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~TVDI MEDIEVALI - SERIE TERZA Anno XXII - Fase. II 198 l CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOEVO SPOLETO

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~TVDI MEDIEVALI-

SERIE TERZA

Anno XXII - Fase. II

198 l

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOEVOSPOLETO

DISCUSSIONI

Le strutture feudalinell'evoluzione dell'Occidente mediterraneo:

note su un Colloquio internazionale

Nell'ottobre del 1978 si è tenuto a Roma, presso I'École Française,un importante Colloquio internazionale' sulle strutture feudali dell'Occi-dente mediterraneo, e a due anni di distanza è stato pubblicato il volumedegli atti. Una sezione consistente dei lavori è dedicata alle aree franco-meridionali ed iberiche; dom.nata dagli autori francesi, essa offre l'oppor-tunità di una messa a fuoco sul ruolo dei rapporti feudo-vassallatici e dellapiù lata categoria di • féodalisme t nella storiografia francese recente. Perla storia d'Italia, una ventina di contributi assai disparati per tematica,e diversi per accuratezza e respiro, rappresentano comunque nel complessoun buon avanzamento di conoscenze obbiettive. Al versante orientale èstato dedicato a scopo comparatistico un numero limitato di sondaggi;risultano poi isolate per tematica alcune analisi di ambito religioso, dottri-nale, giuridico. Non offro qui un resoconto puntuale di tutti i contributial Colloquio, ma cerco di evidenziare alcuni elementi problematici che emer-gono dalla sua impostazione, e dal complesso delle relazioni e della discus-sione (1).

I. FEUDALESIMO: UN CONCETTO ALLA PROVA DELLA STORIA REGIONALE

Il presupposto del Colloquio, ha detto Pierre Toubert introducendonei lavori, è la grande vitalità della storiografia sull'area mediterranea medie-vale negli ultimi vent'anni; lo scopo, quello di imprimere un impulso ulte-riore alla • demarginalizzazione t di quest'area: valutandone le specificità.e, al tempo stesso, inserendola a pieno titolo in quel quadro dell'Europa• feudale t che è stato imperniato tradizionalmente sui «paesi tra Loira

(l) Strudurts féodales et féodalisme dans t'Occtden: médlterranéen (X'-X ilI" siècles).Bilan et perspectllJes de recherches, Colloque international organlsé par le Centre Nationalde la Recherche Sclentifique et l'Ecote Française de Rome (Rome, 10-13 octobre 1978), Ro-me, École Française de Rome, 1980 (Collection de l'Ecole Française de Rome, 44). Dellediscussioni, solo una parte è riportata nel volume: questo perché non vi è stata una regi-strazione stenografica o magnetofonica, ma I partecipanti erano invitati a redigere per iscrittoI proprI Interventi dopo averli pronunziati. La redazione scritta del dibattito non ne resti-tuisce dunque la ricchezza e la vivacità: In compenso, si può ritenere che le opinioni degliIntervenuti aiano riprodotte con assoluta esattezza.

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e Reno •. L'invito è stato recepito con entusiasmo da Pierre Bonnassie,che ha esteso a tutta l'area tra Rodano e Galizia l'impostazione generaledella sua Catalogna, ha sottolineato l'analogia con l'evoluzione descritta daToubert per ilLazio (profonda rottura di continuità nel secolo X e avventodel feudalesimo), ed ha concluso rivendicando la compiutezza delle «Strutturefeudali. meridionali: «Jusqu'ici on les a beaucoup trop traitées par le mépris,en leur appliquant les épithètes d" ìncomplètes ', d" inachevées " d" épider-miques " de • bätardes " etc ... Il est urgent d'en finir une fois pour toutesavec de tels qualificatifs. La meilleure preuve du caractère • non incomplet'de ces féodalités méridionales serait peut-ètre à trouver dans l'extraordi-naire diffusion du vocabulaire féodal jusque dans la langue populaire, jeveux dire celle des paysans (... ) Donc loin de ne concerner que le seulgroupe nobiliaire, les mentalités et usages féodaux ont ici affecté I'ensem-ble de la socìété. En définitive, on peut se demander s'il ne conviendraitpas d'inverser le postulat qui, partant d'un soi-dìsant modèle septen trio-nal, déclarait • incomplètes' les féodalités méridionales: l'inachèvementne serait-il pas à rechercher entre Loire et Rhin? t. In sede di discussione,Jean-Pierre Poly ha fatto suo questo orientamento: «est-ce que ce sont lesféodalités méridionales qui sont incomplètes et tardives ou ce1lesdu Nord?Car, si I'on considère la féodalité comme la réunion de ces deux structurescornplémentaires, la seigneurie justicière et la hiérarchie des liens féodo-vassaliques, il faut reconnaitre que, malgré vassaux et bénéfìces, le ca-ractère véritablement • féodal ' de la société carolingienne ou post-carolìn-gienne du Nord est plus que douteux l. E Bonnassie di rimando: c cammeJean-Pierre Poly, qui a très justement soulevé la question, je tiens pour• plus que douteux ' le caractère féodal des sociétés septentrionales à I'épo-que carolingìenne et post-carolingienne t (2).

«Plus que douteux s: è un dubbio retorico, perché in effetti una seriedi studi francesi sulle regioni centrali e settentrionali del mondo carolingioha ridimensionato drasticamente il ruolo delle strutture feudali. Nel 1968veniva pubblicata l'accuratissima thèse di Robert Fossier sulla Piccardia,dove si sottolineava l'inconsistenza degli elementi feudali sino alla metà delsecolo XII: Ia regione aveva si conosciuto, fin dall'età carolingia, relazioni·personali di vassallaggio ampie ed importanti, ma queste non si elano mairaccordate a concessioni fondiarie; la maggioranza schiacciante delle terreera posseduta a titolo allodiale, e Fossier poteva concludere che i vincolifeudali non rappresentavano affatto un tratto caratterizzante degli elementiaristocratici: «ce qui permet la cohésion de leur groupe social, c'est la pos-

(2) P. BONNASSIE,Du RMne li la Galice : gen~se et modalItls du réglme jéodal, pp. 17-44; la citazione testuale alle pp. 43-44, I passi citati della discussione alle pp. 47 e 55. 11discorso Inaugurare di Toubert, dal titolo: Les jéodalitls médlterranlennes: un problème d'hI-stotre eomparée, è alle pp. 1-13. Alla tnèse di P. TOUBERT, Les strudures du Latium médléval.Le Latium mérldlonal et la Sabine du IXt li la fin du Xllt siècte, 2 voll., Rome, 1973 (BI- .bllothèque des Ecoles Françalses d'Athènes et de Rome, 221), è stato attribuito nell'edizioneitaliana ridotta II titolo significativo di Feudalesimo mediterraneo (sottotitolo: 11caso del Laziomedievale, Milano, 1979). La tnèse dI Bonnassle è La Catalogne du milieu du xe d la fin duX 18 slècle. Crolssance et mutations d'une société, 2 voll., Toulouse, 1975-1976 (Publicatlonsde l'Unlverslté de Toulouse-Le MIrall, Sér. A, 23, 29). .

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session du ban plus que des fiefs, les liens de sang plus que les hommages,Ies intérèts patrimoniaux plus que les services de vassal s (8). Pochi annidopo Olivier Guillot illustrava il tessuto di dipendenze del conte di Anjou,dunque un terreno d'elezione per la realizzazione di nessi feudali; eppureGuillot doveva sottolineare l'assenza di un coordinamento sistematico tragli istituti vassallatici e l'esercizio dei poteri signorili incentrati attorno aicastelli, ed ancora la marginalità dei benefici e l'ampiezza dei beni allodialidei fedeli del conte (').

Queste valutazioni rievocavano la memorabile thèse del 1953 di Geor-ges Duby, che aveva ìnaugurato, a partire da uno studio regionale, la va-lutazione riduttiva delle strutture feudo-vassallatiche nell'organizzazionesociale complessiva dei secoli dal rx all'xr, Nell'analisi del Mäconnaìs, Dubyaveva messo a fuoco la frattura di continuità manifesta verso la fine delsecolo x, con la dislocazione dell'autorità pubblica, l'affermazione dei po-teri di giustizia su base locale, la configurazione dell'aristocrazia militarecome casta fondata sul lignaggio. Tali erano gli aspetti fondamentali dellasocietà nel secolo XI e nella prima metà del XII: rispetto ad essi, le relazionidi fedeltà vassallatica svolgevano un ruolo subordinato e non creatore dirapporti nuovi, mentre nell'organizzazione fondiaria era l'allodio, non ilbeneficio, la forma di gran lunga prevalente tra i milites. Era una societàda definirsi «féodale.? Duby poneva la domanda per poter rispondere:«Oui, gardons le terme, il est commode. Mais en notant bien qu'il est fortmal choisi. En 1I00, la tenure vassalique tient en Mäconnaìs une pIaceaprès taut secondaire; la dissolution de la souveraineté est un trait bienplus caractéristique de la société nouvelle: cette époque est moins le tempsdes fiefs que celui des chäteaux, assises des dominations privées (••. ). (5).

Forse perché si muoveva nell'ambito di quella supremazia storìo-grafica dei cpaesi tra Loira e Reno t di cui ha detto Toubert, Duby avevaricondotto l'incompiuta e modesta feudalizzazione del Mäconnais alla suacollocazione sulla periferia meridionale dell'ambito carolingio classico: «AIa fin du xe S., le Màconnais se trouvaiten effet déjà trop loin vers le Sudpour avoir subi fortement l'empreinte de la monarchie carolingienne t.E rilevando alcune convergenze con altre aree, segnatamente con l'evolu-zione della società bavarese delineata pochi anni prima da Philippe Dollin-ger (iI quale aveva anche sottolineato una diffusione tardiva degli istitutifeudali), Duby aveva cautamente avanzato l'impressione di una uniformitàdi strutture sociali tale da poter forse identificare « une large zone médiane,

(3) R. FOSSIER,La terre et les hommes en Picardie jusqu'd lo fin du X Ille sucu, 2 voll.,Paris-Louvain, 1968; la citazione a p. 551.

(4) O. OUILLOT,Le comte d'Anjou et son entourage au Xle stècle, 2 voll., Paris, 1972;In particolare cfr. I, pp. 299-352.

(5) O. OUBY, La société aux Xl" ti XlI" siècles dans lo réglon mdconnaise, Paris, 1953;la citazione a p. 364. La thèse di J. RICHARD, Les ducs de Bourgogne et lo formation du duchtdu XI" au XIV" steäe, Oijon, 1954, estendeva all'intera Borgogna molti elementi del con-temporaneo studio di Ouby, come la dislocazione del potere comitale e l'emergenza delleslgnorle castellane (pp. 80 ss.), o la preponderanza dell'allodio nel regime fondiario fino asecolo XI inoltrato (pp. 101-107): ma non suggeriva l'ampio rlpensamento concettuale Impu,cito in Ouby (e sul quale ritornerò più avanti).

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entre la féodalité d'entre Loire et Rhin et celle des régions méditerranéen_nes s (6).

Gli studi regionali successivi non consentono ormai più di prospettareipotesi in questa direzione, della distinzione di vaste aree e di una sorta didécalage da nord a sud in funzione dell'intensità decrescente degli elementifeudo-vassallatici. Si è detto infatti dei libri di Fossier e di GuiIlot, che han-no posto in luce la difficoltà di individuare, prima del secolo XII, un quadrocompiuto di relazioni feudali nell'ambito ~d'entre Loire et Rhin •. Menoconclusivi i risultati di altre ricerche. André Chédeville ha scritto sul ter-ritorio di Chartres un saggio dove si insiste sul raccordo vassallatico, pre-coce e mai interrotto, tra i grandi signori castellani e il potere regio e co-mitale: ma è l'insistenza su un fatto dato per scontato, non una dimostra-zione documentaria, e non ha convinto un recensore autorevole e pure orien-tato .a esaltare il ruolo costruttivo e positivo della feudalità. Anche sulproblema del regime fondiario la scrittura di Chédeville non è persuasiva:e I'ampleur des liens de vassalité ne fait aucun doute dans un pays qui adonné, par la pIume de I'évèque Fulbert, la première et la meilleure défì-nition des rapports entre le seigneur et son vassal. Mais ces relations d'horn-me à hornme se traduisaient plus par des rites que par des actes écrits, dumoins jusqu'au milieu du xme siècle. Elles entrainèrent bientöt Ia féodali-sations des biens •. Ma neppure a questo livello di feudalizzazione delle ter-re vi è una evidenza di documenti scritti. L'autore ipotizza l'evoluzione • innegativo " attraverso la rarefazione degli allodi. E mentre presume conces-sioni feudali dietro il silenzio delle fonti, esige invece, per attribuire carat-tere allodiale alle terre, che vi sia la definizione esplicita di allodium (nonbasta la semplice dichiarazione che i beni sono «libres de tous droits t), ein alcuni casi neppure quella gli appare decisiva. Con tali premesse, non èdifficile arrivare a concludere che s I'allodialité dut ètre très vite un Hatexceptìonnel s (7). Più fondato e cauto sui temi istituzionali, Guy Devaillyha descritto per ilBerry (dunque un poco sulla periferia dell'ambito feudale• classico ') un quadro molto simile a quello del Mäconnais: un tessuto feu-dale labile ai livelli elevati dell'aristocrazia, molto più serrato nei rapportitra i signori di castello e i loro milites, ma soprattutto dalla metà del se-colo XI; nell'evoluzione del potere il fenomeno centrale fu la dislocazione·del pagus e dell'autorità comitale a profitto delle signorie bannalì, mentresul piano fondiario le concessioni feudali si estesero lentamente ed eranosenz'altro minoritarie ancora verso il 1075 (8).

Se per le regioni settentrionali e centrali della Francia gli studi dal

. (6) DUBY, La socièté cit., p. 644 e nota I. PH. DOLLINGER,L'évolution des classes ruralestn Bavlère depuis ta fin de l'époque carotingienne jusqu'au milieu du XIl1e siècle, Paris, 1949(Publicatlons de la Faculté des Lettres de l'Université de Strasbourg, 112).

(7) A. CHÉDEVILLE, Chartres et ses campagnes (X I"-X IIle siècles), Paris, 1973 (Publì-cations de l'Unlversité de Haute-Bretagne, I), in particolare pp. 289-292. Cfr. L. GÉNICOT,Trois thèses ä'nistoire régionale, in Revue d'histoire ecclésiastique, LXX (1975/1), pp. 439-462,alle pp. 450-451 (le altre due thèses recensite da Génicot sono quella di Devailly che cito quidi seguito e quella di Toubert sul Lazio meridionale e la Sabina).

(8) O. DEVAILLY, Le Berry du xe siècl« au milieu du X III". Élude potitique, religieuse;sociale et économique, Paris-La Haye, 1973.

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1953 al 1973 avevano evidenziato difficoltà e incertezze sul ruolo effettivodegli istituti feudo-vassallatici nella' prima età feudale " altre ricerche -bisogna sottolinearlo - hanno suggerito esiti analoghi per il Mezzogiorno.La posizione più decisa è stata assunta da Elisabeth Magnou-Nortier, daisaggi iniziali in cui hadisinnescato da ogni struttura feudo-vassallaticatanto i rapporti di fidelitas quanto le concessioni in fevum pure attestatecopiosamente nella Francia meridionale, fino alla thèse del 1974 sulla pro-vincia Narbonese: qui l'autrice ha delineato un'evoluzione sociale nellaquale fu assente l'omaggio, il rapporto di fidelitas non ebbe niente a chefare con relazioni di vassallaggio, del tutto sconosciute, e il fevum rimaseuna concessione fondiaria che non implicava dislocazione dell'autoritàpubblica (8). .

