GUSTARE L'ITALIA 04 - SETTEMBRE 2010
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P e r i o d i c o d i c u l t u r a e n o g a s t r o n o m i c a e t u r i s m o A n n o 1 - N u m e r o 4 - S e t t e m b r e 2 0 1 0
La tenuta Cà da Meo di Magda Pedriniè il risultato di un profondo amore peruna terra che, grazie alla sua particolareposizione, da origine a coltivazioni as-solutamente straordinarie nell’ambitodei vitigni che producono eccezionali Gavi docg.Da questa storia così carica di senti-menti umani e di lavoro nascono i vinidella Tenuta che arrivano ad arricchiredi stile e di gusto le nostre tavole.
Tel. +39 0143 667923 Fax +39 0143 667929 • www.magdapedrini.it • E-mail: [email protected]
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Gustare l’Italia3
Il prossimo settembre si svolgerà in Carnia la “Sagra del formaggio di malga” che si tiene da
tempo immemorabile a Enemonzo (UD). Scendono dai monti i pastori con i loro tesori; con le
stesse bestie, la stessa lavorazione, sotto lo stesso cielo hanno fatto lo stesso formaggio, ep-
pure ogni forma sarà uno scrigno di sapori e profumi diversi. A Pienza i fratelli Mancini hanno
ereditato un frantoio a cilindri e con grande sacrificio finanziario lo hanno trasformato in un fran-
toio a pietra per ottenere l’olio fragrante di una volta.
A Zibello le signore della Buca, una trattoria ormai centenaria, inventano straordinari culatelli
facendoli maturare in un ambiente che è stato perfezionato da più generazioni, vicino al grande
fiume dal quale ogni sera si alza la nebbia che va a dare il suo umido abbraccio ai salami ad-
dormentati.
A Farigliano (CN) in una zona dove si conosceva solo la “tuma langarola”, Giuseppe Ocelli de-
cise qualche anno fa di recuperare alcuni formaggi che si producevano agli inizi del secolo e
dei quali si era persa la memoria. Con molta pazienza e con l’aiuto di anziani quel suo sogno è
diventato una realtà: sono stati recuperati dal passato formaggi dei quali era rimasto solo il ri-
cordo; come se un fortunato antiquario avesse salvato dall’oblio cinque capolavori.
A Santeramo in Colle (BA) i fratelli Benagiano - con molti sacrifici - continuano a produrre la pa-
sta con trafile di bronzo e la lenta essicazione, come si usava 200 anni fa, in modo che la ric-
chezza delle sostanze contenute nel grano arrivi intatta al nostro organismo per arricchirlo e
proteggerlo.
A Putignano i fratelli Gigante hanno creato un’azienda biologica in un terreno senza fertilizzan-
ti di sintesi chimica, senza antiparassitari o altri additivi, dove pascolano animali, molti dei qua-
li allo stato brado, che possono nutrirsi con le erbe e i fiori che trovano e le loro carni e il loro
latte hanno sapori che è sempre più raro gustare nella produzione industriale.
Questi sono soltanto alcuni esempi dell’artigianato gastronomico che si trova in Italia; costoro
dovrebbero essere aiutati e difesi come si aiutano e difendono i grandi artisti che danno lustro
e vanto alla nostra patria o le opere d’arte sottoposte alle infamie del tempo. Invece spesso lo
Stato con leggi e balzelli e assurdi regolamenti si prodiga per metterli in difficoltà.
Per quanto tempo si terrà ancora la Sagra di Enemonzo? Le malghe sono ridotte ormai a po-
che decine e si assottiglia ogni anno il numero dei pastori che prendono la via dell’alpe. A Zi-
bello una legge demenziale dovrebbe obbligare chiunque produca salumi artigianali a piastrel-
lare le cantine fino al soffitto con la conseguenza di alterare il fattore umidità compromettendo
la stagionatura.
Si direbbe che qualcuno stia studiando con accanimento il modo migliore per convincere i po-
chi rimasti a desistere, a mettersi in riga con tutti coloro che si sono arresi alla routine, con il
risultato che tra qualche anno, se vince la burocrazia, finirebbe il prodotto artigianale di alta
qualità e si raggiungerebbe lo scopo – sognato forse da qualche industriale poco serio – di non
avere più nessun termine di paragone, di far perciò trionfare la mediocrità.
Paragonare un cibo ad un altro cibo, un vino ad un altro vino è fondamentale per migliorare la
qualità dei prodotti e di conseguenza la qualità della vita.
“Gustare l’Italia” si impegna a dar voce e ad aiutare chiunque persegua lo scopo di salvaguar-
dare il frutto dell’esperienza di intere generazioni facendosi - se è il caso - promotore di inizia-
tive per sensibilizzare l’attenzione dello Stato e dei consumatori. Edito
riale
Gli artigiani del gusto
4Gustare l’Italia
Som
mar
io se
ttem
bre
2010
7 IN CUCINA
8 E’ tempo di... Funghi
14 I piatti del ricordo
La “madeleine” di Elio
38 Le lune di Gustare l’Italia Da Giovanni
44 L’artigiano in tavola L’arte della tavola a portata di GPS
49 IN CANTINA
50 Un vino da scoprire Il Calbanesco
19 I Saggi Degustatori
20 La Querceta, oasi di gusto
24 L’artigiano in cucina Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi Medagliani fa tutti e due
29 IN TAVOLA
30 A tavola con le stelle La cena della vergine
Gustare l’Italia5
60 La fontina degli Arpian
68 La “Bataille des Reines”
73 RUBRICHE
74 I ristoranti Expo “Il luogo” di Aimo e Nadia
80 Le ricette dell’unita d’Italia
84 Brindisi d’autore
86 Il carrello della spesa
88 Il cibo nel cinema
90 I libri da mangiare
92 Appuntamenti
96 QUIZ Sei un vero gourmet?
98 INDICE RICETTE
52 I sapori del vino Luci ed ombre
55 In giro per... La Valle d’Aosta
56 Il turismo in Valle d’Aosta
Direttore Responsabile: Massimo Balletti - Direttore Editoriale: Davide Rampello - Cino Tortorella
Caporedattore: Marinella Croci
Responsabile Dipartimento Grafico: Daniele Colzani
Grafica e impaginazione: Daniele Colzani - Giovanni Di Gregorio
Responsabile Diffusione: Roberto Zanutto
Concessionaria pubblicità: Press Video Edizioni Pubblicità
Responsabile Trattamento Dati Personali: Paola Cattaneo
L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiedere gratuitamente la ret-
tifica o cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. Lgs 196/2003 scrivendo al Responsabile del Trattamento Da-
ti Personali: Press Video Edizioni - Via Rosellini, 5 - 20124 Milano
Contatti: [email protected] - www.gustarelitalia.it - Tel. 02 89690647 - Fax 02 89690962
Hanno collaborato: Roberto Bianco - Felice Maratea - Arabella Pezza - Angelo e Piero Solci - G.T.
Fotografie e Uffici Stampa : Andrea Idini - Gourmadia srl - morgueFile - Gianni Renna - Threesixty - Consor-
zio Produttori e Tutela della Fontina Val d’Aosta - LR Comunicazione
Foto cover: Agenzia fotografica Aldo Liverani Sas
Stampa: Litocolor - Distribuzione: Cogi Express Milano
© Riproduzione (anche parziale) vietata
Periodico di enogastronomia e turismo - Anno 1 - Numero 4Settembre 2010 - Testata registrata presso il Tribunale di Milano
www.gustarelitalia.it
In cucina
Gustare l’Italia7
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8Gustare l’Italia
di A
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Forse nessun dono della natura ha colpito
la fantasia degli uomini come il fungo, questa
creatura “strana” che appare all’improvviso
sulla terra o sugli alberi o anche sottoterra e
non deriva da un fiore ma nasce già frutto che
porta a maturazione dei semi che si chiamano
“spore”; e le spore danno vita alla vera pianta
che si chiama “micelio” e dal micelio nascono
nuovi funghi e dai funghi le spore e dalle spo-
re il micelio e il ciclo continua…
Pur non essendo dei fiori, hanno spesso colo-
razioni molto vivaci; ve ne sono multicolori –
rossi, gialli, verdi, violetti - e addirittura lumi-
nescenti. Alcuni profumano di anice, iris,
lavanda, cuoio, altri emanano sentori di alloro,
Funghi
È tem
po d
i...
Autunno - Il fungo“Il cielo ride un suo riso turchinobenché senta l’inverno ormai vicino.
Il bosco scherza con le foglie gialle benché l’inverno già senta alle spalle.
Ciancia il ruscel col rispecchiato cielo, benché senta nell’onda il primo gelo.
E sorto è ai pie’ d’un pioppo ossuto e lungo un fi ore strano, un fi ore a ombrello, un fungo”.
(poesia di Marino Moretti)
benché senta l’inverno ormai vicino.
Il bosco scherza con le foglie gialle benché l’inverno già senta alle spalle.
Ciancia il ruscel col rispecchiato cielo, benché senta nell’onda il primo gelo.
E sorto è ai pie’ d’un pioppo ossuto e lungo
Gustare l’Italia9
aglio, finocchio o pepe. Sono
fra le espressioni più miste-
riose della natura e proprio
per questo sono da sempre
così affascinanti. Per gli ine-
sperti la parola “fungo” può
provocare una sensazione fi-
sica positiva (l’acquolina in
bocca per i buongustai) op-
pure una sensazione psico-
logica negativa dettata della
paura del veleno.
Eppure le specie di funghi si-
curamente mortali sono po-
chissime e non bisogna di-
menticare che sono numerosi
anche i fiori e le piante di cui
si può morire (la Belladonna,
la Cicuta, l’Elleboro…). Su settecento specie
di funghi circa duecento sono mangerecce,
una ventina velenose, mentre tutte le altre so-
no assolutamente innocue.
Nei secoli però molte sono state le leggende,
le credenze popolari, i pregiudizi che si sono
creati intorno ai funghi senza alcun fonda-
mento scientifico e spesso addirittura in con-
traddizione l’un con l’altro: non è vero ad
esempio che i funghi mangiati dalle lumache
non siano velenosi; non è vero che quelli acri,
pepati o amari siano pericolosi; non è vero
che i funghi che durante la cottura fanno an-
nerire l’aglio, il prezzemolo o l’argento non si
debbano mangiare; non è vero che perdono il
veleno se lavati col l’aceto, né che diventano
velenosi se morsi dalle vipere.
Per conoscere i funghi è indispensabile avere
delle nozioni di botanica e riconoscere alme-
no le specie più pericolose, per evitarle.
Fino a qualche anno fa era consuetudine leg-
gere sui giornali in autunno di intere famiglie
avvelenate dai funghi; nel 1965 furono moltis-
simi gli avvelenamenti gravi ed un cinquantina
addirittura mortali; l’abbondanza di pioggia,
l’assenza di vento e le temperature miti ave-
vano favorito una forte produzione di funghi di
ogni specie e i raccoglitori occasionali, ignari
10Gustare l’Italia
del pericolo, raccolsero e cucinarono anche la
mortale Ammanita falloide, il Cortinarius orel-
lanus, l’Entoloma lividum e la Lepiota helveo-
la. Da allora le cose sono molto cambiate ed
è sempre più raro apprendere di qualcuno che
sia dovuto ricorrere ad una lavanda gastrica
per avvelenamento da funghi.
Per fortuna: perché se ci si dovesse privare di
questi doni della natura si rinuncerebbe a cibi
straordinari; nei secoli i funghi hanno solleci-
tato la fantasia dei cuochi i
cui piatti hanno scalato la
hit-parade delle preferenze
gastronomiche dei gourmet.
Nella zona mediterranea i
funghi si possono trovare sia
in pianura, sia in montagna.
Ci sono funghi che appaiono
solo in primavera o estate,
altri solo in inverno inoltrato,
anche se l’epoca media della
maggior produzione coinci-
de col periodo delle grandi
piogge: l’autunno. In questa
stagione la natura ci regala i
più preziosi: gli ovoli, i porcini, e soprat-
tutto il re di tutti i funghi, il divino miste-
rioso “magnatum pico” quello che Gio-
venale chiamava “cibo degli dèi”, Plinio
“gioiello della terra”, Brillat Savarin “il
diamante della tavola”: sua maestà il tar-
tufo.
E’ il tartufo un fungo ipogeo, si nasconde
sottoterra e va conquistato come i tesori
nascosti nell’isola dei pirati, ma dei tartu-
fi parleremo più diffusamente nel numero
di novembre di “Gustare l’Italia” poiché,
anche se in qualche regione per ragioni
puramente commerciali si facciano fiere
di tartufi ad ottobre (ad Alba, ad Acqua-
lagna, a Dovadola), è da novembre che
questo dono della terra esprime al me-
glio la sua magìa, il suo incantesimo, il suo
puro piacere.
Arrivederci a novembre dunque per i tartufi
ma per questo inizio di autunno accontentia-
moci dei prataioli, dei finferli, dei galletti, dei
chiodini o dei deliziosi carboncelli delle Mur-
ge, senza però dimenticare che vi sono anche
specie di funghi che possono essere come
nel caso del Prataiolo bispora, la cui coltiva-
zione ebbe inizio in Francia verso la metà
Gustare l’Italia11
dell’Ottocento e oggi in Italia va diffondendosi
su scala industriale.
Tuttavia, da sempre, si usa “andare a funghi”,
cioè organizzare delle scampagnate per rac-
coglierli; è importante tenere a mente poche,
semplici norme: raccogliere gli esemplari nella
loro interezza; deporli all’interno di un cestello
di vimini o di paglia, così che restino areati;
non coglierli subito dopo la pioggia; annusarli
sempre. Dopo averli raccolti non è necessario
lavarli prima di cuocerli, basta completare la
pulizia con uno straccetto umido.
Per alcune specie è però necessario eliminare
il gambo in quanto diventa legnoso durante la
cottura. I funghi cotti non servono solo come
piatto di contorno, bensì possono venire uti-
lizzati anche come condimento, come ripieno
o come piatto unico (come ad esempio le
grosse Vescie).
Il modo più semplice per conservare i funghi
è l’essicazione, che li mantiene particolar-
mente profumati. Possono venire essiccati
tutti i funghi mangerecci a carne non fibrosa: i
Porcini, le Vescie, i Prataioli… alcuni si posso-
no anche preparare sott’olio o sott’aceto (ot-
timi i Prataioli coltivati).
Da non dimenticare, infine, che oltre ad esse-
re decisamente eclettici e sapidi, i funghi of-
frono anche un nutrimento gradevole e sano,
ricco di vitamine. Rilevante è inoltre il loro
contenuto in proteine, vicino a quello del latte
e delle uova, e di minerali quali il fosforo, il po-
tassio, il bromo, il ferro e il rame.
E’ stato accertato che circa 300 grammi di
funghi freschi coltivati sono sufficienti al fab-
bisogno giornaliero di gran parte delle vitami-
ne necessarie ad una persona adulta; ma un
vero gourmet non si interessa a questi parti-
colari “tecnici”, cerca nei funghi i sapori, i pro-
fumi, le sensazioni che riescono a creare i
grandi che dei quali vi diamo qui di seguito
qualche ghiotto esempio.
12Gustare l’Italia
Ricett
e
Pressata di polipo con olive su insalatina di funghi all’aceto balsamico
Ingredienti:
g. 800 di piovra o polipo - g. 100 di olive verdi - g. 200 di funghi bianchi - olio extravergine di oliva - 5
cucchiai di aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia - 1 bicchiere d’aceto - di vino bianco - 1
cucchiaio di semi - di coriandolo - gambi di prezzemolo - 4 chiodi di garofano - la scorza di 1 limone
- (solo la parte gialla) - acqua . Per il court-bouillon: 1 carota - 1 costa di sedano - 1 cipolla - foglia
di alloro - 1 porro - 1 scalogno - 1 pugno di sale grosso - pepe bianco in grani
Preparazione: in un tegame capace preparare un court-bouillon con tutti gli ingredienti elencati, in ab-
bondante acqua salata. Quando questa bolle, aggiungere il polipo e cuocere per circa 50 minuti. Sco-
larlo, metterlo in uno stampo, aggiungere le olive denocciolate e metterci un peso sopra. Raffreddare
in frigorifero o nel reparto congelatore.
A parte spellare i funghi, tagliarli a fettine sottili e condirli con una vinaigrette di sale, pepe, olio extra-
vergine e alcune gocce di aceto balsamico. Affettare poi il polipo con l’affettatrice e adagiarlo sopra i
funghi.
Le ricette proposte sono dello chef Denis Ferrari del ristorante “Teatro Verdi” di Cesena
Gustare l’Italia13
Filetto di rombo in crosta e salsa di erbe aromatiche
Ingredienti:
4 filetti di rombo - di circa g. 120 cadauno - g. 150 di patate - g. 100 di carote - g. 200 di zucchine -
1 bicchiere di brodo di pesce - g. 200 di funghetti freschi - spicchio di aglio - 2 scalogni di Romagna
- 20 di timo - g. 10 di maggiorana - g. 20 di origano - g. 30 di capperi - agar agar o 1 cucchiaino - di
Maizena - olio extravergine di oliva - sale e pepe bianco q.b. - 1 noce di burro
Preparazione: pulire bene i filetti di rombo, condirli con sale e pepe, metterli in forno a 180°C per 5
minuti. Nel frattempo sbollentare in acqua salata le patate tagliate sottili, metà delle zucchine affetta-
te e le carote tagliate a fette longitudinalmente.
Adagiare sul pesce prima le rondelle di patate, quindi le strisce di zucchine e carote. Rimettere in for-
no a 190°C per altri 10 minuti. Pulire le erbette aromatiche e tritarle finemente, insieme ai capperi. A
parte, in un tegame con olio, far appassire lo scalogno e unirvi la parte verde delle restanti zucchine;
farle trifolare con pepe e sale, quindi aggiungervi un bicchiere di brodo di pesce e addensare con agar
agar.
Togliere dal fuoco e versare nel mixer insieme alle erbe aromatiche. In un altro tegame trifolare in olio
con uno spicchio d’aglio i funghetti tagliati a fette, salati e pepati e profumati con foglie di timo. Estrar-
re i filetti di rombo dal forno e adagiarli sopra alla salsa di erbe aromatiche e zucchine. Porre nei piat-
ti con a fianco i funghetti trifolati.
La “madeleine” di Elio
14Gustare l’Italia
di F
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iatti
del ri
cord
o
Per ognuno di noi c’è il sapore e il
profumo di un cibo ci riporta indietro
nel tempo, in un altro luogo, accanto
a persone care che forse non ci sono
più; è quello che si chiama “effetto
madeleine” perché il primo ad averlo
descritto è stato Marcel Proust nel
suo copolavoro “A’ la recherche du
temps perdu”.
Certo c’è una madeleine anche per
Elio, il simpatico leader delle Storie
Tese, che in realtà è l’ing. Stefano Be-
lisari dal momento che vanta una lau-
rea in ingegneria al Politecnico, la più
prestigiosa università milanese.
Incontro Elio-Stefano alla reggia di
Colorno, trasformata in una scuola di
grande cucina di cui è preside (me-
glio: “magnifico rettore”) Gualtiero
Marchesi.
