiglia a fa-

miglia. Tutte comunque prevedono l’utilizzo

di parti di scarto quali fegato, polmone, ro-

Page 67: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia67

gnone e timo avvolti da pezzetti di

budello di agnello o capretto. Ogni

cuciniere provvede poi alla speziatu-

ra che ritiene più adeguata al risulta-

to desiderato.

Purtroppo oggi è sempre più diffi-

cile procurarsi le parti necessarie

per la preparazione poiché smaltite

subito dal macellatore. E se anche

qualcuno avesse la fortuna di avere

l’amico macellaio disposto a recu-

perare per lui le parti di scarto, sorgerebbe

una nuova difficoltà: la pulizia delle interiora.

Questo processo è particolarmente lungo e

richiede una profonda conoscenza in quanto

le parti in questione sono organi interni con

funzioni sicuramente indispensabili, ma allo

stesso tempo poco nobili.

Lasciare residui in fase di pulitura vorrebbe

dire compromettere irrimediabilmente l’ali-

mento alterandone spiacevolmente il sapore.

Superati tutti gli scogli del caso è il momen-

to di effettuare una scelta su quali frattaglie

utilizzare. Alcuni escludono il fegato in quanto

eccessivamente saporito, altri invece lo rendo-

no protagonista; c’è chi insaporisce con la

ghiandola endocrina, chiamata timo o animel-

la, e chi invece preferisce usare quest’ultima

parte dell’animale “in purezza” poiché consi-

derata oggi prelibatezza gastronomica.

Ma soprattutto è necessario creare tra le

varie parti un equilibrio dal quale nascerà la

ricetta personale del rosticcere. Ora si passa

alla cottura, doverosamente alla brace, ma

questo merita un capitolo a parte.

Chi va piano…cuoce meglio!Come già detto, è la cottura alla brace la

caratteristica distintiva di questo prodotto,

ma il vero segreto sta nel tempo di cottura.

Mentre i torcinelli vengono perlopiù preparati

su apposite griglie alimentate a legna, gli

gnummareddi sono cotti nel tipico fornello

della Murgia.

In entrambi i casi il periodo di esposizione

al calore deve essere prolungato in modo da

permettere agli involtini di cuocere perfetta-

mente, al cuore e alla retina che li avvolge di

sciogliersi e amalgamarsi uniformemente.

L’abilità del grigliatore sta quindi nel dosare

il quantitativo di brace in modo da ottenere la

temperatura ottimale. Ciò accade ancor più

nel fornello, strumento tipico della Valle d’Itria,

dove il processo di cottura avviene con calo-

re indiretto: gli spiedi vengono posti sopra

questa enorme griglia a una distanza dal fuo-

co tale da permettere al calore di giungere

morigeratamente e alla carne di sostenere un

periodo d’esposizione superiore.

Page 68: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

68Gustare l’Italia

Non bastano le parole per descrivere la

magia di queste rosticcerie antiche, è neces-

sario visitarne almeno una e assaporarne, ol-

tre agli ottimi prodotti, i profumi e l’atmosfera

così caratteristici e affascinanti.

Scegliere la migliore è praticamente impos-

sibile poiché ognuna è unica e speciale, ma

una può vantare di essere la più antica: da Vi-

to Serio, noto anche per gli abitanti del suo

paese, Martina Franca, come “U Salvasoda”.

Oggetto di vanto per gli abitanti del paese,

ma anche per tutti i tarantini in genere, que-

sto locale spartano, dove il consumo sul po-

sto è effettuabile esclusivamente sui banconi

a muro, trasuda tradizione e storia da tutti i

pori. Detto questo una visita alla terra del ci-

bo di strada più ghiotto, dei salumi più rino-

mati e dei pani più pregiati (per esempio quel-

lo di Altamura o quello di Laterza) pare

d’obbligo!

tanto energetici, era all’ordine del giorno per

i pastori e gli agricoltori che abitavano i trulli

durante le faticose giornate lavorative.

A maggior ragione l’apporto energetico for-

nito dai torcinelli (da torcere, attorcigliare) era

fondamentale per i pastori che praticavano la

transumanza spostando interi greggi dall’Ap-

pennino abruzzese fino ai Monti Dauni.

Attraverso i tipici sentieri montani, detti anche

tratturi, per effettuare la traversata, le soste per

rifocillarsi erano spesso caratterizzate dal con-

sumo dei golosi involtini cotti su qualche

falò improvvisato, magari accompagnati

da pecorini prodotti in altura.

Quella che oggi potremmo definire co-

me “pausa gourmet” era allora una pra-

tica all’ordine del giorno e il termine cibo

di strada aveva un reale significato, mol-

to meno radical chic, se così si può dire,

rispetto ai nostri giorni.

Bisogna inoltre riconoscere che gran

parte del merito per la salvaguardia e il

recupero di queste tradizioni gastrono-

miche popolari va riconosciuto all’as-

sociazione Slow Food che, in stretta

collaborazione con la condotta di Albe-

robello, da anni promuove e sostiene la

scienza di questi artigiani della carne, diffon-

dendo i loro meravigliosi prodotti anche al di

fuori dei confini regionali tramite manifesta-

zioni gastronomiche nelle quali sarebbe da

folli non effettuare almeno una sosta per de-

gustare un’animella, uno gnummareddo o

una bombetta.

Cibo di strada, ma anche di sentieroIndubbiamente gli gnummareddi, il cui no-

me deriva dal termine latino glomu passato

poi in volgare in gnomerru che significa gomi-

tolo, sono stati e sono tuttora un cibo di stra-

da contadino.

Nella valle centrale della Puglia il consumo

di questi involtini altamente calorici e altret-

© o

livia

emar

ino.

it

Page 69: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

PATINATA GUSTARE L'ITALIA 210x275 CON 5mm di Taglio.pdf 1 24/01/11 15.35

Page 70: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Una regione, un vino,molte anime

Il con

sorz

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itivin

icol

o

70Gustare l’Italia

di E

mili

ano

Rac

cag

ni

Al vino rosato, fare il fratello povero tra

bianchi e rossi va oggi sempre più stretto:

dalla Daunia al Salento, passando per le Mur-

ge, in Puglia a questo vino si crede da decen-

ni, al di là delle mode.

Nel mondo del vino, abituato a una buona

dose di mode più o meno passeggere, c’è

una categoria che oggi sta conoscendo un

momento di grande visibilità e crescita. È

quella dei rosati. Considerati per moltissimi

anni come i figli molto minori del dio Bacco,

questi vini stanno riguadagnando spazio, per

quel che conta, nelle guide e nei giudizi degli

esperti e, questo è più importante, nei gusti

dei consumatori. La conseguenza? Un fiorire

di produzioni più o meno tipiche in tutto lo

stivale, alle quali non si sottraggono molte

nobili casate del vino italiano che oggi non

mancano di offrire “a catalogo” almeno un ro-

sato. Con buona pace della tipicità, della sto-

ria e dell’utilizzo di uve adatte.

Fare rosato, infatti, non è solo prendere

una parte delle proprie uve da rosso e pigia-

re un po’ meno sull’acceleratore per ottene-

re vini più scarichi di colore e complessità.

Sarebbe troppo facile.

Page 71: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia71

Che non lo sia ce lo insegnano quei territo-

ri dove questa tipologia di vino è sì in cresci-

ta, ma ancorata a una forte storicità produtti-

va. Dove, insomma, il rosato non si costruisce

a tavolino, ma lo si fa da decenni.

Si pensi all’Alto Adige, con le denominazio-

ni Santa Maddalena e Lago di Caldaro a base

di uva schiava, al Chiaretto del Garda, al

Montepulciano Cerasuolo dell’Abruzzo e ai

rosati pugliesi.

In Puglia si parla al pluralePer la produzione di quest’ultima regione, è

d’obbligo utilizzare il plurale, tanto diversifi-

cata e complessa è la realtà territoriale nella

quale si produce rosato, che forse – qui più

che altrove – non è mai stato considerato una

via di mezzo tra bianchi e rossi, ma un pro-

dotto perfettamente calato nella storicità

enologica locale.

Prova ne sono le aziende che almeno dalla

metà dell’Ottocento proponevano e commer-

ciavano il proprio rosato, creando un vino che

finalmente avesse una propria identità, sot-

traendo uve e mosti a un sistema che dalla

Puglia parevano servire solo per il taglio atto

a irrobustire più prestigiosi ma cagionevoli vi-

ni del Nord.

Se si dovesse scegliere poi una data sim-

bolica per lo sdoganamento definitivo del ro-

sato pugliese, forse andrebbe fissata nel

1943, quando nella Salice Salentino occupa-

ta dagli Alleati, Salvatore Leone De Castris

ebbe l’intuizione di vendere agli americani il

suo Cinque Rose dentro bottiglie di

birra chiuse con il tappo a corona.

Il “Five Roses”, che secondo leg-

genda mutò così il suo nome, aprì la

strada a numerose altre aziende

che, lavorando le uve specificamen-

te per produrre rosati, dalla Daunia

alle Murge, scendendo fino al Sa-

lento, hanno fatto di questa tipolo-

gia una delle più importanti ban-

diere del vino pugliese.

Almeno tre animeDifficile, se non impossibile,

parlare di Rosato al singolare

in Puglia. Ce lo dimostra an-

che Rosati in terra di Rosati, la

manifestazione che da diciot-

to anni, con una serie di even-

ti, porta per le piazze e nei ri-

storanti della regione la

selezione (che avviene in pri-

mavera a Vinititaly) del meglio

di quanto sa dare la Puglia in

rosa e, nella settimana dal 24

al 31 luglio, anche in tanti

“luoghi del vino” italiani.

Al plurale, dunque. Di fatto

non è facile districarsi e uni-

formare una produzione este-

sa in territori diversi, lontani

suo Cinque Rose dentro bottiglie di

birra chiuse con il tappo a corona.

, che secondo leg-

genda mutò così il suo nome, aprì la

strada a numerose altre aziende

che, lavorando le uve specificamen-

te per produrre rosati, dalla Daunia

alle Murge, scendendo fino al Sa-

lento, hanno fatto di questa tipolo-

gia una delle più importanti ban-

suo Cinque Rose dentro bottiglie di

birra chiuse con il tappo a corona.

, che secondo leg-

genda mutò così il suo nome, aprì la

strada a numerose altre aziende

che, lavorando le uve specificamen-

te per produrre rosati, dalla Daunia

alle Murge, scendendo fino al Sa-

lento, hanno fatto di questa tipolo-

gia una delle più importanti ban-

Page 72: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

72Gustare l’Italia

come solo in Puglia possono essere le pro-

vince tra loro, ognuna delle quali fa il suo ro-

sato con uve e denominazioni differenti.

In generale, si può comunque dire che,

pur ammiccando in alcune delle produzioni

più recenti a una moda che chiede vini sca-

richi, facili da degustare e quasi caramellosi

nell’impostazione, i rosati prodotti in Puglia

si sono sempre distinti per essere vini di ner-

bo e carattere, certamente più pieni e com-

plessi di quanto il gusto più comune (e ba-

nale?) di oggi voglia imporre.

Per comodità, ma soprattutto per identità,

possiamo individuare tre grandi macroaree

enologiche “rosate”.

