Grandangolo - Febbraio 2015

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IO ERO GLI OCCHI PER IL CIECO, ERO I PIEDI PER LO ZOPPO grandangolo UNO SGUARDO SULL’UOMO DI OGGI notiziario a cura dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali N.2 FEBBRAIO 2015 - Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola Numero in attesa di registrazione Il Messaggio del Papa per la XXIII Giornata Mondiale del Malato

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Notiziario d'approfondimento a cura dell'ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola

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IO ERO GLI OCCHI PER IL CIECO,

ERO I PIEDI PER LO ZOPPO

grandangoloUNO SGUARDO SULL’UOMO DI OGGI

notiziario a cura dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali

N.2 febbraio 2015 - Diocesi di Fano Fossombrone Cagli PergolaNumero in attesa di registrazione

Il Messaggio del Papa per la XXIII Giornata Mondiale del Malato

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SOMMARIO04 “IO ERO GLI OCCHI PER IL CIECO,

ERO I PIEDI PER LO ZOPPO”Il Messaggio del Papa per la XXIII Giornata Mondiale del Malato

04 FARMACO QUANTO MI COSTI?Le famiglie povere italiane spendono 22,7 milioni di euro per i medicinali

ATTUALITÀ

IN COPERTINA

06 CRESCERE IN SANTITÀ SERVENDO IL SOFFERENTELa riflessione del direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute

04 15,4 MILIARDI DI EURO NEL 2014: IL BUSINESS DELL’AGROMAFIALa riflessione di Tommaso Di Sante, presidente Coldiretti Marche

04 NIGERIA, LA STRAGE “SILENZIOSA”Oltre 2.000 morti per mano di Boko haram

DAL MONDO

04 L’ENNESIMA STRAGE DI MIGRANTIOltre 300 morti. Una nuova ecatombe nel Mediterraneo

DALL’ITALIA

04 COME PATCH ADAMS IN CORSIA

04L’ANSA COMPIE 70 ANNIIntervista alla responsabile Ansa Marche Cristina Morbiducci

04 GLI ITALIANI E LA LETTURAUna famiglia su dieci dichiara di non avere un libro in casa

OBIETTIVO CULTURA

04 IL CINEMA DI IERI E DI OGGIIntervista a Luca Caprara, critico cinematografico

CINEMA

04GIORNATA PER LA VITA CONSACRATALe testimonianze dallanostra diocesi

grandangoloUNO SGUARDO SULL’UOMO DI OGGI

NUMERO 02

FEBBRAIO 2015

Diretto daENRICA PAPETTI

Realizzazione graficaLUCA MISURIELLORecapitiTELEFONO 0721/802742EMAIL [email protected]

04 GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA GUIDA TURISTICAIntervista alla guida turistica Manuela Palmucci

04 SOLIDALI PER LA VITAIl messaggio della Conferenza Episcopale Italiana

La testimonianza di Andrea Muzi, presidente VIPCLAUNCIOFEGA SENIGALLIA ONLUS

04 SERGIO MATTARELLA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAL’editoriale di Domenico Delle Foglie direttore SIR

DALLA DIOCESI

04 UNITALSI: AL SERVIZIO DEL MALATOIntervista al presidente Unitalsi Fano Piergiuseppe Manenti

04 RIAPRE AI FEDELI LA CHIESA DI S.TOMMASODopo la chiusura per lavori torna a risplendere la “chiesa dell’Adorazione”

04 NATI PER LEGGERERoberto Cofini, lettore volontario, spiega l’im-portanza di educare i bambini alla lettura

06 COME STANNO GLI ITALIANI?Aumentano tumori, alzheimer e demenze senili

04 L’EMOZIONE DI ACCOGLIERE LA VITAIntervista a Marina Polucci ostetrica al Salesi

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LA LENTE

La Pastorale della salute può essere descritta come “la presenza e l’azione della Chiesa per recare la luce e la grazia del Signore a co-loro che soffrono e a quanti se ne prendono cura”.Scopo della pastorale della salute è l’accompagnamento dell’uma-nità sofferente alla vita in Cristo nella situazione di malattia fisica o psichica, nella convinzione che “la sofferenza nasconde e svela una vocazione e una missione di amore”.

La pastorale della salute è al centro della vita parrocchiale? Attenzione, non è che tutti deb-bano preoccuparsi di agire in questo ambito, ma qui si vuole intendere è al centro dell’attivi-tà evangelizzatrice parrocchiale la sensibilità e l’attenzione alle situazioni di sofferenza? Que-sto non vuol dire che tutti do-vrebbero preoccuparsi di agire praticamente perché anche qui dovrebbe esserci una ‘selezione’ e una formazione specifica per chi si occupa della pastorale della sa-lute.

C’è necessità di nuovi ministe-ri? Non credo, forse è necessa-rio formare meglio i ministri straordinari della Comunione, i diaconi, i volontari per un vero e proprio ministero della conso-lazione. Ma nella realtà non c’è solo la sofferenza della malattia e della morte, c’è anche la sofferenza dei bambini con genitori sepa-rati, quella degli anziani soli, quella dei sacerdoti anziani che mol-te volte non si sanno utilizzare, in un mondo ecclesiale che, come quello civile, sembra ammantato di ‘giovanilismo’ a dispetto dei dati anagrafici.

In molte parrocchie è frequente una alta percentuale di persone anziane, oggi realisticamente definite così quelle almeno settanta-cinquenni. Per queste persone sono previste occasioni e momenti qualificanti di aiuto spirituale in tempi e modi coerenti? L’insigni-ficanza dei vissuti esistenziali, che caratterizza il nostro tempo, de-potenzia la capacità di “dare senso” al tempo della malattia cronica e inguaribile, della decadenza di una vecchiaia sempre più prolungata.

La parrocchia offre sempre dei gruppi di aiuto per le persone in lutto?Ulteriori esigenze interpellano la parrocchia. Ancora oggi la fami-glia riesce ad essere soggetto assistenziale e molti sofferenti sono al proprio domicilio. Da qui la necessità di una pastorale della salute che aiuti questi malati ma anche i familiari, spesso oppressi dalle

necessità assistenziali e logorati da una assistenza, ancora più dolo-rosa, perché non avrà esisto di guarigione.

Quali contributi porta la pastorale della salute?In primo luogo, l’integrazione della propria fragilità-debolezza come condizione per umaniz-zare l’incontro con il prossimo. Tradotta in termini pastorali, l’immagine del guaritore feri-to è rappresentata da colui che si accosta al prossimo non con atteggiamenti di sicurezza e superiorità, ma nello spirito di umanità e sensibilità, maturato attraverso le proprie esperienze di vulnerabilità e sofferenza. Il secondo stimolo che la pastorale della salute porta all’attenzione della Chiesa più vasta riguarda il ruolo della relazione di aiuto nel contesto dei rapporti inter-personali.

Nella relazione di aiuto l’o-peratore pastorale coltiva de-terminati atteggiamenti, quali l’ascolto, il rispetto, la conside-razione positiva dell’altro, oltre che determinate tecniche quali l’osservazione, l’immediatezza, il confronto e la sintesi per pro-muovere la crescita dell’interlo-cutore. Un altro apporto della pastorale della salute consiste nel curare l’approccio globale

alle persone. Nel mondo sanitario c’è il rischio, da parte degli ope-ratori, di rivolgere l’attenzione, quasi esclusivamente, al corpo del malato cercando di diagnosticarne i problemi e indicargli le terapie al fine di ristabilirne la salute. L’approccio globale significa prestare attenzione a tutte le dimensioni dell’essere umano: corporea, psi-chica, emotiva, sociale, spirituale.

La comunità cristiana ha sempre avvertito il desiderio e il dovere di tenere e tendere la mano a chi soffre. In questo filone di carità e di giustizia si inserisce l’opera di quei cristiani che a nome della propria comunità e in stretta collaborazione con il loro parroco vo-gliono svolgere un tale ministero. Ovviamente per una tale servizio non ci si improvvisa. E’ richiesta una formazione di base che dovrà essere poi nutrita; vi sono contenuti da apprendere e modi di essere da rendere propri attraverso un processo progressivo di crescita e di abilità necessarie alla pratica di questo apostolato.

Sintesi della riflessione del Vescovo Armando in occasione dell ’ultimo incontro del corso di base

per operatori della Pastorale della salute (31 gennaio 2015)

LA PASTORALE DELLA SALUTE È AL CENTRO DELLA VITA PARROCCHIALE?Sintesi della riflessione del Vescovo ArmandoARMANDO TRASARTI Vescovo

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Cari fratelli e sorelle,in occasione della XXIII Giornata Mondiale del Malato, istituita da san Giovanni Paolo II, mi ri-

volgo a tutti voi che portate il peso della malattia e siete in diversi modi uniti alla carne di Cristo sofferente; come pure a voi, professionisti e volontari nell’ambito sanitario.

Il tema di quest’anno ci invita a medi-tare un’espressione del Libro di Giobbe: «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (29,15). Vorrei farlo nella prospettiva della “sapientia cordis”, la sa-pienza del cuore.

1. Questa sapienza non è una conoscenza teorica, astratta, frutto di ragionamen-ti. Essa piuttosto, come la descrive san Giacomo nella sua Lettera, è «pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di mi-sericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera» (3,17). È dunque un atteggia-mento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel cuore di chi sa aprirsi alla s o f f e r e n z a dei fratelli e riconosce in essi l’imma-gine di Dio. Facciamo nostra, pertanto, l’invocazione del Salmo: «Insegnaci a contare i nostri giorni / e acquisteremo un cuore saggio» (Sal 90,12). In questa sapientia cordis, che è dono di Dio, pos-siamo riassumere i frutti della Giornata Mondiale del Malato.

2. Sapienza del cuore è servire il fratello. Nel discorso di Giobbe che contiene le parole «io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo», si evidenzia la di-mensione di servizio ai bisognosi da par-te di quest’uomo giusto, che gode di una

certa autorità e ha un posto di riguardo tra gli anziani della città. La sua statura morale si manifesta nel servizio al povero che chiede aiuto, come pure nel prendersi cura dell’orfano e della vedova (vv.12-13).Quanti cristiani anche oggi testimonia-no, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere “occhi per il cieco” e “piedi per lo zoppo”! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può di-ventare faticoso e pesante. È relativa-mente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quan-do essa non è più in grado di ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di san-tificazione è questo! In quei momenti si può contare in modo particolare sulla vi-cinanza del Signore, e si è anche di spe-ciale sostegno alla missione della Chiesa.

3. Sapienza del cuore è stare con il fratello. Il tempo pas-sato accanto al malato è un tempo santo. È lode a Dio, che ci confor-ma all’imma-

gine di suo Figlio, il quale «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Gesù stesso ha detto: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).

Chiediamo con viva fede allo Spirito San-to che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i qua-li, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati.

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conferenza Episcopale italianaUfficio Nazionale per la pastorale della salute

Duomo di Monreale, mosaico “Gesù dona la vista ad un cieco”

«IO ERO GLI OCCHI PER IL CIECO, ERO I PIEDI PER LO ZOPPO»Il messaggio del Papa per la XXIII giornata mondiale del malato

Sapienza del cuore è stare con il fratello. Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo.

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conferenza Episcopale italianaUfficio Nazionale per la pastorale della salute

Duomo di Monreale, mosaico “Gesù dona la vista ad un cieco”

«IO ERO GLI OCCHI PER IL CIECO, ERO I PIEDI PER LO ZOPPO»Il messaggio del Papa per la XXIII giornata mondiale del malato

Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”, per indurre a crede-re che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!

4. Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello. Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dal-la fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro. In fondo, dietro questo atteggiamento c’è spesso una fede tiepida, che ha dimenticato quella parola del Signore che dice: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40).

Per questo, vorrei ricordare ancora una vol-ta «l’assoluta priorità dell’“uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discer-nimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio» (Esort. ap. Evangelii gau-dium, 179). Dalla stessa natura missionaria della Chiesa sgorgano «la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove» (ibid.).

5. Sapienza del cuore è essere solidali col fra-tello senza giudicarlo. La carità ha bisogno di tempo. Tempo per curare i malati e tempo per visitarli. Tempo per stare accanto a loro come fecero gli amici di Giobbe: «Poi sedet-tero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti. Nessuno gli rivolgeva una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore» (Gb 2,13). Ma gli amici di Giobbe nascondevano dentro di sé un giudizio nega-tivo su di lui: pensavano che la sua sventura fosse la punizione di Dio per una sua colpa. Invece la vera carità è condivisione che non giudica, che non pretende di convertire l’al-tro; è libera da quella falsa umiltà che sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto.

L’esperienza di Giobbe trova la sua auten-

tica risposta solo nella Croce di Gesù, atto supremo di solidarietà di Dio con noi, to-talmente gratuito, totalmente misericordio-so. E questa risposta d’amore al dramma del dolore umano, specialmente del dolore innocente, rimane per sempre impressa nel corpo di Cristo risorto, in quelle sue piaghe gloriose, che sono scandalo per la fede ma sono anche verifica della fede (cfr Omelia per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, 27 aprile 2014).Anche quando la malattia, la solitudine e l’inabilità hanno il sopravvento sulla nostra vita di donazione, l’esperienza del dolore può diventare luogo privilegiato della trasmissio-ne della grazia e fonte per acquisire e raffor-zare la sapientia cordis. Si comprende perciò come Giobbe, alla fine della sua esperien-za, rivolgendosi a Dio possa affermare: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5). Anche le persone immerse nel mistero della sofferen-za e del dolore, accolto nella fede, possono diventare testimoni viventi di una fede che permette di abitare la stessa sofferenza, ben-ché l’uomo con la propria intelligenza non sia capace di comprenderla fino in fondo.

6. Affido questa Giornata Mondiale del Ma-lato alla protezione materna di Maria, che ha accolto nel grembo e generato la Sapien-za incarnata, Gesù Cristo, nostro Signore.O Maria, Sede della Sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti i malati e per coloro che se ne prendono cura. Fa’ che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore, possiamo ac-cogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore.

Accompagno questa supplica per tutti voi con la mia Benedizione Apostolica.

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È stato san Giovanni Paolo II a istituire nel 1993 la Gior-nata del Malato perché le persone che portano il peso della croce fisica o morale sentissero attorno a sé la comunità credente unita con la preghiera e il servizio. Per la Giornata Mondiale del Malato di questo anno

2015 papa Francesco, rivolgendosi a tutti i cristiani ma in partico-lare a “chi porta il peso della malattia ed è in diversi modi unito alla carne di Cristo sofferente; come pure ai professionisti e volontari nell’ambito sanitario”, invita a percorrere un cammino di santifica-zione nel servizio ai bisognosi imitando Giobbe che affermava: “Mi sono fatto occhio per il cieco e piede per lo zoppo” e soprattutto Gesù che ha detto “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”. Il tempo passato accanto al malato anche se silenzioso, afferma il papa, è un tempo santo perché lode a Dio e risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio ed è testimonianza non con le parole ma con la vita radicata in una fede genuina. A loro volta le perso-ne immerse nel mistero della sofferenza e del dolore, accolto nella fede, sono testimoni viventi di una fede che permette di abitare la stessa sofferenza, benché l’uomo con la propria intelligenza non sia capace di comprenderla fino in fondo.

Da qui l’invito di papa Francesco a “superare l’assillo dalla fretta,

dalla frenesia del fare, del produrre, per assumere la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro”, che nel-la malattia porta le piaghe che sono rimaste impresse nella carne gloriosa di Gesù risorto a significare l’aspetto positivo o salvifico della sofferenza. Lo aveva sottolineato anche Giovanni Paolo II nel documento “Salvifici doloris”, un dolore che dà salvezza, come appunto quello di Gesù crocifisso che ha preso su di sé le sofferenze interiori e fisiche di ogni persona. A questo mistero di dolore sal-vifico, specie se innocente, le persone sane e credenti aggiungono il valore della carità nel servizio professionale o nella gratuità del volontariato, mostrando al mondo l’inviolabile dignità della per-sona umana anche quando sembra totalmente incosciente perché avvolta nella spirale di uno stato vegetativo.