Siamo l’uno accanto all’altra in attesa
di una cena che sarà favolosa perché
cucinata da chef tra i più famosi d’Ita-
lia, tutti allievi del grande Gualtiero.
Fra un piatto e l’altro gli chiedo qual è
la sua “madeleine”, quella che lo ri-
porta indietro nel tempo, quella che
preferisce più di ogni altro, quella che vorreb-
be ritrovare in Paradiso quando, fra cento an-
ni, vi approderà.
Elio sorride e non ha esitazioni: “I tortelli di
zucca di nonna Paola”.
si lascia andare ai ricordi: è nato a Milano da
genitori anch’essi della stessa città, ma se si
risale ai nonni ecco che si incontrano due
coppie di emigranti arrivati nel capoluogo
lombardo alla ricerca di lavoro: gli uni, i nonni
paterni, da Roseto degli Abruzzi, gli altri da
Ascoli Piceno e dal Mantovano, tutti e quattro
sarti.Entrambe le nonne sono ottime cuoche e
si contendono l’affetto del nipotino cercando
di prenderlo per la gola; la nonna abruzzese,
Francesca, con il timballo di lasagne che a
Roseto viene fatto con le crespelle (anzi con
le “scrippelle” come le chiamano), mentre
nonna Gianna di Pomponesco, un paesino in
provincia di Mantova, cerca di conquistarlo
con i tortelli di zucca, i “turtei de sücca”, co-
me dice lei.
Gustare l’Italia15
La lotta fra “scrippelle” e “turtei” è aspra e du-
ra ma presto, man mano che il bimbo cresce,
non c’è più gara e la vittoria, anzi il trionfo, va
a nonna Gianna e ai suoi favolosi e inarrivabi-
li tortelli.
Preghiamo Stefano di chiedere a nonna Gian-
na di darcene la ricetta per i lettori di “Gustare
l’Italia” ed egli ci dice che lo farà molto volen-
tieri, ma ci avverte che sarà del tutto inutile
perché se non son fatti con le materie prime
che adopera la nonna: con “quella” farina,
“quella” mostarda, “quegli” amaretti, non
avranno lo stesso sapore; e se anche si riu-
scisse a procurare tutti gli ingredienti, sarebbe
altrettanto inutile se non saranno fatti dalle
sue mani.
Come se si dessero ad un
pittore i colori usati dal Bot-
ticelli per dipingere la Pri-
mavera e gli si chiedesse di
rifare lo stesso quadro.
Comunque proviamoci: in-
cominciamo dalla sfoglia.
Chi la farà ?
Nonna Gianna fa sfoglie da
quando era bambina e cal-
cola di averne fatte tante da
ricoprire l’intera provincia.
“Quando la sfoglia è fatta
deve sembrare al tatto deli-
cata come il velluto” - dice
la nonna.
Dove sono le “sfogline” an-
cora capaci di fare una sfo-
glia così? Eppure è così che
si conquistano i mariti e poi
anche i nipoti.
Occorre poi inoltre fare at-
tenzione al tipo di zucca da
adoperare. Perfette sono
quelle dette “americane”:
gialle, pesanti, dalla nerva-
tura molto pronunciata. Maturano in luglio e
vanno conservate con grande attenzione, con
la cura che si deve ad un cibo prezioso. E’ be-
ne tenerle appese per il picciuolo per evitare
ammaccature che ne comprometterebbero il
delicato sapore. La nonna le tiene addirittura
nella bambagia.
Sono arrivate dall’America verso la metà del
‘500, insieme alle patate, ai pomodori, ai pe-
peroni perché Elio potesse mangiare a Natale
i “turtei” della nonna senza i quali per lui non
sarebbe Natale.
Chi per primo ha avuto la genialità di mettere
la zucca nei tortelli ? Quante generazioni si
sono succedute prima di arrivare alla perfetta
armonia di nonna Gianna?
16Gustare l’Italia
Elio non riesce ad immaginare che ci fu un
tempo in cui non esistevano, un cupo medio-
evo gastronomico senza tortelli di zucca.
Chi poi sarà stato il primo ad aver la fantastica
intuizione di aggiungere gli amaretti alla zuc-
ca? E quale genio culinario ha dato il tocco
magico della mostarda? Per la mostarda oc-
correrebbe un capitolo a parte.
C’è da premettere intanto che nel mantovano
ci sono forse cento modi di cucinare i tortelli
di zucca; cambiano di città in città, di quartie-
re in quartiere addirittura di casa in casa …
perciò c’è chi giura sui sacri testi che la mo-
starda giusta è quella fatta con pere, prugne,
albicocche e mele, altri, (i modenesi, pazzi!) la
ignorano nella loro ricetta e la sostituiscono
con il pangrattato; nonna Gianna segue la tra-
dizione di Parma e Ferrara e ritiene che per-
fetta sia quella di mele.
A questo punto non è ancora finito: con che
cosa si condiscono? Anche qui i pareri sono
discordi: c’è chi sostiene che vadano esaltati
col solo burro (meglio se mantovano o parmi-
giano) e altri, considerati eretici, li preferisco-
no ricoperti di ragù; nonna Gianna è un’ ereti-
ca e i tortelli li vuole al ragù (e col parmigiano,
ça va sans dire).
Mentre Elio mi racconta queste cose conti-
nuano ad arrivare in tavola cibi che dovrebbe-
ro essere eccezionali ma che, pensando ai
tortelli di nonna Gianna, sembra-
no banali e scipiti.
“Per me non sarebbe Natale sen-
za i “turtei de sücca” - afferma
serio Elio - e tremo al pensiero di
quando la nonna smetterà di farli;
ogni anno mi dice che l’anno
prossimo passerà la mano alla
sorella più giovane.
Quanti anni ha la sorella più giovane?“Novantuno. La nonna ne ha 93
anche se ne dimostra trenta di
meno. Credo che la cucina della
nonna faccia bene alla salute”.
E che cosa bevi sopra i tortel-li?Rigorosamente Lambrusco Man-
tovano, un vino senza etichetta,
nero come il demonio, che arriva
alla nonna dalla campagna per
misteriose vie .
Dice Elio. E di colpo anche il vino
che stiamo bevendo, che pure è
di una marca pregiata, diventa
una bevanda anonima.
Gustare l’Italia17
TORTELLI DI ZUCCA
Ingredienti per 4 persone:
500 gr di farina; 4 uova; 1 kg di polpa di zucca gialla; 100 gr di amaretti; 150 gr di mostarda di
mele; 300 gr di Parmigiano; 1 limone; 100 gr di burro; noce moscata; sale q.b.
Preparazione:
cuocere la zucca, scolarla e passarla al setaccio. Tritare gli amaretti, unire le mandorle e la mo-
starda. Aggiungere la zucca, il Parmigiano, la buccia del limone grattugiata e amalgamare bene
il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo.
Preparare la sfoglia per i tortelli con le uova e la farina. Tagliarla in quadrati di circa 8 cm di lato
e riporre al centro di ognuno una noce di ripieno.
Richiuderli e cuocerli in abbondante acqua salata per circa 3-5 minuti e condirli con burro fuso.
© G
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Ricett
e
Gustare l’Italia19
© G
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na
l progetto prevede di riunire sotto la presiden-
za di un’illustre personalità un gruppo di
esperti denominato il “Simposio dei Saggi De-
gustatori” che dovranno individuare quei pro-
dotti (vini,olii, salumi, dolci, paste alimentari
etc…) degni di essere indicati ai consumatori
come prodotti di eccellenza e di potersi fregia-
re della “Gold Medal”. Il Simposio sarà costi-
tuito da sette gourmet che, pur essendo
esperti nell’arte del buon mangiare e del buon
bere, non abbiano interessi nel business della
gastronomia.
I Saggi Degustatori daranno i propri consigli e
suggerimenti in forma gratuita e disinteressata
e la loro ricompensa consisterà nel contribuire
ad aiutare, sostenere, incoraggiare quegli arti-
giani che difendono la qualità e la genuinità dei
loro prodotti spesso con grandi sacrifici, a vol-
te nel disinteresse delle
istituzioni e l’insofferenza
di una certa industria.
I componenti del Simpo-
sio, del quale fanno par-
te illustri nomi del mondo
della cultura, dell’arte,
dello spettacolo, riceve-
ranno i prodotti da giudi-
care ed emetteranno i
propri giudizi nella più
assoluta liberta ed indi-
pendenza.
Tali giudizi verranno pub-
blicati su “Gustare l’Ita-
lia” che diventerà l’orga-
no ufficiale del Simposio;
con l’ausilio dei Saggi
Degustatori, la rivista
collaborerà a tracciare il
sentiero che permetterà
ai nostri consumatori di
districarsi fra le varie in-
formazioni che li frastor-
nano, a indicare ciò che
meglio può soddisfare
non sola la gola ma lo
spirito e la mente alla ri-
cerca della felicità cui
ogni uomo aspira.© G
iann
i Ren
na
Viene istituito da “Gustare l’Italia” un Osservatorio Gastronomico (o del Buongusto) che si pro-
pone di segnalare i prodotti di alta qualità e prestigio della gastronomia.
I Sag
gi D
egus
tator
i
20Gustare l’Italia
di R
ob
erto
Bia
nco
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Fo
to d
i Mir
ko L
o R
usso
La Querceta è la giovane moderna realtà
creata dai fratelli Gianluca e Piero Gigante che
qualche anno fa quando papà Francesco de-
cise di affidare loro la direzione dell’azienda di
famiglia produttrice di carni, salumi e latticini,
furono subito d’accordo di impegnare tutte le
loro risorse per trasformare l’azienda attrez-
zandola con le tecnologie più avanzate al fine
di ottenere prodotti di alta qualità senza però
dimenticare le tradizioni del passato e le espe-
rienze di chi li aveva preceduti.
La Querceta, oasi di gusto
Non è facile imporre la qualità in un attività do-
ve regnano pressapochismo, imbrogli, sofisti-
cazioni, non è facile per chi vuol realizzare pro-
dotti di prestigio competere con chi mette sul
mercato merce scadente a prezzi irrisori fra
l’indifferenza e a volte la connivenza di chi do-
vrebbe controllare e punire, ma i fratelli Gigan-
te non si sono spaventati; Gianluca, il più an-
ziano, ha fatto il servizio militare nei
Carabinieri e dopo un anno di servizio era sta-
to addirittura tentato di restarvi, ma sfortuna-
I primi prodotti che verranno sottoposti al giudizio dei Saggi Degustatori arrivano dal Sud, da
un’azienda agricola circondata da boschi di querce, un’oasi nella Murgia pugliese a metà strada
fra Putignano e Gioia del Colle a circa 40 chilometri da Bari
Gustare l’Italia21
tamente per l’Arma e felicemente per l’agricol-
tura pugliese ci ha ripensato e ritornato a
Putignano si è dedicato con il fratello a rinno-
vare la Querceta.
La prima decisione è stata quella di puntare
sul “biologico”, quello vero, quello troppo
spesso tradito e mortificato da agricoltori che
dietro a questo aggettivo mascherano prodot-
ti dozzinali, a volte addirittura dannosi per la
salute dei consumatori solo per poterli vende-
re a prezzi più elevati. Per i fratelli Gigante col-
tivare biologicamente non ha voluto dire se-
guire la moda, ma continuare una filosofia di
vita tramandata da generazioni.
In agricoltura ci sono le varietà cosiddette an-
tiche che non hanno bisogno di difese chimi-
che perché la Natura stessa ha affinato negli
anni il modo di difendere da sola le sue crea-
zioni e l’uomo ha imparato ad assecondarla
senza prevaricarla o violentar-
la, semplicemente seguendo i
suoi suggerimenti e facendo te-
soro delle esperienze maturate nei
secoli. Niente fertilizzanti di sintesi chimica
dunque, niente antiparassitari sulle piante e
sul territorio, niente conservanti o coloranti o
altri additivi chimici sui prodotti, con il risultato
di eliminare i rischi tossicologici per il consu-
matore, di aggiungere ai prodotti sostanze an-
tiossidanti, sali minerali, vitamine e di arricchir-
ne e intensificarne i sapori.
Non c’è rischio di avvelenamenti nelle falde
acquifere della Querceta e gli animali, molti dei
quali, vivendo allo stato brado liberi nei campi
possono tranquillamente nutrirsi con le erbe
ed i fiori che trovano così che le loro carni e il
loro latte hanno sapori che è sempre più raro
gustare nella produzione industriale.
la, semplicemente seguendo i
suoi suggerimenti e facendo te-
soro delle esperienze maturate nei
secoli. Niente fertilizzanti di sintesi chimica
suoi suggerimenti e facendo te-
soro delle esperienze maturate nei
22Gustare l’Italia
Per quanto riguarda il latte e i suoi derivati ini-
zialmente l’attività dell’azienda era indirizzata
esclusivamente ai prodotti tradizionali della
Valle d’Itria: mozzarella, burrate, ricotte, cacio-
cavalli…. ma da qualche anno si è deciso di
puntare sulla stagionatura proprio grazie alla
purezza della materia prima, ed è così possibi-
le gustare formaggi che sono rimasti anche fi-
no a 36 mesi nella cantina della masseria di-
ventando di giorno in giorno sempre più
squisiti.
Fantastici e inarrivabili quelli ottenuti dal latte
di mucche podoliche; è facile che un’azienda
casearia di grandi dimensioni allevi questi bo-
vini; le mucche normali vivono la gran parte
starli soprattutto in primavera quando la natu-
ra regala i suoi frutti più preziosi.
Naturalmente il prezzo di questi prodotti non
può competere con chi non ha problemi nel ri-
correre a modi scorretti nella produzione e la
battaglia non è delle più facili: sarebbe come
se un pugile affrontasse un match di boxe con
un braccio legato; dovrebbero essere gli Enti
preposti all’antisofisticazione a privilegiare la
qualità e fare in modo che il rapporto qualità-
prezzo non sia sempre a favore di chi imbro-
glia.
Come ci si difende ? Non è un segreto che
molti caseifici realizzino i loro prodotti con “pa-
sta filata” detta anche “pasta tedesca” perché
arriva per la maggior parte dalla
Germania (ma anche da altri
Paesi dell’Est Europeo dove
spesso sono ignorati i più ele-
mentari principi dell’igiene); si
tratta di un additivo del quale si
ignora ancora oggi la vera com-
posizione che ha il compito di
abbassare il costo di produzio-
ne e certo l’abbassano in modo
determinante se si tiene conto
che con un chilo di pasta filata
si riesce a produrre quattro chi-
li di mozzarelle con la semplice
aggiunta di acqua.
Gianluca Gigante sostiene che
il 90% delle mozzarelle italiane
è creato con una percentuale altissima di que-
sta pasta (la sua è un affermazione di assoluta
gravità che ci proponiamo di riferire alle com-
petenti Autorità per avere una risposta che ci
tranquillizzi) ma intanto basterebbe, per la cor-
retta informazione da dare al consumatore,
che sull’etichetta di una confezione di mozza-
relle fosse obbligatorio segnalare la presenza
di queste sostanze.
In attesa che qualcuno intervenga a contrasta-
re questo andazzo che mette nei seri guai i
della loro vita nelle stalle seguendo un alimen-
tazione controllata e la loro resa in latte è di
circa 25/30 litri; le mucche podoliche dalle lun-
ghe corna, discendenti dal Frostosauros Ma-
croceros dei Paesi nell’Europa Meridionale vi-
vono invece in assoluta libertà mangiando
quello che trovano nei campi; fanno pochissi-
mo latte (3/4 litri al giorno) ma di qualità supe-
riore; nel loro latte e nei formaggi che ne deri-
vano si ritrovano i profumi delle erbe e dei
fiori dei quali si sono nutrite ed è una gioia gu-
Gustare l’Italia23
produttori onesti (il prezzo del latte in questo
periodo è in caduta libera) i fratelli Gigante
stanno provvedendo da soli a difendersi; oltre
ad affidarsi al gusto dei consumatori - un vero
gourmet riesce con facilità ad avvertire la dif-
ferenza fra un prodotto caseario “trattato” e le
delizie gastronomiche della Querceta - hanno
provveduto ad eliminare la gran parte degli in-
termediari che si frappongono fra il produttore
e il consumatore facendo ine-
vitabilmente lievitare i prezzi.
Attualmente i prodotti della
Querceta, oltre ai mercati re-
gionali arrivano anche al Nord
e perfino all’Estero (soprattutto
in Olanda dove sono molto ap-
prezzati per il rapporto qualità
- prezzo). Non è una lotta facile
e le Autorità dovrebbero porre
maggiore attenzione nell’aiuta-
re questi giovani che sono una
ricchezza per il futuro del Pae-
se e sono di esempio per molti
giovani che grazie a loro stan-
no riscoprendo il piacere del
lavoro nei campi.
La “filiera corta” (dal produttore
al consumatore) è dunque una
maniera efficace per combattere la concorren-
za truffaldina e noi di “Gustare l’Italia” daremo
il nostro contributo, mettendo a disposizione
le nostre pagine a chi è impegnato nella lotta
per la difesa della qualità e della supremazia
dei prodotti italiani, una lotta importante per la
nostra economia ma anche per la nostra cul-
tura.
Noi siamo stati conquistati dai prodotti della
Querceta ma adessola parola passa ai Saggi
Degustatori: riceveranno a casa in tempo bre-
vissimo le mozzarelle, le burrate, la ricotta, i
caciocavalli freschi e stagionati, l’olio e i salu-
mi che si producono alla Querceta (mi accorgo
di non avervi parlato di questi ultimi che sono
I gourmet che a loro volta desiderano gustare
le delizie della Querceta, potranno richiederlo
scrivendo all’indirizzo mail [email protected]
(e se diranno di essere lettori della nostra rivi-
sta, avranno diritto ad uno sconto).
Chi ha pazienza potrà attendere la primavera
perché per allora sarà pronto un Agriturismo
(10 camere) e chi avrà la ventura di approdare
alla Querceta, potrà gustare, piacere ormai ra-
rissimo, il latte “appena munto” così come lo
bevevano i nostri nonni.
Godranno inoltre di ciò che è difficile da espor-
tare anche se si è bravi e determinati come i
Gigante: il sole, l’aria, la magia di questa favo-
losa regione che è la Puglia.
ottenuti dai maiali allevati come a loro piace,l
iberi di sguazzare dove gli pare, liberi di nutrir-
si a loro piacimento) ed esprimeranno il loro
giudizio, severo ed inappellabile, in assoluta li-
bertà.
Se come mi auguro il responso sarà positivo, i
fratelli Gigante potranno esporre sulla loro
Azienda la prima gloriosa “Gold Medail” di
“Gustare l’Italia”.
Il diavolo fa le pentolema non i coperchi.
Medagliani fa tutti e due
24Gustare l’Italia
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Dietro ad un grande ristorante c’è sempre
un prezioso lavoro di artigiani; sono quelli che
assicurano i prodotti più esclusivi che realiz-
zano con fedeltà alla tradizione.
Ogni grande chef ne ha un piccolo esercito
sul quale sa di poter contare per avere le car-
ni più pregiate, gli olii più sapidi, le paste, gli
ortaggi, i vini, la frutta, per realizzare le loro
creazioni.
