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W m m GOEZ

RIFORMA ECCLESIASTICA - RIFORMA GREGORIANA

Ne1 I&, la dieta pa.quale deli'impero romano-tedesco aveva luogo a ~ a m - f7 8 berga, famosasedevescovile della Franconia In rnezzo ad un'assembleanumerosa di dignitari reali, di tanti preti e cavalieri, Enrico IV aspettava l'inizio delle tele- - brazioni religiose per la notte della risurrezione del Signore. La solenne liturgia era stata &idata a Liemaro arcivescovo diBrerna, rinomato sacerdote d'altarepu- tazione epdadino imperiale diprovata fedelta. Ed ecco, dapresenza del sovrano stesso e di tanti personaggi illustri, Liemaro si rifiutb decisamente di cominciare ii sacro rito e benedire l'acqua pasquale. Un awenimento inaudito, un'offesavo- luta, un atto di disprezzo pubblico: che cosa era successo?'

Senza dubbio, l'incarico liturgico in presenza della corte reale sigdcava una dimostrazione della profonda stima del re nei confronti deil'arcivescovo. I rap- porti fra i due erano amichevoli. Non esisteva nessuna tensione personale. Perb Si trattava di una forma di concelebrazione. Nella propria ca t tehe , il vescovo di B a m b m aveva infatti il diritto e il dovere di parteci~are d a funzione reliiosa ., Ma notoriamente Ermanno di Bamberga era simoniacop si dicevapubblicamente che aveva ricevuto la cattedra episcopale per mezzo di una forte sommadi denaro pagata al fisco reale. Percib, per protestare contro il confratello disonesto e per non macchiarsi indirettamente del delitto cornmesso, Liemaro rinunciava ali'o- nore. L'arcivescovo di Brema ardeva di fervoreper la riforma ecclesiastica.'

G..MEYER VON K~o~~u,]ahrbiicher des Deutschen Reiches unter Heinrich IK und Hein- rich V., vol. 2 (Leipzig 1984) P. 375 sqq. ' R. Sc-, Spirinrales kames. Zu den Hintognindm der Simoniepmzerre in Deutsch

land zwischen 1069 und 107& in: Hj 92 (1972). 3 W . GOEZ, Das EnbiSfum HamburgBmmn im Inuerritursheit, in:]ahrbuch der Wittheit

zu Bremen, 27 (1983).

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Questa grande Corrente spirituale dei secoli decimo ed undicesimo - ne- cessaria condizione e terreno propizio per la rivoluzione politico-ecclesiastica, che generalmente, ma in modo impreciso ed incompleto, viene chiamata la lotta per le investiture - comprendeva essenzialmente la rinnovazione degli antichissimi divieti della simonia e del nicolaismo, vale a dire del matrimonio dei preti proibito da molto tempo e dichiarato concubinato, e per principio da distinguere dalla concupiscenza lussuriosa e violazione occasionale del ce- libato ecclesiastico.' Gi i nella tarda latiniti cristiana si erano formulate am- bedue le prescrizioni; ma nella realti quotidiana le trasgressioni erano nume- rosissime. In modo del tutto inconsueto la grande riforma ecclesiastica dei secoli decimo e undicesimo le prendeva sul serio. Per questo, si potrebbero citare tante testimonianze; dopo il mille i relativi testi si accumularono nu- merosi e divennero sempre pih decisi.

Nonostante che solitamente nella letteratura dell'epoca si affiancassero le due parole,S fra simonia e nicolaismo esisteva un'essenziale differenza d'im- portanza. I1 nicolaismo significava la formula generalizzante di un problema prevalentemente individuale, mentre la simonia sostanzialmente era legata alla struttura della societi e dello S t a t ~ . ~ L,'incontinenza dei sacerdoti non mette- va mai in pericolo la chiesa cattolica.' Sappiamo ben poco delle vere dimen- sioni del nicolaismo medie~ale.~ Di quando in quando provocava Uno scan- da10 l ~ c a l e ; ~ nella vita quotidiana in particolare la questione del diritto eredi- tario dei figli creava dei problemi spinosi. Perb, per la giurisdizione canonica non sussisteva nessuna difficolti: per principio, i discendenti di un prete era- no diseredati. In realti, specialmente in Provenza, Linguadoca ed anche in alcune parti d'Italia conosciamo vere dinastie sacerdotali.'0 A causa della scar- siti delle fonti si potrebbe ritenere che in Germania il nicolaismo non esistes- se come abuso diffuso e ehe in questo paese la situazione non fosse stata preoc- cupante, ma I'argomento e silentzo appare sempre incerto. Stranamente, nel

Una diffcrcnza essenziale e non sempre riconosciuta! P.e. MGHLdl 1, p. 422, 594, 595, 598, 625/626. A.M. STICKLER in questo volume.

