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pag. 16 GIORNATA DEI RISVEGLI La “lesion d’onore” a Giampiero Steccato pag. 34 MAGAZINE Anno IX Numero 34 dicembre 2010 "Vale la pena: il coma un viaggio verso la luce" periodico di resistenza civile, per le professioni e la vita sociale Pubblicazione dell’associazione di volontariato onlus “Gli amici di Luca” registrazione Tribunale di Bologna n.17516 del 29/1/2009 - Poste italiane S.p.a - Spedizione in Abb. postale - D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1, comma 1 - Bologna "In caso di mancato recapito al CMP di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi". NUTRIRE IL CERVELLO Il pesce azzurro cardioprotettivo e neuroprotettivo pag. 5 COOP PERLUCA Il sostegno psicologico individuale e di gruppo un nuovo servizio, anche a domicilio gli amici di di Silvana Hrelia di Marcella De Blasi di Alessandro Bergonzoni Solidarietà per la Casa dei Risvegli Luca De Nigris

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GIORNATA DEI RISVEGLILa “lesion d’onore”a Giampiero Steccato

pag. 34

MAGAZINEAnno IX Numero 34

dicembre 2010"Vale la pena: il coma un viaggio verso la luce" periodico di resistenza civile, per le professioni e la vita sociale

Pubblicazione dell’associazione di volontariato onlus “Gli amici di Luca”

registrazioneTribunalediBolognan.17516del29/1/2009

-Posteitaliane

S.p.a-Spedizione

inAbb.postale-D.L.353/2003

(conv.inL.27/02/2004

n°46)art.1,comma1-Bologna

"Incaso

dimancatorecapitoalCM

PdiBolognaperlarestituzionealmittentepreviopagamentoresi".

NUTRIRE IL CERVELLOIl pesce azzurro cardioprotettivoe neuroprotettivo

pag. 5

COOP PERLUCAIl sostegno psicologico individualee di gruppo un nuovo servizio,anche a domicilio

gli amici di

diSilvana Hrelia

diMarcella De Blasi

diAlessandro Bergonzoni

Solidarietà per laCasa dei RisvegliLuca De Nigris

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EDITORIALE

L’importanza della comunicazione e la salvaguardia della dignità

Il valore dell’essereil senso dell’apparire

Il nostro rapporto con i mezzi di comu-nicazione è sempre stato orientato adun grande rispetto e dialogo. La miastessa natura di giornalista professioni-sta, passato per esperienze di collabora-tore di riviste e quotidiani e poi addettostampa presso il Comune di Bologna hacercato nel mondo dellacomunicazione una spondasicura anche se non di faciledialogo. Il mondo dei mediaha regole particolari ed èmolto sfaccettato, ma il mini-mo comune denominatore èrappresentato dall’intenzionee la necessità di incontrare unpubblico il più ampio possi-bile. Se noi non avessimoavuto a livello locale e nazio-nale riscontri sui media non saremmoarrivati e non avremmo raggiunto ilnostro obiettivo.Comunicare oggi è importante. Lo è tragli operatori sanitari e non sanitari, traquesti e i famigliari che hanno bisogno dicura ed attenzione che, fatto salvo ilrispetto del dolore e della condizione,faccia passare un messaggio positivo epropositivo per il futuro proprio e deiloro cari.La grande arma del dolore, si infrangecontro quella del pudore. Ma sempre piùoggi l’argine del pudore si è rotto ecopiosamente siamo inondati da emozio-ni che rischiano di sommergerci. Chi haun buon progetto ed una buona missioneda compiere ha il desiderio, la necessitàche questa venga comunicata, diffusa adun numero di persone sempre maggiore.Se abbiamo amici, molti amici, abbiamoanche molti sostenitori. Se abbiamomolti sostenitori, tra questi, qualcunovolontariamente parteciperà al nostrolavoro, altri ci sosterranno anche econo-micamente (cosa necessaria e certamen-te non trascurabile).Ma nel rapporto con i media come riu-scire a salvaguardare e mantenere saldala propria identità? Non è facile. Abbia-mo avuto molte esperienze con i fami-gliari della Casa dei Risvegli Luca De

Nigris. Ermes e Sonia che parlavano aTv 2000 del figlio Andrea tra i minatoridel Cile ed il buio del coma con Gisellache chiedeva tempo raccontando la suastoria; Cristian con Morena a “Domeni-ca In” nello spazio di Lorella Cuccarini,Rosi che parlava di Francesco assieme al

neurochirurgo Carmelo Stu-riale a “Uno mattina” perdiffondere la raccolta fondisullo stimolatore cerebrale.Solo per citare alcuni episodi.Sono state esperienze forma-tive tra contrattempi di viag-gio, dialoghi, incontri, truccoe parrucco, scambi.Poi ci sono state le polemichelegate alla trasmissione“Vieni via con me” di Fazio e

Saviano con la puntuale campagna di“Avvenire”, la bella lettera del nostrotestimionial Alessandro Bergonzoni su “Vita” e la ferma opposizione degli autoridi Raitre a non dare spazio ad altre testi-monianze: laiche, cattoliche e di tutte lereligioni. Anche io sono andato in varietrasmissioni “Domenica In – L’Arena”,“Asua Immagine”, Tg5, Radio popolare,Rainews24, altre.Certo si può essere quello che si èanche senza leggere i giornali, anchesenza andare in radio o in televisione,anche senza contaminarsi con tra-smissioni popolari e divulgative. Maquesto è il mondo che ci circonda.Noi possiamo anche tentare di cam-biarlo ma certamente questo sarà pos-sibile solo contaminandolo con qual-cosa di nostro che sarà, comunque,sempre interpretato da altri. È possi-bile fare passare il nostro punto divista rispetto alla missione di un pro-getto riabilitativo a tutto campo, congrande valenza sociale? Certo è pos-sibile.Ma il rapporto tra il valore dell’essere edil senso dell’apparire sta nella convinzio-ne che con la carta comunicare il coma(www.cominicareilcoma.it) siamo noiche dialoghiamo coi media mentre lorosono convinti di appropriarsi di noi.

Direttore responsabileFulvio De Nigris

Comitato dei garantiGiana AndreattaAlessandro BergonzoniLoris BettiAndrea CanevaroSilvana HreliaMaurizio MatteuzziPasquale MontagnaRoberto PipernoMaria Vaccari

Comitato editorialeSilvia FaenzaCristina FranchiniFrancesco GambinoGiuseppina SalvatiLaura SimonciniLoredana SimonciniPatrizia ScipioneLaura TrevisaniCristina Valisella

Segreteria di redazioneElena BogliardiPatrizia Boccuti

RedazioneVia Saffi 10 - 40131 BolognaTel. 051 6494570Fax 051 6494865E-mail: [email protected]

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MAGAZINEgli amici di

di

Fulvio De Nigris

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GIORNATA DEI RISVEGLI

CASA DEI RISVEGLI LUCA DE NIGRIS

PSICOANALISI E NEUROSCIENZE

TESTIMONIANZE

L’INIZIATIVA

TORNANDO A CASA

RIFLESSIONI

RICERCA

L’INTERVENTO3 Un augurio da un “commissario” del tutto speciale

di Anna Maria Cancellieri

7 Il valore della solidarietà nei momenti difficilidella propria vitadi Stefano Salvatori

NUTRIRE IL CERVELLO

UN CENTRO ALLA VOLTA30 L’esperienza nell’U.O. GCA dell’ospedale

dI Montecatonedi Giovanna B. Castellani

33 Non sentirsi inutili è la base da cui partiredi Cristina Franchini4 I ragazzi della scuola Pezzani

alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris

5 Consegna della “Lesion d’Onore”a Giampiero Steccatodi Alessandro Bergonzoni

6 San Pellegrino. Caltagirone, Pordenonemessaggi per un risveglio

18 “Dopo… di nuovo, Gli amici di Luca” un annotra espressività ed emozioni

24 Il linguaggio teatrale: identità reale in situazionedi rappresentazionedi Stefano Masotti

27 Tanta ironia nei fumetti di Roberto

Il pianista nella Sala del Durantedi Ermes Mezzetti

28 L’inguaribile voglia di vivere: la volontàdi “vincere la nebbia”di Massimo Pandolfi

42 Maria che ci infonde amoredi Carla, Maria Scotti e famiglie

43 Una prova difficile da affrontare…di Giuseppe (Geppo), Leda e famiglia

SOLIDARIETÀ47 Uno splendido compleanno: auguri Fabio!

RUBRICHE

LA NOSTRA STORIA48 La terribile pestilenza che portò lutti e miserie

a Bolognadi Giuseppe Quercioli

L’EVENTO50 Sirena senza coda: una voce forte, un pensiero

profondo e toccantedi Maria Vaccari

51 Volontariato

52 Risvegli di parolea cura di Bruno Brunini

54 Scaffale

56 Mi ricordo di te

Guarda dove siamo arrivati

ESPERIENZE DI CONFINE44 Pace e serenità, le sensazioni e le esperienze

dei viaggiatori astralidi Cecilia Magnanensi

36 L’origine sociale del carattere secondo Erich Frommdi Giuseppe Battaglia

34 Il sostegno psicologico individuale e di gruppodi Marcella De Blasi

16 Acidi grassi omega-3, neuroprotezionee neuroinfiammazionedi Silvana Hrelia

8 La stimolazione transcranica magnetica (TMS)nelle neuroscienzedi Carmelo Sturiale

10 Novità dalla letteratura scientifica:due recenti studidi Giuliana Cervigni

12 Qualità della vita del care-giver del pazientea dieci anni dal trauma cranicodi Gian Pietro Salvi

SOMMARIO

in copertina PH.GIOVANNI BORTOLANI - HANGAR58

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La sensibilità dei bolognesi e l’Associazione gli Amici di Luca: il pensiero di Annamaria Cancellieri

Un augurio da un “commissario”del tutto straordinario

Essere vicini alle famiglie checonvivono con la malattia,

condividere un progetto di cura checomprende eccellenze e percorsi divita quotidiana. Il Comune di Bolo-gna, anche con la recente conferen-za sul Welfare, ha voluto dare unulteriore segnale diquello che è il suoindirizzo locale, riflet-tendo assieme ai prota-gonisti della rete dei ser-vizi per uno sviluppodelle competenze, noneludendo le difficoltàda affrontare nelmomento attuale.L’Amministrazio-ne Comunale con-divide da sem-pre il proget-to della Casadei Risvegli

Luca De Nigris una realtà impor-tante frutto dell’incontro tra unaassociazione, Gli amici di Luca, el’Azienda Usl di Bologna. È un’e-sperienza pilota un esempio virtuo-so di come partendo da una vicendapersonale si possa poi mettere afrutto la propria esperienza di dolo-re per renderla patrimonio colletti-vo in una mission che ci coinvolgetutti: amministratori, operatori sani-tari e non sanitari, volontari esocietà civile.

Mi ha colpito l’alchimia, non deltutto comprensibile razionalmente,di come la morte di Luca, un ragaz-zino di 16 anni, abbia lasciato unmessaggio così profondo da trac-ciare un cammino per i suoi genito-ri, per una associazione che hasaputo stimolare le istituzioni loca-li e nazionali al fine di colmare unalacuna nel sistema sanitario, edoffrire maggiori opportunità e ser-vizi per la tante famiglie che vivo-no l’angoscioso problema di unproprio caro con esiti di coma e instato vegetativo.La verità che sta nelle moltepliciiniziative che l’associazione Gliamici di Luca compie, per contri-buire a portare avanti il suo proget-to, la capacità di coinvolgimento adogni livello che riesce ad attivare,mi convincono che c’è una forzadelle cose che si compie quando c’èunione di sentimenti attorno ad unproblema che è fortemente sentitoda chi lo vive.

Permettetemi dalle pagine dellavostra rivista di unirmi ai vostrisforzi per augurare a voi e allevostre famiglie, a quanti vivonoproblematiche serie e complessecome quelle a cui voi vi dedicate,tanta serenità ed uno sguardo posi-tivo verso il loro futuro.

di

Annamaria CancellieriCommissario straordinariodel Comune di Bologna

L’INTERVENTO

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GIORNATA DEI RISVEGLI

Solidarietà, messaggi di speranza e palloncini affidati al vento

I ragazzi della scuola Pezzani allaCasa dei Risvegli Luca De Nigris

TANTI COLORI NELLACASA DI LUCA

Una grande festa ci attendevain occasione della “Giornata

Nazionale dei Risvegli”.Noi, alunni della classe 5 E dellascuola “Pezzani”, non abbiamoesitato un istante ad accettarel’invito di Fulvio De Nigris eMaria Vaccari.Il 7 Ottobre di 5 anni fa gli“Amici di Luca” decisero dicostruire, mattone su mattone,una casa speciale per accoglierepersone meno fortunate di noi.È per questo che oggi, giocandoin allegria, tra dolci prelibatezze epalloncini colorati, abbiamovoluto festeggiare tanta solida-rietà. Ci siamo proprio divertiti e,con tanto entusiasmo, siamogiunti al momento magico: il lan-cio dei palloncini a cui abbiamolegato i nostri messaggi di spe-ranza.Che emozione pensare che forsequalcuno, in un paese lontano, lileggerà!!

A noi piace, anche, credere checon la nostra gioia, fantasia espensieratezza, abbiamo portatocolori nuovi in questo luogounico.Di sicuro, abbiamo vissuto un’e-sperienza meravigliosa che ciaiuterà ad apprezzare di più lanostra vita.Grazie, quindi, alla “Casa deiRisvegli Luca De Nigris” che harisvegliato un po’ anche noi e lanostra sensibilità!

La V Escuola R. Pezzani,

San Lazzaro di Savena

insegnantiMaria Alessandra Babina e

Maria Panico

NUOVI AMICI PER LUCA

La Casa dei Risvegli Luca DeNigris compie cinque anni e noi

della classe V D della scuola Pezza-ni di San Lazzaro non potevamomancare! Durante la festa abbiamovisitato una parte della struttura: conpapà Fulvio, il gigante buono, lacolonna della solidarietà e conmammaMaria l’ingresso della casa.Giocando, mangiando e diverten-doci il tempo è volato molto in fret-ta ed è arrivato il momento delleriflessioni: aiutare gli altri, collabo-rare e non dimenticare chi soffre. Inostri “biglietti di auguri” sonovolati, accompagnati dai palloncinie dal vento e chissà quanta stradaavranno già fatto!È stata un’esperienza indimentica-bile e molto importante perchéabbiamo capito che dobbiamoapprezzare ciò che abbiamo, anchele cose più semplici. Con la nostravisita speriamo di aver portato alle-gria, colori e sorrisi a tutti gli ospi-ti della Casa. Un grazie a Fulvio,Maria e a tutti gli operatori che cihanno accolto. Ai ragazzi ospitidella casa auguriamo buona fortu-na per il cammino della loro nuovavita.

la V D, scuola R. Pezzani,San Lazzaro di Savena

insegnantiMaria Alessandra Babina e

Alessandra Giovagnoli

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GIORNATA DEI RISVEGLI

Potenza della vita interiore e ulteriore

Consegna della “Lesion d’Onore”a Giampiero Steccato

Nella serata del 7 ottobre“Giornata nazionale dei

risvegli per la ricerca sul coma -vale la pena” ho consegnato la“Lesion d’Onore” a GiampieroSteccato affetto da lochedin sin-drom, e ho voluto “parlare” aquest’uomo chiuso dentro, masoprattutto raccontare a chi nonsa non può o non vuole sapere,che esistono molti modi di“essere”, vari tipi di “vivere”altre condizioni e, ciò che è piuimportante, diverse definizionidi “dignità”, a prescindere dallenostre ragionevoli rispettabilinaturali paure, ma in questo casosolo “soprattutto nostre”.Cosa è un corpo, cosa racchiudeche molti non riescono o nonvogliamo vedere, cosa è inguar-dabile, impensabile, abile disa-bile incolmabile amabile?Senza voler essere dogmaticocome certa medicina o certascienza, o integralista comemolte posizioni sostenute davari movimenti, vorrei non divi-dere in parti, il bene o il male, ilgiusto e lo sbagliato, ma prova-re a raccontare come testimonialdi questa associazione comepersona come artista comesano-malabile, altre voci che“non parlano”, non vengonointervistate in quasi nessuna tra-smissione (nemmeno le pochis-sime serie e pulite, dove sempre

prime vengonocomunque leideologie di unaparte e dell’altra,raramente la“poet ica”del levoci altre); golea strapiombo chenon hanno eco,parole che nonpossono essereproferite, ma cheinvece hannodietro un mondo,un’anima, unracconto urgentee trascendenteche non può appunto più aspet-tare chi non sa camminare conun altro ritmo, ma si ostina asostenere che c’è n’è uno solo,definendolo “degno” .Abbiamo cominciato con Giam-piero alla Casa dei RisvegliLuca De Nigris, abbiamo conti-nuato una mini tournée che ci havisto incontrare studenti e pro-fessori all’università di medici-na di Genova e che speriamo ciporti nelle città di Torino eMilano.Steccato interviene, col suoalfabeto “sopraccigliare”, e ilsuo “bip” acustico, attraversoLucia, sua moglie e traduttrice ei suoi assistenti, e dibatte erisponde dopo tanti anni disilenzio (obbligato più da chinon lo ascolta che dalla suamalattia). È una complessacomunicazione, ma anche unaconoscenza delle meraviglie,uno spasmo di arte parole emimica sconvolgente, nella suaforza epressiva e nell’energia

che va’ ben oltre la commozionel’empatia la tenerezza e la “pie-tas”: si tratta di potenza dellavita interiore ed ulteriore, dispirito sconfinato e sovrumano,che prescinde da ogni dettameunicamente scientifico medico,e che non può solo rimandare adiscussioni tecnico-legislativo-politiche ne fideistiche o giuri-sprudenziali, sulle condizionidell’esistere, prima ancora chesu quelle di uomini o cittadini,laici o religiosi.È su questo “a prescindere” chemi piacerebbe che i presenti diquella sera e i lettori di ora, simettessero in contatto con l’uo-mo “chiuso dentro” attraversointernet ([email protected]).Grazie a tutti quelli che non siaccontentano del 2: due occhi,due orecchie, due mani, duepiedi, due verità, ma cercanoaltro e ancora, anche con paurama finalmente senza la scusadell’“impossibile” o di unadignità decisa da chissà cosa.

di

Alessandro BergonzoniTestimonialCasa dei Risvegli Luca De Nigris

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GIORNATA DEI RISVEGLI

Messaggi per un risveglio legati ai palloncini

San Pellegrino, Caltagirone, Pordenonetante città per la ricerca sul coma

A Caltagirone, grazie all'instancabile lavoro di Michele Trupia, iVolontari del Soccorso della Croce Rossa Italiana, assieme all’Avis,al CSI Centro sportivo Italiano e molte altre associazioni hannocontribuito alla buona riuscita delle iniziative legate alla “Giornatadei Risvegli”.

L’associazione Genesis ha coinvolto la scuola elementare di S. Pel-legrino Terme per lanciare simultanemanete in cielo i messaggiscritti dai bambini e legati ai palloncini. Uguale iniziativa è statacondotta dall’associazione “Amici di Ale” a Pordenone per il 7 otto-bre nel corso della “Giornata nazionale dei risvegli per la ricercasul coma” promossa da Gli amici di Luca onlus.

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RIFLESSIONI

I rapporti importanti che si instaurano tra i parenti delle persone in difficoltà

Il valore della solidarietà nei momentidifficili della propria vita

La diagnosi fu di emorragia sub-aracnoidea che, a distanza dei

dovuti giorni canonici dall’evento,si trasformò in quella di stato vege-tativo. Ogni tipo di indagine ovvia-mente non fece che confermare lostato in cui lei si trovava, e si dovet-te prendere atto della situazione, purse con un senso di rabbia, forse per-ché se si fosse intervenuti precoce-mente forse qualcosa si poteva otte-nere.Due ‘forse’ in questi casi hanno lavalenza di una montagna e, a poste-riori, non è facile affermare cosasarebbe stato meglio. Ritorna, inquesto caso, l’aforisma di OscarWilde rispetto al desiderio di otte-nere una cosa agognata: se la siottiene, forse poi sarebbe statomeglio non averla ottenuta.Quasi impossibile dire cosa sarebbestato meglio, ma con il tempo ilmeglio è ciò che è avvenuto: hopotuto stare vicino a mia mogliemolte ore al giorno, essendo utile apoco o a nulla, in quanto ottima-mente assistita presso un ospedaleprivato convenzionato di Bolognache, a quel tempo, aveva venticin-que letti riservati a pazienti in talestato.Il soggiorno in quella struttura èproseguito per due anni e cinquemesi: un tempo né corto né lungo,ma inferiore a quello che era stata laprognosi basata sul tempo mediostatistico rilevata dalla letteratura

per quel tipo di grave lesione cere-brale. Pare che coloro che assistonoquotidiamente questa tipologia dipazienti, e cioè con gravissime enon reversibili invalidità, vadanoincontro, per lo stress cronico di cuipossono anche essere inconsapevo-li, a maggiori probabilità di amma-larsi di cancro o di infarto per unadiminuzione delle difese immunita-rie da un lato, conseguente ad unadeleteria iper-produzione di neuro-ormoni dall’altro.Debbo confessare che mi sentivopiù stressato quando non potevoandare da mia moglie, che quandoero vicino a lei. Il soggiorno nelreparto fa incontrare gli altri ricove-

rati ed i loro congiunti: la cono-scenza dei primi inizialmente indu-ce a fare confronti, talora a vantag-gio e altre volte a svantaggio dellecondizioni del proprio caro.Ciò che più fa riflettere invece è ilrapporto che si instaura con i paren-ti degli altri degenti e con lo stessoluogo fisico, in cui gli infermieriprofessionali ed il personale assi-stenziale ruotano in continuazione,rimanendo quindi quasi sempre glistessi.Arriva molto presto il giorno in cuiloro conoscono bene e a fondo chi èla persona che giace nel letto anti-decubito e le sue soggettive neces-sità che, anche se appaiono le stes-

se di tutti gli altri, spesso non è cosìvero.Ciò che più di tutto influenza l’am-biente, e l’ambiente influenza, è ilrapporto che si crea tra i parenti:rimanendo insieme per ore, giorni,settimane, mesi, anni nello stessoluogo, in una sorta di coabitazionevolontariamente coatta, vieneinstaurato un rapporto solidale eprofondo che non è detto si estin-gua con la perdita del proprio con-giunto. Diverse possono essere lereazioni, tra di loro incompatibili:tutto scompare con la scomparsadella persona che si assiste, oppuresi può creare una specie di dipen-denza nei confronti dell’ambientein cui si è trascorso un periodo alta-mente significativo della propriavita, che lascia una impronta.Il contorno di quest’ultima è forma-to dalle ansie, dai timori, dai dubbie dalle paure che di volta in voltaprendono l’uno o l’altro dei parenti,in funzione del momentaneo espesso improvviso e mutevole stato“di salute” in cui versa in quel gior-no il proprio figlio, genitore oconiuge.Sono questi i momenti, che duranogeneralmente alcuni giorni, in cuiappare la solidarietà, che pur nonpotendo essere di alcun concretovantaggio, può offrire almeno unaprotezione nei confronti di maggio-ri scoramenti. Il clima che si instau-ra risulta essere di grande beneficioe, se si può affermare, quasi tera-peutico per tutti, e per tutti comun-que sempre consolatorio.Se è vero che l’unione fa la forza,mai come in queste occasioni ciò ètanto vero.

di

Stefano Salvatori

“Nei casi di lungadegenza si instaura unrapporto profondo esolidale con i parenti

dei degenti”

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RICERCA

I risultati confortanti di una nuova tecnica di neurostimolazione e neuromodulazione

La stimolazione transcranica magnetica(TMS) nelle Neuroscienze

La tms è una tecnica di neurosti-molazione e neuromodulazione,

basata sul principio di induzione elet-tromagnetica di un campo elettrico alivello cerebrale. Questo campo puòessere di ampiezza e densità suffi-cienti da depolarizzare i neuroni cosìche quando gli impulsi TMS sonoapplicati ripetitivamente, essi posso-no modulare l’eccitabilità della cor-teccia cerebrale, riducendola o incre-mentandola, in base ai parametri distimolazione impiegati. Inoltre, l’ef-fetto può perdurare anche dopo che lostimolo è cessato. Tutto ciò ha conse-guenze cliniche e terapeutiche impor-tatnti. Negli ultimi 10 anni vi è statoun grande aumento nell’impiegodella TMS per studiare le funzionicognitive, le relazioni tra funzionicerebrali e varie malattie neurologi-che e psichiatriche. Inoltre, è cresciu-ta l’evidenza che la TMS è un note-vole strumento per applicazioni dineurofisiologia interventista, potendomodulare l’attività cerebrale in cir-cuiti cortico-sottocorticali, variamen-te distribuiti e specifici e determinan-do variazioni controllate e controlla-bili delle funzioni controllate dalcerevello.La TMS ripetitiva (rTMS) è un pro-mettente mezzo non invasivo per trat-tare una varietà di patologie neuropsi-chiatriche e il ventaglio di applicazio-ni si sta allargando man mano chevari trias clinici vengono completati.L’utilità clinica della rTMS è stata

annunciata nella letteratura scientificariguardo a:1) malattie psichiatriche come:depressione, mania acuta, malattiebipolari, disordini ossessivo compul-savi, panico, allucinazioni, schizofre-nia, catatonia;2) malattie neurologiche quali:Parkinson, distonia, tic, tinnito, spasti-cità, epilessia;3) neuroriabilitazione post-ictus opost-traumatica;4) sindromi dolorose croniche comedolore neuropatico, dolore viscerale,emicrania. La maggior parte delleaffermazioni sulla utilità terapeuticadella rTMS necessitano di ulterioresupporto scientifico e di dati prove-niente da trial clinici “evidence-based” ma il suo potenziale clinico èben intuibile. La rTMS è stata rego-larmente adottata in vari ospedali ecliniche in tutto il mondo e, in paesicome Canada e Israele, è già approva-ta per essere utilizzata negli statidepressivi gravi farmacoresistenti.Nell’Ottobre 2008 l’FDAha approva-to una specifica apparecchiature dirTMS nel trattamento di pazienti condepressione uni-polare farmacoresi-stente. È ragionevole aspettarsi chel’uso della rTMS continuerà a cresce-re nelle varie comunità mediche e spe-cialistiche. Il numero di laboratori cheusano la rTMS per scopi terapeutici odi ricerca, e di conseguenza, il nume-ro di persone sane e malate sottopostea questa metodica nel mondo, sonoprogressivamente aumentate negliscorsi 25 anni (la rTMS è stata utiliz-zata per la prima volta nel 1985).Attualmente, le precauzioni d’uso e leraccomandazioni pratiche derivano daconferenze di consenso tenutesi al