E lo stesso vale per gli artigiani che fornisco-
no gli “arnesi da lavoro”, gli strumenti neces-
sari spesso ideati apposta per gli chef che
non si accosterebbero ai fornelli senza averli a
disposizione.
Gualtiero Marchesi è certo un artista della cu-
cina, ma un aiuto alla sua arte, alle sue inven-
zioni gli è stato dato - non ne fa mistero - dal-
le creazioni di Eugenio Medagliani, terza
generazione dell’azienda che dal 1860 produ-
ce utensili da cucina, dai più semplici ai più
sofisticati.
Ho un appuntamento con Medagliani per
un’intervista. Siamo alla fine di luglio; da do-
mani l’azienda chiuderà per un mese di ferie.
E’ un pomeriggio d’estate luminoso e silen-
zioso, Milano si sta svuotando e i pochi rima-
sti in città si osservano con un misto di com-
plicità e di circospezione.
Gustare l’Italia25
Incontro Eugenio Medagliani nel suo “spazio”
di via Oslavia, nei pressi della stazione di
Lambrate; mi accoglie con una battuta - e sa-
rà solo la prima di una lunga serie - “Sei tu il
fotografo?”, mi domanda. Non lo conosco,
così resto un po’ spiazzata - “No, veramente
io sarei l’intervistatrice…”.
Ride di gusto - e dopo rideremo molto anche
insieme - e mi invita ad accomodarmi alla sua
scrivania, coperta di carte.
Inizia subito a raccontarmi le mille co-
se che, nonostante gli ottant’anni
splendidamente portati e dei quali va
molto fiero, realizza ogni giorno: da
35 anni è Direttore della rivista “Il cuo-
co” (il magazine ufficiale della Fede-
razione Italiana Cuochi) che viene di-
stribuito ai 22 mila soci, dei quali ben
800 sono chef italiani sparsi in tutto il
mondo; da 22 collabora col mensile
“A Tavola” e, da pochi mesi, con
“Gourmet Italia”.
Nel corso degli anni ha anche parte-
cipato a svariate trasmissioni televisi-
ve e ha inventato il premio “Prospet-
tiva cucina”: ogni anno viene premiato
chi ha sempre esercitato una profes-
sione sognando però di realizzarsi
come cuoco e - alla fine - ha deciso
di mollare tutto per concretizzare i propri de-
sideri di chef.
“Cammina bene l’uomo quando sa dove an-
dare” - mi spiega serio Eugenio - “ è il profon-
do significato della frase di Antoine de
Saint”Exupéry (autore del “Piccolo Principe”)
che ho sempre tenuto presente nella mia atti-
vità di piccolo imprenditore, cercando di indi-
viduare, con un misto di ispirazione e di intui-
zione geniale, con tenacia e determinazione,
26Gustare l’Italia
uno “spazio” strategico da occupare sul mer-
cato. La mia azienda somiglia ad una bottega
di medievale memoria, inserita in un settore in
cui sono riuscito a ritagliarmi una nicchia di
mercato, dove la strategia è intuito, il controllo
di gestione è “navigazione a vista”, la gestione
dei dipendenti si fonda sul rapporto diretto e
lavoro come aiuto garzone in una bottega di
lattoniere, in cambio di vitto e alloggio; ogni
domenica aveva il permesso di presenziare
alla prima messa e poi tornava, naturalmente
a piedi, nella sua Pavia a trovare la mamma.
Grazie alla gran voglia di lavorare dopo una
trentina d’anni riuscì a rilevare l’azienda e ad-
dirittura ad aprire una
nuova attività in una bot-
tega più ampia, in via San
Pietro all’Orto. Qui entra-
rono a lavorare i figli Piero
e Giannino, “il padre dei
cuochi italiani”, oltre che
di Eugenio, fino all’infelice
agosto 1943 quando le
bombe dei liberatori bru-
ciarono La Scala, la Galle-
ria e anche la bottega del-
la famiglia Medagliani.
Nel dopo guerra Giannino
volle che il figlio andasse
all’Università; Eugenio si
iscrisse alla facoltà di chi-
mica pura a Pavia e stu-
diò fino a quando - 4 anni dopo - il padre, che
aveva riaperto una piccola attività di forniture
di utensili da cucina, non lo richiamò a Milano
per lavorare insieme.
“Passai così dalla chimica pura alla chimica
della gastronomia” - ammette.
E con risultati notevoli, visto l’incredibile suc-
cesso della sua azienda. Da Medagliani è
possibile non solo trovare ogni genere di
utensile da cucina o strumento per la cottura,
ma anche apprendere il senso di forma e fun-
zione in rapporto alle modalità di utilizzo e al-
le finalità cui sono destinati gli “attrezzi”. Inol-
tre, oggi Simone, il figlio di Eugenio, ha aperto
anche lo “Spazio Medagliani”, un’area attrez-
zata per dimostrazioni dal vivo che danno
sulla conoscenza personale; pensa che alcuni
dei nostri operari sono i nipoti di quelli che
hanno iniziato con mio nonno. Dietro un’appa-
rente disorganizzazione si riconosce l’armonia
di un disegno coerente che è, a sua volta, una
forma d’ordine “.
Eugenio mi racconta che l’azienda nasce un
anno prima dell’Unità d’Italia; si trattava di
una bottega di lattoniere in via Borgospesso
(bourg spess, cioè borgo delle case costruite
quasi una sull’altra, popolari insomma), ai li-
miti della periferia della città di allora.
Era una via di artigiani e di operai, dalle attivi-
tà rumorose e maleodoranti. Pasquale, suo
nonno, era rimasto orfano di padre a sette an-
ni e, giunto a Milano, gli era stato offerto un
Gustare l’Italia27
corpo alla “cultura della cottura”; infine, da
non dimenticare le pubblicazioni della casa
editrice consociata “Bibliotheca Culinaria”
che riguardano - ça va sans dire - l’universo
della gastronomia. Tutti i più grandi chef sono
passati da Medagliani, a cominciare da Gual-
tiero Marchesi, forse il più grande di tutti.,
“Conobbi Gualtiero Marchesi 56 anni fa, quan-
do era ancora agli inizi, e da allora ci legano
affinità naturali, passioni in comune e un pro-
fondo rapporto di lavoro e di amicizia. Gualtie-
ro mi parlava di vivande e del modo giusto per
cuocerle e io studiavo gli utensili e i materiali
più idonei per realizzare le sue idee, tra i quali
la pentola per cuocere gli spaghetti dritti, così
che la pasta possa poi essere usata come ba-
se di appoggio per carni o pesci”.
Mi mostra le prime pentole create per il Mae-
stro: in rame, una per il bollito, l’altra per la
casseula, hanno il diametro uguale all’altezza
(minor costo, minor spazio, maggior calore).
Perché “la natura premia i comportamenti più
economici”, mi spiega; e mi spiega anche che
la cucina, così come il sesso, deve soddisfare
tutti e 5 i sensi “anche il tatto che è il più im-
portante in quanto se non sentissimo il dolore
moriremmo. Nel mondo animale il senso più
sviluppato è l’olfatto; in quello umano la vi-
sta”.
“Calderaio umanista”: così si definisce Euge-
nio Medagliani (i calderai erano gli artigiani
che fabbricavano pentole in rame); e grazie
alle sue intuizioni e alla sua professionalità og-
gi guida un’azienda leader nel settore. Noti
chef di cucina italiani e stranieri si rivolgono
alla sua esperienza per poter eseguire alla
perfezione le loro creazioni gastronomiche.
Ma Eugenio, raffinato gourmet, cucina? “Mai
cucinato”.
Lo osservo dubbiosa… forse mi prendendo in
giro; perché osservando le sue straordinarie
pentole di rame, che si richiamano a una ma-
trice ottocentesca, mi sembra impossibile che
non le abbia mai volute adoperare.
“Ci ha sempre pensato mia moglie, una donna
di una bellezza unica, che ha posato come
modella per numerosi grandi artisti”.
E mi mostra una sua foto con orgoglio.
In tavola
Gustare l’Italia29
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La cena della vergine
30Gustare l’Italia
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E’ il sesto segno dello zodiaco ed è gover-
nato da Mercurio, il dio dell’eloquenza e del
commercio, il messaggero degli dei raffigurato
con le ali ai piedi. La pietra portafortuna è lo
zaffiro, il giorno fortunato il mercoledì, il colore
il grigio.
Sono nati sotto questo segno scienziati come
Antoine Lavoisier e Luigi Galvani, scrittori e
poeti come Ludovico Ariosto, Johann Von Go-
ethe, Lev Tolstoj, musicisti come Arnold
La grande cena di questo numero di “Gustare l’Italia” è dedicata ai nati sotto al segno della ver-
gine che, iniziato il 23 agosto, ci accompagnerà fino al 22 di settembre.
Schonberg e Leonard Bernstein, attori come
Vittorio Gassman, Greta Garbo e Sean Conne-
ry, atleti come Fausto Coppi, Josè Altafini, Ru-
ud Gullit, Ronaldo, cantanti come Michael
Jackson, Andrea Bocelli, Barry White.
Il simbolo astrologico della Vergine è rappre-
sentato da una giovane donna che reca un fa-
scio di spighe. I nati in questo periodo sono
introversi e molto attenti ai canoni estetici; non
amano il disordine e la trascuratezza nell’abbi-
Gustare l’Italia31
gliamento. Rispettosi delle regole sono osses-
sionati dal timore di commettere errori che
possano nuocere non soltanto a sé stessi e,
poiché non sopportano le critiche, mettono
un’attenzione quasi maniacale in tutto ciò che
fanno, con il risultato di conseguire spesso
grandi risultati; non sono però mai soddisfatti
e, raggiunto un traguardo, tendono subito a ri-
cercarne un altro. In amore sono fedeli e atten-
ti a coccolare il proprio partner coprendolo di
attenzioni. Ma se traditi sono capaci di ven-
dette tra le più atroci perché non conoscono il
perdono.
A tavola sono per una cucina tradizionale ma
realizzata in modo perfetto e con i prodotti più
costosi; i loro ristoranti ideali sono “La Frasca”
di Milano Marittima, “Il Luogo di Aimo e Nadia”
di Milano, “La Locanda Da Alia” di Castrovilla-
ri, “Villa Contessa Rosa” di Fontanafredda.
Quest’ultimo è diretto da Cesare Giaccone,
uno dei più gradi chef italiani che, dal natio Al-
baretto della Torre nell’alta Langa, cedendo al-
le lusinghe di Oscar Farinetti - l’inventore di
Eataly - che lo voleva a dirigere la cucina del
suo ristorante - è sceso a
Serralunga d’Alba. E’ a lui,
nato con ascendente Vergi-
ne, chiediamo di creare la
cena ideale per i compagni
di zodiaco.
Cesare è uno chef geniale e
fantasioso, legato alla sua
terra che ama e della quale
conosce i prodotti che la natura elargi-
sce con generosità.
Negli anni i critici gastronomici si sono sbiz-
zarriti ad attribuirgli vari aggettivi: geniale, fan-
tasioso, estroso, unico, irripetibile ma anche
scorbutico, scontroso, impossibile, indispo-
nente… Luigi Veronelli, il primo che lo ha capi-
to ed amato, lo ha definito “solare” e lo ha col-
locato nell’Olimpo dei dieci più grandi chef del
mondo.
Quando gli esprimiamo il nostro desiderio ac-
consente con entusiasmo e presto ci presenta
il menu che vorrebbe proporre. A questo pun-
to non ci resta che invitare (idealmente) i vip
della Vergine e, naturalmente, nessuno rifiuta
di partecipare a questa
cena eccezionale.
Ed ecco arrivare i primi
ospiti; dapprima è un
gruppo di cantanti tra i
quali riconosciamo Car-
men Consoli (4 settem-
bre), Ornella Vanoni (22
settembre), Rita Pavone
(23 agosto) e Ombretta
Colli (21 settembre), che
non ha dimenticato di es-
sere stata una cantante
prima di darsi con suc-
cesso alla politica; è poi la
volta di Alex Britti (23 ago-
sto), Franco Califano (14
settembre) con il nostro
32Gustare l’Italia
Art Director Daniele (2 settem-
bre) circondati da belle donne:
Gloria Estefan (1 settembre),
Cameron Diaz (30 agosto),
Natalia Estrada (3 settembre)
ed Elisabetta Canalis (12 set-
tembre). A bordo di una minu-
scola Smart arrivano ora gli
Argento, padre e figlia: Dario
(7 settembre) e Asia (20 set-
tembre). In un gruppo di uomi-
ni di spettacolo ecco Pupo (11
settembre) eccezionalmente
senza il Principe Filiberto,
Amadeus (4 settembre), Pippo
Franco e Giuliano Gemma
(entrambi nati il 2 settembre),
Maurizio Costanzo (28 ago-
sto). Fa ora un rumoroso in-
gresso un gruppo di stelle del
calcio; tra gli altri vediamo
Franz Beckenbauer (11 set-
tembre), Fabio Cannavaro (13
settembre) Ronaldo (22 set-
tembre) e Pato (2 settembre).
Da un taxi scendono poi gli ul-
traottantenni, ma ancora in
gamba, Sergio Zavoli (21 settembre) e Andrea
Camilleri (6 settembre). Chiudono la sfilato
Mariangela Melato (19 settembre), Virna Lisi (8
settembre) e Sophia Loren (20 settembre),
sempre splendide e affascinanti nonostante la
non più tenera età.
Ci sono proprio tutti nel bel giardino della villa
ai margini del Bosco dei Pensieri, tra piante
secolari, vigneti e noccioleti. Come benvenuto
hanno gustato uno spumante della tenuta
Fontanafredda, il “Rosa Rosè”, fresco e alle-
gro come l’amore di due diciottenni.
Un “cicerone” ricorda che si trovano in un luo-
go storico, in quello che fu il villino di campa-
gna che vide gli amori della “Bela Rusin” (Rosa
Vercellana) e Vittorio Emanuele II, il Re che con
l’aiuto del Conte di Cavour e di Giuseppe Ga-
ribaldi, realizzò l’Unità d’Italia. Vittorio Ema-
nuele amava nell’ordine: la Caccia, le Donne, il
Vino e il Cibo.
La Politica veniva all’ultimo posto e, ad ogni
modo, ci pensava Camillo Benso. Quando se
ne andava a caccia nelle campagne intorno a
Torino spesso terminava le giornate a letto con
le contadinelle della zona che poi ricompensa-
va regalando loro una Privativa (rivendita di
Sali e Tabacchi); ancora oggi i paesi della zona
hanno il più alto concentramento di tabacche-
rie di tutta Italia.
Quando conobbe la “Bela Rusin” (appena
Gustare l’Italia33
quattordicenne) ne fu talmente innamorato che
invece della Privativa le regalò la favolosa tenu-
ta di Fontanafredda e dopo la morte di Maria
Adelaide d’Asburgo, la sua consorte ufficiale
dalla quale aveva avuto ben 9 figli, ne fece la
sua moglie “morganatica”.
Cesare è ormai pronto, gli ospiti sono invitati a
prendere posto ai tavoli perché un drappello di
camerieri sta per servire la prima delle sue ec-
cezionali creazioni, che darà il via alla cena:
Pescatrice in carpionecon salsa di Arneis
Un’invenzione perfetta per questa serata di fine
estate, esaltata dallo stesso vino che fa parte
degli ingredienti, un Arneis delle colline che cir-
condano la villa. Nelle pagine successive trove-
rete la lista degli ingredienti di ogni piatto e il
modo di prepararlo. Ma non provate a realizzar-
lo, se non possedete il dono dell’arte della cuci-
na; troppo spesso le ricette dei capolavori di
grandi cuochi (scritte o dettate dalla televisione)
sono del tutto inutili e impossibili da ricreare. Sarebbe come se si desse ad un’aspirante pittore
l’elenco dei colori usati da Leonardo per dipingere la Gioconda: carminio - gr 120, ocra - gr 78,
terra di Siena - gr 97… e poi lo si invitasse a realizzare il quadro che è al Louvre.
Non è però tempo di distrarsi perché è già arrivato il secondo piatto:
Asparagi al Sole Rosso
Così è scritto sul menu dettato
da Cesare, che è anche un poe-
ta. E’ un’altra delizia per la vista
e per il palato che il Dolcetto “La
lepre”, un altro vino della tenuta,
rende perfetta.
L’inizio è stato davvero felice;
Cesare vuole certo superarsi e
non c’è dubbio che ci stia riu-
scendo, anche se questo non è
il periodo in cui dà il meglio di sé
stesso; la sua stagione ideale
inizierà tra poco, ai primi di otto-
34Gustare l’Italia
bre, e si protrarrà fino a dicembre; è la stagione in cui le Langhe indossano l’abito di gala che ha
i colori intensi e delicati dell’autunno e la magia dei tartufi si impadronisce della sua cucina: è
allora che i baffi di Cesare si
fanno frementi e diventano
simili a vibrisse, con le quali
“sente” i suoi piatti per avvi-
cinarli alla perfezione.
Anche adesso, però, vuole
dare il meglio della sua fan-
tasia per soddisfare e con-
quistare un simile “parterre”
di personaggi e propone il
piatto che sta arrivando sul-
le tavole dei vip:
Straccetti di ortiche con ragù di faraona al
pomodoro fresco
Al quale seguirà il
Insalatina di faraona con frutti di primavera
entrambi accompagnati da un Barbera d’Alba che a Fontanafredda hanno chiamato “Papage-
na”, come il personaggio del Flauto Magico di Mozart; e di Papagena, questo vino ha la vivacità
e la sensualità che completano e danno armonia ai sapori dei cibi.
Gustare l’Italia35
Ma è intanto arrivato il
Capretto alla Cesare
Qualcuno si sorprende di questa
scelta che sembra banale in una
cena dedicata a personaggi così
illustri.
Ma quando gli ospiti lo gusteran-
no ne resteranno affascinati; non
c’è pranzo cucinato da Cesare
senza il capretto che fin dall’inizio
cuoce a vista sullo spiedo lambito
dalle fiamme di ceppi di ginepro.
Egli sostiene che la carne di ca-
pretto sia il cibo ideale per gli in-
namorati perché è la più sensuale
delle carni. Il vino perfetto per ac-
compagnare questo cibo è Barolo
Lazzarito, quello preferito da Vitto-
rio Emanuele quando la Rosina gli
cucinava il piatto che più amava:
la Gallina all’aglio.
Siamo ormai alla fine della cena;
sta arrivando ora in tavola uno dei più strepitosi dessert piemontesi, reinvetato da Cesare, che
è anche un raffinato pasticcere:
Bonet piemontese
E’ la conclusione di una cena
che sarebbe stata perfetta per
dei gourmet innamorati perché
la cucina di Cesare, piena
d’amore, è fatta per chi si ama.
Molti ospiti torneranno certo
con i loro partner per gustare la
sua cucina e poi riposare in una
delle camere che ha protetto gli
amori della “Bela Rusin”.
E se non avranno una passione
in corso se ne inventeranno
una, troveranno un partner che sia un vero gourmet, si assicureranno che ci sia posto in una
36Gustare l’Italia
delle camere della Villa e si metteranno
fiduciosi in viaggio.
Dopo qualche giorno trascorso a Fon-
tanafredda anche un amore di breve
passato o di incerto futuro acquisterà
solidità e consistenza.
