Gli acciai di Damasco -...

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ai Le venature superficiali sulla lama di una scimitarra persiana (in alto e al centro) rispecchiano variazioni del tenore di carbonio nell'acciaio ad altissimo carbonio: le zone chiare sono costituite da carburo di ferro (cementite) mentre il fondo scuro è costituito da ferro assai più posero di carbonio. Le venature diventavano visibili soltanto quando la lama. finita in ogni sua parte, veniva lucidata e attaccata con un acido che agiva di preferenza sulla matrice ferrosa lasciando pressoché inalterata la cementite. Il reticolo della cementite è chiaramente distinguibile nella micrografia di un acciaio ad altissimo carbonio (in basso); ferro e cementite, a strati alterni, compaiono anche nella struttura di fondo. Gli acciai di Damasco dovevano la loro tenacità alla fucinatura che, disperdendo la cementite, conferiva alle venature superficiali il loro aspetto definitivo. Gli effetti della fucinatura sono tuttora riconosci- bili: le venature verticali della scimitarra persiana, al cui insolito an- damento veniva dato il nome di «Scala di Maometto», erano il risultato di martellature localizzate. La scimitarra. risalente al XVII secolo o a epoca più tarda, è conservata al Metropolitan Museum of Ari di New York. L'ingrandimento della micrografia è di circa 200 volte. Gli acciai di Damasco Un tenore di carbonio più alto rispetto agli acciai attuali e una fucinatura a regola d'arte erano le caratteristiche delle lame di Damasco, famose per la resistenza e la tenacità oltre che per la bellezza delle venature di Oleg D. Sherby e Jeffrey Wadsworth N el suo romanzo storico sulle av- venture dei crociati in Palesti- na, Il Talismano, Sir Walter Scott narra di un incontro tra Riccardo Cuor di Leone e il re saraceno Saladino. I due contendenti stanno vantando i pre- gi delle rispettive spade. Per dimostrare la potenza della sua arma, Riccardo af- ferra a due mani la pesante spada a lama dritta e fende di colpo una mazza di ac- ciaio. È la volta del Saladino che, affer- rato un cuscino di seta, lo avvolge attor- no alla sua scimitarra e «sguaina l'arma attraverso il cuscino.. .con una tal legge- rezza che questo sembra sfaldarsi natu- ralmente, senza traccia di violenza». I crociati non credendo ai loro occhi pen- sano che si tratti di un trucco, ma il Sa- ladino li sbalordisce di nuovo dividendo in strisce con la scimitarra un velo che volteggia leggero nell'aria. Stando alla descrizione di Walter Scott, l'arma del Saladino, meravigliosamente affilata e leggera, aveva «una lama stretta e ricur- va che, diversamente da quelle dei fran- chi, non scintillava, aveva un colore blu cupo e recava un'infinità di venature». Sebbene questa descrizione non sia priva di qualche licenza poetica (per esempio non era possibile che il Saladino avesse una scimitarra in quanto le lame ricurve fecero la loro comparsa solo di- versi secoli dopo il 1192, anno in cui si sarebbe svolto l'incontro con Riccardo), fornisce però un'immagine sostanzial- mente fedele del tipo di lama usato nel- l'Islam ai tempi del Saladino. Erano la- me eccezionalmente dure all'impatto - in grado cioè di conservare in ogni caso l'affilatura - e a un tempo tenaci quanto bastava per assorbire i colpi durante il combattimento senza rompersi. Quelle lame dovevano le loro qualità e gli splen- didi motivi delle venature superficiali al materiale di cui erano fatte: l'acciaio di Damasco. Fin dal tempo delle Crociate le spade e le armature di Damasco sono state materia di leggenda. Per secoli, nel- le epoche successive, sono state oggetto di fascino e di disperazione per i fabbri europei che invano tentavano di ripro- durne fedelmente la damascatura. La scoperta del segreto delle spade di Damasco divenne una sfida che suscitò anche