A due anni di distanza dalla thèse della Magnou-Nortier, veniva pub-blicata quella di Jean-Pierre Poly sulla Provenza. Fortemente influenzatodal lavoro classico di Duby, e da quello recente di Bonnassie sulla Cata-logna, Poly riprendeva a sua volta lo schema di periodizzazione tripartito.Vi era stata una fase di persistenza delle strutture pubbliche carolingie,cioè dell'autorità comitale e del suo apparato amministrativo e giudiziario:anche se già dalla fine del secolo IX la parte orientale della regione era do-minata dal grande possesso fondiario, mentre all'Ovest i domini comitaliassumevano nel corso del secolo X un carattere sempre più allodiale, e per-devano quello di' patrimonio fiscale ed inalienabile. Poi si verificarono ladislocazione del potere comitale, l'egemonia di pochi lignaggi aristocratici,l'asservimento dei rustici nel quadro della signoria bannale: un processocompiuto entro la prima metà del secoÌo XI. Infine, la costruzione di unprincipato territoriale, realizzata nella prima metà del secolo XII per im-pulso della dinastia comitale barcellonese, preparata da processi di accu-mulazione agricola e di ripresa mercantile ed urbana e dalle implicazioniantiaristocratiche del movimento di riforma ecclesiastica, e destinata a suavolta a preparare il campo all'avvento della monarchia. Il ruolo delle isti-tuzioni feudo-vassallatiche, secondo Poly, era stato marginale almeno finoalla metà del secoloXI: una certa frequenza dei benefici era comunque atte-nuata dalla concorrenza di altri modi di concessione fondiaria (precariee forme parziarie) e la gran parte dei castelli, • piliers de la seigneurie ba-nale s, sfuggiva al regime del feudo: un'assenza dell'omaggio, una fidelitasin grande misura di carattere pubblico e non vassallatico riconducevanoPoly in un'ambito di analisi molto vicino a quello della Magnou-Nortier.

Il carattere 'feudale' della società provenzale era dunque consistito,come nel Mäconnais di Duby, nella dissoluzione dei poteri pubblici e nonnella diffusione di istituti feudo-vassallatici. I due aspetti sembravano anzi

(9) E. MAGNOu-NoRTIER, Sur le sens du mot « [evum • en Seplimanie et dans la Marched'Espagne d la fin du Xe et au début du Xle siècle, In Annales du Midi, LXXVI (1964),pp. 141-152; ID., Fidé/ilé et féodalité méridionales d'après les serments de fidmlé (Xt-débul X 1/",iècle), in Les structures soeiales de l'Aqultaine, du Languedoc et de l' Espagne au premier dgeféodal (Toulouse, 28-31 Mars 1968), Paris, 1969, pp. 115-135; In., La société latque et l'Églisedans ta province eeelésiastique de Narbonne (zone cispyrénéenne) de la fin du Ville d la findu Xle.siècle, Toulouse, 1974 (Publications de l'Unlversité de Toulouse-Le Mlrail, Sér. A, 20).

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antitetici a Poly: «La société provençale peu après l'an mil est d'autantplus disloquée qu'elle est moins • féodale " et chaque grand alleutier peutse dire maitre chez soi •. Per converso, il pieno sviluppo dell'omaggio, dellaconcessione beneficiaria e della strutturata gerarchia feudale sì erano in-seriti nella terza fase, quella della ricostruzione di un'autorità pubblicacentralizzata, e avevano fatto ad essa da supporto e strumento, con la retedelle fedeltà imposte dal conte di Barcellona. «La féodalisation achevéede la société, c'est-à-dire la généralisation du fiel et de l'attache vassaliquemène, en Provence - et pas seulement là I - à la réedification de l'Etatmonarchique. En ce sens, la féodalité ne s'oppose pas à l'Etat, elley conduit t.Così Poly si esprimeva in sede di conclusione, e contestava l'opinione se-condo cui i «liens d'homme à homme t avrebbero recato, in se stessi, ladistruzione dell'autorità pubblica: «C'était pourtant en partie - annota-va - l'opinion de M. BLOCH(... ). Couverte d'une pareille égide on com-prend que I'ìdée se soit presque partout imposée t (18). . .

Forse quest'accenno era un poco frettoloso, nel suo tono di polemicainnovatrice. Che il concetto di feudalesimo rievocasse tradizionalmente ilprocesso di disgregazione dello stato. e che proprio per questo le istituzionipropriamente feudali non avessero parte nel femmeno: che andasse loroattribuita, in apparente paradcsso, la funzione opposta, di mantenimentoo di ricostituzione di un tessuto di poteri sovrani: questo era stato il filoconduttore di un grande capitolo nella grande Storia d'Europa di HenriPirenne. Per l'Italia, Giovanni Tabacco ha in parteripreso questa tematicae questo ordine di valutazioni. In Francia, era stato Duby a prospettare intermini molto limpidi la scansione dei due modi della « féodalité t: «11fautdonc distinguer dans ce qu'on appelle la féodalité deux aspects, un aspectpolitique, la dissolution de la souveraineté, un aspect foncìer, la constitu-tion d'un réseau cohérent de dépendances où sont prises toutes les terreset par elles ceux qui les tiennent. En Màconnais, ces deux aspects ne sontpas simultanés mais successifs t; e riferendosi alla' terza fase ': cAu XIUe s.,les alleux nobles sont les uns après les autres repris en fiefs; les droits ba-naux, que supporte nt les alleux roturiers, sont assimilés peu à peu aux re-devances domaniales; ainsi se raréfient rapidement les terres' quittes etfranches '; mais à ce mornent, les pouvoirs supérieurs de commandementsont déjà repris en main par le roi et les princes et les chàteaux réintegrésdans l'Etat. Il existe bien • deux äges féodaux' • (11).

Quanto al ruolo delle relazioni feudali nella costituzion~ dei principati

(IO) J.-P. POLY,La Provence et la Société féodale (879-1166). Contribution d "étude desstructures dltes féodales dans le Midi, Paris, 1976; citazioni dalle pp. 170, 364 e nota 12.

(11) DUBY, La société clt., p. 643. II capitolo di Pirenne cui ho accennato è il III{3:nell'edizione italiana della Storia d'Europa dalle invasioni al XVI secolo, Firenze, 1965, allepp. 97-108; leggi a p. 100: «Non bisogna quindi dire che la feudalità ha spezzato lo Stato;è vero solo il contrariol Essa mantiene ancora un legame. ecc. Valutazioni analoghe sulla• posltivltà • delle Istituzioni feudali come freno allo smembramento totale dello Stato sonostate pol ripetute molto spesso: ad esempio da F. L. OANSHOF,Feuda/lsm (3a ed. Inglese diQu'est-ce que la féodalité?), London, 1964, pp. 60-61 e 166-167; da GÉNICOT,op. cìt., p. 441.DI O. TABACCO51 veda in particolare Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo ita-liano, Torino; 1979, pp. 155-156 e 170.

STRUTTURE FEUDALI NELL'EVOLUZIONE DELL'OCCIDENTE 843

e delle monarchie a partire dal secolo XII, esso è stato sottolineato in unamolteplicità di lavori, sia di ambito regionale sia di respiro sintetico (11).E in un denso studio del 1947 Robert Boutruche aveva posto in luce comela contrapposizione del feudo all'allodio, e una contestuale elaborazionedella teoria del monarca quale signore feudale di ogni giurisdizione laica,fossero stati tramiti importanti nello svolgimento della monarchia asso-luta contro autonomie locali di città e di possessori (11).

Se dunque è scontato l'aspetto • costruttivo' dei rapporti feudo-vas-sallatici nella formazione degli organismi territoriali maggiori dal secolo XII

in avanti, resta invece problematico il loro ruolo nelle fasi precedenti: èin questione non tanto la loro funzione effettiva, il carattere' disgregatore'o • costruttore " ma più semplicemente la misura della loro presenza e in-cidenza. Qui sono le divergenze rispetto alla prospettiva di Mare Bloch,espresse peraltro in "forma cauta od implicita. Dopo aver convenuto, conle parole che si sono lette, sull'esistenza di «deux äges féodaux s, Dubyproseguiva avanzando quella che appariva come una semplice qualificazionesulla cronologia regionale: «Les documents du Mäconnaìs DOUS invitent àadapter une autre chronologie et à situer entre II60 et 1240 le momentoù le temps des fìefs, des censives et des principautés féodales succède àcelui des chätellenìes indépendantes t. Quanto a Poly, si è veduta la ma:"niera parentetica e dubitosa in cui ha espresso un elemento di differenzia-zione.

Ma per essere espresso con reverenza e cautela, nondimeno il dissensoè di merito e di prospettiva, non di parole. Bloch non aveva adottato ledefinizioni di e société féodale t e di « féodalité • per motivi di tradizione edi comodità. Certo, egli chiariva al pubblico, in apertura e in chiusura dellasua sintesi del 1939, gli equivoci insiti nell'uso di un « mot fort mal choisi t,il fatto che esso ricopriva ormai nell'uso «un ensemble intriqué d'imagesoù le fìef proprement dit a cessé de figurer au premier plan s, e le circo-stanze per cui l'appellativo • feudale' era stato attribuito ad un complessodi realtà sociali, in primo luogo alla signoria. Tutto ciò non toglie che nonsolo egli riconoscesse comunque nel feudo e nel vassallaggio degli elementiindispensabili alla connotazione della e féodalité européenne t; ma soprat-tutto che in quei rapporti feudo-vassallatici, in quelle forme specifiche dellafedeltà e del rapporto di dipendenza tra uomo e uomo, nei gesti e nelle im-magini ad esse legati, egli individuasse il fenomeno centrale e caratteriz- .zante della società europea tra l'epoca carolingia e il secolo XIII. Nella sferadei rapporti personali, il vassallaggio era intervenuto a sostituire o ad in-tegrare, nei ceti dominanti, le solidarietà della parentela; nella sfera delpossesso fondiario, il feudo aveva lentamente soppiantato la proprietà

(12) Come di cosa scontata ne parlava già Robert Boutruche nelle sue osservazioni allath~se di Duby: R. BOUTRUCHE,Quatre thèses françaises d'histoire mldiéllale, in Revue hlsto-rtque, 79, CCXIII (1955), pp. 216-247, a p. 229. Tra le ricerche regionali più recenti vediad esempio quella di R. MONBOISSE, L'O,dre Féodal des cMontagnes d'Aullergne. du XII"au XVt siècle, Auriliac, 1966.

(13) R. BOUTRUCHE, Une soctn« Provtnctate eR lutte contre le Réglme flodal. L'Alleu eta

Bordelais et en Bazadais du X le au XV l l l" siècle, Rodez, 1947.

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allodiale: * Comme le régime féodal, qui se définit essentiellement sous lesespèces d'un réseau de dépendances, n'atteignit jamais, mème dans lescontrées qui lui avaient donné naissance, l'état d'un système parfait, ilsubsista toujours des alleux. Mais, très abondants encore sous les premiersCarolingiens, (... ) leur nombre, a partir du xe siècle, alla rapidement endécroissant, cependant que celui des fiefs augmentait sans trève, Le solentrait en sujétion avec les hommes t.

Quella proposizione cautelativa iniziale (<< le régime féodal... n'at-teignit jamais ... I'état d'un système parfait s) interviene ad equilibrareil giudizio di fondo, ma non lo altera, ed anzi lo accentua con quel certotono di ovvietà. È un modo di scrittura .che Bloch impiegava spesso, adesempio quando in sede conclusiva, dopo aver chiarito come «l'Europeféodale ne fut pas tout entière féodalisée au mème degré ni selon le mè-me rythme t, riduceva la portata della riserva indicandone il carattere diverità generica e per ciò stesso non rilevante per la caratterizzazione sto-rica di fondo: «Sans doute est-il dans la destinée de tout système d'insti-tutions humaines de ne jamais se réalìser qu'imparfaitement. Dans I'éco-nomie européenne du début du xxe siècle, placée incontestablement sousle signe du capitalisme, plus d'une entreprise ne continuait-elle pas d'échap-per à ce schéma? t (14). .

La centralità delle istituzioni feudo-vassallatiche nella costruzione diBloch risalta se si considera la maniera in cui egli affrontò il tema della sì-gnoria. Come i legami di sangue, c'Omele nozioni di autorità pubblica e distato, cosi la signoria gli appariva un fenomeno di durata storica ben piùlunga rispetto al rapporto vassallatico, e destinato a sopravvivere al de-clino delle dipendenze feudali. Grazie all'inserimento nel contesto feudale,la signoria aveva rivestito dei connotati tipici, con l'assunzione per diversitramiti di poteri sugli uomini e la creazione delle dipendenze contadine,mentre nel declino della feudalità avrebbe acquisito (o riacquisito) carat-teri più schiettamente economici: e Ainsi un type d'organisation sociale,que marque una tonalité particulière dans les rapports humains, ne se ma-nifeste pas seulement par des créations neuves; il colore de ses teintes,comme au passage d'un prisme, ce qu'il reçoit du passé, pour le transmettreaux époques suivantes •. Con una certa forzatura, Bloch è stato ricondottoda Robert Boutruche nell'ambito della «théorie domaniale t delle originisignorili. Conviene invece riconoscere in quella valutazione del rapportotra feudo e signoria una tendenza generale e dichiarata di Bloch, quella adimpostare la storia dei grandi organismi sociali in termini non di origini,ma di interazioni tra fenomeni di spessore cronologico differente. Comunquesia, è chiaro perché Bloch non incentrò la sua sintesi sul rapporto signorile:esso gli appariva inserito in una tipologia economico-sociale'di durata trop-po lunga per poter caratterizzare una fase storica. La «tonalité particuliè-re t dei secoli dal IX al XIII, erano state le relazioni feudo-vassallatiche adarla (16).

(14) M. BLOCH, La société féodale (cito dall'edizione in volume unico Paris, 1973), cita-zioni dalle pp. 13, 246, 609, 610.

(15) lvi, p. 389. n. BOUTRUCHE, Seigneurle et féodallté, I: Le premier age des liens d'hom-me d homme, 2· ed., Paris, 1968, p. 127, nota 4. Molto più esattamente O. TABACCO, La dlsso-

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E come sul piano cronologico, cosi su quello spaziale era la presenzadegli istituti feudo-vassallatici che Bloch sottendeva al suo abbozzo diuna geografia feudale: c Entre Loire et Rhin et dans la Bourgogne des deuxrìves de Ia Saöne, un espace fortement ombré, qu'au xr- siècle les conquè-tes normandes élargiront brusquement vers l'Angleterre et l'Italie du Sud;tout autour de ce noyau central des teintes presque régulièrement dégra-dées, jusqu'à atteindre en Saxe et, surtout, en Léon et Castille un extrè-me espacement d~s traits: voilà, à peu près, sous quel aspect se présente-Tait, cerclée de ses blancs, la carte féodale que nous commencions tout à

rheure d'imaginer t (11). .Rispetto a questa visione complessiva il Mdconnais di Duby rappre-

sentava davvero, come l'autore sembrava voler modestamente suggerire,una semplice qualificazione? Che cioè trasferisse, sul piano geografico, unaTegione di confine dallo spazio c fortement ombré t della «carte féodale tdi Bloch in quello dal tratteggio più rado; e sul piano cronologico propo-nesse, limitatam~nte a quest'area, uno slittamento di un secolo per la ce-sura tra prima e seconda età feudale? Ma no. In quella società che Dubycontinuava (per comodità, aveva detto del resto) a chiamare feudale, laprima età feudale era definita dalla signoria bannale, era c le temps deschätellenies indépendantes t: in negativo, per la marginalità del rapportofeudo-vassallatico, e positivamente perché era attorno all'evoluzione si-gnorile che si erano venute individuando le trasformazioni sociali di fondo(definizione dell'aristocrazia come casta, declino dell'antica distinzione tralibertà e servitù, divaricazione tra milites e rustici, consolidamento deiprimi nelle strutture di lignaggio e dei secondi nella comunità rurale).A questa epoca era succeduto c le temps des fiefs, des censives et desprincipautés féodales t: dunque una • seconda età feudale' dove le isti-tuzioni feudo-vassallatiche erano finalmente presenti in modo capillare estrutturato, ma nel contesto di un'economia e di una dialettica politicanuove. .