Le invenzioni della cucina di Cesare, i
vini, l’aria di Langa e in autunno il pro-
fumo stordente dei tartufi compiranno
il miracolo.
I suoi ospiti ideali sono gli amanti tra-
sgressivi perché la trasgressione è la
forza della sua cucina; la routine, la
consuetudine, le ripetizioni non gli as-
somigliano perché ogni suo piatto, an-
che se fatto con gli stessi ingredienti, è
sempre nuovo e diverso e l’ultimo toc-
co è quello della sua fantasia.
Qualche amore è però certo sbocciato
anche questa sera; abbiamo visto oc-
chiate complici tra Anastacia (17 set-
tembre) e Mickey Rourke (16 settem-
bre), tra Cameron Diaz (30 agosto) e
Juan Pablo Montoya (20 settembre),
tra Natalia Estrada (3 settembre) e David Copperfield (16 settembre). Sapremo presto dai setti-
manali specializzati in gossip se la cucina di Cesare ha colpito ancora.
Gli aceti di Cesare: tradizione, passione e cultura
Località San Bernardo, 9 - Albaretto della Torre (CN) Tel. +39 0173.520141 - [email protected]
“Ho cominciato a produrre aceti di monovitigno negli anni ’70, seguendo l’antica tradizione piemontese che si stava purtroppo dimenticando. Sono ottenuti da vini Barolo, Moscato, Arneis e Barbera dei produttori di Langa, travasati gradualmente in botti di gelso, rovere e ciliegio”. CESARE GIACCONE
38Gustare l’Italia
Questa rubrica rubrica è dedicata ai ristoranti immeritatamente ignorati o sottovalutati dalle va-
rie Guide; “Gustare l’Italia” ha deciso di colmare questa lacuna e manda i suoi degustatori in gi-
ro per lo stivale, alla ricerca dei ristoranti che meritano di essere maggiormente valorizzati; e
poiché “soli” e “stelle” sono già stati da tempo prenotati, non ci resta che la “luna” per segna-
lare i locali degni di attenzione da parte dei gourmet più esigenti.
di F
elic
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di G
iann
i Ren
na
La nostra Luna illumina oggi un ristorante
non proprio trascurato dalle guide gastrono-
miche ma che, a parere di chi scrive, avrebbe
diritto ad un’attenzione maggiore da parte
dei severi critici che attraversano l’Italia per
emanare le loro sentenze inappellabili; qual-
che stella, qualche forchetta, qualche gam-
bero in più certo lo meriterebbe l’elegante lo-
Da Giovanni
Le lu
ne d
i Gus
tare
l’Ita
lia
cale di Cortina d’Alseno, il bel paese immerso
nel verde e nel silenzio delle colline del pia-
centino. Siamo nel cuore del ducato di Par-
ma e Piacenza dove regnò dal 1815 al 1847
Maria Luisa di Borbone, la moglie di Napole-
one bella e passionale. Ancora oggi si ritrova
il ricordo felice del suo governo, oltre che in
molti palazzi e monumenti, nella “erre” dalla
Gustare l’Italia39
gente di queste parti, un dolce difetto di pro-
nuncia che ricorda quella francese ma meno
aggressiva, più musicale, più dolce e sen-
suale. Proprio come il carattere di chi vi è na-
to.
A Cortina d’Alseno il tempo ha battiti lenti, le
ore trascorrono nella quiete; è il luogo ideale
per chi è in cerca di tranquillità e di riposo ma
anche di sapori del passato. Troveranno tut-
to ciò nel ristorante “Da Giovanni” situato in
una bella casa di campagna dove oggi c’è
chi vi arriva anche in elicottero grazie alla
spiazzo accanto alla costruzione, ma nel set-
tecento era una posta per cambiare i cavalli
delle carrozze che lasciavano la via Emilia di-
rette a Genova per la “Via dell’olio” (così
chiamata perché la percorrevano i commer-
cianti che andavano nel capoluogo ligure ad
acquistare il prezioso liquido).
Diventata un’osteria alla fine dell’Ottocento
fu acquistata cinquant’anni fa da Giovanni
Besenzoni che con la moglie Carolina, stra-
ordinaria cuoca, aveva deciso di farne una
trattoria dove poter gustare i cibi della tradi-
zione cosentina.
Il successo fu immediato e la voce si sparse
in breve tempo; chi voleva riassaporare i
piatti di un lontano passato doveva recarsi
da Giovanni dove la Carolina realizzava indi-
menticabili manicaretti, sopratutto i “Pisarei
e fasò”, una ricetta del Quattrocento.
I “pisarei” sono un tipo di pasta fatta a mano;
il nome non è proprio elegante (chiedete il si-
gnificato a Renato o leggetelo nel dizionario
40Gustare l’Italia
italo - piacentino), i fagioli sono quelli “dell’oc-
chio”, carnosi e sensuali.
Qualche anno dopo si aggiunse alla condu-
zione della trattoria il figlio Renato che aveva
da poco sposato la bella Maria Teresa anche
lei ottima cuoca, e così la continuità fu assi-
curata.
Oggi i compiti dei Besenzoni sono così sud-
divisi: Maria Teresa, amorevolmente assistita
dalla suocera, è la regina dei fornelli; il figlio
Nicola è il simpatico perfetto maitre in sala; e
Renato, da quando non c’è più papà Giovan-
ni, procura le materie prime, gli inarrivabili
salumi per la gran parte realizzati in proprio e
della scelta dei vini alcuni di questi anche di
propria produzione.
Nella cantina sono presenti oltre a nobili vini
italiani, i migliori di Emilia Romagna e soprat-
tutto quelli di Parma, Modena e Piacenza.
Sono vini di non grande nobiltà e con una
pessima stampa perché spesso prodotti in
modo superficiale, ma Renato ha compiuto
un’accurata scelta tra i prodotti del territorio
e propone il meglio in assoluto rendendo co-
sì giustizia a questi vini piacevoli e generosi
che Sante Lancerio, il messo incaricato da
Papa Paolo II a cercare i vini da bere nelle
tappe dei suoi viaggi, aveva definito “belli
come sono belle le maschere, le rotelle et an-
cora le donne”e Andrea Bucci, medico di Pa-
pa Sisto V, li aveva trovati “di gusto delizioso,
piccanti, di soave odore e spumanti mentre
si versano”.
Deliziosi e spumeggianti sono i due vini che
produceva papà Giovanni: il rosso Gutturnio
e il bianco Ortrugo. Il Gutturnio, dal nome
poetico e tenebroso, è un uvaggio di Barbera
e Bonarda, vispo e brioso, allegro, tutto sa-
pore e colore, perfetto per i salumi e per la
ruvida cucina piacentina.
È un vino che mal sopporta i viaggi e solo
quando lo si beve sul posto esprimere al me-
Gustare l’Italia41
glio le virtù. Si beve abbastanza fresco e ha
la consistenza dei sogni giovanili.
L’Ortrugo è ottenuto da un vitigno autoctono
rarissimo e quasi in via d’estinzione.
Il suo matrimonio ideale è con i soavi culatel-
li che Renato realizza con antica sapienza.
In cucina regna la tradizione più ghiotta e ri-
gorosa e Maria Teresa ne è l’interprete atten-
ta e puntuale.
E se qualche volta cede all’ispirazione del
momento a alla fantasia, le asseconda nel ri-
spetto dei prodotti che le arrivano dalla cam-
pagna, dalle colline, dall’orto. “Avere ospiti
significa farsi carico della loro felicità” è una
sua bellissima frase sulla quale dovrebbero
meditare moltissimi chef anche fra i più tito-
lati.
Alcuni suggerimenti tratti dal suo menù: “In-
salatina di gallina rossa verniciata con vinai-
grette all’aceto balsamico e tartufo nero della
Val d’Aveto”, “Timballo di cavolverza, code di
gamberi e salsa curry” “Trancio di storione al
gutturnio” e, immancabili e superbi, i “Pisarei
e fasò bazzotti”.
42Gustare l’Italia
È questo un piatto non proprio leggero eppu-
re secondo i piacentini è ideale per una cena
romantica preludio ad una notte appassiona-
ta. Non è proprio un cibo leggero, forse an-
che un pò eccessivo ma da queste parti si
dice che se in Paradiso non ci saranno i “Pi-
sarei e fasò” mancherà qualcosa alla com-
pleta beatitudine.
Così come dal resto il Paradiso non sarebbe
perfetto senza una delle più alte invenzioni
gastronomiche di questa terra benedetta: il
cibo divino e afrodisiaco come i tartufi, i ca-
viale, i testicoli di cigno, le ostriche, le radici
di mandragola; sto parlando di sua maestà il
culatello.
Avvicinarsi al culatello la prima volta è come
scoprire Mozart, come dare il primo bacio
d’amore, come tuffarsi nelle acque inconta-
minate di un lago alpino in una quieta sera
d’estate.
Il culatello è un cibo inventato per l’allegria in
una terra dove è proibita la malinconia, dove
Gustare l’Italia43
i pensieri eva-
porano co-
me al mat-
tino le
n e b b i e
fiumarole
che vi han-
no trascor-
so la notte.
Quale geniale poeta
ha pensato per primo di isolare la parte della
coscia del maiale per destinarla a diventare
culatello, rifilarla, salarla, vestirla del “sun-
sen” e legarla dandogli la caratteristica for-
ma a pera? Come ha potuto intuire che le
nebbie del grande fiume avrebbero dato l’ul-
timo tocco insieme al buio e al silenzio per
portare la sua creazione alla perfezione?
Quante melodie eterne di Verdi si devono al
culatello? Quanti deliziosi racconti del Mon-
do Piccolo di Giovannino
Guareschi?
Oggi è difficile trovare
l’autentico culatello; pur-
troppo l’industria se ne è
impadronita ed è riuscita
a violentarlo e ad alterar-
lo così come ha fatto con
altri prodotti: dal “for-
maggio di fossa” al “lar-
do di Colonnata” ai “fa-
gioli di Sorana” alla
“mozzarella di bufala”
all’aceto balsamico… e
l’elenco potrebbe pur-
troppo continuare.
Per fare un autentico cu-
latello occorre innanzi-
tutto che sia ottenuto da
maiali cresciuti in libertà
e nutriti con cibi genuini
senza aggiunta di additi-
vi chimici; ed una volta insaccati il tempo per
portarli alla preparazione non può essere in-
feriore ai 24 mesi; oggi la gran parte di quel-
lo che arriva sulla nostra tavola è ottenuto da
maiali allevati in batteria e realizzato anche in
soli 10 mesi.
“Da Giovanni” si può ancora gustare, come
nel bel tempo andato, quello che d’Annunzio
chiamava “delizia golosa” e se ne diceva
“cupidissimo amatore”.
Se il grande Gabriele si trovasse oggi a pas-
sare dalle parti di Cortina, se potesse gusta-
re il culatello di Renato, se potesse gustare
le creazioni gastronomiche di Maria Teresa,
scriverebbe articoli di fuoco contro certi cri-
tici gastronomici che danno a “Da Giovanni”
valutazioni pari a quelle di certi locali banali;
e sarebbe certo d’accordo con noi che alla
famiglia Besenzoni diamo la nostra Luna,
piena e risplendente.
L’arte della tavolaa portata di GPS
44Gustare l’Italia
del
la R
edaz
ione
L’artig
iano
in ta
vola
Da sempre i turisti sono attratti dal fascino
della Toscana, considerata uno dei luoghi più
belli al mondo per la struggente dolcezza del
suo paesaggio, la tranquilla serenità del suo
cielo, la ricchezza del suo patrimonio artisti-
co e culturale, ma anche per la sua cucina
autentica, senza orpelli e infingimenti, da gu-
stare in silenzio e in raccoglimento.
Da qualche giorno visitarla sarà ancora più
piacevole e sorprendente grazie ad un’inizia-
tiva di Artex (Centro per l’Artigianato Artisti-
co) che ha scelto e schedato in Google Map
i laboratori e le botteghe dei migliori artigiano
toscani dei quali fornisce indirizzi, fotografie
e video.
Sono più di 300, sono i maestri che con l’ar-
gento, il vetro, il rame, la ceramica realizzano
ancora piatti, pentole, tegami, bicchieri, sup-
pellettili e ogni altro oggetto per la cucina e
la tavola con l’arte, la sapienza e l’eleganza
che giungono da un lontano passato. Visi-
tandoli si scopre un’altra Toscana, oltre a
quella più nota dei monumenti e delle grandi
opere, una più segreta ma ricca di sorprese;
si può entrare nel vivo dei processi creativi,
osservare da vicino le tecniche, fare la cono-
scenza di un artigianato che è stato certo
d’aiuto agli artisti della scultura e dell’archi-
tettura, senza il quale non sarebbe stato for-
se possibile realizzare i capolavori che tutto
il mondo ci invidia.
Grazie ad Artex è nato un nuovo modo di fare
turismo perché gli artigiani sono stati inseriti
su Google Map, dov’è possibile trovare tutte
le indicazioni per compiere dei percorsi nelle
località preferite. Gli itinerari possono essere
pedonali o automobilistici e si possono scari-
care sul sito www.collezionitoscane.it.
Gustare l’Italia45
Cliccando sul bottone
“itinerari dell’artigianato”
si avranno tutte le infor-
mazioni che occorrono.
Gli appassionati saranno
poi lieti di apprendere
che un’altra originale ini-
ziativa è nata grazie ad
Artex; si intitola ”Artour -
il Bello in piazza”; fino
all’otto dicembre, per 10
week-end si potrà assi-
stere ad una mostra itine-
rante del più prezioso ar-
tigianato: a Cortona
saranno esposti in quei giorni oggetti unici ed irripetibili del più alto artigianato toscano.
Nell’attesa possiamo noi suggerire l’itinerario per un week end in provincia di Siena che par-
te da Colle Val d’Elsa e arriva a Cetona; è obbligatorio visitare la vulcanica Industria Cerami-
ca, che dal 1911 realizza pentole in coccio e stoviglie in terracotta in materiale naturale, mol-
to resistente per poter cuocere a fuoco lento i cibi della tradizione.
Sempre a Colle Val d’Elsa è obbligatorio visitare la Cristalleria Colle Vilca, anch’essa fedele al
rispetto della tradizione e dello stile con i quali si creano bicchieri e brocche che sono vere
opere d’arte. Nel laboratorio si può assistere alla soffiatura, modellatura e rifinitura dei pezzi
che da una massa incandescente per opera degli artigiani diventano autentici oggetti d’arte.
Ci sono sommelier che rifiuterebbero di versare un grande vino se non da queste brocche, in
questi bicchieri; così come ci sono degli chef, anche grandi chef internazionali, che rifiutereb-
bero di cucinare le
loro creazioni senza
le pentole, i tegami
e le padelle che Ce-
sare Mazzetti e la
moglie Iolanda rea-
lizzano con passio-
ne nella loro Rame-
ria di Montepulciano,
continuando la tra-
dizione famigliare
che si tramanda dal
1800.
Visitare il loro labo-
ratorio è come en-
trare in un museo,
46Gustare l’Italia
perché Cesare vi custodisce con amore e ri-
spetto tutti gli arnesi con cui lavoravano il
padre e il nonno.
A pochi km da Montepulciano, a Cetona, si
possono visitare e ammirare le splendide
opere di Franco Cicerchia nel Laboratorio
Ceramiche Pippo, che prende il nome dal
padre fondatore della bottega. Franco si è
dedicato all’Accademia di Belle Arti di Peru-
gia e con un particolare procedimento, che
consiste in varie fasi di
smaltatura e cottura
che lo rendono unico,
crea sculture di altissi-
mo livello senza però
dimenticare la tradizio-
ne paterna nella pro-
duzione di piatti e pen-
tole.
Questo è soltanto uno
dei tanti percorsi che
grazie ad Artex si pos-
sono fare spaziando in
tutte le provincie.
Molti grandi chef to-
scani devono a questi
artigiani buona parte del loro successo, così
come lo devono a chi procura le materie pri-
me fedeli alla tradizione; dietro un grande ri-
storante c’è sempre il prezioso lavoro di veri
artisti che, spesso con grandi sacrifici, re-
stando fedeli ad una tradizione che è cultura
e ricchezza, continuano a creare gli ingre-
dienti e gli oggetti per cuocerli senza i quali
ogni cucina si impoverirebbe e scadrebbe
nel grigiore e nell’anonimato del fast food.
In cantina
Gustare l’Italia49
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iann
i Ren
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Il Calbanesco
50Gustare l’Italia
di A
ngel
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olc
iUn
vino
da
scop
rire
Ricordo la prima volta che incontrai il Calbanesco: mi trovavo alla Fra-
sca di Castrocaro, dal grande Gianfranco Bolognesi; Gianfranco me lo pro-
pose in abbinamento ad un piatto straordinario, capretto del Carnaio ar-
rostito con patate e cipolline al forno: “Senta questo vino, lo produce
un signore mio amico a Ricò Di Meldola nella vallata del Ridente a po-
chi km da qui”.
Me lo servì senza farmi leggere l’etichetta; vidi scendere nel bicchie-
re un vino rosso granata che diede un leggero sfavillio sul viola bril-
lante. Dall’aroma che mi avvolse, nel quale avvertì subito un preciso
sentore di tartufo nero, capii che si trattava di qualcosa di importan-
te. Gianfranco mi guardava con aria divertita: “Allora?” - chiese. Pro-
vai a indovinare: “Mi sembra una grande Sangiovese” - azzardai -.
Fece di no con la testa - “Se non mi avesse detto che è prodotto a
pochi km da qui, penserei ad un Brunello di ottima stoffa o a un No-
bile di Montepulciano…” –
Sorrise: “Non si sforzi… non lo sa nessuno. E’ stato battezzato Cal-
banesco perché è prodotto dall’azienda Le Calbane ma di che viti-
gno si tratti lo ignoro. L’uva dalla quale è prodotto sembrava a prima
vista Sangiovese ma ad una più attenta osservazione ci siamo accor-
ti che non lo era affatto. Lo facemmo controllare dall’Istituto Agrario
dell’Università di Bologna ma dovettero arrendersi anche loro: quel
vitigno non assomigliava a nessun’altro conosciuto. Venne così bat-
tezzato Calbanesco”.
Mi piacque questo nome perché mi ricordava un personaggio di Shakespeare, Calibano, uno
spirito demoniaco che nella tempesta è con-
trapposto ad Ariele, il folletto dell’aria. Ogni
grande vino rosso nasce sotto il segno del
fuoco ed ha perciò qualcosa di infernale (for-
se è per questo che i Langaroli chiamano
“infernotto” la cantina?), così come i grandi
bianchi sotto il segno dell’aria.