'G. DENZLER, Dar Paprttum und derAmtizölibat, vol. 1 (Stutrgarr 1973); ma cf. la recensio- ne critica DA 31 (1975).

J. GAUD~ET, Le cilibat ecciiliartqiic. Lc droit et kzpratique du XPau Xll("sGcle, in: ZRGKan 68 (1982).

P.e. a Milano. Cfr. C. VIOLAN~E, La PataG mikznere e h nbm ecc~es~tica, I (Roma 1955). R. DAVIDSOHN, Geschichte von Florenz, vol. 1 (Berlin 1896); R. DAVIDSOHN, Forschungen

zsr Geichichte von Florenz, vol. 1 (Berlin 1896); H.E. FEINE, Ki~chen~efonn znd Niederkirchm- Wesen, in: SGreg 2 (1947) p. 509 sq.

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registro di Gregorio V11 la maggioranza delle menzioni del divieto pluriseco- lare riguarda proprio la Germania!

Ventiquattro volte nel registro del grande Papa viene deplorata I'inconti- nenza sacerdotale e s'ingiunge il ristabilimento dell'ordine ecclesiastico." Ge- ueralmente parlando della norma canonica, soltanto due volte Gregorio fa riferimento a casi concreti.12 Per Toul e Chiusi aveva ricevuto delle informa- zioni dettagliate; perb, dappertutto la situazione era meno preoccupante. Tra i dignitari del clero dell'epoca evidentemente mancava un personaggio come il vescovo Ildebrando di Firenze, di cinquant'anni prima, che veniva al tribu- nale diocesano accompagnato dalla domina tpiscopa Albmga, la quale prende- va pubblicarnente la parola in cause difficili, mentre lui restava in pensoso silenzio." In Toscana e poi in Lombardia le circostanze particolari - in gran parte di natura sociale - provocarono una reazione riformatrice zelante e vio- lenta. In questi centri della battaglia contro il nicolaismo la lotta, originaria- mente morale, per la continenza sessuale del clero aveva assunto un carattere semidogmatico, sebbene teologicamente sbagliato. L'eucarestia dei fornicato- ri veniva vilipesa e schernita come sterco di cani.'"ra un atteggiamento tipi- co per la mentaliti religiosa laica, per la quale il peccato carnale ha sempre avuto la sua importanza speciale, perb dogmaticamente superato da cinque secoli.15 Non a caso i Patarini, alleati pih fedeli della Santa Sede agli inizi della lotta per le investiture, degenerarono nell'eresia nel corso del dodicesimo secolo.

Ne1 suo registro, Gregorio V11 non usa mai la parola nicolaismo. I1 lin- guaggio del grande pontefice 6 caratterizzato da un'apparente sempliciti: vo- leva essere capito immediatamente.'G Percib normalmente parlava e scriveva secondo le regole del cosiddetto stilus medius, anche se era un erudito della tradizione retorica latina. Forse istintivamente evitava la dotta espressione ni- colaitismus per i gravi peccati carnali. Invece, accusando i vizi dell'epoca, insi- ste almeno cinquanta volte sul divieto della ~imonia . '~ Logicamente, anche

' 1 Reg. I, 27; I, 28; I, 30; 11, 10; 11, 11; 11, 25; 11, 30; 11, 4% 11, 47; 11, 55; 11, 61; 11, 62; 11, 66; 11, 67; 11, 68, 11, 72; 111, 3; 111, 4; IV, 10; IV, 11; IV, 20; V, 18; VI, 5b; IX, 5. Si vede che di farro dopo 10 scoppio della lorta per le investiture la riforma dei costumi del clero pass6 in seconda linea.