La prima, localizzata in provincia di Foggia

nelle zone di Lucera e San Severo, vede uti-

lizzate soprattutto il Sangiovese e il Monte-

pulciano accanto al Bombino Nero.

Quest’ultima uva diventa protagonista

scendendo nel barese, dove nella zona di

Castel Del Monte, si è riusciti a ottenere da

poco la prima Docg dedicata proprio ai ro-

sati a base di Bombino, uva principe accan-

to al Nero di Troia.

Infine, il Salento, dove il Negroamaro è l’in-

discussa bandiera di celeberrimi rossi e rosa-

ti. Diversità di latitudine, storia, vitigni e tecni-

che di lavorazione: quello dei rosati pugliesi è

un universo complesso che cerchiamo di co-

noscere un po’ meglio parlando di e con tre

Page 73: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia73

realtà rappresentative di altrettante zone pro-

duttive che meritano di essere conosciute e

approfondite.

Tradizione, sperimentazioneinnovazione

Un viaggio ideale nelle tre anime del rosato

pugliese parte da Sud, dove incontriamo Ste-

fano Garofano dell’azienda Monaci.La cantina, interamente ristrutturata negli

anni Novanta, segna la con-

tinuità produttiva per una

delle realtà storiche del ro-

sato salentino, legata più

che mai al nome del padre

di Stefano, Severino, uno

degli enologi al cui lavoro si

deve la rinascita qualitativa

di molti vini del Sud.

Nella masseria di Coperti-

no, in provincia di Lecce, il

Negroamaro è protagonista

della tradizione, sia per dare

potenti rossi, sia per pro-

durre rosati. “Quest’uva - ci

dice Stefano - è per noi attaccamento al ter-

ritorio. Continuiamo a lavorarla con la tecnica

del salasso, che consiste nel prelevare una

certa quantità di mosto fiore destinato ai vini

rossi che, vinificato in bianco, dà i più tipici

rosati della zona, come il nostro storico Giro-

fle, l’esempio di come si possa ottenere equi-

librio e delicatezza da un’uva capace di espri-

mere vini molto potenti”.

Per il rosato è un bel periodo, come del re-

sto per il Salento a tutto tondo. Giusto defini-

re questo vino una possibile colonna portante

per la promozione enogastronomica di un

territorio intero?

Dalla Monaci ci confermano l’ottimo stato di

salute per questa produzione tradizionale, già

oggi cresciuta al 20% del totale del vino azien-

dale, con proiezioni ancora in aumento. Sarà

la moda che rifugge più degli anni scorsi vini

troppo carichi e impegnativi, fatto sta che le

aziende della vecchia guardia salentina stanno

dimostrando di gradire questa tendenza posi-

tiva e - perché no - contribuire con il loro lavo-

ro alla crescita enoturistica di un territorio inte-

ro, potendo partire da solide radici.

Radici che hanno saputo valorizzare al

massimo duecento chilometri più a nord, nel-

la Murgia Barese, dove il rosato è espresso

Page 74: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

74Gustare l’Italia

principalmente dal Bom-

bino Nero e dove il di-

stretto produttivo di Ca-

stel Del Monte, primo e

finora unico in Puglia per

questa tipologia di vini, è

riuscito a ottenere il rico-

noscimento della Docg.

Inevitabili le polemiche:

perché proprio loro? A

comprensibili questioni di

campanile risponde Giulio

Iannini, direttore commer-

ciale di Torrevento, una delle aziende più

attive della zona, da anni a guida del Con-

sorzio Tutela Vini Castel Del Monte. “Per noi

- ci dice - la Docg non è una bandiera da

sventolare per dimostrare alcunché nei con-

fronti di nessuno. È, semmai, il premio a un

territorio che ha saputo fare sistema come

raramente si è visto finora non solo in Puglia,

ma nel Sud Italia, come prova il Consorzio

cui aderisce praticamente la totalità dei pro-

duttori. Gente che ha saputo credere nelle

proprie radici ma anche aprirsi alla moderni-

tà delle tecniche produttive ed è riuscita a

fare fronte comune per promuovere la pro-

pria identità, che con la Docg potremmo di-

fendere ancora di più e meglio”.

Diversità significa anche versatilità. Ben lo

sanno ancora più a Nord, nel foggiano, i tre

soci della D’Araprì che, compiendo una scel-

ta davvero rivoluzionaria negli anni Settanta,

si misero a spumantizzare con il metodo clas-

sico le uve locali, Bombino Bianco e Monte-

pulciano in testa.

Volevano creare qualcosa di nuovo, guar-

dando allo Champagne quando le uve dei

contadini di San Severo erano pagate poco

o nulla. Visti all’epoca come eretici, sono

oggi rispettati per essere stati i primi a ri-

spettare le proprie origini, scegliendo un an-

tico palazzo di San Severo per far maturare

i propri vini, come per dire: il territorio e la

sua storia lo rispettiamo perché gli apparte-

niamo noi stessi.

Oggi la realtà è solida e

il sogno è quello di fare

proseliti, coinvolgendo

altre cantine locali in un

più ampio progetto spu-

mantistico.

Tre storie diverse, tre

modi di lavorare rispet-

tando le proprie radici ma

allo stesso tempo pun-

tando a crescere. In Pu-

glia, di realtà del genere,

se ne contano a decine.

Page 75: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011
Page 76: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

76

di A

less

and

ro M

ilani

Chissà se l’ammiraglio Horace Nelson, pri-

ma o dopo una battaglia non importa, guar-

dando la linea dell’orizzonte pensava a casa.

Probabilmente sì, magari alla famiglia, agli

amici, a una donna. Ma quando, pur essendo

inglese, voleva festeggiare un trionfo, doveva

ricorrere al Marsala prodotto in Sicilia.

Più facile invece che un ammiraglio nato

qualche migliaio di chilometri più a sud del

trionfatore di Trafalgar, soprattutto quando era

particolarmente lontano dalle sue amate coste

joniche, pensasse al vino di casa. Si dice che

più ci si allontana dal proprio paese e più

emergono i ricordi positivi. Normale quindi per

Il pro

dutto

re

Brandisio,musica per il palato

un nativo di Taranto ricordare quel Primitivo

bevuto nella vigna dei nonni.

Meno facile immaginare che un alto ufficiale

della Marina Militare decidesse di rientrare in

Puglia e diventare un produttore vitivinicolo. È

invece proprio quello che è successo a Oreste

Tombolini, passato da ammiraglio a “creatore”

del Brandisio.

Creatore, non semplice produttore, e vedre-

mo il perché. Forse per carattere, forse per la

sua formazione militare, peraltro accentuata

dal ricoprire un ruolo di prestigio e responsa-

bilità, Oreste non si è avvicinato al mondo viti-

vinicolo con leggerezza o superficialità.

Gustare l’Italia

Page 77: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

77

Si è messo a studiare, non solo la

storia dei vini della provincia di Taran-

to, ma anche quei trattati di agricoltu-

ra che potevano giovargli in questa

nuova avventura.

È così che Oreste ha compiuto una

scoperta straordinaria, e, non conten-

to, l’ha messa in pratica creando un

prodotto davvero unico.

Il sistema che viene utilizzato nelle vi-

gne di Monteparano consiste infatti

nell’applicazione di una sintesi degli

studi di due scienziati giapponesi, Te-

ruo Higa e Masanobu Fukuoka.

Essi, pur partendo da punti differenti

e applicando metodologie diverse, arri-

vano a quella che può sembrare la sco-

perta dell’acqua calda, cioè l’afferma-

zione del primato della coltivazione

naturale delle piante.

Facile a dirsi, meno a farsi, perché

nella loro accezione del termine natura-

le non c’è posto per la chimica e nem-

meno per minerali come zolfo e rame, usatis-

simi in campo vitivinicolo. Quindi come fare?

Visto che la bontà del vino deriva soprattutto

dalla salute della vigna e quest’ultima è dovuta

alla salute delle piante, il primo punto da af-

frontare deve essere la cura e la tutela dell’equi-

librio biochimico del suolo.

Teruo Higa afferma che fornendo al terreno

alcuni microorganismi effettivi, essi saranno

efficaci nel permettere alle piante di crescere

autonomamente sane, e addirittura di più: sa-

ranno in grado di rendersi quasi autoimmuni

Gustare l’Italia

alle malattie, in sostanza di curarsi da sole.

Uno straordinario effetto collaterale consiste

poi nel fatto che il terreno, grazie a questi mi-

croorganismi, combatte ed elimina eventuali

tracce di diossina (ahimè largamente presenti

nei terreni di questa zona del Tarantino).

Il trattamento proposto dagli scienziati nip-

ponici, che Oreste sta applicando da un paio

di anni alla coltura della vite, permette di non

usare anticrittogamici e concimi chimici.

In questo modo si va addirittura oltre quel

concetto - positivo, sia ben chiaro - di biologi-

Page 78: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

78Gustare l’Italia

Le viti coltivate senza additivi conferiranno

un’uva sana, dalla quale se ne può ora ricava-

re vino. Pensare che finisca qui l’originalità di

quella che fin dall’inizio abbiamo definito la

“creatura” di Oreste sarebbe però sbagliato: la

raccolta è totalmente manuale e anche duran-

te il processo di trasformazione da uva in vino

viene evitato ogni prodotto chimico (a esclu-

sione di una piccolissima aggiunta di bisolfito

di potassio, che funge da antisettico).

Dopo la raccolta anche l’intervento umano

si limita al solo controllo della temperatura

durante le due settimane di fermentazione,

prima dell’affinamento in barriques di

rovere francese.

E ancora non è finita: durante i 10

mesi nei quali il vino riposa in barrique,

nella barricaia di Oreste risuonano le

note di Mozart, Chopin e dei canti gre-

goriani, che creano un rapporto sine-

stetico tra il vino e la musica.

Sembra infatti che il legame tra il

frutto della vite e la musica classica si

mantenga forte, e che, dopo un as-

saggio di Brandisio accompagnato

dall’ascolto di una sinfonia, si crei un

rimando tra l’uno e l’altra anche quan-

do vengono sperimentati separata-

mente. Un’esagerazione?

Non resta che mettersi alla prova.

Oreste ha infatti voluto che sulla con-

tro-etichetta di ogni bottiglia venga

precisato da quale opera musicale il

vino è stato accompagnato nel suo ri-

poso in barrique. A quel punto ognu-

no sarà in grado di giudicare la verità

dell’affermazione, nella quale noi cre-

diamo ciecamente.

Non dovrebbero ora esserci dubbi

sul perché abbiamo sempre parlato di

“creazione” e di “creatura”.

Vediamo adesso come godere di

questa prelibatezza rara, che prende il

co che tanto si vuole sottolineare oggigiorno,

ma la cui prassi talvolta prevede sostanze di

sintesi qui completamente assenti.

Un aspetto assolutamente evidente del trat-

tamento di Oreste alla sua vigna è dato dalle

erbacce. Tutte quelle piante che crescono li-

beramente attorno alle viti, solitamente sfal-

ciate (quando non eliminate con metodi deci-

samente più dannosi), qui vengono ignorate.

Le viti che Oreste cura sull’unica collina pre-

sente in tutto il territorio del Primitivo convivo-

no infatti in armonia con tutte le piante che la

natura ha deciso di far germogliare tra i filari.