l'attenzione di eminenti scienziati europei. Uno di questi fu Michael Fara- day, figlio di un fabbro, che dopo aver analizzato nel 1819 (prima di inventare il motore e il generatore elettrici) un ac- ciaio di Damasco attribuì le sue straor- dinarie caratteristiche alla presenza di piccole quantità di silice e allumina. Benché le conclusioni fossero sbagliate, la relazione di Faraday stimolò Jean Ro- bert Bréant, ispettore alla zecca di Pari- gi, a intraprendere una serie di esperi- menti per valutare l'effetto dell'aggiunta di vari elementi all'acciaio. Fu appunto Bréant che individuò per primo, nel 1821, quale fosse, dal punto di vista me- tallurgico, la caratteristica peculiare de- gli acciai di Damasco, ossia la straordi- naria durezza, la tenacità e la bellezza dovute a un elevato tenore di carbonio. Bréant identificò come «acciaio carbu- rato» il costituente delle zone pallide della superficie damascata e definì sem- plicemente «acciaio» la matrice scura. Bréant riuscì a fabbricare spade da- mascate, ma non rivelò mai nei partico- lari il procedimento da lui adottato, del quale forse gli sfuggiva anche l'impor- tanza di alcune fasi. La base per una piena comprensione scientifica dell'ac- ciaio di Damasco non si raggiunse che al volgere del secolo, quando un buon nu- mero di ricercatori riuscì a svelare le transizioni di fase che gli acciai subisco- no in funzione della temperatura e del tenore di carbonio. Ancor oggi, pur es- sendo il diagramma ferro-carbonio or- mai interamente noto, l'arte di fabbrica- re spade di Damasco rimane, per la legge americana, coperta da brevetto. L'interesse che coltiviamo per questo argomento deriva dalle nostre ricerche sui moderni acciai ad altissimo carbonio. Questi acciai, che hanno un tenore di carbonio compreso tra 1'1 e il 2,1 per cento, hanno scarsissima applicazione commerciale perché sono ritenuti fragili. Le spade di Damasco, però, pur avendo un tenore di carbonio variante dall'1,5 al 2 per cento, godevano di una indiscus- sa reputazione di tenacità; questo sug- gerisce che la fragilità solitamente indot- ta da un'elevata percentuale di carbonio può essere evitata con trattamenti ade- guati. Alla Stanford University siamo ri- usciti a ottenere acciai ad altissimo car- bonio che al pari delle spade di Damasco non solo presentano a temperatura or- dinaria un'elevata resistenza a rottura, ma sono anche duttili. Siamo pure riu- sciti a riprodurre il leggendario acciaio damascato. I procedimenti da noi seguiti in laboratorio sono essenzialmente gli stessi adottati per la prima volta nelle antiche fucine del Vicino Oriente. T a più antica descrizione delle lame di Damasco risale al 540 d.C., ma non è da escluderne l'impiego fin dai tempi di Alessandro Magno (circa 323 a.C.). Il loro nome non deriva dal luogo di origine, ma dal fatto che a Damasco fu- rono viste per la prima volta dai crociati. L'acciaio di cui erano fatte proveniva in realtà dall'India dove, con il nome di wootz (acciaio fuso in crogiolo), era og- getto di commercio su vasta scala, sotto forma di pani di dimensioni analoghe a quelle di un disco da hockey. Si ritiene che le migliori lame venissero ottenute in Persia fucinando del wootz prove- niente dall'India con il quale si fabbrica- vano anche scudi e corazze. Benché la diffusione degli acciai di Damasco ri- specchi geograficamente l'espansione i- slamica, nel Medioevo erano noti anche in Russia con il nome di bulat. Come accade per tutti i procedimenti di fabbricazione dell'acciaio, per ottene- re il wootz era prima necessario rimuo- vere l'ossigeno dal minerale di ferro, co- stituito da ossido; la successiva aggiunta di carbonio al ferro così ridotto ne pro- vocava l'indurimento trasformandolo in acciaio. Il carbonio necessario veniva ri- cavato da carbone di legna, legna o fo- 50 51