Sono segno di fuoco e lo mettono il fuoco
nelle vene i grandi rossi del sud, quelli
dell’Etna e del Vesuvio naturalmente, l’Aglia-
nico del Vulture, il Primitivo, lo spietato rosso
di Trani, il Cirò, e sono segnati dal fuoco i su-
perbi piemontesi, dal Barbera al Barbaresco
al Barolo, i veneti e i friulani, dal Merlot al Re-
fosco nero e ruggente (“Un re più fosco io
Ricordo la prima volta che incontrai il Calbanesco: mi trovavo alla Fra-
sca di Castrocaro, dal grande Gianfranco Bolognesi; Gianfranco me lo pro-
pose in abbinamento ad un piatto straordinario, capretto del Carnaio ar-
rostito con patate e cipolline al forno:
Gustare l’Italia51
Risotto con ragu’ di verza e quaglia al rosmarino
Ingredienti per 4 persone:
350 g di riso Carnaroli; 1 scalogno; 4 quaglie; 100 g di verza; ½ bicchiere di vino bianco; 2 rametti di
rosmarino; 1 carota; 1 costa di sedano; 1 cipolla; 10 bacche di ginepro; 1 spicchio d’aglio; 1 bicchie-
re di vino rosso; 100 g di Parmigiano grattugiato; 50 g di burro; brodo di carne; olio extra vergine d’oli-
va; sale e pepe q.b.
Preparazione:
disossare le quaglie, far rosolare in for-
no le ossa con un filo d’olio. Tagliare a
pezzetti la cipolla, la carota, il sedano,
far appassire lentamente in un tegame,
aggiungere le ossa delle quaglie e ba-
gnare con ½ bicchiere di vino rosso.
Far evaporare, aggiungere un rametto
di rosmarino, le bacche di ginepro e co-
prire con acqua fredda; far bollire lenta-
mente fino a ridurre di 2/3, filtrare e te-
nere in caldo.
Tagliare molto finemente la verza e sal-
tarla in padella con un filo d’olio e lo
spicchio d’aglio intero. Tagliare a pezzetti la carne del petto di quaglia e cuocere in forno le cosce
condite sale, pepe e rosmarino. Tritare lo scalogno, appassirlo in un tegame con l’olio, aggiungere il
riso, far tostare e bagnare con il vino rosso; continuare la cottura aggiungendo poco alla volta il brodo
bollente. Aggiungere a fine cottura la verza e la carne del petto saltata brevemente in padella.
Mantecare con rosmarino tritato, Parmigiano e burro. Disporre al centro dei piatti il risotto, adagiarvi
sopra le cosce di quaglia e condire il tutto con ristretto di vino e quaglia.
Ricett
e
non conosco del buon Refosco”) e i marchi-
giani del Conero e di Morro d’Alba, i toscani
e i liguri, tutti i rossi di ogni colore, rubino,
viola, nero, vermiglio, sanguigno, rossi fieri e
sfavillanti, violenti, stordenti, avvolgenti, pec-
caminosi…
E sono segni d’aria i grandi vini bianchi, non
soltanto gli Champagne e gli spumanti che
già nelle loro bollicine richiamano dell’aria la
lievità, ma l’elegante Chardonnay, il fine To-
cai, l’etereo Verdicchio, l’Albana, il Greco, la
La ricetta proposta è del Ristorante “La Frasca” di Milano Marittima - tratta da “Il Lusso della
Semplicità” di Gianfranco Bolognesi
Falanghina, la Catalanesca e tanti altri bian-
chi rilucenti, gentili, limpidi, casti, leggeri,
inebrianti, biondi in tutte le gradazioni
dell’oro, oro di spighe, di chiome di madonne
rinascimentali…
Di Calbanesco purtroppo se ne producono
solo poche centinaia di bottiglie e sarà per-
ciò difficile ottenerne una, ma se ci riuscirete
con lusinghe o minacce, provate poi a creare
il piatto che maggiormente vi intriga… prova-
te e sarete felici.
Lucied ombre
52Gustare l’Italia
di A
ngel
o e
Pie
ro S
olc
iI s
apor
i del
vino
Per poter diventare dei provetti degusta-
tori i buoni propositi non bastano; occorre
“studiare” (bere con cognizione) e studiare
conoscendo le regole e la grammatica ne-
cessarie: cioè quell’insieme di norme che de-
vono essere rispettate per permettere a chi
parla e a chi ascolta di potersi intendere in
modo corretto.
Dobbiamo necessariamente cominciare
dall’alfabeto ed imparare la terminologia
adatta ai diversi aspetti della degustazione.
Iniziamo considerando l’aspetto visivo: la
bottiglia è stata stappata con l’attenzione
che merita la divina bevanda e il vino è stato
versato nel bicchiere.
E’ quasi superfluo dire che il bicchiere deve
essere sempre di vetro o meglio ancora di
cristallo, sottile, limpido, senza colore o sfu-
mature.
Qualcuno usa in casa - e purtroppo anche in
certi ristoranti - bicchieri a calice di vetro ver-
de o giallo oro per i vini bianchi. Errore gros-
solano perché in questo modo si perde uno
dei primi piaceri che dovrebbe darci il vino: e
soprattutto ci impedisce di dare il primo giu-
dizio che riguarda appunto l’aspetto visivo.
A questo proposito, una volta osservato il vi-
no nel bicchiere, possiamo dare uno dei se-
guenti giudizi:
Stato di limpidezza• limpido: trasparente senza velature
o corpi estranei;
• brillante: trasmette luce;
• lucido: luminoso in senso statico;
© G
iann
i Ren
na
• opaco: non trasparente e senza luce;
• velato: in parte limpido e in parte
opaco a onde;
• torbido: presenza d’impurità che non
fanno filtrare la luce chiara;
• tartrati: impurità granulari o filiformi.
Gustare l’Italia53
Fluidita’• scorrevole: con buona fluidità;
• oleoso: denso con la dinamicità dell’olio;
• archetti: presenza di glicerina
(sono ampi e stretti).
Effervescenza• perlage: bollicine che salgono e lo determi-
nano (fine, grossolano, persistente, breve);
• spuma: effervescente che si può presenta-
re ricca, scarsa, persistente, breve.
Da una successiva analisi del colore distin-
gueremo i vini nelle seguenti categorie:
Vini Bianchi• bianco carta: incolore quasi come l’acqua;
• giallo verdognolo: con in più l’ombra
verdolina;
• giallo paglierino scarico: color paglia sbiadita;
• giallo paglierino: la paglia normale;
• giallo paglierino carico: la paglia bagnata;
• giallo oro;
• giallo ramato: color oro tendente al rame
(oro antico);
• giallo ambrato: tonalità più scura,
tipico dei vini liquorosi, passiti da dessert.
Tutte queste tonalità possono avere riflessi
verdognoli dorati o ambrati più o meno ac-
centuati.
Vini Rosati• rosa pallido: come i petali dell’omonimo fiore;
• rosa antico;
• cerasuolo: ricorda le ciliegie con sfumature
chiare;
• chiaretto: un cerasuolo più carico e brillante;
• buccia di cipolla: tra il rosa carico e il giallino.
Vini Rossi• rosso granata;
• rosso granata scuro;
• rosso rubino scarico;
• rosso rubino;
• rosso rubino carico;
• rosso porpora: tonalità intensa
con tendenza al viola;
• rosso amaranto: tipico della ciliegia
molto matura;
• rosso ramato: con riflessi.
Queste tonalità possono avere riflessi matto-
nati e ramati, con unghia arancione. Sono
considerati difetti le sfumature bluastre, volpi-
ne e marroni.
Vi raccomandiamo: studiate, studiate…
E vi salutiamo con questa rima di Dante: “…
guarda il calor del sol che si fa vino giunto
all’umor che dalla vite cola”.
darty.indd 87 28-08-2008 15:26:04
Gustare l’Italia55
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La Valle d’Aosta
Il turismo in Valle d’Aosta
56Gustare l’Italia
die
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edaz
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sta
Come è ormai tradizione l’estate valdostana
ha proposto ai turisti sempre più esigenti e raffi-
nati, una seria di avvenimenti che si sono succe-
duti senza sosta da giugno ad agosto e conti-
nueranno per tutto settembre.
Ci sarà poi una breve pausa per far riprendere
fiato agli operatori turistici e poi si ricomincerà a
novembre con una nuova fantastica stagione
sciistica.
Chi ha avuto la ventura di trascorrere le vacanze
nella Valle ha potuto partecipare ad eventi di
grande fascino dedicati al pubblico più eteroge-
neo; ce n’era davvero per tutti i gusti: per gli
manti della musica, del ballo, della moda, della
cultura, del circo, del teatro, delle arti figurative,
della gastronomia, delle discipline sportive…
senza naturalmente dimenticare i bambini.
Gli innamorati della musica hanno potuto sce-
gliere fra spettacoli di assoluto livello artistico
come il Festival Musicastelle che dopo il succes-
so dell’edizione 209 ha presentato nella splendi-
da cornice dei castelli medioevali, artisti di fama
internazionale come Eleonora Abbagnato, la pri-
ma ballerina dell’Opera di Parigi che nello stu-
pendo Parco del Castello di Fenis si è esibita nel
balletto “Chopin e la danza” per ricordare il bi-
centenario della nascita del grande compositore
polacco.
Sempre al Castello di Fenis si è tenuto un con-
certo unico ed esclusivo di Franco Battiato con
Gustare l’Italia57
la Royal Philarmonic Orchestra di
Londra, mentre al Forte di Bard si è
reso omaggio alla musica brasilian
con i concerti di Caetano Veloso e
Toquinho.
E ancora in tema di musica e castel-
li grande successo ha avuto la ras-
segna itinerante “Chateaux en musi-
que” che ha proposto ad un pubblico
di appassionati le esibizioni di raffi-
nati concerti di musica barocca e ri-
nascimentale nei castelli di Issogne,
Introd, Verrès, Aymaville, Quart, Fe-
nis e Saint Pierre.
L’ormai tradizionale festival “Aosta
Classica” ha inoltre ospitato al Tea-
tro Romano artisti come Pat Me-
theny ed il mitico trio statunitense
Crosby, Still and Nash.
Il folklore e la tradizione sono stati ricordati nella
millenaria “Foire d’Etè” che ha presentato l ec-
cellenze dell’artigianato valdostano. Lo sport ed
il tempo libero hanno avuto ampio spazio nel
carnet delle manifestazioni ma gli sciatori hanno
come sempre avuto per meta preziosa le piste
del Plateau Rosa.
Non sono stati naturalmente dimenticati i ragaz-
zi che hanno potuto prendre parte a manifesta-
zioni ideate per loro come la “Mont Blanc Mania”
di Courmayeur o “Morgex per giocare”, che ha
visto i bambini protagonisti di giochi, gare di di-
segno e divertimenti vari.
Una parte di grande rilievo l’hanno infine avuta le
manifestazioni dedicate alla gastronomia come
“Calici di stelle” e la “Fehta dou Lar” di Arnad
che hanno visto la partecipazione di un folto
pubblico di gourmet desiderosi di gustare le ec-
cellenze dei prodotti locali; ma le sagre e le feste
gastronomiche sono state innumerevoli: dalla
“Sagra del dolce” di Champdepraz alla “Sagra
della fiocca” di Avis, dalla “Sagra della trota e del
vin blanc” di Morgeux alla “Festa del pane nero”
58Gustare l’Italia
di Champorcher, dalla “Sagra dei formaggi” di
Antey-Saint-Andre alla “Sagra della fontina” di
Oyace, da “Brindisi sotto le stelle” di Saint Pierre
alla “Sagra del cinghiale” di Pontey, e così via.
Anche settembre non sarà da meno perché con-
tinueranno le serate dei “Saveurs du Val d’Ao-
ste”; i ristoranti che partecipano all’iniziativa
ogni venerdì proporranno eventi multi-sensoriali:
un insieme di sapori, profumi, colori, tradizioni e
suoni per conoscere gli aspetti più caratteristici
del territorio valdostano.
Il format rivolto agli ospiti prevede 12 luoghi, 12
prodotti tipici, 12 cantine e 12 ristoranti. Il mo-
mento della degustazione è sempre accompa-
gnato da musiche e voci che intonano vari re-
pertori: dalle arie di opera e operetta, alle
canzoni anni ’40-’50-’60, fino ai cnti tradizionali
della Valle.
Le due manifestazioni più importanti di settem-
bre avranno però luogo il 12 e il 26 del mese; so-
no la “Maratona dei Giganti” e la “Désarpa”.© F
erna
ndoz
Gustare l’Italia59
La “Maratona dei Giganti”La prova, che per tipologia di percorso è stata de-
finita “la più impegnativa al mondo”, consiste nel
percorrere l’intero perimetro della Valle sui sentie-
ri che si trovano ai piedi delle vette più alte delle
Alpi nel tempo massimo di 150, ovvero 6 giorni e
6 ore.
Il percorso è molto impegnativo e complesso: 330
km la lunghezza complessiva del circuito, 24.000
i metri di dislivello affrontati dai partecipanti, 25 i
colli sopra quota 2000 metri con un picco massi-
mo di 3000 metri in corrispondenza del Col Lau-
zon, il colle più alto della Val d’Aosta: insomma
un’Impresa con la “I” maisucola a cui saranno ammessi tutti gli appassionati over 20 per il cui svol-
gimento è richiesta, ovviamente, un allenamento specifico alla resistenza, una grande motivazione
ed un profondo ed incondizionato amore per la natura visto che non è previsto nessun premio.
La “Dèsarpa” L’ultima domenica di settembre di ogni anno pari, il Comune di Aosta in collaborazione con l’Asses-
sorato all’Agricoltura, organizza una festa per la “dèsarpa”; il 26 di questo mese Piazza Narbonne nel
capoluogo della regione sarà trasformata in un giardino montano e per i visitatori sarà come com-
piere un’escursione sulle alture dove gli “arpian” hanno trascorso più di tre mesi per realizzare le lo-
ro straordinarie creazioni.
Il momento clou della giornata sarà quando il corteo dei bovini, capre e pecore appena discesi dai
monti attraverseranno le vie del centro storico fra due ali di folla festante.
Sotto i portici di Piazza Chanoux e in Piazza Plouves saranno allestite bancarelle con i prodotti ca-
seari valdostani: tome fresche e stagionate, burro, Valle d’Aostra Fromadzo D.O.P e naturalmente le
superbe fontine.
Saranno presenti an-
che anche i prodotti le-
gati alla secolare tradi-
zione agroalimentare
ella Valle: il jambon de
Rosses, il lard d’Arnad,
il miele dalle cento sfu-
mature cromatiche:
millefiori, rododendro,
castagno, tiglio, taras-
saco…e poi ancora i
superbi vini valdostani
delle cantine più presti-
giose.
60Gustare l’Italia
di C
ino
To
rto
rella
Se la Fontina fosse una donna - e formag-
gio femmina certamente è - apparterrebbe alla
categoria di quelle apparentemente prive di lu-
singhe che all’inizio ti lasciano quasi indiffe-
rente ma poi ti fanno innamorare perdutamen-
te: bisogna conoscerle, scoprirle, conquistarle.
Così la Fontina; più di una volta io l’avevo in-
La fontina degli Arpiancon la fonduta (il fuyot è lo speciale contenito-
re in terracotta dove lo si cuoce). Quante altre
volte avevo assaggiato la fonduta senza rica-
varne particolari emozioni? Il mistero mi fu
svelato da Mimì Feroli che, con la sorella Silvia
detta Cicci, il cognato Attilio Neyroz e il nipote
Corrado, ha creato l’Hermitage, un affascinate
Relais & Chateaux e in assoluto
il più raffinato ed elegante hotel
della Valle d’Aosta: la Fontina
per la fonduta proveniva dall’al-
peggio di Avuil, dove ci sono
l’erba più squisita e i fiori più
colorati del Breuil.
L’alpeggio, acquistato alla fine
dell’Ottocento dai nonni di
Mimmì e Cicci, era gestito da
Sulpizio detto Sulpì, un pastore
che da ottant’anni a ogni inizio
estate saliva fin lassù per crea-
re la sua fantastica Fontina.
Era uno degli ultimi pastori a
praticare i gesti di una tradizio-
ne secolare; la Fontina, infatti, è
uno dei pochi formaggi che va
fatto col latte freschissimo en-
tro due ore al massimo dalla
mungitura e sull’alpe di Arvier,
mentre i mungitori erano all’ope-
ra nella stalla, era già pronta sul
fuoco la grande caldaia di rame
nella quale, senza perdere un instante, inco-
minciava la lavorazione.
Quando a settembre Sulpì ridiscendeva a valle
il suo prezioso carico di Fontine veniva depo-
sitato in una cantina dell’Hermitage scavata
nella roccia, dove le forme si conservavano
morbide e fragranti.
contrata senza esserne particolarmente attrat-
to, forse anche perché venivano spacciati per
Fontina anonimi formaggi provenienti da chis-
sà dove, persino dalla Svezia o dagli Stati Uni-
ti… il colpo di fulmine si verificò a Cervinia
quando lo chef Roberto Pession dell’Hermita-
ge mi servì uno straordinario fuyot di asparagi
Gustare l’Italia61
Da qualche anno però Sulpì se n’è volato più in alto del
suo alpeggio e nessuno ha preso il suo posto ad Avuil
che ha seguito il destino di molti pascoli d’alta monta-
gna rimasti tristemente abbandonati; eppure all’Hermi-
tage la Seupa alla Valpellinentze, la tartiflette, la seupet-
ta cogneintze e tutti gli altri piatti valdostani che
richiedono la Fontina hanno conservato la stessa fra-
granza di allora.
Il merito è di Attilio Neyroz che, girando le montagne del-
la Valle alla ricerca delle piante e dei frutti per creare il
suo Genepy e le sue strepitose grappe di mirtilli, lampo-
ni, maresche e pigne selvatiche, conosce uno per uno
tutti gli ultimi arpian, gli alpigiani che, da La Thuile ad
Ayas, continuano a fare la Fontina come mille anni fa.
Proprio oggi Attilio deve andare a fare acquisti in un ma-
so sopra Valtournanche… si parte.
La salita è lunga e faticosa, a volte la vettura sembra chiedere pietà. Verso le 3 del pomeriggio
arriviamo all’alpe dominata dalla grande roccia del Bec Carré; le mucche sono al pascolo inten-
te a brucare questa erba fresca e profumata, prima che l’inizio dell’autunno le riporti a valle a
trascorrere i lunghi mesi invernali nutrendosi solo di fieno.
Sono mucche rigorosamente valdostane: le pezzate rosse, placide e tranquille, sono le più adat-
te a produrre latte, mentre tra le nere, impazienti, nervose e aggressive, ogni anno una - dopo
molti combattimenti eliminatori che si svolgono
in tutta la Valle nei giorni di festa – viene incoro-
nata all’arena di Aosta Croix Noir la gloriosa re-
gina delle corna.
Sono subito conquistato dalla pace e dalla se-
renità del luogo; la giornata qui è scandita da
ritmi sempre uguali: sveglia alle 2 di notte per la
prima mungitura; alle 4 si inizia la lavorazione
del latte che, immesso nella grande caldaia, si
trasforma in Fontina mentre le 90 mucche si
sparpagliano nei prati.
Alle 12 rientrano nella stalla mentre le forme del
prezioso formaggio, ciascuna di circa 9 kg, so-
no ormai pronte per essere marchiate con la fa-
scera, il numero che contraddistingue la fami-
glia degli alpigiani.
Una pausa per il pranzo frugale, un paio d’ore
per un breve riposo e incomincia la fatica po-
meridiana: un caffè, una spruzzata d’acqua sul
viso e si riscende nella stalla per la seconda
62Gustare l’Italia
mungitura mentre al piano di sopra, in un an-
golo della casera, è già pronta, ripulita e lucci-
cante la caldaia di rame appesa a un robusto
gancio, il tor.
