Grech - Ermeneutica agostiniana

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  • 164 Il messaggio biblico e la sua inte1pretazione

    2. Qualsiasi altra interpretazione consentanea con la Scrittura e la regula fidei Forse prevista dall'autore Certamente dalla Spirito Santo Suggerita da! Medesimo al lettore Possibiilta di molti sensi letterali

    3. Analogia rationis con cautela 4. Scienza dei tropi

    V. L~ regale di Ticonio per risolvere i tropi ( 42-55) VI. Epilogo (56)

    l. PROEMIO E CONTENUTO: L'INTERPRETAZIONE DEI SEGNI AMBIGUI PROPRI E TRASLATI

    Il proemio (I, 1) e allo stesso tempo un invito e un programma. E indiriz-zato a ogni uomo pio che cerca di fare la volanta di Dio ma che ha anche una certa educazi'one persino ad emendare i codici.Agostino gli vuole insegnare cer-te regale di interpretazione per evitare che si imbrogli nell'uso di segni ambigui, cosa che puo accadere anche a uomini intelligenti o illuminati. C'e qui forse un'allusione alla pretesa carismatica dei donatisti e di certi monaci. Egli e con-vinta che una metodologa nel leggere le Scritture sia necessaria. Cio deriva da! fatto che quando Agostino scrive questo libro ii mondo intellettuale pagano era pieno di allegorizzazioni dei miti classici, mentre nel mondo cristiano era in at-to una controversia che partiva da Antochia contra I'allegorismo alessandrino, un allegorismo non ben capito o interpretato dagli antiocheni, i quali aderivano in teora a un letteralismo stretto ma in pratica allegorizzavano pure loro. D'al-tra parte i manichei, eredi degli gnostici, rigettavano 1' Antico Testamento e ere-tici come gli ariani interpretavano la Bibbia secando illoro modo di ragionare. Non bastavano, dunque, n la pieta n la cultura da sale, ci voleva anche la di-sciplina di un metodo illuminato dalla fede. Data la complicazione dei descritti nellibro II non si poteva fare a meno di certe regale per evitare sia un arido letteralismo, sia un allegorismo selvaggio, sia un'interpretazione non con-sona alla retta fede. Queste regale serviranno non solo per uno scopo teologico ma anche per aiutare il clero nella sua predicazione. Ecco il Sitz im Leben di questo libro. E uno degli scritti piu originali di Agostino, degno successore del libro IV del De principiis di Origene.

    2. I PRINCIPI ERMENEUTICI PER I SEGNI PROPRI

    Poich non soltanto i segni figurativi, cioe metaforici o allegorici, possono offrire difficolta di interpretazione,Agostino pone certi principi di soluzione che a noi possono sembrare strani in quanto non pretendono di individuare il senso

    L'ermeneutica agostiniana: il terzo libro del De doctrina christiana 165

    letterale. Questi ce li dara piu tardi in 27.38. Qui tratta soltanto di dubbi nella lettura materiale di un testo ad alta voce. Dobbiamo ricordarci del fatto che al tempo di Agostino i codici ordinari non mettevano nessuno spazio per distin-guere una parola dall'altra, la scriptio uncialis continua, non avevano paragrafi, eccettuati codici costosi scritti colograficamente, e nemmeno avevano punteg-giatura. Tracce di punteggiatura appaiono un secolo dopo la morte del nostro Dottore, molto meno punti di interrogazione, apparsi nel IX secolo.1 Quindi tut-ti leggevano ad alta voce - Agostino stesso si meraviglia quando vede Am-brogio nella sua stanza leggere sottovoce - e una tale lettura richiedeva una buona preparazione perch ogni parola fosse ben distinta da quelle accanto, do-vendosi pure dare la giusta intonazione per indicare pause che corrispondono alle nostre virgole o punti odierni. Si doveva fare una pausa piu lunga quando finiva cio che noi oggi chiamiamo un paragrafo, indicato aHora per mezzo di chiasmi, clausole ritma te o cursus, inclusioni e simili congegni retorici. C'era poi una speciale intonazione per le interrogazioni, le quali, in mancanza di punteg-giatura, potevano sembrare proposizioni assertive. Alcuni ci giuocavano sopra per avallare le loro dottrine eterodosse. Percio l'Ipponense reputa necessario stabilire alcune regole di lettura per ovviare a tali difficolta o ambiguita.

    I criteri che offre Agostino in 2.2 per la distinctio verborum e la pronuntia-tio sono due: la regula fidei e il contesto prossimo. La prima si desume dalla sa-cra Scrittura e dalla dottrina della Chiesa. Egli aveva gia presentato questa re-gola della fede nel libro I della presente opera. E interessante che, mentre la Chiesa desume la sua fede dalla Scrittura, sara la medesima dottrina della Chie-sa che servira da criterio per la retta Iettura del testo sacro. Cio significa che non ci puo essere nessuna contraddizione tra Scrittura e tradizione ecclesiale. Ci ri-cordiamo del detto agostiniano ben conosciuto: (C. Ep. Man. 5, 6: MPL 42, 176). Era stato Ireneo, prima di Agostino, a stabilire la regu-la fidei come criterio di interpretazione (Adv. Hae1: I, 10, 1). La dottrina aposto-. lica trasmessa pubblicamente dai vescovi, non segretamente dalle sette, doveva servire da principio ermeneutico principale per la spiegazione della Bibbia.