Non erano qualificazioni cronologiche, ma prospettive diverse di sto-rìa generale, consonanti con altre serie di indagini di quegli anni. Inautori come jean-François Lemarignier il rifiuto della s théorie domaniale timplicava anche la volontà di distaccare la signoria (<< justicière t, «banale t,c politique t, .o come altrimenti la si cercava di definire) da una tipologiatroppo indeterminata del grande possesso fondiario, e di conferirle un ruolo

Iuzione m,dievale de/lo stato netta recente storiografla, Spoleto, 1979 (Estratti dagli. Studi me-dievali t, 4 - Studi medievali, ser, 3", I, 1960, pp. 397-446), pp. 414-415. Nel Colloquio del1978 si accenna In modo molto sommario alla visione di Bloch sul rapporto tra istituzionifeudali e signoria nella pagina Introduttiva del contributo di A. CARILE, Signoria rurale efeudalesimo nell'impero latino di Costantinopoli (1204-1261), pp. 667-678 •

. (16) BLOCH,La société féodale cit., p. 609. Anche nello spazio la signoria appariva a Blochun Istituto più generalizzato: non c'erano stati paesi senza signoria che non fossero statianche paesi senza vassallaggio; ma vi era almeno un esempio (la Sardegna) di società piena-mente signorile e niente affatto feudalizzata: pp. 343-344 (sul caso sardo vi è nel Colloquioun contributo di M. TANOHERONI,La Sardegna prearagonese: una socleld senza feudalesimo?,pp. 523-550). Va poi da sé che II concetto di • feudalità di Importazione', largamente adot-tato da Bloch e corrente nella storiografia (cosi ad esso si intitola una Intera sezione delColloquio), ha senso solo se riferito agil istituti feudo-vassallatici.

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eminente nello sviluppo dei secoli X-XII (17).Nel 1959 la prima edizione dellasintesi di Robert Boutruche collocava su un medesimo piano, già nel ti-tolo, seigneurie e féodalité. Anche Boutruche riconosceva nella signoria unastruttura di dimensione storica più estesa: ma incentrava la sua analisi. proprio sui nessi, specifici ad un'epoca determinata, tra signoria e istitu-zioni feudali, mentre al tempo stesso rifiutava a queste ogni dilatazioneinterpretativa, semantica, simbolica (18).

Nelle successive sintesi generali, come nel seguito dell'opera di Bou-truche, o in alcuni libri di alta o media divulgazione, non sono state appro-fondite quelle implicazioni 'defeudalizzanti " e gli autori si sono organiz-zati su una giustapposizione, in guisa di continuo parallelo, di seigneuriee féodalité (11). È stata piuttosto la fioritura degli studi regionali - vantodella medievistica francese - a indurre apprezzamenti sempre più puntualidei ruoli rispettivi e delle interazioni dei due elementi, a contestualizzarele strutture feudo-vassallatiche in ogni fase, e per molte regioni a ridirnen-sionarne drasticamente la presenza e le funzioni anteriorm~nte al secolo XII.Sono i lavori di cui ho parlato sopra, in particolare quelli di Fossier, dellaMagnou-Nortier, di Poly. Nonostante il ridimensionamento, non vi è statoun approdo ad una revisione sostanziale ed esplicita dell'orientamentocomplessivo di Bloch. Anche in questo Colloquio del 1978 il peso delle isti-tuzioni feudo-vassallatiche in una prospettiva storica generale non è statoposto in discussione, e d'altro canto si è rivendicato, come ricordavo al-l'inizio, il pieno inserimento dell'area mediterranea nella « société féodale •.

Questo esito appare determinato dalla volontà di mantenere comunqueil concetto di feudalesimo come quadro di riferimento unitario. È una ten-denza che nella storiografia francese recente si è manifestata con forzaeguale e contraria a quella della disarticolazione in fasi specifiche, caratte-rizzate in modo diverso rispetto alle categorie storico-sociologiche tradi-zionali. Le.due tendenze si manifestano a volte in un medesimo autore.Così Duby, che aveva posto le basi per una drastica revisione della centralitàattribuita alle istituzioni feudali nell'Europa dei secoli X e XI, ha poi mante-nuto i 'comodi' termini di 'società feudale', 'feudalesimo' ecc., fino adarne una dimensione quasi ontologica: una obbiettiva realtà della qualeideologie e mentalità riflettono, come- in uno specchio, l'immagine (I0). EToubert, cosi puntuale nel rilevare le scansioni della storia sociale in ambitiregionali definiti,concepisce peraltro come necessaria la definizione unifì-

(17) J.-F. LEMARloNIER, La dislocation du • pagus » ti le proolème des. consutludines •. (Xe_Xle siècles), In Mélanges ä'histoire du moym dge dédiés dia mèmoire de Louis Halphen,Paris, 1951, pp. 401-410. Una bella rassegna storlograflca su questo arco di problemi è nellavoro di Tabacco citato qui sopra, nota 15.

(18) Basti vedere le pagine Introduttive di BOUTRUCHE, Setgneurie et jéodalité, l, cìt.,pp. 7-10 e 1I~25. .

(19) Per esempio: J.-F. LEMARIONIER, La France médièval«, Institutions ti socuté, Paris,1970; O. FOURQUIN, Seigneurie ti léodalité au Moyen Age, Paris, 1970.

(20) O. DUBY, Les trois oräres ou l'/maginaire du léodalisme, Paris, 1978. Prima ancoradella pubblicazione di questo libro, erano state mosse a Duby accuse di scarsa consequen-zialità per l'uso del concetto di léodalité da E.A.n. BROWN, The Tyranny 01 a Construd:Feudalism and Historians 01 Medlwal Europe, in The Amerlcan Htstorlcal Review, LXXIX(1974), pp. 1063-1088, alle pp. 1073-1074, 1081-1084 e 1085.

STRUTTURE FEUDALI XELL'EVOLUZIO~E DELL'OCCIDENTE 847

cante di un grande sistema economico-sociale intermedio. Mentre studiosivariamente orientati in senso marxista ripropongono con insistenza esi-curezza il concetto di un feudalesimo come ' formazione economico-sociale'o 'modo di produzione " Toubert da un lato mostra di voler convergeresu tale orientamento (richiamandosi a Rodney Hilton), e d'altro cantodilata il concetto in maniera da renderlo comprensivo della « féodalité com-me système d'institutions t e dell'. ensembles des structures de productionet de profit t determinato e caratterizzato di zona in zona in funzione dellestrutture agrarie e di insediamento (11).

La categoria di feudalesimo si è insomma venuta dilatando propriomentre la ricerca empirica e locale "dimostrava sempre più problematico"il ruolo degli istituti feudo-vassallatici. E accade ormai che quanto più siritiene acquisita la distinzione tra fAoda/ilA (o rapporti feudo-vassallatici,o feudalesimo in senso stretto che dir si voglia) e fAodalisme, tanto più l'ado-zione di quest'ultima categoria sembri naturale, innocua, neutra e perciòinsostituibile: ed ogni sua problematizzazione un fastidioso attardarsi sulleparole. Sbarazziamo il campo una volta per tutte, ha avvertito Toubert,« de taute discussion oiseuse sur une question de terminologie •. E Poly consarcasmo: «William Shakespeare n'a, on le sait, jamais existé, ses oeuvresont été écrites par un inconnu qui s'appelait William Shakespeare, qui étaitné à Stratford on Avon etc. Faute d'une définition correcte de la féodalité,une partie de l'historiographie actuelle (... ) risque d'aboutir à une con-c1usion de ce type •. Sono atteggiamenti correnti: nel lavoro di Guy Boissulla Normandia tardomedievale, ad esempio, il problema terminologicoè liquidato con accenti di sufficienza (U) .

. Questi atteggiamenti di infastidita disinvoltura tradiscono a mio giu-dizio delle reali esitazioni interpretative. Nessuna fobia delle parole, è fintroppo giusto: ma la questione di cui si tratta è di sostanza, ed è formulabilein termini assai semplici. In quella lunga èra della storia sociale che si con-tinua a denominare 'feudalesimo' i rapporti feudo-vassallatici ebbero unruolo centrale, emblematico, caratterizzante? O dobbiamo ritenere inveceche la • prima età feudale' fu una fase di labilità delle istituzioni feudo-vas-sallatiche, mentre nella • seconda età feudale' queste, ormai pienamentediffuse e sviluppate, furono tuttavia funzionali e in buona misura subalternerispetto ad altre manifestazioni della dialettica sociale ed economica? Lerisposte fornite nel Colloquio non sono state univoche né chiare.

Nella relazione di Pierre Bonnassie sul feudalesimo «du Rhöne à laGalice t, come già nella sua ricca thèse sulla Catalogna, si può individuare

(21) TOUBERT, pp. 3-4 (con questo sistema di citazione - cognome dell'autore e re-ferenza di pagine -mi riferisco d'ora In avanti al contributi del Colloquio del quall abbiagià citato gli estremi per esteso). Di Hllton è interessante l'introduzione alla nuova edizioneInglese del noto dibattito sulla transizione: vedila anche In History Workshop, l,I (1976).pp.9-25.· .

(22) TOUBERT, p. 3; POLY, nella discussione, a p. 46. O. BOIS, Crise du féodalisme, Paris,1976, a p. 349. Non è su questo punto che Bois è stato criticato da un recensore come Fossier,che pure a suo tempo aveva recato un contributo suscettibile di porre in discussione le ca-tegorie feudalizzanti: R. FOSSIER, La crlse du féodalisme tn Normanate, A propos d'un uvrerlcenl, in Le moyen dge, LXXXIV (1978), pp. 323-330.

PAOLO CAMMAROSANO.

un'attitudine eclettica, con la volontà di ribadire il ruolo ed il peso degliistituti feudo-vassallatici, la ricezione tanto della • centralità feudale' diBloch quanto della' centralità signorile' del primo Duby, la concezionedel feudalesimo talora come marxiano modo di produzione, talora nel si-gnificato tradizionale di dislocazione dei poteri pubblici. Come a suo tempoDuby, così Bonnassie ha delineato per la Catalogna uno schema cronologicotripartito. Fin verso il 1020-1030, una società estranea agli istituti feudo-vassallatici, dove la nobiltà è inquadrata nella supremazia dell'autoritàpubblica e del diritto scritto, e i contadini ripartiti tra una classe servile di .tipo antico e vaste categorie di piccoli proprietari indipendenti. La crisisociale dei decenni centrali del secolo XI (una crisi di crescita, dovuta allosviluppo della produzione agricola e degli scambi) segna l'avvento del feu-dalesimo: lunga sedizione nobiliare contro l'autorità del conte, formazionedi clientele armate vincolate dall'omaggio e remunerate con feudi (caballa-rias e castlanias). Tra il 1060 e il IlOO circa i conti di Barcellona riacqui-starono completamente l'autorità centrale, inquadrando i nobili detentoridi castelli in un sistema strutturato di vincoli di fedeltà.

Caratteristiche dell'evoluzione catalana sarebbero dunque, per la se-conda fase, la sua brevità cronologica e l'importanza delle relazioni feudalinell'aristocrazia, per la terza fase la centralità del vassallaggio e del feudonella ricostituzione dei poteri. La storia sociale della Spagna di nord-ovestdifferirebbe per uno slittamento cronologico della seconda fase; vi fu, èvero, uno sviluppo signorile sin dall'inizio' del secolo XI, ma l'aristocraziarimase sottomessa alla corona fino al Il09: allora si scatenò il disordine po-litico, riassorbito peraltro nel giro di poco più di una generazione. Rispettoalla Catalogna, insomma, una fase di dislocazione dei poteri ritardata maegualmente breve, ed egualmente caratterizzata dalla diffusione dell'omag-gio feudale. La Linguadoca avrebbe invece conosciuto un processo più lungodi sfaldamento dei poteri pubblici, con manifestazioni di violenza aristo-cratica e di proliferazione di castelli e fortilizi su tutto l'arco del secolo XI.Di strutture feudo-vassallatiche non sembrerebbe esserci evidenza sin versola fine del secolo: ma su questo punto Bonnassie è stato elusivo. Ha inveceinsistito, tanto per la Linguadoca che per il regno' asturiano-Ieonese, sullaanalogia con la Catalogna per quanto concerne il ruolo fondamentale as-sunto dal vassallaggio e dal feudo nella terza fase, quella della ricostruzionedi poteri centralizzati.

L'impostazione di Bonnassie è stata ampiamente condivisa da Mo-nique Gramain, nella discussione e in una comunicazione dedicata all'in-castellamento del territorio di Béziers nel secolo XI. Ma il nesso tra inca-stellamento e strutture feudo-vassallatiche è stato esposto in maniera piut-tosto confusa e impressionistica. Nel 1059 il visconte di Narbona accusòl'arcivescovo Guifredo di aver costruito castelli e di aver dato ingenti benidella chiesa ai suoi milites. In feudo? Il termine non è usato, e questa sem-bra all'autrice una buona ragione per concludere che si trattò di infeuda-zione. Sarebbe stato peraltro un caso eccezionale, poiché per tutto il se-colo XI gli enti ecclesiastici non parteciparono né alla costruzione di castelliné àl1'impianto di un sistema di fedeltà vassallatiche. Quanto ai laici, laautrice sostiene che il [euum si diffuse rapidamente nel secolo XI: ma ag-

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giunge che si tratta di un'impressione, ammette che solo dal 1070 si con-stata una certa frequenza, che al fevum non si accompagnano menzioni difedeltà e di omaggio, che una confluenza dei divelsi «usages féodo-vassa-liques, in una configurazione istituzionale unitaria non è accertabile primadegli inizi del secolo XII. Conclude infine, da un lato, che le infeudazioni« n'ont probablement pas abouti à des transferts de fortune fondamentaux te « n'ont pas dii bouleverser les strates hautes de la populatìon s, dall'altroche !'incastellamento e la «généralisation du fìef s incisero seriamente sul-l'insieme della società a partire dal 1080 circa. Anteriormente a questa data,i castelli inseriti in un sistema feudo-vassallatico erano «marginaux maisdominants •. In forme non abili, la Gramain ha insomma manifestato lavolontà di attribuire una centralità alle • structures féodales s - inteseesplicitamen:te s au sens de relations féodo-vassaliques t - al di là dell'evi-denza documentaria (23).

Opposta è l'inclinazione di Elisabeth Magnou-Nortier, che ha contri-buito al Colloquio con un ampio saggio sulle malae consuetudines nella Fran-cia meridionale. Sono i diritti signorili di albergarla, le requisizioni derivatedall'imposizione militare, le disparate prestazioni agricole: componenticosi familiari agli studiosi della signoria locale nell'Italia dei secoli XI e XII.Ma a differenza dalla situazione italiana, i principali titolari appartenevanoad un ceto aristocratico elevato, ristretto e di antico radicamento locale(conti, duchi). Dal 994 (concilio di Le Puy) il movimento della pace di Diotese a limitare le malae consuetudines, in favore delle chiese canonicali e deimonasteri; limitato nella sua portata sino alla metà del secoloXI, ilmovi-mento investi in età gregoriana tutta l'aristocrazia. Non è possibile darconto qui degli elementi di dettaglio dell'analisi della Magnou-Nortier (in-tegrata da un inventario delle malae consuetudines, regione per regione, eda un'appendice documentaria). Fermiamoci sulle strutture feudo-vassal-latiche. «Anomalie pour un habitué des sources septentrionales, nous avonspu parler de I'aristocratie, de la seigneurie, des coutumes sans qu'il soitjamais fait allusion à quelque lien féodo-vassalique. Motif péremptoire:Ies sources n'en parlent pas t. L'autrice ha ripreso l'impostazione dei saggi'che ho ricordati sopra: la fidelitas mantenne il carattere di soggezione pub-blica generale, non legata a concessioni di uffici o di beni (insomma, l'. Un-tertaneneid t degli storici tedeschi), il fevum era una concessione fondiariai cui contenuti assai disparati non implicavano fedeltà, le convenientiaenon creavano legami di dipendenza personale. Solo verso la fine del se-colo XI, su alcuni castelli della media ed alta aristocrazia, si innestaronorapporti propriamente feudali .• Le Midi entre tardivement et à sa manièredans la • féodalité '. Pour lui, le premier äge féodal, c'est le XII" siècle t (14).