Siamo arrivati in tempo per assistere a questa
seconda fase; il latte appena munto riporta i
profumi dei fiori e dell’erba dei prati, sa di vio-
lette, di genziane, di negritelle e degli altri fiori
che verranno imprigionati nelle forme di Fonti-
na, ha l’apparenza della panna montata ma se
lo tocchi si dissolve. Quando il latte arriva a
36° bisogna aggiungere il caglio li-
quido e lasciarlo riposare per poco
più di mezz’ora, il tempo necessario
perché maturi e assuma spessore.
Quindi, con il moudeun, un aggeg-
gio di legno simile ad un enorme
pettine, si inizia la rottura della ca-
gliata.
Prima si forma una croce, poi si
spezza la pasta molle con larghi
cerchi concentrici. Ne assaggio un
pezzo: è dolce, delicata, col sapore
dell’infanzia.
Quando la pasta è matura viene tol-
ta dalla caldaia e, avvolta in teli di
iuta, viene messa in tondelli di legno
sotto le presse che le toglieranno gli
ultimi residui di siero e le conferiran-
no la forma definitiva.
Nel frattempo le mucche sono tornate al pa-
scolo pomeridiano…
Per raggiungere la perfezione le forme di Fon-
tina, frutto del lavoro di un’intera giornata, do-
vranno riposare almeno 100 giorni nella canti-
na seminterrata di una baita a metà strada tra
l’alpeggio e Valtournanche.
E’ difeso e protetto come il caveau di una ban-
ca e le forme che vi giacciono - che a fine sta-
gione saranno circa 700 - sono certo preziose
come lingotti d’oro. Al centro del pavimento
sterrato scorre un ruscello d’acqua che ha il
compito di tenere costantemente le forme alla
temperatura di circa 10°.
La Fontina, infatti, si mantiene con la sua ca-
ratteristica dolcezza e con la crosta rosea fino
alla fine della primavera solo se viene lasciata
in queste cantine dove l’acqua ne conserva
l’umidità. Un giorno sì e un giorno no bisogna
procedere alla salatura che consiste nello
spargere sale in modo omogeneo sulla crosta
così che possa penetrare in profondità.
Le forme più stagionate, allineate sulle assi di
legno, a destra hanno la superficie scura e
Gustare l’Italia63
profumata e sono pronte per arric-
chire i più tradizionali piatti valdo-
stani. Le altre, di fronte a sinistra,
sono pallide e comunque squisite
per il loro sapore fresco e ancora
giovane.
Per gustare una Fontina perfetta
consiglio proprio di andare in Valle
d’Aosta, dove dà il meglio di sé.
Non che la Fontina dei caseifici e
delle latterie sia un prodotto sca-
dente, anzi.
Il Consorzio Produttori Fontina è
molto attento nella difesa della
qualità e molti sono gli ispettori
che girano per le valli e controlla-
no quotidianamente i produttori
anche durante l’inverno, per assi-
curarsi che il fieno sia esclusiva-
mente di erbe valdostane e che
siano rispettate le regole previste
dalla Denominazione di Origine
Protetta (DOP) ottenuta - dopo
una lunga battaglia.
Basti pensare che delle 450.000 forme prodot-
te annualmente solo l’80% riesce ad avere il
marchio che ne certifica l’assoluta genuinità e
perfezione, mentre un 20% viene scartato per-
ché presenta qualche difetto.
Ormai il 65% della Fontina in commercio è
vernenga, cioè prodotta in inverno (a differen-
za della maggenga estiva). Forse però il Con-
sorzio dovrebbe segnalare la differenza e an-
che il prezzo dovrebbe essere diverso per
premiare chi si sottopone alle fatiche dell’al-
peggio. I produttori giù in valle mettono il latte
appena munto in contenitori in attesa che pas-
si il camion del Consorzio che lo porta al cen-
tro di produzione dove, mescolato col latte de-
gli altri consorziati, viene lavorato con tecniche
ultramoderne.
A parte il rischio elevato che l’iter produttivo
non avvenga nel tempo previsto, sarebbe co-
64Gustare l’Italia
me se in una zona di grande vocazione vinico-
la per fare il vino si mescolassero i grappoli dei
diversi vitigni: il prodotto ottenuto può anche
essere ottimo ma certo manca d’identità.
Ogni alpeggio è per la Fontina, e per qualsiasi
altro formaggio, come il cru per il vino; cambia
sapore a seconda della posizione del terreno,
della sua esposizione al sole, della ricchezza e
del tipo di erbe e fiori.
Proprio a fine settembre cade il giorno della
désarpa e, dopo la mungitura e il pascolo del
mattino, le mucche scenderanno a valle e per
lunghi mesi daranno l’addio all’erba fresca dei
prati. Poi le forme di Fontina verranno portate
al Consorzio, dove saranno sottoposte al va-
glio della giuria che dovrà saggiarne la qualità
e verificare l’assenza di ogni difetto, prima di
concedere l’apposizione del marchio DOP.
D’ora in poi quando gusterò la Fontina, quella
vera, risentirò il profumo del latte appena
munto, caldo, profumato e rivedrò i visi della
famiglia Neyroz e degli alpigiani: facce dure
ma serene, schiette, orgogliose. Facce che
vorrei incontrare tutti i giorni.
E dirò di nuovo grazie a loro e a tutti coloro
che lavorano lassù, tra mille difficoltà, con ritmi
e sacrifici che al di là del guadagno forse solo
una quieta poetica follia può spiegare.
Gustare l’Italia65
Ricett
e
Patata farcita con fonduta e tartufo nero pregiato
Ingredienti per 4 persone
10 piccole patate - 100 gr. di ricotta
1 scalogno - 1 dl. di olio extra vergine d’oliva
150 gr. di tartufo nero
per la fonduta
100 gr. di fontina - 1 cucchiaino da the di farina tipo “00” - 50 dl. di latte - 2 tuorli d’uovo
Preparazione:
Tornire le patate, tagliarle a metà, svuotarle con uno scavino e cuocerle a vapore.
Tritare lo scalogno, cuocerlo nell’olio e aggiungere la ricotta. Con questa crema riempiamo le patate
e le teniamo in caldo.
Tagliare la fontina a pezzi e metterla in un pentolino con il latte le uova e la farina setacciata, cuocere
fino ad arrivare al primo bollore girando continuamente con un mestolino tenere in caldo.
Dividere la fonduta nei piatti, le patate farcite con una fetta di tartufo sopra e il resto del tartufo nel
piatto come decorazione.
Le ricette proposte sono dello Chef Roberto Pession del Ristorante “La Chandelle” dell’Hotel
Hermitage di Breuil - Cervinia
66Gustare l’Italia
Soufflè di asparagi con la nostra fonduta e tartufo nero
Ingredienti per 4 persone
per il soufflè
200 gr. di asparagi verdi - 10 gr. di burro - 2 tuorli d’uovo - 4 albumi - 40 gr. di parmigiano - aglio -
rosmarino - sale - pepe
per la fonduta
100 gr. di fontina - 1 cucchiaino da the di farina tipo “00” - 50 dl. di latte - 2 tuorli d’uovo
100 gr. di tartufo nero
Preparazione: pelare gli asparagi e cuocerli in poca acqua, tagliare le punte e lasciarle da parte.
Frullare i gambi dopo averli soltati con il burro, l’aglio e il rosmarino.
Aggiungere il parmigiano i tuorli sale e pepe egli albumi montati a neve mettere i soufflè negli stampi
a pozione (non più di ¾)
Cuocere a 180° per 20 minuti
Tagliare la fontina a pezzi e metterla in un pentolino con il latte le uova e la farina setacciata, cuocere
fino ad arrivare al primo bollore girando continuamente con un mestolino tenere in caldo.
Dividere la fonduta nei piatti, sfornare i soufflè appoggiarli sulla fonduta e tagliare il tartufo a lamelle
Gustare l’Italia67
Ravioli su fonduta di fontina e tartufo nero
Ingredienti per 4 persone
Per il ripieno
800 gr. di spinaci selvatici - 200 gr. di mascarpone - 50
gr.di prezzemolo - 2 tuorli d’ uovo - 50 gr. di parmigiano -
sale - pepe - noce moscata.
per la pasta
200 gr. di farina di semola di grano duro - 6 tuorli d’uovo
- 1 dl. di olio
per la fonduta
100gr.di fontina - 1cucchiaino da the di farina tipo “00” - 50 dl. di latte - 2 tuorli d’uovo
100 gr. Di tartufo nero
Preparazione: impastare la farina di semola con i tuorli e l’olio fino ad ottenere una massa pronta da
sfogliare. Cuocere gli spinaci in abbondante acqua salata,tritarli con il prezzemolo e aggiungere il
mascarpone,i tuorli, il parmigiano sale pepe e noce moscata.
Tagliare la fontina a pezzi e metterla in un pentolino con il latte le uova e la farina setacciata, cuocere
fino ad arrivare al primo bollore girando continuamente con un mestolino tenere in caldo.
Sfogliare la pasta molto sottile e formare i ravioli con abbondante ripieno.cuocere in abbondante ac-
qua salata. Dividere la fonduta nei piatti,i ravioli e tagliare il tartufo nero
La “Bataille des Reines”
68Gustare l’Italia
di A
rab
ella
Pez
za
La prima volta che ho sentito nominare la
“Bataille des Reines” ho subito pensato a
qualcosa di medievale: mi immaginavo le da-
me dei celeberrimi castelli valdostani a com-
battere tra di loro, forse per conquistare il
cuore di un principe, forse per dimostrare al-
le altre chi fosse - che so - la migliore a orga-
nizzare banchetti o ricevimenti. Insomma, il
mio pensiero era lontano anni luce a quelle
che invece sono realmente “les Reines” val-
dostane. A mia discolpa c’è però da dire che
ero una giovane e innocente fanciullina sedi-
cenne, appena arrivata in Valle d’Aosta, che
ancora non conosceva gli usi e le tradizioni
locali. E proprio a causa della mia giovane ti-
midezza per parecchio tempo ben mi sono
ben guardata dal chiedere delucidazioni; so-
pravvivevo - ingenua! - nella mia ferma con-
vinzione che dame e regine combattessero
tra di loro chiuse in regge e castelli abbarbi-
cati tra monti e vallate.
Quando finalmente ho scoperto che la “Ba-
taille des Reines” in verità altro non è se non
una tradizione folkloristica che si svolge ogni
anno in Valle e si conchiude con la finale che
si svolge all’interno dell’arena Croix-Noire di
Aosta, mi è quasi caduto un mito.
Ma come: io sognavo ad occhi aperti splen-
dide sovrane in abiti di broccato e velluto e
invece scopro che si tratta di vacche? Anzi,
di “vatse”, come le chiamano in patois i val-
dostani. Infatti, la Bataille consiste in due
mucche di razza valdostana pezza-
ta nera che si misurano spingendo-
si con le corna; vince la prima che
allontana l’avversaria.
mucche di razza valdostana pezza-
ta nera che si misurano spingendo-
si con le corna; vince la prima che
mucche di razza valdostana pezza-
ta nera che si misurano spingendo-
si con le corna; vince la prima che
Gustare l’Italia69
Mi spiegarono poi che la prima Bataille av-
venne nella Comba di Vertosan (una località
molto suggestiva tra i comuni di La Salle e di
Avise) e nel 1892 il noto poeta patois valdo-
stano Jean-Baptiste Cerlogne le dedicò la
poesia “La bataille di vatse a Vertozan”.
Nel 1947 si svolse invece la prima edizione
moderna nello stadio di Aosta. Insomma, da
tempi immemorabili queste agili vacche val-
ligiane si scontrano tra di loro durante una
vera e propria battaglia e io non solo ne igno-
ravo l’esistenza, ma non avevo mai neppure
assistito ad un combattimento!
E’ stato allora che ho deciso di assistere al
primo appuntamento di una delle eliminato-
rie estive (durante l’estate, per qualche setti-
mana, il circuito delle Batailles de Reines si
ferma per permettere alle mandrie di salire in
alpeggio e per concedere un pò di riposo al-
le reines prima dell’inizio delle finali). Mi sono
informata, ho cercato qualcuno che potesse
accompagnarmi (sì, tremavo all’idea di assi-
stere da sola allo scontro) e - armata dei miei
migliori propositi -– sono partita alla scoper-
ta di questa intrigante e per me misteriosa
realtà.
In Valle d’Aosta queste “reines” sono le rap-
presentanti più battagliere della razza valdo-
stana, quelle che animano le lotte anche
all’interno delle mandrie. Posseggono carat-
teristiche morfologiche che le distinguono
dalle compagne: una corporatura possente e
muscolosa, la fronte larga, dotata di corna
robuste, orientate normalmente in avanti.
I combattimenti avvengono spontaneamente
già durante la mescolanza all’nterno di una
70Gustare l’Italia
stessa mandria (o di più
mandrie) come in occasione
della salita in alpeggio
dell’estate. Le “batailles
programmate”, come quella
alla quale mi accingevo ad
assistere io, sono invece or-
ganizzate dall’Association
Régionale Amis Batailles de
Reines, su di un’area appo-
sitamente scelta ed ade-
guata e contro un’avversa-
ria assegnata a sorteggio.
Durante l’incontro quello
che mi ha maggiormente colpito è che non c’è forzatura a lottare da parte dell’allevatore, che
rimane tra gli spettatori, tutti molto numerosi e partecipi; la competizione è leale, l’animale
lotta contro un suo simile ad armi pari e non c’è lo scopo di eliminare l’avversaria, bensì di
ottenerne la sottomissione con una più o meno onorevole sconfitta.
Proprio per questo ho assistito a tutta la battaglia davvero positivamente impressionata e an-
che parecchio coinvolta; alla fine dell’incontro ho deciso che mai e poi mai mi sarei persa la
finale (che quest’anno si svolgerà il 24 ottobre ad Aosta).
Questi combattimenti hanno assunto un grande interesse non solo nel mondo agricolo, ma
fanno anche parte di una cultura e di una tradizione di cui tutti i valdostani vanno molto or-
gogliosi: hanno ragione.
Rubriche
Gustare l’Italia73
74Gustare l’Italia
Il vero gourmet che arriverà per la prima volta a Milano in occasione della Grande Esposizione
del 2015 sarà certo curioso di visitare i ristoranti dove poter incontrare il meglio della cucina del
nostro Paese, i sapori autentici e genuini della nostra terra. “Gustare l’Italia” vuol dare il proprio
contributo a questo legittimo desiderio e segnalerà quei locali ai quali il turista goloso non dovrà
rinunciare per nessuna ragione. Presentiamo quindi due personaggi che hanno portato nel ca-
poluogo lombardo le creazioni gastronomiche della Toscana.
di D
avid
e R
amp
ello
- F
oto
di G
iann
i Ren
na
Quando Aimo ha compiuto sessant’anni i
figli Stefania e Andrea gli hanno regalato un
album di fotografie che ripercorre la storia dei
genitori: “una grande, bellissima storia fatta di
chiari e di scuri, di gioie e dolori, una storia
d’amore della nostra terra e i suoi frutti” dice
la dedica.
Aimo e Nadia non l’hanno mai tradita la loro
terra; i suoi frutti, le suggestioni, i ricordi sono
“Il luogo” di Aimo e Nadia
I risto
ranti
Exp
o
presenti in ogni nuova creazione sempre lega-
ta ad antichi sapori, ad antiche ricette reinter-
pretate con sensibilità e rispetto.
Sono arrivati a Milano negli anni ‘50 come
molti altri loro conterranei; in quegli anni nella
maggior parte dei ristoranti Milanesi non si
parlava che il dialetto musicale dei paesi a ca-
vallo fra la Lucchesia e la provincia di Pistoia:
Pescia, Chiesina Uzzanese, Altopascio… nel-
Gustare l’Italia75
la Guida dell’ “Accademia
della cucina” voluta da Orio
Vergani, fra i 44 ristoranti di
Milano segnalati, ben 21 era-
no toscani e toscano era tut-
to il personale, dal maitre
all’ultimo degli sguatteri, arri-
vati dalla Valdinievole e din-
torni e ciascuno sicuro - co-
me i soldati di Napoleone - di
avere il bastone di marescial-
lo nel proprio zaino.
Fra questi c’era un ragazzot-
to, figlio di una buona cuoca,
che ogni anno in periodo di
fiera partiva da Pescia per
venire a dare un aiuto alla
Paolina in Via Palazzo Reale.
Si chiamava Aimo Moroni ed
aveva una gran voglia di la-
vorare e di imparare.
Troppo spesso nella ristora-
zione va di moda l’improvvi-
sazione: c’è chi apre un risto-
rante perché ha fatto una scommessa, perché
ha avuto una eredità, per sfizio, per gioco, per-
ché ha fatto uno stage di quindici giorni da
Gualtiero Marchesi e si crede subito generale.
Aimo è uno dei pochi che ha incominciato da
soldato semplice; lo troviamo infatti quattordi-
cenne in Piazza Mercanti a lavare i piatti da
Giacchino, a scolare verdure, a fare - come si
dice - “l’interno”.
A occhio pronto attento e subito viene pro-
mosso “aiutante di spesa”. Prima insieme al
proprietario e presto da solo comincia a fre-
quentare l’Ortomercato che, da all’ora, anco-
ra oggi dopo 60 anni, rivisita ogni mattina alla
ricerca del meglio.
A poco più di 20 anni con la madre e una gra-
ziosa brunetta arrivata - naturalmente - da Pe-
scia, prende in gestione la sua prima trattoria.
In realtà si tratta di una diecina di tavoli in una
sala annessa ad una tabaccheria in Via Co-
pernico nella vecchia Milano, ma in poco tem-
po i loro piatti rigorosamente toscani diventa-
no famosi nel quartiere anche per la qualità
dei prodotti scelti con un’attenzione quasi
maniacale.
Il matrimonio con Nadia gli dà la carica per
compiere il passo decisivo, il sogno di ogni
emigrato: avere un locale tutto suo. C’era
nell’allora estrema periferia di Milano, in Via
Montecuccoli ancora da asfaltare una locan-
da nata negli anni ’30 come osteria (gioco di
bocce, vino e pesciolini fritti).
Il proprietario si lascia incantare da quei due
simpatici giovani e concede un pagamento
molto dilazionato facendo credito al loro entu-
siasmo e alla loro voglia di lavorare.
76Gustare l’Italia
Sono da allora passati 50 anni, sono arrivati
due figli, due stelle Michelin, riconoscimenti e
apprezzamenti da ogni guida gastronomica
italiana e straniera, ma entusiasmo e voglia di
fare sono rimasti immutati.
I francesi che di buona cucina hanno dato le-
zione a tutto il mondo misurano un buon risto-
rante anche dai chilometri che un cliente è di-
sposto a fere per raggiungerlo: “mérite un
détour” dicono (vale una deviazione )… ma di
quanti chilometri? 10,50,100?
A Milano ci sono oggi molti ristoranti segnala-
ti dalle varie guide; quanti di questi valgono
una deviazione, diciamo di 50 chilometri?