National Institutes of Health nel Giu-gno 1996. Queste raccomandazionisono state adottate con modificheminori dalla Federazione Internazio-nale di Neurofisiologia nel 1999. Leconsiderazioni etiche sulla applicazio-ne della rTMS in persone sane e mala-te sono state introdotte nel 1997durante la fase precoce dei test sullarTMS e, più recentemente, tali consi-derazioni sono state modificate emigliorate in varie pubblicazioni econsensus conferences (2002-2008).Tuttavia, secondo quanto detto sopra,l’uso della rTMS è drammaticamentecresciuto negli ultimi 10 anni, nuoviprotocolli di rTMS sono stati svilup-pati, cambiamenti strutturali e tecno-logici sono stati introdotti a livellodelle macchine, la rTMS è sempre piùassociata ad altre tecnologie di neuroi-maging (RMN) e di neurofisiologia(EEG), e sempre più pazienti sonostudiati e trattati con sessioni di neu-rostimolazione sempre più prolunga-te.La TMS può essere applicata comesingolo stimolo, come doppio stimoloo come treno di stimoli (r-TMS). Laprima forma è usata per studiare lefunzioni corticali motorie. La secondaforma fornisce la misura di parametri

di

Carmelo SturialeNeurochirurgo dell’OspedaleMaggiore-BellariaAUSL Bologna

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RICERCA

di funzionamento corticale “interno”come la facilitazione o l’inibizioneintracorticali così come le interazionicortico-corticali. La rTMS consistenell’inviare una serie ripetitiva di sti-moli. La frequenza può essere bassa (a1 HZ) o alta (>5 HZ). Vi è poi unamodalità in cui brevi treni intermitten-ti di impulsi vengono inviati nellabanda di frequenza >5 HZ. Talemodalità viene definita Theta BurstStimulation (TBS). La stimolazione abassa frequenza ha effetti inibitori (adesempio sulle vie motorie) mentre lastimolazione ad alta frequenza haeffetti facilitatori. Il substrato neurofi-siologico di tali effetti non è del tuttochiarito. Alcuni meccanismi neuralisono stati però evidenziati a livellosinaptico: la depressione sinaptica alungo termine e il potenziamentosinaptico a lungo termine. Si tratta dieffetti duraturi e stabili a livello delleconnessioni sinaptiche delle celluleneuronali là dove avvengono gliscambi di informazione. La rTMSprovocherebbe, oltre che un effettoelettrico immediato sulle cellule e lefibre neuronali, anche un effetto “pla-stico” a distanza di tempo, permetten-do una sorta di “remodelling”del tes-suto cerebrale che spiegherebbe l’a-zione positiva in caso di danni ische-mici o emorragici a livello del sistemanervoso centrale. La rTMS può esse-re quindi utilizzata per riattivare strut-ture ipoattive del cervello (aree ische-miche o emorragiche) per inibirestrutture iperattive (epilessia), perfacilitare i processi naturali di riorga-nizzazione corticale o per modulare lasincronizzazione e le attività oscillato-rie dei circuiti cortico-sottocorticali. Èda sottolineare, fra le recenti scopertenel campo delle Neuroscienze, ilcapovolgimento del dogma della“dottrina del neurone”. Sino agli inizidel 21° secolo, si era sempre ritenutoche i neuroni, terminata l’età dellosviluppo, non si riproducessero più eche un danno cerebrale in un adulto(anche giovane), fosse irreparabile.Invece, da pochi anni, sono state sco-

perte zone del cervello dove i neuronipossono attivamente riprodursi e, inlinea teorica e sperimentale, sostituirequelli perduti. Tale meccanismo èstato recentemente confermato in unpaziente con un grave danno cerebra-le post-traumatico in cui la RMN ese-guita poco dopo il trauma e una RMN

eseguita a distanza di anni mostravanochiare differenze (nella seconda com-parivano nuove fibre neuronali). Èstato inoltre recentemente dimostratoche la rTMS ha anche un effetto dineuroprotezione, cioè in caso didanno acuto cerebrale a seguito delquale si producono sostanze nocivealle cellule sopravvissute che si trova-no immediatamente circostanti allearee di lesione, la rTMS stabilizzereb-be le membrane delle cellule soprav-vissute impedendo l’entrata dellesostanze suddette nelle cellule stesse ela loro conseguente morte apoptotica.Alcuni trias clinici (2006-2008) effet-tuati su pazienti con ipertono spasticodegli arti dopo stroke ischemico oemorragico, hanno dimostrato che larTMS è in grado di ridurre l’ipertonoe consentire una più efficace neuroria-bilitazione dei pazienti. Molti pazienticon danno post-traumatico cerebrale opost-anossico sia a livello motorio che

“È stato recentementedimostrato che la rTMSsvolge anche un effetto

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a livello di coscienza (stativegetativi, stati di coscien-za minima, disabilità seve-re) possono essere trattaticon rTMS. Il target princi-pale in questi pazienti è lariduzione dell’ipertono odella distonia artuale chelimitano grandemente laloro neuroriabilitazione. Inalcuni casi, infatti, l’appa-rente mancanza di rispostedi questi pazienti a stimoli

ambientali è dovuta al fatto che vi èun vero e proprio blocco motorio (conuna coscienza probabilmente presentema non in grado di manifestarsi congesti anche minimi) che può esseresuperato con la rTMS.Anche in pazienti che presentanodisabilità motoria severa per l’emer-gere di atteggiamenti distonici nellafase di recupero, la rTMS può rappre-sentare una reale possibilità di miglio-ramento motorio.Ricordiamo che la rTMS è una tecni-ca non-invasiva, facilmente applica-bile e con rischi veramente bassi(crisi epilettiche se non si rispettano iprotocolli internazionali di neurosti-molazione). È usata in molti centri almondo e soprattutto con obbiettivi dineuroriabilitazione (post-stroke opost-traumatica) ma anche con altriaffascinanti obbiettivi (malattieneuro-psichiatriche, SLA etc.) che cipotranno condurre a trattare condizio-ni di elevata gravità e complessità conuna efficacia prima non immaginabi-le.

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RICERCA

TMS per i disordini della coscienza (DOCs)

Novità dalla letteratura scientifica:due recenti studi

Attualmente non ci sono tratta-menti conosciuti in grado di

indurre una attivazione cerebrale insoggetti che hanno subito un gravetrauma cranio encefalico. Unanuova possibilità ci viene offertadalla stimolazione magnetica tran-scranica che permette una stimola-zione non invasiva e non dolorosadel sistema nervoso centrale.La stimolazione cerebrale attraver-so la TMS viene effettuata dall'e-sterno e non è necessario prepararein maniera particolare il soggettoche deve essere sottoposto alla sti-molazione. L'apparecchiaturanecessaria si compone da un gene-ratore di corrente che produce sca-riche e da una sonda (coil) stimo-lante posta a diretto contatto con ilcranio del paziente. La TMS fun-ziona secondo il principio dell'In-duzione elettromagnetica. Se vi èun passaggio di corrente entro unabobina metallica (coil), si generaun campo elettromagnetico per-pendicolare al flusso di correntepresente nella bobina. Posizionan-do un secondo conduttore (scalpo)entro il campo magnetico, vieneindotta corrente in questo secondomezzo. Si determina, pertanto, unacorrente indotta, in grado di pro-durre dei potenziali di azione inneuroni eccitabili della corteccia. Imetodi di stimolazione sonosostanzialmente due: il metodo a"singolo impulso" (Single Pulse

TMS) dove l'impulso consiste inuna singola scarica (intervallo traimpulsi >3 s) conferita al soggettoed i “treni di impulsi” (RepetitiveTMS) dove l'impulso consiste in nscariche in un periodo di tempoprestabilito. Gli effetti di quest'ul-tima dipendono dalla frequenza,intensità e durata dei treni dirTMS, treni a bassa frequenza (< 5Hz) diminuiscono l'eccitabilitàneuronale, mentre le alte frequenze(> 10 Hz) aumentano l'eccitabilitàneuronale.Proprio per le sue caratteristiche lastimolazione magnetica transcrani-ca potrebbe sortire effetti positivisu pazienti, quali sono quelli condisturbi della coscienza, in cui siassiste ad una diminuzione dell'ec-citabilità neuronale. Proprio su

questo postulato si basano gli unicidue lavori in letteratura condottisulla stimolazione magnetica tran-scranica in soggetti con disturbi dicoscienza.Si tratta di due case report moltodifferenti tra loro: è diverso il qua-dro clinico del soggetto, il metodo,la sede e la durata della stimolazio-ne, gli strumenti utilizzati per valu-tare il risultato terapeutico. Seppurcon tutti questi limiti, e tenendoconto di quanto poco due casi cli-nici possano pesare in termini dievidenza scientifica, i risultati otte-

nuti meritano più di una riflessio-ne.Il primo studio è del 2009 ed èstato condotto dalla DottoressaTheresa Louise-Bender Pape pres-so il Department of VeteransAffairs (VA), Research service,Hines, Illinois (Louise-BenderPape T, Rosenow J, Lewis G, et. al.Brain Stimulation 2009;2:22-35)1.Lo studio aveva due scopi princi-pali: il primo di monitorare l'insor-genza di eventi avversi correlabilialla stimolazione e il secondo diesaminare l'efficacia di un eventua-le effetto terapeutico di repetitiveTMS sul recupero di responsività.Un ragazzo di 26 anni in statovegetativo da 10 mesi è stato sotto-posto ad un protocollo di stimola-zione magnetica transcranica, 300treni con frequenza a 10 Hz, per seisettimane. Prima della stimolazio-ne il paziente non presentava rispo-ste a nessun tipo di stimolo uditivo,visivo, tattile o nocicettivo.La zona scelta per la stimolazionecorrisponde alla corteccia prefron-tale dorso laterale destra; tale zonaè responsabile del mantenimentodell'attenzione ed è connessa astrutture anatomiche profonde lacui integrità risulta necessaria per ilmantenimento della vigilanza.Durante lo studio il soggetto nonha presentato nessun evento avver-so, mentre si è assistito ad unmiglioramento clinico con passag-gio da uno stato vegetativo ad unodi minima coscienza: il paziente hainiziato dapprima a seguire con losguardo l'interlocutore, successiva-mente a vocalizzare singole parolee, al termine delle sei settimane, si

di

Giuliana CervigniMedico in formazione specialistica inFisiatria Medicina riabilitativa OspedaleMaggiore-Casa dei Risvegli Luca De Nigris

“Di sicuro siamodi fronte ad uno

strumento terapeuticoche merita altresperimentazioni”

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RICERCA

è potuto cominciare a impostare uncodice binario di risposta si/no. Lamadre, intervistata un anno dopo,descriveva che il figlio aveva man-tenuto la responsività che si eraraggiunta dopo la stimolazione.Il secondo studio è stato eseguitopresso l'Istituto Neurologico diRicerca a Carattere Scientifico diVenezia (Piccione F, Cavinato M,et al. Neurorehabilitation and Neu-ral Repair July 20, 2010)2.Quest'articolo, pubblicato nelLuglio del 2010, descrive i risulta-ti ottenuti dalla stimolazionemagnetica transcranica di unpaziente in stato di minimacoscienza. Il Paziente era capace diruotare lo sguardo verso una fontedi rumore e di agganciare con losguardo un oggetto in movimento.In questo caso il protocollo preve-deva che in un’unica giornatavenisse stimolata la cortecciamotoria primaria con 2 sedute di 10

treni di stimolazione a 20 Hz, inter-vallate dalla stimolazione delnervo mediano al polso. I risultatimonitorizzati con elettroencefalo-gramma e valutazione clinicamostravano un incremento nelleperformance del paziente: nelle seiore successive il paziente eseguivamovimenti volontari su comandiverbali, come prendere un bicchie-re e portarlo alla bocca. Tali capa-cità scomparivano però dopo circa6 ore dal trattamento di stimolazio-ne magnetica transcranica e il sog-getto tornava al suo stato clinicooriginario.Questi due risultati non ci permet-tono ovviamente di trarre conclu-sioni sull'efficacia della stimola-zione magnetica transcranica. Disicuro siamo di fronte ad uno stru-mento terapeutico che merita altresperimentazioni visti questi inco-raggianti risultati.Numerosissimi sono i quesiti non

risolti: chi può avvalersi della sti-molazione? Qual è la dose ottimaledi stimolazione? Quale frequenzautilizzare? Che zona stimolare? Perquanto tempo è necessario effettua-re la stimolazione affinché inducamiglioramenti permanenti neltempo? Questi sono solo alcunedelle domande che ci possiamoporre e che rendono questo campodi applicazione così affascinanteproprio perché ancora molto pocoesplorato.

1 Louise-Bender Pape T, Rosenow J, LewisG, et. al. Repetitive transcranial magnetic sti-mulation-associated neurobehavioral gainsduring coma recovery .Brain Stimulation2009;2:22-352 Piccione F, Cavinato M, Manganotti P, etal. Behavioral and neurophysiological effectsof repetitive transcranial magnetic stimula-tion on the minimally conscious state: a casestudy. Neurorehabilitation and Neural RepairJuly 20, 2010

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RICERCA

I dati di una ricerca che analizza tutte le difficoltà del ritorno a casa dopo la riabilitazione

Qualità della vita del care-giver del pazientecon TCE: follow-up a lungo termine

La riabilitazione è un processodi recupero ed apprendimen-

to che cerca di accelerare e otti-mizzare il decorso post trauma,curandone i deficit, le disabilità egli handicap risultanti. Essa miraad aiutare il paziente a riguada-gnare la libertà nei movimenti, el’indipendenza funzionale e areintegrarlo il più possibile nellavita comune.Per quest’ultimo aspetto è impor-tante la valutazione dell'ambientedi vita, della funzione della fami-glia.Il reinserimento familiare e socia-le dopo una degenza ospedalieracausata da un TCE può essere dif-ficile sia per i pazienti che per lefamiglieLa centralità del paziente e ilcoinvolgimento dei familiari nelpercorso riabilitativo, in partico-lare della persona identificatacome principale fornitri-ce del sostegno, rappre-sentano un punto fonda-mentale per avere unquadro di riferimentoutile. Oggi si parla sem-pre più di “care-giver” o“carer” intendendo rife-rirsi con questo termine achi si fa carico, a chi siprende la responsabilitàdelle cure verso la perso-na malata o disabile.Spesso, in effetti, i fami-

liari sopportano un carico assi-stenziale “improprio” e moltopesante, accudendo quasi esclusi-vamente da soli i propri parenti,mentre in misura minore si avval-gono del supporto di operatori eIstituzioni. Nonostante il crescen-te isolamento dei nuclei familiaried un complessivo allentamentodei rapporti parentali, il nucleofamiliare ristretto sembra mante-nere, seppur con crescente fatica,

il ruolo di intermediario con glialtri parenti, con gli amici e con leistituzioni, secondo linee relazio-nali, prevalentemente femminiliche si attivano nei momenti criti-ci della vita dei suoi componenti.La stessa rappresentazione dellacronicità della malattia non sipone al livello del singolo, ma inquello dei rapporti tra le persone eil sistema familiare di appartenen-

za. Ci sono famiglie (di conse-guenza carer) che, anche perlungo tempo, reggono situazionimolto impegnative, altre in cui ilcarico assistenziale cui sono sot-toposte risulta .in poco tempo,non gestibile e fortemente pena-lizzante.In genere il carer è necessariodove c’è una malattia senza spe-ranza di ripresa, o comunque unasituazione a cui si accompagnauna perdita di autonomia e di fun-zioni. Di solito si tratta di patolo-gie complesse dove più che dicura si dovrebbe parlare di siste-ma di cure; patologie che coinvol-gono chi ne soffre e chi gli staintorno condividendone la vita.La capacità di un paziente conesiti di TCE di ritornare a casadopo la riabilitazione è general-mente considerata come unauspicabile traguardo. Tuttavia,la situazione potrebbe essere dif-ferente se le necessità del pazien-te imponessero a chi gli sta vici-no un peso insopportabile. Quin-di è di fondamentale importanzaverificare e salvaguardare la qua-lità della vita del care-giver,

intendendo per qualitàdella vita la possibilitàdi mantenere uno spa-zio relazionale, la possi-bilità di saper ricono-scere i propri bisogni epoter fare riferimentoalla rete sociale perrisolverli; la possibilitàdi ricavarsi uno spazioed un tempo tutto persé. Per esaminare questiaspetti abbiamo pensatodi inviare a un campio-

di

Gian Pietro SalviDirettore clinica QuarenghiSan Pellegrino TermePresidente associazione GenesisPresidente La Rete

“Ci sono famiglie cheanche per lungo temporeggono situazionimolto impegnative”

Grafico 1

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RICERCA

ne di familiari di pazienti conesiti di trauma cranico, un que-stionario di valutazione.Il criterio con cui sono stati sele-zionati questi nominativi ha tenu-to conto del fatto che il nostroobiettivo era quello di verificarela situazione domiciliare a lungotermine; per questa ragione si èstabilito che fossero trascorsialmeno 10 anni dalla data delTCE.

Questa indagine infatti fa parte diuna ricerca più ampia ( ::= 200questionari in tutto tra quelli indi-rizzati ai familiari e quelli indiriz-zati agli ex pazienti). In questaprima fase l'attenzione è concen-trata sul carer, in una fase succes-siva verranno analizzati i datiemersi dal questionario propostoai pazienti stessi che hanno rispo-sto ad un questionario specifico.Dall’analisi globale di tutte leinformazioni raccolte pensiamodi poter ricavare non soltanto datiutili per la nostra ricerca, bensìstrumenti pratici per proseguire ilnostro lavoro.Questo sistema di raccolta delleinformazioni ( l’insieme delle dueinterviste) è stato utilizzato peridentificare le caratteristiche dellefamiglie in relazione ai problemida risolvere, ai ruoli, alla comuni-cazione, agli affetti, al controllodel comportamento e all'organiz-zazione in generale.Nel questionario elaborato per icarer 10 item raccolgono le carat-teristiche della famiglia e delcare-giver stesso: dati anagraficidi chi assiste e grado di parentelacon il paziente; la disponibilitàrichiesta/prestata e la fascia orariacoperta; l’accertamento dell’ade-guatezza e della sufficienza del-l'assistenza ricevuta da parte delterritorio; un'autovalutazionesugli aspetti fondamentali per laqualità della vita del proprio con-giunto; infine quattro domande

riferibili alla “salute” di chi assi-ste per valutare gli oneri del cari-co assistenziale e l'attitudineall'assistenza da parte del familia-re designato.Il questionario è stato consegnatodirettamente al familiare che lo hacompilato comodamente a casa erispedito successivamente. Lascelta dell’“autosomministrazio-ne” ci è sembrata in linea con l'ideadell'autonomia e della responsabi-lità, l’appartenenza alla Associa-zione di Ex -pazienti (Genesis -Associazione per il Recupero delTrauma Cranico) ha costituito ilfilo rosso di tutto il progetto.Entrando nel dettaglio, come giàaccennato, il primo dato interessan-te è stato che 34 carer su 50 sonorisultati essere di sesso femminile(78% del tot. - GRAFICO 1).Rispetto al grado di parentela con

il paziente, di queste 34 donne 24erano le madri, 9 le mogli, una erala sorella. I questionari ci hannoanche fornito dati sullo stato civi-le pre e post TCE: Ci sono stati 9matrimoni avvenuti dopo il perio-do riabilitativo e purtroppo anchequattro divorzi che hanno fattoricadere di nuovo il carico assi-stenziale sul nucleo d'origine (igenitori, la mamma) ove ancorapresente oppure hanno costrettola persona coinvolta a gestire dasola l’organizzazione domiciliare.È evidente che siamo di fronte aduna crisi della famiglia, resa taleanche da una “grossa solitudine”di fondo che deve essere conside-rata a tutti gli effetti un problemasociale cui dare un’adeguatarisposta.Il senso di profonda “sofferenza”fisica e/o psichica si rileva ancheattraverso la dimensione del tempo

Grafico 2

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RICERCA

passato con il parente: l’80% deicarer (40 persone) passa più di 8ore al giorno in sua compagnia e lastessa % anche tutte le notti (GRA-FICO 2). Pensiamo a come posso-no percepire il trascorrere deltempo, scandito da gesti ripetitivi ea volte monotoni, le mamme, igenitori, i coniugi che giorno dopogiorno, sopperiscono alle carenzedei servizi di assistenza spesso pri-vandosi di spazi personali di vitarelazionale. Tanto più che in riferi-mento alla fascia d’età dei care-giver rileviamo che solo il 9% haun'età inferiore ai 40 anni; il 34%ha un'età compresa tra i 40-50anni, 1’8% ha un’età compresa trai 56 e i 65 anni, addirittura il 10%superiore ai 66 anni. La preoccu-pazione per il futuro è strettamenteconnessa a elementi anagrafici edattraversa orizzontalmente tutte lefasce d’età: sia la madre 54ennecon figlio ancora giovane caduto inmoto, sia la moglie 70enne chenon riesce più fisicamente a segui-re il marito 78enne con gravi pro-blemi motori e scarse capacitàcognitive.

A maggior ragione la preoccupa-zione nasce dal fatto che se il 60%(vale a dire 30 carer su 50) vieneaiutato dalla famiglia stessa, il24%, però, non può contare sul-

l’aiuto di nessuno; ancora pochi,infatti, gli aiuti esterni (amici 6%,assistenti domiciliari 6%, badanti4%). A questo proposito è utilericordare che fanno parte della retesociale naturale, oltre ai familiari,anche le persone che gravitanointorno al paziente per vicinanzaaffettiva o geografica. Queste per-sone partecipano a pieno titolo(anche giuridico in base alla leggequadro 328/00) alla realizzazionedel sistema integrato di interventi eservizi sociali alla persona. Le retisociali, quindi, possono svolgere,anche per il carer, un importanteruolo di social support con funzio-ni di promozione e tutela del

benessere individuale. Purtroppodall'indagine appare piuttosto evi-dente che, soprattutto in presenzadi grave disabilità, le risorse dellarete sociale naturale sono spessoristrette e fragili. Il lavoro con e perla rete sociale del paziente è com-pito specifico dei servizi formali dicura, oltre che del servizio territo-riale. Utile notare, a partire dallaprovenienza geografica del nostrocampione, risultata essere piuttostoeterogenea, la conferma di unamaggior organizzazione ed offertadi servizi socio-assitenziali e riabi-litativi, al centro nord, rispetto aquelli presenti al sud. In pianural’organizzazione è più facile, piùdifficile in montagnaRispetto all'assistenza sul territorioofferta ai carer, sono stati riferitiproblemi da un 20% degli intervi-stati rispetto ad un 36% che hariferito di non avere incontratoalcuna difficoltà: ci chiediamo serealmente la situazione sia cosìrosea o se più verosimilmente sitratti di persone che hanno preferi-to contare solo su se stesse rinun-ciando alle richieste verso gli entio le associazioni o semplicementei Servizi Sociali di zona (dove pre-senti). Nei questionari sono ripor-tati i principali problemi riscontra-ti: carenza di servizi di assistenza eGrafico 3

Grafico 4

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RICERCA

inserimento lavorativo (43%), dif-ficoltà di trasporto per visite e trat-tamento riabilitativo (36%), ecces-siva burocrazia (inail - inps - pro-cura- tribunali) (21%), scarsità diopportunità di vacanze sollievo digruppo, riduzione del numero diausili forniti gratuitamente, diffi-coltà logistiche e assistenzialirispetto alle visite di controllo(eccessiva dispersione degliappuntamenti durante l’anno, pervisite ed esami in Strutture diverseciascuna con il proprio iter buro-cratico) (9%) (GRAFICO 3)Alla domanda su che cosa, secon-do il carer, avesse migliorato lavita al proprio congiunto il 50% harisposto i rapporti familiari seguitoda un 40% il raggiungimento del-l'autosufficienza motoria; il 36%l’integrazione lavorativa; il 24%sia i rapporti sociali esterni allafamiglia che l’indipendenza; il20% la memoria e il 12% il ritornoalla vita di coppia (GRAFICO 4).Queste risposte chiariscono latipologia delle esigenze emotive epratiche di cui la famiglia, anchedopo tanti anni dalla fine del per-corso riabilitativo in Struttura, si faportavoce, riportando l’attenzionesu una quotidianità fatta il più pos-sibile di normalità ed autosuffi-cienza.Per affrontare meglio il rientro aldomicilio infatti, il 54% ha trovato

utile l’ascolto delle proprie diffi-coltà e bisogni nonché di suggeri-menti sulle modalità più efficaciper la riorganizzazione della quoti-dianità; il 18% a pari merito ha tro-vato utili sia le informazione sullepeculiarità degli esiti cognitivi ecomportamentali nei TCE, sia l’a-nalisi delle proprie modalità dicoinvolgimento nelle attività assi-stenziali e riabilitative e la gestionedell'ansia da separazione connessaalla dimissione del paziente dallastruttura; il 14% l'addestramentoad un’efficace assistenza al paren-te; infine il 12% ha trovato profi-cue le rassicurazioni finalizzate amitigare le sensazioni di inadegua-tezza e gli eventuali sensi di colpa(GRAFICO 5).