    Ma era anche Ireneo a precedere Agostino nello stabilire il contesto pros-sima di una frase come criterio di spiegazione in quanto gli gnostici, come al tem-po di Agostino altri settari, spesso leva vano una frase da! suo contesto letterario e la inserivano nel contesto della loro dottrina distruggendone il significato.

    Un terzo criterio che piu tardi esemplifichera, e il ricorso alla lingua origi-nale, particolarmente al greco del Nuovo Testamento o della Settanta. Gia nelli-bro II Agostino aveva sottolineato I'importanza della conoscenza di queste lingue per risolvere casi particolari. Non era esperto come Girolamo, ma di cio che sa-peva faceva buon uso. In 4.8 menziona anche la consultazione di altri traduttori.

    1 Cf. B.M. METZGER, The Text of the New Testament, Oxford 21968, 26s [tr. it. Brescia 1996].

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    166 Il messaggio bblico e la sua interpretazione

    Seguono degli esempi di letture rette o dubbie usando i sopraddetti criteri. In 2.3 offre l'esempio di Gv 1,1.2letto dagli ariani In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat. Verbum hoc erat in principio apud Deum>>. Mettevano quindi un punto dopo erat>> invece che dopo Verbum>>, ne-gando cos1la divinita al Verbo pur stabilendone la preesistenza. Ecco !'uso della regula fidei. In 2.4 porta un esempio da Fil1,22 dove da due letture possibili, del-le quali nessuna contro la fede, si doveva sceglierne una per ragioni di contesto. Dove, pero, non basta va n il contesto n la dottrina per risolvere il caso di una lettura dubbia, come in 2Cor 7,1.2, illettore poteva optare per !'una o per l'altra.

    In quanto all'intonazione da dare in 3.6 porta l'esempio di Rm 8,33.34 do-ve la risposta alla domanda: Quis qui condemnat?>> puo essere letta Jesus Christus qui mortuus est>>; ovvero, ironicamente, . 11 caso si risolve dal senso di tutto il contesto: non sara certamente Cristo a condannare, egli che era morto per noi.

    In 3.7 segue l'esempio del ricorso alla lingua originale. Se in Sal 138,15 si ha un dubbio se os si debba pronunciare breve o lunga, se cioe si deve intende-re bocea o osso, si dovrebbe consultare l'originale se legge stoma oppure osteon. Lo stesso accade in Gal5,1 per scegliere tra praedico che viene da praedicere ov-vero da praedicare.

    In ultimo (4.8) viene l'esempio di un dubbio di intonazione e punteggiatu-ra per distinguere un accusativo da un vocativo, per es. 1 Ts 3,7: sarebbe accusativo, mentre e vocativo. Questo si risolve sia dal contesto sia dalla lingua originale.

    L'autore conclude questa sezione costatando che ( 4.8).

    3. PRINCIPI PER INTERPRETARE I SEGNI TRASLATI (5.9-23.33)

    A. Non interpretare alla lettera una locuzione figurata

    Ci si potrebbe chiedere perch Agostino debba proporre una regola che per noi e cosl ovvia. Ha in mente probabilmente l'interpretazione giudaica del-la Scrittura da! momento che eccettua i profeti da un tale abbaglio e usa l'e-spressione con riferimento a una tale esegesi. Ma anche tra i cattolici africani, che, a detta di Brown2 e di Frend3 avevano alle spalle un ba-

    2 P. BROWN, Augusline of Hippo. A Biography, London 1967,42. 3 W.H.C. FREND, The Rise of Christianity, London 1984, 346s.

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    gaglio giudeo-cristiano e si appoggiavano volentieri sull'autorita della Legge di Dio, certuni avevano probabilmente bisogno di un tale avvertimento.

    Qui devo premettere un'osservazione importante su! significato di figura e figurate dictum in questo libro. Qualche volta questi termini non indicano pi u di una semplice metafora, altre volte corrispondono a cio che chiamiamo , cioe un'immagine che sulla linea temporale indica una corrispondenza tra un avvenimento, una persona o un luogo dell'Antico Testamento con un analogo ma maggiore avvenimento, persona o luogo del Nuovo. Altre vol te corrisponde ad ovvero una spiegazione filosofica, nel nostro caso, teologica, di un passo. Sarebbe la nostra teologa bblica, meglio teologa spirituale, fondata su un detto bblico. Altre volte figura ha un senso di immagine di una realta tra-scendentale o escatologica. Sinonimi di figura sarebbero, in Agostino, umbra, imago, similitudo e mysterium ovvero sacramentum. Siamo nel mondo origenia-no, arricchito da una tradiZione cristiana posteriore, dal simbolismo neoplatoni-co e dalla retorica latina, ma la fonte principale della terminologa agostiniana rimane bblica (Bernard).4

    Adesso possiamo continuare con il nostro libro. In questa sezione Agosti-no distingue due serie di segni, utili e inutili. Utili sono i segni che si trovano nel-la letteratura e storia del popo lo israelita e che son o elevabili alla recta fides e alla caritas cristiana. Inutili sono i simboli pagani che non offrono tali possibilita.