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aiLe venature superficiali sulla lama di una scimitarra persiana (in altoe al centro) rispecchiano variazioni del tenore di carbonio nell'acciaioad altissimo carbonio: le zone chiare sono costituite da carburo di ferro(cementite) mentre il fondo scuro è costituito da ferro assai più poserodi carbonio. Le venature diventavano visibili soltanto quando la lama.finita in ogni sua parte, veniva lucidata e attaccata con un acido cheagiva di preferenza sulla matrice ferrosa lasciando pressoché inalteratala cementite. Il reticolo della cementite è chiaramente distinguibilenella micrografia di un acciaio ad altissimo carbonio (in basso); ferro

e cementite, a strati alterni, compaiono anche nella struttura di fondo.Gli acciai di Damasco dovevano la loro tenacità alla fucinatura che,disperdendo la cementite, conferiva alle venature superficiali il loroaspetto definitivo. Gli effetti della fucinatura sono tuttora riconosci-bili: le venature verticali della scimitarra persiana, al cui insolito an-damento veniva dato il nome di «Scala di Maometto», erano il risultatodi martellature localizzate. La scimitarra. risalente al XVII secolo o aepoca più tarda, è conservata al Metropolitan Museum of Ari di NewYork. L'ingrandimento della micrografia è di circa 200 volte.

Gli acciai di DamascoUn tenore di carbonio più alto rispetto agli acciai attuali e una fucinaturaa regola d'arte erano le caratteristiche delle lame di Damasco, famose perla resistenza e la tenacità oltre che per la bellezza delle venature

di Oleg D. Sherby e Jeffrey Wadsworth

N

el suo romanzo storico sulle av-venture dei crociati in Palesti-na, Il Talismano, Sir Walter

Scott narra di un incontro tra RiccardoCuor di Leone e il re saraceno Saladino.I due contendenti stanno vantando i pre-gi delle rispettive spade. Per dimostrarela potenza della sua arma, Riccardo af-ferra a due mani la pesante spada a lamadritta e fende di colpo una mazza di ac-ciaio. È la volta del Saladino che, affer-rato un cuscino di seta, lo avvolge attor-no alla sua scimitarra e «sguaina l'armaattraverso il cuscino.. .con una tal legge-rezza che questo sembra sfaldarsi natu-ralmente, senza traccia di violenza». Icrociati non credendo ai loro occhi pen-sano che si tratti di un trucco, ma il Sa-ladino li sbalordisce di nuovo dividendoin strisce con la scimitarra un velo chevolteggia leggero nell'aria. Stando alladescrizione di Walter Scott, l'arma delSaladino, meravigliosamente affilata eleggera, aveva «una lama stretta e ricur-va che, diversamente da quelle dei fran-chi, non scintillava, aveva un colore blucupo e recava un'infinità di venature».

Sebbene questa descrizione non siapriva di qualche licenza poetica (peresempio non era possibile che il Saladinoavesse una scimitarra in quanto le lamericurve fecero la loro comparsa solo di-versi secoli dopo il 1192, anno in cui sisarebbe svolto l'incontro con Riccardo),fornisce però un'immagine sostanzial-mente fedele del tipo di lama usato nel-l'Islam ai tempi del Saladino. Erano la-me eccezionalmente dure all'impatto -in grado cioè di conservare in ogni casol'affilatura - e a un tempo tenaci quantobastava per assorbire i colpi durante ilcombattimento senza rompersi. Quellelame dovevano le loro qualità e gli splen-didi motivi delle venature superficiali almateriale di cui erano fatte: l'acciaio diDamasco. Fin dal tempo delle Crociatele spade e le armature di Damasco sonostate materia di leggenda. Per secoli, nel-le epoche successive, sono state oggettodi fascino e di disperazione per i fabbri

europei che invano tentavano di ripro-durne fedelmente la damascatura.