Ancora più tardiv~ appare l'impianto di una struttura feudale nella. Francia di sud-ovest, secondo uno schizzo di Charles Higounet incentrato

(23) M. GRAMAIN, • Castrum " atructures féoda/es ti peuplemmi en Biterroia au XIs slècle,pp. 119-133; Intervento sulla relazione di Bonnassie, pp. 47-49.

(24)' E. MAGNOU-NoRTIER, Les maullaises coutumes en AUllergne, Bourgogne méridionale,Languedoc ti Provence au Xl' siècte: un moyen d'ana/yse sociale, pp. 135-172, In parti-colare pp. 161-163.

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sull'evoluzione dei castelli. I conti e i visconti furono i principali sìgnori dicastello, e scarse sono le attestazioni di un loro coordinamento feudale conun'aristocrazia minore di castellani e milites prima del secolo XII. Tra lafine del secolo XI e gli inizi del XII si accelerarono incastellamento e forma-zioni aristocratiche nuove in Guascogna Elnella regione di Bordeaux, e soloin quest'ultima si delineò un tessuto di relazioni feudali: «il ne semble pasqu'ailleurs tous ces personnages aient alors tenu leurs chàteaux de quelqueautre s, Higounet insiste poi sul fenomeno dei castra populata o «castel-naux s, villaggi fortificati dipendenti da castelli: opera inizialmente (metàdel secolo XI - metà del secolo XII) di pochi grandi signori, poi della mediae piccola aristocrazia. Alla fine del Duecento si era consolidata una strutturadi villaggi fortificati preminente rispetto agli antichi castelli comitali, edespressione di un ceto nobiliare lungamente estraneo alle strutture feudo-vassallatiche (15).

Ma il relatore che con maggiore completezza ed equilibrio si è sforzatodi individuare il ruolo degli istituti feudali in un'articolazione sociale com-plessivaè stato Thomas Bisson. Egli ha considerato l'evoluzione del se-colo XII in quella Catalogna che secondo Bonnassie offriva, verso il IIOO,

«le visage d'une société pleinement féodale t. E Bisson non manca di illu-strare la grande diffusione dei leva, come concessioni fondiaÌie distintedagli allodi o come feudi di cavalieri inquadrati in una castellania. Ma se ifeudi dipendevano dai castelli, i castelli e le relative funzioni pubblicheerano raramente infeudati; quanto alle contee, esse mantennero i caratteridi pubbliche circoscrizioni territoriali. Il principato si affermò dunque inuna società dove la strutturazione feudale interessava essenzialmente «alower-class mix of knights, cast/ans, peasants and servants " mentre i nu- .clei maggiori di"inquadramento dei poteri (castelli e contee) avevano re-sistito alla feudalizzazione. Il sovrano ebbe dei grandi vassalli, ma nonesercitò' su base feudale il controllo degli uffici pubblici e del territorio.Fino agli inizi del Duecento, la Catalogna può essere definita una monarchiafeudale, secondo Bisson, solo «in a severely qualified sense •. Già interve-nendo sulle relazioni di Bonnassie e della Gramain, del resto, lo studiosoamericano aveva avanzato riserve sul «visage d'une société pleinementIéodale t attribuito alla Catalogna e ad altre aree meridionali (16).

Penso che sia stato Bisson a intuire con la maggiore lucidità versoquale impasse si dirigeva il versante iberico-francese del Colloquio. Cosasignifica parlare di una società ' pienamente feudale', rivendicare la ' com-pleta feudalizzazione ' delle società meridionali, e confrontarle sotto questo

(25) CH. HIOOUNET,Structures sociales, • castra. et easttlnaux dans le Sud-Ouest aquitatn(Xe-XIIIe siècles), pp. 109-116. Dello stesso autore 51 vedrà anche, per l'evoluzione del ceti .aristocratici in relazione con lo sviluppo del castelli: En Bordelais: • Principes castella tenen- .tes », In La noblesst au Moyen Age. XIe-xv· siècles, Essais d la mémoire de Robert Bouiru-ehe, réun. par PH. CONTAMINE,Paris, 1976, pp. 97-104.

(26) T. N. BISSON, Feudalism In Twelfth-Cerüury Catalonia, pp. 173-192; Interventinella discussione alle pp. 52-54 e 133-134. L'Impostazione generale di Bisson era già adom-brata nel suo bel saggio Tne Organized Peace in Southem France and Cala/onla, ca. 1140-ca. 1233, In The American Historical Review, LXXXII (1977), pp. 290-311, In particolarep. 291. .

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profilo con i paesi del Nord? Quali sono gli elementi storici che forniscono ilmetro alla graduazione, a un simile giudizio comparativo globale? Se sitratta degli istituti feudo-vassallatici e del loro nesso con le formazionisignorili, allora le distinzioni non passano tra un'area settentrionale e unaarea meridionale: la Guascogna, la Linguadoca e la Provenza non sonostate certo meno 'defeudalizzate' dagli storici recenti di quanto lo sianostati il Màconnais o la Piccardia. Le differenze sono insomma interregio-nali, come ha avvertito Philippe Contamine nel discorso di chiusura: _CariIy a non pas une mais des féodalités du Midi, comme il y a non pas unemais des féodalités du Nord t (17). Il caso catalano non sembra facilmentegeneralizzabile, sotto il profilo della diffusione degli istituti feudali, alleregioni vicine. Ed offre esso stesso materia di dubbi, non sulla presenzadiffusa di elementi feudo-vassallatici, ma sul loro ruolo sociale ai diversilivelli. Oltre alle serie riserve avanzate da Bisson, conviene esprimere unaperplessità sul criterio di valutazione di Bonnassie, quando da una plura-lità di ambiti di diffusione della terminologia feudale conclude ad una cen-tralità delle istituzioni: l'adozione di un linguaggio feudale per situazioniquali le jidelitates non nobili e rustiche può essere invece interpretata nelsenso proposto da Bloch e da Duby, cioè di una genericità e disorganicitàdel rapporto, di un disancoraggio della terminologia da rapporti istituzionalispecifici, insomma di una perdita di rilievo sociale (18).

Se invece si accoglie una accezione di feudalesimo come di un complessodi istituti feudali diversi e di elementi signorili, di rapporti di dipendenzacontadina e di forme di gestione indiretta del possesso fondiario,· alloral'inserimento dell'intera area mediterranea è fuori di dubbio. Ma è altret-tanto clamorosa l'insensatezza di una contrapposizione alle regioni centralie settentrionali del mondo carolingio. In un'altra sede e in un contesto distoria economica ho cercato di mostrare che le accezioni late di feudalesimonon sono produttive per definire le formazioni economico-sociali nella loroevoluzione cronologica (II). Qui devo esprimere la convinzione che sonoaltrettanto inutili ai fini di una caratterizzazione geografica: di aree europee,di evoluzioni regionali o nazionali. È naturale: quanto più si allarga il con-tenuto di un termine storico-sociale, tanto meno lo si riesce ad applicare,in funzione distintiva e caratterizzante, a un certo ambito di tempo e dispazio. Cosi, i tentativi recenti di interpretare la storia d'Italia secondo unacategoria' feudal-nobiliare' non hanno contribuito a chiarire l'evoluzionedei ceti nobiliari e hanno obliterato ogni specificità italiana rispetto allagenerale storia d'Europa (80).

(27) PH. CONTAMINE, Conclusion générale, pp. 757-768, a p. 767.(28) BLOCH, La société féodale cit., p. 251; DUBY, La sociéte clt., pp. 562-564.(29) P. CAMMAROSANO, L'economia italiana nell'eld del Comuni e Il • modo feudale di

produzione.: una discussione, In Socletd e storia, 5 (1979), pp. 495-520.(30) MI.riferisco In particolare al saggio del 1978 di PH. JONES, Economia t societd nel-

l'Italia medievale: il mito della borghesia, ora In ID., Economia e società nell' Italia medievale,Torino, 1980, pp. 3-189. Tra Je discussioni suscitate da questo saggio, si segnala per equi-librio e articolazione di giudizio S. PaLI CA, Basso Medioevo e Rinascimento: • rlfeudalizzazlone •t .transizione" in Bullettino deli' Istituto Storico Italiano ptr il Medio Evo e Archivio Mura-toriano, 8B (1979), pp, 287-316, In particolare pp. 289-306.

PAOLO CAMMARCSANO

2. UN'« EPOCA FEUDALE. PER LE STRUTTURE AGRARIE E DI INSEDIAMENTO?

Accanto alle individuazioni del feudalesimo come centralità di istitutifeudo-vassallatici o come somma di féodalité e seigneurie o come modo diproduzione in senso mandano, un'altra si è aggiunta in questo Colloquio.Secondo Pierre Toubert, l'insostituibile concetto dovrebbe «intégrer à lafois la féodalité camme système d'instìtutìons et l'ensemble des structuresde production et de 'profìt propres à l'époque féodale •. Per strutture o modidi produzione egli intende in primo luogo - come ricordavo sopra - leforme dell'insediamento e dell'assetto .agrario di base: «habitat t, e orga-nisation des terroirs lt, s systèmes de cultures •. È a questo livello che an-drebbero determinate anche le specificità geografiche, cioè il emode deproduction méditerranéen à I'époque féodale &, e les determinations pro-prement mé.diterranéennes du mode de production féodal s (81).

È una impostazione interessante e feconda, in quanto suggerisce chenello studio di economie cosi strettamente dipendenti dalla natura, l'at-tenzione venga diretta anzitutto sulle forme di assestamento degli uominirispetto alle loro basi geografiche e alle risorse primarie. Ma nel condividerequesto assunto materialistico e naturalistico, bisogna anche riconoscereche esso pone questioni difficili alle periodizzazioni tradizionali, e quindialla definizione di un'epoca • feudale '.

Non si può infatti postulare una corrispondenza cronologica tra formefeudali-signorili e assetti agrari ed insediativi. Questo significherebbe obli-terare uno degli insegnamenti più importanti delle storiografie moderne,e della scuola francese in particolare: il riconoscimento alle strutture agra-rie e insediative di propri ritmi di sviluppo, ben più distesi nel tempo ri-spetto a formazioni economico-sociali anche di lungo periodo, e da esselargamente autonomi. Concretamente, ciò implica l'adozione del metododi ricerca regressivo inaugurato dalla Siedlungsgeschichte, divulgato conforza e chiarezza da Mare Bloch nel 1931 e realizzato in alcuni grandi la-vori di storia regionale, fra cui primeggiano quelli di André Déléage e diGabriel Fournier: la pazientissima ricostruzione che sdipana all'indietroil film che comincia con le carte topografiche, le foto ed i piani particellari,ingloba il tessuto della toponomia e dell'evidenza archeologica, e su questofondo innesta la considerazione di quei rapporti economici, istituzionali,di potere e di classi, che i documenti scritti articolano e determinano cro-nologicamente (81). Nei risultati, le ricerche del genere possono tendere a. privilegiare i caratteri più radicati e più remoti nel tempo di alcune con-figurazioni dell'habitat umano, e per ciò stesso prescindere da scansioni

(31) TOUBERT, pp. 3-4.(32) M. BLOCH, Les caracteres originaux de Z'histoire rurale [rancaise, l, Osio, 1931, n.

ed. Paris, 1952; A. DÉL!\:AGE, La vie économique d sociale de la Bourgogne dans le haut moyen<ige,2 voll., Màcon, 1941; O. FOURNIER, Le peuplement rural en Basse Auvergne duranl le hautmoyen "ge, Paris, 1962 (Publications de la Faculté des Lettres et Seiences Humaines de Cler-mont-Ferrand, 2· Sér., 12). Per un Inquadramento storiografico e una posizione di problemicfr. O. TABACCO, Prob/emt di insediamento e di popolamento nell'alto medioevo, In Rivista sto-rica italiana, LXXIX (1967), pp. 67-110.

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cronologiche classiche, e magari vanifìcare le distinzioni geografiche (Europadel Nord-Europa del Sud) che fanno riferimento a una dinamica storicapiù recente rispetto alla dinamica dell'habitat (Déléage); oppure possonoorganizzarsi in un contrappunto più serrato tra lunghi e lunghissimi pe-riodi (Fournier). In ogni caso, impostano il problema della storia globalenon già come di una storia in cui • tutto si tiene' all'interno di un ambitocronologico definito, bensì di una storia che parte dal riconoscimento didifferenti tempi e dinamiche di sviluppo dei differenti fenomeni umani pertentare di definirne interferenze e dialettica.

Una impostazione del genere è rimasta estranea ai contributi sullestrutture agrarie e insediative che sono stati offerti in questo Colloquio.Rigidamente chiusi nell'ambito della documentazione scritta appaiono isaggi imperniati sul grande dominio fondiario: di Jean-Pierre Poly per laFrancia di sud-est tra VIII e x secolo, di Vito Fumagalli per l'Italia setten-

'trianale nella stessa epoca. Il clou del saggio di Poly è un'analisi demograficadel polittico di Wadaldo vescovo di Marsiglia (settembre 814), dove sonoelencate 742 persone con indicazione dell'età (precisa fino ai 12 anni, ge-nerica dopo). Noi credevamo che una valutazione della dinamica demograficafosse possibile solo diacronicamente, su fonti variamente distribuite neltempo. Poly fa giustizia di questa ingenua opinione, e presenta ipotesiquanto mai precise. La sex ratio è favorevole alle femmine fino ai 6 anni?È perché nel sud la famiglia contadina non era costretta alle corvées, dun-que non vi era incentivo all'infanticidio delle neonate e poteva giuocarein pieno la selezione naturale, sfavorevole ai maschi nei primi anni di vita.I maschi sono invece più numerosi tra i 7 e i 12 anni? È che le ragazze eranofatte sposare a II-I2 anni, probabilmente per evitare la sterilità dovutaalla tubercolosi endemica che le avrebbe potute colpire più tardi: ma ap-pena scansata la sterilità da tubercolosi, le undicenni e dodicenni morivanonel puerperio. E così via, attraverso i tassi di natalità e fecondità, l'età dellemadri, le piramidi delle età: per concludere, dopo un esame dell'antropo-nimia, dei matrimoni con estranei al dominio, 'delle d'serzìoni di tenures,nell'immagine di un contadiname miserabile e asservito. L'asservimentoera un prolungamento del sistema schiavistico antico, alimentato dallaconquista militare o dall'attacco padronale alle comunità di liberi colti-vatori. Ma poiché non mancava una resistenza contadina tenace, e i grandiproprietari erano una classe disunita e decaduta, il passaggio alle formefeudal-signorili di sfruttamento non poté avvenire per evoluzione interna,bensf dopo una rottura ed una crisi violenta. Auguriamoci che l'autore vogliadarci in futuro una descrizione della crisi, e magari illustrare un poco megliola condizione di quei contadini così prostrati, i quali peraltro - come eglici insegna - non dovevano quasi alcuna corvée, e cedevano generalmenteal padrone un decimo del raccolto oltre a qualche tributo di carattere mera-mente ricognitivo (ili).