    In quanto ai segni utili, cioe la legge degli ebrei con tutte le sue istituzio-ni (6.10), questi si sono mostrati tali storicamente prima di tutto perch sono serviti a far distinguere que! popolo dai pagani circostanti per mezzo della fe-de in un unico Dio. Ancora di pi u perch hanno condotto un certo numero di ebrei a credere in Cristo e a formare una Chiesa santa. Infatti la Chiesa di Ge-rusalemme, formata solo da ebrei che hanno interpretato rettamente quei se-gni, teneva tutto in comune, cio che non e stato detto di nessuna Chiesa for-mata da ex-pagani (6.11). Erano, quindi, segni utili non solo potenzialmente ma anche effcacemente nella storia per gli effetti che hanno prodotto. Schia-vo dei segni e colui che non ne comprende il significato e rimane dove sta (9.13). Sono gli ebrei che non hanno creduto. Pero, gia quando sono stati pro-dotti quei segni, cioe nello svolgimento della storia di Israele, i profeti e i san-ti di aHora avevano compreso il vero significato di quelle istituzioni e la loro qualita di segni. Qui Agostino si avvicina alla dottrina della theoria degli an-tiocheni.5

    4 Mi servo qui di una tesi non pubblicata di R. BERNARD, presentata all'Universita di Prince-ton nel 1984 dal ti tolo: In figura. Terminology Pertaining to Figurative Exegesis in the Works of Au-gustine of Hippo.

    5 Agostino non adotta mai la dottrina della theoria bench nei suoi commentari vi si avvicini abbastanza. Conosceva certamente il Crisostomo che qualche volta difende contro gli attacchi degli avversari. Si sa che non sono chiari i limiti della theoria n presso gli antiocheni medesimi n pres-so l'interpretazione dei modemi. Per ulteriori precisazioni vedi M. SIMONETIJ, Lettera e/o allegoria, Roma 1985, 156-200; B. DE MARGERIE, lntroduction a l'histoire de l"exgese, Pars 1980, l, 188-213 con apposita bibliografa.

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    Segni inutili, invece (7.11), sono i simboli dei pagani, come le loro statue, quella di Nettuno, per esempio, che simboleggia il mare. Se uno almeno am-mettesse che l'universalita dei mari sia stata creata da! vero Dio, i segni servi-rebbero a qualche cosa, ma quando uno non arriva nemmeno aquesto, anzi ado-ra le statue o anche ci che significano come dio, si giunge al fondo della schia-vitu carnale ai segni. Ci significa che Agostino non era nemmeno contento del-la demitizzazione dei gentili corrente nell'allegorismo filosofico dei suoi tempi. Non vede nemmeno la bellezza formale di una statua come segno.

    Conclude questa considerazione in 8.12 con la constatazione che il cristia-nesimo ha elevato i segni utili dell'Antico Testamento nelle Chiese giudeo-cri-stiane, liberandoli dalla schiavitu della Legge, mentre ha distrutto i segni inutili dei pagani. Questo aut ... aut del vescovo di Ippona comporta un giudizio radi-calmente negativo sulla religione pagana, una posizione tradizionale nella Chie-sa antica con qualche piccola eccezione. Mentre si poteva parlare di dialogo>> nel campo culturale e filosofico in una Chiesa che voleva convertire il mondo intero, in quello religioso era impossibile qualsiasi compromesso.

    B. Non interpretare figuratamente una locuzione propria (10.14-16.24)

    Segue adesso una sezione che spiega il principio ermeneutico fondamen-tale di Agostino che lo distingue da altri allegoristi, anche se egli poi non lo se-gue sempre fedelmente. Ancora non siamo arrivati alle regole esegetiche pro-prie del santo Dottore. Finora abbiamo accennato a certi spunti polemici del presente scritto, ma in questa sezione appare tutta la cura pastorale del vescovo di Ippona. Sono note le discussioni che si fanno circa !'intento principale del De doctrina christiana e circa i suoi destinatari. Qui sarei d'accordo almeno in par-te con Bernard nel ritenere che illibro sia pure concepito come manuale di pre-dicazione per il clero africano.

    Per capire bene la preoccupazione di Agostino nel limitare l'ambito del senso figurato, sarebbe forse utile ricordarci che ai suoi tempi i rabbini ebrei di-stinguevano tra peshat e derash.6 Il primo era il senso ovvio del testo, non pre-cisamente il senso letterale nel modo moderno di vedere l'intentio auctoris. Es-si erano pero convinti che questo non era primieramente il senso della rivela-zione divina, che sotto la lettera ovvia nascondeva un altro senso pi u profondo, un senso corrispondente alla dottrina rabbinica midrashica proveniente dalla legge orale o tradizione farisaica. Stabilivano allora delle regole sofisticate che arrivavano pure alla scomposizione del testo o delle singole parole per fare ap-

    6 Il pesharnon corrisponde precisamente al nostro senso letterale del metodo storico-critico ma al significa lo immediato e facciale del testo come giace. l! cosllo concepisce anche Agostino. I rabbini, pero, erano convinti che sotto un tale significato si nascondesse un senso piu profondo che si poteva scoprire con il metodo derashico. La distinzione tra i due comincia a essere fatta piu o me-no ai tempi di Agostino bench la convinzione rabbinica fosse molto pi u antica. Cf. per spiegazioni ulteriori A.C. AVRIL- P. LENHARDT, La lettura ebraica del/a Scrittura, Bose 1982.