Page 79: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia79

nome dal nonno materno di Oreste, Brandisio,

il quale è un simbolo del ritorno all’antico, a

quella terra alla quale l’ammiraglio aveva a

lungo preferito il mare.

La meraviglia che potrebbe nascere da que-

sta storia è infatti nulla rispetto a quella che si

prova, individualmente, se si ha la fortuna di

assaggiare questo Primitivo.

Una volta stappata la bottiglia, meglio alme-

no un paio d’ore prima di servire in tavola, e

aver scaraffato il vino con l’ausilio di un colino

per trattenere i depositi, è tempo di bere.

I depositi sono dovuti al fatto che il Brandisio

non è stato filtrato, per non fargli perdere alcu-

ne importanti caratteristiche organolettiche, e

consigliamo di non buttarli, ma utilizzarli ma-

gari per cucinare un risotto al Primitivo.

Servito in adeguati balloon a calice ampio

a una temperatura di 18/20 gradi, il Brandi-

sio, a contatto con l’aria, inizierà a sprigio-

nare i suoi aromi con il passare dei minuti e

sarà pronto a sposare piatti saporiti, carni

alla brace e formaggi di capra o pecora non

molto stagionati.

Un vino straordinario al gusto e buono, an-

che per la salute: è stato dimostrato che le

tecniche colturali di Oreste consentono un in-

cremento del contenuto di polifenoli tale da

stupire anche gli esperti del Centro enologico

di ricerca di Asti.

Sono infatti i polifenoli, associati all’alcool, a

produrre nell’organismo umano una maggiore

concentrazione di Omega 3.

Il tutto ottenuto semplicemente rispettando

la natura e curando il terreno, senza violentar-

lo con la chimica o con colture intensive. Con

tecniche antiche, come l’aratro di nonno Bran-

disio che Oreste ha fortemente voluto sull’eti-

chetta. Oltre il biologico, naturale.

Meno male che l’ammiraglio è tornato a ter-

ra per crearlo...

Per informazioni: www.brandisioilprimitivo.it

Page 80: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

80

di A

less

and

ro M

ilani

Se si alzano gli occhi verso il cielo si vedo-

no stagliarsi, vicinissimi, i nuovi grattacieli che

ospitano gli uffici della Regione Lombardia. Lo

stabile però è esattamente di fronte al com-

plesso medievale noto come Cascine delle

Abbadesse, nell’omonima via.

Qui dove un tempo le monache gestivano

un’azienda agricola ante litteram e prospera-

vano campi e i vigneti, oggi vengono prese le

decisioni sull’amministrazione della regione

più ricca d’Italia.

Modernità e tradizione, tradizione e moderni-

tà. Le stesse parole d’ordine che sono alla base

della filosofia del ristorante La Martinella.Que

lli ch

e le

guid

e no

n di

cono

“La Martinella”,tradizione e modernità

Nato negli anni Ottanta con la famiglia Favi-

ni, storici trattori milanesi, gioviali, accoglienti,

pronti alla battuta in dialetto, è oggi gestito da

Antonio Melfi, anche lui ristoratore d’esperien-

za, ma originario di qualche centinaio di chilo-

metri più a sud, in Basilicata.

È stato lui, insieme al cugino Tommaso, che

ha gestito per anni l’Antica Pizzeria da Giulio in

corso San Gottardo, a rilevare, nel 2008, La

Martinella, e a donarle una seconda anima lu-

cana, senza cancellare quella meneghina. Le

due componenti che contraddistinguono il lo-

cale non si limitano allo spazio della cucina, ma

caratterizzano ogni aspetto de La Martinella.

Gustare l’Italia

Page 81: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

81

ste ad assaporare piatti e prodotti sconosciu-

ti, o a ritrovare quei sapori magari scoperti al

Sud in vacanza.

Ciò che accomuna le due componenti è la

ricerca della qualità. Su questo Antonio non

transige: sceglie personalmente la frutta e la

verdura, si rifornisce di carne perlopiù bavare-

se della quale ha la certifi-

cazione di tutta la filiera,

serve ai clienti pasta pro-

dotta ad Andria, e il pesce

servito a tavola arriva a La

Martinella, freschissimo,

tutti i giorni.

Qualità che spesso si

sposa con un ritorno alle

radici, con il gusto della

propria terra, come nel ca-

so dei salumi (soppressata,

capicollo, salame piccante)

e dei formaggi (su tutti il ca-

nestrato di Moliterno), che

provengono direttamente

dal Parco del Pollino.

A volte è più evidente l’una, a vol-

te l’altra. A pranzo, quando gli im-

piegati e i dirigenti si concedono

una pausa pranzo “come si rispet-

ti”, emerge l’anima milanese, basa-

ta sulla comodità, la velocità, l’otti-

mo rapporto tra qualità e prezzo

Qui quelli che un tempo veniva-

no chiamati travet possono trova-

re tutto ciò che un self service non

può offrire loro: il servizio al tavolo

(in sala lavorano mediamente 6/7

persone), la tranquillità, e in estate

il fresco dehor.

Alla sera prevale lo spirito luca-

no, con piatti legati alla cultura di

quel territorio, un clima più rilassa-

to, Antonio tra i tavoli che ama co-

noscere e scherzare con gli habitué, così co-

me fa Biagio alla cassa.

Di sera si sentono più forti anche le impron-

te della cucina e della gastronomia della Basi-

licata. Se infatti di giorno il target è rappresen-

tato da chi lavora in zona, a cena la clientela

è composta da persone maggiormente dispo-

Gustare l’Italia

© L

idia

Mon

tana

ri (7

)

Page 82: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

82Gustare l’Italia

berto Favini. Figlio dell’ex gestore de La Marti-

nella, dopo aver studiato con Sadler, finita quel-

la gavetta che trasforma un semplice cuoco in

uno chef, ha oggi le redini della cucina.

Aiutato da altri due cuochi e ispirato dalla

musica dei Pink Floyd, è lui il massimo creato-

re dei cavalli di battaglia del locale.

Fautore di una cucina saporita ma al tempo

stesso leggera, nella quale la bontà dei piatti

non dipende certo dal quantitativo di condi-

menti, realizza ormai con nonchalance le ricet-

te di entrambe le tradizio-

ni: la cassöeula e

l’ossobuco con il risotto o

con la polenta, così come

le linguine all’astice o gli

strascinati alla lucana.

Laddove da un lato dosa

sapientemente burro e gra-

na, dall’altro esalta le ricet-

te con olio extravergine e

cacioricotta. Sempre all’in-

segna della tradizione. Un

po’ ancora trattoria mila-

nese, un po’ un angolo di

Basilicata a Milano.

In un momento non faci-

Ingredienti per 4 persone: 2 astici - 1 etto di pomodorini - 400 g di linguine - un ciuffo di prezzemolo - aglio - vino bianco - olio ex-travergine d’oliva.

Procedimento: Dividere a metà gli astici e rosolarli in padella con olio extravergine d’oliva e aglio, sfumandoli con vino bianco. Aggiungere i pomodorini e far cuocere.

A parte cuocere le linguine in abbondante acqua bollente salata. A cottura ultimata aggiungerle all’astice e saltare il tutto.

Guarnite il piatto di portata con un ciuffo di prezzemolo e servite.

Linguine all’astice

Prodotti tipici lucani, come anche i fagioli

di Sarconi IGP e i peperoni di Senise IGP,

che arricchiscono le ricette antiche della re-

gione dei due mari.

Mare che permette di variare, soprattutto in

estate, con piatti freschi e leggeri una cucina

che in inverno ha la sua forza nei classici della

tradizione meneghina e in quelli dell’interno

della Basilicata.

Oltre ad Antonio, chi “orienta” verso Nord o

verso Sud i piatti della settimana è lo chef, Um-

Page 83: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia83

Ingredienti per 4 persone: 400 g di riso Carnaroli - 4 ossobuchi di vitello, meglio se di gamba posteriore - una bustina di zafferano - mezza cipolla - 2 carote - 2 gambe di sedano - 2 patate - vino bianco - burro - Parmigiano grattugiato - brodo vegetale q.b. - olio extravergine d’oliva.

Procedimento: Infarinare gli ossibuchi e rosolarli in padella in modo omogeneo su entrambi i lati. Adagiarli in una teglia da forno con base di cipolla e olio extravergine d’oliva.

Ricoprire il tutto con un misto di patate, sedano e carote. Riporre in forno a una temperatura costante di 200°. A metà cottura estrarre le verdure frullandole fino a formare una crema densa e riversarle sopra gli ossibuchi.

Nel frattempo tostare il riso con il vino bianco e la cipolla, allungandolo con brodo vegetale. Durante la preparazione aggiungere lo zafferano e il midollo, mantecan-dolo infine con il burro e il formaggio grattugiato.

Ossobuco con risotto alla milanese

le per la ristorazione, tra la concorrenza stra-

niera e la crisi economica, che toccano pro-

prio quel ceto medio al quale si rivolge La

Martinella, se si chiede ad Antonio la sua più

grande soddisfazione, emergerà il suo orgo-

glio lucano: il suo vanto è infatti quello di aver

Ingredienti per 4 perso-

ne: un filetto di baccalà da 1 kg - 3 cipolle rosse di Tropea IGP - 2 pomodorini ramati - 2 etti di pangratta-to - farina bianca q.b. - olio extravergine d’oliva - prez-zemolo.

Procedimento: infarinare il baccalà e friggerlo in ab-bondante olio extravergine d’oliva bollente. Adagiarlo in una terrina da forno con fondo oleato.

A parte stufare le cipolle e versarle sopra il pesce aggiungendovi il pangrattato e i pomodorini tagliati a cubetti. Mettere in forno a 250° fino a che sia completamente gratinato. Si consiglia di servire su un piatto caldo, con un pizzico di prezzemolo e un filo d’olio extravergine crudo.

Baccalà gratinato con cipolle rosse di Tropea

fatto conoscere e apprezzare anche a Milano i

piatti antichi e i prodotti della sua terra.

Senza aver buttato via la velocità, la como-

dità e il rapporto qualità/prezzo tanto richiesti

dai milanesi.

Page 84: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Sulle orme della bufala

Le c

ittà d

i Res

Tipi

ca

84Gustare l’Italia

di P

aolo

Bo

nag

ura

Il latte è il primo alimento che conoscia-

mo nella nostra vita. Intriso di significati, ac-

compagna la nostra crescita fino a diventare

la base per delizie del palato che coinvolgo-

no i cinque sensi.

La mozzarella di bufala ne è l’esempio:

bianca e lucente alla vista, morbida al tatto,

di antichi profumi inebria l’olfatto, prelibata

al gusto, e all’udito lascia l’entusiasmo di

chi la degusta.

Amore a prima vista è stato per Claudio Bi-

sio che in “Benvenuti al Sud”, interpretando

un rigido direttore milanese trasferitosi in Ci-

lento, abbandona l’ottimo gorgonzola portato

da casa per farsi trascinare dalla “zizzona”, la

mozzarella di bufala della piana del Sele.

Sarà invece un crogiolo di caglio, country

campano e canzoni neomelodiche a coinvol-

gere i protagonisti di “Mozzarella stories”, film

di prossima uscita.