Anche nel contributo di Fumagalli (come del resto in tutta la sua pro-

(33) j.-P. POLY, Régime domanial ti rapports de production tféodalistes t dans le Midide ta France (VII/t_Xt aiècles), pp. 57·84.

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duzione antecedente) la • storia agraria' si organizza intorno alla docu-mentazione scritta, la messa a fuoco è sull'organizzazione della grande pro-prietà e la periodizzazione segue gli eventi politici e sociali: in questo caso,il «passaggio dall'epoca longobarda a quella franca t. Fino al 774, l'aziendacurtense dell'Italia longobarda era ancora labile, non essendovi un nessoorganico fra domocoltile tenuto dal proprietario ad economia diretta e casaeo casalia accensati ai coltivatori. Questi «poderi t avevano dimensioni ge-neralmente assai estese, di decine di iugeri. Nel corso dei secoli IX e X siandò formando il complesso curtense, con mansi che erano di dimensionimolto più ridotte rispetto ai « poderi t dell'età precedente, ed erano struttu-ralmente collegati con il centro della curtis. L'evoluzione si rifletté anchenel regime giuridico delle concessioni, destinate nel secolo 'VIII a servi o asemiliberi (aldii), ben distinti tra loro, poi invece ad un ceto più indiffe-renziato di affittuari coltivatori. Sostanzialmente estraneo ai territori ita-liani di tradizione bizantina, l'ordinamento curtense è valutato dall'autorecome un tipo «germanico t di organizzazione, nuovo e diverso rispetto allagrande azienda tardoimperiale. Che l'organizzazione fondiaria della grandeproprietà sia solo un aspetto della storia agraria, che le basi produttive natu-rali, i sistemi di coltura e le strutture dell'habitat abbiano una loro logica.propria, che dietro le definizioni di casae e mansi possano esservi realtàagrarie di antichissimo tipo strutturale, o aggregazioni non determinatenecessariamente dalla dominazione etnica e politica - sono questioni estra-nee all'impostazione di Fumagalli (14).

Trattando della Spagna di nord-ovest nell'epoca di affermazione del• feudalesimo' (cioè dal secolo x), Reyna Pastor ha invece accentrato l'in-teresse sulle comunità di villaggio. Selezionate attraverso la tradizione do-cumentaria dei monasteri o della corona,le fonti scritte non lasciano peraltrodubbi sulla diffusione e l'importanza della colonizzazione spontanea e col-lettiva: e la toponomastica viene a sostegno. Nei villaggi (aldeas) cosi for-mati iterreni agricoli erano forse attribuiti per sorteggio ai componentidella comunità, e sfruttati secondo un sistema biennale di rotazione; co-muni erano i diritti sui pascoli, sulle saline, sui mulini, con attribuzioni diquote e turni d'uso. Tra le famiglie (organizzate in sistemi prevalentementeagnatizi, e con tendenza verso il tipo coniugale) appaiono fin dal-secolo X

distinzioni sociali: tra maximi e minimi, villani e infanzones. Negli infan-zones confluivano sia milites per lignaggio che semplici uomini liberi posses-sori di un cavallo. Era una società «plus différenciée et plus fluide t rispettoal successivo irrigidimento della divisione tra contadini dipendenti e cetosignorile. Nell'affermazione del potere signorile di chiese e nobili si evidenziòla contraddizione interna delle collettività rurali: fondate da un lato sulcarattere comunitario del possesso del suolo e dei maggiori strumenti diproduzione, dall'altro sul riconoscimento ai singoli di un forte diritto sulleproprie quote, con la facoltà di ce~er1ead altri per vendita, donazione, pro-

(34) V. FUMAGALLI, Lntroduzione del feudalesimo e sviluppo dell'economia curtense nellaitalia settentrionale, pp. 313-323. Del precedentllavorl di Fumagalli vedi In particolare Terrat societd nell'Italia padana. 1secoli IX t X, Torino, 1976, e I saggi raccolti nel volume Co-loni e Signori nell'Italia settentrionale. Secoli V I-X l, Bologna, 1978.

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filiazione (su questa sorta di adozione con trasferimento di beni l'autrice sisofferma). Con l'acquisto, quota per quota, di terreni, mulini e saline siaffermò Ia e propriété féodale t delle chiese e dei nobili che andavano svi-luppando il loro potere nel quadro della Riconquista. Anche in questa in-teressante relazione della Pastor l'accento è sugli aspetti istituzionali delpossesso e dell'organizzazione fondiaria (1$). Sembra insomma confermataIa difficoltà di cogliere le caratteristiche di un'epoca 'feudale' al livellodei metodi di coltura, delle strutture agrarie, dell'habitat.

Esistono certo delle forme di insediamento e di inquadramento degli.spazi agrari che si presentano più circoscritte nel tempo: con una' durata'che, per quanto lunga, è tuttavia analoga a quella di formazioni sociali de-finite. Si sa che Pierre Toubert è stato confortato a sottolineare I'importanzaprimaria dell'habitat dal problema dell'incastellamento: sottratta a ìnter-.pretazioni in termini puramente militari (la difesa contro gli 'ultimi in-vasori ') e ricondotta a una problematica di popolamento e di inquadramentoterritoriale e signorile, l'espansione dei castelli fra X e XIII secolo è conside-rata ormai da molti un tipico fenomeno di convergenza fra strutture mate- .riali e organizzazione sociale, tale addirittura da poter costituire il fulcrodi una ricostruzione storica globale ("). Nell'esordio della sua comunica-zìone (peraltro incentrata su altri problemi, come si è visto), Poly ha pro-spettato la convergenza tra castello e signoria in termini molto netti: «Laplupart des historiens admettent aujourd'hui que le phénomène centralde la féodalité est l'établissement de la seigneurie banale, ou, si on préfèrefaire référence à I" incastellamento' italien, I'enchàtellement •. E Ghi-slaine Noyé ha ripreso un'accezione dell'incastellamento che lo identificacon una modificazione generale delle strutture insediative: cTel qu'il a étédéfini par P. Toubert ( ... ) c'est le passage de l'habitat dispersé du très hautMoyen Age (qui prévaut avec les Romains et aux vme-Ix8 siècles) à un habi-laI ,igoul'eusement conceniré en villages fortifiés • ('7).

Per quanto riguarda lo stretto parallelo tra sviluppodella signoriabannale e strutture castrensi, ricordiamo che esso era stato esposto conforza da Georges Duby nel 1953: nelle pagine che precedono ho avuto delresto occasione di riportare suoi passi ed espressioni significative (cle tempsdes ehàteaux s ecc.). Ma proprio l'analisi di Duby dovrebbe mettere inguardia contro inferenze e generalizzazioni. Quei castelli. del Mäconnaìsrappresentano una struttura antica, una forma carolingia di inquadramentodel territorio che i titolari delle grandi signorie ereditarono a proprio van-taggio, senza modificarne la disposizione. Alcuni castelli nuovi si formarono

(35) R. PASTOR, Sur l'artlculatlon dts formations Iconomico-soclales: communautés lIilla-geolsU et seigneurits au norä de la pénlnsute tbérlque (X'-Xllle si~cles). pp. 193-214.

(36) J. LE GOFF &: P. TOUBERT, Une histolre totale du Moyen Age est-elle possible?, InTendances, perspedillu et mèthoäes de l'histolre médiéllale, Actes du 100· Congrès nationaldes Sociétés savantes (Paris, 1975), Section de phllologie et d'hlstolre jusqu'à 1610, I, Paris,1977, pp. 31-44, a p. 37. Cfr. le osservazioni di G. TABACCO, in Studi medievali, ser, 3·, XXI(1980), pp. 219-222. '

(37) POLY, p. 67; G. NoYt, Feodalite et habitat fortifli en Calabre dans la äeuxième mollildu Xle siècle et le premier tters du XII' suct«, pp. 607-628, a p. 612, nota 18.

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sui margini del comitato, ma furono un fenomeno sporadico. In breve:c'erano castelli e circoscrizioni signorili, non ci fu incastellamento. Rispettoa unastruttura cosi rigida dal punto di vista dell'inquadramento territo-riale, Pierre Bonnassie ha descritto per la Catalogna, nel 1975, una realtàmolto più mobile e fluida. In questo territorio di frontiera la dinamica dellefortificazioni è anteriore rispetto all'evoluzione 'feudale', che su di essasi incardina come su di un assetto precostituito. La geografia dei castellicatalani, inoltre, sembra prescindere largamente da funzioni di inquadra-mento delle popolazioni rurali. Il collegamento castelli-signoria-popola_mento sarebbe più univoco nelle regioni italiane? Certamente non è cosi.Nel Friuli, regione ricca di castelli medievali, essi non ebbero né una fun-zione di inquadramento delle popolazioni contadine (organizzate sino altardo medioevo secondo la dialettica manso-villaggio) né una funzione diinquadramento politico (rimanendo i poteri maggiori nel controllo del prin-cipe ecclesiastico, o seguendo forme di delega non adeguate alla rete deicastelli). Nel Piemonte e nella Toscana collinare, zone di intensissimo svi-luppo signorile, la pluralità di strutture e di funzioni dei castra è un' datoacquisito; come è sicuro che vi fu un intenso sviluppo di castellì, oltre chenel X e nell'XI secolo, anche nel XII e nel XIII, senza che ciò comportasseun irrigidimento delle strutture dell'habitat nel senso che Toubert ha pro-spettato per l'Italia centro-meridionale. Insomma lo sviluppo castrense,l'evoluzione delle forme di potere e le modificazioni del popolamento siconfigurano, in Italia come in Francia e in Spagna, quali serie di fenomeni'che hanno ìnteragito, ma che non sono stati necessariamente interdipen-denti né della medesima spanna cronologica.

È del resto l'indicazione che emerge dagli interventi al Colloquio, so-.prattutto da quelli che hanno saputo combinare indagine archeologica eanalisi di cronache e diplomi. Nel concreto della ricerca, Ghislaine Noyéha superato la definizione rigida dell'incastellamento come fenomeno diconcentrazione dell'habitat. Ha descritto per la Calabria una fisionomiaanteriore alla conquista normanna, con i castra definibili quali grossi bor-ghi di altura fortificati (un impianto riconducibile sino al VI secolo, e ac-centuato tra X e XI secolo nella difesa contro Saraceni e Normanni), e con icastella privati, costruiti nei patrimoni fondiari con funzioni di rifugio perla popolazione dispersa nelle campagne. Roberto ilGuiscardo e i suoi edifi-carono praticamente ex novo i castelli di Scribla e di San Marco Argentano:ini~ialmente semplici basi strategiche e logistiche, poi centri di popola-mento forzato (la deportazione a Scribla, nel 1064, degli abitanti di Bu-'garni viene confermata dall'autrice con evidenze archeologiche di abitazionie depositi). Dal 1057, i Normanni sottomisero e dominarono con l'installa-zione di cittadelle militari (castella di nuovo tipo) i preesistenti castra dellaregione. Nonostante le infeudazioni, castra e castella rimasero fino al 1085strettamente controllati dal potere ducale. Dopo la morte del Guiscardo siscatenò una generale insubordinazione nobiliare, che si tradusse nella pro-"liferazione di castelli privati (con un conseguente progresso nelle tecnicheedilizie: impiego di strutture murarie, disposizione di fossati ecc.) e forsedi motte. Nel complesso, dunque, un'evoluzione che in parte si ìnserìsce .

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in quadri molto anteriori dell'insediamento, e in parte vede diffusioni dìsor-dinate in funzione delle immediate esigenze di potere (88).

Molto interessante per la dialettica tra edilizia fortificata e caratteriz-zazione sociale complessiva è il contributo di Pierre Guichard sulla regionedi Valencia anteriormente alla reconquista, Guichard ha riproposto qui lavisione della società spagnola del periodo islamico che aveva recentementeispirato un suo libro d'insieme: una visione polemica rispetto a quelle im-postazioni • continuiste ' che, esaltando le analogie strutturali tra la Spagna.visigotica e la società di al-Andalus, e poi tra questa e le formazioni feudalie signorili dei secoli XI-XIII, tendono a limitare l'impatto e l'originalità del-l'apporto musulmano. Dei castelli della regione di Valencia tra XII e XIIIsecolo Guichard analizza la struttura edilizia e abitativa, il rapporto conil territorio rurale, il personale di comando, per concludere sulla totale di-scontinuità con l'assetto instaurato successivamente dai conquistatori cri-stiani. Nella penuria dei testi scritti, archeologia e topografia forniscono leinformazioni più significative. Consentono di descrivere il castello musul-mano come una vasta area abitativa di sommità, comprensiva - nell'as-setto più tipico e più completo - di tre sezioni incluse l'una entro l'altra,o variamente collegate: una uila estesa talora per alcuni ettari, un'area piùristretta con funzioni di rifugio (a/bacar), e un ridotto strategico centrale -il castel propriamente detto. Con la reconquista del secolo XIII tale strutturavenne rimaneggiata profondamente, nel senso di una decadenza delle fun-zioni abitative e di rifugio e dei rispettivi spazi, e di una preponderanzadell'edificio castrale, ampliato in modo da poter ospitare il signore o l'uf-

. ficiale regio ed una piccola guarnigione. Ad ogni castello di epoca musul-mana aveva fatto capo un territorio rurale vasto, spesso una valle dell'or-dine dei 100 kmq. Nel regime fondiarie si distinguevano i terreni di pro-prietà individuale (rahal) e le comunità rurali di villaggio (qaf'ya), che l'au-tore suppone fondate su eune forte cohésion parentale de type maghrébin(rendant en particulier difficiles les transferts de terres d'un groupe à unautre) t: la toponomastica suggerirebbe una contrapposizione tra questedurevoli forme comunitarie e il rahal, che pur essendo talora riferito ad unelemento aristocratico (,ahal al-Qd'id, rahal al-Rd'is e simili), sarebbe tutta-.via rimasto raramente nelle mani di una stessa famiglia. Nessuna costitu-zione di lignaggi aristocratici fondati sul dominio fondiario, dunque, e nes-suna subordinazione di tipo signorile delle qaf'ya agli elementi socialmentedominanti nel territorio e nel castello. L'alcalde (al-qd'id) dei castelli mu-sulmani, assimilato a un signore nei documenti dei conquistatori cristiani,era in realtà un alto funzionario e un importante possessore fondiario, manon esercitava prelievi di tipo signorile. Nei castelli di minor rilievo potevaanche non esservi alcalde: l'organismo sociale musulmano non contemplava

. (38) NovÉ cito Tra le fontì scritte, l'autrice ha fatto particolare ricorso alla cronaca diOoffredo Malaterra. Nell'analisi archeologica ha ripreso alcuni dati dell'Indagine su Scribla,già illustrati nel lavoro Le chàteau de Seribla ti les jortljieations normandes du bassin du Cratide 1044 d 1139, In Società, potere e popolo nell'etd di Ruggero Il, Atti delle terze giornatenormanno-sveve, Bari, 23-25 maggio 1977, Bari, 1979 (Università degli Studi di Bari, Cen-tro di studi normanno-svevl, Atti. 3), pp. 207-224 (e, In collaborazione con A.-M. FLAMBARD,Le thdteau de Scrlbla. Etude arcneotogiqu«, tvì, pp, 225-238).