Possiamo contarli sulle dita di una mano, ma
fra questi c’è sicuramente il “Luogo di Aimo e
Nadia”; sono passati più di 20 anni da quando
sono felicemente approdati in Via Montecuc-
coli ma sembra che gli anni non siano trascor-
si per la bella coppia; qualche anno fa Aimo ha avuto un problema di salute che lui chiama
un “pit stop” come quando i piloti di formula
1 si fermano ai box per ricaricare i serbatoi e
cambiare le gomme. Era stato sul punto di ri-
nunciare a riprendere la corsa, ma l’esitazione
è durata davvero un attimo; uno sguardo a
Nadia e alla figlia Stefania e subito ha riacce-
so i motori ed eccolo in piena forma per la fe-
licità dei gourmet più esigenti.
“Allora, Aimo, che cosa preparerai per chi
arriverà a Milano in occasione dell’Expo?”
“L’ospite che arriverà in Italia da ogni parte del
mondo avrà anche il piacere di ritrovare in un
ristorante i sapori che rappresentano il nostro
Paese; dobbiamo impegnarci dunque, e l’invi-
to lo estendo anche ai colleghi, per non far
mancare in un menu, accanto ai piatti creativi,
un bel risotto alla milanese o delle tagliatelle
alla bolognese e, perché no? una “zuppa di
cavolo nero e pane” secondo la migliore tradi-
zione toscana, con ingredienti rigorosamente
della nostra campagna. C’è in questo piatto
tutta la storia della sua gente, della sua terra e
Gustare l’Italia77
rappresenta perfetta-
mente la cucina italiana
che non è una cucina di
arte ma nasce quasi
sempre da esigenze di
risparmio e di bilancio,
la cucina alla quale ave-
vano cercato di dare
nobiltà nell’800 Pellegri-
no Artusi (la Scienza in
Cucina) e Lorenzo Stec-
chetti (la Tavola e la Cu-
cina nei XIV e XV) ma
che doveva aspettare
gli anni 70 del 900 per
essere rivalutata appie-
no quando gli America-
ni scoprirono le virtù straordinarie di quella
che chiamavano “alimentazione mediterra-
nea” (mediterranen diet), semplice e essenzia-
le.”
La zuppa di Aimo e Nadia non è altro che la
“zuppa di magro alla contadina” quella che
l’Artusi presentava così: “questa zuppa che
per modestia si fa dare l’epiteto di contadina,
sono persuaso sarà gradita da tutti, anche
dai signori, se fatta con la dovuta attenzio-
ne.”
Tra gli ingredienti: fagioli bianchi, cavolo ne-
ro, cavolo verza, foglie di erbetta, cipollotti
freschi, porri, carote, zucchinette, patate,
gambi di sedano verde, finocchiella selvati-
ca, prezzemolo, basilico, olio extravergine e
naturalmente fette tostate di pane toscano
raffermo.
Sembra la ricetta più faci-
le da realizzare; provate
voi a trovare l’autentico
cavolo nero toscano sen-
za nervature così come
deve essere: la foglia non
molto grande, l’apparen-
za fragile quasi appassi-
ta, il profumo intenso e
delicato, il sapore netto e
incontrollabile … (a Mila-
no gli intenditori si scam-
biano gli indirizzi di due o
tre sicuri importatori e
non lo rivelano che a po-
chi fortunati gourmet).
78Gustare l’Italia
Un altro discorso esclusivo va fatto per i fa-
gioli (anzi: “I FAGIULI” come scriveva l’Artu-
si); devono essere assolutamente di Sorana,
un minuscolo delizioso paese in Valdinievole.
Sono forse i fagioli più cari e preziosi del
mondo: chi riesce a trovarli li paga oggi intor-
no ai € 80,00 al chilo.
Narra la leggenda che un contadino stava
andando al mercato con due secchi di fagio-
li quando fu sorpreso da una pioggia torren-
ziale (una “burrascata” come si dice da quel-
le parti) che fece cadere l’asino e rovesciare
le sacche di fagioli che si sparsero sul torren-
te Pescia.
A primavera spuntarono le piante e poi quei
legumi preziosi e delicati che oggi tutto il
mondo gastronomico conosce e apprezza i
“fagioli di Sorana”. Procurarseli è una vera
caccia al tesoro se si pensa che se ne produ-
cono ogni anno pochi quintali e che in giro ci
sono falsari che spacciano per Sorana co-
munissimi “cannellini” (la differenza è di 70 €
al chilo).
L’olio naturalmente deve essere toscano, il
pane deve essere tenuto raffermo (almeno
25 giorni).
Va naturalmente accompagnato da un Chian-
ti giovane, fresco e allegro come la risata di
un bella donna, un “Gallo Nero” del Castello
di Ama, per esempio.
La zuppa andrebbe servita in piatto non trop-
po raffinato, l’ideale sarebbe la terracotta to-
scana.
Se il turista arrivato a Milano per l’Expo 2015
ha nel suo albero genealogico un’ascenden-
te toscano dovrà assaggiare questa zuppa in
silenzio e con gli occhi chiusi facendo la
massima attenzione all’armonia dei sapori,
dei profumi, degli aromi che gli trasmetterà
questo cibo antico.
GOURMADIA s.r.l.
Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) - ITALYTel. +39 0547 23821 - Fax +39 0547 25791
Internet: www.lamadia.com - Email: [email protected]
80Gustare l’Italia
di C
ino
To
rto
rella
Le ri
cette
dell
’unità
d’Ita
lia L’anno prossimo si festeggerà il 150° an-
niversario dell’Unità d’Italia e per l’occasio-
ne sono previste numerose iniziative di ca-
rattere culturale, storico e
scientifico.
Tra queste però ne manca una che
ricordi come l’Unità sia servita an-
che a valorizzare la gastronomia del
nostro Paese. Ogni cucina locale,
pur restando fedele alle proprie tra-
dizioni, si è arricchita usando espe-
rienze e prodotti di altre regioni.
Per fare un esempio: il “Risotto alla
milanese”, la cui ricetta originale ri-
sale al 1574, è oggi perfetto se si
unisce al riso e burro della Lombar-
dia il Parmigiano dell’Emilia, il mi-
dollo di bue del Piemonte, lo zaffe-
rano d’Abruzzo e il vino di Puglia; e
così per molti altri cibi.
Sarebbe perciò opportuno alle tan-
te manifestazioni in programma ag-
giungerne una che riguardi il mon-
do della gastronomia.
“Gustare l’Italia” si propone di col-
mare questa lacuna e chiederà ai
più grandi chef di collaborare per
onorare con le loro creazioni l’im-
portante anniversario.
Saranno scelti 50 tra i migliori d’Ita-
lia e ciascuno dovrà indicare tre
proprie ricette o già esistenti o cre-
ata per l’occasione dove dovranno
essere presenti più ingredienti di al-
tre regioni ed ogni piatto sarà accompagna-
to da due vini: uno locale e l’altro di un’altra
regione a scelta del sommelier.
Le 150 ricette, che verranno raccolte in un
volume, saranno presentate durante manife-
stazioni che si svolgeranno in varie parti
d’Italia alle quali parteciperanno i migliori
gruppi folkloristici con canti e danze tradi-
zionali. Ulteriori informazioni le troverete sul
nostro sito www.gustarelitalia.it
Incominciamo con uno dei più grandi risto-
ratori Gianfranco Bolognesi che con i suoi
fidi collaboratori Marco Cavallucci e Angelo
Assirelli del Ristorante “La Frasca” il roman-
tico e raffinato locale di Milano Marittima, ci
propone tre ricette dove sono coinvolti i pro-
dotti di 17 regioni italiane.
Gustare l’Italia81
Ricett
e
Paccheri di Gragnano con calamaretti
Ingredienti per 4 persone:
350 g di paccheri di Gragnano (Campania); 400 g di calamaretti; 1 arancia; 1 limone non trattato (Co-
stiera Amalfitana); 1 mazzetto di basilico; 400 g di pomodorini di Pachino (Sicilia); 1 spicchio d’aglio;
olio extra vergine d’oliva (Toscana); sale e pepe q.b.
Preparazione:
avare i pomodorini, versarli in una pentola, con acqua bollente per 30 secondi, quindi raffreddarli in
acqua e ghiaccio; privarli della buccia e tagliarli in 4 parti.
In una padella con un filo d’olio appassire lo spicchio d’aglio, alzare la fiamma e unire i pomodorini;
salare e pepare. Cuocere per circa 3 minuti quindi unire il basilico.
Pulire i calamaretti e lavarli bene, asciugarli e passarli velocemente in padella con i pomodorini; unire
la scorza dell’arancia grattugiata.
Cuocere i paccheri in abbondante acqua salata, scolarli e saltarli in padella con i calamaretti e il po-
modoro.
Servire con sopra le zeste di limone scottate per 3 volte in acqua e spolverate con polvere di arancia
disidratata.
Le ricette proposte sono degli Chef Marco Cavallucci e Angelo Asirelli del Ristorante “La Fra-
sca” di Milano Marittima
82Gustare l’Italia
Risotto bianco nero con stigmi di zafferano abruzzese
Ingredienti per 4 persone:
140 g di riso Carnaroli (Lombardia); 140 g di riso venere; 12 capesante; 1 scalogno; 0,5 g di pistilli di
zafferano (Abruzzo); fumetto di pesce; sale; olio di nocciola; olio extra vergine d’oliva (Liguria); vino
bianco secco (Friuli).
Preparazione:
far appassire mezzo scalogno tritato in un tegame con un filo d’olio, versare il riso Carnaroli e farlo
tostare; bagnare con il vino; continuare la cottura con il fumetto di pesce.
Scolarlo e finire la cottura con il rimanente scalogno tritato, appassito con un filo d’olio e il fumetto di
pesce; mantecare anche questo con l’olio alle nocciole.
Pulire e lavare le capesante e cuocerle sulla griglia, condirle con il salfiore di Cervia.
Disporre al centro dei piatti un poco di riso venere, adagiarvi attorno il riso Carnaroli, aggiungere i pi-
stilli ammorbiditi con un poco di fumetto bollente.
Servire con le capesante adagiate sopra il riso.
Gustare l’Italia83
Zuppa di piselli
Ingredienti per 4 persone:
1 kg di piselli freschi; 1 kg di fave fresche; 500 g di asparagi d’Altedo (Liguria); 2 scalogni; 2 patate; 8
scampi; sale e pepe; farina; prezzemolo riccio; olio extra vergine d’oliva (Puglia).
Preparazione:
sgusciare gli scampi e, con i carapaci, preparare un brodo con i suoi odori
Appassire lo scalogno tritato con un filo d’olio e aggiungere le patate tagliate a tocchetti, i piselli sgra-
nati e le fave pelate; coprire col brodo dei carapaci e cuocere per circa 20 minuti; regolare di sale e
pepe e passare al setaccio.
Infarinare gli scampi tagliati a pezzetti e friggerli in abbondante olio assieme al prezzemolo.
Versare la crema nel piatto fondo e disporvi sopra gli scampi e il prezzemolo fritti, quindi aggiungere
le punte di asparagi precedentemente bollite e poi saltate in padella con un filo d’olio, sale e scalogno
appassito.
Condire con olio crudo e pepe macinato al momento.
84Gustare l’Italia
di D
avid
e R
amp
ello
Brind
isi d
’auto
re
Nello scorso numero di “Gustare l’Italia”
abbiamo proposto ai nostri lettori di riprende-
re l’antichissima tradizione di inventare un
brindisi, come si usava fare da quando l’uomo
cominciò a provare gioia nel sedersi con degli
amici intorno ad un tavolo per gustare cibi e
bere un buon vino e sentì il desiderio di mani-
festare il proprio piacere improvvisando un di-
scorso in prosa o in versi.
Abbiamo chiesto ai nostri lettori di inventare
dei brindisi e di inviarli al nostro indirizzo e-mail ([email protected] ), ricordando che una giu-
ria avrebbe scelto il più divertente o il più poetico che sarebbe stato premiato con bottiglie dei
vini della Cantina Due Palme di Cellino San Marco.
In molti hanno risposto al nostro appello e ci hanno inviato i parti della loro fantasia; siamo an-
cora lontani dai brindisi di Alceo o di Orazio, ma sono già abbastanza accettabili alcuni tenta-
tivi. La maggior parte è naturalmente dedicata ai piaceri della vita e soprattutto all’amore, ma
qualcuno riguarda anche la poesia.
Il primo in assoluto ad arrivare è stato inviato da
Monselice (PD), l’ha scritto Giovanni che l’ha
dedicato alla sua Sara:
“Brindo alla mia donna,
alla salute, all’allegria.
Il resto vada in mona. E così sia”.
Poetico Enrico di Saluzzo:
“Brindo a te amore mio,
poi bevo e mi tuffo nei tuoi occhi”.
Anche Giulio di Monopoli ha le allucinazioni:
“In fondo ad ogni bicchiere
vedo il tuo sorriso”.
“Beviamo amici, la notte amore e vino
non chiedono moderazione.
E’ priva di pudore, la notte.
Bacco e Amore
non conoscono la paura”.
Ovidio
Corrado di Piacenza deve aver scritto il suo
brindisi dopo il quinto bicchiere bevuto insieme
alla sua Lucilla:
“Verso lo Champagne nell’incavo
della tua spina dorsale
e lo bevo risalendo con la lingua
come un salmone innamorato”.
Chiara si è fatta un po’ aiutare da Lorenzo il Ma-
gnifico:
“Chi vuol esser lieto sia,
del doman non c’è certezza.
Nell’ebbrezza del buon vino
ogni giorno è una ricchezza”.
Gustare l’Italia85
E’ filosofo Giovanni da Opera (Milano):
“Brindo con piacere e serenità
alla vita che toglie ma che da
basta saper capire ed accettare
ciò che uno può o non può fare”.
Un altro filosofo è Daniele di Pavia:
“Bere insieme agli amici e al nostro amore
porta gioia e allontana il dolore.”
Un gruppo di buontemponi l’hanno buttata in
politica e hanno improvvisato brindisi dedicati
senza molta benevolenza a politici (di destra e
di sinistra); ha incominciato Paolo da Monza:
“Beviamo alla salute
di Silvio Berlusconi
basta che se ne vada
al polo con Maroni”.
Anche Enrico di Busto Arsizio non è stato tene-
ro con il Premier:
“Io bevo alla salute
di Berlusconi Silvio
basta che poi si butti
in giù da Ponte Milvio”.
Ermanno di Torino se la prende però con il lea-
der del IDV:
“Io per la par condicio
brindo al buon Di Pietro;
dopo però lo prendo
a calci nel didietro”.
C’è n’è anche per il Segretario dell’UDC:
“Un calice ben colmo
dedico a Pier Ferdinando
ma tosto poi al diavolo
di corsa io lo mando”.
E Giulio di Milano:
“E non dimentichiamoci poi della bella Bindi
sbronziamola ed a nuoto
mandiamola a Malindi”.
Hanno continuato per altre tre pagine e ce n’è
per tutti; alcuni francamente impubblicabili.
L’unico che ha visto d’accordo tutti è quello di
Ernesto di Gallarate:
“Brindiamo alla Carfagna
la meglio del pollaio.
beviam, beviam, beviamo
poi insieme gran cuccagna”.
La giuria ha deciso all’unanimità di premiare il
brindisi di Emanuela da Milano.
Il premio consiste in 24 bottiglie di “Melarosa”,
l’ultima straordinaria invenzione delle Cantine
Due Palme di Angelo Maci in Cellino San Mar-
co, provincia - ovviamente - di Brindisi; è uno
spumante rosato, allegro e sensuale come i so-
gni di una diciottenne innamorata.
E’ lo stesso premio che arriverà a chi vincerà la
gara dei brindisi del prossimo mese; per inven-
tarli basta un po’ di fantasia, di allegria, di gioia
di vivere, tutte doti che si trovano in fondo ad
un bicchiere di buon vino.
Il nostro indirizzo e-mail è [email protected].
Vi auguriamo una buona bevuta insieme ad
amici e amanti e vi lasciamo con il poetico brin-
disi del vincitore:
“In un giorno di felicità creativa
Dio inventò l’amore.
Era certo di aver fatto
un grande dono all’Umanità.
Si accorse però che mancava
qualcosa per rendere il dono perfetto.
Inventò allora la Poesia.
Ma ancora non era soddisfatto.
Finalmente creò il Vino.
Brindiamo dunque, amici,
al Vino, all’Amore e alla Poesia”.
Emanuela da Milano
86Gustare l’Italia
del
la R
edaz
ione
Il car
ello
della
spes
a Insieme a “Gustare l’Italia” nasce
oggi un nuovo contenitore che sarà
di grande aiuto per tutti i nostri letto-
ri. Il portale è stato realizzato dall’”Idi-
ni Consulting Group”, un’importante
Società del settore che può vantare
collaboratori tra i più qualificati.
Alla direzione del Gruppo c’è Piero
Idini, forte di un’esperienza ormai ul-
tratrentennale che lo ha visto tra i
primi tecnici di Antenna Tre, la prima
televisione privata fondata da Enzo
Tortora, Cino Tortorella e Beppe
Recchia nel 1977.
Il sito, che è fin d’ora visibile all’indi-
rizzo www.gustarelitalia.it, vuole es-
sere un importante aiuto per i lettori
che potranno sia seguire ricette,
consigli e appuntamenti, sia scoprire
le più vantaggiose eccellenze ali-
mentari di tutt’Italia.
La rubrica, che è allo studio, inizierà
a partire dal prossimo mese; si tratta
di un’iniziativa che nasce da una doppia esi-
genza: illustrare a tutti i lettori i migliori pro-
dotti del nostro Paese e aiutare a crescere le
molte Aziende che, nonostante offrano arti-
coli di altissima qualità, spesso sono ancora
poco conosciute dal pubblico.
IDINI CONSULTING GROUPÈ un’azienda di consulenza leader nella gestione e nell’integra-
zione di sistemi e di servizi professionali, con particolare riferi-
mento all’industria dei media e delle telecomunicazioni.
Forte di un’esperienza trentennale nel settore broadcast enter-
tainment e all’avanguardia nei servizi legati al web 2.0, ICG ri-
sponde a tutte le esigenze di comunicazione delle imprese che
vogliono trarre il massimo vantaggio dalle nuove opportunità che
il digitale e internet mettono a disposizione per un business di
successo grazie a :
Produzioni audiovisive - Web TV - Siti Web interattivi - E-commerce - Comunicazione multime-
diale e cross mediale - Digitalizzazione pubblicazioni editoriali
Per informazioni: [email protected]
88Gustare l’Italia
di G
. T.
Il cib
o ne
l cine
ma
Molte sono nel cinema italiano le scene in cui
si mangia, soprattutto nel film ambientati al Sud.
Clamorosa è la sequenza dell’orgia di pastasciut-
ta nel film “Miseria e nobiltà” con Totò, dove i pro-
tagonisti si abbandonano ad una vera e propria
orgia a base di pastasciutta, mangiata - natural-
mente - con le mani. Un’altra scena famosa è
quella del film di De Sica, “L’ Oro di Napoli”, con
un affranto Paolo Stoppa che, appena tornato dal
cimitero dove è stata sepolta la moglie, viene in-
vitato a partecipare ad una lauta cena secondo la tradizione partenopea. Il fresco vedovo dapprima
si rifiuta (anche questo secondo tradizione), anzi, fa le viste di buttarsi dalla finestra per il dolore
(dopo essersi assicurato che certo qualcuno lo tratterrà), ma infine non resiste di fronte ad un ab-
bondante piatto di spaghetti che mangia tra le lacrime.