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    parire questa res, come la chiamerebbe Agostino, una verita consentanea all'in-terpretazione della Torah orale e alla legislazione contemporanea rabbinica. Questi due sensi della Scrittura, sebbene la denominazione fosse recente, risa-livano ai tempi antichi, e sappiamo bene che Filone di Alessandria ne faceva uso in modo allegorico. Non sappiamo se Agostino fosse a conoscenza delle re-gole di interpretazione rabbinica, probabilmente non direttamente anche se non possiamo escludere questa ipotesi. Pero il cristianesimo si era appropriato di un simile modo di vedere dai tempi di Origene, soltanto che l'ambito dell'e-segesi allegorica non era quello della legislazione rabbinica ma quello della re-gula fidei, il credo del cristianesimo contemporaneo. Gli autori profani greci e latini avevano la medesima convinzione nell'applicare l'ermeneutica allegorica agli scritti classici di Omero e Virgilio.? La. possiamo chiamare demitizzazione filosofica. G!i antiocheni non approvavano !'uso di un tale metodo nell'inter-pretazione bblica perch avrebbe destoricizzato il racconto e lo avrebbe ridot-to a mito. Ed e in questo senso che rimproveravano gli alessandrini. Difatti Ori-gene diceva che mentre non tutta la Scrittura aveva un senso letterale, tutta aveva un senso allegorico. Agostino vuole muoversi sulla scia degli alessandri-ni ma bada bene a non cadere sotto il rimprovero degli antiocheni negando un senso letterale e storico al testo sacro. Ci apparira in seguito. Quindi, in que-st'opera, il Libro I indica l'ambito della res in cui il signum si pu muovere, il Libro III pone le regole del gioco del signum. L'autore non distingue, pero, in questo libro tra esegesi per uno scopo professionale teologico particolarmente nella controversia, e quella per uno scopo pastorale nella predicazione; non di-stingue nemmeno tra esegesi dell'Antico Testamento e quella del Nuovo, e, nel-la sua predicazione, applica l'interpretazione figurata o spirituale anche nella spiegazione del Nuovo Testamento, dove la locutio propria ha gia un senso spi-rituale. Ci pero lo fa in gran parte nei trattati predicati su Giovanni, in cui il senso letterale si apre spontaneamente a un senso simbolico nell'intenzione dello stesso Giovanni.

    Dopo una tale lunga premessa continuiamo a esaminare il testo agostinia-no. La questione che pone l'Ipponense e su! criterio che dobbiamo seguire per di-stinguere quali part della Scrittura dobbiamo intendere in senso proprio, ovvero letteralmente, e quali in senso figurato, cioe con riferimento a un'altra realta ol-tre quella espressa nel testo. Come principio general e non espresso ma sotteso in questo paragrafo e che in genere ogni frase e da interpretare in senso proprio e non figuratamente. Ci che segue determina le eccezioni a questa regola.

    L'enunciazione generale che comprende l'insieme di queste eccezioni e: Ut quidquid in sermone divino neque ad morum honestatem neque ad fidei veritatem proprie referri potest, figuratum esse cognoscas. Morum honestas ad diligendum Deum et proximum, fidei veritas ad cognoscendum Deum et proxi-

    7 Cf.la voce "Allegory: Greek. Latn" nell'Oxford C/assical Dictionary, Oxfbrd 1970. 45s [tr. it. Cinisello Balsamo (MI) 1995].

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    170 Il messaggio bblico e la sua interpretazione

    mum pertinet>> (10.14). Questo principio e posto nei termini piil generici per tra-scendere ogni relativismo nella considerazione di costurni ormai sorpassati dal-la dottrina cristiana e dai precetti evangelici. Agostino e cosciente che partico-larmente nell'Antico Testamento si narrano certi fatti che ai cristiani possono dare scandalo. D'altra parte il modo in cu ciascuno forma la sua coscienza mol-te volte non si riferisce a principi validi semper et ubique ma ai costumi regio-nali dei suoi tempi. Agostino vede due valori che trascendono ogni tempo e re-gione, e questi sono la verita della fede e la carita, opposti a due valori negativi, l'errore e la cupidigia. Quindi tutto cio che nella Scrittura in senso proprio non si pub indirizzare a questi valori si deve interpretare figuratamente. Che signifi-cano, pero, caritas e cupiditas? Caritatem voco motum animi ad fruendum Deo propter ipsum et se atque proximo propter Deum; cupiditatem autem motum animi ad fruendum se et proximo et quolibet corpore non propter Deum>> (10.16). Cib che nuoce a s medesimo si chiama turpitudine (flagitium), cib che nuoce agli altri delitto (Jacinus)~ Inoltre cio che fa bene a se stesso si chiama uti-lita, cio che fa bene ad al tri beneficenza. La licenziosita e tanto peggiore del de-litto quanto l'utilita e migliore della beneficenza.

    Posta questa chiarificazione si procede a ulteriori sottodistinzioni.