La preoccupazione prevalente neicarer, rilevata come costantemente“attiva” nel lungo termine è stataquella per il futuro: «cosa succe-derà al mio caro quando io non cisarò più?» (64%), riferibile comegià esposto, sia all’età media di chiassiste che alla sensazione di esse-re soli con il proprio problemasenza referenti a cui poter delega-re, qualora, per età o per condizio-ne di salute precaria, venga a man-care anche quell'ultima risorsa.Il 18% dei carer si sente semprestressato dal doversi prendere curadi, e soddisfare contemporanea-mente le altre responsabilità, il40% lo è ogni tanto, il 24% non sisente mai stressato (GRAFICO 6).Per il 16% a causa del tempo chetrascorre con il parente, non ha piùtempo da dedicare a sé; per il 22%ciò accade solo ogni tanto; per il32% il tempo trascorso con il con-giunto non limita in alcun modo lapropria libertà.Sui familiari l’iniziativa ha avutouna ricaduta più che positiva :quasi tutti gli intervistati hannoaggiunto commenti e segnalazionial questionario proposto ed hannoapprofittato di questo strumentoper sfogarsi, ringraziare, interagirecon un interlocutore che hannopercepito come attento ed “inascolto” rispetto al loro disagio.Grafico 5

Grafico 6

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NUTRIRE IL CERVELLO

Non solo cardioprotettivo ma anche neuroprotettivo. Il pesce azzurro contieni livelli alti di grassi omega-3

Acidi grassi omega-3, neuroprotezionee neuroinfiammazione

Numerose ricerche in campoepidemiologico hanno dimo-

strato l’esistenza di una correlazioneinversa tra consumo di pesce emalattie neurodegenerative.Il pesce contiene alti livelli deicosiddetti “acidi grassi poliinsaturiomega-3” (PUFA ˆ-3), tra cui i piùrappresentativi sono l’acido eicosa-pentaenoico (EPA) e l’acido doco-saesaenoico (DHA). Queste duesostanze sono molecole di naturalipidica che il nostro organismo è ingrado di biosintetizzare autonoma-mente, ma in quantità estremamen-te limitate. La loro importanza per lasalute dell’uomo risiede nel lororuolo cardioprotettivo, di regolatoridei livelli dei lipidi ematici, eantiaggregante, ragione per cui sonoconsumati, soprattutto sotto formadi integratore alimentare in venditanel canale farmacie, da pazientiaffetti da patologie cardiovascolari.Ma la loro importanza non risiedesolo nel fatto di essere potenti agen-ti cardioprotettivi, ma anche nelruolo da essi ricoperto a livello delsistema nervoso.Infatti EPA e DHA sono i principaliacidi grassi presenti nelle membra-ne delle cellule neuronali, a cui con-feriscono la giusta fluidità e funzio-nalità. Quindi il loro ruolo struttura-le, nei processi di neurogenesi eneurotrofismo è da tempo assodato.È infatti riconosciuta l’importanzadi una assunzione dietetica di tali

molecole già fin dalla prima infan-zia, durante la fase del delicato svi-luppo delle funzioni neuronali, coneffetti migliorativi anche sulle capa-cità di apprendimento. Ma, comedicevamo prima, pur essendo il

nostro organismo in grado di biosin-tetizzare tali acidi grassi a partire dacomposti precursori anche essiintrodotti con la dieta quali alcuniacidi grassi presenti nei vegetali afoglia verde, la velocità della lorosintesi è limitata e soprattutto dimi-nuisce con l’età. Ne consegue lanecessità di una introduzione addi-

zionale con la dieta. I livelli diassunzione raccomandati (LARN)per la popolazione italiana suggeri-scono un introito di circa 1 grammodei due tipi di omega-3 al giorno.Quali sono gli alimenti più ricchi diEPA e DHA? Senza alcun dubbio ilpesce e gli olii di pesce. Una por-zione di circa 100 grammi di pesceè in grado di garantire un apporto ingrado di soddisfare i LARN, soprat-tutto se tale pesce è il pesce azzurro.Infatti, a differenza di quanto sipossa pensare, non sono i pesci piùpregiati dal punto di vista commer-ciale, quali il branzino, l’orata o lasogliola, ad essere i più ricchi di talimolecole, ma l’umile pesce azzurro,tra cui alici, acciughe, sardine,sgombri, che contengono media-mente circa 2 grammi di omega 3ogni 100 grammi di parte edibile.Quindi garantirci un apporto corret-to di EPA e DHA è facile e relativa-mente poco costoso.

di

Silvana HreliaDipartimento di Biochimica“G.Moruzzi” - Alma Mater StudiorumUniversità di Bologna

“100 grammi di pesceazzurro sono in gradodi garantire un apportoin grado di soddisfarei livelli di assunzioneraccomandati (LARN)”

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NUTRIRE IL CERVELLO

È più recente la scoperta del ruoloneuroprotettivo di tali acidi grassi,dei quali è stata recentementedimostrata un’azione anti apoptoti-ca, in grado cioè di contrastare ifenomeni di morte cellulare a livel-lo delle cellule neuronali. Inibire iprocessi apoptotici risulta di prima-ria importanza in quanto i neuronisono cellule perenni, non in gradodi replicarsi, delle quali dobbiamocontrastare la perdita che può veri-ficarsi fisiologicamente con l’in-vecchiamento o a seguito di patolo-gie quali Parkinson o Alzheimer oanche a seguito di traumi cerebralio ictus. È interessante notare come isoggetti affetti da patologie neuro-degenerative presentino bassi livel-li ematici di acidi grassi omega-3.Tutti i processi patologici sopracitati sono inoltre correlati ad unelevato grado di neuroinfiamma-zione, evento causativo della catenadi eventi che porta in ultimo allamorte neuronale. Spegnere la neu-roinfiammazione determina l’atti-vazione di meccanismi di difesaendogeni delle nostre cellule tali dasopprimere meccanismi apotpoticiletali.Tra i due acidi grassi omega-3,soprattutto il DHAsi è dimostrato ingrado di svolgere un’azione anti-infiammatoria sistemica. Viene uti-lizzato nel trattamento di patologie abase infiammatoria quali l’artrite

reumatoide, il morbo di Chron e larettocolite ulcerosa. Solo recente-mente si è scoperta una sua azionepotente e selettiva anche nei con-fronti della neuroinfiammazione.Studi effettuati sull’animale daesperimento hanno evidenziato cheuna dieta priva di DHA scatena laproduzione di molecole quali l’aci-do arachidonico, riconosciute per laloro potente azione pro-infiamma-toria. Una dieta cronicamentecarente, per basso apporto dietetico,di DHA, pone il cervello in condi-zione di diminuire le proprie difeseantiinfiammtorie e aumenta invece isegnali predisponenti allo scatenarsidi eventi proinfiammatori.Studi effettuati sull’uomo utilizzan-

do la tomografia ad emissione dipositroni (PET) hanno evidenziatoche il cervello “consuma” 4.6mg/giorno di DHA, che, se non ade-guatamente rimpiazzato dall’appor-to nutrizionale, può portare ad alte-razioni della struttura della mem-brana neuronale e della produzionedi neurotrasmettitori. Questi studiaprono il campo a future applicazio-ni delle moderne tecniche di ima-ging anche nello studio del metabo-lismo cerebrale di nutrienti quali iPUFA in condizioni patologiche, alfine di progettare nuove strategienutrizionali e/o farmacologicheadatte a sopprimere i livelli di neu-roinfiammazione e ad aumentare lapotenzialità neuroprotettiva.

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CASA DEI RISVEGLI LUCA DE NIGRIS

“Dopo ... di Nuovo, gli Amici di Luca”: sensazioni e testimonianze dei protagonisti

Un anno tra espressività ed emozioni

Ci domandiamo: “Chi sono io peressere brillante, magnifico, pieno ditalento, favoloso?”. In realtà, chisei tu per non esserlo? Tu sei unfiglio dell’Universo. Il tuo giocare asminuirti non serve al mondo. Noisiamo fatti per risplendere comefanno i bambini. Noi siamo fatti perrendere manifesta la gloria dell’u-niverso che è in noi: non solo inalcuni di noi, ma in ognuno di noi

Nelson Mandela

Le foto dell’articolo sono di CleoDanza

Èpassato un altro anno di attivitàper il Laboratorio Teatrale

“Dopo Di Nuovo, gli Amici diLuca” e non siamo stati con le maniin mano… un anno caratterizzato daincontri per formarci in manieranuova come con Paolo Ruocco eAlessandra Cocchi in un percorsosul ritmo o l’acquerello Steinerianocon Giuseppe De Luca, incontri conla comunità con una serie di labora-tori-performance aperti al pubblico,giocati in piazza e nei licei, o con leperformance in autodrammaturgiaall’interno della manifestazione esti-va “la Conquista della Felicità”, maanche incontri tra di noi del gruppoe noi della struttura per la costru-zione di sagome colorate e giorni diextra-ordinarietà. Molto ci sarebbeda dire, ma preferisco dare la parolaai veri protagonisti di questa avven-tura…

Alessandra

L'isola dove fili rossi uniscono lepersone, anche quelle che si cono-scono appena, dove per far festa simangiano torte con le vongole, l'i-sola dove si impara a parlare con igesti e a sorridere con gli occhi,dove si scopre che si può dire basta,ma che non si può mai dire mai.Una penisola, forse, dove incursionibarbare hanno lasciato sempre qual-che regalo, anche quei barbari che sifermavano al confine e non osavanoentrare, per paura di imparare unalingua nuova o di perdersi in questapenisola, in cui le strade si sa dovecominciano ma poi non è ben certoche da qualche parte fniscano. Oforse una terra di mezzo, un croce-via di strade, di percorsi: uno diquei luoghi dove puoi passare disfuggita e allora ti sembra chesarebbe bello fermarsi a guardare,anche solo per un'ora, tutta la genteche passa per di là, ma se poi tifermi davvero, e cominci a riflette-re, capisci che in fondo anche tucontinui a muoverti, di un movi-mento lentissimo, impercettibile,che se guardi quelli vicino a te sem-brano fermi, ma è perchè vi statemuovendo insieme.

Marco

I bei momenti.. Stefano che si metteridere e mi vuole abbracciare pervia di una ciambella alle vongole..Gianni che chiede appuntamento aGisella e io provo a suggerire solu-zioni possibili.Un giorno Nino si ricorda il mionome perché è lo stesso di suobabbo... Francesco che ride e diceche sono forte..Fede che mi fa icomplimenti per il testo...Fede che si fida di me davanti a un

vuoto in prova. Nino che ricorda"dopo dinuovo" nel linguaggio deisegni... Gisella mi ringrazia delmassaggio. Canna e suo fratello chehanno una gran fotta per lo spetta-colo.. Ciccio beato carezza le guan-ce di Emma che ha gli occhi chiu-si..La bimba dell'Anto e il bimbo diLaura... Le lacrime di LauraMarco Truzzo si schiera con me eChristian Sacchetti contro ElenaCantelli, Davide Sacchetti e le forzedel male... Luca ha un'immagina-zione infinita ed è bravoTrozzo compagno di merende..Giu-liana mi invita a prendere un tea eride... La carezza alla guancia diEmma e il lavoro con la creta..Chri-stian ha trovato l'ascoltatrice piùcarina: bravo gallo! Alessandra eCristina ridono di gusto e il lavoro

“Dopo di Nuovo, gli Amici diLuca”, nasce ufficialmente nel feb-braio del 2009 con l’intento di uti-lizzare il teatro come strumento perfacilitare la socializzazione, allena-re la creatività individuale ed allar-gare le proprie potenzialità comuni-cative.Il gruppo è formato da dimessi dalla“Casa dei Risvegli Luca De Nigris”e oper-attori volontari. Dopo diNuovo, gli Amici di Luca può con-siderarsi come intervento educativoed espressivo che accompagna lapersona anche nel delicato momen-to della dimissione, creando un unospazio e un luogo che ammortizzi ildistacco dalla struttura e accompa-gni la persona nel riallacciare rela-zioni vecchie e nuove.

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CASA DEI RISVEGLI LUCA DE NIGRIS

sullo specchio va avanti... France-sco è stato entusiastato be continued..notte

Augusto

Mi chiamo Claudio e all'inzio nonvolevo partecipare al teatro, perchèpensavo che non mi servisse (per-chè ero un pò superiore), invece nonsolo ho fatto una bella esperienza,che spero che continui ma ho trova-to degli amici, con cui scherzareanche o parlare, di cose serie è unesperienza che consiglio a tutti, nonl'incidente che si sta male e si fa starmale, ma se succede l'incidente nonbisogna chiudersi in se stessi, (comeavevo, fatto io), la vita continua perfortuna ciao.

Claudio B.

Io ritornerei volentieri a far parte delgruppo Dopo di Nuovo e sarei con-tento di ritrovarci tutti assieme per-ché mi sono trovato molto bene, mi èpiaciuto il laboratorio perché abbia-mo fatto cose nuove che io nonavevo mai fatto, mi sono divertito adipingere, ad incontrare nuovi amicicome Augusto e Francesco e nonvedo l’ora che inizi di nuovo, ilDopo di Nuovo .Ciao a tutti

Nino

Il teatro che fai tu, Alessandra, a mepiace. Sebbene puoi trovarti chiun-que a fare teatro, da chi può capitareche parli a bassa voce – dipendedalle volte (io) – a chi può fare faticaa muoversi (carrozzina, o ex carroz-zina) ce la fai comunque. Con le per-sone che hai a mano tu riesci a farloro fare quello che loro possonofare, quello che loro possono darealle altre persone, agli altri. Non èsemplice ma tu riesci a farlo.Riesci anche a tappare i buchi che tisi creano, facendo recitare gente chenon recita, che non fa teatro: ma tu lafai recitare. È una cosa che io ritengo

bella, perché tu riesci a coinvolgerenel modo giusto anche chi non è,all'inizio, coinvolto. Ma tu ci riesci.

Vi saluto qua. Ciao Gisella

Un nome, un volto, un sorriso, unalacrima in un sorriso (e penso allafaccia di Nino quando i primi giornialternava la commozione gioiosaall'emozione triste e piangeva).Tutto è graduale, in processo e in tra-sformazione da una scelta di ritmo,tentiamo l'incontro provando ritmicomuni. Tutto gradualmente, conordine: la scelta in velocità e in len-tezza. Tutti insieme. Ci incontriamoin un rito: la danza dei nostri nomi.GIULIANA che diventa Giuiaa (invelocità) e ancora G-i-u-l-i-a-n-a.Per nascere ci vuole il posto giusto.Per nascere ogni giorno sono incerca di posti giusti e sono giusti soloquando non lo sono. La vita stessa èparadossale... finisce morendo!Così il posto giusto per rinascere ecrescere è creato all'istante da perso-ne non giuste, persone che ci sono,imperfette, che nell'accettare la pro-pria diversità diventano meraviglio-se.E ogni lunedì è necessario ripresen-tarsi con Claudio C.: “Ciao io sonoGiuliana, facciamo teatro insieme

nel gruppo Dopo Di Nuovo” lui sìche riconosce il mio essere diversaogni lunedì! perchè mica sono lastessa che ha incontrato la settimanaprima!...eppure sono anche quella, oalmeno lo sono stata!Poi c’è Claudio B. che ci insegna chedobbiamo aprire bene le orecchie!Già le dobbiamo proprio sturare! Eascoltandolo ci rendiamo conto diquanto cerume strutturale abbiamonelle nostre comunicazioni giorna-liere! Allora un respiro di sollie-vo...allora non si può proprio fare ameno di dimenticarsi il suono abitua-le che oramai diamo per scontato!Menomale! Era come ho sempresognato!C'è Francesco che con i suoi bacisuona il mondo che lo circonda(indimenticabile la sua orchestra neigiochi sul ritmo), riempe di gioiaquando mi sorride e mi dice “Seibella!”...già ne avevo proprio biso-gno!...Gisella e il suo salame al cioccola-to! già ho l’acquolina in bocca!Quanta attenzione e amore che c’è inquello che fa, in quello che facciamoinsieme. E ogni volta anche se è ungesto già conosciuto lei lo rendeancora nuovo, fresco di un respirodiverso.E come non scuotersi quando mi si

Poco prima di andare in scena con la performance “10 germogli”. Niente tensioni, ma solovoglia di divertirsi.

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chiede se “sono stata in coma e se si,se posso concedere un'intervista!”allora è vero... non è proprio tuttocosì normale in me!Che bello!!! – mi dico.E un flash: Stefano F. che come unlampo ha illuminato quella stanza,che ci accoglie, e l'ha riempita deisuoi silenzi eloquenti e sorrisi teneri,quanta serenità che ho sentito emana-re da lui!E poi lui....il mio fedele compagnodel lunedì! Un passo avanti e Federi-co Federico Federico! Quando cirelazioniamo nello specchio lui èquella parte di me che non conosco escopro: ripete il gesto con me, ne traespunto, sembra simile, sembra quasiuguale e invece! Ogni volta mi stupi-sce! e poi insiste! come insiste! Fede-rico Federico Federico! É un ritornel-lo dopo strofe, c'è lui, ritorna! (GrazieFederico).Ma come non rammentare tutti queisimpatici smorfiosi (perchè quantefacce che abbiamo fatto in questimesi, ne sono testimoni tutti i nostritableau vivant!) operatori “normali”che siamo noi! – e io che volevo farel’Attrice!!Ma è così bello ritagliare questo spa-zio così speciale e diverso da ognialtro, così ricco di Diversità e Alte-rità. Ne esco sempre cambiata, attra-versata da qualche nuova consapevo-lezza risvegliata in me.Grazie alle educatrici e pedagoghe, adAntonella e-risata che nasce sponta-nea all'immagine dell’adolescente chemastica la gomma “bella yo” cosìegregiamente abitata da... Cristina!Infine Alessandra, paziente donna,che ci accompagna facendoci sboc-ciare nelle nostre singolari poeticità.Grazie a noi tutti, meravigliose diver-sità in comunione e ascolto: dopo dinuovo, dopo dopo, didi dinuovodopo! di- nuovo!! dopo dopo dopo dinuovo!-me ne vado canticchiando frame eme!

Giuliana

Quando cominciai a frequentare“Dopo di Nuovo”, mi capitava di

essere stanco, a volte mancava lavoglia, poi durante l’attività mi siaccendeva una fiamma, così la vogliacresceva, come il divertimento. Sonostato affiancato “affibiato” a Domeni-co, Nino, o meglio “il Maestro”.Con l’aumentare del tempo questa“malavoglia” è andata sempre piùdiminuendo fino a sparire, anzi illunedì era, ed è, il giorno dedicato aNOI. NOI, è un termine che non sem-pre mi capita di utilizzare, sopratuttoin un laboratorio, nel senso che anchese si lavora insieme, non è detto chetra i componenti del gruppo si crei unbuon affiatamento, almeno per espe-rienze personali. Dopo di Nuovo perme è questo. È un grade Noi, un gran-de organo, composto da attori e opera-tori; da Alessandra, sempre pronta aproporre, stimolare, cogliere e trasfor-mare, lei non ti fa mai sentire solo oabbandonato; le cure di Antonella eCristina nel seguirci, rendendoci ilpercorso semplice, facile, organizzato;le scuole e tutti quelli che seguono ilgruppo duante i laboratori aperti,anche loro sono parte del gruppo.Guardando le foto del NOSTRO per-corso, mi vien da pensare a quantecose abbiamo fatto, nonstante non siapassato così tanto tempo dalla forma-zione del gruppo, i laboratori apertifatti in piazza VIII Agosto, nella piaz-zetta della Casa Dei Risvegli Luca DeNigris, alla scuola, in piazza Maggio-ri, poi lo spettacolo per l’Epifania...tante cose e sempre con tanto entusia-smo, aspettando che ne avvenganoaltre,aspettando cheAlessandra ci sor-prenda con un laboratorio sensoriale,o un'improvvisazione divertente,o unlavoro individuale e di coppia....tantecose, mai stanchi (o quasi mai), sem-pre entusiasti..Il gruppo è aperto, si può parlare, e siè sempre ascoltati, questo per me èuno degli elementi più importanti,fondamentali, niente è dato al caso.In teatro ho sentito dire “Tutti sonoimportati, nessuno è indispensabile”,è vero, per la realizzazione di un labo-ratorio la presenza fisica non è indi-spensabile, basta sostituire, ma noitutti siamo indispensabili, perchè l'as-

senza di qualcuno la si percepisceall'inizio e la si sente durante e anchealla fine.Spero di essere stato chiaro e com-prensibile, anche se l’entusiasmo cheho per questo gruppo non è facile dariuscire esprimere con semplici paro-le.L'importante è che adesso posso anco-ra dirvi: “Ciao, a lunedì!”

Luca

Casa dei Risvegli.Laboratorio dopo di nuovoIncuriosita dall’attività che svolgeAlessandra Cortesi, le ho chiesto dipartecipare al laboratorio Dopo dinuovo alla casa dei risvegli di LucaDe Nigris.Quando lei ha accettato la mia richie-sta mi sono sentita euforica e onorata!È cominciata così la mia avventuraalla casa dei risvegli un giorno di Feb-braio del 2009.Trauma:Errore di valutazione.Mi sono trovata di fronte ad un muro!Ero convinta di non incontrare tantedifficoltà, ma ho dovuto ricredermi.Semplice complesso. Non è stato faci-le ammettere di sentirmi handicappa-ta, ero io ad essere addormentata. Hovoluto mettermi in gioco e cominciarea superare i miei limiti .

Primo risveglio:Dopo circa 3 mesi, ho cominciato asentirmi più capace di gestire la situa-

Dopo la performance qualcosa rimanesempre... un’emozione, un pensiero, uncanto, una filastrocca...

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zione. La paura di relazionarmi con ilnuovo mondo ha cominciato adaffievolirsi.

La giusta importanza di un gestoe/o di una parola:Ho compreso che in una parola, in ungesto e nello sguardo si celano tantimondi. Ho assistito ad una grandescoperta: una semplice parola, peressere espressa, ha bisogno di tantimeccanismi che interagiscono traloro. Il corpo comunica molto piùdelle parole.

Nuovo percorso:Quando ho cominciato a sentirmimeglio, più sicura e più rilassata,consapevole delle mie acquisitepotenzialità, … ecco che si presenta,come per incanto, un nuovo limite: ladifficoltà di accettare l’incompren-sione da parte dell’altro: l’incomuni-cabilità. Il nuovo limite, mi ha dato lapossibilità di aumentare la mia con-centrazione che mi ha permesso digestire meglio il mio lavoro. Hovoluto rischiare provando approccipiù creativi chiedendo “aiuto” ancheal gruppo. Mi sono, così sentita partedi un insieme.

Musica maestro:Il ritmo, la sua grande importanzanella sfera emotiva e psichica di ognipersona.Attraverso il ritmo il sempli-ce gesto acquista una maggioreimportanza. Ho sentito liberarsi ogniemozione ancora chiusa nella prigio-ne del mio corpo.Divertimento, gioia ed entusiasmosono state protagoniste nello svolge-re il laboratorio.

Sabin, oltre le barriere:Grande sorpresa! Credevo di trovaredelle resistenza, ma è stato più faciledi quando immaginassi. Ho incontra-to sguardi curiosi, attenti, interessatied interessanti, tanta immaginazionee voglia di esprimersi attraverso l’ar-te di colori.

Chiudere gli occhi:Risveglio del tatto, dell’olfatto.. del-

l’udito … piacevole sensazione nelsentirsi trasportare, riponendo pienafiducia nell’altro. Sono riuscita avedere più cose senza usare gli occhi… ho visto con le mani, con il naso,con le orecchie … Il tutto vienemeglio definito in ogni dimensione.Completezza.

Io comincio … tu finisci:Rendersi conto che quello che è statofatto da te non è tuo, o meglio non èsolo tuo, ma grazie e attraverso l’al-tro, il tuo lavoro assume una nuovaidentità. Crescita: si esce dal propriosé narcisistico per entrare in un …noi, noi, noi … noi … noi, noi, noi,noi, noi, noi, noi, noi …

Olimpia

Non è semplice per me spogliarmi dicorazza, scudo, elmetto..;)per me è stato un percorso, non so sedi crescita, ma è stato un bel percor-so in cui ho fatto i conti con tantecose (realtà esterne e non) che mifacevano paura. anche se tuttora mifanno paura, almeno riesco a nonignorarle. forse si chiama consapevo-lezza...(almeno un accenno; ma perarrivarci so che non mi basterannomigliaia di altri tortuosi percor-si...!!!!)ecco, se guardo le immagini sorrido,pensando a tutto quanto di positivosono riuscita ad assorbire in ognuna

di quelle esperienze...ma non possofare a meno di pensare anche al lavo-ro che c'è stato dietro. emozioni, disa-gi, paure di ogni tipo, curiosità, gioia,soddisfazione, fiducia negli altri e inme stessa, mancanza di fiducia, insi-curezze, imbarazzi, risate, sorrisi,sguardi, saluti....tutto questo ognivolta, ogni lunedì, ogniincontro...credo che si possa riassu-mere abbastanza bene tutto questo inquel lunedì in cui utilizzammo l'argil-la: gli occhi bendati, fidarsi dell'altroper farsi guidare, la curiosità delnuovo e lo studio e la sperimentazio-ne di qualcosa che si sta conoscendoa poco a poco... grazie!PS: e non per ultimi, i momenti delthe!!! con quei dolci fantastici emaledettamente buoni... tantobuoni...

Marty

Nessuna impressione questa volta. Eneppure riflessioni. Perché?Perché questi sono preziosi regali chele persone si scambiano con unoscopo: che vengano ritrasformate inqualcos'altro. Sono il concime delnostro terreno interiore, che affrontamomenti di ricchezza ma anche digrande aridità. Sono stimoli, intuizio-ni, semi che la nostra creatività tra-sforma in nuove idee, strade, possibi-lità.Spesso invece galleggiano sulla

Grazie alla collaborazione con Girotp, Dopo di Nuovo promuove le iniziative dell’associazio-ne anche per le strade di Bologna.

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superficie come alghe morte, rista-gnano. Non hanno divenire. Ma noidobbiamo essere ecologisti, dobbia-mo combattere l’inquinamento delnostro fiume creativo, che è ovunquee trasforma tutto, rinnova energia,implacabile e sempre vivo. Dobbia-mo abbattere le dighe, ossigenare lasuperficie, liberare gli estuari e bruli-care di creature pulsanti. E rinnovar-ci, sempre.Perciò questa volta non ho riflessio-ni sul laboratorio “Dopo di Nuovo”,nè impressioni, nè sensazioni. Hoinvece proposte, richieste, azioni,Reazioni.Siamo una coppia di vecchia data ioe C.C. Ogni lunedì ci presentiamo, cistringiamo la mano, ci guardiamonegli occhi, ci sorridiamo. Con laneve e col sole, nelle buone giornatee nei pessimi pomeriggi. Qualchevolta mi dice che ho una faccia fami-liare. Altre volte non mi riconosconemmeno io, ma lui mi stringe lamano.E allora ogni settimana, saluto tutti etorno a casa. E ogni settimana perstrada, lontano dalla Casa dei Risve-gli, mi guardo attorno e penso chesiamo noi quelli con la memoria abreve termine. Siamo noi che abbia-mo la mente come un colabrodo equello che possiamo trattenere looccupiamo con nozioni televisive.Siamo noi che andiamo a vedere laperformance del laboratorio “Dopodi Nuovo” o chi per lui, salvo poidimenticarci che il teatro, la musica,l’arte in generale è un efficacissimomezzo di sensibilizzazione, di rifles-sione (e torniamo sempre qui), ma ilvero messaggio è “Agiamo!”, la veradomanda alla quale trovare unarisposta immediata è “Cosa possofare da adesso?”, “Come possoesserci, ora, subito?” ( ma essercidavvero, in presenza di me stesso edegli altri).È in questa condizione, con questarinnovata energia, che dovremmoalzarci dopo aver visto una perfor-mance dei nostri attori, anzi nondovremmo neanche riuscire a pog-giare il sedere sulla sedia tanta è la

scarica di adrenalina evoglia di fare che ci attra-versa. Siamo noi che dob-biamo smettere di ragio-nare a compartimenti sta-gni, “questo mi interes-sa”, “quello non miriguarda”, quando siamociascuno una parte deltutto.La mia proposta, per chinon è già parte attiva diquesta struttura, e' dunque“Esserci” . Senza paura diprendere un impegno, diessere all'altezza, di farsistupire, di provare a farequalcosa o di provarequalcosa, di esprimereun'idea. E' preferibile persino unsano conflitto di opinioni all'indiffe-renza verso una condizione chesiamo convinti non ci appartenga.

Emma

Essere presente in questo gruppoquest’anno è stato per me davverodifficile..doverne uscire per un lungoperiodo e poi rientrare. I miei ricordisono infatti pieni di lacune.. macerco di contribuire portando quelloche posso…Inizialmente l’impatto con unadiversa realtà è stato dirompente,contenere l'emotività di fronte ad unvissuto difficile, drammatico misembrava impossibile. Il teatro, l'e-spressività, il gioco mi hanno peròpermesso di focalizzarmi meglio sullavoro che stavamo facendo e chefacciamo tutti insieme e il resto èvenuto da sè con una naturalezza cheforse in altri contesti simili non sonomai riuscita a trovare.Ricordo il laboratorio aperto cheabbiamo fatto in piazza VIII agosto eil volti incuriositi e divertiti deglispettatori-attori. È stato bello vederele persone prese dal pubblico lasciar-si un poco andare e recitare con noi;dopo l'imbarazzo iniziale ho vistocomparire anche sui volti di quelliapparentemente più scettici sorrisi edespressioni divertite, concentrazione

e creatività, soddisfazione.Un piccolo cambiamento. Ma decisi-vo.Lo stupore è l’elemento che haaccompagnato il nostro lavoro. Lostupore di notare piccoli grandi cam-biamenti nelle persone che costitui-scono il nostro gruppo, sui volti dichi assiste al laboratorio, sul volto dichi sperimentando scopre in se qual-cosa che non conosceva, qualcosache sembrava dimenticato o accanto-nato nella vita di prima e che orainvece ritorna, riemerge spontanea-mente.Stimolare ed essere stimolati, pernon spegnerci tutti nel grigiore quo-tidiano di operazioni sempre ugualiripetute all'infinito. Riscoprire lasemplicità di un piccolo gesto ripe-tendolo, riproducendolo e finalmenteconoscendolo. Scoprirne quindi ladifficoltà e ricominciare ad imparar-lo tutti assieme.L’esperienza sensoriale che abbiamosperimentato è stata in questo sensoilluminante. Le immagini affioriva-no alla mente mentre ce ne stavamoad occhi chiusi a camminare susuperfici di diverso materiale. Eracome muoversi su pianeti diversi,noi stessi esseri fatti di materiali checambiavano continuamente.La timidezza iniziale, quasi il pudoredi vivere certe sensazioni e ricordi, ladifficoltà di spiegare a parole qualco-

Un momento altamente espressivo di una performance inPiazza Maggiore.