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alcun elemento signorile come intermediazione necessaria tra sovrano e co-munità locali. Le prestazioni d'opera presso ilcastello içofras, da al-sukhra)furono in periodo islamico un fenomeno marginale, e si intensificarono edestesero solo con lo stabilizzarsi del dominio aragonese-catalano. La societàdi al-Andalus appare a Guichard riconducibile allo schema di un •modo diproduzione asiatico' o di una' società tributaria '. con la sua polarizza-zione sociale: da una parte c une classe dirigeante qui s'approprie sans douteune partie de l'excédent de production des exploitations rurales gräce auxbiens fonciers qu'elle possède et surtout aux liens qu'elle entretient avecl'organisation étatique, mais ne constitue pas, comme dans la structureféodale occidentale, une classe sociale qui tire l'essentiel de ses revenus desdroits qu'elle exerce sur la terre t; dall'altra delle comunità rurali proprie-tarie della gran parte delle terre, e qualificate da e structures socio-écono-miques d'ensemble remarquablement stables par rapport à celles, . bienplus mobiles et évolutives, de l'Occident féodal s (U).

Sui castelli della Spagna cristiana e della Francia meridionale nonsono stati presentati al Colloquio contributi che contemperassero ricerca.sul terreno e analisi dei documenti scritti. Ma nella comunicazione che horiassunto sopra, Charles Higounet ha voluto ricordare i lavori di B. Cur-sente sui castelli e ilpopolamento della Guascogna tra XI e XIII secolo; aimaggiori castelli, dominio principalmente di conti e visconti, fa riscontroun insieme cospicuo di motte, accertabili solo dall'indagine archeologica:insediamenti aristocratici effimeri, e comunque non organizzatori del terrì-torio in funzione signorile. All'incastellamento dell'Italia centro-settentrio-nale sono stati dedicati alcuni cenni all'interno di contributi orientati sualtri problemi (ad esempio in quello di Andrea Castagnetti, di cui dirò piùavanti) e un solo intervento specifico, di Aldo Settia.

Settia ha voluto analizzare i castelli dell'Italia del nord nella loro fun-zione di luoghi di deposito dei prodotti agricoli. Alla base del lavoro è unospoglio di documenti scritti editi, dal secolo X alla seconda metà del XIII,teso ad evidenziare tutte le menzioni di strutture edilizie di immagazzinag-gio (canevae, cellaria). Riassunti -schematicamente in una Appendice uti-lissima, i risultati dello spoglio inducono Settia a considerare il «castellodeposito t come una struttura tipica dei secoli XII e XIII, concomitante congli sviluppi della signoria barmale ed estranea ai fenomeni castrensi del X

e dell'Xl secolo. In quell'epoca più antica, afferma l'autore, il castello eranormalmente un villaggio fortificato, senza che i documenti facciano maic esplicita menzione di aree fortificate adibite a rifugio provvisorio di per-sone o di prodotti agricoli •. 'Fra XI e XII secolo si sarebbe manifestata incerte zone una tendenza delle popolazioni rurali a fissare la propria dimorafuori dei castelli, in borghi e villaggi aperti: i castelli a~ebbero sviluppato

(39) P. OUICHARD,Le problème de I'existence de structures de type. féodal, dans la lJocWId'al-Andalus (l'exemple de la rlgion valencienne), pp. 699-725 (discussione Inserita alle pa-gine 719-720) e una figura f. t. DI Oulchard vedi anche l'Intervento sulla relazione Pastor,p. 216. II libro del medesimo autore Structures sociales • orientales • et • occidentales. dansl'Espagne musulmane, Parls-La Haye, 1977, è stato recensito da A. I. PINI per gli Studi me-dievali, ser, 3', XXI (1980), pp. 234-237.

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Ia funzIone di centri di signoria territoriale, e di luoghi di rifugio tempo-<raneo e di immagazzinaggio dei prodotti. Tra la fine del secolo XII e gliinizi del Duecento appaiono, sulla questione dell'immagazzinaggio, alcunicasi di tensione fra signori e rustici: da consuetudine e diritto dei residentinel territorio, l'ineanevare tendeva a configurarsi come un obbligo impostodai domini loci, per i quali rappresentava uno strumento di controllo e unafonte di reddito. Furono tuttavia manifestazioni circoscritte nello spazioe nel tempo, e Settia contesta che l'obbligo di ineanevare, quale vieneespresso nelle consuetudini milanesi del 1216, possa venire ricondotto adun'epoca anteriore al secolo XII ed esteso a tutto il regno italico. Egli sot-tolinea ancora la distribuzione geografica discontinua dei «castelli depo-sito t, assenti nella • quasi totalità della pianura padano-veneta t e nel-l't intera regione emiliana t, e non riesce a fornire una spiegazione alladifformità. .

Penso che il risultato metodico principale di questa faticosa ed accu-rata indagine sia nell'avere implicitamente dimostrato l'impossibilità digiungere a una tipologia dei castelli fondata sull'isolamento di un gruppotenninologico (caneva e simili) all'interno dei testi scritti. Delle centinaia ecentinaia di castelli, attestati per l'Italia settentrionale fra x e XIII secolo,poco più di cinquanta compaiono nell'elenco di Settia: mi sembra azzardato'pensare che essi configurino un • tipo', il t castello deposito s, contrappo-sto a un • tipo' precedente, il «villaggio fortificato t, che si dedurrebbe poi• ex siIentio t dalla povertà terminologica dei testi dei secoli X e XI. È tuttoil problema del rapporto tra incastellamento e popolamento che andràaffrontato con un adeguato respiro. Può anche darsi che dal secolo XI e lepopolazioni rurali di certe zone abbiano minore interesse ad abitare all'in-terno dei castelli t. Ma per una gran parte dell'Italia settentrionale e cen-trale non vi è dubbio che l'espansione demografica e produttiva dei secoli<XII e XIII si tradusse, oltre che nel fenomeno di diffusione della popolazionerurale in villaggi aperti e in dimore sparse, oltre che nei clamorosi sviluppiurbani, anche in un progredire dell'incastellamento, con incrementi dellesedi di castello più antiche e con una serie numerosissima di fondazioninuove. È bene sottolineare queste cose, poiché se un autore cauto comeSettia limita a t certe zone t il decadere dei castelli come centri di popola-mento, uno studioso pure serissimo come Toubert ha scritto recentementeche in tutta Italia, Campania esclusa, s les créations castrales se raréfienttrès sensiblement au XIIe siècle t-. In realtà le strutture fortificate aristo-cratiche e collettive rappresentano anch'esse un fenomeno di lunga diffu-sione cronologica, e conobbero dilatazioni e creazioni nuove sin verso lafìne del medioevo: attraversarono dunque paesaggi e situazioni molto di-verse della storia sociale italiana. Non è fecondo cercare di restringernel'arco cronologico, né di rapportarle a fenomeni troppo specifici del popola-mento e del potere (te).

, (40) A. SETTIA, L'incidenza del popolamento sulla signoria locale nell' Italia del nord: dal"maggiO fortificalo al castello deposito, pp. 263-283; P. TOUBERT, La terre et tes hommes dans"lIali, normende au temps de RogeT I I: "ex,mple campanien, In Socletd, potere, popolo ne/-"etd di RuggITO II cìt., pp. 55-71, a p. 60.

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3. ISTITUZIONI FEUDALI E SVILUPPI ARISTOCRATICIE TERRITORIALI IN ITALIA

Analizzata marginalmente dal punto di vista delle strutture produttivee di insediamento, l'area italiana è stata invece oggetto nel Colloquio dicontributi numerosi ed importanti sul terreno specifico delle istituzionifeudali. Renato Bordone ne ha ricordato, premettendo alcune parole gene-rali ad un suo intervento, la pluralità di funzioni sociali: da quella «ad altolivello come strumento di raccordo fra le potenze regionali e le strutturedel regno s, a caratteristica fondamentale delle relazioni interne dei cetiaristocratici, alle disparate articolazioni nella società rurale: forme di COn-cessione terriera alternativa a tipi enfiteutici, forme di delega di uffici"dicustodia od altre funzioni signorili, fino alla casistica dei diversi feudi con-dizionali (di scudiero, di abitatore ecc.) e alle dipendenze rustiche definitein termini di contratto feudale (Cl).

Dei livelli alti di raccordo politico si sono occupati, per i principatimeridionali di origine longobarda, jean-Marìe Martin e Huguette Taviani,ed hanno concluso per una sostanziale labilità degli istituti vassallaticianteriormente alla conquista normanna. Nel principato di Salerno dellafine del secolo x, descritto dalla Taviani, sono i vincoli del sangue, i pattie i giuramenti stretti in maniera simmetrica e paritaria, la solidarietà nelconvivio e gli scambi di doni, cherealizzano in forme arcaiche la COnnes-sione tra il princeps e i grandi, o tra questi ed illoro seguito (U). Martinespone una vicenda più complessa, perché si riferisce ai principati di Bene-vento e Capua dall'età carolingia alla vigilia dell'intervento normanno,Nell'ambito beneventano non vi fu alcuna influenza sostanziale dei modellisociali e istituzionali carolingi: nessun rapporto di vassallaggio tra principie imperatori, nessun sistema di fedeltà che legasse al principe i grandi delterritorio. Nel principato di Capua, più aperto alle influenze franche e fon-dato su un tessuto di popolamento più denso e continuo nel tempo, si av-viò nel secolo x un processo di decentralizzazione dei poteri - intorno allechiese importanti ed ai conti - che rimase comunque relativamente Con-trollato dal principe. La separazione politica tra Capua e Benevento nel98xavrebbe sancito una divaricazione sociale profonda. Il processo di incastel-lamento e di organizzazione dei poteri signorili, comune alle due aree,avreb-be avuto conie suo esito nel principato di Benevento la completa disloca-zione di ogni autorità pubblica centrale; mentre i principi capuani avreb-bero trovato nel tessuto più articolato degli episcopati e dei grandi mona-steri l'appoggio per un certo coordinamento territoriale. In ogni caso, ri-sulta dalle pagine di Martin che gli c elementi pre-feudali s, in ambedue iprincipati, consistettero nel fenomeno di dispersione dei poteri, non in for-

(41) R. BORDONE, Lo sviluppo delle relazioni personali nell'aristocrazia rurale dd regnoitalico, pp. 241-249, alle pp. 241-244; di questo autore si veda ora l'importante Cittd t urrt-torio nell'alto medioevo. La societd astigiana dal dominio del Franchi all'affermazione comu-nale, Torino, 1980 (Deputazione subalpina di storia patria, Biblioteca. Storica subalplna,CCC).

(42) H. TAVIANI, Pouvoir et solidarités dans la prlncipauté de Salerne dia fin du xe .i~cle, pp. 587-605, una figura f. t.

STRUTTURE FEUDALI NELL'EVOLUZIONE DELL'OCCIDENTE 86r

[Ile di fedeltà vassallatiche e di concessioni beneficiarie, e meno che mainella presenza di una struttura militare feudale (U) •

.Nell'ambito del regno italico, Giovanni Tabacco e Giuseppe Sergi han-no' sintetizzato il ruolo degli istituti feudali nell'organizzazione politicacomplessiva dei secoli X-XII. Tabacco ha delineato la dialettica tra lo svi-luppo spontaneo dei raccordi clientelari e signorili e lo sforzo di organizza-zione politica compiuto dalle autorità regali. All'inquadramento delle clien-tele militari nell'ambito carolingio fece seguito dal secolo X una prolifera-zione disordinata e varia di nuclei di milites, legati a «dominazioni dina-stiche ed ecclesiastiche t ben radicate sui territori: «alla supremazia regiaera subentrata l'intensità ben maggiore dei vincoli di natura locale t. Nellospazio aperto da una crisi di questi vincoli si inserll'editto di Corrado II,per consolidare l'appartenenza dei benefici ai milites e ribadire al tempostesso l'esclusiva pertinenza regia delle funzioni militari. Ma era un inter-vento ,non realistico, che programmaticamente ignorava«l'esistenza dinuclei militari collocati in patrimoni allodiali privati t: e nella società ita-liana erano destinati ad approfondirsi tanto la dispersione locale e l'assun-zione patrimoniale e privata dei poteri di natura pubblica quanto l'uso de-gli istituti feudali come raccordo tra i nuclei di potere maggiori - chiese,dinastie nobili, Comuni cittadini. Nel secolo XII fu l'estensione di questicollegamenti feudali, svoltisi per movimento interno della società italiana,che suggerl uno schema di restaurazione imperiale a una corte tedesca dalcantò suo già culturalmente orientata sul modello feudale (U).

In questa dialettica tra l'evoluzione dei nuclei di potere locale e ilcoordinamento regio, Giuseppe Sergi ha cercato di illuminare quello che sipuò considerare, tanto sul piano cronologico che da un punto di vista strut-turale, come il momento intermedio: l'assetto delle circoscrizioni pubblichemaggiori tra X e XII secolo. Conti e marchesi svilupparono l'ambivalenzadella loro posizione di funzionari pubblici e di d.ru.stì con prospettiva si-gnorile locale. L'evoluzione dinastico-signorile non escluse la sopravvi-venza tenace del concetto di circoscrizione pubblica, mentre si mantenneun raccordo feudale dei t poteri regionali t al re. Tuttavia lo sviluppo deipoteri di conti e marchesi alterò profondamente sia la natura del dominiosia l'assetto territoriale: famiglie come gli Arduinici e gli Aldobrandeschiestesero la loro influenza su comitati diversi, e al tempo stesso affermaronouna presenza patrimoniale di intensità variabile da zona a zona: senza ade-guarsi, per nessuno dei due aspetti, a inquadramenti territoriali rigorosa-mente definiti. L'emergenza di comitatus nuovi, o comunque le tendenze adefinire nei termini circoscrizionali carolingi le dominazioni che via via siformavano, testimoniano la profondità dei mutamenti ma anche la vita-

(43) J.-M. MARTIN, ~lémtnts préféodaux äans les prtncipautés de Bénévent et dt Capoue(jIn du VIlle sltcle-début du Xle slèe/e): modalités de prlvatlsation du pouvotr, pp. 553-586.L'autore accenna anche alla marginale Importanza dell'Immunità: un Istituto che egli con-sidera - certo sulla scorta di storici del diritto quall Francesco Clceagllone e Pasquale DelGiudice - elemento costitutivo delle relazioni feudali (su ciò cfr. la messa a punto di G.,TABACCO, Fiel et selgneurie dans l'ltalie communale, L'évolutlon d'un tnèm« historlographlque,In U Moyen Age, LXXV, 1969, pp. 5-37, 203-218, alle pp, 13-15). ..

(44) G. TABACCO, Gli orientamenti feudali dell'Impero In Italia, pp. 219-237.

862 PAOLO CAMMAROSANO

lità della concezione di un ordinamento pubblico del territorio: re e im-peratori intervennero a legittimare questa dialettica di innovazione signo-rile e tradizione circoscrizionale. Ma nel corso del secolo XI la divaricazionefra distretti signorili e inquadramenti circoscrizionali tradizionali si andòampliando, e furono le istituzioni feudo-vassallatiche a mantenere un certo

. tessuto connettivo; in prospettiva tuttavia sarebbero stati i Comuni cit-tadini, non i grandi dinasti territoriali, a coordinare le nuove dominazioniai quadri circoscrizionali della tradizione (45).