    1. Cio che nelle Scritture, detto da Dio o dai suoi santi, e duro da accetta-re non serve ad altro che per distruggere il regno della cupidigia. Se il senso e chiaro aHora si interpreta letteralmente come nel caso di Rm 2,5-9 e Gal 5,24. Altrimenti si interpreta figuratamente come nel caso di Ger 1,10. Pero Agosti-no, in questo paragrafo, e conscio del fatto che nei testi neotestamentari citati ci sono alcune espressioni translata, metaforiche, come ira Dei>> e crucifixerunt carnem suam>>. Ma replica che queste non multa sunt vel ita posita, ut obtegant sensum et allegoriam vel aenigma faciant>> (11.17). Si potrebbe domandare se qui allegoria ed enigma siano sinonimi di senso figurato.

    2. Figuratamente si deve interpretare ogni azione compiuta sia da parte di Dio sia da parte di gente santa che ha la sembianza di essere licenziosa (12.18). Pero si deve stare attenti a non valutare la moralita di certi atti dalla loro mate-ria soltanto, quanto dall'intenzione con la quale sono fatti. Per ~sempio il Si-gnare che si lascia lavare i piedi da una donna in Gv 12,3 non lo fa come so-gliono fare certi uomini, compiacendosi di una donna lasciva, n il matrimonio con una prostituta da parte di Osea si deve giudicare come quello di chi va co-munemente con una tale donna. L'interpretazione figurata deve spiegare questi fatti in relazione alla carita. Similmente (12.20) non sono i cibi prelibati che co-stituiscono peccato ma l'ingordigia con cui si mangiano. Ma anche la poligamia di cui si racconta nella Bibbia fu concessa per popolare il mondo, difatti non fu concessa la poliandria (12.20). Quindi si conclude che quegli uomini lodati da Dio non lo facevan per libdine, in cui consisterebbe il vero peccato, ma per uti-lita. Tali passi scritturistici, dunque, hanno sia un senso storico sia uno figurati-vo. Si vede in questo passo che l'ermeneutica figurativa di Agostino bada bene a non cadere nella censura degli antiocheni che l'allegoria potesse fare a meno

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    del senso letterale. D'altra parte le azioni buone che concordano con le nostre consuetudini present si prendano come esempio dai retti e le interpretino let-teralmente o figuratamente come facevano i profeti (13.21).

    3. I costumi, dunque, variano da un tempo all'altro, da un paese all'altro, ma la giustizia rimane immutata. La regola generale che dovrebbe reggere tut-ti i costumi e quella di Tb 4,15: Non fare ad altri cio che non vuoi essere fatto a te stesso. Su ci si basano tutte le leggi. Ma quando un tale principio e eleva-to all'altezza della carita scompaiono tutti i Fbertinaggi e tutti i delitti (14.22). Difatti, e a quello che serve l'interpretazione figurata {15.23), per elevare, cioe, tali fatti e parole all'altezza della carita evangelica e renderli utili per l'uditorio cristiano. Se, pero, ripete Agostino, questo regno della carita gia appare nel sen-so proprio, si intenda letteralmente. E veramente interessante come il nostro dottore trascende il relativismo dei costumi locali e storici ponendo il valore as-soluto della verita, giustizia e carita su cui si fonda ogni criterio di bonta o mal-vagita, e riesce a collegare il bene e il m ale con l'intenzione sia dellegislatore sia dell'agente per giustificare certe azioni veterotestamentarie, scavalcando cosi ogni varieta di punto di vista regionale del lettore e ogni circostanza mutevole dell'agente storico.

    4. (Gv 6,54), di cui un'interpreta zione materiale sarebbe inconcepibile. Ma cita pure la frase paolina (Rm 12,20), il cui significato e manifesta mente metaforic.o, ma che egli chiama figurato, un altro esempio dell'estensio ne del termine figura. In 17.25, pero, Agostino fa una strana eccezione alla re gola enunciata sopra. Che fara un celibe per il regno dei cieli quando legge cer ti passi su! matrimonio? Naturalmente Ji interpreta figuratamente per applicar li a se stesso, ma si ricordi che certi precetti sono da ti per quella classe di uomi ni il cui stato di salute spirituale richiede tali parole.

    5. L'applicazione a cristiani di costumi veterotestamentari ormai sorpassa ti come la poligamia in senso proprio la si pub fare sol tanto per cupidigia (18.26 28). Chi lo fa non pensa che erano piil virtuosi quegli uomini che si univano a pii mogli solo per procreare figli e popolare il mondo di alcuni odierni che si uni scono alla loro moglie in modo libidinoso oltrepassando i limiti normali dell'at-to sessuale con lo scopo di procreazione. Fin qui Agostino e chiaro. Meno chian invece, e la transizione da 18.28 a 18.29 dove l'autore dice che tali uornini, cio~ coloro che applicano in senso proprio gli esempi degli antichi, direbbero che lE conseguenza di cio che si era fatto sarebbe di non onorare affatto questi patriar chi in quanto loro medesimi, se venissero Iodati, si sarebbero gonfiati di vana gloria. Misurano, cioe, gli altri in rapporto a se stessi. Non pensano che se que san ti uomini fossero vissuti nella Nuova Dispensazione si sarebbero evirati per i