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sa di così fisico ed emozionale, diastrarre ed abbandonare per una atti-mo la concretezza.Una difficoltà reale, anche una bar-riera protettiva per non temere di nonessere capiti forse, o sembrare strani.Ma i ricordi tornano forti e cerchia-mo di usare il sentimento che cirichiamano per esprimerci ora, comepersone, come attori.Sentirsi strani comunque a voltesembra inevitabile nel contatto conl'altro. Ci si studia, ci si prende permano, si entra in contatto qualchevolta non ci si capisce, il più dellevolte ci si diverte. La socialità conta.A volte ho l'impressione che certiaspetti di noi e dei nostri caratteriemergano solo al laboratorio proprioperchè siamo quelle persone che siincontrano in quel luogo e non altre.Durante il percorso ho conosciutoaspetti degli altri che inizialmentenon mi sarei mai aspettata, chi sem-brava più serio e scontroso ora miappare invece burlone o desiderosodi aprirsi.E poi stare in gruppo richiede ancheuna certa dose di regole da rispettaree il proprio impegno va ad aggiun-gersi a quello degli altri e quindi sisente la responsabilità del lavoro chesi fa e il rispetto per l'impegno deglialtri e dello stesso lavoro. L’impor-tanza di esserci e di volerci essere.Affrontare la paura. Ricominciaredopo che qualcosa si è interrotto.Ricominciare proprio da questo.Confrontandosi con l'esperienza pro-pria e di altri.Permettendosi di avere un contattocon altre persone ed altri corpi. Per-mettendosi di rispondere quando siha qualcosa da dire e permettendosianche di stare in silenzio. Potendoessere diversi gli uni dagli altri nel-l'approccio, nello scherzo e soprat-tutto diversi da quello che gli altri cidicono che siamo. Riscoprire in unpiccolo spazio la vastità di chi siamoe che forse stentiamo a ricordare.Uno spazio dove poter prendereparola e ricordare al mondo chisiamo.

Margherita

Il tempo.Quel tempo è diverso.La soggettività del tempo. avolte non ci si rende conto diquanto il passare del tempo siasoggettivo per ogni persona,bisogna sempre correre, spes-so ci si trova a dover rincorre-re il tempo , sempre troppopoco, sempre troppo veloce ilsuo scorrere.Trovarmi davanti a qualcunoche vive diversamente da me,che deve camminare con unasedia a rotelle, che sta impa-rando a parlare, a muovere lemani la differenza di quelloscorrere del tempo di dilata. Possopassare minuti ad aspettare quelgesto, quella parola, quello sguardoper me quei minuti possono esserecome ore ma per l'altro può esseretroppo poco.Così devo mettermi in ascolto, que-sto ascolto deve essere continuosenza interruzione, se mi interrompoè perchè sto pensando all'obiettivociò non fa che distogliermi da unpossibile e preziosissimo imprevi-sto! Se ascolto posso seguire passopasso, secondo per secondo quelpercorso che deve essere lo stessoper me e per l'altro (gli altri).ascolto, misuro il tempo, del miocompagno e metabolizzo queltempo.Il tempo come linguaggio. Se io hoil mio tempo e l’altro ha il suodovremo trovare un punto in cuiincontrarci e quindi quell'unicotempo.Se batto un ritmo con un tamburo el'altro vuole suonare con me dovràascoltare il mio ritmo e agire di con-seguenza.Il tempo in quelle due ore si faestremamente lento e quindi di faci-le misurazione, tutto diventa piùscandito i dettagli si evidenziano, igesti si rimpiccioliscono. Come per-correre una strada in macchina e perqualche guasto, non puoi superare i40 km/h così sei obbligato a guar-darti intorno, a non pensare solo alla

meta, puoi osservare cosa c'è primadi quel posto, tutto diventa parte delposto che devi raggiungere: da quel-l'albero, a quel fiore, a quella casa,quella donna, ogni cosa diventa fon-damentale, ogni cosa vive anche senon l’avevi considerata, ogni impre-visto diventa fondamentale.All’inizio ho chiamato questo tempo“diverso” dopo questa riflessionedico “tempo ideale”.Spero di non aver risposto troppotardi!Un bacio

Letizia

Grazie alla “Casa dei Risvegli” nonho continuato a seguire solo unapassione per il teatro ma ho svilup-pato anche un interesse nuovo e pia-cevole per il sociale.Ho incontrato diverse difficoltà manonostante ciò non voglio arrender-mi,voglio continuare questo percor-so e crescere insieme agli altri.L’incontro con il gruppo per me rap-presenta un momento di relazione,dicrescita e di riflessione.Purtoppo molto spesso la mia timi-dezza ha portato a chiudermi, ed èanche questo che insieme a voi vor-rei superare,per me si tratta di uncammino appena iniziato...non spez-ziamo questo filo... continuiamo a“giocare” insieme per scoprire e perscoprirci...

Marina

“Dopo... di Nuovo” incontra periodicamente lacomunità facendo dei laboratori aperti a tutti, nellemaggiori piazze di Bologna.

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CASA DEI RISVEGLI LUCA DE NIGRIS

L’agire pedagocico di linguaggi teatrali può produrre arte

Identità reali in situazionedi rappresentazione

“In televisione si vede piccolo, alcinema si vede grande, in teatro sivede vero”

(bambino anonimo)

Ibiologi riconoscono che il biso-gno di esprimersi è poco menoimportante del bisogno di sopravvi-vere; l’inibizione dell'espressioneemozionale porta alla perdita disensibilità e vitalità.L’espressione di sé, come manife-stazione dell'individualità, conduceall'auto-percezione e all’auto-con-sapevolezza, intese come aspettiinteriori o psichici dell'esistenzaindividuale.Qualsiasi forma di espressione di séha elementi creativi e produce pia-cere e soddisfazione. L’esperienza èil migliore e, forse, l'unico veromaestro. Se l’esperienza è tutto ciòche accade dentro l'organismo, chepotenzialmente diviene cosciente, ilteatro è un’opportunità per ri-con-quistare fiducia nell’esperienza delcorpo, per rivivere quelle emozioniche un contesto discriminante puòavere escluso dalle vite di alcunepersone. L’obiettivo può esserequello di ampliare la gamma delleabilità, per potenziare le competen-ze espressive, sostenute da senti-menti autentici.Il percorso fatto con la compagniateatrale “Gli amici di Luca” ha per-

messo a chi vi ha partecipato un'at-tività densa di contenuti affettivi edespressivi, e talvolta di recuperarela fiducia nel proprio organismo ein se stessi.“Ci occupiamo d'arte per abbatterele nostre frontiere, trascendere inostri limiti, riempire il nostrovuoto, realizzare noi stessi”.(1)Teatro è il termine-definizione diuna pratica in continua metamorfo-si; può divenire itinerario di cono-scenza dell'identità, singola e col-lettiva, tramite l'esplorazione crea-tiva e lo sbocco nella rappresenta-zione. Educare alla teatralità facili-ta l’empowerment del soggetto, epuò divenire volano di nuove com-petenze relazionali e qualità psico-

fisiche, che normalmente non ven-gono sfruttate; un'opportunità alta-mente educativa in quanto percorsostrutturato di confronto con se stes-so e l'altro, con limiti ed inibizioni.Può comportare il superamentodella solitudine: tramite l’incontroalimenta vissuti e sentimenti veri,che stimolano una maggiore com-prensione di se stessi.Il microcosmo teatrale, paradossal-mente, può essere più onesto dellavita, in quanto può rendere consa-pevoli della finzione, delle masche-

re sociali portate senza coscienza,di limitazioni create da durezzecaratteriali e fisiche; può mostrarciaspetti della nostra realtà.Teatro è luogo del giusto tempo peri sentimenti, da esperire ed espri-mere in un contesto accogliente,protetto e rassicurante, e si proponecome dimensione in cui tendere aduna piena e spontanea vitalità.Far teatro con persone disabili e insituazione di handicap, significatener presente la centralità e pecu-liarità della persona e la moltepli-cità e potenzialità degli strumenti adisposizione, per un incontro otti-male tra questi elementi.Nel 2003 pensammo di proporre ilteatro a persone con esito di coma,con l'obiettivo di limitare la margi-nalizzazione operata dalla societànei confronti di chi ha incontrato iltrauma, e una metamorfosi dellapropria condizione, non più rispon-dente ai canoni di bellezza e perfe-zione propinati dalla cultura con-temporanea fortemente narcisistica.Ci accorgemmo presto che oltre aciò avevamo attivato una formazio-ne alla persona, finalizzata a benes-sere, prevenzione della salute, ria-bilitazione di risorse, espressione econsapevolezza del sé. Questo puòfare il teatro per noi. E questo hafatto.Questa esperienza ha segnatoprofondamente il mio pensiero tea-trale. In questi anni si è corroboratain me la convinzione che lo sguar-do sul teatro debba sempre esserepedagogico; lapalissiano quandooperiamo nel disagio, ma credo lodebba essere anche quando lavoria-mo con persone in agio. Ritengoinoltre che l’agire pedagogico dei

di

Stefano MasottiOperatore teatraleCasa dei Risvegli Luca De Nigris

“Teatro è luogo delgiusto tempo peri sentimenti, da

esperire ed esprimerein un contesto

accogliente, protetto erassicurante”

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CASA DEI RISVEGLI LUCA DE NIGRIS

linguaggi teatrali possa tendereall'arte e produrre arte, cioè che sipossa fare un teatro utile, per unpubblico pagante, anche con attori-non attori come quelli della compa-gnia “Gli amici di Luca”. Pedago-gia e arte, sguardi e intenzioniapparentemente distanti ma, dalmio osservatorio, perfettamentecompatibili e conciliabili.Ma cosa possiamo fare noi per ilteatro?Penso che il teatro per l'interazionesociale, attualmente, possa suggeri-re qualcosa di interessante all'altroteatro, quello dei ‘sani’, e non vice-versa. Mi pare che il ‘teatro profes-sionistico’ non stia cogliendo unpossibile insegnamento dalle espe-rienze fatte con attori non-attori.Nel nostro ambito il lavoro con l'i-dentità reale della persona, daconoscere e con cui confrontarsi, èobbligatorio, quasi unica stradapercorribile. Dal mio punto di vistanon avrebbe senso lavorare esclusi-vamente sulle competenze teatrali,che possono produrre nell'attoreuna forza poetico/narrativa. Con gliesiti di coma, infatti, obiettivo cen-trale e imprescindibile è quellodella restaurazione dell'identitàdella persona, che permetta l'inte-grazione degli aspetti del cambia-mento post-traumatico.Il corpo è fonte di verità assoluta,senza menzogna; il suo linguaggionon può ingannare. La condizioneumana, qualunque essa sia, è sem-pre una comunicazione con ilmondo esterno; non si può noncomunicare. Perciò la condizionepsico-fisica ed emotiva dell'attoreentra, imprescindibilmente, nellacomunicazione teatrale.Ognuno è la somma delle proprieesperienze di vita, ciascuna dellequali è strutturata nel corpo e regi-strata nella personalità. Mostriamo,costantemente, tratti autobiograficiirriducibili, che proiettano un'im-magine esterna che si fa racconto.Compito di un attore in agio è

ammorbidire questi tratti, trovareuna neutralità nel corpo che possaessere pagina pulita, su cui scrivereracconti differenti. Nei nostri non-attori questi tratti sono spesso evi-denti, difficilmente attenuabili econ facilità emerge il loro racconto.Sul palco la disabilità più lanascondi più si vede, e il tentativodi insegnare tecniche teatrali alnon-attore produce quasi sempreuno scimmiottamento grottescodella recitazione, e sentimenti dipietismo/buonismo nel pubblico,che inficiano il prodotto estetico ela dignità della persona.A prescindere dalla possibilità diacquisire qualità tecniche, perentrambe le 'categorie', ritengo chela credibilità sulla scena dipendamolto dal raccontare senza finzio-ne.La verità è sempre la miglior inven-zione. In teatro c’è bisogno di “farela verità, tutta la verità, nient'altroche la verità. Non fingere, noningannare, non cadere nei trucchipsichici”; “la creatività, soprattut-to per quanto riguarda la recitazio-ne, è sincerità senza limiti benchédisciplinata”(2). “Avanzerei l’ipo-tesi che l'individuo in contatto colsuo corpo e con i suoi sentimentinon mente (...). Se un uomo si pre-senta a se stesso in modo non veri-tiero, crea un conflitto interiore fral'immagine proiettata e la realtà

individuale”(3). L’espressione,essendo segno universale, vieneimmediatamente compresa dall’in-terlocutore, dal pubblico dei teatri,il quale coglie gli elementi diincongruenza della comunicazione,che risulta posticcia, non convin-cente.“La sincerità non è possibile se cinascondiamo dietro abiti, idee,segni, effetti scenici, concetti intel-lettuali, rumore, (...)”(4), se cinascondiamo dietro un personag-gio.Nella seconda metà del ’900 alcuneimportanti compagnie abolirono illavoro sui ruoli e il concetto di per-sonaggio; gli attori portavano lorostessi sulla scena.Nella ‘rappresentazione dell’altroda sé’ è come se l'attore “dovesse dicontinuo saltar fuori dalla propriapelle e dentro quella del personag-gio e viceversa. Si viene a trovare inuna situazione tragica”(5). Nel ‘tea-tro delle persone’ diviene centralela determinazione a spogliarsi dellamaschera sociale e a mettere sestessi in gioco nell’esperienza.Il lavoro sul personaggio si con-trappone alla ricerca della propriareale unicità, integrità ed interezza,e può aumentare la dimensione delvuoto interiore, producendo smarri-mento e solitudine nella vita dellapersona.Dietro la maschera della falsa

Una scena dello spettacolo “Metamorfosi” della compagnia Gli amici di Luca

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coscienza individuale e collettiva,nel teatro attuale si utilizzano anco-ra metodologie di lavoro che fannoesercitare persone ad essere ‘comese...’ fossero qualcun altro, pensan-do di poterlo incarnare.Un bambino crede alla storia che lamamma racconta, i personaggiprendono vita nella sua immagina-zione e il racconto diventa reale,nonostante la mamma continui afare la mamma. Così come per ilbambino, il personaggio nasce nellatesta del pubblico, che necessita dicostruirsi un sistema interpretativoche dia senso all’azione dell’atto-re/narratore. L’attore può lavoraresu se stesso, fedele a se stesso, alservizio di una narrazione che sicompie nelle menti in platea. I per-sonaggi si costruiscono in luoghinon abitati da attori, non pertinential lavoro dell'attore: il personaggioè il mestiere dello spettatore.Occorre alimentare un corpo since-ro, che sveli la sua poetica autenti-cità dell'essere, capace di racconta-re con emozioni incarnate, e nonipotizzate.È questa la strada percorsa con ‘Gliamici di Luca’.“Penso che ci sia un bisognourgente di un luogo dove non cinascondiamo e siamo semplice-mente come siamo”(6). “Quello cheimporta non è come assicurarsil'approvazione dello spettatore maaccettarsi, (...) non nascondersi.Semplicemente essere interi, sonocome sono”.(7) È sufficiente esserequello che si è, basta esserlo.“La formazione dell'attore è la for-mazione dell'uomo (...), un uomonuovo, capace di essere compiuta-mente se stesso e di esprimersisuperando gli ostacoli che all'e-spressione oppongono le abitudinie i divieti della società”(8). L’equili-brio tra esperire ed esprimere è l'e-lemento centrale del lavoro su di séche il teatro può offrire, come espe-rienza trasformativa. Ciò che inte-ressa è il vissuto corporeo fatto di

sensazioni corporee, schemi corpo-rei, immagine corporea, affetti.Teatro come luogo dove ripristinareuna libera funzione espressiva euna concomitanza tra identità espe-rita ed identità espressa.Quello che noi possiamo dare alteatro è mostrare che l’autenticità,la sincerità, la reale identità di atto-ri disabili produce, in situazione dirappresentazione, una comunica-zione convincente che può farsipoetica. Possiamo insinuare il dub-bio che il lavoro sulle verità perso-nali, sul ri-conoscimento di se stes-si, come obiettivo pedagogico,esplicito o implicito, sia una tappaper tendere alla credibilità e all’e-stetica della narrazione, obiettivisempre espliciti in teatro.Gli attori non-attori della ‘Compa-gnia Gli amici di Luca’, interpretidi se stessi, incapaci di enfasi dida-scalica, obbligati a ri-conoscersidopo l’esperienza traumatica,tesaurizzando l’esperienza deldolore, mostrano verità che si fannoracconto. Un potenziale poeticodovuto alla inconfutabilità dellacondizione vera, della disabilità,che come la fatica e il dolore è inca-pace di falsità, menzogna e finzio-ne.In un mondo sempre più affascina-to dall’illusione che successo, bel-lezza, denaro e potere possanoessere regno di felicità, abbiamo

bisogno di risvegliare il valore dellasemplicità e del mostrare come leverità di qualsiasi corpo sianodignità, e potenzialmente poesia ebellezza.Il teatro è uno solo, da frequentareper un tempo che si auspica profi-cuo, luogo che da sempre nutrel’ambizione di contribuire all’ordi-ne sociale, diffondere precetti edubbi, per una realtà migliore. Maancor prima di questi importantiobiettivi credo sia nostro compitoformare persone vere, consolidareautenticità e identità reali da rende-re, in forma poetica, al serviziodella situazione di rappresentazio-ne.

Note bibliografiche:(1)Grotowski, J. (1970), Per un teatro pove-

ro, Mario Bulzoni Editore, pag 28;(2) Grotowski, J. (2006), Holiday e Teatro

delle fonti, La Casa Usher, pag 51;(3) Lowen, A. (1968), Amore e orgasmo,

Univ. Economica Feltrinelli, pag 306;(4) Grotowski, J. (2006), Holiday e Teatro

delle fonti, La Casa Usher, pag 72;(5)Moreno, J.L. in Valenti, C. (2006), Altri

teatri - Animazione teatrale e linguaggidella diversità, Alma Mater StudiorumBo, pag 158;

(6) Grotowski, J. (2006), Holiday e Teatrodelle fonti, La Casa Usher, pag 68;

(7) Grotowski, J. (2006), Holiday e Teatrodelle fonti, La Casa Usher, pag 70;

(8)Molinari C. in Savarese, N. (2004),Trai-ning, DinoAudino Editore, pag 44

Yuri in “Metamorfosi”, regia di Antonio Viganò.

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Un fumettista di nostra conoscenza si vuole “vendicare”...

Tanta ironianei fumetti di Roberto

Girando per la struttura con mio figlio ANDREAsento in lontananza il dolce suono di un pianofor-te: riconosco la colonna sonora de "La stangata",mi avvicino alla sala del durante e vitrovo un signore molto distinto cheaccarezza gli ottantadue tasti del pia-noforte con molta sicurezza. Nell’a-ria scorrono note dolci, la sala èvuota. Decido di fare amicizia conquesta persona che mi sembra inte-ressante: sobrio, vestito con cura,ben tenuto anche nell'aspetto fisico,mi racconta quanto segue: a 60 anniè andato in pensione e ha deciso diseguire un corso di pianoforte chepoi ha abbandonato per continuareautonomamente.Non è andato ad oziare al bar giocando a briscolae bevendo vino; ha deciso di spendere meglio ilsuo tempo, e, per completare l'opera è diventatovolontario dell’associazione “Gli amici di Luca".Abbiamo subito stretto amicizia, si direbbe nelgergo di Facebook.

Poi incontro Antonella, anche lei dell’associazio-ne. Le consiglio sempre di essere più brutta e sfa-ticata: lei mi regala un sorriso rilassante che è

meglio di una medicina. sempreintenta a spostare sedie, affiggereinviti,... a lavorare per riempire inostri sabati... MA CHE BELLO!!!Vedi, ANDREA, vale la pena di fre-quentare gente così; e così è l’asso-ciazione, piena di gente di spessore,QUALIFICATA e QUALIFICANTEper la struttura.E allora ANDREA, soffia, soffia nelvento, perchè dopo la tempesta viene ilsole... e il sole lassù è di tutti, tu lo sai.Io, il pianista e Antonella, lotteremo

sempre per garantirti una vita dignitosa e serena.

Ermes, il papà di ANDREA

Discografia:Bob Dylan “Blowin' in the Wind”Steve Wonder “Il sole è di tutti”.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo i fumetti di Rober-to Bortolotti, nostro ospite alla Casa dei Risvegli Luca

De Nigris. Noi ci ricordiamo di Lui ma anche Roberto,certo, non si è dimenticato di noi... Certe volte i disegni

parlano, descrivono più di tante belle parole. Ecco aseguire alcuni ritratti di vita quotidiana della strutturaall’ospedale Bellaria. Qualcuno si riconoscerà...Grazie Roberto!

Il pianista nella Sala del Durante

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L’INIZIATIVA

Una nuova associazione che difende e diffonde il valore della vita

L’inguaribile voglia di vivere:la volontà di “vincere la nebbia”

Tante volte scende la nebbia nelcammino della nostra vita. Non

troviamo più la strada. Capita a noi‘sani’, figuriamoci alle personedisabili o gravemente malate.Noi del Club “L’inguaribile vogliadi vivere” non ci vogliamo perderealla nebbia: abbiamo tutte le inten-zioni di trovarla questa strada! Sap-piamo che c’è, perché la incontria-mo, quotidianamente, negli occhi enella carne di tanti nostri amici,magari malandatissimi, magariinchiodati a una sedia a rotelle eincapaci di muoversi, parlare,attaccati a una macchina per respi-rare, eppure autentici testimoni disperanza.Un mio caro amico, Gian PieroSteccato, è una delle ‘bussole’ diquesta nostra “società dell’alle-gria”. Gian Piero è un ex ferrovieredi Piacenza che 11 anni fa è statocolpito da un grave ictus:da allora èmuto, paralizzato, attaccato a unrespiratore, cieco, un po' storpio emezzo sordo. Uno può chiedersi: hasenso vivere così? Lui, Gian Piero,un anno e mezzo fa, ha risposto aquesta domanda andando in visitadal Papa. Al Pontefice ha fatto per-venire il seguente messaggio: “Hovoglia di vivere, sono entusiasta ecurioso, amo la natura e il mondo incui ho la fortuna e il privilegio diesistere. Sono consapevole che lamia fortuna è frutto della volontàdel Signore e ringrazio infinite

volte per quanto mi viene conces-so”.Quando qualche mese fa racconta-vo queste cose a dei ragazzi, duran-te un incontro, un sacerdote è inter-venuto e ha detto: “Queste parolequi non possono lasciarci indiffe-renti, devono scuoterci per forza. Ediciamocelo chiaramente: ci vieneda pensare che quest’uomo o èmatto o è già santo”.Certo, ha ragione quel prete: vieneda pensare così. Però non è così.Gian Piero non è matto e non èsanto, posso assicurarvelo: lo cono-sco bene.C’è una terza risposta. Gian Piero èsemplicemente un uomo che ha tro-vato – pur nella sua complicatissi-ma situazione fisica che avrà riem-pito e chissà quante volte ancorariempirà di nebbia il suo percorso –la strada giusta. La stessa strada cheper questa società cosidetta moder-na ma tanto nichilista, a un certopunto non può esistere più.Ma invece c’è, eccome se c’è! Larealtà – che può assumere anchecircostanze difficili da accettare,circostanze tremende, di malattia,di morte – non è una nemica del-l’uomo: c’è sempre qualcosa dibuono. Bisogna scavare.Noi del Club, come Gian PieroSteccato, insieme ai mille GianPiero Steccato d’Italia, vogliamorenderla visibile questa via, in uncammino che è un poi personalissi-mo, sì, ma che si può percorreresolo se si hanno a fianco degliamici, delle persone che ti voglionobene, ti accompagnano, ti accarez-zano, magari ti accendono la torcia.Senza di loro non ce la fai, vai a

tentoni, vince la nebbia.Ecco, noi vogliamo essere le“torce” umane capaci di far risplen-dere la strada della vita, della feli-cità; in certi casi si potrà incontrareanche tanto dolore, certo, ma chil’ha detto che la parola ‘dolore’debba per forza fare a pugni con laparola ‘felicità’?“L’inguaribile voglia di vivere” è iltitolo di un libro che ho scritto treanni e mezzo fa: racconta la storiadi persone malate e gravementedisabili. In questi anni ho fatto,abbiamo fatto il giro d’Italia, conun’infinità di incontri che mi/cihanno regalato la gioia di conosce-re gente strordinaria, instaurareamicizie vere.L’idea di un club è nata da questeesperienze, non da un ragionamen-to fatto in laboratorio. Perché seripeti a memoria, a mo’ di ritornel-lo, che la vita è sacra, rischi però difermarti lì, confuso e smarrito inmezzo alla nebbia. E prima o poi tiperdi. Ci vuole qualcosa di più,qualcosa di concreto. Delle espe-rienze, appunto. Noi le abbiamoincontrate queste esperienze, lestiamo incontrando, vogliamoincontrarle anche in futuro.A un certo punto – forti di questirapporti, di queste amicizie – cisiamo detti: ma perché non metterein rete queste relazioni? Il ClubL’inguaribile voglia di vivere ènato così.Abbiamo anche “nomi grossi”, per-sonaggi eccellenti, come ad esem-pio il cantante Ron, vicepresidentedel club (ha scritto la canzone L’in-guaribile voglia di vivere che dovràpoi diventare la colonna sonora del-

di

Massimo PandolfiGiornalista caporedattore de Il Restodel Carlino, scrittore, presidente delclub L’inguaribile voglia di vivere

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L’INIZIATIVA

l'omonimo documentario), ci sonogli amici della “Casa dei RisvegliLuca De Nigris” – Fulvio De Nigrise il suo testimonial AlessandroBergonzoni – il medico e malato diSla Mario Melazzini, presidenteonorario del club.Proprio Melazzini è la persona chemi ha dato la spinta finale perimmergermi in questa avventura,nel 2007. Ricordo che quando loincontrai per la prima volta (dovevointervistarlo per il libro) e glidomandai, un po’ impacciato, comepotesse affrontare la quotidianitàdella vita in quelle condizioni,sapendo fra l’altro che la Sla ineso-rabilmente avanza, lui mi guardònegli occhi e con un sorriso checancella ogni nebbia e ti entra perforza nel cuore, mi rispose: “CaroMassimo, io di inguaribile ho solola voglia di vivere”. È nato tuttocosì.Con il Club siamo partiti da pochesettimane e abbiamo già raccoltodecine, ormai centinaia di adesioni,cioè persone che sono diventatesocie, persone che si fidano evogliono darci una mano.Cosa vogliamo fare? Fermo restan-do che il vero timone di questoavventura dovrà sempre essere larealtà, nello statuto del Club (natocome associazione culturale e rego-larmente registrato) abbiamo prin-

cipalmente due obiettivi: 1) difen-dere e diffondere il valore dellavita, sempre e comunque, magariattraverso incontri, conferenze,dibattiti, ma anche con la vicinanzafisica a persone in difficoltà; 2)Almeno una volta all’anno, aiutareuna persona disabile, malata o checomunque sta soffrendo a realizza-re un suo desiderio, un suo sogno.Qualcosa di questo genere abbiamogià realizzato l'estate appena tra-scorsa: Patrizia Donati, una disabi-le forlivese, muta e paralizzata da17 anni, desiderava da sempre tra-scorrere due mesi al mare. Robaproibitiva o quasi per una personanelle sue condizioni. Invece, grazieanche all'opera di sensibilizzazione

del nostro club, ce l’abbiamo fatta,Patrizia ce l’ha fatta! Ha trascorsodue mesi al mare.E un malato di Sla di Legnano,Severino Rossini, grazie semprealla mobilitazione del club, trascor-rerà una giornata nel ritiro della suasquadra di calcio del cuore, ilMilan, e potrà incontrare i campio-ni rossoneri.Ecco, noi vogliamo continuare afabbricare sogni del genere. Chivuole darci una mano?