L’invito di papa Francesco è rivolto a tutti i cristiani. La XXIII Giornata Mondiale del Malato ci aiuti a crescere nella fede e nella carità per diventare occhio, mani, cuore con delicatezza e generosi-tà, condividendo il tempo della vita, concessoci da Dio giorno per giorno, con coloro che nella propria carne vivono il limite della na-tura umana. E l’esperienza di servizio anche di un solo giorno ci sti-moli a donare ancora tanti altri giorni fino a perseverare nel dono di noi stessi pur se il servizio al bisognoso diventa faticoso e pesante.

CRESCERE IN SANTITÀ SERVENDO IL SOFFERENTE11 febbraio Giornata Mondiale del MalatoDI p. SILVANO BRACCIDirettore Ufficio Diocesano della Pastorale della Salute

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COME STANNO GLI ITALIANI?Aumentano tumori, Alzheimer e demenze senili

Qual è lo stato di salute degli italiani? Stando ai dati Istat, riferiti all’anno 2013, in Italia sono aumentati i malati di tumore, di Aalzheimer e le demenze se-nili. “Rispetto al 2005 – si legge nel rapporto Istat - diminuiscono malattie respiratorie croniche e ar-

trosi - la popolazione che invecchia proviene da esperienze di vita sempre più sane - mentre aumentano tumori maligni, Alzheimer e demenze senili anche perché c’è maggiore capacità di riconoscere le malattie. Rispetto al 2005 – sottolinea il Rapporto - a parità di età aumentano i tumori maligni (+60%), le malattie della tiroide (+52%), l’Alzheimer e le demenze senili (+50%), l’emicrania ricor-rente (+39%), l’allergia (+29%) e l’osteoporosi (+26%), mentre di-minuiscono le prevalenze di bronchite cronica/enfisema (-24%) e dell’artrosi/artrite (-18%). Queste variazioni nel tempo riflettono l’impatto di molti fattori, tra cui i progressi della medicina e il mi-glioramento delle capacità diagnostiche, la migliore consapevolezza e informazione dell’intervistato sulle principali patologie rispetto al passato, i cambiamenti epidemiologici in atto in una popolazione che invecchia e progredisce in termini di istruzione”.

Secondo i dati riportati nella pubblicazione “I numeri del cancro in Italia 2014”, frutto della collaborazione tra AIRTUM e AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), escludendo i carcino-mi della cute, il tumore più frequente, nel totale di uomini e donne, risulta essere quello del colon-retto (14% del totale), seguito dal tumore della mammella (13%), di cui il 98% nelle donne; seguono il tumore della prostata (11%), il tumore del polmone (11%) ed i tumori della vescica (7%). Tra gli uomini, il carcinoma del polmone risulta la prima causa di morte oncologica in tutte le fasce di età, rappresentando il 15% dei decessi tra i giovani (0-49 anni), il 31%

tra gli adulti (50-69 anni) e il 27% tra gli ultrasettantenni. Tra le donne, il tumore della mammella si colloca al primo posto in tutte le fasce di età: rappresenta il 29% dei decessi tra le giovani, il 23% tra le adulte e infine il 16% tra le donne in età superiore a 70 anni. Dando uno sguardo alla salute mentale degli italiani, notiamo che il problema più diffuso è la depressione. “Nella popolazione – si legge nel Rapporto - si stima siano circa 2,6 milioni le persone (4,4%), con prevalenze doppie tra le donne rispetto agli uomini in tutte le fasce di età; nella popolazione anziana ne soffre almeno una perso-na su 10 e tra le donne ultraottantenni la quota supera il 15%. Se a queste prevalenze si aggiunge la quota di quanti sono potenzial-mente a rischio perché dichiarano di aver avuto episodi depressivi in passato la prevalenza aumenta al 7,8%”.

Focalizzandoci, in conclusione, sull’Alzheimer, secondo il Rappor-to Mondiale Alzheimer 2013, intitolato “Alzheimer: un viaggio per prendersi cura”, tra il 2010 e il 2050 il numero totale di anziani con esigenze di tipo assistenziale è destinato a triplicare, passando da 101 a 277 milioni di persone. L’assistenza a lungo termine è destinata il prevalenza a persone affette da demenza e l’80% degli anziani nelle case di riposo convive con la demenza. Attualmente il costo globale dell’assistenza per la demenza supera i 600 miliardi di dollari, ovvero circa l’1% del PIL mondiale.

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N.2 - 2015ATTUALITÀ

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ANSA: A 70 ANNI DAL PRIMO “LANCIO”Intervista a Cristina Morbiducci, responsabile Ansa Marche

L’INTERVISTA DEL MESE

DI ENRICA PAPETTI

Èil 15 gennaio 1945. Con il primo lancio, l’Ansa (Agen-zia Nazionale Stampa Associata) annuncia l’attacco aereo degli Alleati a Berlino.

Da quel lontano 1945 sono passati 70 anni. Casa Ansa, come l’ha definita Carlo Gambalonga nel suo volume dal titolo “Casa Ansa, da settant’anni il diario del Paese (Centro di Docu-mentazione Giornalistica, 235 pp.), con 22 sedi in Italia e 81 uffici in altri 78 Paesi, racconta ogni giorno, con notizie e immagini, la storia del nostro Paese, passando dalla cronaca, all’economia, alle regioni, al mondo, alla cultura, alla tecnologia e tanto altro ancora. E lo fa con rapidità, attenzione e professionalità.

Per conoscere meglio il lavo-ro di un’agenzia di stampa, abbiamo intervistato Cristi-na Morbiducci, responsabile Ansa Marche.

Carlo Gambalonga afferma che l’Ansa è nata dalla Libe-razione “divenendo simbolo di indipendenza e obiettivi-

tà”. Si può essere ancora indipendenti e liberi nel fare giornali-smo oggi?Il giornalismo avrà un futuro se saprà rafforzare le proprie caratteri-stiche di autonomia: la capacità di interpretare i fatti con spirito cri-tico, indipendenza di giudizio, sforzo costante di approssimazione alla verità. Se saremo capaci di esercitare un controllo continuo, nei limiti di quanto possibile in una società complessa, su tutte le forme di potere (compreso lo stesso potere dei media) saremo credibili nei confronti dei cittadini. E indispensabili per la libera formazione dell’opinione pubblica. Inutile dire che le pressioni contrarie sono tante, i tentativi di condizionamento sempre più sofisticati e spesso mascherati da un’opaca ‘accessibilità’ ai dati e finta ‘trasparenza’, ma per quanto riguarda una realtà come l’ANSA, la forza della testata e le garanzie per chi ci lavora stanno nello statuto dell’Agenzia, che richiama espressamente i valori dell’indipendenza, dell’imparzialità e della completezza.

Non posso non chiederti un tuo commento, da giornalista, sugli ultimi fatti di Parigi. Gli attentati di Parigi credo segnino un punto di svolta nella stra-tegia del terrorismo di matrice islamista. Non so se hanno ragione coloro che sostengono che la redazione di Charlie Hebdo è stata scelta come pretesto per un attacco che era comunque programma-to, o se ha ragione Zygmunt Bauman nel leggere dietro il massacro

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“Ogni lancio è difficile, perché ogni notizia può avere un impatto sulla realtà in cui si contestualizza, quando non direttamente sulla vita delle persone.”

dei giornalisti del settimanale satirico la coscienza pubblica di un progressivo scivolamento del potere effettivo dalle sedi tradizionali verso i centri che creano opinioni. Sicuramente queste stragi (ancor più quelle di Boko Haram in Nigeria) dimostrano quanto lavoro an-che l’informazione deve ancora fare per riuscire a interpretare cosa si muove nella società che crediamo di conoscere, e della quale invece spesso non sappiamo quasi niente. La prima regola del giornalismo è farsi domande e non dare nulla per scontato. Scavare, non accontentarsi di risposte facili è l’essenza del nostro mestiere: ma servono fatica, studio, competenze, osservazione sul campo ed esercizio del dubbio.

Qual è il vostro rapporto con la stampa cattolica? Penso ad esempio all’agenzia di stampa Sir o a quotidiani come Avvenire.Avvenire utilizza i servizi e le notizie ANSA. Spesso ANSA riprende interviste o inter-venti del Sir nel proprio notiziario (citando la fonte)

Con l’avvento dei social, come è cambiato, se è cambiato, il lavoro di un giornalista Ansa?Con i social media anche il nostro lavoro è in parte cambiato: su Fb e Twitter ormai si fa anche la storia politica del Paese, e, in generale, il rapporto dell’informazione con il lettore e diventato più diretto e interattivo. Senza contare la contribuzione diretta dei cittadini, con le loro segnalazioni, foto e video, al flusso informativo.

Quanto lavoro c’è dietro un lancio di agenzia e come avviene tec-nicamente?Le notizie dell’Ansa nascono nel modo più classico: da fonti pro-prie del cronista, dalla presenza del giornalista nel luogo in cui un fatto accade, dalla raccolta e verifica di segnalazioni o informazioni presso istituzioni, forze politiche e sociali, forze di polizia, aziende, associazioni ecc. Il giornalista elabora poi notizie e servizi corredati di foto e filmati (se destinate all’informazione ANSA sul web, e il prodotto finale viene inviato ai desk specializzati di riferimento o trasmesso direttamente in rete agli utenti. L’ANSA è presente sui canali tradizionali riservati agli abbonati ma anche sul web e su tutte le piattaforme (tv satellitare, tablet, smartphone ecc.).

Quale è stato, se c’è stato, il lancio più difficile da fare?Ogni lancio è difficile, perché ogni notizia può avere un impatto sul-la realtà in cui si contestualizza, quando non direttamente sulla vita delle persone. Questa responsabilità mi sta sempre davanti: è il sen-so profondo del ruolo sociale dell’informazione, la sua grande sfida. Significa cercare di dare il meglio anche nel trattare la notizia più

banale e ammettere gli errori e correggerli quando si sbaglia. Fra i lanci più complessi, ma anche fra le esperienze professionali più importanti, quelli sul processo alle Brigate Rosse per l’omicidio per vendetta del fratel-lo del primo terrorista pentito. Roberto Peci, fratello di Patrizio, uno dei fondatori delle Br. Un racconto a più dimensioni, su mol-te zone all’epoca ancora oscure, che partiva da un filmato amatoriale atroce sul ‘processo’ e l’esecuzione’ del ‘condannato a morte’. Un resoconto giornalistico in progress, in cui si

intrecciavano via via le acquisizioni giudiziarie, le parole dei penti-ti, le rivendicazioni mostruose dei terroristi cosiddetti irriducibili, il peso portato dal fratello e il dolore dei genitori e della moglie della vittima. Un pezzo di storia dell’Italia passato da un’aula di Tribunale e dalle notizie di un’agenzia.

La Redazione ne “Tutti gli uomini del Presidente”

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15,4 MILIARDI DI EURO NEL 2014: IL BUSINESS DELL’AGROMAFIALa riflessione di Tommaso Di Sante, presidente Coldiretti Marche

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N.2 - 2015 ATTUALITÀ

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15,4 MILIARDI DI EURO NEL 2014: IL BUSINESS DELL’AGROMAFIALa riflessione di Tommaso Di Sante, presidente Coldiretti Marche

Giovedì 15 gennaio a Roma, nella sede di palazzo Rospigliosi della Coldiret-ti, è stato presentato il terzo rapporto sulle agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e dall’Osservatorio sulla cri-

minalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Nel documento emerge che, in una fase di recessione economica come quella attuale, c’è un settore che non è assolutamente in crisi: l’agromafia. Con un aumen-to del 10 percento, nel solo 2014 ha raggiunto 15,4 miliardi di euro. “Produzione, distribuzione, vendi-ta – si legge nei comunicati della Coldiretti – sono sempre più penetrate e condizionate dal potere crimi-nale, esercitato ormai in forme raffinate attraverso la finanza, gli incroci e gli intrecci societari, la conquista di marchi prestigiosi, il condizionamento del mercato, l’imposizione degli stessi modelli di consumo e l’o-rientamento delle attività di ricerca scientifica. Non vi sono zone franche rispetto a tali fenomeni”.

Per un quadro più ap-profondito sulla que-stione, abbiamo inter-vistato Tommaso Di Sante, presidenti della sezione marchigiana di Coldiretti, la famo-sa associazione di ca-tegoria che mira a por-re in trasparenza tutto un sistema di produ-zione agroalimentare, proteggendolo sia da attacchi esterni, che interni.

Esistono e sono una presenza capillare, ma in cosa consistono le cosiddette “agromafie”?Non c’è una definizione precisa. Parliamo però una se-rie di prassi, come l’intercettazione di prodotti esteri camuffati sotto l’etichetta del “made in Italy”, che ru-bano fasce di economia importanti sia per l’agricoltura sia per quanto riguarda tutti gli altri settori coinvolti, ripercuotendosi così sull’intero sistema Paese. Risale a qualche giorno fa, proprio nella zona del pesarese, lo smascheramento da parte della Guardia di Finanza di una massiccia operazione di contraffazione messa in atto da aziende dell’est Europa, le quali mettevano in commercio falsi prodotti biologici. Oltre a falsare tutto il sistema mediante una prassi del tutto illega-le, queste realtà andavano a penalizzare le aziende del territorio che, invece, il biologico lo fanno realmente e che, in seguito anche a questi fatti, vivono situazioni infelici anche dal punto di vista economico.La stessa Coldiretti specifica che non esistono zone franche rispetto a tali fenomeni. Ciò significa che

nemmeno le Marche possono considerarsi esenti da queste speculazioni?Ci sono altre regioni che vivono questo sistema di cri-minalità organizzata in maniere più diretta rispetto al nostro territorio che attualmente può definirsi una sorta di isola felice. Il discorso di agromafie, dal mo-mento in cui si parla di tematiche agroalimentari, non può però non coinvolgere pure la nostra regione. Pro-prio perché siamo un’apparente “zona franca”, dobbia-mo prestare maggiore attenzione, in quanto abbiamo dei settori estremamente appetibili per il mercato, dunque pure per queste realtà di agromafia, principali attori di fenomeni di alterazioni, sofisticazioni, con-traffazioni e riciclaggio.

Come le agromafie condizionano i mercati oggi?Cercano di intercettare i vari canali economici che ruotano attorno al nostro settore. Non solo la produ-zione, dunque, ma tutta la commercializzazione presta

il fianco a infiltrazioni mafiose, così come la ristora-zione, che spesso è la prima vittima – talvolta incon-sapevole – del riciclaggio di prodotti agroalimentari contraffatti.C’è poi un’altra questione, certamente non paragona-bile all’agromafia, che è quella dell’agroindustria, che è un fenomeno totalmente legale, ma che annebbia grandemente l’immagine e il contenuto del made in Italy. Si potrebbe dire che l’agroindustria contribuisce a sottrarre quel valore aggiunto tipicamente italiano a cui l’acquirente fa riferimento, ma che il prodotto finale spesso delude.

Qual è la battaglia di Coldiretti in merito a questi fenomeni?Una battaglia su cui noi ci battiamo molto è l’etichet-tatura dei prodotti, che aiuta a ridurre pure la mera speculazione che, anche se non di matrice mafiosa, danneggia innanzitutto il consumatore e in seguito gli stessi produttori. Un esempio lampante è quello del-la concentrazione di succo d’arancia attorno al 12 %

<<Ci sono altre regioni che vivono questo sistema di criminalità organizzata in maniere più diretta rispetto al nostro territorio che attualmente può definirsi una sorta di isola felice.>>

Produzione, distribuzione, vendita sono sempre più penetrate e condizionate dal potere criminale.

DI MATTEO ITRI

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in alcune bevande in commercio, che noi abbiamo spinto almeno fino al 20 %.L’altro fronte è quello dell’etichettatura. Da qualche anno già in funzione per la carne non trasformata – ancora per i salumi, ad esempio, non c’è una completa trasparenza –, ci stiamo battendo anche per l’olio, in cui spesso leggiamo “olii mediterranei” o “olii comunitari”. Idem per la pasta, in cui talvolta la presenza del grano italiano è estremamente bassa, riducendo così il valore aggiunto che potrebbe avere un prodotto venduto come frutto della filiera del made in Italy.

Esiste una certificazione a cui fare riferimento?DOP e IGP. Queste sono le ormai più note e consolidate certi-ficazioni che riescono a garantire una “genuina” provenienza del prodotto.