Reg. 11, 10 (Toul); 11, 47 (Chiusi). '3 Vira anonyma S. Johannis Gualberti ed. BAETHGEN, A4GfI SS 30, 2, P. 1105. '* ARNULFUS, Gesra archiepGcoporum Medioianenrizm 111, 11, MGH SS 8, p. 19. ' 5 Ne1 conresto dclla formulazione dogmatica del character indelebilis sacerdotale. '"f. W . G o ~ z , Zzr Persönlichkeit Gregors VII,, in: RoeQS 73 (1978), p. 212 sq. 1' Cf. I'elenco incomplero alla fine dell'edizione ciitica del Regütrum a cura di E. CASPAR,

MGII Epp. sel. 2.

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quella aveva la sua dimensione d'immoraliti, ma insieme vi prevaleva il pro- blema ecclesiologico. In questo senso, non esisteva nessuna differenza fra Gre- gorio e Liemaro di Brema. Senza dubbio, per l'arcivescovo pio, evitare la col- laborazione con un notorio fornicatore era soprattutto una conseguenza del buon gusto cristiano, mentre il rifiuto della concelebrazione con Ermanno di Bamberga significava una decisione dogmaticamente fondata e per questo stringente e inevitabile. Era convinto che la venaliti delle digniti ecclesiasti- che non avesse soltanto il significato di un grave peccato, ma di una vera ere- sia. Secondo quest'opinione, cbe Liemaro condivideva con il famoso cardina- le lorenese Umberto di Silva Candida, gii morto da tredici anni, la benedi- zione ricevuta da un fornicatore era macchiata ma valida, mentre la benedi- zione ricevuta da un simoniaco fin da1 principio aveva perso ogni effetto po- s i t i v ~ ed era piuttosto una maledizione gravida di conseguenze terribili per la salute dell'anima.18

Notoriamente, la lotta contro la simoniaca haeresis19 era la richiesta prin- cipale della riforma ecclesiastica. Aveva le sue premesse nella tarda latiniti. Gi i Papa Gregorio Magno aveva distinto fra simonia a manu - soldi -, si- monia a lingua - raccomandazione - e simonia ab obsequio - adulazione e servizi. Alcuni autori dell'undicesimo secolo ripetevano questa casistica, perb prevaleva una semplificazione. Generalmente, neli'epoca della riforma gre- goriana si comprendeva la parolasimonia soltanto nel senso della venaliti ec- clesiastica per mezzo del denaro. Ma a questo proposito cresceva un proble- ma di ampia portata: la precisazione quali fossero le cose vendute e comprate.

Si vedono due linee dello sviluppo terminologico in contrasto fra loro. Gradatamente la differenziazione di Gregorio Magno si perde. I1 significato della parola simonia si restringe. Spariscono le sfumature. Ora, in prevalenza I'espressione significa la simonia a manu, la concretezza della vendita in contanti.

Nello stesso tempo il preciso significato della merce venduta si estende e diviene meno chiaro. Secondo l'ottavo capitolo degli Atti degli apostoli - punto di partenza dell'eponimia - il mag0 Simone voleva comprare la forza prodigiosa dello Spirito Santo, conferita da parte degli apostoli coll'atto del- I'imposizione delle mani. Ben presto si comprese questa imposizione delle mani come ordinazione sacerdotale. Percib la parola simonia riceveva il signi- ficato del sacramento prezzolato. Logicamente il simoniaco doveva essere o

Cf. A. MICHEL, Die folgenschweren Ideen desKardinalr Hurnbert und ihr EinJußatlf Gre- gor VII., in: SGreg 1 (1947) p. 79 sqq.; G. Miccori, I1 problema delle ordinazioni simonlache e le sinodi Lateranenri del 1060 e 1061, in: SGrcg 5 (1956).

l9 J . LECLERCQ, Simonlaca heresü, in: SGreg 1 (1947).

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il sacerdote benedicente o la persona che chiedeva la benedizione sacerdotale. Ma 10 sviluppo terminologico maggiormente ampliava il significato.

Era 10 specifico senso integrativo del medioevo, che favoriva una trasfor- mazione dell'applicazione della parola simonia, un'estensione del significato, che metteva insieme - secondo la nostra comprensione - cose diverse. Ben Presto si arrivava dalla venaliti dell'ordinazione sacerdotale al conferimento pagato di qualsiasi carica ecclesiastica, vale a dire da1 sacramento all'ammini- strazione della chiesa. Alcuni autori includevano anche gli annessi ed accesso- ri nettamente materiali, p.e. il terreno coltivabile connesso con una parroc- chia, l'albero fruttifero nel piccolo giardino di una cappella, la mucca offerta ai bisogni di un prete. Anche per un usufrutto di tale genere si chiedeva la gratuiti. Riguardo ai vescovi, agli abati, agli arcidiaconi, spesso la dotazione materiale era ricca o addirittura abbondante. Perche un contraccambio in con- tanti doveva essere condannabile?