  • 172 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

    Regno dei Cieli (18.27). Guardino, costoro, gli apostoli che pur lodati dagli uo-mini non si sono lasciati gonfiare di superbia (20.29)! Nemmeno lo sarebbero sta-ti i santi deli'Antico Testamento. L'anello di congiunzione logica tra i due para-grafi sarebbe che chi si lascia dominare dalla libdine e facile preda della super-bia, ma ancora non si capisce perch gli uomini che seguono l'esempio camale degli antichi debbano preoccuparsi adesso perla loro umilta! Ancora piu diffici-le e la transizione tra 20.29 e 20.30, dove Agostino asserisce che questi san ti uo-mini dell'antichita avrebbero odiato a morte i loro figli se questi avessero ade-scato le loro mogli o concubine, invece li amavano con un amore tale che pian-gevano anche la morte di quei figli che non si erano comportati bene nei loro confronti, come Da vide pianse la morte di Assalonne. Anche qui si puo doman-dare cosa c'entrava !'odio o l'invidia dei figli con l'obiezione di possibile super-bia. Di nuovo la logica agostiniana sarebbe che quegli uomini santi non soltanto non si lasciavano dominare dalla libdine, ma nemmeno dalla superbia ovvero dalla gelosia o dall'odio. Da vide, infatti, riconosce umilmente il suo peccato di li-bdine riguardo alla moglie di Uria, e percio viene lodato perla sua umilta, men- tre Salomone viene biasimato per aver cambiato il suo amore spirituale in amo-re camale. Da tutto cio appare il criterio di valutazione morale di sant'Agostino. Egli non valuta, in questo caso, la bonta di un'azione partendo dalla moralita dei cristiani illuminati da! Vangelo ma dacio che il catechismo chiama i vizi capita-li, ovvero le fonti principali che sfociano in peccati attuali: la superbia, la libdi-ne, !'ira, !'odio e la gelosia. E proprio in quest'arco di valori che pensa il grande dottore per trascendere, come abbiamo detto, il relativismo dei costumi, ed e questo l'anello di congiunzione logica che unisce paragrafi cosl diversi.

    C. Conclusione genera/e sullinguaggio proprio e figurato Ergo, quamquam omnia ve! paene omnia quae in Veteris Testamenti libris

    gesta continentur, non solum proprie, sed etiam figurate accipienda sint; tamen etiam illa quae proprie lector acceperit, si lauda ti sunt illi qui ea fecerunt, sed ea tamen abhorrent a consuetudine bonorum, qui post adventum Domini divina praecepta custodiunt, figuram ad intelligentiam referat, factum vero ipsum ad mores non transferat. Multa enim sunt quae illo tempore officiose facta sunt, quae modo nisi libidinose fieri non possunt>> (22.32).

    Dacio consta che Agostino attribuisce all'Antico Testamento un senso let-terale in tutti i passi, e un senso figurato o spirituale in quasi tutti, al contrario di Origene che attribuiva un senso allegorico a tutto illibro ma non all'intero Antico Testamento in senso letterale, anche se i termini corrispondenti sono al-quanto diversi. Agostino ammette il caso che azioni che si scostano dai costumi dei cristiani contemporanei siano state lodate dal testo sacro in quanto erano compiute officiose, cioe per dovere, non per libdine. Tali azioni si devono inter-pretare figuratamente ma non si devono imitare. Il cristiano che legge questi fat-ti, pero, si guardi bene da! dare un giudizio condannatorio reputando se stesso giusto e gli altri peccatori. Sarebbe il peccato dei farisei. Piuttosto impari che se

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    sono caduti i grandi tanto piu possiamo cadere noi. Dio resiste ai superbi, ma agli umili elargisce la grazia>> (Gc 4,6). L'umilta e la disposizione principale per poter capire il senso spirituale dei libri sacri (23.33).

    D. Regale perla retta interpretazione delle figure (24.34-26.37)

    Le regole che seguono non sono regole generali per fare l'esegesi ma sol-tanto regole pratiche per poter interpretare le figure, cioe per ricavare il senso spirituale di un passo da! suo senso letterale nel caso che ce ne sia bisogno.

    l. I criteri esposti sopra ci abilitano a discernere se una locuzione sia da intendersi in senso proprio o figurato. N el caso che il senso sia quest'ultimo, l'in-terpretazione deve essere fatta nell'ambito della regula fidei esposta nel Libro I. Illettore esamini la pericope in tutti i modi finch non arrivi alla verita, par-ticolarmente se e corroborato da una pieta costante. Abbiamo gia incontrato questo criterio nella prima parte dove si parlava della distinctio verborum. In-telligenza, fede e vita morale devono camminare insieme per arrivare a una spiegazione giusta (24.34).

    2. L'utilita dei passi paralleli in cui incontriamo cose simili o vicine (25.34). Peccato che Agostino non abbia approfondito questa regola se non in senso fi-lologico nei paragrafi seguenti, ponendo alcuni caveat. Gli antiocheni, che al-meno in teora non abbondavano nell'interpretazione tipologica e molto di me-no in quella allegorica, avevano posto il principio che un'interpretazione spiri-tuale dovesse avere una stretta analoga con il senso letterale,8 o che fosse un brano dell'Antico Testamento citato nel Nuovo Testamento. Agostino e piu li-bero, non indica qui la direzione che deve prendere l'interpretazione finch ri-manga dentro certi limiti e possa offrire un parallelo scritturistico come ragione o scusa. Di questo passo l'interpretazione figurata correva il rischio di diventa-re interpretazione selvaggia, anche se ortodossa e pia. Quindi l'autore si sente adesso in dovere di porre dei limiti. Porta l'esempio del! a parola fermentum che viene usata in sensi diversi in Mt 16,11 e Le 13,21.