Perché il settore agroalimentare fa così gola alle mafie?Le aziende agricole, in questo periodo, sono in buona salute, quin-di l’appeal di queste imprese, nonostante le difficoltà che carat-terizzano comunque i nostri tempi, attira particolarmente fonti speculative a carattere mafioso. Questo perché, al di là di tutto, non si può fare a meno del cibo. Inoltre oggi i produttori riescono a intercettare direttamente i consumatori tramite la vendita diret-ta, l’ormai nota filiera corta, quindi suggeriscono indirettamente la possibilità di creazione di circuiti viziosi. Nel cibo e nella sua gestione, ci sono molti ambiti in cui è possibile verificare attacchi capillari della criminalità organizzata, come la lavorazione, il tra-sporto, la distribuzione, tutti ambiti tipicamente caratterizzanti il

settore alimentare.Quest’anno, anche in seguito alle avverse condizioni climatiche della stagione passata, vedremo quasi sicuramente il proliferare di situazioni speculative illegali.

In che modo questi fenomeni di criminalità possono essere ar-ginati?Giusta filiera, giusta tracciabilità, collaborazione a stretto giro con le forze dell’ordine, maggiore trasparenza sull’etichettatura riguar-do alla provenienza dei prodotti e attività di controllo sui flussi commerciali. Ma è l’etichettatura l’aspetto su cui ci dobbiamo spenderci e spen-dere maggiormente, in quanto è una tutela sia per il produttore, che per il consumatore. Questo non significa proibire l’importa-zione di merce estera, bensì fornire al consumatore la possibilità di comprendere con facilità la provenienza dei prodotti che si trova ad acquistare. Occorre spezzare quel pericoloso legame che si in-staura tra crisi e criminalità organizzata, sensibilizzando anche i giovani nel prendersi cura del settore agricolo in prima persona, facendosi essi stessi garanti e fornendo loro sempre migliori con-dizioni di accesso ai terreni per nuovi insediamenti, incrementan-do da un lato il presidio del territorio e, dall’altro, lo spopolamento delle campagne.

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I numeri dell’agricoltura marchigiana1. Le coltivazioniSecondo l’ultimo censimento Istat, la superficie agricola utilizzata è di 472.000 ettari, mentre la superficie totale agricola ammonta a 616.000 ettari, il 66 % della superficie complessiva della regione (936mila ettari), percentuale che fa delle Marche una delle regioni più rurali d’Italia. 2. Le aziendeLe aziende agricole registrate all’Istat sono 45.000, di cui 30.300 iscritte alla Camera di Commercio (1.200 in meno rispetto al 2012). Gli ultimi dieci anni hanno comunque visto una riorganizzazione del sistema imprenditoriale, con l’uscita delle aziende marginali e una sempre maggiore professionalizzazione delle altre, come dimostra anche l’aumento della su-perficie media delle aziende agricole marchigiane a 10,2 ettari (+ 27 %). 3. Gli allevamentiSecondo l’Istat, le aziende con allevamenti sono 6.500, con un calo del 66 % rispetto a dieci anni prima. Differente il trend delle specie allevate che vede un aumento dei suini (200mila capi, + 39 %), avicoli (8,5 milioni, + 23 %) e ovini (192mila, + 22 %), mentre calano i bovini (57mila, - 21 %). Di questi ultimi, sono 23mila i capi di razza bovina marchigiana, allevati in 900 aziende. 4. GiovaniUna testimonianza del profondo processo di rinnovamento green in atto nelle campagne è rappresentata dal fatto che quasi un’impresa agricola italiana su 3 è nata negli ultimi 10 anni. Nell’agricoltura italiana quasi il 7 % dei titolari di impresa ha meno di 35 anni ed è alla guida di 48.620 aziende secondo una analisi Coldiretti. Di queste circa il 70 % opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla trasformazione aziendale del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma anche pane, birra, salumi, gelati e addirittura cosmetici. 5. La spesa dagli agricoltoriIl fenomeno della spesa dagli agricoltori, altrimenti noto come “chilometro zero” o “filiera corta”, a seconda dei casi, sta prendendo sempre più piede nella nostra regione. Secondo una stima Coldiretti su dati Censis, sono oltre 400mila i marchigiani che hanno fatto acquisti almeno una volta dalle imprese agricole nel 2013. Proprio la Coldiretti ha promosso la più grande rete di vendita diretta a livello regionale, con quasi quattrocento punti a marchio “Campagna Amica”, che identifica le aziende che vendono esclusivamente prodotto agricolo, nel rispetto di determinati parametri di qualità e sicurezza, con controlli effettuati da un ente di certificazione.I mercati attivati in forma fissa o in occasione di eventi particolari sono una novantina, ai quali si aggiungono oltre 250 punti vendita direttamente in azienda e una trentina di agri-turismi, oltre alle botteghe e ai ristoranti che propongono prodotti di “Campagna Amica”. I prodotti più acquistati nei mercati degli agricoltori sono verdura, frutta, formaggi, salumi, vino, latte, pane, marmellate e legumi.

Una testimonianza del profondo processo di

rinnovamento green in atto nelle campagne è rappresentata dal fatto

che quasi un’impresa agricola italiana su 3 è

nata negli ultimi 10 anni.

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FARMACO…QUANTO MI COSTI?Le famiglie povere italiane spendono 22,7 milioni di euro per acquistare farmaci

In oltre 3.600 farmacie distribuite in 97 province e in più di 1.200 comuni sabato 14 febbraio 2015 si è tenuta la XV Giornata di Raccolta del Farmaco realizzata dalla Fondazio-ne Banco Farmaceutico onlus in collaborazione con Feder-farma e CDO Opere Sociali. In 14 anni, durante la Giornata

di Raccolta del Farmaco, sono stati raccolti oltre 3.400.000 farmaci, per un controvalore commerciale superiore ai 21 milioni di euro. Scorrendo la sintesi del rapporto 2014 ““Donare per curare. Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci”.” stilato dall’Osservatorio del Ban-co Farmaceutico, con l’apporto nel Comitato scientifico anche di Caritas Italiana, si nota come dal 2007 al 2013 la povertà assoluta sia cresciuta di circa il 93%, arrivando a interessare il 7.9% delle fa-miglie e il 9,9% della popolazione, ovvero oltre 6 milioni di persone. “Nelle famiglie povere si spendono in media 15,89 euro al mese per

la sanità – si legge nella sintesi del rapporto - (pari all’1,8% dell’in-tero budget familiare), rispetto agli 88,15 euro spesi in media dal-le famiglie italiane (pari al 3,6% dell’intero budget familiare). Nel 2006 le famiglie povere spendevano poco meno di 12 euro al mese, pari all’1,7% dell’intero budget di spesa. All’interno di questa spesa, circa 11,20 euro sui 16 complessivi (70%) sono dedicati all’acquisto di farmaci. Si tratta di un’incidenza decisamente superiore rispetto alla media delle famiglie italiane, che spendono invece 40,38 euro al mese (46%) in farmaci. Complessivamente ogni mese le famiglie povere italiane spendono dunque 22,7 milioni di euro per acquista-re farmaci (+1 mln rispetto all’anno precedente), pari al 3,4% della spesa privata farmaceutica complessiva”.

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“Nei primi nove mesi del 2014 – si leg-ge nel rapporto dell’Osmed (Os-servatorio sull’im-

piego dei Medicinali) sull’uso dei farma-ci in Italia (gennaio-settembre 2014)- la spesa farmaceutica nazionale totale (pub-blica e privata) è stata pari a 19,9 miliardi di euro, di cui il 75,6% è stato rimborsato dal SSN. La spesa farmaceutica territo-riale pubblica è stata pari a 8.769 milioni di euro (circa 144 euro pro capite), con una riduzione del -1,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Tale decremento è dovuto principal-mente alla riduzione del -3,3% della spesa farmaceutica convenzionata netta, controbilanciata dall’aumento del +3,3% della spesa per medicinali di classe A ero-gati in distribuzione diretta e per conto. I consumi in regime di assistenza conven-zionale sono costanti con lievi variazioni rispetto al 2013 in termini di numero di confezioni e di ricette (rispettivamente +0,0% e +1,3% rispetto al 2013); in me-dia ogni giorno sono utilizzate 1.035,9 dosi ogni mille abitanti, sostanzialmen-te invariate rispetto all’anno preceden-te (+0,0%), e sono state dispensate 850 milioni di confezioni (circa 14 confezio-ni per abitante). Anche nel 2014 è stata

riscontrata una crescente incidenza del 13,6% - sulla spesa convenzionata - della compartecipazione a carico del cittadino (comprensiva del ticket per confezione e della quota a carico del cittadino ec-cedente il prezzo di riferimento sui me-dicinali a brevetto scaduto) rispetto al 12,7% registrato nel 2013. L’ammontare complessivo della spesa per comparteci-pazioni a carico del cittadino sui medi-cinali di classe A è risultata pari a 1.121 milioni di euro, in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del +4,4%, attribuibile principalmente all’in-cremento della quota a carico del cittadi-no eccedente il prezzo di riferimento per i medicinali a brevetto scaduto (+8,7%), mentre è stata osservata una riduzio-ne del ticket fisso per ricetta (-2,4%). Il ticket per confezione, con un valore di spesa pari a 411 milioni di euro, ha pesa-to per il 36,7%, mentre la quota a carico del cittadino eccedente il prezzo di rife-rimento per i medicinali a brevetto sca-duto, con 710 milioni di euro, ha inciso per il residuale 63,3% (Figura 1a, Tabella 1a e Tabella 2a).

La spesa privata, comprendente tutte le voci di spesa sostenute dal cittadino, ha registrato una lieve riduzione del -0,1%, dovuta alla riduzione della spesa per i farmaci di classe C con ricetta (-1,8%) e

della spesa per i farmaci per l’automedi-cazione (-0,5%), controbilanciata dall’au-mento della spesa per compartecipazioni nell’acquisto di medicinali (+4,4%). La spesa per l’acquisto privato dei farmaci di classe A è rimasta costante rispetto all’anno precedente (+0,0%) (Tabella 2a).

Nei primi nove mesi del 2014 la spesa per i medicinali acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche è stata pari a 108,8 euro pro capite, in crescita del +5,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; in media ogni giorno sono utilizzate 159,4 dosi ogni mille abitanti in aumento del +4,3% rispetto all’anno precedente (Tabella 14).

Le principali componenti della dimi-nuzione del -2,2% della spesa farma-ceutica convenzionata (effetto quantità, prezzi e mix) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, hanno evidenziato un aumento delle quantità di medicinali prescritti (+1,9% in termini di dosi-defi-nite-giornaliere, i.e. DDD), una diminu-zione dei prezzi (-3,2%) e, infine, un lie-ve spostamento dei consumi da specialità medicinali più costose verso quelle meno costose (effetto mix negativo: -0,8%)”.

VERSO I MEDICINALI MENO COSTOSII dati del rapporto Osmed sull’uso dei farmaci in Italia

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NIGERIA, LA STRAGE “SILENZIOSA”Oltre 2.000 morti per mano di Boko haram

Dopo i drammatici fatti di Parigi, i commenti sui so-cial network si scatenano. Tra “je suis Charlie” e tra “io non sono Charlie”, c’è chi cerca di spostare lo sguardo, di distogliere per un attimo l’attenzione dalla Francia e spostarla in Africa, in particolare in

Nigeria, dove si sta compiendo una strage, a detta di molti, “me-diaticamente silenziosa”. L’organizzazione terroristica Boko haram, che letteralmente significa “L’educazione occidentale è peccato”, sta sterminando la Nigeria. Vengo-no uccisi tutti, uomini, donne, bambini.

Il gruppo terrorista è noto anche per i numerosi attacchi alle chie-se cristiane. Ma Boko haram non fa distinzioni neppure di religio-ne: cristiani e musulmani vengo-no ugualmente massacrati.

“Non ci sono ancora dati ufficia-li – scrive Angelo Ferrari su Nigrizia la rivista italiana mensile dei missionario comboniani, - ma sembra essere davvero tragico il bi-lancio delle ultime azioni dei terroristi (la Bbc parla di 2mila morti). Nel mirino dei jihadisti la città di Baga (10mila abitanti) e altri 15 tra cittadine e villaggi sulle rive del lago Ciad. Boko haram avrebbe preso il controllo del 70% dello stato di Borno. E come è accaduto in passato, i militari nigeriani si sono rifiutati di combattere e di difendere le popolazioni dagli attacchi, abbandonando le postazioni senza sparare nemmeno un colpo”. Se Boko haram è pronto a ster-

minare un intero Paese, c’è chi, come Medici Senza Frontiere, si sta prodigando quotidianamente per aiutare i sopravvissuti alla strage. “Venti feriti sopravvissuti all’attacco sono in cura presso l’ospedale di Maiduguri – si legge in un comunicato stampa diffuso da Medici Senza Frontiere - dove ricevono assistenza dalle équipe del Mini-stero della Salute. Circa 5.000 sopravvissuti all’attacco si trovano in un campo sfollati a Maiduguri noto come “teacher village”, mentre altri sono dislocati sulle rive del lago Ciad.

Anche a Maiduguri – prosegue il comunica-to - la situazione è tesa per l’attacco suicida nel mercato della città che il 10 gennaio ha ucciso 20 persone. Medici Senza Frontie-re, che lavora in Nigeria dal 2004, ha una base permanente a Maiduguri, città princi-pale dello stato di Borno, dall’agosto 2014. Nell’aprile 2013, un’équipe di Medici Senza Frontiere aveva lavorato quattro settimane all’ospedale di Baga dopo scontri violenti scoppiati nel paese, aveva donato farmaci e

materiali medicali, ma poi era stata costretta ad evacuare l’area per le condizioni di grave insicurezza.

Dopo aver valutato i bisogni più urgenti, MSF ha donato cibo, far-maci e forniture mediche al centro medico del villaggio che era a corto di forniture. L’équipe di MSF sosterrà anche il centro medico, occupandosi soprattutto della salute delle donne incinte e dei bam-bini, particolarmente vulnerabili”.

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Una serie d’immagini satellitari diffuse oggi (15 gen-naio 2015, ndr) da Amnesty International fornisco-no la scioccante e inconfutabile prova della dimen-sione dell’attacco portato da Boko haram la scorsa settimana sulle città di Baga, a 160 chilometri di di-

stanza da Maiduguri, e Doron Baga (conosciuta anche come Doro Gowon, a due chilometri e mezzo da Baga).

Le immagini, riprese il 2 e il 7 gennaio, prima e dopo l’attacco, mo-strano i terribili effetti dell’attacco di Boko haram, che ha danneg-giato o completamente distrutto oltre 3.700 strutture. Nello stesso periodo il gruppo armato ha attaccato altri centri abitati. “Una de-vastazione di proporzioni catastrofiche in due città, una delle quali è stata quasi cancellata dalla carta geografica nello spazio di quattro giorni - ha dichiarato Daniel Eyre, ricercatore di Amnesty sulla Nigeria -. Di tutti gli attacchi di Boko haram presi in esame, questo è il più grande e il più distruttivo di sempre, un deliberato attacco contro la popolazione civile le cui case, le cui scuole e i cui ambula-tori sanitari sono ormai solo rovine fumanti”.

L’analisi delle immagini riguarda solo due dei molti centri abitati attaccati da Boko haram dal 3 gennaio. Migliaia di persone sono scappate verso il confine col Ciad o in altre parti della Nigeria, come a Maiduguri, capitale dello stato di Borno, aggiungendosi alle

centinaia di migliaia di sfollati. Testimoni oculari, rappresentanti del governo e attivisti per i diritti umani parlano di centinaia di civili uccisi da Boko haram. Un uomo di una cinquantina d’anni ha raccontato i particolari dell’attacco a Baga: “Hanno ucciso tanta gente. Ho visto un centinaio di corpi, poi sono fuggito nella boscaglia. Mentre fuggivamo, continuavano a uccidere”. Chi è riuscito a fuggire ha riferito di numerosi cada-veri nella boscaglia. Secondo un’altra testimonianza, Boko haram ha ucciso indiscriminatamente anche bambini in tenera età e una donna che stava partorendo: “La metà del bambino era già uscita. È morta così”. Boko haram ha ripetutamente preso di mira comu-nità sospettate di collaborare con le forze di sicurezza. La task force civile congiunta, alleata del governo, e un alto ufficiale dell’esercito hanno confermato confidenzialmente che a volte i militari coinvol-gevano la milizia civile in operazioni contro le postazioni di Boko haram. Per questo hanno eliminato casa per casa gli uomini in età da combattimento.