Teologi illustri, come l'abate Abbo Flor iacen~is ,~~ senza esitazione am- pliavano le competenze ecclesiastiche in ogni parte, non prendendo in consi- derazione i bisogni del mondo secolare. I1 senso della parola szmonia veniva allargato smisuratamente. D'ora in poi il sacro conteneva tanti elementi pro- fani; ma anche il profan0 comprendeva dei compiti e delle istituzioni eccle- siasticbe. Era una reciprociti. Prevalentemente nel mondo germanico e slavi- CO esistevano tante cosiddette cchiese propries - in tedesco Eigenkirchen -, che facevano parte dei possedimenti di una persona laica ricca e nobile o - soprattutto - dei re.*l Se un sacerdote avesse pagato una certa somma al pro- prietario di una di queste «chiese proprien per sostentamento e domicilio, men- tre assumeva i'incarico parrocchiale, avrebbero commesso tutt'e due il pecca- to di simonia?

Si era formata una sovrapposizione delle sfere, una confusione appena de- finibile e proprio per questo pericolosa. Soprattutto i rapporti fra i re ed i vescovi diventavano difficili. La corona aveva arricchito le diocesi, donando alle istituzioni ecclesiasticbe dazi e regalie, diritti politici ed economici, am- ministrazione pubblica, immuniti, intere contee. Non era giusto che chie- desse al nuovo vescovo una tassa d'entrata? Nella compagine feudale si cono- scevano pagamenti del genere, p.e. il relevium o il laudemzum. Senza dubbio, i vescovi non erano pih esclusivamente servitori di Dio, ma ancbe dignitari del re. Per questo, la maggioranza fra loro seguiva una via di mezzo, evitando clamorosi eccessi simoniaci e procedimenti straordinariamente scandalosi, ri-

P. COUSIN, Abbon de Fleilry-sur-Loirr (Paris 1954); opera: MIGNE, PL 139. 2' Cfr. A.M. SIICKLER in questo volume.

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ferendosi al comandamento del Signore: <<Rendete a Cesare quel ch'e di Cesa- re, e a Dio quel ch'e di D ~ O , , . ~ ~ Si partecipava agli affari del regno, si figurava come consigliere del re, si dava il contributo alle spese puhbliche, in parte si militava anche nell'esercito feudale.2) Fino agli inizi della lotta per le inve- stiture, questo comportamento sembrava naturalissimo, poiche il re romano - nella coscienza dell'epoca - era il evicario di D i o ~ . ~ ~ Era lui che eleggeva ed investiva i vescovi. Agli occhi dei contemporanei aveva una responsahiliti speciale sia per la diffusione del cristianesimo nel mondo pagano che per il mantenimento dell'ordine interno cattolico. A Causa dell'unzione regale ed imperiale stava fra clero e popolo; non era ritenuto laico nel senso specifico della ~arola .

Per questo, i re figuravano ripetutamente come propugnatori e pionieri della riforma ecclesiastica. Basta ricordare Enrico I1 ed Enrico 111, il quale, eliminando 10 scandalo dei tre papi scismatici e ~imoniaci,2~ nel 1046 faceva trionfare Ja riforma sulle rive del Tevere. Giustamente, nella storiografia mo- derna spesso si parla del cperiodo imperiale della riforma ecclesiastica>>. Non C'& dubbio sui successi eminenti e molteplici della collahorazione decennale fra l'imperatore ed i pontefici tedeschi. Particolarmente sotto Leone IX i pro- gressi furono notevolissimi. Ma la realiuazione della riforma non dipendeva soltanto dalla buona volonti della corte imperiale e neanche dall'attiviti rina- ta della curia papale. In gran parte furono i vescovi, che portarono la riforma alla vittoria.