La mozzarella di bufala è un prodotto che

unisce, risulta fortemente rappresentativo del

nostro Paese all’estero, dove l’export è in

continua crescita (per esempio in Francia,

Stati Uniti, Germania e Regno Unito), nono-

stante il dilagare dell’agropirateria e dell’ita-

lian sounding.

Biglietto da visita della tavola italiana, la

mozzarella di bufala campana si fregia della

DOP, marchio che assicura i consumatori e

specifica il territorio di produzione, racchiuso

in un’area che va dal basso Lazio alle provin-

Page 85: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia85

ce di Caserta e Salerno, con

qualche caseificio anche a

Venafro e nel Foggiano; a se-

conda delle zone la bufala

prende il nome di “aversana”

(come quella citata da Totò in

“Miseria e nobiltà”), “ponti-

na”, “piana del Sele”.

La regina della cucina medi-

terranea è uno dei maggiori

punti di forza delle economie

locali, soprattutto in Campa-

nia e nel Lazio. Ciò ha spinto

alcuni comuni di tradizione

bufalina a dar vita, nel 2009,

all’associazione nazionale

“Città della Bufala”.

L’associazione si propone di

predisporre e attuare, nei terri-

tori di origine, progetti di valo-

rizzazione degli allevamenti

della specie bufalina e delle

produzioni casearie derivanti

dal latte di bufala, con particolare riferimento

alla mozzarella, attraverso politiche di tutela e

di sviluppo eco-compatibile della zootecnia e

dell’attività casearia, e di assumere iniziative di

difesa della tipicità, dell’autenticità e della

qualità delle produzioni.

La più importante di queste è sicuramente

l’istituzione del concorso nazionale “Mozza-

rella In Comune”, la cui prima edizione, nel

2009, ha visto partecipare oltre ottanta azien-

de bufaline. “Città della Bufala” mira anche a

diventare un’opportunità per la diffusione del

crescente segmento del turismo enogastro-

nomico, rurale e naturale.

Uno degli esempi è “Sulle orme della bufa-

la”, manifestazione di promozione dell’intera

filiera bufalina (mozzarella, ricotta, carne, ge-

lato, yogurt) che ogni anno a Priverno, in

provincia di Latina, propone degu-

stazioni, convegni e visite guidate a

siti culturali e ai caseifici dove avvie-

ne la “mozza” e dove i bufalari - nar-

rati nel loro rapporto simbiotico con

le bufale dal poeta Scotellaro in Con-

tadini del sud, la sua inchiesta sulla

cultura rurale meridionale - e gli alle-

vatori danno vita all’“oro bianco”,

unico e inimitabile.

Page 86: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Tra il Volturno e il Garigliano

Gli i

tiner

ari d

i Res

Tipi

ca

86Gustare l’Italia

di R

affa

ele

Mo

ntag

na

“O è così, o non è”: sembra uno strano dik-

tat invece è solo lo slogan del Consorzio di tu-

tela della mozzarella di bufala campana DOP

per affermare che o è mozzarella di bufala

campana, o non è affatto mozzarella.

Chi ha avuto la fortuna di assaggiarla, appe-

na prodotta, sa che il suo sapore è puramente

“inconfondibile” (e rende superflui ulteriori

esami - visivi, olfattivi, gustativi - né obbliga a

riflettere sulle differenti sensa-

zioni che procura, quali consi-

stenza, elasticità, flavour, gusto

e via dicendo).

Questo sapore lo si porta in

uno dei cassettini della memoria,

catalogato come una delle più

piacevoli emozioni alimentari.

Secondo Roberto Saviano la

mozzarella di bufala è al primo

posto nell’elenco delle 10 cose

per le quali vale la pena vivere!

Fu Bartolomeo Scappi, famo-

so cuoco alla corte pontificia, il

primo a citare, in un suo ricetta-

rio nel 1570, la parola mozzarel-

la (ovviamente non nel senso

contemporaneo del termine);

oggi, secondo il decreto che ha

riconosciuto la denominazione

di origine protetta, la mozzarella

è un formaggio a pasta filata,

molle, crudo, con un particolare

e indimenticabile bouquet, pro-

dotto esclusivamente con latte

di “bufala mediterranea”, in al-

cuni territori della Campania, del Lazio, delle

Puglie e del Molise; non si deve confondere

con il “fior di latte”, ottenuto con latte vaccino

(meno particolare e pregiato).

La mozzarella (il cui nome deriva dall’opera-

zione di “mozzatura” compiuta per separare

dall’impasto i singoli pezzi) è apprezzata da

tutti per le pregiate qualità, sia alimentari, sia

gustative, ed è considerata la “regina” della

cucina mediterranea.

Il latte con il quale viene prodotta è quello

intero di bufala mediterranea italiana (Bubalus

bubalis, del genere dei ruminanti, sottofamiglia

bovini), razza proveniente dall’India, importata

in Sicilia dai Saraceni e da qui introdotta dai

Longobardi nelle terre paludose comprese tra

il Garigliano e il Volturno.

Page 87: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia87

Se si dovesse giudicare il bufalo, quello della

mozzarella, solo dall’apparenza si dovrebbe

avere paura e darsela a gambe; con la sua mo-

le imponente, le grandi corna appiattite e rivolte

all’indietro, mostra una corporatura massiccia,

con pelo corto di colore scuro, un portamento

che sembrerebbe a prima vista selvaggio e ri-

belle, occhi scaltri e quasi malvagi; ma non si

tarda molto, invece, a scoprire che si tratta di

un animale docile, che si può affidare senza al-

cun timore anche a un bambino.

Ama le zone paludose e si rotola volentieri

nel fango per difendersi dai parassiti della pel-

le e dall’esagerato irradiamento solare estivo.

È molto probabile incontrare mandrie di bu-

fali lungo l’itinerario che proponiamo.

Iniziamo la nostra esplorazione dalla bellissi-

ma Mondragone, centro turistico balneare e

termale d’antica tradizione; dopo l’occupazio-

ne romana del territorio (sottratto agli Aurunci)

sorse la colonia di Sinuessa, frequentatissima

all’epoca, sia per la mitezza del clima, sia per

la facilità dei collegamenti - visto che la Via

Appia, la regina viarum, attraversava proprio

questi luoghi (a essa si aggiunse, successiva-

mente, la Via Domiziana) - e sia per gli impian-

ti termali, che richiamavano la nobiltà romana,

soprattutto le giunoniche matrone (pare che le

acque curassero la sterilità femminile).

Qui si gustava il prelibato Falerno, vino ma-

gnificato dal sommo Virgilio nelle Georgiche

come “nettare degli Dei” e celebrato da Mar-

ziale, Orazio, Catullo e Cicerone.

Tanti sono i luoghi d’interesse di questa cit-

tadina e lunga è la sua storia, testimoniata dai

resti, tuttora visibili, del basolato dell’Appia an-

tica, della Torre del Paladino, mausoleo d’epo-

Page 88: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

88Gustare l’Italia

ca romana, della Rocca sul Monte Petrino,

edificata nel X secolo (da cui si domina tutto il

Golfo di Gaeta) e dalla statua della Venere di

Sinuessa (attribuita a Prassitele e conservata

al Museo Nazionale di Napoli). Interessanti ri-

sultano le numerose chiese e i palazzi nobilia-

ri, tra i quali spicca il Palazzo Ducale con la

sua imponente torre.

A Mondragone si possono acquistare fa-

gioli cannellini – freschi (i cosiddetti “spolli-

chini”) nel periodo della raccolta o secchi,

durante tutto l’anno – oltre ai prodotti caseari,

quali scamorze, caciocavalli e ovviamente

mozzarelle di bufala.

Dirigiamoci alla volta di Ca-rinola. Lungo il tragitto - nel

comune di Falciano del Mas-

sico - possiamo ammirare la

riserva naturale del Lago di

Falciano e l’Oasi WWF del

Monte Massico.

Non dimentichiamo di ac-

quistare una buona bottiglia

di Falerno del Massico Doc, il

vino più apprezzato e costo-

so dell’antichità: il poeta Ti-

bullo chiedeva spesso di avere una coppa di

quello vecchio e affumicato: “nunc mihi gumo-

sus veteris proferte falernos”).

A Carinola e nelle sue tante frazioni possia-

mo visitare monumenti considerevoli, testimo-

nianze d’antico splendore: il convento di San

Francesco, i Palazzi Marzani, Novelli e Petruc-

ci, la Cattedrale dell’XI secolo, i resti del Palaz-

zo Baronale e possiamo recarci in una delle

innumerevoli fattorie nelle quali è possibile vi-

sitare gli allevamenti di bufali allo stato brado

e partecipare alla produzione delle gustose

mozzarelle Dop.

Qui si possono acquistare due straordinari

prodotti tipici: le mele annurca - considerate

tra le più gustose e le più antiche, citate già da

Plinio il Vecchio - e il vino Asprinio di Aversa

Doc, il cui vitigno viene coltivato “ad alberata”,

nel senso che si fa arrampicare “maritato” con

i pioppi e produce uva a 15 metri di altezza.

Notevole per importanza storica e graziosa

nella sua attuale struttura architettonica è

Francolise, della quale possiamo ammirare il

La Torre del Paladino a Mondragone

Lago di Falciano

Page 89: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia89

severo castello normanno dell’XI,

secolo e la Chiesa di Santa Maria a

Castello (belli il portale e il rosone

romanico e interessante il dipinto

della “Madonna del Cardellino”, di

scuola giottesca).

A Grazzanise, luogo scelto per la

realizzazione del terzo hub aeropor-

tuale italiano, l’economia si basa

sull’agricoltura e sull’allevamento

bufalino, che costituisce senza dubbio la

più sviluppata attività produttiva e fa del

comune uno dei territori d’origine della

mozzarella di bufala; qui si possono visitare

le chiese dedicate a San Giovanni Battista

e alla S.S. Annunziata, nonché l’ambiente

fluviale del Volturno.

A Cancello ed Arnone (il cui abitato è sta-

to quasi completamente distrutto dai mici-

diali bombardamenti dell’ultima guerra) si

producono grandi quantità di foraggi, ottimi

per gli allevamenti di bufali, che nel comune

sono numerosi. Visitabili su richiesta, vi si

può assistere al processo di lavorazione del-

la vera mozzarella.

Concludiamo il nostro breve itinerario a Ca-stel Volturno, popoloso borgo a ridosso

dell’ultima ansa del fiume, immediatamente

prima della foce.

Anche questa cittadina è ricca di storia: era

abitata dagli Opici, molto prima dell’occupa-

zione romana, che ne fecero un porto fortifica-

to. Attualmente è una raffinata località balnea-

re con 25 km di spiagge.

Si possono osservare e

visitare il castello che dà il

nome all’abitato, la Torre

Patria, la chiesa dell’An-

nunziata (che custodisce

una bella pala d’altare

quattrocentesca), la Cap-

pella di San Castrese,

dall’ architettura singola-

re, che conserva un inte-

ressante ciclo di affreschi

sulla vita del santo, e le

Cappelle di San Rocco e

Santa Maria della Civita.