Amnesty continua a chiedere a Boko haram di porre fine alle ucci-sioni di civili. “La deliberata uccisione di civili e la distruzione delle loro proprietà sono crimini di guerra e crimini contro l’umanità e devono essere doverosamente indagate - afferma -. Il governo nige-riano deve prendere tutte le misure legittime per riportare sicurezza nel nord-est del Paese e assicurare la protezione dei civili”.

DAL SIR

PRIMA E DOPO L’ATTACCOLe immagini mostrano i terribili effetti dell’attacco di Boko haram

Prima (2 gennaio 2015) e dopo (7 gennaio 2015) le immagini satellitari mostrano la portata dei danni a Doro Gown a seguito dell ’attacco di Boko haram

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L’ENNESIMA STRAGE DI MIGRANTIOltre 300 morti. Una nuova ecatombe nel Mediterraneo

Una tragedia che sembra non avere fine. Lo scorso 11 febbraio, Giornata Mondiale del Malato, si apprende la notizia di una nuova ecatombe nel Mediterraneo. Trecento secondo alcuni, duecento secondo altri, ma le cifre, in questo momento, passano in secondo

piano. Dietro quei numeri, infatti, ci sono i migranti, provenienti dall’Africa Sub-Sahariana e partiti dalle coste della Libia a bordo di quattro gommoni, ora dispersi. Il loro sogno di un futuro migliore per se stessi e per le proprie famiglie è annegato nel Mediterraneo. “Seguo con preoccupazione le notizie giunte da Lampedusa – ha affermato Papa Francesco al termine dell’udienza generale di mer-coledì 11 febbraio - dove si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamen-te alla solidarietà”.

Anche Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, con altre realtà impegnate sul fronte dei diritti umani, sono intervenute su quanto accaduto. “L’ennesima tragedia del mare avvenuta al largo di Lam-pedusa ha nuovamente confermato l’inadeguatezza dell’operazione Triton come unica misura per la gestione dei flussi migratori e la sua limitatezza nel portare soccorso ai migranti in mare. Le ong Ai.bi, Amnesty International Italia, Caritas Italiana, Centro Astalli, Fondazione Migrantes, Emergency, Intersos, Save the Children e Terre des Hommes – si legge in una nota diffusa dalla Fondazione Migrantes - chiedono al Governo Italiano e all’Unione Europea un reale cambio di rotta nelle politiche sull’immigrazione.

Occorre aprire immediatamente canali sicuri e legali d’accesso in

Europa, per evitare ulteriori perdite di vite in mare, che consen-tirebbe di gestire un fenomeno ormai stabile e probabilmente in aumento. Contemporaneamente, le organizzazioni chiedono all’I-talia e all’Unione europea di rafforzare ulteriormente le operazioni di ricerca e soccorso in mare e di avviare politiche che garantiscano la protezione e la tutela dei diritti umani di rifugiati, migranti e ri-chiedenti asilo che attraversano il Mediterraneo. Non è più tempo di affrontare il fenomeno dei flussi migratori di persone in fuga da guerre, persecuzioni e povertà con azioni insufficienti e poco effi-caci.

L’Operazione Mare Nostrum ha ampiamente dimostrato che l’Eu-ropa può affrontare meglio questo problema, dando priorità alla ricerca e al salvataggio in mare. Tuttavia è necessario un impegno diverso e condiviso in tutta Europa che preveda il dispiegamento congiunto di mezzi e risorse, con approcci e strumenti realmente utili a salvare vite umane e non solo a pattugliare le nostre coste, oltre a politiche di immigrazione e asilo che diano priorità alla di-gnità delle persone”.

Anche la Commissione Migrantes della Diocesi di Fano, Fossom-brone, Cagli, Pergola ha voluto far sentire la propria voce. “Pensia-mo come cristiani o mussulmani o appartenenti ad altre religione o come uomini e donne di accoglienza e di pace, scelte condivise e gesti concreti di solidarieta’ nel nome della comune dignità umana”.

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Continuano incessantemente gli sbarchi illegali sulle nostre coste. Secondo le elaborazioni ISMU (Iniziative e Studi sulla Multiet-nicità) su dati Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere nel 2014 sono stati 1.111 gli sbarchi illegali per un totale di 170.100 persone sbarcate. La nazionalità più dichiarata è quella siriana, a cui seguono quella eritrea. Per quanto riguarda la Libia, sono stati 826 gli sbarchi nel 2014 per un totale di 141.484 persone.

Dando uno sguardo alle strutture governative di accoglienza e assistenza per migranti, come riporta il Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia 2014, al 26 agosto 2014, la capienza teorica complessiva di Cpsa, Cda e CaRa è pari a 7.810 posti che diventano 10.331 nel numero di presenze di immigrati accolti ed assistiti nei centri. Il centro che accoglie in assoluto il numero maggiore di immigrati è il Cda- CaRa di Mineo con 3.792 persone accolte (sono il 37% di tutte le presenze nei centri governativi). A questo seguono i centri di Bari Palese con 1.746 presenze (con il 17% di presenze sul totale nazionale) e Crotone con 1.531 (il 15%). I centri che in misura maggiore fanno registrare un numero di presen-ze superiore ai posti indicati come capienza teorica sono nell’ordine: Bari Palese (con 1.002 presenze in più rispetto al numero dei posti previsti); Crotone (802 posti in più) e Mineo (792)

GLI SBARCHI ILLEGALI

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Sergio Mattarella è il dodicesimo presidente della Repub-blica italiana. È stato eletto da una larga maggioranza dei due terzi dei grandi elettori. Sarà il primo presidente della Terza Repubblica e dovrà contribuire a modellarla, soprattutto attraverso lo stile della rappresentanza e delle

dinamiche istituzionali figlie della nuova legge elettorale e del nuo-vo assetto costituzionale. Non è un caso, infatti, che la sua elezione da parte dei grandi elettori sia avvenuta a pochi giorni dal via libera al Senato dell’Italicum. Cioè la legge elettorale destinata a definire vincitori e vinti in una competizione proporzionale che dovrebbe però garantire, grazie al premio di maggioranza attribuito alla li-sta dopo un eventuale ballottaggio, una maggioranza parlamentare numericamente certa, blindata e autosufficiente. Elisir di lunga go-

vernabilità? Staremo a vedere. Ma questa riforma elettorale procede e a suo modo completa quella costituzionale, che ha il suo perno nella trasformazione del Senato nella Camera delle autonomie e nell’attribuzione, alla sola Camera dei deputati, del potere di dare e togliere la fiducia al Governo oltre che la prevalente potestà legi-slativa. Quindi la fine del bicameralismo perfetto con la prospettiva di una più tempestiva e lineare approvazione delle leggi. Tale da configurare l’effettivo approdo nella Terza Repubblica.

Il nuovo presidente dovrà seguire l’iter finale delle riforme da parte di senatori e deputati e poi dovrà vigilare, dal Quirinale, sui vagiti della Terza Repubblica che si spera possa nascere nel consenso de-mocratico più ampio. Dunque, sette anni sicuramente impegnativi

La scelta politica di Mattarella per il Quirinale (peraltro indicato come “l’ultimo dei Morotei”) appare come un suggello al sogno moroteo di un bipolarismo in grado di superare le angustie della politica del suo tempo e di prefigurare una divisione fra progressisti (tra i quali lui si annoverava) e i conservatori. Una linea di cultura politica e di politica culturale che fu drammaticamente stroncata dalla violenza brigatista.

SERGIO MATTARELLA, IL PRIMO PRESIDENTE DELLA TERZA REPUBBLICA L’editoriale di Domenico Delle Foglie direttore del SIR

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SERGIO MATTARELLA, IL PRIMO PRESIDENTE DELLA TERZA REPUBBLICA L’editoriale di Domenico Delle Foglie direttore del SIR

nello sforzo di rinnovamento istituzionale, nella speranza che il si-stema-Paese sappia tirarsi fuori dalle secche della recessione e sappia imboccare la via dello sviluppo giusto e sostenibile.

Sergio Mattarella è stato indicato come “l’ultimo dei Morotei”. Cer-tamente è stato eletto innanzitutto dagli eredi delle due culture poli-tiche che sono sopravvissute alla stagione di Mani pulite, ovvero gli ex comunisti e gli ex democristiani di sinistra, confluiti nel Partito democratico. Non è di sicuro un giovanissimo, come invece lo è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che quando Aldo Moro è stato ucciso (1978) aveva solo tre anni. Questa distanza temporale ed esistenziale fa della scelta politica di Mattarella per il Quirinale un suggello al sogno moroteo di un bipolarismo in grado di superare le angustie della politica del suo tempo e di prefigurare una divisione fra progressisti (tra i quali lui si annoverava) e i conservatori. Una li-nea di cultura politica e di politica culturale che fu drammaticamente stroncata dalla violenza brigatista.

L’elezione di Mattarella sembra quasi premiare quell’antico sogno, pur nelle mutate condizioni poli-tiche. Ma soprattutto sembra poter dare fiato e vigore, senza strappi, anche al secondo soggetto dell’imper-fetto bipolarismo italiano. Ovvero, quel fronte conser-vatore che merita forse interpreti più giovani e mo-derni, così come avviene in tante democrazie mature dell’Occidente. Capaci anche loro di confrontarsi con le sfide più pressanti del tempo e in grado di offrire una risposta riformista.

Come vedete, abbiamo volutamente trascurato l’ap-partenenza religiosa del nuovo presidente della Re-pubblica. Anche per lui, come per tutti i suoi prede-cessori, vale il giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Dovrà bastare per giudicarlo sulla

base dei suoi atti. Saranno poi la sua retta coscienza e la sua intelli-genza politica a guidarlo. Se un piccolissimo consiglio ci possiamo permettere di offrirgli è solo questo: dimostri di voler bene agli ita-liani.

Soprattutto a quelli che arrancano e sono nelle ultime file. Quando Aldo Moro parlava, con il suo linguaggio colto, nelle piazze del Sud stracolme di braccianti bruciati dal sole, riusciva a catturarli. I conta-dini facevano fatica a capire tutte le sue parole, ma quell’uomo mite ispirava fiducia. Mattarella ci provi. Superi il suo tradizionale riserbo e parli al cuore degli italiani. Si guadagni la loro fiducia. E li aiuti a farsi protagonisti della vita repubblicana.

Buon lavoro, Signor Presidente.

Enrico de Nicola dal 1 gennaio 1948 al 12 maggio 1948Luigi Einaudi dal 2 maggio 1948 all’11 maggio 1955Giovanni Gronchi dall’11 maggio 1955 all’11 maggio 1962Antonio Segni dall’11 maggio 1962 al 6 dicembre 1964Giuseppe Saragat dal 29 dicembre 1964 al 29 dicembre 1971Giovanni Leone dal 29 dicembre 1971 al 15 giugno 1978Sandro Pertini dal 9 luglio 1978 al 29 giugno 1985Francesco Cossiga dal 3 luglio 1985 al 28 aprile 1992Oscar Luigi Scalfaro dal 28 maggio 1992 al 15 maggio 1999Carlo Azeglio Ciampi dall’8 maggio 1999 al 15 maggio 2006Giorgio Napolitano dal 15 maggio 2006 al 22 aprile 2013 dal 22 aprile 2013 al14 gennaio 2015

Gli undici Presidenti della Repubblica Italiana

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“SOLIDALI PER LA VITA”1° febbraio 2015 - 37a Giornata Nazionale per la vita

“I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei po-poli; i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e la saggez-za della loro vita”. Queste parole ricordate da Papa Francesco sollecitano un rinnovato riconoscimento

della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal conce-pimento al suo naturale termine. È l’invito a farci servitori di ciò che “è seminato nella debolezza” (1Cor 15,43), dei piccoli e degli anziani, e di ogni uomo e ogni donna, per i quali va riconosciuto e tutelato il diritto primordiale alla vita.

Quando una famiglia si apre ad accogliere una nuova creatura, spe-rimenta nella carne del proprio figlio “la forza rivoluzionaria della tenerezza” e in quella casa risplende un bagliore nuovo non solo per la famiglia, ma per l’intera società.

Il preoccupante declino demografico che stiamo vivendo è segno che soffriamo l’eclissi di questa luce. Infatti, la denatalità avrà effetti devastanti sul futuro: i bambini che nascono oggi, sempre meno, si ritroveranno ad essere come la punta di una piramide sociale ro-vesciata, portando su di loro il peso schiacciante delle generazioni precedenti. Incalzante, dunque, diventa la domanda: che mondo la-sceremo ai figli, ma anche a quali figli lasceremo il mondo?

Il triste fenomeno dell’aborto è una delle cause di questa situazione, impedendo ogni anno a oltre centomila esseri umani di vedere la luce e di portare un prezioso contributo all’Italia. Non va, inoltre, dimenticato che la stessa prassi della fecondazione artificiale, men-tre persegue il diritto del figlio ad ogni costo, comporta nella sua metodica una notevole dispersione di ovuli fecondati, cioè di esseri umani, che non nasceranno mai.

Il desiderio di avere un figlio è nobile e grande; è come un lievito che fa fermentare la nostra società, segnata dalla “cultura del benes-sere che ci anestetizza” e dalla crisi economica che pare non finire. Il nostro Paese non può lasciarsi rubare la fecondità.

È un investimento necessario per il futuro assecondare questo desi-derio che è vivo in tanti uomini e donne. Affinché questo desiderio non si trasformi in pretesa occorre aprire il cuore anche ai bambini già nati e in stato di abbandono. Si tratta di facilitare i percorsi di adozione e di affido che sono ancora oggi eccessivamente carichi di difficoltà per i costi, la burocrazia e, talvolta, non privi di amara solitudine. Spesso sono coniugi che soffrono la sterilità biologica e che si preparano a divenire la famiglia di chi non ha famiglia, spe-rimentando “quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita” (Mt 7,14).

La solidarietà verso la vita – accanto a queste strade e alla lodevole opera di tante associazioni – può aprirsi anche a forme nuove e creative di generosità, come una famiglia che adotta una famiglia. Possono nascere percorsi di prossimità nei quali una mamma che aspetta un bambino può trovare una famiglia, o un gruppo di fami-glie, che si fanno carico di lei e del nascituro, evitando così il rischio dell’aborto al quale, anche suo malgrado, è orientata.

Una scelta di solidarietà per la vita che, anche dinanzi ai nuovi flussi migratori, costituisce una risposta efficace al grido che risuona sin dalla genesi dell’umanità: “dov’è tuo fratello?”(cfr. Gen 4,9). Grido troppo spesso soffocato, in quanto, come ammonisce Papa Fran-cesco, “in questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.

La fantasia dell’amore può farci uscire da questo vicolo cieco inau-gurando un nuovo umanesimo: “vivere fino in fondo ciò che è uma-no (…) migliora il cristiano e feconda la città”. La costruzione di questo nuovo umanesimo è la vera sfida che ci attende e parte dal sì alla vita.

IL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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L’EMOZIONE DI ACCOGLIERE LA VITAIntervista a Marina Polucci, ostetrica dell’ospedale pediatrico Salesi di Ancona

In occasione della Giornata per la Vita, abbiamo chiesto a Marina Polucci, giovane ostetrica dell’ospedale pediatrico “Salesi” di Ancona ora in attesa di una nuova vita, di rac-contarci il suo lavoro fatto di grande responsabilità e di tante emozioni.