    3. Difatti questi sensi diversi di una parola possono essere o semplice-mente diversi ovvero anche contrari (25.36). Anzi, una paro la ovvero una frase puo avere piu di due significati o ambiti semiotici (25.37). In parole moderne Agostino direbbe che !'uso di una concordanza per trovare il significato figura-to di una parola deve essere molto cauto quando questa parola e polivalente.

    4. Si proceda da! piu chiaro al piu oscuro. E una regola ermeneutica ere~ ditata da Ireneo9 il quale, contro gli gnostici che iniziavano dai passi piu oscuri per spiegare quelli chiari nel loro senso, sottolinea il processo contrario come

    H Oltre al libro di Simonetti citato nella nota 5 cf. D.Z. ZAHAROPOULOS, Theodore of Mo-psuestia on che Bible, New York 1989,130-132.

    9 Cf. DE MARGERIE, lnterpretation, 65-70.

  • 174 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

    quello corretto. E semplicemente una regola di buon senso, ma siccome alcuni rie abusavano c'era bisogno di asserirla esplicitamente. Forse si potrebbe avvi-cinare queste regole agostiniane a quelle di Hillel, Ishmael e Aqiba lO corren ti nell'uso rabbinico del tempo dell'Ipponense, cioe trarre una conclusione da un passo simile, da due o da pi u famiglie. Ma non c'e bisogno di andare tanto lon-tano per trovare !'origine di una regola semplicemente di buon senso (26.37).

    IV. QUAL E DUNQUE IL VERO SENSO DELLA SCRIITURA? (27.38-29.41)

    Dopo la discussione che segue il prologo sulla retta divisione delle parole, Agostino ha fatto una lunga esposizione sull'interpretazione delle locuzioni fi-gurate. Ma ancora non ci ha detto quale sarebbe il vero senso del sacro testo. La lunghezza della sezione media era dovuta alla sua difficolta e alla sua impor-tanza, non alla sua centralita nelleggere la Bibbia. Adesso, dal 27.38 al 29.41, espone il me todo conclusivo per fare una retta esegesi scostandosi alquanto dal-l'allegorismo origeniano per avvicinarsi alletteralismo antiocheno. Si noti che questa parte appartiene agli anni 426-427, dopo la controversia agostiniana con-tro i pelagiani che avevano pressato Agostino con un'esegesi teologica lettera-le, a cui egli ha dovuto rispondere con eguale cura. Sarebbe forse questa la ra-gione delle regole seguenti.

    l. Prima di tutto il ver o senso della Scrittura e il sensus auctoris perch que-sto e que! senso ispirato dallo Spirito Santo, quindi il senso letterale, nel senso moderno della parola. Tutti i mezzi tecnici descritti nel Libro II servono a questo scopo,-cioe a scoprire quello che l'autore umano abbia voluto significare scri-vendo cio che ha scritto. Cio viene ripetuto anche nelle Confessioni (12, 18.27).

    2. Se questo non e chiaro a prima vista aHora entra in giuoco la analogia Scripturae, anche questa una regola ereditata da Ireneo; si dia cioe qualsiasi al-tra spiegazione che pub essere avallata bblicamente, perch e sulla Bibbia che si fonda la regula fidei. Tale interpretazione non possiamo dire che sia arbitra-ria per le seguenti ragioni: a) Pub essere che l'autore umano medesimo abbia previsto una tale interpretazione. E qui che Agostino si avvicina di piu alla theoria antiochena; b) Certamente, anche se l'autore umano non !'ha previsto, l'avra previsto certamente lo Spirito Santo, e qui Agostino fonda la teora del sensus plenior11 di alcuni teologi cattolici moderni; e) La terza possibilita e che sia lo Spirito Santo stesso a illuminare illettore su una tale interpretazione. La seconda e la terza opzione spiegherebbero tan ti passi dell'Antico Testamento ci-

    10 Per una spiegazione di queste regole complicatissime cf. H.L. STRACK - G. STEMBERGER, Einleitung in Talmud and Midrasch, Mnchen 71982, 25-40 (tr. it. lntroduzione al Talmud e Midra-sh, Roma 1995).

    11 La teora del sensus plenior viene accettata e spiegata nel recente documento della Ponti-ficia Commissione Bblica (Citta del Vaticano 1993), JI, B, 3.

    L' ermeneutica agostiniana: il u;rzo libro del De doctrina christiana 175

    tati fuori contesto, letterariamente parlando, nel Nuovo, e ci avvicinano all'opi-nione contemporanea che la Scrittura non e soltanto ispirata ma anche ispiran-te. Questo pero l'aveva gia detto Origene; d) La Scrittura e di una tale ricchez-za che pub avere pi u di un solo senso letterale (27, 28). Da cio si vede che Ago-stino supera di molto il metodo storico-critico moderno pur includendolo pie-namente. Anzi possiamo dire che Agostino prelude a un metodo ermeneutico contemporaneo chiamato reader-response criticism>>12 che val uta il senso di un passo piu dall'intentio lectoris che non da quella dello scrittore. Pero, bench Agostino ammetta una tale possibilita e attribuisca la varieta di opinioni allo Spirito Santo, non ha il mnimo dubbio che il vero senso, quando e chiaro, e quello dell'autore umano. Illettore entra soltanto quando questo primo senso non e chiaro (cf. Conf XII, 18.27; 26.36; 30.41; 31.42; 32.43).