Sito internet:www.inguaribilevogliadivivere.itEmail:[email protected]

sostiene la“Casa dei RisvegliLuca De Nigris”

Graphic Service S.r.l. - Via della Tecnica, 31 - 40068 San Lazzaro di Savena (BO) - ItalyTel. 051 62 56 504 - Fax 051 62 59 297

AM

ICI

DI

LUC

A

Un raduno dei soci fondatori del club “L’inguaribile voglia di vivere”.

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UN CENTRO ALLA VOLTA

Un percorso di sostegno che prende in carico i familiari delle persone con grave cerebrolesione

L’esperienza nell’Unità Operativa G.C.dell’Ospedale di Montecatone

“Il nulla? […] Si può accet-tare il nulla per se stessi.Mai per quelli nei quali si èintravisto il riflesso delbello, del bene, per quelliche abbiamo amato.”

M. Van Der Meersch.(da Corpi e anime)

Comincio dalla citazione diuna frase ad alto impatto

emotivo perché mi sembra espri-ma in due righe ciò che si prova difronte alla persona amata che nonti guarda, non ti sente e non tirisponde più così come ha fattofino ad un attimo prima dell’even-to che l’ha mandata in coma.La sensazione di nulla, di vuoto,di assenza è talmente tangibile edestabilizzante da trasportare ifamiliari di una persona in comain una condizione di sospensioneirreale che si prolunga per alcunimesi dalla data dell’evento. Findall’inizio essi si sentiranno direche per fare una prognosi, persapere quali saranno le condizionidel loro caro in futuro ci vuoletempo e questo inevitabilmenteproduce un sentimento ambiva-lente di paura e di speranza con ilquale si deve convivere durante ilperiodo di tempo trascorso inospedale e spesso anche dopo.

La persona con grave cerebrole-sione acquisita, dopo la faseacuta, caratterizzata dal ricoveroin rianimazione o in neurochirur-gia, viene trasferita in reparti diriabilitazione nei quali la presenzadei familiari è molto intensa edassidua, probabilmente per soppe-rire al vuoto affettivo che provanoe perché vogliono tutelare il mala-to incapace di provvedere a sestesso.Nel reparto di riabilitazione dellegravi cerebrolesioni la figura delfamiliare assume un rilievo mag-giore rispetto ad altri ambiti sani-tari: egli viene accolto nel percor-so riabilitativo e ne prende parte,pur non essendo il malato, diretto

interessato alle cure, con notevoleinvestimento di partecipazione edi impegno, ma soprattutto con unsovraccarico di sofferenza mista asperanza.Come si può aiutare il familiare asopportare questa nuova realtà incui è stato catapultato? Come lo sipuò aiutare a reagire a quanto èsuccesso? Come si può utilizzareal meglio la sua presenza di per-sona emotivamente ed affettiva-mente significativa perchè capa-ce, conoscendo la storia del

paziente, di interagire costruttiva-mente con l’èquipe riabilitativainterpretando segnali, trovandostimoli, evocando ricordi?Trovare la modalità di accoglien-za di familiari con uno stato d’a-nimo così frastornato e guidarlinel nuovo reparto dovrebbe essereconsiderato importante quantoassistere e trattare correttamente ilpaziente. Non vi sono tuttaviamolti studi in letteratura utili afornire indicazioni ed il problemaè, invece, molto sentito tanto chenella recente Conferenza Nazio-nale di Consenso sulla buona pra-tica clinica nella riabilitazioneospedaliera delle persone congravi cerebrolesioni acquisite,uno dei quesiti posti alla giuriariguardava proprio le modalità diintegrazione dei familiari nel pro-getto riabilitativo.È chiaro a tutti quanto una fami-glia ben coinvolta, informata,parte attiva e critica del percorsodi cura, sia fondamentale per ilpaziente e di grande beneficio perl’èquipe riabilitativa. È un percor-so lungo, difficile e simbioticocon quello del paziente che dipen-de molto dalle capacità personalidei familiari nel mettere in atto lecompetenze giuste per fronteggia-re la situazione nuova ed altamen-te stressante; ma dipende moltoanche dall’ambiente e dagli inter-locutori che si incontrano lungo ilcammino e cioè da noi operatorisanitari.Da circa un anno, presso l’UnitàOperativa Gravi Cerebrolesionidell’Ospedale di Montecatone aImola, in cui lavoro, è in corso un

di

Giovanna B. CastellaniMedico U. O. Gravi CerebrolesioniOspedale di Montecatone

“È chiaro a tutti quantouna famiglia ben

coinvolta, informata,parte attiva e criticadel percorso di cura,sia fondamentale per

il paziente”

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UN CENTRO ALLA VOLTA

progetto di riorganizzazione delreparto che ha comportato e com-porta dei cambiamenti nellemodalità operative e relazionali.Uno degli aspetti più importantisu cui si sta lavorando è proprio ilrapporto con i familiari delpaziente.Da tempo gli operatori sanitarihanno evidenziato la criticitàdella gestione del familiare inquesto contesto. Infatti, nel repar-to delle Gravi Cerebrolesioni si hal’impressione che con facilitàmaggiore che altrove si manifesti-no incomprensioni, conflitti eaddirittura contenziosi, che crea-no situazioni particolarmente dif-ficili da affrontare.Qui il paziente arriva quando èstabile, non più in pericolo di vitaed è da qui che parte la riabilita-zione con tutte le speranze direcupero e di guarigione che que-sto termine si porta dietro. Il tra-sferimento è vissuto con paura,ma anche con speranza. Pauraperché si teme per il proprio carovisto che diminuisce l’intensitàassistenziale di tipo intensivo cheprevede il monitoraggio continuoe l’assistenza altamente speciali-stica e dedicata. Speranza perchéfinalmente si comincia a parlaredi recupero, di riprendere i ritmi ele consuetudini della normale vitadi tutti i giorni.Nella realtà di cui faccio partesono stati intrapresi due percorsi:la creazione di un gruppo di lavo-ro specifico sul tema e la richiestadi un educatore all’interno delreparto.Il gruppo di lavoro, costituito dalpersonale (medico, infermiera,fisioterapista, logopedista, psico-loga e assistente sociale), ha ana-lizzato i punti critici del rapportocon i familiari.Siamo partiti dal fatto che, cosìcome è importante riprendere iritmi naturali per il paziente,anche i ritmi di relazione con i

familiari devono essere regolatirientrando in un progetto com-prendente l’aspetto della comuni-cazione, formazione e supportopsicologico.Il coinvolgimento nel progettoriabilitativo del paziente deveessere reale ed il familiare vi deveavere un suo ruolo attraverso laprecoce individuazione del care-giver ed un suo rapido coinvolgi-mento nel programma terapeuti-co.Per consentire la corretta informa-zione ed il coinvolgimento appro-priato del familiare è stata previ-sta una serie di incontri chiamati

“Parliamone insieme” a cui sonoinvitati i familiari e dove, con ilcontributo di alcuni membri del-l’èquipe riabilitativa e con lacostante presenza di psicologa ededucatrice, vengono trattati i temiritenuti più rilevanti per il familia-re della persona con grave cere-brolesione nel periodo della riabi-litazione perché lo coinvolgonodirettamente o perché lo disorien-tano e confondono. Si presental’organizzazione di reparto, siparla degli aspetti giuridici e pre-videnziali, dei disturbi motori e diquelli cognitivo-comportamenta-li, dell’uso dei presidi, degli ausi-

La facciata dell’Ospedale Montecatone di Imola.

L’organigramma dell’Ospedale con la dislocazione degli ambienti e dei servizi.

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UN CENTRO ALLA VOLTA

li e del rientro a casa o in struttu-ra. Si è notato che spesso questiincontri si trasformano in chiac-chierate amichevoli in cui i fami-liari presenti in reparto da piùtempo sostengono ed incoraggia-no quelli giunti da poco.Inoltre all’ingresso dei familiariin reparto è stato previsto un col-loquio immediato con la psicolo-ga e l’assistente sociale, durante ilquale oltre ad un’anamnesi socia-le e psicologica, si invitano ifamiliari a riferirsi al servizio dipsicologia qualora lo ritenganoopportuno. Infatti, nonostante lapresenza della psicologa siacostante nelle riunioni tra equiperiabilitativa e familiari, abbiamonotato una certa resistenza alricorso al servizio di psicologiadell’ospedale e consapevoli chetale consuetudine non si possaimporre, stiamo cercando di inco-raggiare i familiari a “familiariz-zare” con la psicologa.La formazione dei familiari è unaspetto che si è sviluppato attornoad una persona di riferimento chesi pone in affiancamento ai fami-liari ed in relazione con l’èquipe.Da giugno di quest’anno è con noila dottoressa Cristina Franchini,educatrice professionale dellaCooperativa PerLUCAed è, a mioavviso, la figura che mancava nelreparto. La sua presenza è impor-tante per i familiari che con lei sisentono più liberi di esprimere illoro disagio o la loro difficoltà acapire o accettare quanto appresodai clinici. Con grande garbo poiCristina è capace di trasferire aimedici ed agli altri operatori leproblematiche riferite ed insiemesi riesce a comunicare meglio aifamiliari ciò che era stato frainte-so o rifiutato prima.Da qualche mese è partito un pro-getto di sostegno psico-educativorivolto ai familiari chiamato“Essere nel proprio tempo perstare nel tempo dell’altro” a cura

della psicologa e dell’educatricecon lo scopo di favorire lo scam-bio e la condivisione di esperien-ze personali per aiutare i familiaria fronteggiare la nuova situazionepersonale a partire da un lavoro suse stessi.Il progetto di riorganizzazione delreparto ha cominciato a produrrerisultati, cioè a provocare il cam-biamento. Un percorso strutturatoha permesso di gestire situazioni,che avrebbero potuto diventarecritiche, grazie a tappe che fungo-no da filtro, accogliendo la pro-blematica espressa dalla persona,e che attivano precocemente isistemi di mediazione e di comu-nicazione opportuni per sostenerela famiglia o il singolo di frontealla realtà nuova, che appare

minacciosa o deludente.Abbiamo sentito la necessità dichiarire il ruolo del caregiver neiconfronti del paziente e del repar-to progettando una procedurasulla presa in carico del familiareche evidenzi gli aspetti giuridici,formativi, informativi e attuatividi un percorso il cui scopo è ren-dere il familiare consapevoledelle nuove esigenze e delle pos-sibilità del suo caro per facilitarela futura convivenza.Lo stiamo sperimentando e sem-bra funzionare. Questo maggiorecoinvolgimento implica un impe-gno di tempo notevole per tutti glioperatori, ma soprattutto un

aumento di disponibilità alla rela-zione e al confronto. È per questoche sono previsti corsi di forma-zione sulla relazione d’aiuto. Nonvi è dubbio, infatti, che il profes-sionista che lavora con questotipo di paziente e con i suoi fami-liari debba sapere, più di altri,come comunicare con le famiglie.Concludendo, mi sembra che que-sta esperienza di presa in caricodel familiare stia portando deibuoni risultati; infatti, ad un ini-ziale aumento di impegno ditempo per gli operatori sta corri-spondendo un aumento di qualitàdel lavoro.È invece difficile esprimere unparere su come sta andando perpaziente e familiari. Cosa utilizza-re come indicatore di performan-ce? Conflitti ed incomprensioni,trasferimenti in altre strutturesenza terminare il percorso pressodi noi, consulti da parte di espertinazionali e non? È chiaro che se ilpaziente migliora e torna il piùpossibile come prima, siamo tutticontenti; ma questo, purtroppo,non può succedere spesso. Pensoche noi operatori dobbiamo impe-gnarci per il miglioramento conti-nuo della nostra professionalità eper renderla più attuale e opportu-na possibile. Il familiare devepoter esprimere il proprio reperto-rio di storia, vissuti e memoriecon la sua voce e con la sua facciadando al suo amato e all’èquiperiabilitativa la medicina piùpotente per attingere a tutte lepotenzialità residue di recupero.Affiancare il familiare quando ilnostro lavoro lo porta a confron-tarsi con il limite, con ciò che nonsi recupera più, è importante per-ché può aiutarlo ad accettare larealtà e le nuove possibilità che ilfuturo gli offre.Ci sono ancora tante cose da fare,sappiamo di essere solo all’inizioma sentiamo di essere sulla buonastrada.

“La formazione deifamiliari è un aspettoche si è sviluppato

attorno ad una personadi riferimento che sipone in affiancamento

ai familiari ed inrelazione con l’equipe”

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UN CENTRO ALLA VOLTA

Attività educative di accompagnamento per ridare significato alla propria vita

Non sentirsi inutili è la base da cui partire

Il mio compito di educatriceprofessionale all’interno del-

l’Unità Operativa Gravi Cerebro-lesioni Acquisite di “Montecato-ne Rehabilitation Institute” èquello di promuovere un percorsodi affiancamento e supporto alfamiliare, con azioni facilitanti larelazione, per accompagnare lafamiglia durante l’elaborazionedell’accaduto, aiutandola a trova-re in se stessa e nella rete di aiutole risorse necessarie per ri-daresignificato alla propria vita e alproprio esistereÈ un progetto che va ad integrar-si con il lavoro del Team riabilita-tivo dell’Unità Operativa GraviCerebrolesioni Acquisite di“Montecatone RehabilitationInstitute”, i professionisti dellariabilitazione, medici, infermieri,Oss, fisioterapisti, logopedisti,terapisti occupazionali, assistentisociali, psicologhe, educatrice,sono coloro che forniscono quoti-dianamente al familiare gli stru-menti più adatti per poter affron-tare questa difficile situazione,aiutandolo ad agire nel modomigliore con la persona, a dire lacosa più giusta, senza mai illude-re, ma distinguendo sempre tra undesiderio legittimo e la possibilitàdi realizzarlo.Per facilitare, nel familiare, lalegittimazione dei sentimenti e lascelta di decisioni realistiche,

credo sia necessario consentire o,semplicemente, agevolare il pas-saggio a strategie adeguate, perpoter far fronte al senso di inade-guatezza e di impotenza cheaccumuna tutti i familiari che sitrovano davanti a questa realtà,

per fare questo non si può pre-scindere dal concetto di“empowerment”.Significa riconoscere alle personele competenze di soggetto attivo,operando affinchè venga svilup-pato il legame tra competenze

delle famiglie e competenze deiservizi che se ne occupano(Empowerment familiare, C.Mazzoleni, Erickson 2004), permobilitare le risorse umane esi-stenti verso la promozione dinuove, o diverse, forme di adatta-mento alla situazione.L’importanza del “non sentirsiinutili” è la base da cui partire,poiché la presenza del familiare ècomunque percepita, non sappia-mo e non possiamo dire fino ache punto in alcune situazioni,ma possiamo dire che la presenzaumana di una persona conosciutaè già uno stimolo di per sé, saràcompito di tutti coloro che ruota-no attorno alla persona, familiarecompreso, trovare il modo piùadatto per stare accanto, per“prendersi cura”, per ri-costruireuna relazione sicuramente diver-sa, ma fondamentale per ri-abili-tare la persona con Grave Cere-brolesione Acquisita alla vita.

di

Cristina FranchiniEducatrice Professionale CooperativaperLUCA

“Sarà compito di tutticoloro che ruotanoattorno alla persona,familiare compreso,

trovare il modopiù adatto

per prendersi cura”

Un momento degli incontri con i parenti dei degenti.

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TORNANDO A CASA

Un nuovo servizio, anche a domicilio, per una migliore qualità della vita

Il sostegno psicologico individualee di gruppo

La disabilità acquisita, propriao di un familiare, comporta

significativi cambiamenti chepossono far emergere un disagioche richiede accoglienza, ascoltoe comprensione, bisogni che pos-sono essere soddisfatti attraversointerventi di sostegno psicologi-co, individuali o di gruppo.L’Azienda Usl di Bologna harichiesto alla “Cooperativa socia-le perLuca” l’attivazione, dal set-tembre 2009, del Servizio diSostegno Psicologico sul territo-rio, a favore di persone affette dagravissime disabilità acquisite inetà adulta (certificate dalle Com-misioni 2068 distrettuali) ed alleloro famiglie, in carico ai servizisocio-sanitari.Il servizio prevede la sperimenta-zione di interventi sul territoriopresso le sedi dei servizi pubblicio, nei casi in cui si presenti un'im-possibilità da parte dell’utente diraggiungere l’ambulatorio del-l’ausl, presso il domicilio dellapersona.Il ruolo dello psicologo, cheopera al domicilio, consiste nelfornire un aiuto ed un contattoumano per sollevare le ansie e lepreoccupazioni di chi si trova aconvivere quotidianamente conuna patologia neurologica invali-dante, nel rispetto delle abitudinifamiliare.Gli interventi svolti consistono in

attività di consulenza rivolta aiservizi per una valutazione bio-psico-sociale della persona incarico ed attività di sostegno psi-cologico individuale, strutturatain cicli di interventi periodici,ambulatoriali o domiciliari, rivol-ti alla persona o al familiare.Il progetto prevede il confrontotra lo psicologo e gli operatorisocio-sanitari dei servizi territo-riali, che attivano l’interventospecialistico ed hanno in carico lapersona, al fine di condividere ilprogetto terapeutico e gli obietti-vi da perseguire.La comunicazione interprofessio-nale risulta essere un elemento

determinante per la buona riusci-ta di quegli interventi rivolti asituazioni complesse che richie-dono un approccio globale e inte-grato, che prenda in esame nonsolo la patologia ma anche le pro-blematiche sociali, che neinfluenzano la sintomatologia e ildecorso.Il servizio offerto è nato dallanecessità di sostenere le personecon grave disabilità e le lorofamiglie durante alcuni momenticritici quali: la comunicazionedella diagnosi, l’aggravamentodella condizione di salute e lanegazione della nuova condizione

di disabilità.Alcune patologie, a livello emoti-vo, inducono in qualche modo lapersona ad elaborare diversi eripetuti lutti, legati alla privazio-ne nel tempo di alcune delle prin-cipali funzioni vitali. L’obiettivodell’intervento è, in quest'ultimocaso, favorire l’elaborazione deicontinui vissuti di perdita, atte-nuare il disagio dovuto al muta-mento dell'immagine personaleed all'instaurarsi, in alcuni casi, diuna condizione di dipendenza,per favorire una migliore convi-venza con la malattia.I livelli di ansia e depressionesono influenzati, oltre che dallelimitazioni funzionali indottedalla malattia, anche dalle carat-teristiche psicologiche individua-li, soprattutto dalle capacità per-sonali di fronteggiare le difficoltàe la perdita del proprio ruolosociale.

di

Marcella De BlasiPsicologa ClinicaSpecialista in Psicoterapiacoop perLuca

“Il servizio offre unsostegno alle personecon grave disabilità

e alle famiglie durantei momenti più critici”

Marc Chagall, La Promenade.

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TORNANDO A CASA

Al fine di mantenere una qualitàdi vita il più possibile accettabileè necessario rinforzare le capacitàresidue aiutando la persona, veri-ficati gli interessi o le attività rea-lizzabili, a focalizzare l’attenzio-ne su tutto ciò che gli è possibilepianificare e concretizzare nelquotidiano.

Oltre a fornire percorsi di soste-gno individuali, la “Cooperativasociale perLuca” offre interventidi gruppo per sostenere i familia-ri delle persone con esito dicoma.L’associazione “Gli amici diLuca” ha attivato nell'ottobre2010 il terzo ciclo di incontri digruppo denominato gruppi disostegno “Ti-Ascolto”. L’attivitàha lo scopo di fornire strumenti dicoping per diminuire i livelli distress ed offrire un supporto psi-coeducativo al familiare, finaliz-zato all’accettazione della malat-tia, all’elaborazione della modifi-ca dei ruoli e delle reazioni emo-tive (ansia, senso di colpa,depressione, rabbia, imbarazzo,solitudine, ecc).Il gruppo fornisce uno spazio dicontenimento che favorisce lacondivisione del dolore e la circo-lazione delle emozioni dei parte-cipanti. Il clima di supporto che siviene a creare, permette l’espres-

sione dei sentimenti e delle emo-zioni legate ai compiti di assisten-za.Le informazione scambiate tra ifamiliari e le osservazioni reci-proche, sul modo di agire e suglieventuali errori commessi nel-l’interagire con il proprio caro,vengono maggiormente recepite efacilmente accettate, senza neces-sariamente viverle come degliattacchi personali sulla propriamodalità di pensare ed agire.Il supporto tra pari (nel nostrocaso tra i familiari) risulta essereuno strumento terapeutico moltoimportante, perchè in grado difavorire la condivisione della sof-

ferenza comune e di far scattarela molla dell’aiuto reciproco.

Alla luce delle esigenze avvertitesul territorio le due tipologie dipercorsi di sostegno su menziona-te vanno a costituire un importan-te nodo della rete dei servizisocio-sanitari sul territorio afavore dei disabili e delle lorofamiglie.La “Cooperativa perLuca” offremolti altri percorsi che vanno avalorizzare le risorse e le poten-zialità delle persone con disabi-lità, al fine di alleviare il disagiovissuto dalla persona e il caricoassistenziale della famiglia.

Henri Matisse, La danse.

Richiedete lenostre guideper le famiglie

Info: [email protected]

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PSICOANALISI E NEUROSCIENZE

Lo studio degli aspetti emotivi e le origini della personalità secondo la psicoanalisi

L’origine sociale del caratteresecondo Erich Fromm

Il carattere è quell’ampia compo-nente cosciente e non coscientedell’apparato psichico con cui l’indi-viduo si mette in relazione con sestesso e col mondo, stabilendo scam-bi relazionali. Il carattere, si acquisi-sce tramite un processo di assimila-zione relazionale; esso indicherà lemodalità dello stare con gli altri edell’essere con se stessi secondo l’a-vere o l’essere.E. Fromm critica e rifiuta la teoriadella libido elaborata da Freud. Que-sta scelta è stata il motivo che loportò a scontrarsi con E. Marcuse ealla rottura della sua collaborazionecon l’Istituto per la ricerca Sociale diFrancoforte, dove aveva condotto glistudi psico-sociali sull’autorità e lafamiglia. Il carattere per Fromm sca-turisce dalle forze sociali ed econo-miche da un lato, e dai bisogni psi-chici dall’altro, funzionando comemediatore delle spinte che ricevedall’una e dall’altra parte. Il caratte-re non può essere considerato ilrisultato unico di istinti sessuali e diconservazione, tanto meno di istintidi vita e di morte. Il padre della psi-coanalisi aveva distinto quattro tipidi carattere: orale-ricettivo, sadico-orale, sadico-anale, genitale. Secon-do questa teoria, tutte le personetransitano da questi quattro stadi;tutti quelli che non attraversano cor-rettamente o si fermano ad uno o adun’altro di questi, sviluppano unaspecifica patologia caratteriale.

Dall’attraversamento più o menocorretto dipende la patologia indivi-duale. Questi stadi vengono attraver-sati da tutto il genere umano e ilmeccanismo, secondo Freud, è uni-versale e biologicamente dato.La persona con carattere orale-ricet-tivo si aspetta di essere nutrito mate-rialmente, emotivamente e intellet-tualmente; è un individuo dalla“bocca sempre aperta”, è passivo easpetta che gli venga dato ciò di cuiè dipendente. Pensa di meritare ognicosa perché si crede buono e ubbi-diente. Può essere molto narcisistafino a credersi un essere meraviglio-so. Si aspetta che tutto gli sia offertosenza che debba ricambiare.Anche il sadico-anale crede che tuttogli debba arrivare da fuori e non dalsuo lavoro, ma diversamente dalsadico-orale, non aspetta il riforni-mento, cerca di estorcerlo con laforza. Questo è un vero predatore. Ilsadico-anale pensa che niente può

essere creato autonomamente e per-ciò l’unica cosa da fare è conservaretutto ciò che possiede.Assomiglia adun forziere da cui niente può uscire.Vive isolatamente per sua scelta, èmolto ordinato, parsimonioso e osti-nato. Gli stessi tratti sono presentinel carattere sfruttatore.Solo il carattere genitale è ben inte-grato nel suo apparato emotivo, que-sto è il tipo maturo e sviluppato.Lo spartiacque fra questi tipi caratte-riali è dato dalla modalità di prende-re: si può aspettare passivamentel’arrivo di cose dall’esterno, si puòricevere dipendendo, si può accu-mulare o si può produrre autonoma-mente, attivamente e in modo indi-pendente.Da quando Freud ha elaborato la suateoria caratteriale, il mondo è cam-biato. È cambiato il modo di produ-zione dei beni, sono cambiati i biso-gni, il modo di allevare i bambini, iritmi della vita e con questi è cam-

di

Giuseppe BattagliaPsicoanalista, Dpcente e didattaIstituto Erich Fromm di PsicoanalisiNeofreudiana, Bologna

Renè Magritte, Gli amanti, 1928.