Nel messaggio per la Giornata per la Vita 2015 della CEI leggo “Il nostro Paese non può lasciarsi rubare la fecondità”. Che cosa significa, per una persona che tutti i giorni sperimenta il miraco-lo della vita, questa frase?Nella realtà in cui presto servizio in qualità di ostetrica, come nella provincia di Ancona, si evidenzia un calo delle nascite. Alla base di ciò vi sono indubbiamente le problematiche socio- economiche che fanno negare la nascita di un nuovo figlio. È’ necessario promuovere gruppi di sostegno per la tutela sociale alla maternità e per la tutela della vita fin dal suo inizio. Il mio ruolo per “ non farsi scappare la fecondità “ è’ quello di far superare le cause che inducono la donna all’aborto, nonché all’abbandono del nuovo nato, contribuire alla formazione di gruppi di volontariato che possano aiutare le donne in difficoltà dopo la nascita, informare le coppie con problemi di sterilità sulle procedure di adozione e affidamento, anche se tutt’ora complesse, prima di ricorrere a tecniche di fecondazione assistita, accogliendo così nuove vite a cui l’infanzia è stata rubata.

Come vivi, ogni volta, da ostetrica, la nascita di una nuova vita?La nascita di una nuova vita è un miracolo, ogni donna che partori-sce compie un piccolo miracolo perché dona alla luce e alla società una nuova vita. Il mio compito è’ quello di accompagnare le gravide nel passaggio dall’essere donna all’essere madre, rendendole consa-pevoli che il suo bimbo è nato grazie alla sua forza e al suo potere di dare alla luce.

Che cosa leggi negli occhi delle mamme? Solo gioia o anche pau-ra, ansia, preoccupazione?La gioia, i “ pensieri “, le preoccupazioni e l’ansia s’intrecciano tra di loro in gravidanza e durante il travaglio- parto come in qualsiasi

altro momento della vita. La trasformazione del corpo,le possibili problematiche del nascituro, il dolore del parto, il sentirsi idonea come madre,il rapporto che cambia con il compagno sono tutti motivi di preoccupazione. Alla luce di ciò diventa importante fre-quentare i corsi di accompagnamento alla nascita come momento di incontro con altre donne dove crescere personalmente e scaricare le proprie paure.

Il lavoro di ostetrica, che definirei meglio una missione come quella di tutti i medici, è affascinante, ma anche impegnativo. Alle belle notizie a volte si affiancano notizie molto meno piace-voli. Come si affronta tutto questo? O meglio quale rapporto si instaura con i futuri genitori?Chi presta assistenza durante il percorso riproduttivo deve essere consapevole di accettare la gioia insieme al dolore, la vita insie-me alla morte. L’ostetrica ha l’opportunità di prendersi cura di ogni coppia in ogni momento dell’esperienza negativa: aborto sponta-neo, morte endoutetina fetale, morte in culla o patologie del na-scituro. La continuità assistenziale, il sostegno, l’elaborazione del lutto e l’empowerment sono elementi da applicare con empatia e sensibilità nei momenti delicati.Il counselling permette l’ostetrica di sviluppare l’empatia con la coppia e di offrire un adeguato e sincero conforto nei momenti più difficili.

Qual è l’emozione più bella o più forte che hai provato nel tuo percorso lavorativo?L’emozione più forte l’ho provata durante l’assistenza del travaglio- parto di una donna che ha manifestato il diritto di non essere nomi-nata, come previsto dalla legge, in caso di abbandono del nascituro.Al pianto del nuovo nato sono seguite le lacrime di questa donna diventata Mamma, che decide di accoglierlo e accudirlo nonostante le difficoltà economiche. Quella piccola e indifesa creatura era il suo miracolo, un dono della vita.

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COME PATCH ADAMS IN CORSIALa testimonianza di Andrea Muzi, presidente VIPCLAUNCIOFEGA SENIGALLIA ONLUS

“Un sorriso non costa nulla e produce molto” re-cita una famosa poesia. In particolare se lo si dona ai bambini che purtroppo sono costretti per lungo tempo a vivere in ospedale. É quello che fanno ogni giorno i clown di corsia, ra-

gazzi e adulti che decidono di dedicare un po’ del loro tempo a coloro che vivono momenti di difficoltà. Il loro entusiasmo, il loro sorriso coinvolgono non solo il bambino, ma anche tutta la famiglia che cerca di vivere, per quanto possibile, una ‘normale quoti-dianità’. Clown di corsia, però, non si nasce, ma lo si diventa con una continua formazione.

Per questo “VIP Italia onlus. Viviamo in positivo”, la fede-razione che collega e coordi-na 55 associazioni VIP sparse in tutto il territorio italiano e Repubblica di San Marino, fornisce e garantisce una formazio-ne costante avanzata e specialistica, ai 3.700 volontari clown che prestano regolarmente servizio nelle oltre170 strutture ospedaliere e sanitarie in tutta Italia. Andrea Muzi, presidente VIPCLAUN-CIOFEGA SENIGALLIA ONLUS, gruppo, insieme a Vip Val-lesina, rappresentante marchigiano dell’associazione Vip Italia,

spiega l’importanza di questo prezioso servizio. “Siamo più di 150 claun tutti volontari provenienti dalle province di Ancona, Pesaro e Macerata. Facciamo clownterapia negli ospedali di Senigallia e di Pesaro in vari reparti da più di dieci anni e, nel corso dell’an-no, veniamo chiamati anche nelle case di riposo per anziani. Da tre anni, inoltre, prestiamo il nostro servizio ai detenuti della casa circondariale di Pesaro. Il nostro – sottolinea Andrea Muzi - è un volontariato particolare, perchè andiamo dove si vive un disagio,

che può essere fisico o psicologico ma che comunque coinvolge anche i parenti che assistono il malato.

Il nostro obiettivo, quando ci re-chiamo in ospedale, è quello di far dimenticare, per qualche minuto, al paziente la sua malattia e il luogo in cui si trova. Cerchiamo di portare colore, leggerezza e sorrisi per atti-rare nel nostro mondo, che diventa

un mondo colorato e divertente, il malato e chi lo assiste.

Attraverso strumenti e tecniche – prosegue Muzi - che apprendia-mo nel corso base , nei vari corsi specialistici che facciamo duran-te l’anno e con l’esperienza acquisita nei vari servizi, lanciamo un messaggio di positività e di speranza alle persone che incontriamo.

“Cerchiamo di portare colore, leggerezza e sorrisi per attirare nel nostro mondo, che diventa un mondo colorato e divertente, il malato e chi lo assiste.”

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COME PATCH ADAMS IN CORSIALa testimonianza di Andrea Muzi, presidente VIPCLAUNCIOFEGA SENIGALLIA ONLUS

Nei reparti di pediatria inizialmente si cerca di attirare l’attenzione dei bambini con palloncini, piccole gag e micromagia, con i bambi-ni che non riescono a muoversi liberamente perchè legati a macchi-nari per terapia o perchè troppo debilitati cerchiamo di diventare noi i loro strumenti di gioco. Inventiamo un racconto, una storia o cerchiamo di capire se è legato,a qualche favola o cartone animato per poi diventare noi stessi i personaggi e seguire le sue richieste continuando la storia.

Questo – evidenzia Andrea Muzi - ci permette di metterli al cen-tro dell’attenzione e sopperire alla loro mancanza di movimento. A volte, nelle stanze, mettiamo in scena un vero e proprio spettacolino con piccole magie, indovinelli, situazioni inventate e rese reali dai claun, dove vengono sempre coinvolti il bambino e la sua famiglia. La reazione iniziale non è sempre positiva, a volte hanno paura.

Il nostro abbigliamento, camice , naso rosso e vestiti claun, sep-pur colorato e divertente, può nei piu piccoli suscitare diffidenza. Quando notiamo questa situazione ci togliamo il naso o le parruc-che e entriamo in contatto prima con il genitore per poi catturare la loro fiducia e attenzione.

Quando si passa al gioco significa che si è conquistata l’attenzio-ne del bambino che comincia a farci richieste bizzarre e a guidarci secondo la sua fantasia e il suo divertimento. Missione Compiuta! Ogni fine servizio (circa 4 claun a Pesaro e 10 a Senigallia) ogni claun, a turno, condivide le emozioni provate, le cose che sono an-date bene e meno bene per cercare di migliorarsi sempre di più”.

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GIORNATA PER LA VITA CONSACRATALe riflessioni dalla nostra diocesi

“I Vescovi italiani ripongo-no grande fiducia in voi, sorelle e fratelli carissimi, soprattutto per il contri-buto che potete offrire a

rinnovare lo slancio e la freschezza del-la nostra vita cristiana, così da elaborare insieme forme nuove di vivere il Van-gelo e risposte adeguate alle sfide at-tuali”. Queste le parole del Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente che abbiamo voluto riprendere proprio nel mese in cui si celebra la 19esima Giornata della Vita Consacrata. “De-sideriamo intensamente – si legge nel Messaggio - che in questa occasione risalti con chiarezza il valore che la vita consacrata riveste per la Chiesa e an-che per il mondo. La scelta della castità consacrata, che si sostiene e alimenta solo in Dio, non è una fuga dalle re-sponsabilità della vita familiare, ma te-stimonia la via di una diversa fedeltà e fecondità, con cui le persone consacrate si legano all’amore assoluto di Dio per ogni uomo affinché nessuno vada per-duto. Allo stesso modo, i consigli evan-gelici della povertà e dell’obbedienza testimoniano, in un mondo tentato dall’individualismo egoista, che si può vivere conformati in tutto a Cristo, così da ordinare all’intimità con Lui il pro-prio rapporto con se stessi, con gli altri e con le cose. Da questa radice sboccia l’esperienza gioiosa della fra-ternità, sogno di Dio per l’umanità intera. Anche questa è profezia: grazie allo Spirito di Gesù, possiamo vivere gli uni per gli altri, nella ricerca del bene comune e nell’accoglienza delle differenze. Rove-sciando così numerosi criteri e parametri che sembrano insuperabili nel loro dividere l’umanità in fortunati e sfortunati, degni di vivere e condannati a soccombere, integrati ed esclusi, la vita consacrata mostra come la verità del potere sia il servizio, la verità del pos-sesso sia la custodia e il dono, la verità del piacere sia la gratuità dell’amore. E la verità della morte sia la Risurrezione. Per una felice coincidenza, in questo anno giunge a compimento anche il cammi-no che vede la Chiesa che è in Italia avviata verso il 5° Convegno ecclesiale nazionale, che si celebrerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Per vocazione e missione i consacrati sono chiamati a frequentare le “periferie” e le “frontiere” dell’esistenza, dove si consumano i drammi di un’u-manità smarrita e ferita. Sono proprio le persone consacrate, spesso, il volto di una Chiesa capace di prendersi cura e ridonare dignità a esistenze sfruttate e ammutolite, a relazioni congelate e spezzate, perché la persona sia rimessa al posto d’onore riservatole da Cristo. L’opera di tante persone consacrate diventi sempre più il segno dell’abbraccio di Dio all’uomo e aiuti la nostra Chiesa a disegnare il “nuovo umanesimo” cristiano sulla concretezza e la lungimiranza dell’amore. L’Anno della vita consacrata – è bene sottolinearlo – non riguarda soltanto le persone consacrate ma l’intera comunità

cristiana, e il nostro desiderio è che costituisca una propizia occa-sione di rinnovamento e di verifica per i singoli Istituti così come per le diverse realtà ecclesiali. Il segno che avremo saputo cogliere la grazia in esso contenuta sarà la crescita della comunione e della corresponsabilità nella missione fino agli estremi confini dell’esi-stenza e della terra”.

Raccontare, costruire, guardare, vivere, abbracciare.

«Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire!». Così si esprimeva Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Vita consacrata. Papa Francesco nella Lettera Apostolica indirizzata a tutti i con-sacrati in occasione dell’Anno della Vita consacrata (30 novembre 2014 - 2 febbraio 2016) completa e afferma: «Guardare al passato con gratitudine… Vivere il presente con passione… Abbracciare il futuro con speranza».

Raccontare, costruire, guardare, vivere, abbracciare. Verbi che si rin-corrono e richiamano. Verbi pieni di dinamicità che interrogano, stimolano e inducono alla riflessione e alla ricerca. È questo di cui ha bisogno la vita consacrata oggi. I consacrati si trovano tra un passato che sempre più si allontana e un futuro ancora incerto. Nel

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GIORNATA PER LA VITA CONSACRATALe riflessioni dalla nostra diocesi

presente, contrassegnato da molte-plici sfide, non è così facile rimane-re fedeli al carisma fondativo e alla peculiare spiritualità e rispondere contemporaneamente alle aspetta-tive della Chiesa e della società di oggi. Eppure qui si gioca l’autenti-cità dell’essere e dell’agire. La vita consacrata del terzo millennio da una parte si sente impegnata a “RI-TORNARE ALLE FONTI” come vuole il Decreto conciliare Perfec-tae caritatis sulla vita religiosa e, dall’altra, non può misconoscere l’appello del Sinodo sulla vita con-sacrata del 1994 a “RIFONDARE” senza recidere le radici.

È un compito che da anni vede im-pegnati Ordini, Congregazioni e Istituti religiosi in un cammino di Chiesa per essere sempre più pre-senti ed efficaci nelle strade degli uomini. L’Anno dedicato alla vita consacrata può essere uno stimo-lo in più perché questo “travaglio” partorisca un frutto bello e appe-tibile per tutti, secondo il disegno di Dio. Tutto con gratitudine, con passione e con speranza come si au-spica Papa Francesco.

Padre Marzio Calletti

“Dove ci sono i Religiosi c’è gioia.” Grande è la nostra riconoscenza a Papa Francesco per avere dedicato l’Anno 2015 alla Vita Consacrata, per renderci tutti più consapevoli della chiamata ricevuta e più impegnati nel dono di noi stessi a Dio ed ai Fratelli. L’Anno 2015 commemora anche il V° Centenario della nascita di Santa Teresa d’Avila (1515-2015) Fondatrice delle Monache Carmelitane Teresiane che, oggi. i profeti di sventura ri-tengono essere una “ razza in estinzione”.

Con i tempi che corrono sembrerebbe proprio così, eppure ancora molti uomini e donne scelgono la vita monastica con il solo desiderio di portare a compimento il dono ricevuto nel Battesimo.

La vita al Carmelo vuole insisten-temente evidenziare un aspetto: il prediligere l’essere sul fare e sull’a-vere. La sobrietà sconcertante, il si-lenzio, l’essenzialità: tutto è pensato perché, “senza distrazioni”, tu senta dentro domande radicali come ”Chi sono? Per chi vivo? Di cosa ho pau-ra?”

Entriamo in monastero imbevuti come tutti del contesto culturale in cui viviamo: un contesto che privi-legia l’istante, l’esperienza immedia-ta piuttosto che la vicenda a lunga durata, preparata, riletta e meditata. Privilegia la molteplicità delle espe-rienze rispetto alla crescita in una esperienza..., ma a lungo andare ci si stanca e si sente il bisogno di fer-marsi.

Per questo il monastero è come il polo opposto capace di attirare an-cora: qui la vita si spoglia, si purifica. Iniziamo a gustare intensamente le cose semplici, a mettere veramente a frutto la nostra capacità recettiva nel riconoscere l’impronta del Crea-tore in tutto ciò che esiste. Non sia-mo più bombardati da mille stimoli, ma scegliamo consapevolmente gli aiuti dei quali abbiamo bisogno per andare nel profondo di noi stessi, dove si trova la vera vita, lo Spirito che ci abita.

Santa Teresa, la nostra fondatrice, immagina che Dio Padre dica all’a-nima: “... non andare di qua e di là, perché, se mi vuoi trovare, devi cer-carmi in te. Perché tu sei la mia di-mora, sei la mia casa e abitazione”.

Il monaco fa spazio in sè allo Spirito di Dio, lascia che il suo cuore si dilati e Lo invoca perché tutti gli uomini lontani e vicini si aprano al Suo dono.

Questa é la sola esperienza che resta, mai monotona, che attinge alla generosità dei chiamati di oggi, perché dissodare il terreno del cuore, esporlo ai raggi della solitudine, lasciarlo inaridire perché poi sia più abbondantemente imbevuto dell’Acqua di un Altro,è una vera e pro-pria avventura che vale la pena di vivere con passione!

Le Monache del Monastero di Santa TeresaSant’Andrea in Villis (Fano)

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UNITALSI, AL SERVIZIO DEL MALATOIntervista al Presidente Unitalsi Fano Piergiuseppe Manenti

Al centro della nostra storia c’è la carità vissuta come servizio gratuito dagli oltre centomila aderenti, uomini, donne, bambini, sani, amma-lati, disabili, senza distinzione di età, cultura, posizione economica, sociale e professionale.