La scoperta del segreto delle spade diDamasco divenne una sfida che suscitòanche l'attenzione di eminenti scienziatieuropei. Uno di questi fu Michael Fara-day, figlio di un fabbro, che dopo averanalizzato nel 1819 (prima di inventareil motore e il generatore elettrici) un ac-ciaio di Damasco attribuì le sue straor-dinarie caratteristiche alla presenza dipiccole quantità di silice e allumina.Benché le conclusioni fossero sbagliate,la relazione di Faraday stimolò Jean Ro-bert Bréant, ispettore alla zecca di Pari-gi, a intraprendere una serie di esperi-menti per valutare l'effetto dell'aggiuntadi vari elementi all'acciaio. Fu appuntoBréant che individuò per primo, nel1821, quale fosse, dal punto di vista me-tallurgico, la caratteristica peculiare de-gli acciai di Damasco, ossia la straordi-naria durezza, la tenacità e la bellezzadovute a un elevato tenore di carbonio.Bréant identificò come «acciaio carbu-rato» il costituente delle zone pallidedella superficie damascata e definì sem-plicemente «acciaio» la matrice scura.

Bréant riuscì a fabbricare spade da-mascate, ma non rivelò mai nei partico-lari il procedimento da lui adottato, delquale forse gli sfuggiva anche l'impor-tanza di alcune fasi. La base per unapiena comprensione scientifica dell'ac-ciaio di Damasco non si raggiunse che alvolgere del secolo, quando un buon nu-mero di ricercatori riuscì a svelare letransizioni di fase che gli acciai subisco-no in funzione della temperatura e deltenore di carbonio. Ancor oggi, pur es-sendo il diagramma ferro-carbonio or-mai interamente noto, l'arte di fabbrica-re spade di Damasco rimane, per la leggeamericana, coperta da brevetto.

L'interesse che coltiviamo per questoargomento deriva dalle nostre ricerchesui moderni acciai ad altissimo carbonio.Questi acciai, che hanno un tenore dicarbonio compreso tra 1'1 e il 2,1 percento, hanno scarsissima applicazione

commerciale perché sono ritenuti fragili.Le spade di Damasco, però, pur avendoun tenore di carbonio variante dall'1,5al 2 per cento, godevano di una indiscus-sa reputazione di tenacità; questo sug-gerisce che la fragilità solitamente indot-ta da un'elevata percentuale di carboniopuò essere evitata con trattamenti ade-guati. Alla Stanford University siamo ri-usciti a ottenere acciai ad altissimo car-bonio che al pari delle spade di Damasconon solo presentano a temperatura or-dinaria un'elevata resistenza a rottura,ma sono anche duttili. Siamo pure riu-sciti a riprodurre il leggendario acciaiodamascato. I procedimenti da noi seguitiin laboratorio sono essenzialmente glistessi adottati per la prima volta nelleantiche fucine del Vicino Oriente.

T a più antica descrizione delle lame diDamasco risale al 540 d.C., ma non

è da escluderne l'impiego fin dai tempidi Alessandro Magno (circa 323 a.C.).Il loro nome non deriva dal luogo diorigine, ma dal fatto che a Damasco fu-rono viste per la prima volta dai crociati.L'acciaio di cui erano fatte proveniva inrealtà dall'India dove, con il nome diwootz (acciaio fuso in crogiolo), era og-getto di commercio su vasta scala, sottoforma di pani di dimensioni analoghe aquelle di un disco da hockey. Si ritieneche le migliori lame venissero ottenutein Persia fucinando del wootz prove-niente dall'India con il quale si fabbrica-vano anche scudi e corazze. Benché ladiffusione degli acciai di Damasco ri-specchi geograficamente l'espansione i-slamica, nel Medioevo erano noti anchein Russia con il nome di bulat.