Il castello normanno di Francolise

Castel Volturno

Page 90: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Il matrimonio s’ha da fare

Bufa

la e

piz

za

90Gustare l’Italia

di M

arco

Lo

cate

lli

Eh già! Forse non tutti sanno che la vera

mozzarella è proprio quella fatta con latte di

bufala al 100%. Con questo non si vuole smi-

nuire la pasta filata di latte vaccino, bensì

precisare che il nome mozzarella in origine in-

dicava esclusivamente il prodotto bufalino.

Nei periodi nei quali la costa tirrenica pre-

sentava difficoltà d’allevamento dovute alle

vaste zone paludose, il bufalo costituiva una

buona soluzione al problema, in quanto robu-

sto e capace di adattarsi.

Rimangono incerte le origini della mozzarel-

la, ma, in base a varie testimonianze, si può

risalire più o meno al XII secolo.

Il termine “mozzarella” deriva dalla proce-

dura di lavorazione che consiste appunto

nel mozzare la pasta filata a mano, forman-

do i famosi bocconcini di latte. Le pezzature

possono variare a seconda delle esigenze

ma l’importante è che il consumo, se non

addirittura subitaneo, sia effettuato nel mi-

nor lasso di tempo possibile.

La deperibilità di que-

sto prodotto è sotto-

lineata perfino in

antiche testimo-

nianze dove la

mozzarella veniva

classificata non

edibile addirittu-

ra dopo solo una

trentina di ore.

Dopo l’Unità d’Italia nasce ad Aversa un mer-

cato di mozzarelle e formaggi che mette uffi-

cialmente in commercio la bufala.

A questo punto il passaggio al suo utilizzo su

un noto prodotto del territorio limitrofo è stato

quasi scontato: fu così che la mozzarella di

bufala incontrò la pizza.

Questo “matrimonio” così importante è san-

cito anche dal disciplinare della pizza napole-

tana STG che prevede la denominazione

Margherita Extra nella versione con mozza-

rella di bufala.

La deperibilità di que-

sto prodotto è sotto-

lineata perfino in

mozzarella veniva

La deperibilità di que-

sto prodotto è sotto-

lineata perfino in

Page 91: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011
Page 92: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Delizie lunari:le fantasie culinarie nell’opera di Antonio Rubino

Il cib

o ne

ll’arte

92Gustare l’Italia

di M

artin

o N

egri

Nei racconti e nei disegni di

Antonio Rubino, storico fon-

datore del “Corriere dei Pic-

coli” e padre del fumetto ita-

liano, sono ricorrenti ed

estremamente vari i riferimenti

a inusitate prelibatezze ga-

stronomiche, così come a

contesti di iperbolica sovrab-

bondanza alimentare che ri-

mandano alla tradizione lette-

raria del Paese di Cuccagna o

di Bengodi.

Appartenente all’alta bor-

ghesia di Sanremo di fine Ot-

tocento, Rubino vantava una

solida cultura letteraria che

spaziava dai classici latini a

quelli italiani, passando per i

contemporanei, anche france-

si, e nel mettere sulla pagina,

a uso dei figli della borghesia

di inizio secolo, il tema - tanto

caro all’immaginazione infan-

tile - del godimento sensoriale

legato al cibo, pesca in un im-

maginario consolidatosi nei secoli; in esso la

memoria dell’età dell’oro evocata da Virgilio

nella quarta egloga delle Bucoliche si mescola

alla meno aulica, ma senz’altro più goderec-

cia, tradizione popolare del rovesciamento

carnevalesco del quale l’immaginario Paese di

Bengodi descritto nel Decamerone di Boccac-

cio è forse l’esempio più celebre.

Un primo riferimento alle delizie del Paese di

Bengodi, dove «si legano le vigne con le sal-

sicce» e scorrono fiumi di «vernaccia» compa-

re in alcune scene del racconto a fumetti inti-

tolato “Il Collegio ‘La Delizia’”, pubblicato a

puntate sulle pagine del “Corriere dei Piccoli”

tra il 1913 e il 1914.

Qui viene narrata la vita d’ozii e bagordi di

un gruppo di collegiali poco propensi al sacri-

ficio e alla disciplina che lo studio dovrebbe

comportare, i quali sembrano aver trovato il

luogo ideale dove condurre la propria vita da

Page 93: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia93

fannulloni golosi: guidati dal prof. Pandispa-

gna e dai suoi colleghi, i ragazzini si baloc-

cheranno tra giochi e dolciumi fino a che una

sana nausea non li spingerà a una vera e pro-

pria rivoluzione nei confronti dei professori.

Ma prima che questo avvenga Rubino rie-

sce a mettere in scena una gustosissima va-

riante del Paese di Bengodi nella quale con-

fluiscono anche spunti derivati dalle pagine

collodiane sul Paese dei Balocchi.

È però in un albo illustrato pubblicato intor-

no al 1920 dalla ditta Bonatti, produttrice di

cioccolato, che Rubino pare accogliere pie-

namente l’eredità del Boccaccio, sbizzarren-

dosi nella messa in scena di un paese fonda-

to sull’arte della cucina, il regno di

Leccornìa:

divina terra cinta di misteroappartenente quasi alle leggende,

che sorge alla sinistra un po’ del Veroe a destra della Favola si stende.

Quella descritta nell’albo, intitolato “Fortu-

nello, Cirillino e la Vispa Teresa nel Paese di

Leccornìa”, è una «terra beata»:

dove le case son di cioccolatoe le montagne sono di ricotta,

dove gli alberi fanno i pasticcinie in croccanti si selciano le strade,

dove se piove son cioccolatinise vien la neve è zucchero che cade,

dove gli uccelli cantano arrostiti,dove nuotano i pesci nel Madera

e per farfalle volano i canditie i cani sono fatti a bomboniera!

E tuttavia anche questa «terra beata» sa-

rà teatro d’una guerra, spaventosa per

quanto combattuta con armi assai singo-

lari: «terribili spiedi», «forchettoni, schidio-

ni e pestelli», «bombarde di bricchi di

smalto», «cavalli di Frisia costrutti/con

spaghetti nel brodo ed asciutti»; una guer-

ra in seguito alla quale i tre protagonisti

usciti dalle pagine del “Corriere dei Picco-

li” - Fortunello, Cirillino e la Vispa Teresa,

appunto - verranno fatti prigionieri e con-

dannati a morte, riuscendo infine a sottrar-

si al destino avverso e fuggire solo grazie

a una tavola di cioccolato Bonatti con la

Page 94: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

94Gustare l’Italia

quale corrompono la guardia della prigione.

Tra le tante coloratissime tavole che testi-

moniano un piacere squisitamente rubiniano

dell’invenzione visiva, una delle più riuscite è

senz’altro quella della pirotecnica battaglia

vinta dal Re Acquolina con un fitto lancio di

«proiettili alla crema», che costringe alla resa i

tre ignari avventurieri del “Corrierino”.

Diversamente, in “Viperetta”, romanzo illu-

strato del 1919 nel quale

si narrano le peripezie

terrestri e ed extra-terre-

stri di una bimba trasci-

nata dai propri capricci

fin sulla luna, Rubino ha

l’occasione di sbrigliare

la sua fantasia culinaria,

inventando prelibatezze

lunari che non vengono

esibite all’occhio del let-

tore attraverso tavole a

colori o vignette al trat-

to, ma semplicemente

evocate dalla forza del

loro nome: che sapore

avrà l’idromèle sbattuto

o il chiar d’uovo di pesce-luna?

I semi di lunaria cotti al forno e i chifferi di

farina crescente? Nessuno può dirlo con cer-

tezza, perché Rubino non tenta nemmeno di

descrivere tali leccornìe: chi legge è così chia-

mato a risolvere la questione con il proprio

personale contributo immaginativo e il nome

del piatto finisce con l’evocare, almeno poten-

zialmente, sapori infiniti.

Rubino era un profondo conoscitore del

pensiero infantile ed è per questo motivo che,

in un’epoca in cui il mer-

cato dei dolciumi per

bambini non aveva anco-

ra raggiunto l’odierno e

sfrenato parossismo in-

dustriale, sceglie spesso

di incamminarsi lungo i

terreni delle fantasie ali-

mentari, certo di aggan-

ciare i lettori più giovani.

E tuttavia, quando af-

fronta il tema del cibo e,

massimamente, quello

della golosità dei bambi-

ni, Rubino finisce spesso

con lo scivolare nel dida-

scalico, tradendo una na-

turale vocazione pedagogica che, quando

non supportata dalla presenza di invenzioni

Page 95: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia95

spiazzanti e liberatorie, risulta ai nostri occhi

un po’ pedante, per quanto sempre, ovvia-

mente, assennata.

“Fata Acquolina”, insieme alla storia de “Il

Collegio ‘La Delizia’”, ne è l’esempio più cal-

zante, portatore com’è di una morale dell’equi-

librio e del buonsenso, che non può certo es-

sere biasimata ma che lascia il lettore

contemporaneo - parlando per figure - un po’

a bocca asciutta.

In “Fata Acquolina”, in-

fatti, il piacere dell’inven-

zione di favolosi universi

gastronomici non è fine a

sé stesso, e dunque gioio-

so e pienamente liberato-

rio, com’era invece in “Vi-

peretta” o nell’albo

pubblicato dalla Bonatti,

ma funzionale a un preciso

scopo educativo e dunque

subordinato, incapace di

mantenere intatto il proprio

fascino a distanza di tanti

decenni. Non sempre tut-

tavia il desiderio di educare il lettore penalizza

la qualità letteraria del racconto: quando l’au-

tore non rinuncia a una certa perfidia di marca

schiettamente rubiniana, gli riesce di regalarci

dei veri e propri gioiellini narrativi.

Esemplare, in questo senso, la deliziosa e

«miseranda» storia del «bimbo che divorava

i dolci con gli occhi», apparsa nel 1919 sul

Corriere dei Piccoli, dove è raccontato il ca-

so di un bambino, Zuccherino, che a causa

della sua golosità, peraltro alimentata solo

attraverso la vista, finisce col trasformarsi in

dolciume lui stesso ed essere esposto in ve-

trina, alla mercé di altre bocche golose, in

una sorta di grottesco e inquietante contrap-

passo dantesco:

Finalmente d’acquolinaZuccherino inzuccheratonel succhiarsi la manina

sente un gusto mandorlato.Commestibile diventa

ed in mezzo alla vetrina,tra due calici di menta,

viene messo alla berlina.

Page 96: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

La profezia di Pellegrino

Rico

rrenz

e

96Gustare l’Italia

di R

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Mo

ttad

elli

“I promessi sposi”, “Le avventure di Pi-

nocchio”, forse una copia ormai ingiallita de

“Le mie prigioni” di Silvio Pellico. E “La

scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, o

più semplicemente “l’Artusi”, dal cognome

del suo autore, che di nome faceva Pellegri-

no. Ecco che cosa c’era nelle librerie degli

italiani (almeno di quelli alfabetizzati e che

potevano permettersi l’acquisto di libri) agli

inizi del XX secolo.

Tre opere fondamentali della nostra lettera-

tura, ancora oggi protagoniste dei programmi

scolastici fin dalle elementari, e un autore a

lungo negletto. Trascurato non dalla gente

comune, sia chiaro, ma dalla cultura “alta”,

quella che storce il naso all’idea che la cucina

possa essere considerata alla pari delle altre

arti che hanno reso grande il nostro Paese.