Un altro delizioso momento a tavola è in un altro
film di De Sica, “Ladri di biciclette”, dove il picco-
lo Enzo Scaiola, nella finzione cinematografica fi-
glio del protagonista Lamberto Maggiorani, si
esibisce in una gara con un altro ragazzino nel
mangiare un succulento supplì alla romana, quel-
li detti al “telefono” perché la mozzarella conte-
nuta all’interno, durante la cottura si scoglie e co-
sì, dividendo il supplì a metà, le due parti restano
“unite” dai fili di mozzarella.
E ancora ricordiamo la cena dei protagonisti del film “I soliti ignoti” quando, dopo la fallita rapina
alla cassaforte di una ricca signora, si consolano con una pentola di una piacevolissima pasta e ce-
ci trovata in cucina.
Ma il vertice dell’umorismo - a mio avviso - è stato toccato da Alberto Sordi nel film “Un americano
a Roma”; si svolge nella Roma del dopoguerra ed
è la storia di un giovane romano ossessionato
dalla mania di scimmiottare i suoi coetanei d’ol-
treoceano, nel parlare, nel vestire, perfino nel ci-
bo. Dopo una giornata di lavora arriva a casa di
sera tardi; il nonno gli ha preparato un piatto di
maccheroni “cacio e pepe” che lui guarda come
una provocazione. Non sia mai che un americano
si lasci sedurre da un piatto così da burini; lui so-
lo cibi americani mangia. E infatti prende alcuni
vasetti di yogurt, di marmellata, di mostarda, li
spalma sul pane e lo bagna con del latte mentre gli occhi continuano a cadere sui maccheroni. Al
primo boccone però non ce la fa proprio a mandarlo giù (“ammazzala che zozzeria”) e dopo aver
Gustare l’Italia89
buttato via lo yogurt (“questo lo damo
al sorcio”), il latte (“questo pe er gat-
to”), la mostarda (“questa p’ammazzà
le cimici”) si rivolge al piatto preparato
dal nonno: “a maccherò… tu m’hai
provocato... e io me te magno...te di-
struggo!”. E lo fa fuori in poche for-
chettate.
Alla prima del film proiettato al Sistina
nel 1954 il pubblico si alzò in piedi e si
esibì in una “standing ovation” (allora
però non si chiamava ancora così). Ne
sono passati anni e molti italiani si sono americanizzati davvero nel fast food e mangiano intrugli
anche peggiori di quello di Sordi. Un tentativo di reazione a questo stato di cose si è avuto quest’an-
no con il film di Nico Cirasola “Focaccia Blues”, un docu-film del 2008 (racconta il luogo e i prota-
gonisti di una vicenda realmente accaduta in Puglia: trae spunto dall’impresa di una piccola focac-
ceria pugliese che, valorizzando i prodotti tipici, è riuscita a mettere in crisi un grande Mc Donald’s
aperto nella città di Altamura.
Il film descrive la vittoria del mondo piccolo e “glocale” che si oppone alla diffusione della globaliz-
zazione intesa come massificazione dei gusti, grazie all’utilizzo di poche armi: la qualità, la genuini-
tà e la simpatia). Alla sua proiezione non c’è stato, purtroppo, nessuna standing ovation.
FOCACCIA BLUES - Dal quotidiano “Il Foglio”Preghiera: “Davide, tu che proteggi chi affronta Golia, che hai fatto vincere un piccolo fornaio
di Altamura costringendo la filiale locale del colosso Mc Donald’s alla chiusura per mancanza
di clienti, adesso devi far diventare un successo Fo-
caccia Blues, il film che racconta la storia incredibile
ma vera della focaccia pugliese che si mangia l’ham-
burger, girato senza soldi però con tanto origano, po-
modoro e olio extra vergine, e la più succulenta attrice
barese, Tiziana Schiavarelli, e poi Renzo Arbore, Lino
Banfi e Nichi Vendola goliardicamente coinvolti, e Mi-
chele Placido che pronuncia la frase che diventerà lo
slogan di noi conservatori edonisti: abbiamo già tutto
quello che ci serve per vivere meglio, basta sceglierlo.
Davide, non ti chiedo un grosso sforzo, la cine-focac-
cia sfornata dal regista Nico Cirasola è molto più diver-
tente di qual si voglia cine-panettone, e non avendo
zucchero non fa ingrassare. Basta che tiri una fiondata
a un paio di Blockbuster e il gioco è fatto”.
Camillo Langone
90Gustare l’Italia
del
la R
edaz
ione
Libri
da m
angi
are
IL MANGIAROZZO 2010 - Carlo CambiPiù che una questione di etichetta è una questione di forchetta. È il “cre-
do” de Il Mangiarozzo, l’antiguida alle osterie e trattorie d’Italia dove il con-
to è leggero, il servizio familiare, il menù di solida tradizione. Ma oggi Il
Mangiarozzo - diventato un cult dell’enogastronomia nazionale narrata - è
qualcosa di più.
Perché segnala i luoghi dove coltivare il piacere della tavola e del convivio
senza dover “accendere un mutuo”: anche quest’anno, inoltre, alcuni risto-
ratori hanno accettato di praticare uno sconto o di offrire un generoso as-
saggio a tutti i clienti che si presenteranno con una copia di questa guida.
Ma non basta: Il Mangiarozzo è un saporito viaggio nell’Italia a tavola. È il
racconto di donne e uomini per i quali il rapporto con l’agricoltura di spe-
cialità diventa menù scandito dalle stagioni, in cui la cucina è vissuta con passione per creare un
rapporto fiduciario tra oste e cliente.
È una cronaca dell’eccellenza quotidiana ma è anche un “manifesto” per dire basta agli chef astru-
siani, per ridare giusto protagonismo ai cuochi e alle cuoche che da sempre interpretano la filiera
corta e il chilometro zero.
OLTRE - DESSERT AL PIATTO - Loretta Fanella36 dessert al piatto; 247 preparazioni; 34 procedure illustrate; 170
foto; 4 lingue: italiano, inglese, francese, spagnolo: ecco il primo
libro di Loretta Fanella.
“…un libro che si caratterizza per un’immaginazione così strari-
pante che sembra proprio uscito da un racconto di fiabe… Il letto-
re ha di fronte a sé un libro che non fa che confermare che il mon-
do dei dessert rivendica il proprio ruolo nel panorama
gastronomico e cammina con passo spedito verso un futuro impe-
gnato nell’innovazione e la qualità, senza dimenticare le proprie ra-
dici… se teniamo in considerazione anche la sua giovane età pos-
siamo soltanto affermare, senza ombra di dubbio, che l’Italia ha in
Loretta Fanella uno dei fari presenti e futuri della ristorazione….” (dall’introduzione di Ferran e Albert Adrià)
PICCOLO RICETTARIO PER CUOCHI PERDIGIORNO - Roberta DeianaUn ricettario davvero insolito e brillante: 73 ricette riscritte in modo creati-
vo e inaspettato, c’è la ricetta in terzine dantesche, quella in stile romanzo
erotico, in stile noir anni ’50… e anche quella scritta come una canzone di
Paolo Conte!
Imperdibile la “Zuppa di pollo Buckowsky al Grand Hotel Roach”, esilarante.
Gustare l’Italia91
CRUDO E MANGIATO - Sandro MasciCrudo per scelta, comodità, abitudine, moda, vezzo o semplicemente per
gola? Qualunque sia la motivazione, l’arte di preparare il crudo ha conqui-
stato in questi ultimi anni tantissimi nuovi appassionati. Sono molte le ta-
vole che mettono in bella mostra una varietà di pietanze create rigorosa-
mente senza l’utilizzo di forni e fornelli. Ma non sempre è facile come
potrebbe sembrare.
Dietro l’apparente semplicità di piatti che non richiedono cotture tradizio-
nali, si nascondono segreti e trucchi sorprendenti, per ottenere delle mari-
nate con limone, aceti e agrumi, o abbinare ad arte una salsa, un condi-
mento o un dressing, sempre privilegiando l’utilizzo di prodotti freschi.
LA DIETA UNA VOLTA PER TUTTI - Primo VercilliÈ un libro che insegna a mangiare meglio con un metodo alimentare
facilmente gestibile e non stressante. Si legge come un romanzo e
spiega la Nutrizione immuno funzionale, la frontiera più avanzata del-
la medicina e della nutrizione. Con ricette di grandi chef
La dieta non deve essere privazione ma scelta consapevole. Cono-
scendo il nostro corpo e valore e limiti degli alimenti possiamo rag-
giungere un vero equilibrio nutrizionale. Primo Vercilli, medico dieto-
logo ed Elsa Mazzolini, giornalista, direttore del mensile La Madia,
nel libro “La dieta una volta per tutti”, hanno approfondito l’analisi
degli errori alimentari che ogni giorno commettiamo, anche quando pesiamo i cibi, ne escludiamo
alcuni o ne utilizziamo troppo altri. Le regole devono essere soggettive ma non in base a sugge-
stioni e mode. La ricerca parte da un test diagnostico che segnala l’impatto dei cibi sugli organi
del nostro corpo - questa la novità del libro- e porta quindi a selezionare gli alimenti idonei. Si chia-
ma Nutrizione immuno funzionale, medicina preventiva anche attraverso le scelte della tavola.
KITCHEN REVOLUTION- Laura RangoniCurcuma, kumquat, funghi shiitake, halibut, kren… Basta con la tradi-
zione, il palato si ribella! Finalmente la cucina italiana si arricchisce di
nuovi sapori e si vola in India, Giappone, Africa, Thailandia, Libano,
Cina...
Laura Rangoni, dopo il successo di Turisti per cacio, riprende a viag-
giare alla ricerca di quegli ingredienti che ormai fanno parte della no-
stra tradizione gastronomica pur non essendo originari del Bel Paese.
E così si scopre il nuovo volto della cucina italiana, entrata nel villag-
gio globale tramite l’uso di spezie, carni, verdure che provengono da
paesi lontani ed esotici, o vicini e già conosciuti.
Le ricette della tradizione vengono riscoperte e reinterpretate alla luce di una varietà infinita di nuo-
vi sapori, colori e odori. Impossibile resistere... una vera e propria rivoluzione ai fornelli!
92Gustare l’Italia
del
la R
edaz
ione
Ap
punta
men
ti FESTA DELLA CIPOLLA
Cannara (PG) - 1/26 settembre 2010
Per info: www.festadellacipolla.it
Rossa, dorata, dolce o tenera: ecco la cipolla di
Cannara, declinata in mille modi, che per tutto
il mese è viene degustata tra bancarelle, spet-
tacoli di danza e assaggi.
FESTIVAL DEL PROSCIUTTO DI PARMAParma, Langhirano e tutti i Comuni della zona
di produzione - 10/19 settembre 2010
Per info: www.www.festivaldelprosciuttodipar-
ma.com/default.aspx
L’organizzazione dell’evento ha l’obietivo di in-
ternazionalizzare il Festival, attrarre visitatori da
un bacino più ampio di provenienza
SAGRA DELLA PATATAOreno di Vimercate (MB) - 9/12 settembre 2010
Per info: www.oreno.it/Sagra/CCO/Sagra.html
Dal 1968 questa sagra è ormai un appunta-
mento irrinunciabile per gli amanti di questo tu-
bero che, nei tre giorni della kermesse sarà il
protagonista indiscusso di tanti piatti come gli
gnocchi le patate fritte, lesse o al forno, il purè
di patate, la frittata, i dolci e il pane.
RICE - I SAPORI DEL RISOVIgevano (MI) - 17/19 settembre 2010
Per info: www.ricevigevano.it/it
La prima edizione della manifestazione offrirà
un nutrito calendario di iniziative dedicate al ri-
so come i laboratori della terra, i laboratori del
gusto, il mercato, i presìdi, le degustazioni, un
modo suggestivo di raccontare la storia di que-
sto cibo e i suoi innumerevoli usi.
Gustare l’Italia93
FESTA DEL BACCALA’ ALLA VICENTINASandrigo (VI) - 25-26 settembre 2010
Per info: www.baccalaallavicentina.it
Il centro del mondo del baccalà è qui a Sandrigo, nei
pressi di Vicenza. E - naturalmente - in occasione di
questi due giorni di festa viene servito rigorosamente
alla vicentina.
FESTA DEL PESCEPositano (SA) - 25 settembre 2010
Per info: www.festadelpesce.net
Sulla spiaggia di Fornillo durante questo saba-
to di festa si friggono polipetti, totani, triglie e
alici. Inoltre, anche la mitica paranza, insalate di
polpo, totani e patate per tutti.
SAGRA DELL’ABBACCHIORoiate (RM) - 19 settembre 2010
Per info: 06.9569334
Durante questa giornata di festa l’abbacchio
viene cucinato poi nei modi più classici: costo-
lette, carrè a corona o cosciotto al forno con le
immancabili patate.
SAGRA NAZIONALE DEL GORGONZOLAGorgonzola (MI) - 18/19 settembre 2010
Per info: www.prolocogorgonzola.191.it
Zola e pane, zola e frutta, pizza e focaccia allo
zola, risotto allo zola, zola e salumi… insomma,
vale davvero la pena di partecipare a questa
sagra per assaggiare questo celeberrimo for-
maggio declinato in mille versioni.
94Gustare l’Italia
MOSTRA DEL BITTOMorbegno (SO) - 15/17 ottobre 2010
Per info: www.oreno.it/Sagra/CCO/Sagra.html
Con i suoi 103 anni di storia, l’evento è diven-
tato una vetrina che rappresenta e valorizza
non solo l’intera filiera agro-alimentare attraver-
so i Consorzi di tutela dei prodotti tipici, ma an-
che il comparto dell’artigianato e l’offerta turi-
stica di un terra ricca di opportunità.
SAGRA DELLA MELA E DELL’UVAVilla di Tirano (SO) - 8/10 ottobre 2010
Per info: [email protected]
E’ una sagra in onore dell’uva “brugnola” e del-
la “melavì”, le coltivazioni a monte e a valle
dell’antico borgo. Nei giorni della manifestazio-
ne tutto è imperniato sui due frutti della terra;
persino i ristoranti della zona propongono
esclusivamente menu a tema.
SAGRA DELL’UVACupramontana (AN) - 25 settembre/3 ottobre 2010
Per info: www.sagradelluva.com
Cupramontana, città del Verdicchio; qui il vino è una
vera e propria istituzione (c’è anche il museo interna-
zionale dell’etichetta del vino) e lo si beve - benché
bianco - prevalentemente con carni bianche o rosse
(oltre che con pesce e verdure).
COUS COUS FESTSan Vito Lo Capo (TP) - 21-26 settembre 2010
Per info: www.couscousfest.it
In occasione di questa celeberrima kermesse ben otto
nazioni si sfideranno tra loro interpretando il cous cous
secondo le proprie tradizioni locali, in una festa di musica
e colori. E oltre a queste ghiotte degustazioni gastrono-
miche, anche laboratori culinari e tanta buona musica.
96Gustare l’Italia
Dovete rispondere a questo test senza barare, senza consultare enciclopedie,
siti internet, o chiedere lumi agli amici; se rispondete esattamente ad almeno
10 domande, potrete fregiarvi del titolo “vero gourmet”; da 5 a 9 potrete sem-
pre vantarvi di essere un “buongustaio”; da 0 a 4 sarà bene cambiare i ristoranti nei quali vi
recate di solito e smettere di seguire le trasmissioni televisive che trattano di cucina.
del
la R
edaz
ione Sei un vero gourmet?
Quiz
1) Che cosa sono i “pisarei” nella gastrono-
mia piacentina?
A) Gnocchetti
B) Piselli
C) Pesciolini di fiume
2) Quale guida gastronomica premia i miglio-
ri ristoranti col punteggio in ventesimi?
A) Gambero Rosso
B) L’Espresso
C) Touring
3) Quale famoso vino trentino viene citato nel
“Don Giovanni” di Mozart?
A) Cabernet
B) Marzemino
C) Teroldego
4) Uno dei più noti ristoranti italiani cono-
sciuto al mondo è l’“Harry’s bar” di...?
A) Venezia
B) Firenze
C) Verona
5) Quale dei vini che seguono non va d’ac-
cordo con il dolce?
A) Moscato
B) Albana Passita
C) Montepulciano d’Abruzzo
6) Quale di queste località è famosa per il
prosciutto?
A) Castelmagno
B) Acqualagna
C) Langhirano
Dovete rispondere a questo test senza barare, senza consultare enciclopedie,
siti internet, o chiedere lumi agli amici; se rispondete esattamente ad almeno
10 domande, potrete fregiarvi del titolo “vero gourmet”; da 5 a 9 potrete sem-
Sei un vero gourmet?
Gustare l’Italia97
7) Che cosa significa il verbo
francese “chambrer” spesso riferi-
to al vino?
A) Riscaldare
B) Raffreddare
C) Portare a temperatura ambien-
te
8) Dove si produce l’Amaro-
ne?
A) Valsugana
B) Valsesia
C) Valpollicella
9) Qual è il più importante in-
grediente della salsa “pearà”?
A) Midolli di bue
B) Cipolla
C) eperoncino
10) Plinio e Virgilio considera-
vano il Falerno uno dei migliori vini
dell’antichità: in quale regione si
produceva?
A) Lazio
B) Toscana
C) Campania
11) Il re Stanislao che inventò il babà di dove
era originario?
A) Ungheria
B) Napoli
C) Polonia
12) Il Porto è un vino:
A) Spagnolo
B) Portoghese
C) Portoricano
13) In quale regione italiana è nata la prima
“strada del baccalà”?
A) Veneto
B) Liguria
C) Friuli
14) Quale vitigno è presente in misura del
95% nello “Chateau Mouton Rothshild”, uno dei
più grandi vini del mondo?
A) Merlot
B) Pinot Noir
C) Cabernet
15) Che cosa è nella cucina brasiliana la
“churrasqueira” che da il nome alle “churrascai-
re”, i tipici ristoranti?
A) Una salsa
B) Il girarrosto
C) Un tipo di pentola
RISULTATI:1) a - 2) b - 3) b - 4) a 5) c - 6) c - 7) c - 8) c 9) a 10) c - 11) c - 12) b 13) a - 14) c - 15) b
98Gustare l’Italia
Indice
dell
e ric
ette
12 Pressata di polipo con olive su insalatina di funghi all’aceto balsamico
13 Filetto di rombo in crosta e salsa di erbe aromatiche
17 Tortelli di zucca
51 Risotto con ragù di verza e quaglia al rosmarino
65 Patata farcita con fonduta e tartufo nero pregiato
66 Soufflè di asparagi con la nostra fonduta e tartufo nero
67 Ravioli su fonduta e tartufo nero
81 Paccheri di Gragnano con calamaretti
82 Risotto bianco nero con stigmi di zafferano abruzzese
83 Zuppa di piselli
L’arôme dela séduction.
cuvée prestigebrut rosé millésime
cuvée prestigebrut millésime
brut grande réservepremier cru
brutblanc de blancsw
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am
pa
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ilm
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t.f
r