Ritorniamo a Liemaro di Brema: unanime il giudizio dei contemporanei, degli amici e - un'osservazione da sottolineare con forza - anche dei nemici sull'atteggiamento politico ed ecclesiastico dell'arcivescovo: un teologo infor- mato pib del solito, un consigliere della corona accorto, un pastore esemplare del suo gregge. Giustamente un avversario di Liemaro 10 ha giudicato «uns Persona di grande serieti, dignita ed onesti, esperto del diritto canonico e della dottrina ~ristianan.2~ Nell'episcopato tedesco l'arcivescovo e capofila, perb in nessun modo I'unico rappresentante dell'ala riformatrice.

" Abtth 22,21. " Cf. fra tanri aurori C. ERDMANN, DieEntstehung dcs K~euzzugxgnkens (Sruttgart 1935)

p. 68 e passim. 2' THIETMARI Merseburgensis episcopi Chronicon VI, 11, ed. R. HOLTZMANN, MGH Scr.

rer. Genn. NS 9, p. 288. '' Che Gregorio V11 sia stato un simoniaco 6 contestato decisamente da G.B. BORINO, ASRSP

39 (1916). ' ~ E N R I C ~ S Trevirensis, MGHLdl 1, p. 297; cf. BoNrzzoN~ di Surri, a cura di PH. JAFFE,

Bibi rer. Germ. 2 (Berlin 1865) p. 658 e 682.

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Strana situazione: ambedue sono antesignani della riforrna, il grande arci- vescovo ed, allo stesso rnodo, il pih grande pontefice. Per6, fra i concetti di riforrna di Liernaro e di Gregorio C'& un antagonisrno insuperabile. Non rnanca, anche, l'ostiliti personale. In una lettera destinata ad un confratello, l'arcive- scovo di Brerna con accanimento scrisse le parole seguenti: <<Quest'uomo pe- ricolosissirno (= Gregorio) vuole dare cornandi ai vescovi corne se fossero i suoi servi domestici!».3'

Perche queste arnarezze? Nell'undicesimo sec010 quasi in tutta 1'Europa l'episcopato proveniva dall'alta nobilth. Particolarmente nell'impero romano- germanico i vescovi erano principi nati e per questo potenti ed orgogliosi. Conoscevano il loro valore e la loro responsabiliti. Non dirnenticavano il sinodo di Sutri del 1046, quando avevano sostituito i tre papi che si contende- vano la Sede apostolica, e neanche il sinodo di Mantova del1064, quando ave- vano risolto 10 scisma rornano. Abbracciavano con 10 sguardo il live110 mora- le del clero nelle diverse parti d'Europa. Nella rnaggior parte approvavano la riforrna senza esitazione; ma avevano un concetto di riforma divers0 da1 concetto gregoriano. Per tanti vescovi, senza dubbio seri ed onesti, la riforma consisteva essenzialmente nel rniglioramento dei costurni, specialrnente del clero. Per6 il concetto gregoriano di riforrna cornprendeva anche una trasfor- rnazione giuridica ed amministrativa della chiesa cattolica.

I vescovi non-gregoriani non avevano, in alternativa, un'idea ben precisa della chiesa cattolica. Si pu6 presumere che inconsapevolmente fossero ade- renti o soltanto sirnpatizzanti di un concetto ecclesiologico basato sulla uni- tas qpiscopatus, famosa frase ~iprianea.1~ Era un'idea vaga, rna efficace, perche nutrita dalla orgogliosa coscienza di classe e dagli effetti non contestabili del- le loro riforme diocesane o regionali. Di fatto erano contenti dello stato delle cose. Volevano migliorare le condizioni, ma non cambiare le strutture. Rifiu- tavano la sottornissione a Rorna - una Roma appena riforrnata coll'aiuto del- l'impero, vale a dire dell'irnperatore e dei vescovi stessi. La riforrna ecclesia- stica vescovile era una riforma tradizionalistica, non una forza rivoluzionaria.

Per6 era vera riforma, un movimento etico, pieno d'attiviti, d'entusia- smo e di sacrifici. Nelle fonti gregoriane ed anche nella storiografia moderna, sempre e poi sempre viene sostenuta I'opinione che ogni avversario di Gre- gorio V11 debba essere stato un simoniaco ed ogni aderente del Papa debba

" MGHBriefiderdt. Kaiseneit 5, Brie&rnmlungen der Zeit Heinrichs IV: a cura di C. ERD- MANN e N. FICKERMANN. Hannoversche Briefsammlung 15, p. 34.