Eppure chiunque abbia un minimo di sen-

so estetico sa bene che la gastronomia non

ha nulla da invidiare alla poesia, alla musica,

alla pittura… è semplicemente un’altra

espressione di quella ricerca del bello (e del

buono) che da sempre costituisce la caratte-

ristica migliore della nostra Penisola.

Ne era convin-

to l’Artusi, nato

a Forlimpopoli il

4 agosto 1820 e

scomparso a Fi-

renze il 30 mar-

zo 1911, critico

letterario, scrit-

tore e, per ne-

cessità di sussi-

stenza, anche

intermediatore

finanziario.

Nel 1891, all’età di 71 anni avvertì l’esigen-

za di dare alle stampe un volume assoluta-

mente originale, che fosse insieme un’esalta-

zione conviviale del piacere di mangiare bene

e una raccolta ragionata delle migliori ricette

italiane, presentate con accuratezza positivi-

stica. Passione e precisione scientifica.

Dovette stampare il libro a sue spese.

L’idea, infatti, non aveva convinto nessun

editore, e anche i primi riscontri di critica e

pubblico furono deludenti.

Lo stesso Artusi ricorda un episodio signifi-

cativo accaduto nella sua Forlimpopoli, alla

quale aveva donato due copie del libro per

arricchire l’elenco dei premi di una lotteria: i

vincitori dei volumi, ritenendoli perfettamente

inutili, si erano subito recati da un tabaccaio

cercando di rivenderli per pochi spiccioli.

Per fortuna la situazione cambiò in tempi

abbastanza rapidi. Grazie al passaparola, alla

Page 97: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia97

caparbietà di Artusi e all’appoggio inatteso di

uno dei grandi scienziati dell’epoca, il medico

e antropologo darwinista Paolo Mantegazza,

arrivarono i giorni del successo.

Le mille copie della prima tiratura andarono

esaurite: nei vent’anni successivi sarebbero

state pubblicate altre 15 edizioni curate e am-

pliate personalmente dall’autore, fino a rag-

giungere il considerevole numero di 790 ri-

cette prese in esame. Nel 1896 così scriveva

il poeta Olindo Guerrini:

”Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole

anche il companatico, e l’arte di renderlo più

economico, più sapido, più sano, lo dico e lo

sostengo, è vera arte. Riabilitiamo il senso del

gusto e non vergogniamoci di soddisfarlo

onestamente, ma il meglio che si può, come

ella [Artusi] ce ne dà i precetti.”

Un trionfo di popolo che non si interruppe

nemmeno con la morte del grande Pellegrino,

tanto che nel 1958 un intellettuale acuto e

tutt’altro che conformista come Giuseppe

Prezzolini poteva rivolgersi alla sua opera con

quella deferenza che si deve ai grandi classi-

ci: “Dammi l’Artusi”. “Cercalo nell’Artusi”.

“Cosa dice l’Artusi?”. L’opera dell’Artusi è

un’autorità e un classico… È un libro unico,

un capolavoro, apparso inspiegabilmente

nella maturità di una vita dedita ad altri scopi,

illuminato da un’ispirazione

che pare quasi come

grazia divina.

100, 120, 150

Il 2011 è l’anno

della riscoperta

di Pellegrino Ar-

tusi e della sua

consacrazione an-

che da parte delle ac-

cademie (ammesso e

non concesso che si sentisse il bisogno di

tardive investiture ufficiali). Ricorre infatti il

centesimo anniversario della sua scomparsa

e La scienza in cucina e l’arte di mangiar be-

ne festeggia i suoi primi 120 anni, proprio

quando l’Italia celebra con orgoglio il 150°

dell’Unità del Paese. Una coincidenza che ha

spinto gastronomi, storici e studiosi a pren-

dere in esame il ruolo di Artusi nella ricerca (e

perché no, anche nella definizione) delle ca-

ratteristiche peculiari della cucina nazionale.

Perché fu lui a mettere insieme per la prima

volta le ricette di babà e baccalà, krapfen e

cappelletti, risotto alla milanese e triglie alla

livornese, budino alla napoletana, broccoli al-

la romana e nasello alla palermitana…

Finalmente gli si riconosce l’enorme merito

di aver favorito l’unità gastronomica di uno

illuminato da un’ispirazione

che pare quasi come

grazia divina.

tusi e della sua

consacrazione an-

che da parte delle ac-

cademie (ammesso e

Page 98: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

98Gustare l’Italia

Stato che trent’anni prima ancora non esiste-

va. Patriota convinto, mazziniano fin nel pro-

fondo dell’animo, profetizzò un’Italia di sa-

pori condivisi, nella quale il Nord potesse

apprezzare i piatti del Sud, l’Adriatico le

specialità del Tirreno, la montagna i profumi

del mare. Se quella che alla fine dell’Otto-

cento era soltanto una speranza oggi è una

splendida realtà, bisogna ringraziare per pri-

mo proprio Pellegrino Artusi. Ecco perché è

doveroso celebrare degnamente questo tri-

plice anniversario.

Lo hanno fatto a Forlimpopoli nel mese di

giugno, con le degustazioni, le mostre e gli

incontri della Festa Artusiana, dedicata alla

cucina nazionale. E con l’Artusi Jazz Festival,

rassegna musicale di profilo internazionale

dedicata alla memoria del gastronomo.

Ma le celebra-

zioni sono anda-

te molto oltre i

confini della cit-

tadina romagno-

la, imboccando

innanzitutto la

cosiddetta “Via

Artusiana”, che

attraversa l’Ap-

pennino e appro-

da a Firenze do-

po aver esplorato

straordinarie ec-

cellenze gastronomico-culinarie di provincia:

itinerari e pacchetti turistici ideati per l’occa-

sione stanno seducendo gli appassionati di

buon mangiare e buon bere.

Page 99: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia99

Manifestazioni in onore del padre della

nostra cucina si sono tenute anche all’este-

ro (“La scienza in cucina e l’arte di mangiar

bene” è stata tradotta in ben 6 lingue), in

particolare a Francoforte.

E Artusi è tornato in primo piano anche nel-

le librerie: nel 2010, anticipando i tempi, La

scienza in cucina e l’arte di mangiar bene è

stata ripresentata da Alberto Capatti in un’edi-

zione critica; perfino un’altra sua opera, di

genere completamente diverso, è tornata a

disposizione dei lettori: la Vita di Ugo Fosco-

lo, ristampata da Carta Canta. Perché non di

solo pane (e companatico) vive l’uomo.

Artusi è addirittura tornato a parlare, sia pu-

re nei panni del protagonista di un romanzo,

un giallo in stile Agatha Christie ambientato

alla fine dell’Ottocento: “Odore di chiuso” di

Page 100: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

100Gustare l’Italia

Marco Malvaldi. Eccolo in tutta la sua umani-

tà, gentiluomo capace di infervorarsi per alti

ideali, mentre a tavola spiega ai commensali

la sua idea di Italia unita facendo ricorso a

una ricetta profetica.

Una metafora che più artusiana non si può:

“Io non discuto che per essere unito un Pa-

ese debba avere leggi comuni, e questo è un

grande traguardo. Mi limito ad osservare que-

sto, che gli alberi non crescono tirandoli

dall’alto. Ci vuole tempo, concime e criterio.

Questo Paese è stato costituito da tempo

immemorabile da due tronconi estranei l’uno

all’altro, e pretendere che essi diventino un

solo Paese con uno schioccar di dita, a furia

di leggi, mi sembra francamente troppo spe-

rare. Permettetemi una breve digressione di

cucina. Il nostro pesce è condito con della

maionese. Essa è una emulsione stabile di

olio in una base acquosa, costituita da succo

di limone e aceto. In pratica è come se fosse

un insieme di minutissime goccioline d’olio

disperse in una matrice acquosa: la stabilità

di tali gocce è data da un componente del

tuorlo d’uovo, detto lecitina. Quest’ultima ha

la funzione di ancorare le gocce all’ambiente

acquoso, evitando che l’emulsione si rompa,

e il tutto si smescoli tornando ad olio che

galleggia in acqua.

Per fare la maionese bisogna procedere

con calma e metodo: sbattere alquanto i

rossi d’uovo, e poi aggiungere olio a filo,

pian pianino, all’inizio quasi goccia a goc-

cia, mescolando col cucchiaio finché non

sia tutto incorporato. Alla fine si aggiunge il

succo di limone, oppure l’aceto o la senape

come fanno i francesi.

Abbiamo ottenuto una maionese, qualcosa

che non è acqua e non è olio, eppure è assai

più pregiato delle componenti di partenza,

con una consistenza tutta sua, tale da risulta-

re soda e cremosa, anche se viene ottenuta

mescolando dei liquidi.

Ci vuole pazienza, non si può fare con la

forza bruta. E ci vuole qualcosa che convinca

acqua e olio a stare insieme, che agisca su

entrambe allo stesso modo”.1

1 - M. Malvaldi, Odore di chiuso, Sellerio, Palermo, 2011.

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Agriturismo “Pianca”

Agriturismo “Pianca” - Via per Casasco, 1 - Località Pianca - San Fedele d’Intelvi (Co)

Tel. e Fax: +39 031 841191 - Info Line: +39 346 4960185 - E-mail: [email protected]

Parco • LA LOCATIONL’agriturismo “Pianca” si trova a circa 800 metri d’altezza, immerso in

un’oasi di tranquillità a contatto con la natura incontaminata, all’in-terno di un parco naturale di circa 25.000 metri quadrati interamente recintato, con grandi alberi e prati.Qui è possibile fare piacevoli passeggiate seguendo il corso di un ru-

scello e, se si è fortunati, lungo il percorso è possibile imbattersi in cervi, caprioli, volpi e cinghiali, aquile, falchi e altri animali che ancora vivono nella zona.

Aperto tutto l’anno

• LA STRUTTURALe camere si trovano nella dependance situata all’interno del parco, attualmen-

te composta da quattro camere (tre doppie e una singola), ciascuna delle quali fornita di bagno privato completo di idromassaggio/doccia scozzese, una salet-ta interna per la prima colazione e una cucina indipendente a disposizione degli Ospiti. Un ampio terrazzo solarium e un parcheggio privato per le auto comple-tano la struttura dell’agriturismo.

Sala colazione

Cucina

Camera doppia

Sala da bagno

• I DINTORNIPianca, la località che ospita l’Agriturismo, si trova in una posizione

strategica. Qui il clima mite rende possibile, in tutte le stagioni, tra-scorrere serene e rilassanti giornate con pieno sole e con vista sulle catene montuose che circondano la valle.

Oltre alle splendide passeggiate per le vie di San Fedele d’Intelvi (che dista soltanto 2 km), tra antichi lavatoi e tipiche case del cen-tro storico, gli Ospiti che qui hanno sempre le “O” maiuscola pos-sono usufruire di un centro sportivo dotato di piscina per adulti e bambini, palestra e sauna.Gli amanti del trekking avranno l’opportunità di raggiungere la vici-

na vetta del Monte Generoso, dalla quale godranno della magnifi ca vista della Pianura Padana e della Svizzera, mentre gli appassionati di mountain bike potranno affrontare percorsi idonei a ogni diffi coltà.