E’ ciò che fa ogni giorno l’Unitalsi, Unione Nazionale Italia-na Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali, che da oltre cento anni si prende cura di coloro che soffrono. In occasione della Giornata Mondiale del Malato, abbiamo chiesto al presidente della sottosezione di Fano, Piergiuseppe Manenti, di spiegarci la attività e i valori di cui si fa portatrice l’associazione.

Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata del Malato 2015, sottolinea che il tempo passato accanto al malato è un tempo santo. Ed è anche il pensiero fondamentale, da cui parte tutta l’attività dell’Unitalsi.Indubbiamente è così. L’attività che l’Unitalsi fa con gli am-malati non è tempo perso, ma è un tempo santo e aggiun-gerei di valore. A chi va nei Santuari a pregare o a chiedere una grazia, dico sempre che se ci va portando un ammalato, sicuramente la sua preghiera avrà maggior ascolto e la sua richiesta un canale privilegiato. Non dimentichiamoci che la maggior parte di ciò che è scritto nei Vangeli, anche escludendo la parte riguardante la Pas-sione, ha per argomento il malato, la sofferenza, il curare, l’assistere. Non dimentichiamoci poi che nel Vangelo di Luca, Cristo dice a chi vuole seguirlo di curare i malati ed annunciare il regno di Dio. Annuncio e cura, preghiera ed assistenza quindi vanno necessaria-mente assieme.

Nella cura del malato, il credente quale valore aggiunto può por-tare?

La consapevolezza di essere tutti fratelli e figli dello stesso Dio, unita alla certezza che stare accanto ad un malato (anche solo per farlo sentire meno solo) è rispondere concretamente al messaggio evangelico, rende l’operatore sanitario credente, sia esso professio-nista che volontario, più compassionevole, più capace cioè di met-tersi nella condizione del malato e di comprenderlo. Compassione intesa non come pena, pietà, commiserazione, ma come la capacità di “con patire” ossia di soffrire assieme o meglio ancora di farsi ca-rico delle sofferenze altrui, di essere al fianco di chi soffre. Parliamo ora dell’Unitalsi Fano. Da quanti anni è attiva sul no-stro territorio e quali sono le attività principali?La Sottosezione Unitalsi di Fano è stata fondata nel 1938 ed è sempre stata una sottosezione molto attiva, pur con le inevitabili

a cura di ENRICA PAPETTI

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alternanze di partecipazione. Attualmente grazie alla benevolenza del Vescovo Armando e ad un nutrito gruppo di giovanissimi e di trentenni le attività sono aumentate notevolmente, perchè ci si è resi conto che era necessario passare dal volontariato al servizio. Non bastava più in poche parole, la semplice organizzazione dei pellegrinaggi, pur importantissimi e fulcro dell’associazione, ma occorreva creare delle occasioni di incontro, di amicizia e di aiuto anche nel resto dell’anno. Occasioni che non possono prescindere dalla vita e dalla realtà territoriale diocesana e quindi dalle parroc-chie e dagli istituti. Per questo si è voluto creare o rinsaldare un rap-porto sia con le singole parrocchie facendo delle attività insieme, sia con gli istituti e case di riposo, attuando delle forme di animazioni o collaborazione. Il tutto senza tralasciare le famiglie dei nostri Soci in difficoltà, e costituendo per loro dei piccoli gruppi di due-tre volontari che vanno a visitare i malati presso le abitazioni.

Le attività principali quindi sono e restano i pellegrinaggi ai San-tuari Internazionali (Lourdes, Loreto, Fatima, Terra Santa, San-tiago) ma anche ai santuari Diocesani (S.Maria della Misericor-dia di Cartoceto e Madonna della Consolazione di Marotta) a cui si uniranno per il 2015 vari incontri presso le parrocchie ( Maria Immacolata, San Giuseppe al Porto, Santa Maria di Orciano, San Giovanni Apostolo, Sant’Orso, Santi Cristoforo e Costanzo...) e giornate di animazione( Casa Serena, Casa Penelope) o uscite con i ricoverati (RSA Athena, Comunità protetta maschile, RSA To-masello, Casa Giona)

L’Unitalsi vive di e grazie ai volontari che prestano gratuitamente il loro servizio a favore di chi si trova nella sofferenza. Sappiamo però che l’accompagnamento ai malati non si improvvisa e che la formazione è una parte importante nell’attività di un volontario. L’Unitalsi come prepara i suoi volontari a questo servizio?Tengo a sottolineare che i volontari dell’Unitalsi non solo prestano gratuitamente il loro servizio, ma durante i pellegrinaggi sono te-nuti a pagarsi le spese di viaggio, vitto e alloggio. Inoltre sono tenuti a farsi carico di una piccola quota che va ad aiutare la partecipazio-ne di quei malati o anziani che, vivendo della sola pensione sociale, non potrebbero mai permettersi una spesa “extra” come quella del pellegrinaggio. Purtroppo oggi molti volontari si trovano a loro vol-ta in condizioni economiche precarie, o addirittura senza lavoro, e non riescono a pagare la loro quota nè quella per i malati bisognosi. L’ Unitalsi ha risposto a queste difficoltà inventandosi varie forme di raccolta fondi, che ci permettono di continuare, pur con fondi limitatissimi, a fare e a far fare servizio ai malati.Per quanto riguarda la formazione, ogni anno vengono effettuati sia in sede che presso gli Istituti, dei brevi corsi in cui si spiegano ai volontari le metodiche da utilizzare per l’igiene ambientale e della persona, per l’assistenza di base, per il primo soccorso. A questi corsi si uniscono anche incontri per la formazione spirituale e as-semblee per la conoscere l’ Unitalsi e le attività che svolge nelle altre sottosezioni o a livello nazionale. Facendo tesoro dell’ esperienza

dello scorso pellegrinaggio a Loreto, dove ha partecipato il fotogra-fo Wilson Santinelli, abbiamo anche istituito un corso di fotogra-fia, che ha lo scopo di insegnare ai volontari a catturare i momenti significativi dell’esperienza Unitalsiana, senza fare le solite foto ste-reotipate o pietistiche, ma cogliendo l’espressione profonda di ogni gesto o volto.Enorme importanza riveste poi l’ esperienza acquisita sul campo, per questo consigliamo a chi volesse partecipare ai pellegrinaggi come volontario, di accostarsi durante l’anno, alle nostre attività, in modo da conoscere i malati, le loro esigenze, e imparare dai volon-tari con più anzianità di servizio le modalità di approccio e le me-todiche da applicare. Inoltre durante il pellegrinaggio vi è sempre presente la figura della Caposala, ossia della persona con maggior esperienza e conoscenza dei singoli casi a cui far riferimento per ogni esigenza.

Quanti sono i volontari Unitalsi Fano?I Soci dell’Unitalsi Fano hanno superato le 600 unità, stiamo ter-minando il censimento e la revisione dell’ elenco dei Soci in questi giorni. Di questi 600 la stragrande maggioranza sono Soci Am-malati o Pellegrini, in costante aumento, (nel 2014 sono aumentati del 8%) mentre, purtroppo, i Soci Volontari non hanno avuto un aumento significativo. Il dato positivo è che è calata molto l’età media dei Soci Volontari, per l’afflusso notevole di giovani che ha compensato l’uscita dalla qualifica di Volontario di molti Soci an-ziani che sono diventati Pellegrini, Ammalati o che ci hanno lascia-to. Quindi se da un lato i Volontari sono più giovani ed in forze, dall’altro non hanno il tempo libero che hanno i pensionati e co-munque si trovano di fronte ad un lavoro aumentato per la maggior presenza di Ammalati.

Ritornando al Messaggio del Papa per la Giornata del malato leggo: “Anche quando la malattia, la solitudine e l’inabilità han-no il sopravvento sulla nostra vita di donazione, l’esperienza del dolore può diventare luogo privilegiato della trasmissione della grazia e fonte per acquisire e rafforzare la sapientia cordis”. Da presidente Unitalsi come vivi questo “pensiero” del Papa?Nella società attuale che è soprattutto immagine, il dolore, la ma-lattia, l’invecchiamento sono ritenuti mali da esorcizzare, evitare ad ogni costo e nascondere, ricorrendo ad ogni sistema, dalla chirurgia plastica al botulino, dal ricovero improprio in case di riposo all’ euta-nasia, senza dimenticare l’aborto “terapeutico” come se un portatore di disabilità non fosse anche portatore di valori, di coscienza, di in-telligenza, di tenerezza. Si evita che i bambini stiano a contatto con i nonni malati, che li vedano una volta morti. E nello stesso tempo la televisione ed i videogiochi ci riempiono di immagini violente, di stragi, di mostruosità. Così la sofferenza di chi ci sta vicino, che ci coinvolge e ci richiede consapevolezza ed impegno, viene evitata, e viene al contrario alimentato il gusto per il macabro, per il sensa-zionalismo, per la curiosità morbosa. Occorre riprendere consape-volezza dell’inevitabilità della morte, della malattia, della possibilità della nascita di bimbi diversamente abili. Occorre imparare a stare vicino a chi soffre e soprattutto insegnare ai giovani ed ai bambini a stare vicino a malati ed anziani. Se ne ricaveranno grandi benefici. Non solo e non tanto per i malati, ma soprattutto per chi li assiste e per la società futura. Come Presidente dell’Unitalsi Fano ho recen-temente creato un gruppo chiamato Servizio Gioia formato da una quindicina di bambini che fanno piccoli servizi e vivono giocando l’esperienza del pellegrinaggio. Mia figlia di 11 anni che ne fa parte, in una recente celebrazione in parrocchia, ha fatto la seguente pre-ghiera:” Signore ti ringrazio per avermi fatto conoscere Teresina di Casa Serena, che mi ha fatto capire come si può essere felici anche se disabili”. Penso che questa preghiera racchiuda in poche e sem-plici parole l’essenza dell’esperienza Unitalsiana: aiutando il corpo malato degli altri, ricevo la grazia, la sapienza e fortifico il mio spi-rito. Esattamente come ha detto Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata del Malato.

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RIAPRE LA CHIESA DI SAN TOMMASODopo la chiusura per lavori di restauro torna a risplendere la “chiesa dell’Adorazione”

Molti sono i fanesi che, ogni giorno, sostano in quel-la che chiamano “chiesa dell’Adorazione” per una preghiera al Santissimo

Sacramento esposto solennemente tutte le mattine sopra l’altare. Dopo i lavori si siste-mazione strutturale grazie all’8 per1000 e degli interni sistemati grazie alla carità del Vescovo, è stata restituita al suo splendore e a tutti i fedeli la chiesa di San Tommaso. I lavori, della durata di pochi mesi, hanno visto l’intervento sulla copertura e la pittura delle pareti danneggiate dalle infiltrazioni di acqua. In occasione dell’inaugurazione, dopo i lavori, il Vescovo ha celebrato, sabato 21 febbraio 2015, la Santa Messa ricordan-do come la domus deve essere sempre riem-pita dall’Ecclesia ovvero dal popolo di Dio e ha ringraziato le Missionarie dell’Eucaristia, a cui la chiesa è affidata, per il servizio che svolgono quotidianamente.

Qual è la storia di questa chiesa?L’antica Chiesa di San Tommaso – di essa si parla in una bolla del 1178 –, grandemente amata dai fanesi che numerosi vi fanno vi-sita ogni giorno per una preghiera al Ss.mo Sacramento esposto solennemente tutte le mattine sopra l’altare, chiesa quasi mai citata nelle guide cittadine, di cui si sa pochissi-mo e che a causa dell’antistante piazzetta, o sagrato, si pone in posizione un tanti-no arretrata sulla principale via della città, il Corso, ci appare timida e riservata. Già chiesa parrocchiale, essa dichiara tutta la sua veneranda età nell’iscrizione gotica incisa sull’architrave della porta d’ingresso: HOC OPVS EDITVM FVIT ANNO CHRI-STI MCCLXXVI: quest’opera fu edificata nell’anno di Cristo 1276. Un’altra iscrizione pure gotica, e dunque anch’essa molto anti-ca, “infissa – dice il Tomani Amiani – dal-la parte dell’orto”, e cioè nel muro esterno della chiesa delimitante oggi il cortiletto, recita: ANNO DOMINI MCCCLXXXIII EDITVM FVIT ALTARE CVM EC-CLESIA TEMPORE D. VGOLINI PRE-SBITERI: nell’anno del signore 1384, al tempo del parroco don Ugolini, fu edificato l’altare con la chiesa. Con ogni probabilità l’iscrizione documenta una ristrutturazione riguardante soprattutto l’altare e la zona circostante. Sono date che rimandano a un tempo molto lontano, al tempo in cui la cattedrale di Fano, andata a fuoco la notte di Natale del 1124, era stata appena ricostruita. Una chiesa, possiamo tranquillamente dire, contempo-ranea alla cattedrale.L’aspetto odierno della chiesa è frutto di una trasformazione rea-lizzata nel 1897, nell’epoca d’oro del revival gotico. Sappiamo inol-tre che il frammento cinquecentesco di affresco raffigurante Cristo crocifisso, oggi sopra l’altare destro, si trovava un tempo all’esterno, in un’edicola della facciata e che il bel Crocifisso visibile sopra l’al-tare sinistro, intagliato in legno a grandezza naturale da un ignoto

scultore, è un prezioso dono fatto alla chiesa dalla nobile famiglia Borgogelli.

L’opera più nota però di cui questa chiesa si gloria è senz’altro la grande tavola del presbiterio, dipinta, come si legge nel cartiglio in basso a destra, dal pittore fanese Giuliano Persciutti, o Presciut-ti (notizie dal 1499 al 1551): IVLIAN PSVTI FANI ORIVDVS FACIEBAT MDXLVI: Giuliano Persciutti nativo di Fano face-va nel 1546. L’iter formativo del Persciutti è pochissimo noto; ve-rosimilmente la sua formazione avviene accanto a un durantino, Ottaviano Dolci (Casteldurante, 1470 ca – prima del 1565), che da pochi anni gli studi stanno sempre più scoprendo e rivalutan-do. Ottaviano, dopo la formazione ricevuta dal padre Bernardino, frequenta di certo la bottega di Giovanni Santi grazie al quale ha modo di incontrare, proprio a Fano, l’arte del Perugino e restarne

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folgorato. Giuliano assorbe dal maestro stimoli e bagliori della ricca cultura urbinate e soprattutto quegli entusiasmi perugineschi che rendono così accetta la sua pittura in molte località circonvicine (Gubbio, Cagli, Mondavio, Serrungarina, Villagrande di Momba-roccio, Mondolfo, Jesi, Acqualagna, Monte S. Vito, Ancona, e for-se altre ancora) e grazie al maestro, si fa conoscere finanche nella Marca fermana (Fermo, Falerone). Il pittore ambienta il notissimo episodio non all’interno del cenacolo, come narrano i vangeli, ma en plein air, perché questo gli dà modo di raccontare fatti, ben visibili in lontananza, accaduti pressoché in contemporanea con l’episo-dio principale e con esso in relazione strettissima, e perché questo gli dà modo di indagare e approfondire la portata dell’evento. Tut-ti hanno visto il risorto tranne lui. Perché? Tommaso non poteva immaginare di essere stato prescelto a diventare la prova razionale della resurrezione del suo Maestro: gli altri hanno visto, ma lui ha toccato con mano, e ha dato un sicuro conforto alla sua prepotente

razionalità. E’ questa la ragione per cui Tommaso è l’apostolo più amato dall’uomo del Rinascimento, dall’uomo che pone il proprio intelletto innanzi a tutto. Un Galileo ante litteram. L’incontro vero dell’uomo Tommaso con Cristo che amorevolmente lo rimprovera inverte però le posizioni: Tommaso – sembra dirgli Gesù –, non fermarti alle certezze terrene, alla morte; vola alto, credi alla vita; la resurrezione – il dito di Gesù indica non tanto il cielo, ma il bianco vessillo rossocrociato, simbolo della vittoria sulla morte –, la resur-rezione è indissolubilmente legata alla croce, al dolore, alla morte; ma io non sono nella tomba, dove la Maddalena è venuta a cercar-mi, ma lì accanto, nell’orto, dove l’uomo vede crescere la vita ogni giorno; io sono a cena con te e con tutti quando cala la notte; non seguire la logica umana; credi, per capire (come dirà Agostino). La tradizione riconosce, e non a torto, nelle due figure dietro il Cristo, i SS. Pietro e Paolo, nonostante quest’ultima sia in posizione ana-cronistica rispetto agli eventi. Le due figure però, esempi massimi di fede, esempi che la Chiesa dei secoli a venire innalzerà a colonne portanti di se medesima, sono da riguardarsi proprio in prospettiva: esse si pongono a garanzia massima, non tanto per Tommaso che ormai ha compreso e s’inginocchia contrito davanti a Gesù, ma per tutti i cristiani che verranno, di quella verità che non teme l’usura del tempo.