Come accade per tutti i procedimentidi fabbricazione dell'acciaio, per ottene-re il wootz era prima necessario rimuo-vere l'ossigeno dal minerale di ferro, co-stituito da ossido; la successiva aggiuntadi carbonio al ferro così ridotto ne pro-vocava l'indurimento trasformandolo inacciaio. Il carbonio necessario veniva ri-cavato da carbone di legna, legna o fo-

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FUCINATURA

Il processo di fabbricazione di una spada di Damasco iniziava con lafusione di un acciaio ad altissimo carbonio, detto wootz, nelle fonderiedell'India. Minerale di ferro e carbone di legna venivano mescolati eriscaldati a 1200 gradi centigradi in bassoforni di pietra dove il mine-rale di ferro, reagendo con il carbonio proveniente dal carbone dilegna, veniva ridotto (ossia privato di ossigeno) e assumeva una con-sistenza spugnosa. Con colpi ripetuti di martello le impurezze veniva-no espulse dalla massa spugnosa e si otteneva ferro greggio in pezza-tura minuta e con basso tenore di carbonio. Il contenuto di carbonioveniva poi aumentato riscaldando ad alta temperatura ferro greggio e

TRATTAMENTO TERMICO

carbone di legna in crogioli a chiusura ermetica per impedire la rios-sidazione del ferro da parte dell'aria. Quando scuotendo il crogiolo siudiva uno sguazzo che indicava la presenza di materiale fuso, si la-sciava raffreddare lentamente il crogiolo mantenendolo nel forno. Ilwootz veniva posto in commercio sotto forma di pani di parecchicentimetri di diametro. Nelle fucine del Vicino Oriente si fabbricavauna lama da ciascun pane, riscaldandolo a 650-850 gradi, ossia l'in-tervallo di temperature in cui gli acciai ad altissimo carbonio sonoduttili. Le lame così ottenute venivano temprate mediante riscalda-mento e brusco raffreddamento in acqua, salamoia o altri liquidi.

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FERRITE E CEMENTITE

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ACCIAIO ACCIAIOAD ALTO AD ALTISSIMO

CARBONIO CARBONIO

GHISA

gliame. Tipicamente il procedimentoconsisteva nel mescolare minerale di fer-ro e carbone di legna e portarli a unatemperatura di circa 1200 gradi centi-gradi in un forno di pietra. L'ossigenoveniva separato dal minerale facendoloreagire con il carbonio del carbone dilegna. Dalla quantità di carbone presen-te nella miscela dipendeva se il risultatodell'operazione era ferro greggio a teno-re di carbonio molto basso oppure ghisacon tenore di carbonio superiore al 4 percento. Per ottenere alla fine il wootz gliartigiani indiani procedevano in due mo-di: arricchivano in carbonio il ferro greg-gio oppure decarburavano la ghisa.

Il procedimento seguito per ottenerewootz da ferro greggio è meglio cono-sciuto di quello che partiva da ghisa. Ilferro in pezzatura minuta veniva mesco-lato con carbone di legna in un crogiolod'argilla a chiusura ermetica, di circa ot-to centimetri di diametro e 15 di altezza,che poi veniva riscaldato a circa 1200gradi. A questa temperatura la fusionedel ferro non è ancora iniziata, ma la suastruttura cristallina, cubica a facce cen-trate, consente agli atomi di carbonio ditrovar posto tra gli atomi di ferro. Avevaluogo così una graduale diffusione dicarbonio nel ferro e si formava la legache oggi chiamiamo austenite.

L'aggiunta di carbonio abbassava ilpunto di fusione del metallo e non ap-pena la superficie dei pezzi di ferro greg-gio, arricchendosi in carbonio, arrivavaa contenerne il 2 per cento circa, un sot-tile strato bianco di ghisa liquida comin-ciava a formarsi sulla superficie stessa.Quando, scuotendo il crogiolo, si avver-tiva lo sguazzo provocato dalla presenzadi materiale fuso, si aveva l'indicazioneche il carbonio si era ormai disciolto nelferro in quantità apprezzabili.