Percorso Vita

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Gustare l’Italia103

Rubriche

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ASSOCIAZIONE ITALIANA PAESI DIPINTIVia Magenta, 31- 21100 Varese

Tel. e Fax: 0332 [email protected] - www.paesidipinti.it

MURI D’AUTOREVia Magenta, 31- 21100 Varese

Tel. e Fax: 0332 [email protected] - www.muridautore.it

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Gustare l’Italia105

di R

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L’orto di luglio - agosto Mesi caldi e assolati, dedicati almeno in parte alle vacanze e al riposo, luglio e agosto ci rega-

lano frutti e verdure perfetti per vincere le alte temperature e ricaricarsi con gusto. Ecco un’ampia selezione delle specialità che si possono trovare fresche sui banchi dei mercati (in alcuni casi solo nelle prime o nelle ultime settimane del bimestre, più spesso per l’intero periodo):FRUTTA: albicocche - amarene - ciliegie - cocomeri - fichi - fragole - limoni - meloni - mirtilli - more - mo-re di gelso - nespole del Giappone - pere - prugne - pesche - pesche noci - lamponi - ribes - susine.

VERDURA: aglio - basilico - bietole - carote - cetrioli - cipollotti - fagioli - fagiolini - indivia - insalata da taglio - lattuga - mais dolce - melanzane - ortiche - patate - peperoncini - peperoni - piselli - pomodo-ri - rape - ravanelli - scalogni - sedano - zucchine.

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106Gustare l’Italia

Bianco, rosso e verde. Rinfrescante, dol-

ce e dissetante: il cocomero sembra nato

apposta per celebrare l’estate del 150° anni-

versario dell’Unità d’Italia.

Per i botanici è il citrullus lanatus, definizione

scientifica che, in verità, suona piuttosto buffa.

Più semplice chiamarlo con una di quelle

espressioni dialettali che rendono straordinaria-

mente esuberante la nostra lingua: anguria, po-

pone, melone d’acqua, zipangolo, zoparacu…

In fondo l’Italia è bella anche perché ha sa-

puto conservare questa ricchezza di regionali-

smi, nella quale si conserva traccia sia del

passaggio di dominazioni straniere (“melone

I cocomerid’acqua”, per esempio, è la traduzione del no-

me attribuito al cocomero da molti popoli del

Nord Europa), sia del proverbiale spirito ironi-

co dei contadini.

Vuole la tradizione, per esempio, che il ter-

mine calabrese zoparacu, letteralmente “zio

parroco”, derivi dal fatto che il cocomero, così

gonfio e tondeggiante, ricorderebbe il profilo

di certi pasciuti curati di campagna…

Un nome vale l’alto, perché il cocomero è

straniero in Sicilia come in Lombardia, e per

conoscerne l’appellativo originale bisognereb-

be interrogare un boscimano.

È infatti originario dell’Africa meridionale,

come dimostrò il dottor David Li-

vingstone, leggendario esplora-

tore che si trovò di fronte decine

di questi frutti rubicondi nel bel

mezzo del deserto del Kalahari.

Del resto, che provenisse dal

Continente Nero lo avevano già

intuito gli archeologi, studiando i

geroglifici e ricostruendo le abi-

tudini degli antichi Egizi: figurava

infatti tra le provviste che veniva-

no messe nelle piramidi per ac-

compagnare i faraoni nel viaggio

verso l’aldilà.

Dall’Africa si diffuse in Asia e

poi in Europa, forse al tempo

delle invasioni arabe o forse

grazie ai Crociati.

Grazie al clima caldo e asciut-

to, il cocomero si adattò bene

nelle regioni meridionali del no-

stro Paese e venne progressiva-

mente apprezzato per le sue

qualità idratanti.

Page 107: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia107

Ricett

e

Cocomero ai frutti di boscoIngredienti per 4 persone: 1 cocomero di circa

2 kg di forma regolare - 150 g di frutti di bosco misti - 1 limone - 4 cucchiai di zucchero -100 g di vino bianco.

Preparazione piatto: tagliate il cocomero a me-tà e togliete un pezzetto di buccia alla base in mo-do che stia facilmente appoggiato su un piatto.

Con l’apposito attrezzo scavate tante picco-le palline, che disporrete in un’insalatiera insie-me con i frutti di bosco precedentemente la-vati e asciugati.

Condite con il succo di limone, il vino elo zucchero. Lasciate macerare per circa 30 mi-nuti in frigorifero.

Terminate di svuotare il cocomero e ripulitelo all’interno. Al momento di gustare disponete la frutta macerata nella coppa di cocomero.©

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rato

chvi

l.

Contiene infatti oltre il 90% di

acqua, risorsa preziosissima nei

mesi più caldi, e una buona

quantità di fruttosio e vitamine A

e C, B1 e B6.

Inoltre è un buon serbatoio di

magnesio e potassio, importanti

sali minerali che aiutano a com-

battere la stanchezza dovuta

all’afa, e ha un basso contenuto

in sodio. Ed è poco calorico, un

dato da non trascurare quando

si tiene alla linea…

Per godere appieno di queste

proprietà è importante, però, scegliere bene il

frutto che si acquista: operazione non sempli-

ce, visto che a occhi inesperti i cocomeri sem-

brano assomigliarsi tutti.

Buona norma generale è preferire i prodotti

italiani e a filiera corta, che danno maggiori ga-

ranzie di freschezza. Il consiglio è poi di sce-

gliere i cocomeri con il peso specifico maggio-

re e quelli che, percossi con le nocche,

rispondono con un suono nitido. Inoltre si può

provare a grattarne la buccia con un’unghia:

se lo strato più superficiale si stacca facilmen-

te, significa che il frutto è maturo.

Se pensate di non consumare il cocomero in

tempi brevi (entro una decina di giorni circa),

rimandate l’acquisto e non scegliete un

esemplare acerbo: una volta colto, infatti,

smette di maturare.

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108Gustare l’Italia

© P

etr

Kra

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vil.

Saturnine e nettarine, bianche e gialle, me-

rendelle e montagnole. Sembra una filastrocca

da cantare in girotondo con i bambini, magari

all’aperto, in un’assolata giornata estiva.

Invece sono solo i nomi di alcune tra le infini-

te varietà di pesche che ren-

dono ancor più bella la bella

stagione, dal suo timido af-

facciarsi dalle brume inverna-

li fino al momento in cui cede

il passo ai colori caldi dell’au-

tunno: perché se le più preco-

ci sono pronte già tra maggio

e giugno, la maggior parte

matura in luglio e agosto… e

le tardive splendono sui rami

ancora a settembre inoltrato.

Difficile resistere. Una pesca

matura, coltivata a regola

d’arte, può far innamorare di

sé ancor prima che se ne as-

sapori il gusto dolce, con

quella pelle vellutata e quel

profumo delicato e insieme

inebriante. Del resto, la pesca

nasce da fiori che simboleg-

giano amore immortale e

compiacenza reciproca.

Forse il segreto del fascino

multiforme di questo frutto,

capace di sposarsi con il vino come con il tè

e gli sciroppi, viene dalla sua origine esotica,

svelata già dal nome scientifico: prunus per-

sica. Dalla Persia, infatti, arrivavano quelle

carovane di mercanti che nel I secolo dopo

Cristo ne portarono in Europa i primi esem-

plari, destinati a mettere radici e a moltiplicar-

si lungo le coste mediterranee.

Le pescheAmate dall’imperatore Dario III, in realtà le

pesche provenivano da ancor più lontano.

Erano nate in Cina, dove le si considerava

simbolo d’immoralità (che i saggi orientali

avessero già capito che mangiare molta frutta

allunga la vita?); e prima di attraversare il Me-

diterraneo erano arrivate in Egitto: qui un altro

popolo di cultura raffinatissima le aveva con-

sacrate ad Arpocrate, dio dell’infanzia, forse

per via della loro rosea delicatezza. I Romani

stavano per raggiungere l’apice della loro glo-

ria e non avevano tempo per inseguire simili

associazioni d’idee.

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Gustare l’Italia109

Ricett

e

Pesche ripiene all’emilianaIngredienti per 4 persone: 4 grosse pesche -

100 g di zucchero - 50 g di amaretti - 30 g di mandorle - 50 g di burro - 1 bicchiere di marsala.

Preparazione piatto: Immergete le mandorle per un minuto in acqua bollente, pelatele e trita-tele. Pestate gli amaretti con un pestacarne, ri-ducendoli in polvere.

Lavate le pesche e, senza pelarle, apritele a metà, togliete il nocciolo e, con un cucchiai-no, scavatele leggermente in modo da ren-dere un poco più profonda l’incavatura la-sciata dal nocciolo.

Fate sciogliere il burro in una pirofila che possa andare sul fuoco, larga a sufficienza per farvi sta-re comode le mezze pesche, sistemate nel reci-piente le mezze pesche con la parte aperta rivol-ta verso l’alto, distribuite nell’incavo le mandorle tritate e gli amaretti, poi spolverizzate tutto con lo zucchero, irrorate le pesche con il bicchiere di marsala e lasciate cuocere a fuoco molto dolce, con il coperchio, per un’oretta.

A cottura ultimata il sughetto di cottura delle pesche deve avere la consistenza di uno scirop-po. Servitele subito, distribuendo su ognuna qualche cucchiaiata di sciroppo.

Ma, nel loro pragmatismo, amavano

la buona tavola. Dunque apprezzarono

le pesche per il contributo che poteva-

no dare sotto il profilo gastronomico,

che non è poca cosa.

Oggi sappiamo che, oltre a soddisfare la

gola e a prestarsi a un’infinità di ricette, le

pesche fanno benissimo anche alla salu-

te. Sono infatti un ottimo integratore

naturale di potassio e contengono

importanti vitamine e provitamine, co-

me la A, la C e la PP; inoltre forniscono un ap-

porto calorico moderato.

Per trarne i massimi benefici sarebbe bene

mangiarle lontano dai pasti, in modo da evitare

ogni rischio di fermentazione a contatto con al-

tri cibi, come i latticini. Inoltre è consigliabile

sbucciarle, a meno che non si abbia la certezza

di una loro provenienza biologica, perché la de-

licatezza della pianta, soggetta agli attacchi di

afidi e cocciniglie, fa sì che molti agricoltori uti-

lizzino prodotti anticrittogamici che tendono a

rimanere sullo strato più superficiale dei frutti.

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Page 110: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

110Gustare l’Italia

C’è un ortaggio che più di ogni altro si iden-

tifica con la nostra cucina, eppure non è nato in

Italia. Abbiamo imparato a coltivarlo da poco

più di quattrocento anni: sembrano molti, ma

se li si rapporta ai tempi lunghissimi della natu-

ra si comprende come siano davvero poca co-

sa. E lo mangiamo da ancor meno tempo, visto

che ha dovuto fare i conti con infondati sospet-

ti di tossicità e a lungo è stato utilizzato soltan-

to per decorare parchi e giardini.

Insomma, che cosa sarebbe la dieta mediter-

ranea se dal Messico e dal Perù, insieme ai

metalli preziosi e a tante altre specialità all’epo-

ca sconosciute, nel tardo Cinquecento non

fosse sbarcato in Europa anche il pomodoro?