La chiesa di San Tommaso è affidata alle Missionarie dell’Euca-ristia religiose in abito laico, consacrate a Dio con i voti di castità, povertà e obbedienza, vivono in comunità, alle dipendenze dei Ve-scovi per promuovere l’amore all’Eucaristia, nell’apostolato eucari-stico e sociale, aiutando nelle forme più diverse. S. E. Mons Vin-cenzo del Signore le accolse nella Diocesi di Fano e il giorno della sua consacrazione Episcopale e inizio del suo Ministero in Diocesi affidò loro la Chiesa di San Tommaso come Chiesa dell’Adora-zione Eucaristica Diocesana Quotidiana. Mons Del Signore volle che la Chiesa dell’Adorazione fosse il «focolare» sempre acceso per la preghiera per le vocazioni sacerdotali. Rispondendo alle finalità stesse della famiglia Religiosa, le Missionarie dell’Eucaristia con la custodia e la promozione dell’Adorazione Eucaristica si sono po-ste al servizio della Diocesi per aiutare i fedeli a riscoprire il dono dell’Eucaristia, nel Mistero Eucaristico e nel suo prolungamento l’Adorazione Eucaristica, come il tesoro prezioso della loro vita nel quale tutto nasce, fa riferimento e ritorna. Nel tempo, con il felice propagarsi dell’Adorazione Eucaristica quotidiana nelle Parrocchie, si è perso il carattere di diocesanità dell’Adorazione e la riapertura di San Tommaso potrebbe essere una piccola fiamma che si riac-cende per implorare il dono delle vocazioni Sacerdotali e Religiose per la nostra terra. Pregare per le vocazioni è amare la Chiesa, di cui noi siamo membra, con il cuore di Dio. Non manchi mai il nostro aiuto e il nostro sostegno ai Sacerdoti in questo periodo non facile per la Chiesa, di cui tutti noi siamo membra.

Con l’ingegner Marco Boschini, direttore dell’Ufficio per i Beni Culturali della Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola abbiamo fatto il punto sui lavori di sistemazione di alcune chiese diocesane. “Grazie all’8 per 1000 si stanno concludendo – ha affermato Boschini – i lavori di sistema-zione della chiesa Sant’Arcangelo, in particolare la coper-tura e il restauro delle facciate. Da un paio di mesi, inoltre, sono ripresi i lavori del nuovo complesso parrocchiale di Gimarra. A fine anno 2014 sono inziati i lavori struttu-rali e di consolidamento della canonica della parrocchia Sant’Antonio Abate di Serrungarina e, grazie al contributo dell’8 per 1000 si sono resi possibili i lavori nella canoni-ca della parrocchia San Biagio Martino a San Lorenzo in Campo”

Il punto sui lavori nelle chiese della Diocesi

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GLI ITALIANI E LA LETTURAUna famiglia su dieci dichiara di non avere un libro in casa

Che gli italiani non sia-no un popolo di lettori si sapeva già da tempo. A confermarcelo sono i dati 2014 resi noti

dall’Istat: rispetto al 2013, la quota di lettori di libri è scesa dal 43% al 41,4%. Se andiamo avanti nella lettu-ra della sintesi del report Istat, notia-mo che le femmine sono più “diligen-ti” in fatto di lettura rispetto ai maschi. La popolazione femminile, infatti, mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire

dai 6 anni di età: complessi-vamente il 48% delle femmi-ne e solo il 34,5% dei maschi hanno letto almeno un libro nel corso dell’anno. “A livello territoriale – si legge ancora nel report - la lettura risul-ta più diffusa al Nord, dove dichiara di aver letto almeno un libro il 48,5% delle per-

sone residenti (Tavola 3 – Allegato A). Nel Sud e nelle Isole, la quota di lettori scende, rispettivamente, al 29,4% e al 31,1%.

Cresce nel 2013 la produzione di titoli ebook, con un +43% (si passa dalle 28.500 manifestazioni del 2012 alle attuali 40.800), circa due terzi dei nuovi prodotti cartacei.

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La lettura risulta molto più diffusa nei comuni centro dell’area me-tropolitana, dove oltre la metà degli abitanti (il 50,8%) si dichiara lettori, mentre nei comuni con meno di 2.000 abitanti la quota scen-de al 37,2% (anche se in leggero aumento rispetto al 36% del 2013).

Al di là del contesto territoriale di appartenenza, la lettura si con-ferma un comportamento fortemente condizionato dall’ambiente familiare e la propensione alla lettura dei bambini e dei ragazzi è cer-tamente favorita dalla presenza di genitori che hanno l’abitudine di leggere libri. Tra i ragazzi di 6-14 anni legge il 66,9% di chi ha madre e padre lettori e solo il 32,7% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori”. Un dato che sicuramente non può passare inosservato è il fatto che una famiglia su dieci dichiara di non avere un libro in casa. Anche nei casi in cui è presente una libreria domestica – riporta l’Istat - il numero di libri disponibili è molto contenuto: il 28,9% delle famiglie possiede non più di 25 libri e il 63,5% ha una libreria con al massimo 100 titoli che, calcolando un ingombro medio di

30/40 libri per metro lineare, occupano indicativamente non più di tre ripiani di uno scaffale.

Generalmente – si legge ancora scorrendo i dati - la quota di non let-tori cresce all’aumentare dell’età; tuttavia è da notare che il 52,4% dei bambini di 6-10 anni e il 44,3% di quelli tra 11 e 14 anni non hanno letto altri libri al di fuori dei testi scolastici e non hanno praticato alcuna lettura se non per motivi di studio.

Rispetto al genere, la distanza maggiore tra i due sessi (ben 27,3 punti percentuali) si registra nella fascia di età tra i 20 ed i 34 anni, dove le “non lettrici” sono più di una su tre (il 37,4%), mentre i “non lettori” sono quasi i due terzi della popolazione maschile (il 64,7%). I “non lettori” rappresentano oltre la metà della popolazione in ben 14 regioni su 20; il primato negativo nella graduatoria regionale spetta alla Sicilia (71,8%) e alla Puglia (70,8%), che presentano valori su-periori al 70% della popolazione. Focalizzandoci, per un attimo sulla nostra Regione, dall’ Elaborazione Ufficio studi Aie (Associazione Italiana Editori) su dati Istat, emerge che, dal 2007 al 2013, i lettori nelle Marche sono complessivamente sotto la media nazionale:

domanda di lettura (lettura di almeno un libro non scolastico nei 12 mesi precedenti nei lettori con più di 6 anni di età)

2007 2010 2011 2012 2013Lettori nelle Marche 39,4% 43,0% 43,4% 44,2% 41,4%

Lettori 1-3 libri (sulle persone che leggono)

47,0% 47,9% 50,7% 49,8% 47,7%

4-11 libri 42,6% 39,4% 39,8% 40,1% 41,0%

12 e più 10,4% 12,7% 9,5% 10,1% 11,4%

Media Italia 43,1% 46,8% 45,3% 46,0% 43,0%

Leggendo attentamente il Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2014 (a cura dell’Ufficio studi AIE) emerge che il mercato del libro oggi non solo si è ridimensionato ma si è progressivamente trasfor-mato. Fa già da tempo i conti con le nuove tecnologie, che hanno cambiato in questi anni i processi produttivi (il 14% delle copie è stampato con sistemi di stampa digitale), logistici (l’80,2% delle li-brerie non di catena e il 100% di quelle di catena ha un gestiona-le collegato al magazzino del distributore), distributivi (il 12% delle vendite passa attraverso store on line), di comunicazione (il 58,9% delle case editrici è “attiva sulla rete”). “64mila i titoli del 2013: di-minuiscono quelli di carta (-4,1%). Crescono quelli digitali (+43%).

Nel 2013 – si legge nel Rapporto - cala del -4,1% (dati IE) la produ-zione di libri (esclusi i titoli educativi). Considerando anche i titoli educativi, il calo complessivo è del -9,1%. Si tratta di un andamento trasversale alle diverse aree di mercato: -7,2% la varia adulti; -2,3% i libri per bambini e ragazzi; -34,2% i titoli educativi. Lo stock dei libri di carta in commercio (i cosiddetti “titoli commercialmente vivi”) è di 813mila manifestazioni (più edizioni dello stesso titolo); quello di libri digitali ha superato la soglia delle centomila (100.524 mani-festazioni): in quattro anni – con un mercato che a valore arriva al 3% e indici di lettura di libri e di acquisto in calo – l’offerta ebook è dunque arrivata a coprire oltre il 12% dei titoli in commercio.

Cresce nel 2013 la produzione di titoli ebook, con un +43% (si passa dalle 28.500 manifestazioni del 2012 alle attuali 40.800), circa due terzi dei nuovi prodotti cartacei. Il mercato ebook copre a fine 2013 una quota del 3% dei canali trade (quelli rivolti ai lettori: librerie, online, grande distribuzione) e cresce del +55,9% sul 2012. I lettori di ebook sono stati nel 2013 1,9milioni (+18,9% sull’anno precedente) con una crescita del +72,7% sul 2010. Non è ancora chiaro quanto di questi risultati sia frutto di processi di sostituzione (dall’abbandono del libro alla lettura dell’ebook), o di integrazione (assai più proba-bile) tra forme diverse di lettura fatte, a seconda delle circostanze, su device differenti”.

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NATI PER LEGGERERoberto Cofini, lettore volontario, spiega l’importanza di educare i bambini alla lettura

Leggere ad alta voce ai bambini fin dalla più tenera età è una attività coinvolgente: rafforza la relazione adul-to bambino ed è la singola attività più importante che i genitori possano fare per preparare il bambino alla scuola. Un bambino che riceve letture quotidiane avrà

un vocabolario più ricco, si esprimerà meglio e sarà più curioso di leggere e di conoscere molti libri.

Leggere ad alta voce è piacevole e crea l’abitudine all’ascolto, au-menta i tempi di attenzione, accresce il desiderio di imparare a leg-gere. Di questo si fa promotore Nati per Leggere, programma attivo su tutto il territorio na-zionale con circa 400 progetti locali che coinvolgono 1195 co-muni italiani. Per conoscere più da vicino questo progetto na-zionale di promozione alla let-tura, abbiamo intervistato Ro-berto Cofini, lettore volontario Nati per Leggere provincia di Pesaro-Urbino.

Come nasce Nati per Leggere e quali sono gli obiettivi principa-li?Il progetto Nati per Leggere ha lo scopo di promuovere la lettura in famiglia con i bambini fin dalla prima età. In pratica, si può comin-ciare da subito, anche se hanno solo pochi mesi di vita, e aggiungo che non fa male nemmeno già nei primi mesi di gravidanza.

Recenti e sempre più diffuse ricerche scientifiche dimostrano come nei primi 1000 giorni di vita si possano avere effetti positivi sullo sviluppo cognitivo e relazionale del bambino. Dalle parole di Laura Olimpi vincitrice del premio Nati per Leggere 2014 sezione Pa-squale Causa per il pediatra che promuove presso le famiglie la pratica della lettura. “È in questo periodo che si formano e orga-nizzano le connessioni tra i neuroni e le connessioni (relazioni) tra bimbi, mamma e papà”.Il progetto, a livello nazionale, nasce nel 1999 ed è promosso da diverse associazioni: l’Associazione Culturale Pediatri - ACP, l’As-

sociazione Italiana Biblioteche (AIB) e il Centro per la Salute del Bambino - ONLUS - CSB.

Qual è l’approccio di un lettore volontario con i bambini?L’approccio varia in base all’am-biente in cui noi lettori volontari incontriamo i bambini. Le letture vengono svolte in biblioteca, ne-

gli studi pediatrici, nei reparti di pediatria dell’ospedale, nei teatri, piazze, librerie, stabilimenti balneari. Quando la lettura è rivolta ad un gruppo di bambini cerchiamo di creare un ambiente fami-liare, disponiamo dei cuscini in terra dove i bambini si siedono, i genitori intorno a seguire e in qualche occasione partecipare attiva-mente alle letture. Noi lettori ci posizioniamo davanti ai bambini, ma spesso siamo anche in mezzo a loro, per una lettura condivisa a partecipata.

“Per fortuna in questi ultimi anni la letteratura per bambini ha fatto passi in avanti da gigante. Ci sono una infinità di proposte e scelte suddivise per fasce di età, interessi e generi.”

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Quali sono le reazioni dei bambini alla lettura ad alta voce?Le più diverse. Chi rimane ad occhi aperti, incantato davanti alle figure, alla storia che si sviluppa. Chi, durante la lettura, si alza e non riesce a stare lontano dal libro aperto, come se volesse entrare di-rettamente nelle pagine. Chi invece domanda o da spontaneamente la propria interpretazione ad una immagine o una scena raccontata nell’albo illustrato.

Che tipi di letture piacciono maggiormente ai bambini?E’ difficile rispondere a questa domanda perché ogni bambino ha un suo gusto. In linea di massima posso affermare che le letture “giocate” sono quelle che più coinvolgono e piacciono ai bambini. Il gioco, l’in-terattività dell’albo illustrato forse è il mezzo più veloce per catturare l’attenzione del bambino e farlo partecipe in prima persona alla sto-ria. Ma anche letture che affrontano fatti specifici della quotidianità, il mangiare, la scuola, la famiglia etc. hanno un grande apprezzamen-to. L’importante è seguire l’interesse dei bambini, non forzarli alla lettura di un albo piuttosto che di un altro. Lasciare loro la scelta e se nonostante questo non gli piace quella storia se ne passa ad un’altra e se infine si stancano si fa qualcos’altro. Roald Dahl autore di diversi libri per bambini tra cui i romanzi “Matilde”, “Fabbrica di cioccolato” e tanti altri affermava “Se riesci a far innamorare i bambini di un libro, o due, o tre, cominceranno a pensare che leggere è un diverti-mento.”

Come si può diventare lettore volontario Nati per Leggere? Ser-vono requisiti particolari?Tutti possono diventarlo, non sono richieste doti particolari. Cono-sco lettori, lettrici di diverse estrazioni sociali, età, professioni. Sono insegnanti, nonne, impiegati di banca, pensionati, giovani diplomati. Personalmente, di professione faccio il ragioniere ma l’amore per la lettura e la voglia di condividere questo sentimento mi ha portato a

frequentare un corso Nati per Leggere nel 2011, da allora parteci-po attivamente a questo progetto sia a livello locale che nazionale. Ciclicamente vengono organizzati corsi per lettori volontari Nati per Leggere su tutto il territorio nazionale, quindi anche nella no-stra provincia. Sono corsi normalmente organizzati da enti pubblici, Provincia, Comune, biblioteche, etc. Consiglio a chi è interessato di contattare la biblioteca più vicina oppure trovare informazioni e ri-ferimenti sul sito web www.natiperleggere.it dove è possibile contat-tare il referente Nati per Leggere della propria regione. Il progetto è anche presente su diverse piattaforme internet quali facebook, twitter e youtube.