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PSICOANALISI E NEUROSCIENZE

biata la visione politica e religiosa, ècambiato il modo di desiderare.Oggi si vive in un mondo moltodiverso da quello abitato da Freudnella Vienna fine ottocento. Altredifferenze nella formazione delcarattere provengono dall’apparte-nenza ai ceti sociali in cui si vieneallevati, pertanto differenti sono leaspettative sociali, gli interessi e ivalori trasmessi dal microambientefamiliare, diversi dunque saranno imodi di stare al mondo.I bisogni possono essere soddisfattiin tanti modi diversi, dalla modalitàdella loro soddisfazione nascono lepassioni, l’amore, l’odio che sonoprodotti sociali come il disprezzo el’accoglienza.Saper cogliere e coltivare la passio-ne per la bellezza e l’amore per lavita, sarà molto difficile per le per-sone allevate in una delle tante fave-las sparse nelle periferie del Mondodove dominano violenza e dispera-zione.Lo studio del carattere di Fromm haportato alla scoperta di altri orienta-menti caratteriali :- l’autoritario contrapposto all’ ega-litario,- il distruttivo odiatore, contrappostoal costruttivo-amoroso.Secondo Fromm, Freud ha commes-so un errore legando lo sviluppo delcarattere esclusivamente alla sessua-lità infantile considerata distruttiva,sempre in cerca di soddisfazionioggettuali. Tramite l’educazione,l’energia sessuale e le tendenzedistruttive, potranno essere imbri-gliate e tutto ciò che è selvaggio saràcivilizzato, una formazione reattiva,sublimazione, trasformerà il “male”in “bene”. L’evoluzione filogeneti-ca, avvenuta in diecine di migliaia dianni, si ripeterebbe nel corso di unasola esistenza.Nella sua pessimistica visione del-l’uomo, Freud, elabora gli istinti divita e successivamente aggiunge gliistinti di morte, presentandoli comeuna contrapposizione biologica. L’i-

stinto di morte è stato ampiamentedisconfermato e rifiutato. QuandoFromm muoveva la sua critica radi-cale, alla teoria degli istinti e allaconcezione sull’uomo sostenuta daFreud, fu prima isolato e poi allonta-nato dall’I.P.A.La dipendenza vista in termini disottomissione era correlata al com-plesso di Edipo che Fromm rifiutacome mito rivolto alla sessualità,ritiene che la tragedia di Sofocle siriferisce al passaggio dalla societàmatriarcale a quella patriarcale.Legare le passioni e i bisogni umanialla libido sessuale e agli istinti, eraper Freud una necessità teorica datadalla preoccupazione di dare unabase scientifica alla sua teoria e perfare ciò doveva trovare un sistemache legasse il soma alla psiche.L’unico legame che ha trovato fra

corpo e mente è stata la pulsionesessuale, quando Freud elabora lasua teoria psicologica, si sapevapoco su come funzionava il cervello.Molto di ciò che sappiamo oggi suineuroni, sul loro funzionamento, sulruolo degli ormoni è stato scopertoda pochi decenni. Per Fromm, atten-to osservatore dei fenomeni sociali epsichici, non era possibile ricondur-re le passioni umane e tutto ciò cheriguarda la vita dell’uomo esclusiva-mente alla sessualità. È convinto chesi possono esaminare più accurata-mente e più approfonditamente lepassioni che dirigono e orientanol’uomo se vengono inserite nellarelazionalità e nella storia come frut-to di processi culturali dinamici. PerFromm esistono bisogni biologiciche sono fame e sete che servonoalla sopravvivenza dell’individuo e

della specie e passioni prodotte dallasocietà e dalla storia. E’ dunquenecessario integrare la teoria psi-coanalitica con la storia, con la psi-cologia sociale, con l’antropologia,con la sociologia, con la filosofia.Il principale agente per la formazio-ne del carattere è la famiglia, inseri-ta in un contesto economico specifi-co, essa è l’espressione tipica di unacultura che si sviluppa in un luogo ein un tempo dato. Per Fromm, sonoi mutevoli rapporti di produzione ela storia gli agenti che formano ilcarattere e la concezione della vita.Le isterie sono praticamente scom-parse, nell’occidente opulento il loroposto oggi è occupato da anoressia,bulimia e depressioni, sono inaumento le patologie attribuibili adeficit e in diminuzione quelle attri-buibili ai conflitti. Le caratteristichesociali della produzione e del consu-mo, in continuo mutamento, deter-minano il carattere sociale e indivi-duale. In una società autoritaria,sono le strutture economiche a gene-rare il carattere sado-masochistico,perché questo è necessario al mante-nimento di un’organizzazione gerar-chica. Se le persone amano o odia-no, se si sottomettono o sono libere,se sono tirchie o generose, crudeli oaffettuose, la responsabilità non èdegli istinti. Vi sono società che pro-muovono una cultura di collabora-zione come quella degli indiani Zunidel nord America dove le patologiedell’avere e sadomasochiste, sonopressoché assenti, questa è unapopolazione pacifica.Il carattere di una popolazione e deisuoi membri è definito anche dallecondizioni climatiche, geografiche estoriche. Gli antropologi hanno rile-vato che le popolazioni che nondispongono di un suolo fertile, dovesi può praticare la caccia e la pesca,sviluppano più facilmente un carat-tere bellicoso e aggressivo, la moda-lità per sopravvivere è razziare. Lepopolazioni che vivono in territori incui sono assenti grandi animali for-

“Il principale agenteper la formazione

del carattereè la famiglia”

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nitori di proteine, possono praticareanche il cannibalismo, come è suc-cesso agli Atzechi e questo senzaessere tanto più feroci delle popola-zioni che si cibano prevalentementedi erbe.Le passioni apprese culturalmentepossono essere di una forza enorme,più potenti di quelle biologicamentedate. In un periodo di lutto intenso siperde l’appetito, in un periodo in cuila coppia soffre, si perde la spintasessuale, l’onore è un sentimentoche ha provocato guerre e seminatomorti, la guerra fra greci e troianiimmortalata da Omero nell’affasci-nante Iliade, è stata causata dall’o-nore ferito di un re. Si può conti-nuare ad elencare ciò che l’uomo hafatto spinto dalle grandi passionipolitiche, economiche e religiose.Le rappresentazioni drammaticheche l’uomo ha messo in scena intutte le epoche non affondano leradici esclusivamente nella fame enel sesso, ma nell’amore, nell’odio,nell’onore, nella dignità, nell’unio-ne, nell’orgoglio, nella brama di ric-chezza, ecc…È più facile che un uomo si tolga lavita perché sono state frustrate lesue ambizioni economiche, sociali,che non per i suoi desideri sessualinon corrisposti. Non è il sesso ciòche tiene unita una coppia per tantianni, anche se questo può dare il“la” iniziale. È vero che Freud vedel’individuo come essere sociale, masi occupa solo della psicologia indi-viduale e delle modalità con cuiquesto riesce o non riesce a soddi-sfare le sue pulsioni. Le persone perFreud, ragionando secondo lamodalità dell’avere, sono conside-rate oggetti da utilizzare o da elimi-nare, su cui rivolgere i propri desi-deri pulsionali.Freud non riesce ad elaborare unateoria che inserisca la persona inuna rete più ampia di relazioniumane con tutta la gamma dei senti-menti che questi implicano. Ilnucleo di psicologia sociale presen-

te nella sua teoria non lo sviluppa,non tiene conto che l’essere umanosi evolve all’interno di passionisociali, di dinamiche familiari dipotere o di sottomissione, di vici-nanza o distanza, di freddezza o dicalore, di frustrazioni o gratificazio-ni, di odio o di amore, da cui scatu-riscono specifici bisogni e compor-tamenti.

Una popolazione australiana in tuttii suoi spostamenti portava con se unbastone che simboleggiava l’unionetra terra e cielo, era vissuto da tutticome segno di congiunzione, vici-nanza e amore della divinità. Quan-do questo bastone, durante uno spo-stamento, incidentalmente sispezzò, gli appartenenti al clan sisedettero a terra e si lasciaronomorire perché i loro simboli internisi erano spenti. Si lasciarono morire

perché era stata rotta l’unità fra cieloe terra, erano crollati emotivamenteperché erano caduti in una condizio-ne di abbandono del cielo, eranorimasti scollegati con ciò che crede-vano il dispensatore della vita, cad-dero in uno stato depressivo collet-tivo. Bisogni primari, sono la vici-nanza, il collegamento, la percezio-ne del calore, l’amore degli altri eper gli altri. Freud non sapeva che leconnessioni sinaptiche sono modi-ficabili socialmente e che da ciòderiva la plasticità del cervello e chela cultura altera i geni. Il cervello siricostituisce attimo per attimo, inodi centrali della memoria implici-ta, sono poco variabili, i contornimutano a seconda del luogo, deltempo e delle persone presenti nelqui ed ora in cui avviene la ricostru-zione del ricordo. Tutti abbiamoconstatato che quando si raccontanoagli amici fatti di un viaggio appenaconcluso, non si racconta mai allostesso modo ciò che si è visto ofatto, si resta spesso sorpresi quandoriguardando le foto si notano parti-colari che sembra non avere maivisto. È difficile percepire il cam-biamento perché il cervello è piùinteressato alla continuità e alla qua-

“Bisogni primari sonola vicinanza,

il collegamento,la percezione del calore,

l’amore degli altrie per gli altri”

Marc Chagall, Il compleanno, 1915.

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dratura del cerchio. Se mancaun dettaglio, il cervello loinventa, lo costruisce sulmomento senza avere coscien-za di omettere o aggiungereparticolari, ecco perché è diffi-cile in certe circostanze per igiudici capire i fatti criminosi,il cervello non riporta esatta-mente allo stesso modo i fattiche ha registrato. Il bisognobiologico di stare in contattospinge le persone ad agiresecondo le aspettative che inloro sono state riposte. Se ilprimo giorno di viaggio si liti-ga col compagno, le emozionimodificano le percezioni e lecognizioni. La qualità dellemodalità relazionali per ibambini è un’ autentica inizia-zione e i contenuti relazionali saran-no mantenuti per tutto l’arco dellaloro vita e saranno espressi dalcarattere. L’esistenza di ogni siste-ma si fonda sull’uso vantaggiosodelle energie che riesce ad avere persé, quando un sistema economico èorientato, alla massimizzazionedella produzione, delle vendite edel profitto, gli individui sono spin-ti al consumo poiché sono stati con-vinti che il sistema non possa perpe-tuarsi se non si espandono le vendi-te. Un sistema economico sopradescritto di tipo espropriante creasistemi caratteriali sado-masochisti-ci-autoritari. Prima degli anni ’50, ilsistema economico si fondava sulrisparmio, sul recupero e sulla lungavita degli oggetti. Questa concezio-ne oggi è stata abbandonata, per-ché, per i produttori di beni, la lungadurata degli oggetti è un danno eco-nomico. Se i vecchi risparmiatori,mantenessero il loro orientamento,costituirebbero una seria minacciaper l’intero sistema economico. Laspinta al consumo è diventata unanecessità per lo sviluppo economi-co. Tutto deve essere di breve dura-ta, si accorcia la vita degli oggetti,delle amicizie, dei matrimoni. In

queste condizioni, consapevolezza,solidarietà, libertà, rischiano didiventare parole senza senso, il veroobiettivo è creare un individuomerce che produce e consuma. Ilcarattere mercantilista descritto daFromm è spinto dall’egoismo, daldesiderio di dominare e dall’esseredominato, il vero dramma emotivo

oggi è il non poter avere una vitaprestazionale, il non poter stare invetrina, il non poter soddisfare leinfinite proposte della moda, se nonsi appare, non si esiste. Un fenome-no in crescita sono le impotenzemaschili e una importante causa èl’angoscia della prestazione.Il carattere si forma, interiorizzandole richieste provenienti dall’esterno,i bisogni, i desideri, le passioni,sono acquisizioni sociali che gene-rano nell’individuo emozioni, stati

di esaltazione e depressione.Le energie individuali dispo-nibili vengono intercettate ecatturate dall’esterno, diven-tando meno disponibili per sestessi. L’individuo, anemicopsicologicamente, perde divista se stesso, smarrisce ilsenso di ciò che fa, resta senzavalori personali, non sa piùquali sono le sue vere prioritàdi vita. L’acquisizione deivalori e dell’orientamento allavita è culturale, non esistonospinte provenienti dall’anoche costituiscano le basi carat-teriali della civiltà. Finché lecondizioni economicherimangono stabili, il caratteresociale può svolgere ancheuna funzione equilibrante,

seppure nella dipendenza patologicasado-masochistica. Se le borse per-dono il loro valore o crollano, sicrea depressione sociale, che non èsolo economica, è esistenziale, per-ché crolla la fiducia, la speranza, lepersone vivono il senso dell’abban-dono, smarriscono l’orientamento,come era successo alla popolazioneaustraliana, cadono in uno statoconfusionale di smarrimentodepressivo dove il suicidio puòdiventare una via d’uscita. La crisibancaria americana nel 2009 hacreato una forte depressione econo-mica mondiale, con la perdita dimigliaia di posti di lavoro, tantecoscienze si sono depresse per l’in-sicurezza che la recessione ha crea-to, le case farmaceutiche hannovisto schizzare alle stelle la venditadegli antidepressivi. Il carattere nonè il risultato di rimescolamenti libi-dici. È difficile stabilire quantoc’entrano le zone erogene, le pul-sioni di vita e di morte nelle crisieconomiche. Negli anni ’30Fromm, perseguitato dalle leggirazziali, emigra negli USA doveincontra lo psichiatra americanoE.S. Sullivan con cui diventeràamico. Sullivan lottava contro la

“Il bisogno biologicodi stare in contattospinge le personead agire secondo le

aspettative che in lorosono state riposte”

Pablo Picasso, Il sogno, 1932.

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zioni culturali.È necessario riconsiderare la visio-ne adultomorfica del bambino chepuò agire le sue emozioni in modorudimentale . Il bambino era consi-derato una creatura ostinata nellaemissione o ritenzione delle feci,l’attività educativa, dice Freud, ha ilcompito di spezzare l’ostinazionerendendolo più docile.È vero che gli orientamenti caratte-riali scaturiscono dall’inconscio eche sono a questo riconducibili, mal’inconscio di Fromm è inserito inun contesto socio-economico che locondiziona, è un’acquisizione, rela-zionale.Nel 1973 in “Anatomia delladistruttività umana” Fromm diceche il sadismo ha origine nel piace-re di tormentare e distruggere per ilpiacere della distruzione. L’impera-tore romano Nerone, traeva piaceree componeva versi poetici mentrevedeva bruciare Roma. Frommchiama necrofilia il desiderio di ciòche esprime morte e biofilia il desi-derio di ciò che esprime vita eamare.Il carattere, è dotato anche di risorseper reagire alle richieste sociali diconformazione. Le passioni posso-no essere modificate e ri-orientate a

favore di sé, l’uomo può scegliere epertanto è anche responsabile dellesue azioni.Nel 1947 Fromm pubblica “Dallaparte dell’uomo” e afferma che ilcarattere scaturisce da diversi fatto-ri, alcuni costituzionali come il tem-peramento di base, che, comunque,è modificabile da acquisizionisociali.Egli distingue diversi tipi di caratte-re pregenitali non produttivi:- ricettivo- predatorio o sadico-orale- accumulatore.A questi aggiunse il carattere mer-cantile: orientato alla commerciabi-lità di sé, attento al valore che il mer-cato gli attribuisce. Per questo tipo,relazionarsi è mercanteggiare le pro-prie abilità e l’intero suo essere,pensa che tutto è in vendita, tutto èaffare, tutto può essere acquistato. Ilcarattere mercantile crea un’indivi-duo senza volto, capace di assumerequalsiasi maschera, il prezzo vienestabilito dal committente. La chirur-gia del lifting è sempre più in espan-sione, le persone hanno bisogno dicambiare e il sistema offre interventiestetici. La persona di successo èquella che sa vendere bene anima ecorpo. Il carattere mercantile non è

convinzione di derivazione crepeli-niana e freudiana della irraggiungi-bilità degli schizofrenici, sentenzia-ti come non trattabili. Sullivan,sosteneva che le patologie caratte-riali si formano secondo i differen-ti modi in cui le persone sono messein relazione col mondo.Oltre a Sullivan, altre psichiatri epsicoanalisti americani avevanorifiutato la teoria della libido, dandoimportanza alla socializzazione, aicondizionamenti culturali e allerelazioni familiari. L’amicizia fraSullivan e Fromm diventerà unacollaborazione e insieme ad altri“dissenzienti” daranno vita ad unmovimento di pensiero psicologicoin contrapposizione a quello orto-dosso. I “dissenzienti” concordava-no sul fatto che nel processo di cre-scita, l’uomo non può sottrarsi aicondizionamenti, che subisce pas-sivamente nei primi anni di vita,poiché la prima necessità per i bam-bini è la vicinanza e il contatto, que-sti, non possono vivere senza cureparentali. Il carattere può esseremetaforicamente immaginato comeun recipiente dal contenuto relativa-mente stabile nel quale vengonocanalizzate le emozioni da cui sca-turiranno le passioni. Il carattere èdeterminato dal sentire, dall’agire edal pensiero di altre persone fonda-mentali necessarie alla crescita,questo è confermato dalle piùmoderne ricerche scientifiche inneurologia, come quelle fatte daRizzolatti sui neuroni specchio sullatrasmissione dei contenuti dellamente.Per comprendere il carattere è neces-sario considerare motivazioni, virtù,passioni, vizi, pregi, etc., stabilitinelle relazioni sociali, non è più pos-sibile, alla luce delle più recenti sco-perte neurofisiologiche-relazionali,ridurre il comportamento a pulsioni esue formazioni reattive.Il pudore, il gusto, il disgusto, lavergogna, la sfacciataggine, gliscrupoli morali, etc., sono acquisi-

Pablo Picasso, Arlecchino, 1923 (particolare).

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produttivo per sé, esso può solo ven-dere le sue abilità come merce, essomette in vendita e in caso di crisieconomica in svendita la sua vita,l’offerta del mercato, è determinanteper la contrattazione dell’anima.Nella cura psicoanalitica è necessa-rio smascherare anche le finzioni dicontrofigura in cui le persone sonocostrette a vivere, l’obiettivo è la tra-sformazione dell’improduttività inproduttività per sé, l’obiettivo, è l’in-dividuazione e l’espansione dellapersonalità.Il carattere produttivo è impostatosull’essere, l’improduttivo sull’avere.Negli anni ’60 Fromm individuò unaltro orientamento, il necrofilo,descritto in “Psicologia dell’amore”(1964), a cui è contrapposto il biofilo.In “Anatomia della distruttivitàumana”, 1973, la necrofilia è pre-sentata come attrazione per tutto ciòche è morto, putrido e marcio. Lanecrofilia è la passione che trasfor-ma quello che è vivo in non vivo, ilnecrofilo mostra un interesse pertutto ciò che è meccanico, ama tuttociò che è morto, è un odiatore, undistruttore di tutto ciò che è integro.Per Fromm solo la biofilia, l’amoreper la vita, la produttività e la cre-scita sono innati. L’uomo nasce conuna normale spinta biologica allavita, come tutti gli altri animali, lanecrofilia è un fenomeno psicopato-logico che emerge dallo storpia-mento relazionale e da ostacoliposti allo sviluppo della biofilia.L’uomo è naturalmente dotato dellaspinta alla vita, la necrofilia è unasoluzione patologica alternativa, èuna deformazione in cui i processivitali vengono trasformati in cose.La vita è sempre complessa e incer-ta e questo il necrofilo non lo sop-porta, esso vuole certezze e si nutresolo di regole, di leggi, tutto deveessere: “sicuro come la morte”.Teme il dinamismo e perciò deverendere il mondo controllabile e ifatti della vita prevedibili e calcola-bili, non vuol dire che per vivere

non si debba prevedere, la differen-za è data dal grado di ossessività.Il necrofilo ossessivo apparecchia latavola sempre allo stesso modo, hal’automobile sempre pulita e inordine, soffre terribilmente quandovengono spostati gli oggetti dentrocasa. Esso separa il pensiero dalsentimento, ritiene i sentimenti inu-tili poiché sono incontrollabili eirrazionali, la realtà è colta solo cer-velloticamente. I necrofili e i sado-masochistici, rientrano nel quadronarcisistico delle patologie delcarattere, essi sono il risultato direlazioni fredde e simbiotiche.Oggi, è pienamente condivisa l’in-

fluenza che esercitano gli altri nellacostruzione della struttura del carat-tere, la psicologia individuale èdiventata sempre più relazionale. Lascoperta della dinamicità del carat-tere che offre la comprensione dellamotivazione del comportamento edentro certi limiti il metodo per pre-dirlo restano il grande contributo diFreud. Per Fromm, gli interessidella società non si combinano congli interessi dell’individuo, non è lalimitazione degli interessi sessuali acreare la patologia e per questomette in discussione la teoria dellalibido ed elabora una teoria dei biso-gni che derivano dalle condizionisociali dell’individuo. Nella sua cri-tica, prende in esame il ruolo che ilsistema di produzione della ricchez-za e della povertà creano nell’esi-stenza e da importanza ai valori eall’etica che ne scaturiscono. Consi-dera l’ansia, la solitudine, la pauradei sentimenti profondi, la mancan-za di gioia e l’alienazione, produ-zioni della patologia sociale. L’uo-

mo nella concezione di Fromm, èconsiderato un essere pienamentesociale, non unamacchina idraulica;le emozioni, le passioni, le aspira-zioni, l’odio, l’amore per se e per lavita, nascono e si riproducono nellasua esistenza di uomo.

Bibliografia

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“Oggi è pienamentecondivisa l’influenzache esercitano gli altrinella costruzione dellastruttura del carattere”

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TESTIMONIANZE

A Sospiro (Cremona), un seminario che aiuta a capire la coscienza dello stato vegetativo

Maria che ci infonde amore:continuate ad aiutare chi le vuole bene

La sera del 2 marzo 2009 lagiovane vita di Maria di anni

54 si è spezzata, il suo cuore si èfermato. I soccorsi sono statiimmediati. Il medico con gli ope-ratori del 118, con tanta profes-sionalità, dopo vari tentativi,sono riusciti a rianimarla. Pur-troppo però, mancando ossigenoal cervello per alcuni minuti, ilmedico già sapeva quali tragicheconseguenze ci sarebbero state.Dopo circa 15 giorni di coma nelreparto di terapia intensiva, Mariaha aperto gli occhi: io e tutta lasua famiglia abbiamo iniziato asperare.Poi quattro lunghi mesi ricovera-ta nel reparto di medicina riabili-taliva. La situazione era grave,ma grazie all’assistenza profes-sionale e attenta dei medici, degliinfermieri, alla volontà di Mariadi voler vivere e alla presenzaaffettuosa della mia e della suafamiglia, standole vicino in ognimomento della giornata, il quadroclinico è leggermente migliorato.Il suo corpo ha reagito bene, tuttii suoi organi vitali piano pianohanno ricominciato a funzionare,tranne purtroppo la sua coscien-za. Non avendo quindi più biso-gno di un’assidua assistenzamedica, ma di riabilitazione spe-cialistica, consigliati dai medici,dalla Prof.ssa Mazzucchi che hasempre seguito Maria con impec-cabile professionalità ed uma-nità, e dopo esserci adeguata-mente informati con grandeattenzione ed affetto, alla fine delmese di luglio 2009 Maria è statatrasferita nell’Istituto Ospedalie-

ro di Sospiro (Cremona) nelreparto di riabilitazione.La struttura è ottima a tutti glieffetti, la sua stanza è ben ordina-ta e luminosa; Maria è stata benaccolta dai medici, dalla caposa-la Fausta, dagli infermieri, dallafisioterapista e dagli operatorisocio-sanitari: subito si è instau-rato un bellissimo rapporto, lasua dolcezza ha contagiato tuttied insieme hanno iniziato illungo recupero.Dopo poco tempo viene tolto ilcatetere vescicale, e più avanti,anche se con maggior difficoltà,con l’aiuto stesso di Maria vieneeliminata la cannula tracheosto-mica.Tutto sta procedendo abbastanzabene, ad eccezione dell'alimenta-zione che viene eseguita tramitePEG, in quanto persistono grossedifficoltà di deglutizione.A livello muscolare si iniziano anotare importanti miglioramenti.Con Sara, la sua fisioterapista, ènato non solo un rapporto di

lavoro ma anche di grande affet-to, condiviso anche dalle altrefisioterapiste. Insieme lavoranocon entusiasmo e bravura per ilbene di Maria. Tutta quanta l’e-quipe la segue con competenza epremura, un grazie di cuore perogni gesto rivolto a lei, per comeviene curata e tenuta in ordine.Saperla non sola quando alla seratorno a casa è per me motivo ditranquillità.Maria sempre presente con ungrande cuore, come mamma,moglie, sorella, nonna e figlia; sì,perché ha ancora la mamma di 90anni, che tutte le sere, prima diaddormentarsi, prega il Signoredi non farla morire fino a quandonon avrà riabbracciato la suaMaria. Disponibile e premurosacon tutti, ora è giusto che abbiatutto l’amore che si merita.Purtroppo però sono passati 18mesi e Maria non prende iniziati-va comunicativa né gestuale, nédi altro tipo, anche se alcunevolte, quando le parlo, le leggo ilgiornale e prego, appare un po’più attenta e vigile.Il suo stato, confermato daimedici e dalla Prof.ssa Mazzuc-chi, che ha visitato Maria il 6maggio 2010, é di minimacoscienza. Quando la guardo nonposso che chiedermi: “Ma perchéproprio lei?”. Quante domandeho rivolto ai medici per capirecosa era successo veramente aMaria, quale fosse la strutturagiusta per la sua degenza; quantedocumentazioni ho letto, manonostante ciò faccio ancora fati-ca ad accettare che mia sorella,

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TESTIMONIANZE

persona splendida e buona, siaindifesa in una situazione cosìdrammatica.È vero, lei è viva, io l’abbraccio,la bacio, faccio tutto quanto èpossibile affinché la sua vita siasempre dignitosa. Anche la miafamiglia mi aiuta con tantoamore in questo difficile lavoro,mi incoraggia e mi consola quan-do io con tanto dolore, mistoalcune volte a rabbia, chiedo:“Ma questa si può chiamarevita?”Voi mi sapete rispondere come sifa a sopportare un dolore cosigrande nel vedere un tuo familia-re che esiste ma non esiste, e chedipende dagli altri per ogni mini-ma cosa?Per questo a voi tutti, dal medicoal personale addetto alla cura di

Maria, chiedo di volerle sempretanto bene e di aiutare noi fami-liari in questo difficile percorsocon la speranza che possa, ungiorno, accadere un grande mira-colo.Riconoscente ringrazio ancoratutto il gruppo di lavoro, laDott.ssa Carbone e tutti gli altridocenti che hanno organizzatoquesto importante seminario,lavorando con grande impegno edando a noi familiari l’opportu-nità di imparare a capire cosasignifica “La coscienza dellostato vegetativo: guida e percorsidi cura”.Un grazie ed un caro ricordoanche alla Dott.ssa Gentile e alDott. Villani, che hanno seguitoMaria nei primi mesi del suoricovero. Grazie anche al servi-

zio COMAIUTO degli amici diLuca della “Casa dei Risvegli” diBologna per le informazioni e iconsigli avuti.Infine come non ringraziare dicuore la Prof.ssa Mazzucchi, chetanto si é prodigata per Maria, aLei la mia stima e ammirazioneper il modo esemplare con cuisvolge la sua professione.Concludendo, riporto una fraseche a me è particolarmente pia-ciuta, letta su un libro: “Nonlasciamo soli nella disgraziacoloro che la disgrazia l’hannogià avuta, e soprattutto aiutiamo-li. Aiutiamoli a non distruggerela propria vita mentre assistonola vita già distrutta dei loro cari.Grazie.

Carla, Maria Scotti e famiglie

abbracciare e ringra-ziare tutti, nessunoescluso, augurandovitanta fortuna, perchélo meritate, perchésiete pezzi importantidi questo nostroPaese, perché vivetedentro di noi comeparte della nostrafamiglia, perché lavostra intelligenza eil vostro cuore sonodoni preziosi edesempio per tutti.In questo luogo abbiamo conosciu-to gente vera, abbiamo imparato asostenerci reciprocamente, a rende-re anche se solo in parte, il bene che

Giuseppe ed i suoi familiari lasciano la Casa dei Risvegli Luca De Nigris

Una prova difficile da affrontareogni giorno con forza e speranza

Carissimi tutti,voi che quotidianamente operate inquesto luogo avrete senz’altro rac-colto molte storie di dolore, di vita,di speranza.Per noi, per Giuseppe e i suoi fami-gliari, questa è stata e continua adessere una grande prova.In questi momenti, in cui ci si inter-roga su tutto, ci ha sorretto una cer-tezza: la vicinanza di gente straor-dinaria come voi, che in tempiincerti di “generazioni di fenome-ni” strombazzanti come questi,ogni giorno ci danno la forza diaffrontare la vita attimo per attimo,con professionalità e dedizione perla dignità dell’essere umano.Nel lasciare questo luogo vogliamo

Giuseppe e Leda Calzati.