Ringraziamo i Conquistadores e le civiltà pre-

colombiane se non siamo costretti a fare i con-

ti con tavole e ricettari orfani dei più classici de-

gli spaghetti e della più tipica delle pizze.

Gli Aztechi, che ne erano ghiotti, lo chiama-

vano tomatl, parola dalla quale derivano i no-

mi con i quali questo ortaggio fu subito bat-

tezzato in molti Paesi: basti pensare

all’inglese tomato e al transalpino tomate,

termine usato anche in spagnolo e in tede-

sco, sia pure con diversa pronuncia.

I pomodori

Del “vero” nome del pomodoro rimane

traccia pure nei dialetti di diverse regioni ita-

liane che hanno vissuto dominazioni stranie-

re, o hanno intessuto rapporti commerciali e

culturali particolarmente intensi con il resto

del continente: in molte campagne ancora

oggi si sentono risuonare parole come tu-

màtes e tomàtica...

Bisogna però riconoscere che “pomodoro”

è un nome bello e simpatico. Evoca un’idea

di preziosità, lucentezza, pienezza e, secon-

do alcuni, alluderebbe anche alle gioie

dell’amore: a dar fede a un’affascinante teo-

ria, deriverebbe infatti dall’espressione fran-

cese pomme d’amour, motivata dalle sue

(presunte) virtù afrodisiache.

Più probabile è che agli italiani e ai cugini

transalpini, quando videro per la prima il to-

matl, sia venuto spontaneo paragonarlo a

una mela (“pomo”) d’oro. Pare che, in origi-

ne, il colore del pomodoro fosse proprio uno

squillante giallo dorato.

Alcune varietà con sfumature cromatiche

particolarmente luminose esistono ancora.

Page 111: GUSTARE L'ITALIA 14 - LUGLIO/AGOSTO 2011

Gustare l’Italia111

Anche se nell’immaginario collettivo il pomo-

doro è rosso e tondo, è noto a tutti che se ne

coltivano molte tipologie diverse, ciascuna

con le sue caratteristiche morfologiche.

Basta girare per i banchi del mercato, o negli

orti di campagna, per ricordarsi che ne esisto-

no di adatti al consumo fresco o alla produzio-

ne di succhi e concentrati, alla trasformazione

in pelati o in passata, o anche alla conserva-

zione per essiccazione.

Piccoli e grossi, tondi e oblunghi, Pachino e

Cuore di bue, Camone di Sardegna e San

Marzano, solo per citare alcune tra le varietà

più pregiate diffuse nel nostro Paese.

E, per tornare ai pomodori di colori insoliti,

non si possono dimenticare quello giallo di

Castelfiorentino, ottimo da cucinare ripieno, e

quelli di Sorrento e Belmonte Calabro, che as-

sumono invece nuances violacee e rosate.

Già scorrendo questo ridottissimo elenco si

intuisce come i pomodori vengano coltivati

praticamente su tutto il territorio nazionale, e

come in ogni zona si sia radicata la varietà più

adatta al microclima locale. Un inno alla biodi-

versità, risorsa da difendere a ogni costo con-

tro le omologazioni del gusto, del colore, della

forma e perfino delle proprietà nutrizionali.

Ogni tipo di pomodoro, infatti, ha caratteristi-

Ricett

eIngredienti: 2 pomodori grossi tondi - 4 for-

maggini caprini - un ciuffo di erba cipollina - 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva - sale e pepe nero.

Preparazione piatto: Tagliate a metà i pomo-dori, dopo averli ben lavati e togliete i semi con un cucchiaio.

Tritate metà dell’erba cipollina e amalgamate-la con il caprino. Insaporite con sale e pepe, unite un po’ di olio e mescolate bene.

Riempite con il formaggio i pomodori, decora-teli con qualche stelo di erba cipollina e servite.

che proprie anche sotto il profilo chimico e

biologico, e ciò determina diversi apporti di vi-

tamine e sali minerali.

Tutti, però, sono accomunati da un buon

contenuto di potassio e fosforo, vitamina C,

betacarotene e acido malico.

Quest’ultimo, che in genere nel pomodoro si

accompagna ad altri acidi, favorisce la dige-

stione stimolando l’azione dello stomaco: ec-

co perché, oltre che buono da solo, il pomo-

doro è perfetto come accompagnamento di

altri alimenti, a partire da quelli ricchi di fecole

e amidi. Una verità che - lo dimostra la cucina

mediterranea - la saggezza popolare ha com-

preso ben prima degli scienziati…

Pomodori ripieni di caprino

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Il grande libro dell’orto e della cucina naturale - Laura Rangoni

Come scegliere il posto ideale per un nuovo orto, concimarlo,

preparare il letto di semina; come seminare, irrigare, proteggere

le colture da parassiti e malattie; quali sono le principali verdure,

le varietà, i tempi della raccolta e i metodi di conservazione.

Laura Rangoni risponde a tutte queste domande e a molte al-

tre ancora, e ci regala tante deliziose ricette, per godere a ta-

vola dei frutti genuini del nostro orto. Infine illustra, mese per

mese, i lavori da fare, cosa seminare con luna crescente e con

luna calante, come trapiantare, cosa raccogliere, e ci racconta

tutte le curiosità legate al mito e alla tradizione contadina.

L’ABC della coltivazione per uso familiare in un manuale sem-

plice, pratico e rigoroso, che permetterà a ciascuno di creare

da sé, con passione e senza difficoltà, il proprio orto ideale.

Edizione: Newton Compton - Pagine: 320 - Prezzo: € 14,90

100 bottiglie straordinarie dalla collezione più esclusiva del mondo - Michel - Jack Chasseuil e Jacques Caillaut

Un volume unico nel suo genere, che raccoglie 100 preziosissime bottiglie che tutti gli appassionati di

enologia vorrebbero avere. Una selezione di vini da sogno: una bottiglia di “Romanée-Cont”i del 1945,

anno in cui nel più famoso vigneto di Borgogna ne furono prodotte appena 608; uno “Château d’Yquem”

del 1811, migliore annata in assoluto per questo splendido nettare liquoroso; uno “Champagne Bollin-

ger” del 1928, le cui bollicine sono leggendarie; un “Barbaresco di

Gaja” del 1961, che dona al naso aromi di ciliegia nera, lampone,

liquirizia e tartufo; due splendidi esemplari di “Petrus”, il più costo-

so e rinomato tra i vini di Bordeaux.

Queste “primedonne” costituiscono l’eccezionale patrimonio

di Mr. Chasseuil, collezionista fuori dal comune che ha rincor-

so per tutto il mondo vini antichi e prestigiosi e che ora vanta

una cantina semplicemente straordinaria. Chasseuil racconta

la storia di una passione e delle sue ricerche a livello interna-

zionale, narra di ambienti esclusivi e di bottiglie mitiche, i cui

nomi sono conosciuti in tutto il mondo.

Gli appassionati troveranno innumerevoli informazioni utili per

comprendere appieno tutto quel che riguarda i più grandi vini del

mondo: vitigni, produzione, migliori annate, note di degustazione. Le splendide fotografie di Jacques

Caillaut regalano maestosità alle bottiglie e fanno di questo libro un’autentica galleria d’arte, imperdi-

bile sia per gli esperti conoscitori, sia per i semplici appassionati.

Edizione: Gribaudo - Pagine: 256 - Prezzo: € 49,00

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Che cosa cucinare e come cucinarlo - Jane Hornby

L’innovativo volume di cucina che accompagna i novelli chef

nella realizzazione di ricette di tutto il mondo con un ricco ap-

parato di immagini che illustrano tutti i passaggi della prepa-

razione di ogni singolo piatto.

Cominciando dai suggerimenti su come fare la spesa fino alla

presentazione dei cibi nel piatto, l’autrice Jane Hornby ac-

compagna in tutte le fasi della preparazione di 100 ricette sfi-

ziose con curiose proposte da tutti gli angoli del mondo.

Se non sapete quindi cosa mettere in tavola, “Che cosa cuci-

nare & come cucinarlo” vi toglierà dall’imbarazzo di proporre

le solite cose note. Per facilitare la scelta, il volume è

organizzato in sezioni tematiche con ricette per la colazione,

il brunch, un pranzo leggero, una cena semplice o piatti più elaborati per il week-end, oltre che i con-

torni e gli immancabili dessert. Un’appendice dedicata vi aiuterà poi a creare originali menù tematici

per stupire i vostri commensali.

Il ricco apparato fotografico e l’esaustivo testo illustrano step by step tutti i passaggi per la realizza-

zione di ogni singola ricetta, così da non farvi mai sentire spaesati in cucina. Scoprirete così come non

è mai stato così semplice preparare il chilli con carne e patate arrosto, il tajine di fagioli con chermou-

la e cuscus, il thai curry con manzo, le patatas bravas con chorizo, una golosa apple pie o un più clas-

sico pollo arrosto. “Che cosa cucinare & come cucinarlo” diventerà ben presto un prezioso compagno

in cucina, con idee semplici e golose per tutte le occasioni.

Edizione: Phaidon - Pagine: 416 - Prezzo: € 39,95

Avanzi popolo - L’arte di riciclare tutto quello che avanza in cucina – Storie, ricette e consigli - Letizia Nucciotti

Esiste una cucina che rifugge dal precotto e dell’“usa e getta”, non

riconoscendosi nella semplice esecuzione di qualche ricetta grade-

vole o nell’allestimento di un pasto occasionale.

È quella proposta in questo libro, tra ricette, consigli e racconti. Una

cucina che diventa un modo di essere e di vivere, riassume una scel-

ta di qualità, cura ed economia, prevede la razionalizzazione degli

spazi e un investimento di tempo ed energie non sporadici.

Una cucina in cui l’avanzo non è uno scarto, ma un alimento a

pieno titolo, utile a completare, arricchire o trasformare un pa-

sto, aggiungendo al gusto del palato quello più profondo e per-

sistente del rispetto e del non spreco. Fino al punto di creare

appositamente degli avanzi.

Edizione: Stampa Alternativa - Pagine: 336 - Prezzo: € 16,00

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33 Lolli con guanciale, anice stellato e Carota Novella di Ispica

Flan di Carota Novella di Ispica

Reginette con canocchie e crema di carote al cardamomo nero -

Gelato alla carota

56 Cavatelli al conditonno Colimena

61 Filetto di tonno in crosta di pistacchi e pinoli su insalatina di ortaggi e gamberi viola di Gallipoli al fi nocchietto selvatico

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82 Linguine all’astice

83 Baccalà gratinato con cipolle rosse di Tropea

Ossobuco con risotto alla milanese

107 Cocomero ai frutti di bosco

109 Pesche ripiene all’emiliana

111 Pomodori ripieni di caprino

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Benagiano Pastifi cio srlCorso Italia 138-140/b - 70029 Santeramo in Colle (Ba)Tel. 080-3036036 - E-mail: [email protected] - Website: www.benagiano.it

L’amore per la qualitàIl rispetto per la tradizione

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Tonno ColimenaUnico, inimitabile, pugliese...

Colimena s.r.l. - Z.I. - Avetrana (Ta) - Tel. 099 - 9707955Filiale: Brugherio (Mb) - Via Manin, 49 - Tel. 039 - 878598

www.tonnocolimena.it - [email protected]