" E. CASPAR, Geschichte des Papsttums vol. 1 (Tübingen 1930), p 76 sqq.; rnerodicamenre non senza problemi: H.M. KLINKENBERG, Der ~Örnis~heP~rnrit im 10. Jahrhundot, in: ZRGKan 41 (1955).

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essere legato alla riforma eccle~iastica.~' Spesso s'identifica riforma ecclesiasti- ca e riforma gregoriana, frequentemente con ragione, per&, in pari tempo, frequentemente anche senza ragione.

Mi sembra che sia un'osservazione d'importanza fondamentale. Per que- sto, portiamo degli esempi. Nella pianura padana si schierava l'opposizione piu accanita contro Gregorio VII, un'opposizione soprattutto vescovile. Pe- r&, a prescindere dal fatto che in ogni socicti si trovi la pecora nera, I'episco- pato di questa regione aveva il suo alto livello morale, intellettuale e religio- so. Arderico di Vercelli ristabiliva la vita comune del capitolo della sua catte- drale.34 Dionigi di Piacenza, nemico implacabile di Gregorio VII, protestava contro ogni forma di simonia; nei suoi documenti, finora soltanto parzial- mente stampati, condanna i simoniaci con una maledizione di spaventositi arcaica.35 I1 testamento di Gregorio di Vercelli, cancelliere italiano di Enrico IV, e caratterizzato da una devozione impressionante.36 Opizzone di Lodi nel 1075 veniva lodato da Gregorio VII stesso in modo eccezionale per la sua in- defessa lotta contro silnonia e nicolaismo;" un anno dopo faceva parte della ribellione contro il pontefice! Un fratello di Opizzone era Guido, vescovo d'Acqui e fin ad oggi venerato come santo patrono della sua citti, un fautore instancabile del monachesimo; in alcuni dei suoi documenti esplicitamente polemizza contro la ~ i m o n i a . ~ ~ E per concludere I'enumerazione naturalmente molto incompleta, perfino Guiberto di Ravenna godeva di un'ottima reputa- zione a Causa del suo impegno indefesso per una riforma dei costumi del ~ l e r o . ) ~

Della figura dell'avversario principale di Gregorio VII spesse volte si & giudicato e si giudica in modo sbagliato, come ritengo. A prescindere da1 fat- to che Guiberto era seguace fedelissimo d'Enrico IV e per diversi motivi con- trario al pontefice, egli s'impegnb per tutta la vita secondo le istanze della riforma ecclesiastica. (Si deve notare che il contrasto di opinioni e poi il dissi- dio aperto fra l'arcivescovo di Ravenna ed il Papa precedettero di parecchi anni il conflitto fra Gregorio ed Enrico IV, vale a dire che non si pu& inter-

'' Un esempio ripico delle fonti gregoriane: Bonizzone di Surri; un esempio tipico scclro dalla letreratura sroriografica rnoderna: A. FLICHT, La rqomze grigorirnne, 3 vol. (Louvain- Paris 1924-1937).

'+ F. Snvio, Gli antichi wercovi d%alia, Pienzonte (Torino 1899), p. 466. P.M. CAMPI, Dell'hirto~ia eccle~iastica di Piacmz4 3 "01. (Piacenza 1651-1662) con docu-

menri; cf. W. GOEL, Geilalten dcs Hochmittelalters (Darmstadr 1983), p. 132-149. CAMPI I, p. 520.

" Reg. 11, 55. S A V I ~ (n. 34), p. 30-33; G.B. ?V~ORIONDO, Monumente Aqucnsia (Torino 1790) I , p. 28-37;

11, p. 89.114. ' 9 J. ZICIE, Wibmt von Ravenna, der Gegenpapxt Clemens IIL (Stuttgart 1982).

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pretare l'opposizione di Guiberto alla Santa Sede come conseguenza seconda- ria del disaccordo del 1076 fra regno e ~ a ~ a t o . ) Nella sua condotta, Guiberto, in modo degno di nota, era indi~endente dalla corte reale. Storicamente deni- grato e stigmatizzato, anche da parte di Gregorio stesso per motivi compren- sibili,40 l'antipapa pih importante che sia mai esistito <<maior erat cunctis ..., doctus, sapiens et nobilis ortus ... D, come affermava Donizzone di Canossa, il panegirista in versi della Contessa l~fatilde.~'