    3. Se persiste il dubbio, dopo essersi rivolti al!'analogia scripturae e analo-gia fidei, si pub ricorrere all'argomento razionale. Pero attenzione! Questo po-trebbe essere pericoloso perch suscita opinioni controverse. Ma anche se sor-gessero tali opinioni, si risolvono con argomenti scritturistici (28.39). Era stato Clemente Alessandrino13 che aveva aggiunto l'analogia rationis all'analogiafidei et scripturae di Ireneo, e sappiamo quanto Agostino stesso abbia fatto uso della filosofa per fare l'ermeneutica teologica della Scrittura, eppure qui e tanto cau-to, forse a causa dell'esperienza avuta nelle controversie teologiche. Difatti Giu-liano d'Eclano si era appellato alla ratio e alla aequitas14 per risolvere certe obie-zioni alla sua dottrina del peccato originale. Quando si esce dall'ambito della teologa bblica e del credO>>, facilmente della teologa si fa una teosofa.

    4. Aiuta nello scoprire la mens auctoris la scienza dei tropi (29.40 e 41). Gia alcuni tropi sono menzionati per nome nella Scrittura stessa, per es. allego-ra, enigma e parabola, ma ce ne sono tanti altri conosciuti dai retori di profes-sione o che sono anche usati nel discorso quotidiano. Un'ermeneutica di Ago-stino estenderebbe questo discorso ai nostri generi letterari: il che lo rendereb-be assai moderno. Egli offre altri esempi di tropi, la metafora, la catacresi, !'iro-na, l'antifrasi. L'allegoria sopra menzionata (cf. Gal4,27) non si riferisce all'al-legoria origeniana ma solo all'allegoria come figura retorica.

    V. LE REGOLE DI TICONIO

    Per capire meglio i tropi e le locuzioni figura te nella sacra Scrittura Ago-stino trova utili le sette regole di Tyconius il Donatista, scomunicato dalla sua setta ma mai diventato cattolico, che le aveva applicate al suo commentario su!-

    12 Per una spiegazione cf. R.J. CoGGINS- J.L. HOULDEN, A Dictionary of Biblical lnterpreta-tion, London 1990, 578s.

    13 Cf. DE MARGER1E, /nterpretation, 100-102. 14 Un tale appello alla ragione appare passm nei ragionamenti di Giuliano nell'Opus mper-

    feclllm contra Iulianum di AGOSTINO.

  • 176 Il messaggio biblico e la sua interpretazione

    l'Apocalisse (30.42 e 43). Agostino le accetta entro certi limiti: non risolvono tutte le difficolta, difatti Ticonio stesso riso! ve certi problerni anche senza tali re-gale. Non si dimentichi che l'autore e donatista, inoltre e semipelagiano. La sua terza regola non e propriamente una regola esegetica bensl. una questione teo-logica in se stessa che Agostino aveva discusso per longum et latum nella con-troversia antipelagiana. Altrimenti le regole servono uno scopo buono. In sin te-si, sono le seguenti.

    l. De Domino et eius c01pore (31.44): un principio usato magistralmente da Agostino nelle Enarrationes. Siccome Cristo e la Chiesa formano una sola personalita, certi detti biblici perrnettono facilmente la transizione dall'uno al-l'altra, bench occorra avere idee chiare su che cosa convenga all'uno ovvero al-l'altra.

    2. De Domini corpore bipartito (32.45): Agostino preferirebbe permixto ovvero vera et simulato a bipartito ma il principio sarebbe che, parlando della Chiesa, si deve ricordare che e composta da santi e peccatori, anzi reprobi. Gli ipocriti, pur sembrando appartenere alla Chiesa, non le appartengono. Per Ti-conio, naturalmente, sono i cattolici che non le appartengono. Per Agostino, in-vece, la Chiesa cattolica terrena non e coestensiva con la Civitas Dei,n coloro che presentemente ne sono fuori con la Civitas diaboli.

    3. De promissis et lege (33.46): ovvero, dice Agostino, De Spiritu et littera o De gratia et mandato. Come abbiamo detto sopra il Dottore della Grazia non reputa questa una regola bensl. una questione teologica sulla quale egli stesso aveva scritto tanto in controversia con i pelagiani e semipelagiani come Ticonio stesso, il quale asseriva che la nostra fede merita da Dio il dono delle opere buone ma la fede stessa viene da noi, non e dono di Dio.

    4. De specie et genere (34.37): cioe, de parte et tato: Gerusalemme sta per tutta la Giudea, Tiro e Sidone stanno per illoro intero territorio sia per !'un-versalita delle gen ti. Ma alla fine del paragrafo Agostino fa un'osservazione che e molto interessante perch coincide con un principio errneneutico antiocheno. Cio che nelle Scritture e detto di Salomone eccede il riferimento alla sua perso-na, cioe non e una pura iperbole o, se lo e, il suo vero significato e Cristo ovve-ro la sua Chiesa. Pero, pur applicando la parte per il tutto in Ez 36,17-29, il tut-to non e Israele secando la carne, perch le parole profetiche oltrepassano questo popo lo, ma Israele secando lo Spirito che e la Chiesa (34.48); e nel para-grafo seguente Agostino interpreta l'introduzione