GOVERNARE CON LA PAURA

5

description

La paura. È diventata lei il vero mezzo di governo, l'instrumentum regni per eccellenza del nuovo sovrano. Una dimensione permanente della psicologia di massa, un sentimento a due facce che ora aizza contro "i diversi", ora piega i cittadini alle pretese del potere. Si governa facendo paura. Si governa seminando paura

Transcript of GOVERNARE CON LA PAURA

7

Introduzione

Il titolo di questo libro, Governare con la paura, si riferisce aquello che successe a Genova nel luglio del 2001 in occasionedel vertice dei potenti della Terra. Venne ucciso un ragazzo,migliaia vennero feriti; in una scuola la polizia aggredì manife-stanti che dormivano; era stato preparato un centro di smista-mento, nella caserma di polizia di Bolzaneto, con le caratteristi-che di un centro di tortura. Era stata prevista una serie di normeche limitavano, per la prima volta nella democrazia italiana, lelibertà costituzionali. Era stata programmata una sorta di provagenerale per la trasformazione, o la minaccia di trasformazione,del nostro Paese in un Cile di Pinochet. Lo shock fu enorme e venne attutito solo dalle atrocità dell’11settembre. Però i “fatti di Genova” avevano dimostrato quantopoderosa e capillare potesse essere, in una grande città inEuropa, una prova di forza. Si era potuto, senza provocare par-ticolari dibattiti, blindare e svuotare un centro cittadino, convo-gliare quindicimila esponenti delle forze dell’ordine, compresimilitari, limitare per decreto gli spostamenti dei cittadini, occu-pare aree ed edifici alla bisogna. Tutto questo era avvenuto in lunghi mesi; all’inizio con un

definitivo.qxd 31/03/2009 14.22 Pagina 7

8

governo di centrosinistra, alla fine − la stretta finale in cambiod’opera − con il governo neo eletto di centrodestra.Governare con la paura parla di tutto ciò. Ricostruisce i fatti, iprocedimenti giudiziari, le testimonianze delle vittime in un“film” che è durato ormai otto anni. I documenti di cronaca, iracconti delle vittime, la preparazione psicologica e pratica delleforze dell’ordine, le responsabilità della catena di comando delpotere politico, il muro di gomma che il potere ha adottato perfar dimenticare gli avvenimenti. Non c’è stata commissioned’inchiesta, che pure il governo aveva promesso, in nome del“buon nome” delle forze di polizia. Non si è tratto insegnamen-to da quanto è successo per stabilire nuove leggi che rendanovisibile e identificabile l’operato degli agenti di polizia, non sisono allontanati i responsabili di una gestione dell’ordine pub-blico che, visibilmente, nei tre giorni di Genova era andato fuoricontrollo. Dei famosi e famigerati black bloc, gli aizzatori degliscontri di piazza, facili dominatori di fronte a una polizia chenon reagiva, non si è mai saputo nulla; non è mai comparsa unaspiegazione né una biografia di alcuno di loro, e, peraltro, ilblack bloc non si è più visto sulla scena, né in Italia, né in nes-suna altra parte del mondo.Se dopo otto anni si può trarre una, provvisoria, conclusione èche si è dimostrato che questo tipo di intervento è possibileattuarlo e che può venir comodo, di nuovo, per la repressionedel dissenso. Si è sperimentato come possano essere utilizzati imedia e quanto peso democratico possano ancora avere. (NelDVD vedrete le immagini dei pestaggi girate dagli operatori dellaRai e mandate in onda dalla rete Uno all’ora di cena; le videanche Silvio Berlusconi che protestò: «Ma che porcata è que-sta?», intendendo per porcata non i pestaggi, ma il fatto che fos-sero andati in onda sulla televisione che dipende dal governo).La cronaca di oggi − mesi di crisi economica acuta − non sistanca di dirci quanto il governo non sia disposto a tollerare

definitivo.qxd 31/03/2009 14.22 Pagina 8

9

manifestazioni di dissenso. Che si tratti di manifestazioni stu-dentesche, che si tratti dell’opposizione alla costruzione di unabase militare americana, o dell’impianto di una discarica neigiardini di fronte a casa, la polizia (e l’esercito) nell’Italia del2009 hanno ottenuto dal governo attuale poteri ben più grandi diquanto abbiano mai avuto nella nostra storia repubblicana. Lapresenza di militari per le strade, o a sorvegliare il Duomo diMilano, viene imposta ogni giorno, soprattutto perché diventi ainostri occhi un elemento normale del paesaggio. Eppure non eramai stato normale che l’esercito passeggiasse davanti al Duomo,che i fedeli che entrano in chiesa fossero perquisiti, e che gli ele-mosinanti venissero cacciati.

Non era mai stato normale... Eppure c’è qualcosa che si ripete,implacabile. Erano gli inizi degli anni Ottanta e, in America, unagiovane artista di nome Jenny Holzer cominciò a proporre unasua forma di arte “concettuale”. Erano delle scritte, alcune filo-sofiche, altre personali, altre vagamente politiche, concepite peressere riprodotte sui muri delle città o, come poi successe, pro-iettate in forma di “arte pubblica” su edifici storici nel mondo.(In Italia è stata proiettata a Firenze e a Siena). La scritta artisti-ca più famosa che Jenny Holzer produsse, dice: «Abuse ofpower comes as no suprise», che si può tradurre in vari modi.(In Italia noi diremmo, nella torpida e finta saggezza popolareromana: «E che, te stupisci?»). Ma, nella accettazione diun’eternità di sopportazione, la scritta di Jenny Holzer ha assun-to negli anni il significato di un invito a una forma di resisten-za. È stata riprodotta su milioni di T-shirts, è diventata un segna-le, nello stesso tempo ontologico e separatorio. Il potere, di persé, tende ad abusare: per arricchire i suoi adepti, per sfogare leproprie frustrazioni; e quando il potere è in difficoltà, non esitaad abusare della sua forza per mantenersi al potere. È importan-te che lo si sappia, che non si nutra nessuna illusione. Ma, una

definitivo.qxd 31/03/2009 14.22 Pagina 9

10

volta stabilito questo spartiacque, la conoscenza della veraessenza del potere − ovvero, la sua capacità e inevitabilità dipraticare abusi − rende le persone (anche quelle che partecipanodel potere) più avvertite. Non più docili. Questa piccola frase − abuse of power comes as no surprise − siapplica, secondo me, ai fatti, alle immagini e alle riflessioni cheraccontiamo in questo libro. Una diffusa consapevolezza del-l’abuso − fisico, prima di tutto, fino all’omicidio − che è statocompiuto; una avvertita rassegnazione per tutto quello che ilpotere politico poteva fare per emendarsi e che non ha fatto; manello stesso tempo una forza che ha saputo imporre un’altraverità, che non era quella del potere politico. Ha fatto vedere lapistola che sparava a Carlo Giuliani, e se non ci fosse stata quel-la foto Carlo Giuliani sarebbe stato archiviato come ucciso dauna pietrata dei suoi compagni, o chissà da che cosa d’altro. Haportato in aula poliziotti che hanno dovuto spiegare la scuolaDiaz. E la caserma di Bolzaneto. Ha mostrato l’allora vicepresi-dente del Consiglio Fini nella sua ostentata presenza nella salaoperativa della caserma dei carabinieri (viene ricordato anchenel DVD). Abuso di potere, da molte parti. L’importante non è che vengasanzionato, anche se sarebbe meglio che lo fosse. L’importanteè che si sappia.

Enrico Deaglio

definitivo.qxd 31/03/2009 14.22 Pagina 10