Giuseppe ha profuso a noi tutti.Grazie ancora e buona fortuna,

Giuseppe (Geppe), Ledae famiglia

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ESPERIENZE DI CONFINE

La fuoriuscita dal corpo è un fenomeno che si ritrova frequentemente nella storia dell’uomo

Pace e serenità, le sensazionie le esperienze dei viaggiatori astrali

«Mentre dormivo mi sono trova-to improvvisamente sveglio,

sul pavimento accanto al letto, mentreil mio corpo fisico era sul letto. Daquella posizione ho potuto osservare lastanza illuminata da una luce vivida ebianca, mentre in realtà era al buio.Colto da una sensazione di paura,sono automaticamente rientrato nelcorpo fisico, compiendo un movimentoad arco (il alto e a sinistra), ritrovan-domi nel corpo, sveglio e al buio…».Questo racconto sembrerebbe natodalla penna di uno scrittore, ma non ècosì. È invece ciò che accadde ad ungiovane uomo ed è comune a tantealtre persone. La fuoriuscita dal corpoè un fenomeno che si ritrova frequen-temente nella storia dell’uomo. Infatti,fin da epoche remote in tutte le cultureè presente il concetto di doppio, intesocome un corpo diverso da quello fisi-co, invisibile e immateriale, in grado difluttuare nel tempo e nello spazio. Nel-l’antico Egitto era definito ka, a Romalarva, nel Perù sombra, mentre oggi siparla di corpo astrale. In ambito reli-gioso, questo quid che è in grado disepararsi dal corpo fisico ed è simile adesso, è chiamato anima, mentre lascienza preferisce usare io cosciente,sé individuale o altro ancora.L’aneddotica sulla capacità di fuoriu-scire dal corpo - nota con la sigla diOBE (Out of Body Experience), èampia, ma nondimeno sono gli studiscientifici effettuati, soprattutto negliultimi quarant’anni, sia nell’ambitodelle scienze di confine sia nel mondoaccademico. In precedenza la letteratu-ra registra resoconti di coloro che

hanno vissuto tali esperienze, alcunidei quali, desiderando verificarne larealtà e comprenderne la natura, hannoanche effettuato esperimenti. Non sonoperò mancati testi di analisi della casi-stica disponibile e verificabile. Ciò chein anni più recenti ha spinto il mondoaccademico ad interessarsi a questofenomeno sono state le cosiddetteesperienze perimortali, cioè le NDE, acui molto spesso sono associate, evenute prepotentemente alla ribalta nel1970 grazie al lavoro di RaymondMoody, un medico americano. Oggisono soprattutto medici, antropologi,psicologi, filosofi che se ne occupano epubblicano i loro lavori su prestigioseriviste scientifiche.Purtroppo lo spazio concesso qui nonpermette un resoconto di queste inda-gini e degli esperimenti compiuti. Per-tanto descriverò in sintesi i viaggiastrali, compatibilmente con i molte-plici fattori che vi entrano in gioco,riportandone qualche esempio.Nel caso riferito a inizio articolo, ilsoggetto stava dormendo e tale situa-zione è molto comune. Infatti le OBEper lo più si presentano in circostanzespontanee di ordinaria quotidianità,come la veglia o il sonno. Spesso sonoassociate, come ho detto alle NDE, chesi verificano in stati critici (coma oarresto cardiaco, per esempio). Talvol-ta avvengono, invece, in condizioniindotte, come l’ipnosi o l’assunzione disostanze psichedeliche o anestetiche.

Chi le vive di solito non ha alcun pro-blema di salute, ma in alcune patologiesi possono osservare casi di sdoppia-mento.Pace e serenità sono sensazioni piutto-sto comuni provate da chi si trova avivere queste situazioni, mentre lemodalità del distacco non sono semprele stesse, talvolta accompagnate dasgomento o paura, sentimenti chefanno cessare la OBE. Se, però, si veri-fica altre volte, viene accolta con sem-pre più naturalezza, tanto che qualcunocerca di provocarla, ideando magaridegli esperimenti più o meno control-lati.C’è chi si ritrova improvvisamentefuori dal corpo e c’è invece chi sente ilcorpo irrigidito e incapace di muover-si, come riferì Roberto, un giovaneuomo, a Paola Giovetti – che negli anniOttanta del Novecento condusse un’in-chiesta sul fenomeno –. La sua primafuoriuscita dal corpo, avvenuta quandoaveva 20 anni, accadde d’estate in«una giornata afosa, ero disteso su undivano e leggevo. A un tratto sentii chemi assopivo, ma in me c’era una stra-na lucidità mentale e rilassatezza. Miinvase pian piano un torpore e tutto ilcorpo mi si irrigidì, tanto che il capoera reclinato sulla spalla destra e nonriuscivo a girarlo. D’un tratto mi sen-tii sollevare dolcemente sopra il miocorpo disteso e rigido. Mi trovaiaccanto alla finestra, fluttuavo nell’a-ria, ero in posizione verticale e mi

di

Cecilia MagnanensiSegretario Generale della FondazioneBozzano-De Boni

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sembrava di muovermi “al rallentato-re”. Un senso di pace e di gioia riem-pirono il mio animo, vedevo tutto piùchiaro, più luminoso, ma la stanzaintorno a me non era mutata affatto.[…] immerso in una grande quiete,provavo sensazioni bellissime mai pro-vate e difficilmente descrivibili ora,sentivo che la mia mente era libera dispaziare ovunque, quel nuovo stato mieccitava, mi spronava ad andare avan-ti, anche se non sapevo dove… ».Diversi testimoniano invece di render-si conto di uscire, o scivolare, dalcorpo attraverso la testa o i piedi e/oritornare nello stesso modo. Talvolta ilviaggiatore astrale non si accorgeimmediatamente conto del suo stato ecompie gesti abituali, fino a che qual-cosa gli fa capire la nuova situazione.La coscienza rimane attiva etutti affermano di non esseremai stati così lucidi e presen-ti a se stessi, dichiarando chein quelle condizioni sono ingrado di fare cose che nor-malmente mai farebbero. «Lamente è chiarissima. È piace-vole. La mia mente agiva epensava per me senza che iodovessi riflettere più di unavolta sulle cose», come rac-contò a Moody una personache aveva avuto una NDE.Consapevole di vivere una realtà,anche se diversa dalla normalità, que-sto io cosciente, dopo i primi momen-ti, talvolta comincia a esaminare ciòche lo circonda da diversi punti diosservazione, non ultimo il soffitto.Oppure, volendo mettere alla prova ilsuo nuovo essere, fluttua nello spazio,visitando luoghi vicini e lontani, oppu-re tenta di spostare oggetti o di com-piere qualsiasi azione da poter inseguito verificare.Nel suo girovagare (talvolta anche neltempo) il viaggiatore astrale puòincontrare figure che riconosce comeamici/parenti defunti o individui di cuiin seguito viene a sapere della morte econ i quali a volte dialoga in manieratelepatica. Quando, invece, queste nonsono morte, cerca di instaurare conloro un contatto e/o di farsi vedere. Perla maggior parte delle volte i tentativinon hanno buon fine, ma può accadere

che terze persone percepiscano qualco-sa di indefinito o vedano figure nebu-lose o perfino il corpo astrale. Questopuò capitare al capezzale di morenti,come testimoniato non solo da parentie amici, ma anche da medici e infer-mieri o in altre situazioni critiche comemalattie o incidenti; e persino in situa-zioni ordinarie.Per quanto riguarda il primo caso, nonfu il doppio di papa Clemente XIVmorente ad essere visto da diversi testi-moni, ma quello di Alfonso de’ Liguo-ri, che nello stesso momento si trovavain stato catalettico nel letto della suacella, come riferirono i suoi confratel-li.Invece, una signora «che viveva inIrlanda [e] stava cercando una casa

da comprare e la trovò mentre erafuori dal suo corpo, perfettamenteadatta alle sue esigenze e ai suoi desi-deri… C’era solo un problema: nonsapeva dove fosse… [e vi] tornò moltevolte astralmente... L’anno seguentelei e suo marito decisero di trasferirsia Londra. [La donna] Rispose ad unannuncio immobiliare di un giornale, esi sentì assolutamente sbalordita quan-do entrò nella casa dei suoi sogni.Appena la proprietaria la vide, gridò:“Voi siete il fantasma!” La casa avevafama di essere infestata e alla fine fuvenduta a un prezzo molto inferiore alsuo valore, grazie al suo fantasma».Un giovane, solito ad avere delle OBEanche a volontà, una notte, verso l’una,volle provare a farsi vedere da duesorelle sue amiche e che abitavano aqualche distanza dalla sua casa. Quan-do, dopo qualche giorno, andò a tro-varle, nulla sapendo del suo esperi-

mento, la più vecchia delle due «rac-contò che la domenica precedente erastata molto terrorizzata per avermipercepito in piedi accanto a lei nelletto e che aveva urlato quando l’ap-parizione le si era avvicinata, svegliòla sorella che mi vide pure. Le chiesi seera sveglia e l’ora in cui questo eraaccaduto e mi rispose di sì, che erasveglia ed era l’una di notte».Insieme alla figura è stata vista in alcu-ne occasioni una struttura che di voltain volta è stata definita dai testimoni –sia il soggetto che vive la OBE siaterze persone – come corda d’argento,un filo, una catena o perfino un tubo.Questa corda lega il corpo astrale aquello fisico e il suo spessore sembravariare a seconda della distanza tra idue corpi, senza tuttavia spezzarsi.

Nei viaggi in località distanticapita che i soggetti assistanoad eventi di cui al momentonon si sa nulla nel luogodove il corpo fisico si trova eche solo in seguito risultanoessersi verificati. In questocaso chi studia le OBE nonsempre riesce a comprenderese la persona riferisce eventiche ha realmente visto per-ché presente oppure che haappreso attraverso una perce-zione extrasensoriale di cui è

dotata. Così come ancora non si rie-scono a spiegare i casi in cui terze per-sone assistono o verificano spostamen-ti di oggetti, senza che vi siano altri,oppure che avvertono toccamenti osuoni nello stesso momento in cui ilviaggiatore dice di essere andato a tro-varle.Infine, il rientro di solito si svolge conle stesse modalità di uscita e se, peresempio, questa è stata caratterizzatadalla consapevolezza, lo è anche ilritorno, magari accompagnato dallasensazione di scivolare nel corpo o diessere fortemente attratti o risucchiatiin un vortice, come si verificò a Rober-to «mi sentii risucchiato violentementeda una “spirale” che ruotava vertigi-nosamente (o almeno così mi sembrò)e mi ritrovai di colpo nel mio corpo; misentivo ancora rigido e pesante, erointontito; poi piano piano, con grandesforzo, cominciai a muovere le braccia

ESPERIENZE DI CONFINE

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ESPERIENZE DI CONFINE

e la testa, che era reclinata sulla spal-la…»Come si può notare il fenomeno del-l’uscita dal corpo è complesso, perchénon solo coinvolge molti fattori – enon tutti gli aspetti qui descritti com-paiono insieme nelle esperienze –, maanche perché suscita interrogativi a cuidevono dare risposta molte branche delsapere. Per esempio, le prime doman-de che uno si pone sono: davvero qual-cosa fuoriesce dal corpo? E che cosa èche fuoriesce? È qualcosa di materia-le oppure è una sostanza non ricondu-cibile ad altre del nostro mondo fisico?Tutte e tre le questioni possono essereaffrontate da vari punti di vista: fisico,psicologico, filosofico e religioso, manessuno di loro è in grado di fornire almomento una spiegazione definitiva alproblema. Quello che è certo è chenella maggior parte dei casi il viaggia-tore, dopo questa esperienza, affrontameglio la quotidianità e dichiara di nonavere più paura della morte.Che le OBE siano un fenomeno reale enon un frutto dell’immaginazione èormai assodato, anche se c’è chi anco-ra afferma il contrario, e le numerosepubblicazioni su di esso lo conferma-no. Inoltre, tutti coloro che le hannovissute affermano che sono molto dif-ferenti dai sogni a causa della lorovividezza, dell’assoluta consapevolez-za di sé e di provare sensazioni moltointense, di vivere, insomma, una realtàmolto più profonda della loro realtàquotidiana. È auspicabile, quindi, che,

con il progredire delle conoscenzesoprattutto nell’ambito delle neuro-scienze, si possano comprendere nonsolo i meccanismi per i quali si verifi-cano le uscite dal corpo, ma anche tuttociò che esse coinvolgono, compresa la

coscienza di sé, la percezione che l’uo-mo ha del suo corpo e del mondo, e lapossibilità di una sopravvivenza oltrela morte fisica. In definitiva, risolvereuna volta per tutte il problema mente-corpo.

Le attività della Fondazione Biblioteca Bozzano - De BoniRicordiamo che la Fondazione Biblioteca Bozzano – De Boni (via Marconi 8 a Bologna) oltread offrire i principali servizi di una Biblioteca - come la consultazione e la lettura del materialedocumentario, il servizio prestiti -, prevede un Programma Culturale, svolto da ottobre a mag-gio. Esso è costituito sia da incontri, riservati ai Soci della Fondazione, sia da conferenze (adingresso libero) che trattano argomenti della Ricerca Psichica. Entrambe le attività si svolgo-

no nel giorno di mercoledì alle ore 16.30.Nel corso dell’anno culturale 2010-2011 è prevista la 10° Giornata di Studio, che si terrà sabato 5 febbraio 2011 e si occuperàde “I grandi iniziati”. Si parlerà di H.P. Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica; Pietro Ubaldi, letterato, mistico e medium;C.G. Jung, creatore della psicologia analitica; Roberto Assagioli, padre della psicosintesi; Mikhael Aivanhov, mistico e veggen-te. Interverranno: Cristina Bassoli, Paola Giovetti, Gaetano Mollo, Antonio Girardi Il programma definitivo della Giornata, cosìcome quello delle conferenze previste nel periodo gennaio-marzo 2011 sono consultabili sul sito internet della Fondazione allapagina http://www.bibliotecabozzanodeboni.it/pubblico.htmDato il limitato numero di posti, per partecipare alla Giornata del 5 febbraio si prega di telefonare per la prenotazione al3381714288. Per informazioni scrivere a [email protected] oppure telefonare al n. 3381714288.

Per approfondireVasta è la letteratura in merito alle OBE, per cui ho scelto pochi titoli della bibliografiain italiano e in possesso della Biblioteca Bozzano – De Boni, rimandando anche alle indi-cazioni date per le NDE. Per conoscere le ricerche più attuali e gli articoli presenti inmolte pubblicazioni scientifiche, rimando alla ricerca attraverso Internet, facendo notareche il materiale è tutto in inglese.Due sono le opere base, la prima è quella che raccoglie esperienze fuori dal corpo (noncitate in questi termini), studiate e controllate da Gurney, Myers e Podmore, nell’ambitodella loro inchiesta sulle apparizioni di viventi presentata nel volume I fantasmi deiviventi (pubblicato in forma ridotta nella versione italiana alla fine degli anni Settanta delNovecento); la seconda è quella di E. Bozzano, da molti ritenuto un classico. Interessan-te, poi, il libro di Di Simone in cui parla di diverse esperienze avute da Renato Patelli,una delle quali con l’intenzione di verificare la realtà del fenomeno. Robert Monroe,invece, ha raccontato in prima persona le proprie esperienze spontanee e indotte, con loscopo di comprenderle. Inoltre i viaggi astrali di Pasqualina Pezzola, dei quali ho parla-to già in queste pagine, sono stati analizzati da Piero Cassoli. Nell’opera di Paola Gio-vetti sono riportate diverse testimonianze pervenutele in seguito ad un’inchiesta effettua-ta negli anni Ottanta. Nel suo libro, invece, Greenhouse cita molti casi che rappresenta-no i molteplici aspetti con cui si verificano le OBE. Libri dedicati all’analisi e allo studiodei casi sono quelli di Celia Green e Scott Rogo.

Bozzano .: Dei fenomeni di “bilocazione”, Tipografia Dante, Città della Pieve 1934, pagg. 132.Cassoli Piero: Esiste la bilocazione? Studio di una sensitiva marchigiana, Fratelli Bocca Editori, Milano 1954,pagg. 13Di Simone G.: Esperienze fuori del corpo (O.B.E.). Un esperimento a sostegno della sopravvivenza, EdizioniMediterranee, Roma 1988, pagg. 178. (13/B)Greenhouse H.B.: Il corpo astrale, Armenia Editore, Milano 1976, pagg. 398Gurney E., Myers F., Podmore F.: I fantasmi dei viventi, Armenia Editore, Milano 1979, pagg. 442Giovetti P.: Viaggi senza corpo, Armenia Editore, Milano 1983, pagg. 156.Giovetti P.: Viaggi dell’anima, Armenia Editore, Milano 1989, pagg. 198.Green C.: Esperienze di bilocazione, Prefazioni di H. H. Price e Massimo Inardi, Edizioni Mediterranee, Roma1970, pagg. 155.Monroe R.A.: I miei viaggi fuori del corpo, Edizioni MEB, Torino 1974, pagg. 259Rogo Scott D.: La mente fuori dal corpo, SIAD Edizioni, Milano 1979, pagg. 328.

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SOLIDARIETÀ

Un importante contributo a favore dell’associazione “Gli amici di Luca”

Uno splendido compleanno:auguri Fabio!

Ci scrivono:

Nella nostra società di indivi-dualisti,egoisti, arrivisti,

arroganti, truffatori, indifferenti equant’altro si vuole con gli stessisignificati, è bello poter consta-tare che da 9 anni 60/70 amichee amici di Fabio lo festeggianonella ricorrenza del suo com-pleanno l’8/10/2010, il 43esimo.Ancora più significativa la lorosensibilità nel partecipare alladonazione di Euro 1800 (milleot-tocento), che oggi abbiamo bonifi-cato a vostro favore, per sostenerel’attività dell’ASSOCIAZIONE dicui non smetteremo mai di elogia-re gli scopi. Il comportamento deigiovani nella circostanza ci fasperare in una società migliore epiù sensibile ai veri problemi cheassillano la quotidianità dellavita.Cordialità.

Famiglia ORLANDI

E noi grati rispondiamo:

Carissimi Giandomenico,Fabio, familiari vostri e

amici, ancora una volta con gran-de riconoscenza l’Associazione“Gli Amici di Luca” desidera rin-graziarvi per il cospicuo contribu-to devoluto a favore del progettodella Casa dei Risvegli Luca DeNigris e del Centro Studi per laRicerca sul Coma in occasione delcompleanno del carissimo Fabio.Prima di tutto da Gli amici di

Luca i più calorosi auguri diBUON COMPLEANNO a Fabio!È molto positivo constatare cheproprio attorno ad una storia dilunghi anni dopo il coma, comequella di Fabio, scaturisce nellepersone che lo circondano tantaconsapevolezza, tale da poteraprirsi ai bisogni di molti altri gio-vani che, dopo gravi eventi trau-matici, stanno lottando come luiper un recupero della qualità dellavita in seno alle loro famiglie.Fabio rappresenta per noi unamico che, grazie ad altre personeche gli vogliono bene, ci accom-pagna nel percorso impegnativoche ci siamo assunti dopo l’espe-rienza con il nostro caro Luca.

Desideriamo comunicarvi che ilvostro contributo sarà destinato asupportare il progetto del laborato-rio “Dopo…di nuovo”, un’ espe-rienza di risocializzazione in grup-po rivolta a persone con esiti gravidopo il coma, svolta attraverso l’e-spressività propria del linguaggioteatrale. Tale attività da due anni èportata avanti settimanalmente da

Sarà destinato al laboratorio teatrale “Dopo... di Nuovo” rivolto a persone con esiti da coma

un’operatrice teatrale e da un’e-ducatrice e viene effettuata gra-zie all’affiancamento di varivolontari che agiscono all’inter-no del gruppo. Il laboratoriomira al raggiungimento di unodegli obiettivi principali dellanostra associazione che èquello di costruire, attra-verso l’operato di profes-sionisti preparati e volon-tari, nuovi percorsi per un

affiancamento a lungo termine aqueste persone che, una volta usci-ti dalla Casa dei Risvegli Luca DeNigris, si trovano ad affrontare ilrientro in una vita diversa daprima e piena di incognite e di dif-ficoltà.Questo progetto dà corpo ad unodei motti che ci hanno guidatonella nostra attività sin dall’inizio,13 anni fa: “PER USCIRE DALCOMA E RIENTRARE NELLAVITA”. Non basta risvegliare dalcoma, bisogna essere in grado didare tutti i supporti per poter con-tinuare il complesso percorso direcupero dopo il risveglio.L’attenzione ed il grande sostegnoche continuamente ci dimostrateci spronano a proseguire nelnostro progetto con impegno edentusiasmo.

Ringraziamo perciò di cuore tuttele persone che vogliono bene aFabio, gli stanno vicino e sannocon tanta generosità essere accan-to a “Gli amici di Luca”Con gratitudine e affetto vi salu-tiamo.

Gli Amici di Luca

Fabio con la fidanzata Laura.

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LA NOSTRA STORIA

Nel 1855 il l’epidemia del colera fece il suo ingresso in città seminando centinaia di morti

La terribile pestilenza che portòlutti e miserie a Bologna

Nei secoli scorsi, non furono sol-tanto le guerre a sterminare i

popoli, ma anche le pestilenze, unatragedia che non aveva confini.Nel 1855, dopo un breve assaggio disei anni prima, il 1849, il paese interoed in particolare Bologna fu ingloba-ta in una nebulosa epidemia chelasciò per le vie, e nelle case, centi-naia di morti .L’epidemia era indicata dai medicicome “il cholera morbus” o “Colera-asiatico”.Questa epidemia così virulenta edistruttiva era presente a macchia dileopardo in tutta Europa e avevacome epicentro la Russia e i paesinordici compresa la Polonia, la Ger-mania e la Francia . Il veicolo di infe-zione veniva trasmesso dalle truppedi occupazione, sempre mutabili aseconda del momento politico. Infattia Bologna stazionarono da tempo, letruppe austroungariche, poi quellefrancesi di Napoleone e truppe mistearruolate da stati prezzolati dal potereal soldo dei potenti.Per tornare al “Cholera-Morbus” del1855 è utile rifarsi ad uno scritto del-l’epoca che inquadra il momento cul-mine del contagio e il diffondersi delmorbo:«Incombe a coloro che descrivanouna pestilenza,ed inispecie unapestilenza di una malattia esotica,eda essi ritenuta contagiosa,!! dimo-strare per quanto, è possibile il modoe la via per cui il seminìo Contagiosos’introduce nel paese colpito, impero-

che l'importazione del colera nellanostra città, e nella provincia nostraè stato talmente palese che abbiso-gnerebbe essere cieco degli occhi pernegarla».Non era la prima volta che la città e laprovincia venne aggredita da unmorbo così virulento che sterminavainteri borghi e paesi. Già in preceden-za nel 1849, un “assaggio” di tale

portata, ebbe Bologna città, ma perfortuna fu un passaggio assai breve erapido che non lasciò traccia se non inalcuni casi di forte malattia, poi risol-ti. Ma nell’anno 1855, il morboritornò a imperversare su Bologna inmaniera virulenta e mortale da porta-re la morte di molte persone II morboentrava in Italia dal confine francesedivulgandosi prima a Nizza e nell’im-

di

Giuseppe Quercioli

Un lazzaretto ai tempi del colera (Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Bologna).

Esempi di pubblicità di preparatianticolerici venduti in alcune farmacie bolognesi(Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Bologna).

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LA NOSTRA STORIA

minenza della stagione calda aCuneo.poi a Genova a Torino e manomano sempre più verso il centro delPaese da tenere conto che l’Italia eraancora un territorio distinto in variepiccoli statarelli con un ordinamentoproprio.

L’espansione dell’epidemia veniva adiffondersi dall’occupazioni dellemassime città da truppe straniere cheavevano al seguito gruppi eterogeneiassoldati alla bell’è meglio.Comunque Bologna fu invasa dalColera morbus nel periodo estivo eautunnale. Il primo caso stando allebreve descrizioni dell’evento, fudenunciato aMalalbergo: «In seguito,e precisamente al 25 settembre, veni-va in guarnigione in Bologna un reg-gimento di Croati provenienti daVerona,che avevano fatto tappa aFerrara e in Malalbergo; luoghi che,come abbiamo notato, erano infettied il giorno 27, due militari di quelreggimento, 1’uno acquartierato nelConvento della SS Annunziata aporta San Mamolo l’altro per via...furono colpiti da colera e in brevemorirono. Nel giorno 28 (il giornodopo) avevano luogo ad un tratto inquello stabilimento. otto casi. seguitiben presto da altri inoltrai che in unmese fùronvi là dentro casi 86, in unapopolazione di circa 500 individui,quasi tutti cachetici,vecchi e malati».

L’infezione si propagava in manieratroppo frequente tanto che molti laz-zaretti erano pieni e non si sapevadove coricare i malati gravi.Anche il Bottrigari nella sua “Crona-ca di Bologna” annota diversi casi perlo più tra le donne di malavita: «18Giugno, quantunque di poco, i casidel morbo asiatico aumentano ed ilnumero giunge a sei o sette ogni gior-no e sono disgraziatamente seguiti damorte... e più avanti rispetto ai solda-ti di stanza in città» ... - 25 Giugno.Nel frattempo l’autorità Austriaca ciporge aiuto, inviandoci da Venezia(già da tempo infetta dal morbo) nonpoca soldatesca, la maggior parteviene acquartierata in città. Nella suc-

cessiva notte del 25 al 26 ben 30 diquesti soldati morirono di cholera. Daquesto momento in avanti, sia caso osia affetto di contagiosa malattia siespande in maggior proporzioni.Siamo al 3 Luglio ed hanno ben luogo50 casi al giorno... «Per non seguirela nota lugubre giorno per giorno, milimiterò a dire che dal 29 maggio

suddetto alla mezzanotte del 14Luglio i casi furono 1410, di cui gua-riti 168, in cura 587, morti 655...».I morti si accumulano per le vie dellacittà e nelle frazioni circostanti.«È cosa orribile a dirsi, ed incredibi-le se io non fossi stato testimone ocu-lare; lungi solo due miglia da Bolo-gna.e cioè nella parrocchia di SanRuffìllo, manca la calce per seppelli-re i cadaveri de' colerosi, e ciò eanche poco! Cadaveri d’uomini e didonne denudati ed esposti alla pub-blica vista, sono stati gettati nel cimi-tero, ove sono rimasti per lunghe oreinsepolti».La nota sui morti sarebbe lunga poi-ché si giunse a contarne da Maggio aOttobre ne in città e negli appodiati,fùrono 3458 così suddivisi: Maschi1058 - femmine 1675 - negli appo-diati maschi 334 - femmine 371 .Come si evince, le femmine furonosempre in forma maggiore, tra cuianche la madre del Bottrigari.II morbo si debellò da solo con l’ini-zio della stagione fredda e con il ces-sare del morbo, la città riprese laspet-to normale.

Lo sviluppo e i confini della città in una veduta dall’atlante del Blaeu, 1663.

Il cholera morbus nella citta di Bologna l’an-no 1855 - Bologna, Tip. governativa DellaVolpe e Del Sassi, 1857. (Biblioteca comuna-le dell’Archiginnasio, Bologna).

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L’EVENTO

Presentato alla Casa dei risvegli Luca De Nigris un libro emozionante alla presenza dell’autore

“Sirena senza coda”: una voce forte,un pensiero profondo e toccante

“SIRENA SENZA CODA” Val-lecchi editore, è il titolo del

libro scritto da Giancarlo Trapanese eCristina Tonelli, presentato alla Casadei Risvegli Luca De Nigris (ospeda-le BellariaAzienda Usl di Bologna) loscorso 13 novembre dagli stessi auto-ri con la partecipazione del giornalistaGiorgio Tonelli e l’accompagnamentodelle musiche di Stefano Zuffi e del-l’Alchemic Folk Orchestra.L’iniziativa è stata promossa dal cir-colo di lettura Gli amici di Sofia incollaborazione con il circolo Azien-dale Ravone (che ha offerto un buffetalla fine dell’incontro) e l’associazio-ne Gli amici di Luca.È stato molto interessante sentiredalle parole di Giancarlo Trapanese(caporedattore RAI3 Marche) comeè nata l’idea di scrivere questoromanzo: tutto è partito dall’incontroche lui, come giornalista, ha avutocon la famiglia di Cristina Tonelli,una ventenne di Fano, grave cerebro-lesa dalla nascita. In quel-l’occasione lui ha intervi-stato la mamma e il papàdi Cristina e ha avutomodo di entrare in contat-to con una realtà entusia-smante, quella di unafamiglia che non si eraarresa di fronte al gravehandicap della figlia e,accanto a lei, avevaaffrontato un percorsopieno di fiducia nelle suepotenzialità, fino ad arri-vare a traguardi quasi

insperati: la possibilità per la ragazza(priva della capacità di parlare) dicomunicare il suo pensiero, chenonostante il danno cerebrale è luci-do e profondo, attraverso un efficacesistema informatico adattato alla suamobilità della mano.Tale è stato il positivo effetto che haavuto su di lui l’incontro con laragazza, che ha deciso di tentare lascrittura a quattro mani di un roman-zo; dalle sue parole abbiamo percepi-to il suo mettersi in gioco nel tenereun colloquio a distanza con Cristina esviluppare così la trama avvincente ecomplessa del romanzo anche in baseagli input che gli giungevano da lei.Ne è uscita un’opera piuttosto volu-minosa, in cui si intrecciano diversestorie e nella quale emerge la com-plessità di un’esperienza di vita,quella di Cristina, che lei è riuscita amanifestare attraverso riflessionimolto profonde e narrazioni emoti-vamente molto coinvolgenti.Dopo diversi interventi dei parteci-panti al dibattito, la presentazione dellibro ha raggiunto il suo apice quan-do Cristina stessa, presente tra il pub-blico, è stata accompagnata davanti

alla sua tastiera del computer ed èstata invitata a comunicarci il suopensiero. Questo è ciò che è uscitodalla digitazione lettera per letteradella ragazza:Una frase ricca di significato, che laplatea dei partecipanti ha seguito nelsuo lento prendere forma sullo scher-mo del videoproiettore e che ha col-mato tutti di una grande emozione:Cristina c’è, Cristina pensa, Cristinadà a noi tutti il senso di un mondoimmenso racchiuso nella sua disabi-lità apparentemente così limitante.