I nessi di altissimo livello tra potere e patrimonio fondiario, e il ruolodelle istituzioni feudali in questo contesto, sono illustrati anche da un sag-gio di Mario Nobili sulle vicende della divisio bonorum dell'abbazia regia diBobbio. La divisio del tempo di Ludovico il Pio aveva destinato una metàdell'immenso patrimonio bobbiese alla costituzione dei benefici vassalla-tici. Dopo la dislocazione del potere regio, l'opportunità di formare e con-solidare una clientela venne sfruttata da vescovi ed altri potenti: tra questiil marchese Oberto I, il capostitipite degli Obertenghi, che nel 972 legòa sé con l'attribuzione di benefici bobbiesi alcuni c rappresentanti di quellostrato superiore dell'ordine dei secundi milites, forniti anche di cospicui pa-trimoni allodiali, che proprio in quei decenni veniva individuandosi e acqui-stava un peso sempre maggiore sia nelle città che nel contado •. Un de-cennio più tardi, nel denunziare la situazione all'autorità imperiale, Ger-bertodi Aurillac sottolineò il fatto che molte concessioni beneficiarie eranostate istituite nella forma del livello, quindi in termini contrattualie nonrevocabili. Nobili si collega qui alla tesi di Piero Brancoli Busdraghi sulcarattere di mero stipendium, concesso senza scrittura e non produttivo didiritti reali, che avrebbe avuto la concessione beneficiale prima dell'edittodi Corrado II. Gerberto e Ottone III affermarono la revocabilità dei patri-moni regi, in qualunque forma concessi, ma accentuarono cosi una solida-rietà tra i secundi milites e • quelle dinastie marchionali (Obertenghi, Ale-ramici, Arduinici) che da sempre conducevano una politica di autonomia'principesca ' •. Nel 1037 Corrado II cambiò radicalmente politica e vollesottrarre s I'ordìne dei secundi milites, e soprattutto quella fascia inferioredi esso - i gregarii milites, vero e proprio proletariato delle armi - che vi-veva solo del beneficio militare t al dominio dei c seniores t, cioè di • mar-chesi, conti e vescovi s: sanzionando i diritti reali dei milites sui benefici,l'imperatore contrastava efficacemente l'« affermarsi di autonome potenze'principesche '. (Nobili esemplifica con Bonifacio di Canossa e Aribertod'Intimiano), • ma favoriva altresi ilprocesso di formazione dell'organizza-zione comunale t (41).

Fino al secolo XII l'evoluzione socio-istituzionale del regno italico sem-brerebbe dunque analoga a quella del restante mondo carolingio: per ri-prendere le parole di Sergi, a una prima fase c in cui il potere regio attra-verso clientelevassallatiche e remunerazioni beneficiarie mantiene un'at-tiva funzione di coordinamento politico-militare t succederebbe tra X e

(45) O. SERGI, Lafeudalizzazlone delle circoscrizioni pubbliche nel regno Itallco, pp. 251-261.(46) M. NOBILI, Vassalllsu terra monastica Ira re e • principi t: Il caso di Bobbio (seconda

meld dd .tc. X-Inizi del sec, X I), pp. 299-309.

STRUTTURE FEUDALI NELL'EVOLUZIONE DELL'OCCIDENTE 863

XII secolo «un processo di trasformazione delle forme d'esercizio del poterea livello locale •. Le divergenze sarebbero nella terza fase e nell'esito finale,con una «pluralità di nuclei di potere autonomo s, senza la formazione diprincipati territoriali (con l'eccezione del Friuli) e con una prevalenza dellecittà quali fuIeri del movimento «verso la costruzione (... ) di un assettoterritoriale più saldamente burocratizzato in senso statale. ("). Perchéquesto esito? La relazione di Gina Fasoli che apre il settore del Colloquio.dedicato a « La ville et la féodalité • ripropone il tema della continuità cit- .tadina nella storia d'Italia: «Le città non furono mai concesse in feudo daisovrani a loro fedeli, e non persero mai il loro carattere pubblico t, nonvennero mai dominate da elementi feudali non cittadini né «smembratefra signorie diverse s; sul piano economico e demografico s la forza di at-trazione delle città è andata crescendo - verrebbe voglia di dire in propor-zione geometrica - dal tempo in cui le incursioni ungare fecero affluire incittà torme di profughi, che una volta scomparso il pericolo non rientrarono'se non in parte nelle loro antiche sedi e dettero cosi l'avvio a quell'incre-mento demografico, topografico, economico che caratterizza gli ìnsedìa-menti urbani dopo il Mille t (&8).. . Qualunque sia il valore di questi argomenti, certo nessuna insistenzasul peso del fenomeno urbano o sulle debolezze del potere imperiale può.dispensare da uno sforzo di analisi incentrato sulle aristocrazie nelloro rap-porto con il territorio. Sotto questo profilo è mancato nel Colloquio ilmo-mento della comparazione e della sintesi, che conducesse ad evidenziarequali furono le differenze tra l'Italia e le altre realtà del mondo carolingionelle prime due fasi della tripartizione cronologica inaugurata da Dubynel 1953. Per il Màconnais Duby descrisse un potere comitale ancora saldocome fulcro di potenza pubblica sin verso la fine delsecolo x, e quindi unasua dislocazione a profitto di un numero limitatissimo di grandi famiglielocali' (tra cui quella degli stessi conti di Màcon) e una sostanziale conti-nuità dinastica e di insediamento attraverso tutta la fase signorile: «Aprèss'ètre sensiblement réduite entre 1050 et 1200 par suite du regroupementdes lignages, la noblesse vers 1240 compte à peu près autant de famillesque deux siècles plus töt. Quelques-unes se sont déplacées (... ) Mais laplupart vivent dans les mèmes terroirs, sur les mèmes patrimoines, et cette .stabilité de l'aristocratie, en dépit des bouleversements économiques et poli-tiques, est bien I'un des faits les plus remarquables de toute cette histoire s (U).Rispetto a un modello simile (estendibile a numerose regioni della Franciae della Spagna cristiana), cosa differenzia l'evoluzione delle aristocraziein Italia? E per cominciare, cosa differenzia le grandi famiglie comitali emarchionali del regno?

Due aspetti le differenziano. Anzitutto queste grandi famiglie, perquanto tendessero ad ancoraggi circoscrizionali, di fatto travalicavanolargamente (come Sergi ha ricordato) ogni inquadramento territoriale de-

(47) Quest'ultima espressione ~ di TABACCO, p. 237. Le altre citazioni testuallin SEROI.pp. 251 e 261.

(48) O. FASOLI, eittd , leudalitd, pp. 365-385; citazioni dalle pp. 365, 366, 369.(49) DUBV, La soclétl eìt., p. 636.

PAOLO CAMMAROSANO

finito: con vocazioni per « una politica di autonomia •principesca ' t o ad-dirittura con «ambizioni alla corona regia t (Nobili), realizzavano quelloche Sergi ha ,felicemente chiamato (a proposito dei Canossiani) «un coa-cervo dai contenuti non ben definiti •. Venivano applicate al coacervo s Ieetichette di marca e di comitati? •. Il fatto è significativo e Sergi ha fattobene a sottolinearlo, ma le etichette rimasero tali, come si dimostrò poi (50).11 secondo aspetto è quantitativo. Le grandi famiglie di tipo •marchionale 'o • pluricomitale' furono poche, pochissime: Arduinici e Aleramici, Ober-tenghi, Supponidi, Canossiani, Aldobrandeschi, Cadolingi, Guidi e qual-cun'altra, Quali destini dinastici e territoriali ebbe nei secoli X-XII il com-plesso dei conti e degli altri potenti di.età carolingia? Per dare una rispostabisognerebbe proseguire nel tempo la preziosa prosopografia di EduardHlawitschka, e soprattutto integrarla con un'analisi del patrimonio diciascun personaggio e famiglia (111). Ma si può comunque stabilire fin d'oraqualche punto fermo.

Più di uno studioso ha notato la discontinuità tra le aristocrazie del-l'età carolingia e quelle dei secoli X e XI. Nel confronto con il modello delMàconnais, il panorama italiano è in effetti quello di un generale naufragio-dìnastico: pochi lignaggi comitali attraversarono l'intero arco dal secolo IX.al XII. Nell'illustrare uno di quei pochi casi, in ambito toscano, ho postoin luce a suo tempo l'alterazione profonda nel rapporto con il territorioche si verificò in quella evoluzione plurisecolare. All'inizio una famigliacomitale insediata per la sua dignità d'ufficio nella città, ma presente nel, territorio in maniera dispersa e diffusa, con proprietà fondiarie assai lon-tane e non riferite ad un solo comitato: in seguito un abbandono della città{nel caso in questione anche del titolo comitale) e un radicarsi in zone de-finite e limitate del territorio rurale. Dal Piemonte al Veneto altri esempi,analizzati da altri ricercatori, confermano questo tipo di evoluzione. Indefinitiva: mancarono nell'Italia dal IX al XII secolo delle dinastie i cui pos-sessi e i cui centri di potere si organizzassero su lunghi periodi in un quadro.territoriale ampio, stabile e istituzionalmente definito. Vi furono le gran-.dissime famiglie di cui si è detto, che esercitavano poteri e disponevano dipatrimoni su una scala pluriregionale. E vi fu la miriade di conti ed ex-contìche si ancoravano ad un castello, a un gruppo di castelli, a patrimoni di-versi nella città e nel territorio rurale, senza un riferimento organico alcomitatus e senza distinzione' dalle famiglie aristocratiche di formazionenuova e spontanea. Questa mancanza di raccordi di potere laici su baseterritoriale stabile ed ampia va ricondotta probabilmente ai tempi delloassestamento etnico-politico in Italia, che furono più tardivi rispetto adaltre zone dell'Europa carolingia. Comunque sia, essa ebbe tra le sue con-seguenze una carenza di strutturazioni feudali e di assetti gerarchicamentedefìnìtì delle aristocrazie: vi erano certo secundi milites e vassalli di signorilaici, ma poiché questi signori mancavano di un fondamento territoriale

, (50) NOBILI, p. 308; SERGI, p. 257.(51) E. HLAWITSCHKA, Franken, Alemannen, Bayern' und Burgunder in Oberitalien

(774-962). Zum Versfdndnis der Fränkischen KiJnlgsherrschaft In Italien, Freiburg Im Brel-sgau,1960 (Forschungen zur Oberrheinischen Landesgeschichte, VII I).

STRUTTURE FEUDALI NELL'EVOLUZIONE DELL'OCCIDENTE 865

ben definito, anche la rete delle loro dipendenze feudali presentò caratteri-di estrema confusione e dispersione, e non condusse ad una stratificazionesociale delle aristocrazie militari. Non si ebbero le trame serrate di mouvan-ces e le definite gerarchie di giustizie che sono state descritte per i territorifrancesi,dall'Angiò all'Alvernia alla Guascogna. E si capisce come tantospesso gli studiosi dell'Italia dei secoli dal X al XII non siano riusciti ad an-dare molto al di là dell'immagine generica (I:' talora arbitraria ed inutile)della • piccola feudalità in lotta contro. la grande '. Nell'Italia settentrio-nale e centrale, solo gli episcopati fornirono un inquadramento territorialeagli sviluppi aristocratici e signorili prima del secolo XII. Poi si ebbero glisviluppi territoriali di quella che si potrebbe metaforicamente chiamareuna 'terza generazione' aristocratica (dopo le aristocrazie d'ufficio di am-bito carolingio e dopo le loro disordinate successioni dell'età signorile): legrandi famiglie che si appoggiarono a sviluppi cittadini (del tipo degliEstensi, o dei Bonacolsì}, od occuparono spazi lasciati disponibili dall'evo-luzione precedente (del tipo dei Pallavicini, o dei marchesi di Saluzzo) (52).

All'interno di questo quadro generalissimo, si ebbe certo una pluralitàdi situazioni regionali e locali. Cosi Andrea Castagnetti ha ben distinto, in -una relazione, l'evoluzione delle aristocrazie del territorio veronese da quel-la che, pur attraverso gravi lacune documentarie, si può intravvedere perFerrara. Alle dinastie comitali veronesi, che fra X e XI secoloavevano spo-stato in zone determinate del territorio il fulcro della loro potenza, organiz-zandosi intorno a castelli e signorie locali, e che erano poi variamente en-trate nel giuoco politico dei Canossiani, si affiancarono sempre nuove gene-razioni aristocratiche: famiglie dì capitanei dalla fine del secolo X, famigliecittadine antiche (alcune di origine mercantile) tra XI e XII secolo. L'affer-mazione comunale si svolse cosi a Verona in un quadro molto ricco e mossodi schieramenti familiari e politici: con uno sforzo costante delle aristocra-zie per consolidare basi familiari di potere nei castelli del territorio. NelFerrarese invece fu tardivo e compresso lo sviluppo di centri di potere ter-ritoriale locale, e quindi anche lo sviluppo dei lignaggio Il quadro fu domi-nato lungamente dall'organizzazione fondiaria e politica della chiesa ra-

(52) Come ho accennato, non vi sono ricerche estensive né studi di carattere generalee sintetico sulle aristocrazie italiane dei secoli IX-XII nelle loro relazioni con gli assetti ter-ritoriali: ma molti studi monografici, più o meno attenti al problema, del quall non t! possi-bile dare qui un elenco, neanche selettlvo. Per un prima orientamento si può partire da C.

- VIOLANTE, Quelques caraaértsüques des strudures [amtliales m Lombaräte, Emilie ti Toscan~DUX Xl" et Xli" sièctes, in Familie et parenü dans l'Oecident médiéval, Actes du Colloque deParis (6-8 juin 1974), Rome, 1977 (Collection de l'Ecole Française de Rome, 30), pp. 87-147,ora anche In Famiglia e parentela nell' Italia medievale, Bologna, 1981, pp. 19-82: fondatosu una bibliografia molto ricca, è un lavoro che Insiste sul casi di continuità genealogica del-le famiglie; quindi sulle eccezioni, non sulle normalità. Sono Importanti P. DELOGU, Vescovi,conti e sovrani nella crisi del Regno ltallco, In Annali della Scuola Speciale per archivisti tbibliotecari dell'Università di Roma, VIII (1968), pp. 3-72; V. FUMAGALLI, Vescovi e continell'Emilia Occidentale da Berengario l a Ottone l, In Studi medievali, ser, 3", XIV (1973),pp, 137-204. Lavori diversi di R. BORDONE,A. CASTAGNETTI,O. ROSSETTI, O. SEROI, si tro-veranno citati nel volume che recensisco qui. Per II rapporto tra aristocrazie e assetto terri-toriale si possono vedere E. SESTAN, l conti Guidi e II Casentino (1956), in ID., Italia me-dievale, Napoli, 1966, pp. 356-378; P. CAMMAROSANO,La nobiltà del Senest dal secolo VIliagil Inizi del secolo XIl, In Bulltltlno senes« di storia patria, LXXXVI (1979), pp. 7-48.

866 PAOLO CAMMAROSANO

vennate: non vi fu incastellamento prima del secolo XI, la grande proprietàcontinuò ad organizzarsi per fundi e massae di tipo antico, l'amministra-zione locale si incardinò sulla rete delle pievi. Di formazione tardiva, l'epi-scopio di Ferrara non ebbe fino alla metà del secolo XI alcuna autonomiagiurisdizionale: organizzò poi intorno a sé un ceto' feudale laico, di famiglieche non ebbero domini signorili locali. Dopo la lunga fase di predominiocanossiano, vi fu l'espansione cittadina promossa congiuntamente dal ve-scovo e dal Comune. Ma nemmeno in tale contesto si ebbe una crescita dicastelli e di dinastie con sviluppi signorili locali: «una società complessiva-mente debole t, una dialettica politica limitata a pochissime famiglie, unrapido cristallizzarsi intorno alle due dinastie degli Adelardi e dei Torelli,prepararono secondo l'autore l'avvento della signoria estense nel secoloXIII (58)•..