Alcuni libri che puoi consigliare ai genitori per la lettura ad alta voce.Per fortuna in questi ultimi anni la letteratura per bambini ha fatto passi in avanti da gigante. Ci sono una infinità di proposte e scelte suddivise per fasce di età, inte-ressi e generi. Esistono diverse bibliografie rintracciabili su in-ternet. Consiglio di cominciare con quelle presenti sul sito web di Nati per Leggere (www.na-tiperleggere.it), consultabili on line. Importante è la sensibili-tà del genitore, poi quando si hanno dubbi, in biblioteca o in libreria basta chiedere per avere tutte le informazioni e consigli possibili.Per i primi mesi, e an-che in gravidanza le filastroc-che hanno un ruolo importante. Anche se i bambini non riescono

a comprendere il significato delle parole sono affascinati e attratti dai suoni che di-ventano sempre più familiari. La voce di mamma e papà, la loro tonalità, le rime, le as-sonanze che ciclicamente si ripetono nel testo sono pane per le menti assetate dei no-stri bambini.

Il mio augurio è che sempre di più la pratica della lettura, il dedicare un po’ del proprio

tempo, del proprio affetto alla famiglia ai bambini sia sempre più diffuso. In fin dei conti basta poco per cominciare.

“Leggimi subito, leggimi forteDimmi ogni nome che apre le porteChiama ogni cosa, così il mondo vieneLeggimi tutto, leggimi beneDimmi la rosa, dammi la rimaLeggimi in prosa, leggimi prima”(Bruno Tognolini - filastrocca dei Nati per Leggere)

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GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA GUIDA TURISTICAIntervista a Manuela Palmucci, guida turistica

Secondo i dati ISTAT ri-feriti all’anno 2014 (pub-blicati l’11 febbraio 2015) nel 2014, il 78,6% dei viaggi ha come destina-

zione una località italiana, soprat-tutto del Nord (38,7%), sia per le vacanze (38,9%), sia per i viaggi di lavoro (37,5%). Rispetto al 2013 la diminuzione delle vacanze brevi in Italia si osserva in tutte le aree del Paese, soprattutto nel Mezzogiorno e nel Centro (-33,5% e -31,1% ri-spettivamente, contro il -21,4% del Nord). Emilia-Romagna, Lombar-

dia, Toscana, Veneto e Lazio sono le cinque regioni italiane più visitate, accolgono complessivamente quasi il 50% dei viaggi interni effettuati dai residenti in Italia; le quote variano tra il 7,5% del La-zio e l’11,2% dell’Emilia-Romagna. Seguono Trentino-Alto Adige (6%) Campania e Puglia (entrambe al 5,7%). Quest’ultima, insieme al Veneto, resta una delle mete preferite per le vacanze lunghe (8% per entrambe le regioni), dopo Toscana ed Emilia-Romagna che occupano le prime due posizioni (11,7% e 9,9% rispettivamente). Per lavoro si viaggia di più nel Lazio (17%), in Lombardia (15,6%) e in Emilia-Romagna (10,6%). Abbiamo voluto riportare questi dati proprio in occasione della XXVI Giornata Internazionale della Guida Turistica che, ogni anno, si celebra il 21 febbraio. Un appun-tamento importante che vuole valorizzare la professionalità delle guide turistiche e dare la possibilità a turisti italiani e stranieri di ammirare le bellezze che offre il nostro territorio. Per conoscere più da vicino questa professione e capire come sono cambiati, nel corso degli anni, i gusti degli italiani, abbiamo intervistato la guida turistica Manuela Palmucci

Qual è la formazione di una guida turistica? La formazione di una guida turistica è in genere multidisciplinare. Una guida deve saper illustrare un determinato territorio nei suoi diversi aspetti: la storia, l’archeologia, la storia dell’arte, l’architet-tura, la geografia, le istituzioni sociali e politiche, le tipicità enoga-stronomiche. Deve avere, inoltre, una padronanza fluente di almeno una lingua straniera.

Abbiamo compreso che guide turistiche non ci si improvvisa, ma purtroppo in Italia esistono anche guide turistiche abusive. Ci si può, in qualche modo, difendere da questo fenomeno? Come possono fare i turisti?Come in altri settori lavorativi, anche in quello delle guide turi-stiche esiste l’abusivismo. Si cerca di contrastare questo fenomeno informando, nel caso si notino delle anomalie, le polizie municipali che dovrebbero elevare verbali di accertamento. Tuttavia le polizie sostengono che il fenomeno dell’abusivismo nel settore delle guide turistiche è assai difficile da contrastare, anche a causa di normative prive di concreta efficacia repressiva. Inoltre, in Italia c’è poca infor-mazione. I più non sanno la differenza tra una guida e un accompa-gnatore. Le agenzie o i tour operator prediligono le guide abilitate.

Il possesso di un’abilitazione è garanzia di professionalità.

Quali sono le mete più ambite dai turisti sia nella nostra regione?Nella nostra regione le mete più ambite sono le città d’arte e tutti i luoghi di interesse storico-culturale e paesaggistici, sia sulla costa che nell’entroterra. A parte i centri più noti che attirano sempre tanti turisti, chi decide di visitare un’intera provincia o addirittura una regione, fa appello ad un’agenzia o ad una guida cartacea per costruire un itinerario che tocchi i punti più importanti e caratte-ristici.

Quali sono le domande più frequenti che i turisti fanno a una guida?Tra le domande più frequenti che mi vengono poste, queste riguar-dano il motivo per cui faccio la guida, da quanto tempo esercito la professione e le lingue parlate. Poi chi è interessato più da vicino a questa realtà lavorativa, vuole sapere come si diventa guida turistica e quali sono gli ambiti operativi.

Come sono cambiati, se sono cambiati, i gusti dei turisti negli ultimi anni?Gli italiani sono orgogliosi del loro patrimonio artistico, vanno fieri dei beni storico-architettonici, della cultura o delle peculiarità eno-

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N.2 - 2015 OBIETTIVO CULTURA

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gastronomiche. Credo che in questo campo ci sia una vera ‘identità nazionale’. Per gli stranieri l’Italia è da sempre il paese della bellezza, del calore, della vivacità. Ad ogni modo sia per gli italiani che per gli stranieri i gusti stanno cambiando. Si è alla ricerca di qualcosa di autentico, a volte lontano dalle mete più turistiche. Per coloro ai quali un territorio è già noto e vogliono approfondire la conoscenza, c’è una tendenza ad operare dei percorsi tematici: uno su tutti è quel-lo interessantissimo dei teatri. Sappiamo che in questo le Marche odierne hanno ereditato un patrimonio di inestimabile valore. Ogni piccolo centro ha il suo ‘gioiello’, luogo deputato all’incontro e all’ag-gregazione.

Nell’accompagnare anche gruppi scolastici, come potresti defini-re il rapporto giovani-cultura?Spesso le scolaresche arrivano preparate e i ragazzi mostrano inte-resse durante le visite; partecipano attivamente ponendo domande e intervenendo con commenti. Anche nel caso non fossero particolar-mente ferrati o adeguatamente informati, se la guida riesce a stimo-larli e coinvolgerli, i ragazzi mostrano attenzione e partecipazione.

Quali sono le caratteristiche che deve avere una brava guida turi-stica?Una brava guida deve conoscere bene il territorio. Deve essere capace di organizzare percorsi di visita; accogliere i turisti all’uscita dell’al-bergo, dell’autobus o in corrispondenza del luogo da visitare; guidare il singolo o il gruppo fermandosi di fronte alle cose più interessanti; illustrare - spesso in lingua straniera - la storia e le caratteristiche di luoghi, monumenti, dipinti; approfondire singoli aspetti in risposta alle domande dei turisti, narrando aneddoti e storie legate al territo-rio. La guida è la rappresentante delle città, o della regione. Dipende ampiamente da lei se i visitatori si sentono accolti, desiderano rima-nere più a lungo o decidono di ritornare e di consigliare quel terri-torio ad altri. La guida deve saper comunicare in maniera brillante e mantenere desta l’attenzione per diverse ore. Deve avere capacità di interagire in maniera cordiale, ma reagire anche con risolutezza in caso di situazioni critiche. La guida immerge l’ospite in una nuova cultura e contribuisce a consolidare in lui le emozioni positive lega-te al suo viaggio. Un’accoglienza sapiente rende il turista il maggior promotore del Paese che lo ha saputo ospitare.

Da guida turistica, qual è il viaggio che vorresti fare e che ancora non hai fatto? Per quanto abbia girato un po’ il mondo, sono ancora tanti i posti che mi piacerebbe visitare o rivisitare. Ad ogni modo l’Italia è quella che in questo momento mi attira maggiormente, ma non l’Italia dei grandi centri ma quella dei piccoli borghi. Ce ne sono tantissimi, pic-coli gioielli ricchi della propria storia, delle tradizioni e della buona volontà di chi vive e crede in questi luoghi. Forse questo è il motivo per cui, quando devo dare dei consigli o costruire itinerari, propongo delle visite alternando a centri conosciuti località meno note, in cui si possono trovare le eccellenze e le tipicità del territorio.

foto di Maria N

ives Urbinati

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N.2 - 2015CINEMA

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IL CINEMA DI IERI E DI OGGIIntervista a Luca Caprara, critico cinematografico

A fronte del calo delle presenze e degli incas-si nel 2014, il mercato ci-

nematografico prevede un positivo 2015 grazie al buon avvio di gennaio, alla quali-tà dei film già annunciati e all’impegno congiunto del-le associazioni per un’offerta adeguata durante tutto l’anno.Secondo i dati Cinetel, che rileva il 93% delle presenze dell’intero mercato, i bigliet-ti venduti nel 2014 sono stati 91.465.599, con una dimi-nuzione del 6,13% rispetto

al 2013, e gli incassi sono stati pari a 574.839.395 euro, con una flessione del 7,09%. Invece rispetto al 2012, il 2014 ha registrato un sostanziale pareggio delle presenze (+0,1%).Diminuisce la quota di mercato del cinema italiano che in termini di presenze nel 2014 scende al 27,76% contro il 31,16% del 2013 (quando “Sole a catinelle” con Checco Zalone aveva raccolto da solo circa l’8% delle presenze). In calo anche la quota di mercato del cinema statunitense, passata dal 53,37% del 2013 al 49,65% del 2014. Cresce il numero di film distribuiti, che nel 2014 sono stati 470 a fronte dei 454 del 2013.Anche nel 2014 prosegue la diminuzione del prezzo medio del bi-glietto, pari a 6,02 euro, contro i 6,08 del 2013.

Positivo l’avvio del 2015: i primi sei giorni hanno segnato il risul-tato migliore degli ultimi venti anni, con 4,8 milioni di presenze in sala. Il trend positivo è proseguito anche nei giorni successivi: dal primo al 13 gennaio i biglietti staccati, rispetto all’omologo periodo del 2014, sono infatti aumentati del 10,35% e gli incassi del 10,71%.Alla buona partenza dell’anno si associa la speranza sui risultati dei tanti potenziali film di successo annunciati, sia italiani che ame-ricani, e la volontà espressa dalle associazioni di favorire l’uscita di titoli di richiamo in tutti i mesi dell’anno.I dati Cinetel sono stati pre-sentati e commentati oggi a Roma, presso l’Agis, dalle associazioni degli esercenti ANEC e ANEM e dai distri-butori e produttori dell’A-NICA. Alla presentazione sono intervenuti i presiden-ti ANEC, Luigi Cuciniello, ANEM, Carlo Bernaschi, Sezione Produttori ANICA, Francesca Cima, il vicepre-sidente Sezione Distributori ANICA, Luigi Lonigro, e il presidente CINETEL, Mi-chele Napoli.Per conoscere da vicino il mondo del cinema e i mec-canismi che lo regolano ab-biamo intervistato Luca Ca-

a cura di ENRICA PAPETTI

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N.2 - 2015 CINEMA

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prara, critico cinematografico fanese. Dal 2001 cura la rubri-ca di cinema sulle frequenze dell’emittente radiofonica loca-le Radio Fano.

Secondo i dati Cinetel, che rileva il 93% delle presenze dell’intero mercato (riporta-ti anche sul sito di ANICA – Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali), i biglietti venduti nel 2014 sono stati 91.465.599, con una di-

minuzione del 6,13% rispetto al 2013. A che cosa è dovuto, secondo te, questo calo? Colpa solo della crisi economica?Premetto che il cinema, nonostante tutto, è an-cora la forma di spettacolo popolare più vista. Credo che non sia soltanto colpa della crisi eco-nomica. Molto dipende dall’offerta di film e da un sistema di fruizione del cinema in generale che sta profondamente cambiando. Oggi come oggi, si guardano film anche su altri suppor-ti ad esempio la piattaforma satellitare, il pc, lo smartphone. Alla di munizione, quindi, di bi-glietti staccati, non corrisponde una minore fru-izione del cinema. Come sono cambiati, se sono cambiati, i gusti degli amanti del cinema nel corso degli anni?Direi che sono cambiati molto. Il pubblico, pas-satemi il termine, è una sorta di “animale poco domabile”, ovvero ha gusti, per così dire, vola-tili. I film legati al mondo del comic, il 3D, i film di animazione stanno riscuotendo un buon successo, ma anche, e mi riferisco in particolare al 2014, i biopic (biography pictures ovvero le biografie). E mi riferisco, ad esempio, alla biografia di Alan Turing raccon-tata nel film “The imitation game”, di Walter Keane in “Big eyes” o “American snipers”, il film diretto da Clint Eastwood, basato sull’omoni-ma autobiografia di Chris Kyle. C’è

la voglia di recuperare belle storie, di gioire, piangere o innamorarsi attraverso le storie di personaggi realmente esistiti.

Esistono ancora film di serie A e di serie B o meglio esistono an-cora i “film di nicchia” o anche il mercato cinematografico si è or-mai globalizzato?Più che di serie B, parlerei di film che fanno più fatica ad avere visi-bilità perché hanno difficoltà so-prattutto a livello di distribuzione. Mi riferisco, ad esempio, a “Pic-cola patria” o “L’arte della felicità” che, pur avendo avuto importanti riconoscimenti, la pellicola è stata vista pochissimo, per non dire per nulla. Di contro, però, esistono anche film di registi conclamati, avvezzi a festival e pre-miazioni, che, in Italia, fanno fatica ad uscire o magari arrivano con anni di ritardo.

Quando pensiamo al cinema è difficile non volare con la mente oltreoceano. Che cos’hanno in più le pellicole americane rispet-to ai film italiani?La prima cosa che mi viene in mente è il denaro. La concezione dei film americani la si può totalmente individuare nel business, ovvero sono “macchine per fare soldi”. Una curiosità: se ci fermiamo, per un attimo, a guardare i crediti iniziali, ovvero i loghi, delle varie case di distribuzione americane ed europee, troviamo subito una differenza evidente: in America campeggia sempre la parola entertainment, spettacolo, mentre in Europa la parola art, arte. Credo che in que-sti due termini sia racchiusa tutta la differenza. Inoltre, il mercato cinematografico americano è in crisi e sta cercando di “aggredire” i mercati cinematografici asiatici che sono davvero molto appetibili.

Ad un critico cinematografico non voglio chiedere quale è se-condo lui il film più bello ma quale è secondo lui, nella storia del

cinema, quello meglio riuscito.Il film più bello, in realtà, sono tanti frammenti di film messi in insieme. Penso alle inquadrature degli occhi di Sergio Leone, alle atmosfere di Kubrick, al senso del cinema di Fellini. Fra le pellicole che ritengo meglio riuscite, vi sono senza dubbio, il film iraniano “Una separazione”, “Amour” dell’austriaco Michael Haneke e la pellicola tedesca “Le vite degli altri”

Una domanda personale: come è nata la tua pas-sione per il cinema?Fin dalle scuole medie frequentavo il cinema. Ov-viamente i film che vedevo a quell’età ora mi ver-gognerei ad averli anche solo nella mia stanza. Poi dagli anni del liceo con Peter Greenaway la mia pas-sione è cresciuta sempre di più e si è affinata.

Che cosa vedi nel futuro del cinema, in particola-re, di quello italiano?A mio parere, l’Italia dovrebbe aprirsi di più al ci-nema di genere. Eccezione fatta per la commedia e

il film autoriale, nel nostro Paese mancano pellicole thriller, horror, fantasy. Manca la forza di riuscire, anche parlando di noi stessi, a tirare fuori concetti e temi che possano avere un linguaggio uni-versale, che possano essere capiti in tutto il mondo. Occorre avere un approccio, come d’altronde fece Fellini con il suo capolavoro “Amarcord”, universale con la storia che vogliamo raccontare.

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