Grazie, Cristina! Ebravo lo scrittore che hasaputo mettersi in giocoper dar voce alla sensi-bilità e all’intelligenzadi una ragazza di 20anni che poteva altri-menti essere condanna-ta al silenzio, invece si èdimostrata capace diesprimere contenutiprofondi in una societàrumorosa e ridondantedi comunicazione velo-ce e superficiale.

di

Maria VaccariPresidente associazione“Gli amici di Luca”

Cristina Tonelli con Giancarlo Trapanese, allapresentazione del libro “Sirena senza coda”alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris.

La frase scritta da Cristina nel corso della presentazione del libro.

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VOLONTARIATO

Un graditissimo invito a pranzo nei moduli della Casa dei Risvegli Luca De Nigris

La semplicità e l’importanzadella condivisione

Un venerdì mattina alla Casadei Risvegli Luca De Nigris:

i nostri ospiti sono impegnatinelle varie attività riabilitativecon fisioterapiste, logopedista,terapista occupazionale, operatoriteatrali; c’è il solito via vai difamiliari, di operatori sanitari,educatrici, la psicologa, il medico,ognuno occupato nello svolgi-mento del proprio compito. Ioquella mattina ricevo una giovaneamica che viene da Vicenza perconoscere il progetto che portia-mo avanti nella struttura: parlo alungo con lei, è interessatissimaperchè anche lei lavora nel campodell’assistenza sanitaria e le pia-cerebbe sviluppare nuovi percorsidi affiancamento, tesi ad un’ uma-nizzazione dell’attività assisten-ziale rivolta ad anziani e gravidisabili. Passano alcune ore inquesto dialogo ricco e aperto tranoi.Giunge il momento di andare avisitare la struttura e con lei per-corro i corridoi della Casa, lemostro la palestra, i laboratori einfine ci avviciniamo alla zonadei moduli. La mia intenzione è divisitarne uno all’interno permostrarle come sono strutturati ecome vengono personalizzati dainostri ospiti.Così, camminando lungo il corri-doio adiacente ai moduli, arrivia-mo davanti a quello di Francescoe, essendo la porta spalancata,sentiamo un vociare allegro usciredi lì e vediamo un gruppo di setteo otto persone attorno ad un tavo-lo insieme ad Adele, la nonna diFrancesco e lui stesso in mezzo aloro sulla sua carrozzina.

Ci chiamano e ci invitano adentrare: sono alcuni operatorisanitari dell’ospedaleMaggiore che sonovenuti alla Casa deiRisvegli per parte-cipare ad uncorso di forma-zione; sono statiinvitati a pranzoda Adele. Li hamessi a tavolacon semplicità,portando sulla mensaciò che aveva prepa-rato per sé e per latirocinante che ter-minava la suaattività accanto a Francesco; inquesto modo Adele voleva averevicino a sé persone che l’avevanoaccolta quasi un anno prima,

quando lei, con il nipote e lamamma di lui, giunsero dall’A-bruzzo all’ospedale Maggiore: lacaposala Patrizia e altre operatricisanitarie che l’avevano aiutataallora a inserirsi in questa realtàcosì nuova e l’avevano avvicinataall’impegnativo percorso daaffrontare con coraggio accanto alsuo adorato nipote dato per spac-ciato dopo il gravissimo incidentestradale di alcuni mesi prima.Adele ci invita a entrare e, visto

che ormai sono aldolce (un ottimotiramisù fatto dalei!), lo offre anche anoi e poi…il caffèna tu ra lmen te ,ottimo, bevutocon gusto sottogli occhi

attenti di France-sco che partecipa

seguendo col capo eretto i discor-si e le battute di tutte queste donneciarliere. Poi, a creare un clima diancora maggiore calore e familia-rità, Adele ci dice che ha fattoanche il pane e ci mostra una bel-lissima, grossa pagnotta profuma-tissima, sfornata da poco.Io sono felicissima! Felice di averpotuto non solo mostrare all’ami-ca di Vicenza un modulo abitato evissuto da una delle nostre fami-glie ospiti, ma addirittura vivereall’interno di esso un momento digrande intimità e condivisione trafamiliari e operatori, nella dire-zione verso la quale tendiamocon il nostro operare di associa-zione accanto a storie di vite lace-rate, ma mai strappate del tuttodalla VITA. Grazie Adele e Fran-cesco!Non dimenticheremo mai il buonprofumo semplice del pane e lasemplicità della condivisionevicino a voi.

Maria

“Un progettoche funziona,

un modulo abitatovissuto e condiviso”

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RISVEGLI DI PAROLE

Le immagini che giungonoattraverso i media di edifici

crollati sotto le scosse sismiche,le immagini che mostranopalazzi e paesi sommersi dal-l’acqua e dal fango dellealluvioni e delle frane,le popolazioni rimastesenza casa, i centriurbani assediati dairifiuti, stanno diventandosempre più abituali nelnostro quotidiano, tanto dagenerare uno stato di generaleassuefazione.I disastri ambientali, causati dal-l’incuria e da precise responsabi-lità umane, alle volte amplificatida calamità naturali, sono irre-versibili colpi inflitti ad un pia-neta che da tempo vive di preca-ri equilibri.Restringendo l’obiettivo alnostro paese, non è difficile con-statare che l’Italia,unica per la varietàpaesaggistica e laricchezza del patri-monio artistico, siscopre sempre piùfragile di fronte aicrescenti squilibriambientali.La frana sugli scavidi Pompei, le conseguenze dellealluvioni nelle regioni del nordItalia, il terremoto in Abruzzo ele altre catastrofi nazionali,dimostrano che la mancata operadi manutenzione e di prevenzio-ne, il dissesto idrogeologico, la

La letteratura e l’ambiente nelle attivitàdell’Associazione Culturale “Zeicon”

dissennata azione di disbosca-menti e il mancato rispetto per lepiù elementari norme edilizie eurbanistiche siano ormai prassiconsolidata ed estesa in granparte del nostro territorio.Prendendo spunto da tali

considerazioni, l’As-sociazione Cultu-rale “Zeicon” diBologna, nellaconsapevolezzache lo sguardo ela prospettiva let-teraria portano alla

luce certi aspetti della realtà chela cronaca, cui siamo ormaiassuefatti, non è in grado dimostrarci, ha organizzato, inoccasione del Terra Madre Day,un’ iniziativa pubblica, perché leparole di poeti e scrittori possa-no fare la loro parte, nel nonlasciar cadere le cose nell’ago-

nia dell’abbando-no, risvegliandol’attenzione suiproblemi deldegrado e del pro-gressivo annienta-mento della natura.Pubblichiamo inquesto numeroalcuni brani presi

da autori classici e contempora-nei, che in diverse loro operehanno affrontato il rapporto del-l’uomo con la natura, e che sonostati proposti da “Zeicon” nelcorso delle manifestazioni delTerra Madre Day.

a cura di Bruno Brunini

Da Italo CalvinoLe città invisibili (Einaudi 1972)

La città di Leonia rifà se stessa tutti igiorni: ogni mattina la popolazione sirisveglia tra lenzuola fresche, si lavacon saponette appena sgusciate dall’in-volucro, indossa vestaglie nuove fiam-manti, estrae dal più perfezionato frigo-rifero barattoli di latta ancora intonsi.Sui marciapiedi avviluppati in tersi sac-chi di plastica, i resti di Leonia d’ieriaspettano il carro dello spazzaturaio.Non solo tubi di dentifricio schiacciati,lampadine fulminate, giornali, conteni-tori, materiali d’imballaggio, ma anchescaldabagni, enciclopedie, pianoforti,servizi di porcellana: più che dalle coseche ogni giorno vengono fabbricate,vendute, comprate, l’opulenza di Leoniasi misura dalle cose che ogni giornovengono buttate via per far posto allenuove (…) una volta buttata via la robanessuno vuole più averci da pensare.Dove portino ogni giorno il loro caricogli spazzaturai nessuno se lo chiede:fuori della città certo; ma ogni anno lacittà s’espande, e gli immondezzaidevono arretrare più lontano; l’impo-nenza del gettito aumenta e le catastes’innalzano, si stratificano, si dispiega-no su un perimetro più vasto. Aggiungiche più l’arte di Leonia eccelle nel fab-bricare nuovi materiali, più la spazzatu-ra migliora la sua sostanza, resiste altempo, alle intemperie, a fermentazionie combustioni.È una fortezza di rimasugli indistruttibi-li che circonda Leonia, la sovrasta daogni lato come un acrocoro di monta-gne. (…)Il patume di Leonia a poco apoco invaderebbe il mondo, se sullosterminato immondezzaio non stesseropremendo, immondezzai d’altre città,che anch’esse respingono lontano dasé montagne di rifiuti. Forse il mondointero, oltre i confini di Leonia, è rico-perto da crateri di spazzatura, ognuno

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RISVEGLI DI PAROLE

con al centro una metropoli in eruzioneininterrotta. I confini tra le città sonobastioni infetti in cui i detriti dell’una edell’altra si puntellano a vicenda, sisovrastano, si mescolano. Più ne cre-sce l’altezza, più incombe il pericolodelle frane: basta che un barattolo, unvecchio pneumatico, un fiasco spaglia-to rotoli dalla parte di Leonia e unavalanga di scarpe, calendari d’anni tra-scorsi, fiori secchi sommergerà la cittànel proprio passato che invano tentavadi respingere (…)

Da Mauro CoronaVajont: quelli del dopo(Mondadori 2006)

Alle porte dell’autunno una notte di tra-gedia era calata sulle case del paeseaddormentato dalle fatiche e tra le viedove per secoli aveva pulsato il cuoredella vecchia Erto. Fu come un colpo difalce. Il 9 ottobre 1963 alle 22,45 due-mila persone entravano nel nulla perambizioni e interessi altrui. Sono passa-ti più di quarant’anni da quella notte e ilricordo dei morti e della disfatta è anco-ra sospeso sulla valle. E anche se lefoglie di quaranta autunni hanno resopiù soffice camminare sul dolore, per-mane sempre in queste zone il frusciodella morte.Cos’è cambiato nei paesi colpiti dall’ar-tiglio durante questo non breve pezzo ditempo? Molto, se pensiamo che i bam-bini nati allora, o subito dopo la cata-strofe, oggi hanno quaranta primavere,e poco sanno, se non per sentito dire, diquella storia. Nulla se osserviamo lamontagna seduta per sempre nel luogoin cui doveva starci l’acqua della digapiù alta del mondo. Prima ancora, lag-giù, in fondo alla valle, scorreva il tor-mentato Vajont (…) La tragedia conti-nua ancora, lenta come i granelli dellaclessidra, ma sempre presente. Negliocchi di chi si è salvato rimane conge-lato il muto stupore, l’ombra malinconi-ca del rimpianto, la coscienza di averperduto qualcosa che nessun miracolopotrà restituirci.Marco Paolini con la sua orazione civilee dopo di lui Renzo Martinelli con il filmVajont, hanno tolto le bende a ferite nonancora chiuse, ma altresì hanno fattosapere all’Italia dei grandi fratelli, delle

isole dei famosi, delle fattorie, la nostrapena, per troppi anni volutamentesepolta nell’oblio da coloro che nonavevano la coscienza a posto.In piedi sul tetro balcone della diga,Paolini provocò nei telespettatori l’effet-to di un fulmine che schiocca in mezzoa una mandria di cavalli addormentati.(…) Il caso Vajont da poco riemerso,ha riaperto gli occhi a tutti (…) interecontrade della vecchia Erto crollate.Casa dopo casa. L’una ha spinto giù l’al-tra come nel gioco del domino. Perquarant’anni, l’oblio e l’incuria hannotirato spallate sui muri scalpellati del vil-laggio senza voci, dove eravamo cre-sciuti nella promiscuità affettuosa delbisogno e della solidarietà. Per qua-rant’anni ho visto cadere le case nell’a-gonia lenta e inesorabile dell’abbando-no. Impotente e muto ho assistito allosfacelo, ma il mio paese era già mortoquella notte.

Da Emily DickinsonPoesie (Newton 2010)

Il vento cominciò a fremere sull’erbacon toni bassi e minacciosi,scagliò una sfida contro il cielo -una alla terra.

Le foglie si staccarono dagli alberisi dispersero lontane -si sollevò la polvere – da sola –e cancellò il cammino.

Corsero i carri sulle stradeIl tuono s’affrettò poco a poco– il lampomostrò un becco gialloe, poi, un livido artiglio.

Gli uccelli sbarrarono i nidi,gli armenti fuggirono nelle stalle.Cadde una goccia di pioggia gigantepoi, fu come se le mani

che frenavano le dighe lasciassero la presa,l’acqua inondò il cielo –ma evitò la casa di mio padresradicando un solo albero.

Da Jackson BrownPrima del diluvio(Late for the sky, Wea, 1974)

Alcuni di loro erano sognatori

e alcuni pazziche facevano piani e pensavano al futurocon l’energia dell’innocenteraccoglievano gli arnesidi cui avrebbero avuto bisognoper il loro viaggio di ritorno verso la natura

mentre la sabbia scivolava verso l’aperturae le loro mani si tendevano versol’anello doratocoi loro cuori si rivolgevanoai cuori degli altri per trovare rifugionei travagliati anni che precedetteroil diluvio

alcuni di loro conobbero il piacerealtri il doloree per alcuni di loro era solo il momentoad avere importanzasulle ali coraggiose e folli della fanciullezzauscirono in volo sotto la pioggiae le loro piume una volta così elegantisi strapparono a brandellie alla fine scambieranno le lorostanche alicon la rassegnazione che la vita portacon sée scambieranno la luce splendente efragile dell’amorecon i lustrini e il rossettoe in un attimo furono spazzati dinnanzial diluvio

che la musica tenga alto il nostro spiritoche gli edifici tengano asciutti i nostribambiniche la creazione riveli i propri segreti apoco a pocoa poco a pocoquando la luce che è dispersa in noiraggiunge il cielo

alcuni di loro erano adiratiper il modo in cui si abusava della terrada parte degli uomini che avevanoimparatoa forgiare la sua bellezza nel potere

e lottavano per salvaguardarla da questisolo per restare confusidalla grandezza del suo impeto nell’oradecisivae quando la sabbia era sparita ed eragiunto il momentonella nuda alba solo pochi sopravvisseronel tentativo di comprendere una cosacosì semplice e immensasi resero conto di essere destinati avivere dopo il diluvio

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SCAFFALE

La storia di Cristina e di Romano Magrini raccontata in un nuovo toccante volume

L’amore è “maternità”: una figlia da amare,accudire e nutrire tra mille difficoltà

Icinque anni vissuti dall’autore Pie-tro Scarnera accanto al padre, instato vegetativo dal 2003 al 2008,diventano in questo libro, “Diario diun addio”, una testimonianza pensataper “far vedere” al mondo esternocome vive una persona in condizionicosì critiche.Ma la testimonianza, in corso di lavo-razione, si è trasformata in racconto.Le corsie e le stanze d’ospedale, glioggetti e le regole della vita in una clinica, la pre-senza sibillina dei dottori fanno da sfondo al ten-

tativo del figlio di relazionarsi con ilpadre, diventato ormai una personadiversa e “irriconoscibile”, e di difen-dersi da una realtà che rischia di tra-volgere tutto.A un primo momento di speranzaseguono la disillusione e i giorni sem-pre uguali della vita d’ospedale.Un tempo sospeso, in cui si conduceuna battaglia silenziosa per salvare,almeno nella memoria, l'immagine di

quel padre com’era una volta. Con postfazione diBeppino Englaro e Fulvio De Nigris.

Da trent’anni vive in uno statominimo di coscienza. Sente i

rumori, assapora i cibi che le offrono,piange, starnuta, sobbalza… ad uncerto punto della sua vita aveva rico-minciato a parlare. Piccole parole per-dire cose grandi: mamma, papà, unciao alle persone che andavano a tro-varla…Poi la sua mamma è diventata il suoangelo (“L’amore è: maternità” erascritto su un poster che mamma Fran-ca aveva posto accanto alla sua bimbaferita), e qualcosa in lei si è rotto dinuovo… ma non è e non è mai statauna cosa da cui togliere polvere oragnatele e neppure un vegetale da

annaffiare e concimare: èuna persona da amare,accarezzare, nutrire, accu-dire in tante piccole cose,quelle che permettono diriconoscere la dignitàinsondabile di cui è por-tatore ciascun essereumano, indipendente-mente dal suo sviluppo edalla sua condizione divita.Lei è Cristina, ha 44 anni, bologne-se, che ora vive a Sarzana e che, con lasua storia, ha occupato i giornali localie nazionali per diverse volte, fino adapprodare in TV poco tempo fa.Lui è Romano Magrini, ha 77 anni edè il padre di Cristina, la sua àncora, ilsostegno che ogni minuto, per ciascu-na delle 24 ore dei lunghi giorni dellasua vita, si occupa di pianificare, orga-nizzare tutto quello che ruota attorno alei, all’amatissima figlia.

La loro storia, pertanti aspetti accosta-bile a quella degliEnglaro, è raccontatain un libro – ‘Se mirisvegliassi domani’appunto – che porta laprefazione del mini-stro Sacconi (presentea Bologna alla serataLions e Rotary disostegno alla famiglia),ma è in quarta di coper-

tina la domanda angosciosa che acco-muna Romano Magrini a tanti genito-ri nella sua situazione: “…e dopo dime che accadrà?”.Paradossalmente, e lo faceva notareVittorio Monti nel suo articolo sulCorriere della sera del 6 novembre2009, se il desiderio di RomanoMagrini fosse stato di far morire Cri-stina avrebbe trovato tanti disponibiliad aiutarlo, il fatto che invece desideri

di

Antonella Diegoli

Diario di un addio: una testimonianza pensata per far riflettere

Raccontare con il fumetto lo stato vegetativo

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SCAFFALE

COME PIOMBO PESA ILCIELO, UN PERCORSO DOLOROSOALIETO FINE

Ho letto con interesse ed emozione il libro ‘Come piombopesa il cielo’ scritto daAlessandra Bassi, a noi pervenuto da

un paese della provincia di Caserta. Alessandra Bassi è una gio-vane di 30 anni che nell’ormai lontano 1995 fu vittima di un disa-stroso incidente automobilistico. RaccontaAlessandra: “Quel ter-ribile giorno l’automobile su cui viaggiavo con mio padre, le miedue sorelle ed una mia amica è stata travolta da un’altra autovet-tura… mio padre e la mia amica morirono sul colpo, una dellemie sorelle morì dopo una settimana in sala di rianimazione; l’al-tra, che all’epoca aveva solo 7 anni, riportò uno stato di shock efu ricoverata in un ospedale per una settimana. Io subii un traumacranico e rimasi in coma per circa due mesi e mezzo; subii un intervento di “svuo-tamento” alla testa, per un ematoma che si era formato.”Alessandra, dopo un lungo periodo di riabilitazione fisica e psichica durato alcu-ni anni, ha proseguito i suoi studi con fatica e impegno, fino al conseguimentodella laurea in lettere.A questo punto, ha deciso di raccogliere i suoi ricordi in un libro che si compo-ne di una parte prosastica e di una raccolta di poesie.Alessandra spiega: “Ho dato a questo mio lavoro il titolo ‘Come piombo pesa ilcielo’. Lo invio volentieri alla vostra associazione perché credo possa essere, percoloro che si occupano di reinserimento nella vita quotidiana di persone appenauscite dall’esperienza del coma, un’utile testimonianza su un lungo percorso diriabilitazione psico-fisica, dolorosa, complessa, ma ricca di soddisfazioni. Inol-tre, vista la conclusione tutto sommato positiva della mia avventura, penso che ilracconto di essa possa essere un utile incoraggiamento per chiunque si trova inuna situazione simile a quella descritta”.

Maria Vaccari

per sua figlia la certezza che qualcuno,dopo di lui, possa occuparsene conquella cura che ha avuto e continua adavere tra le mura di casa, questo creadisturbo e imbarazzo: la società non èpronta a farsi carico dei suoi elementipiù deboli.È lo stesso quesito, senza rispostacerta, che avvicina tante famiglie allascelta drammatica dell’aborto cosid-detto terapeutico quando gli esamievidenziano patologie e disabilità:“Dopo di noi che ne sarebbe di questonostro figlio?”. Perciò le nostre vocinon devono tacere lo scandalo e lanostra azione deve continuare nellavicinanza, nella concretezza di unsostegno come nella ricerca di possi-bili aiuti. Per questo siamo nati comeMovimento, per questo continuiamo aoperare, volontari, tra mille difficoltà.(info. 335.5742579)

Cercando la vita, una grande storia umana e familiare

Unragazzo appassionato della moto, una grande passione.Racconta: “Non so se ci vuole più passione o più corag-

gio per guidare un cavallo meccanico… Il rumore del moto-re era esaltante… lanciare la moto nella curva era come sca-raventarla a terra… Guidando, sferzate di pura energia par-tivano veloci dal cervello e si diramavano in tutto il corpo”.Un’uscita in moto per andare da Potenza a prendere un caffèaMaratea, le parole di un amico che l’accompagnano alla par-tenza: “Dino, su quella strada si muore”.“A quello stop la mia vita prese un’altra direzione. Nel giro di pochi istantimi ritrovai catapultato in un dimensione priva di contorni…”. È il coma.Un incidente con la moto, 4 mesi e mezzo per risvegliarsi del coma, DinoRosa, un giovane di Potenza, ha affrontato, a partire da Bologna ed Imola, unpercorso durissimo per riprendersi al vita.Abbandoni, solitudine, rifiuto di accettarsi, la speranza che non vuole morire.Nel libro dal titolo “Cercando la vita” che ha scritto una volta raggiunto ilrecupero, Dino mette a nudo, con freschezza di linguaggio, i sentimenti e glistati d’animo propri di chi è messo all’angolo della vita e mostra le sue feritesenza autocommiserazione, ma con una determinazione che ha la forza straor-dinaria di un sogno. Questo libro è stato stampato in 200 copie e distribuitoagli invitati al matrimonio dell’autore. Un evento significativo e simbolicoche segna la conclusione di una grande storia umana e familiare.

Rocco Rosa

Rapporto di curae ruolo del paziente

Il volume “Quale salute per chi”,a cura di Federico Ruggeri,dal taglio interdisciplinare, vuolecogliere il carattere problematico

del rapporto di curae, in esso, la rilevanzastrategica del ruolodel paziente.L’elemento cruciale èrappresentato dalfatto che in sostanzaquesto è un ruolominore, dato chel’apparato organizza-

tivo, la competenza professionale,il sistema della ricerca-conoscenzae l’industria del farmaco hanno benaltro peso sotto molteplici punti divista.I diversi contributi si concentranosu quella che può essere indicatacome dimensione sociale dellasalute e lo fanno sottolineando irischi che vengono proprio dallosvilupparsi della sanità come siste-ma tecnico.(Franco Angeli editore - e 20,00)

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MI RICORDO DI TE

GUARDA DOVE SIAMO ARRIVATI

Saluti dalla nostra capitale e da quella francese da parte dei nostri inviati viaggiatori

Tutte le strade portano a Roma...ma anche a Parigi

La sua umanità, il suo entusiasmo, la dedizione alla famiglia

Ricordando Marco

CLAUDIA E VALENTINA AROMA

Avolte non bisogna andare in capo al mondo per riba-dire “dove siamo arrivati”: Lo si può fare anche dietrol’angolo o un poco più in là. Come hanno fatto Clau-dia con la volontaria Valentina a Roma in una bellagiornata di sole…

FEDERICO EGUENDALINA APARIGI

Gli Amici di Luca a Parigi.Due testimonial d’eccezione nella Villelumiere diventano ambasciatori all’esterodella nostra associazione.Bravi Federicoe Guendalina!

UNA TARGA PER ANGELA

Lo scorso 7 otto-bre, in occasio-

ne della festa per laGiornata dei Risve-gli, l’associazione“Gli amici di Luca”rappresentata daMaria, Fulvio e da alcuni volontari fedelissimi,ha posto nello studio dell’associazione allaCasa dei Risvegli Luca De Nigris una targa inricordo della carissima Angela Longiardi,volontaria da sempre de “Gli amici di Luca”,recentemente scomparsa.Il suo sguardo simpatico e amichevole vigileràsempre su tutti i collaboratori che si attivanonella struttura.

Ètrascorso più di un anno, da quan-do un tragico incidente stradale

ha spezzato l’esistenza terrena diMarco. Il tempo passa, ma il doloreper la sua prematura scomparsa restaimmutato. La sua mamma, Liliana,non riuscirà mai lenire la sua angosciaperché, per un genitore, la perdita diun figlio è qualcosa che trascende la capacità di rag-giungere una serena pace ulteriore. A noi parenti, amici,conoscenti e ai tanti altri che gli hanno voluto bene,rimarrà il ricordo della sua umanità, del suo entusiasmodi eterno ragazzo, del suo altruismo, della totale dedi-zione ai suoi giovani allievi e alla sua famiglia.Ciao Marco.Non ti dimenticheremo, mai.

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IN/FORMAZIONEPERCORSO DIDATTICO

PER ACCOMPAGNARE CHI SI PRENDE CURADELLA PERSONA CON ESPERIENZA DI COMA

gli amici di

II QQuuaaddeerrnnii ddee ““GGllii aammiiccii ddii LLuuccaa””

Informazione e Formazioneper apprendere. Insieme.

Comaiuto numero verde 800998067

Pubblicazione a cura de Gli Amici di Luca / via Saffi, 10 / 40131 Bologna / tel. 051.6494570

www.amicidiluca.it

L’importanza delle pratiche quotidia-ne di chi vive il percorso didattico

nella Casa dei Risvegli Luca De Nigris:un percorso In/Formazione che vuolefavorire il coinvolgimento della famiglianel processo di cura.

Con la stampa di questo quaderno didat-tico, non solo si vuole informare, ma sivogliono fornire strumenti di supportoalla persona e alle sue figure di riferi-mento, insegnando ad agire nella prati-ca quotidiana per facilitare il rientro acasa e diventare sempre più competentinella capacità di stimolare il propriocaro, su come prendersene cura e comecreare un ambiente che possa offrire lapossibilità di fare una serie di esperien-ze funzionali alle sue necessità e poten-zialità. II tutto accompagnato da fotoesemplificative delle procedure assisten-ziali da mettere in pratica, per impararea gestire le conseguenze derivate daldanno cerebrale.Con la prefazione di Andrea Canevaroordinario di pedagogia speciale al Dipar-timento di Scienze dell’Educazione del-l’Università degli Studi di Bologna e l’in-troduzione della curatrice della pubbli-cazione: Laura Trevisani pedagogistaclinica della Casa dei Risvegli Luca DeNigris.

Una sorta di manuale che si può richie-dere a “Gli amici di Luca”

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