Ai raccordi territoriali e politici organizzati dai vescovi Castagnettiha fatto spesso riferimento, senza tuttavia incentrare su questo aspetto ilsuo lavoro (per Ferrara poi, la nota e scandalosa preclusione del maggiorearchivio ecclesiastico agli studiosi costituisce un ostacolo decisivo). Ac-cenni alle signorie politiche vescovili si trovano nelle relazioni di Tabaccoe Sergi, delle quali ho parlato, e in alcune rapidissime pagine di RenatoBordone dedicate allo sviluppo dei rapporti vassallatici intorno al vescovodi Asti nel XII e nel XIII secolo ("). Il contributo più organico è stato offertoda Gérard Rippe, in uno studio sulle clientele feudali del vescovo di Padova.dal secolo X alla vigilia della signoria di Ezzelino da Romano. Anche nelPadovano non vi fu una dinastia comitale organizzatrice di poteri nel ter-ritorio, ma nel contado una formazione di domìnì locali di castello che emer-gono dalla documentazione del secolo XI, e ai margini del contado le do-minazioni dei Camposampiero e degli Estensi. È questa «aristocratie desouehe féodale t che costituisce lo strato più elevato della clientela episco-pale, quale Rippe riesce a delineare attraverso l'esame prosopografico degliastanti alla curia e dei testimoni ad atti patrimonali diversi emanati daivescovi. L'altra categoria di vassalli era costituita da personaggi non ti-tolari di poteri sugli uomini, ma detentori di allodi nelle zone di più intensaegemonia vescovile: il territorio della pieve urbana e la Saccisica. Per que-sto secondo gruppo l'ingresso nella clientela feudale dei vescovi rappre-sentò il tramite per un processo di affermazione politica nel Comune citta-dino in formazione: inurbatisi senza perdere i legami con il contado,' edanzi acquistando diritti giurisdizionali sui propri coltivatori ed evolvendocosi in senso signorile (talora con formazione nuova di castellanie), i vas-salli •minori' dei secoli X-XIl generarono il ceto cittadino dominante del-l'epoca podestarile. Tra il II60 circa e gli inizi del Duecento si manifesta-rono lo svuotamento e il rilassamento dei loro vincoli feudali, e l'avvio diuna legislazione di tipo antimagnatizio intesa a contrastare sul terreno po-litico tanto Ia vecchia feudalità' maggiore' quanto il potere episcopale.Un quadro istituzionale rimase tuttavia, e il vescovo continuò a generare

(53) A. CASTAGNETTI, Enti tccltsiastici, Canossa, EstensI, famiglit signorili t vassallo-ttcn« a Verona e a Ferrara, pp. 387-412.

(54) TABACCO, pp. 221-223; SERGI, pp. 257-258; BORDONE, pp. 245-247.

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ed organizzare una clientela; la sua fisionomia era però nuova: feudi senzafedeltà né omaggio e feudi condizionali (in particolare [euda equi o feudat'uncini), tipici del Padovano tra XII e XIII secolo. Si trattò naturalmentedi un personale circoscritto per reclutamento (quasi tutti i vassalli • di ca-vallo' provenivano dalla Saccisica) e di tipo • ministeriale', non genera-tore - sembrerebbe - di formazioni familiari e sociali importanti, distintonettamente dall'entourage assai mobile e non feudalizzato di chierici, giu-dici e notai che assisteva adesso alla redazione degli atti episcopali (51).

Di un ceto vassallatico del genere, non nobile e limitato nelle funzionie nella fase storica di attività, si è occupato anche François Menant. Tragli scutiferi del secolo XII, compagine armata ausiliaria dei miütes, diffe-renziata dai cives per la propria fisionomia rurale e dal complesso dei pe-dites per il fatto di avere una montura equestre (un ronzino), si distinguonodue categorie: scudieri • domestici t, emergenti dagli strati più agiati dellapopolazione contadina, e scudieri concessionari di un feudo. Anche questiultimi appartengono al mondo contadino, nel quale del resto - Menantricorda velocemente - vi erano anche altre forme di dipendenza vassalla-tica, oltre a quella condizionata al servizio di scudiero. Detentore di fondiinsediati e coerenti, dell'ordine dei 6-10 ettari, il vassallo-scudiero non eser-citava alcun potere di giustizia ed era soggetto alla giurisdizione del signore,non di una corte di pari: l'investitura feudale, formalmente non dissimileda quella dei feudi onorevoli, non lo collocava al di sopra della generalitàdei rustici sotto il profilo giurisdizionale, e dal punto di vista economicocomportava un servizio alquanto oneroso. Dalla metà del secolo XIII il cetoappare estinto, certo in relazione con lo sviluppo del mercenariato, ma an-che per il sottrarsi dei rustici ad un obbligo militare pesante e per la cauteladei signori nel promuovere concessioni feudali in una situazione che vedevaestesa l'ereditarietà anche ai benefici degli scudieri (&8).

Fondata sui Libri feudorum e le Consuetudines milanesi, su fonti narra-tive di epoca federiciana e di ambito padano, e su un'ampia documentazioneprivata bresciana e cremonese, la bella ricerca di Menant suggerisce, comequella di Rippe, problemi di caratterizzazione regionale. Si pone agli stu-diosi non solo il problema di riconoscere le diverse funzioni e i diversi li-velli degli istituti feudali (dagli altissimi raccordi di potere sino alle formedi tipo servile), ma anche il problema di distinguere, tra le varie zone d'Ita-lia,' quelle in cui determinati fenomeni sociali assunsero vesti feudali equelle in cui fenomeni eguali od analoghi adombrarono appena un conno-tato feudale, o lo ignorarono del tutto. •Aristocrazie contadine • sono do-cumentate ovunque nel secolo XII: in quali zone si tradussero. come nelBresciano e nel Cremonese. in forme organizzate di clientela vassallatica?I raccordi episcopali non interessarono certo il solo Padovano: dove si strut-

(55) O. RIPPE, L'évlque de Paäoue et sonr/seau de clientèles en ville et dans lt contado(Xe slèclt-1237), pp. 413-426. Queste pagine rappresentano la prima redazione del saggio:Commune urbaine et féodalité en ltalie du Nord: rexempt« de Padoue (xe sièele-1237). In MI-langes de l' Éeole Française de Rome, Moyen Agt- Ttmps modernes, XCI (1979). pp. 659-697.

(56) F. MENANT. Les éeuyers (f seuliferi '), vassaux paysans d'ltalie du Nord au XII'.lIdt. pp. 285-297.

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turarono secondo una rete di fedeltà del tipo descritto da Rippe, doveman-tennero invece un semplice carattere di egemonia giurisdizionale, dove eb-bero una configurazione di pura predominanza patrimoniale? Uno stessoordine di 'questioni si pone, infine, per le subordinazioni politiche impostedalle città del XII e del XIII secolo. Con rapidi esempi Renato Bordone harievocato il ricorso all'istituto feudale come ad «uno strumento fra gli al-tri nella costruzione del territorio politico. da'parte dei Comuni cittadini.Più perentoriamente, Gina Fasoli enuncia: «Lo strumento di cui quasi do-vunque le città si servono per raggiungere e stabilire un rapporto durevolecon i signori locali è l'instaurazione di un vincolo feudo-vassallatico. I si-gnori locali cedevano la proprietà dei loro castelli al comune, ìmpersonatodai consoli, che immediatamente glieli restituiva a titolo di feudo, rice-vendo un giuramento di fedeltà accompagnato da clausole che variavanocaso per caso •. Ma noi sappiamo che se vi furono Comuni che seguirono consistematicità una via del genere (Piacenza, ad esempio), altri usarono lasubordinazione feudale in circostanze particolari e determinate (Firenze,ad esempio), altri poi evitarono accuratamente l'inserzione di elementifeudo-vassallatici nel loro sistema di soggezioni: è il caso di Spoleto nelsecolo XIII, descritto velocemente ma con puntualità ed accuratezza daJean-Claude Maire Vigueur in questo stesso Colloquio (17).

Gli istituti feudali, insomma, andranno visti come elementi di diffe-renziazione, non di uniformità. Di differenziazione nel tempo, perché fudiverso nelle diverse epoche illoro rapporto con le forme locali del poteree con le sistemazioni politiche regionali, quindi con le forme dell'insedia-mento e dell'economia e la dialettica delle classi sociali. Di differenziazionenello spazio, perché vi furono aree di intensa cultura feudale ed aree moltopiù estranee a quelle istituzioni e a quelle immagini. Una puntuale geo-grafia delle forme feudali, quale è stata avviata in questo Colloquio soprat-tutto dagli autori francesi, rappresenterà un momento importante versouna storia sociale d'Italia concepita modernamente come storia di ambitiregionali e locali. In un'ottica del genere avrà naturalmente una grandeparte l'analisi delle evoluzioni' feudali' nel meridione. Nel contributo diHenri Bresc sulla Sicilia dal 1070 al 1240 si insiste sulla brutale rottura dicontinuità rappresentata dall'avvento dei Normanni e dall'inserzione delleloro istituzioni feudali. Ma Bresc distingue in quella vicenda due fasi. Finoagli inizi del Duecento un giuoco mobile e in certa misura equilibrato diforze sociali, nel quale trovò il suo posto un'aristocrazia media, insediata.nelle campagne su un ordito di casali abbastanza densamente popolati,dominatrice in forme non oppressive sopra e une société de petits proprié-taires solidaires, regroupés autour de domaines ruraux amples et équili-brés s. Con il progredire della vocazione monarchica dei capi della con-quista, e lo schiacciamento di ogni sopravvivenza - etnica e sociale - delmondo musulmano, sarebbe venuto meno anche questo elemento di feu-dalità insediata ruralmente: attorno al sovrano si sarebbe organizzato un

(57) BORDONE, pp. 247-249; FASOLl, p. 375; J.-C. MAIRE VIGUEUR, Féodallté monta-gnarde d expansion communale: te cas de Spotète au XII le sueu, pp. 429-438.

STRUTTURE FEUDALI NELL'EVOLUZIONE DELL'OCCIDENTE 86g.

ceto dominante urbano, una nobiltà municipale assente dalla terra. Nellecampagne si sarebbe realizzato l'abbandono dei casali e un drastico processodi spopolamento, con l'esito inevitabile del latifondo (&8) ..

Spero di avere reso l'immagine della ricchezza dei risultati di ricerca.offerti da questo Colloquio, e dell'ampiezza dei problemi che esso ha contri-buito a porre in luce. Eppure ad alcuni interventi ho dedicato un cennominimo, ad altri nemmeno quello: cosi alle relazioni sull'area bizantina edorientale, cosi ai contributi orientati su temi di storia religiosa e giuridi-ca ("). L'eterogeneità e una certa disarticolazione dei lavori, che altri forsecriticheranno, sono stati il prezzo necessario versato dagli organizzatori .del Colloquio per conseguire l'obbiettivo di un sondaggio tematico lar-ghissimo: ed anche quello, che è nella consuetudine dell'École Françaisede Rome, di un bilancio generoso - non vincolato ad ambienti accademici.consolidati e ristretti - delle forze attualmente impegnate nella ricerca,

PAOLOCAMMAROSANO

POST SCRIPTUM.Per una rassegna bibliografica degli studi regionalifrancesi si potrà ora ricorrere a R. FOSSIER,Économies et sociétés rurales:France et Angleterre (onzième-quinzième siècles), in Revue historique, 530(1979/n),pp. 383-440, in particolare le pp. 405-418. Il libro di sintesi diJ.-P. POLY, E. BOURNAZEL,La mutation féodale, x4_xn4 siècles, Paris,1980 (Nouvelle Clio, 16) prospetta adesso, inevitabilmente, un confrontocon l'impostazione di Mare Bloch in termini più espliciti:viene ormaiespressa in modo perentorio la persuasione secondo cui il « premier age féo-.dal. avrebbe avuto modeste componenti propriamente feudali, mentre ilc second age. di Bloch sarebbe stata l'unica epoca davvéro feudale, ma nelsenso di una costruzione dello Stato attraverso gli istituti feudo-vassal-latici.

Ai temi dei castelli e dell'incastellamento è stato dedicato un importanteconvegno (Cuneo, 6-8 dicembre 1981), con la partecipazione di diversi au-

(58) H. BRESC, Péodalité coloniale en terre d'Islam. La Slclle (1070-1240), pp. 631-647.(59) Oltre ai contributi del quall ho fornito gli estremi qui sopra (note 2, 15, 16, 23-27,

33-35,37,39-46,48,53, 55-58), si troveranno nel volume 1 seguenti: O. OIORDANENOO, Va-tabulaire et formulalres féodaux en Provence et tn Dauphiné (XlIt-XlIlt sl~cles), pp. 85-107;A. L. TROMBETTI BUDRIESI, Per uno studio dellessico feudale In Italia, pp. 327-344; O. CRAC-CO Le eresie del Mille: un fenomeno di rigetto delle strutture feudali 7, pp. 345-360; E. OUl-DO~I, Residenza, casa e proprietà nel paltl tra feudalitd e comuni (Italia, sec. XIl-XIll),pp, 439453; M. MACCARRONE, Innocenzo III e la feudalitd: t non ratione feudi, sed occa-sione peccallt, pp. 457-514; D. WALEV, Lafeodalité dans la réglon romaine dans la 2' moltiidu XIIIt sièele et au début du XIVe, pp. 515-522; J. RICHARD, La féodalité de l'Orlent lallnet le mouvement communal: un ttat des questions, pp. 651-665; H. AHRWEILER, La • pronoia t

12 Byzance, pp. 681-689; C. CAHEN, Techniqu« et organlsalion soclo-militalre dans le mondemusulman t ctassique t, pp. 691-698; J. LEFORT, Une grande fottune fonci~re aux xe-XIIle s, :les biens du monastete d'lviron, pp. 727-742; N. BELDICEANU, Le timar dans l'Etal ottoman(XIV'-XV4 slècles), pp, 743-753. In fondo al volume, alle pp. 769-795, sono brevi schederiassuntive di ogni contributo. . .

PAOLO CA.\iMAROSANO

tori già intervenuti al Colloquio romano del 1978. Aldo Settia è cosi tornatosul tema dell'evoluzione del castello « da villaggio fortificato a residenza sì-gnorìle s, in termini convincenti, e tali da eliminare - credo - qualcheperplessità che avevo espressa nelle pagine che precedono. E sono stateapprofondite le analisi di convergenza tra storia ed archeologia, che era poilo scopo precipuo del convegno cuneese: Pierre Guichard ha ripreso adesempio, in collaborazione con André Bazzana, il tema delle fortificazioninella Spagna islamizzata (e si vedano adesso anche, di questi due autori, isaggi Les tours de défense de la huerta de Valence au Xllle s. e Un importantsite refuge du haut Moyen Age dans la région Valencienne, Le despoblado duMonte Mallet (Villafamés, Caste1l6n), in Mélanges de la Casa de Velazquez,XIV, 1978, pp. 73-1°5 e 485-5°1).

Per quanto riguarda il problema delle aristocrazie nel regno italico, edei loro assetti territoriali, si annunziano nuovi lavori di due partecipantial Colloquio del 1978: M. NOBILI,G. SERGI,Le Marche del regno italico:un programmo di ricerca, in Nuova Rivista Storica, LXV (1981), pp. 399-405. È stato intanto pubblicato il volume degli atti del IO Convegno delComitato di studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana (Firenze, 2 di-cembre 1978): I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale, Pisa, 1981.Qui si leggerà un nuovo contributo di C. VIOLANTE,Le strutture familiari,parentali e consortili delle aristocrazie in Toscana durante i secoli X-XII,pp. I-57, 2 tavv. f.t., da integrare a quello citato qui sopra, nota 52.

Prima che uscissero gli atti di questo Colloquio di Roma, due parteci-panti ne avevano già dato un breve profilo: G. SERGI,Signoria, fedeltd efeudo nell'occidente «mediterraneo., in Quaderni storici, 41 (X979/II), pp.818-820, e G. TABACCO,.IIsistema delle fedeltà e delle signorie nell'area me-diterranea, in Studi medievali, ser, 3&,XX (1979), pp. 410-412. Una buonarecensione degli atti è quella di S. GASPARRI,Il feudalesimo nell'Occidentemediterraneo, in Studi storici, XIX (1981), pp. 631-645.

'P. C..