L'opposizione vescovile contro Gregorio e contro il suo concetto di cat- tolicesimo non risulta da un'awersione di questi prelati contro la riforma ec- clesiastica, anzi! Da un lato c'era un'antipatia personale, perch6 il carattere zelante del pontefice non ammetteva compromessi comodi. Dall'altro lato derivava da1 concetto divers0 di chiesa cattolica, vale a dire dalla ecclesiolo- gia, la quale in quei tempi non fu mai teoreticamente sviluppata con tutte le sue conseguenze, perb esisteva ben precisa nell'immaginazione del grande papa, mentre i concetti ecclesiologici dell'opposizione vescovile erano vaghi, meno chiari, non omogenei. Sotto quest'aspetto, l'idea gregoriana della rifor- ma era pih ampia, pih completa, piu impegnativa. Comprendeva la posizione monarchica della Santa Sede, una richiesta finora mai realizzata e per questa ragione sospetta, fastidiosa o perfino odiosa per tanti vescovi - come Liema- ro di Brema o Dionigi di Piacenza - e per qualche re.

Necessariamente ed essenzialmente, la riforma gregoriana comprendeva anche la lotta contro la simonia, il nicolaismo e gli altri vizi dell'epoca. Tutto il registro di Gregorio V11 & pieno di consigli, ammonimenti, rimproveri, di- vieti riguardanti queste materie. Papa Gregorio era un risoluto propugnatore del miglioramento etico-religioso dei costumi. Per& la sua riforma non si esau- riva in provvedimenti contro l'immoraliti sia del clero che del popolo laico. Forse - metodicamente non senza scrupoli - si potrebbe spiegare l'intento riformatore del pontefice con una frase dello storiografo milanesc Arnolfo, di fatti dedicata ad Arialdo, primo capo della Pataria e martire del movimen- to popolare lombardo: ... accusaret ... omnes nicolaitos et symoniacos acprorsus inobedientes Romanae ecclesiae.42 Secondo il papa, necessariamente ogni vera riforma era di carattere universale, unitario ed obbligatorio. A differenza di tante riforme particolari - monastiche, vescovili, regionali, reali - il ponte- fice insisteva sull'uniti e coerenza della riforma ecclesiastica, la quak - se- condo la sua convinzione incrollabile - doveva essere spinta avanti, control- lata e coordinata dalla sede romana.

Reg. V, 14a; VI, 10; VIII, 5; VIII, 12; VIII, 13; VIII, 14; IX, 36. " Vita Mathildk, RR.Ii.SS. n. ed. 5, 2, p. 60. ' l An~uirus , Geia archiepircoporum Mcdiolanenriiim 111, 13, MGH SS 8, p. 20.

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Aspettava e chiedeva I'aiuto da parte dei vescovi, ma spesso non 10 riceveva. Per Gregorio, la chiesa di Roma era caput omnium ecclesiduum, mater, ma- gistra, domina.5' Tuttavia, tante chiese particolari non volevano vivere secon- do le norme, le prescrizioni, le forme liturgiche della madre comune. Di na- tura, Gregorio era zelante; si arrabbiava per la presunzione e I'autocompiaci- mento di tanti vescovi, i quali, impegnandosi per le loro riforme particolari, a suo parere avevano dimenticato gli ordinamenti di Dio e la struttura gerar- chica della chiesa cattolica. Diciotto volte il grande papa paragona, anzi iden- tifica la disubbidienza vescovile con il mimen idolatriae biblic0.5~

Tanti vescovi non ascoltavano la voce del pontefice. Non volevano che istepericulosus homo distruggesse la loro liberti (parola questa che rarissima- mente ricorre nel registro di Gregorio VII). Gi i nei primi tempi del suo pon- tificato la relazione fra papato ed episcopato fu la questione pih controversa, pib spinosa, pih importante. Non a caso furono i vescovi, che nel gennaio 1076 gettarono il guanto di sfida a Gregorio. I1 dissidio fra pontefice ed epi- scopato sboccb in un'atroce guerra fra regno e sacerdozio, la quale distrusse il mondo unitario ed integrale dell'altomedioevo.

5' Cf. Reg., elenco dei nomi e delie paroie. i2 1. Rcg 15,23; Reg 11, 45; 11, 66; 11, 75; IV, 1; IV, 2; IV, 11; IV, 23; IV, 24; VI, 10; VI,

11; VII, 14a; VII, 16; VII, 24; VIII, 15; VIII, 21; IX, 20; IX, 33.

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