A quel punto il crogiolo veniva lascia-to raffreddare molto lentamente, talvol-ta per alcuni giorni. Ciò permetteva alcarbonio di distribuirsi uniformementenell'acciaio, in quantità compresa tra1'1,5 e il 2 per cento. Allorché la tempe-ratura della massa metallica scendevasotto i 1000 gradi circa, una parte delcarbonio precipitava dalla soluzione e siformava un reticolo di carburo di ferroo cementite (Fe 3C) attorno ai grani diaustenite. La lentezza del raffreddamen-to causava un sensibile accrescimentodel grano austenitico e così il reticolodella cementite era alquanto grossolano.

Appunto alla presenza di quel reticologrossolano era dovuto il caratteristicoandamento delle venature visibili sullelame di Damasco. La cementite ha, pe-rò, anche caratteristiche negative: puressendo molto dura, a temperatura am-biente è anche estremamente fragile. Lanaturale fragilità sarebbe poi risultataancora più dannosa per la presenza dellastruttura a reticolo, che predisponeva uncomodo tracciato per la propagazione dieventuali cricche. In realtà le spade diDamasco erano tutt'altro che fragili eavevano un'eccellente tenacità che era

raggiunta nel corso della fucinatura al-lorché il reticolo della cementite venivafrantumato con ripetute martellature.

Aquanto sembra la fucinatura degliacciai di Damasco per fabbricare

lame avveniva a temperatura relativa-mente bassa. Nel Medioevo non era pos-sibile una misura precisa della tempera-tura di una fornace o di una forgia e lasi valutava in base al colore del metalloche veniva lavorato. Gli acciai venivanosolitamente fucinati nella fascia di tem-perature che scendeva dal calor bianco(1200 gradi centigradi) fino all'arancio-ne (900 gradi); sembra però che la fuci-natura del wootz avvenisse a tempera-ture inferiori, comprese tra il rosso cilie-gia (850 gradi) e il rosso sangue (650gradi). Temperature più elevate avreb-

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bero provocato la ridissoluzione dellacementite nell'austenite. Fucinando ipani di wootz a temperatura inferiore a850 gradi, il reticolo della cementite ve-niva invece frantumato in particelle sfe-roidali. La cementite continuava così adassolvere la funzione di indurente del-l'acciaio, ma poiché la continuità delbordo dei grani era stata interrotta, ognipericolo di fragilità veniva a cessare.

Le spade di Damasco testimonianouna notevole abilità nella fucinatura;nella fabbricazione delle lame, lo spes-sore iniziale del massello veniva ridottoda tre a otto volte. Siamo riusciti a di-mostrare sperimentalmente che gli ac-ciai ad altissimo carbonio sono effettiva-mente duttili e facilmente fucinabili a850 gradi. Abbiamo sottoposto dei mas-selli di acciaio a diverso tenore di carbo-

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Il diagramma ferro-carbonio è lo strumento fondamentale per comprendere sia le caratteristi-che sia il processo di lavorazione delle lame di Damasco. Quando ferro greggio e carbone dilegna venivano riscaldati, in un crogiolo, a 1200 gradi il ferro si trasformava in austenite areticolo cubico a facce centrate (1).11 carbonio proveniente dal carbone poteva quindi entrarein soluzione nel ferro, abbassandone il punto di fusione. Ghisa liquida si formava sulle particelledi ferro quando il tenore di carbonio del loro strato superficiale superava il 2 per cento (2).Il lento raffreddamento consentiva la diffusione del carbonio nell'intera massa metallica chesi trasformava così in un acciaio con un tenore medio di carbonio compreso tra 1'1,5 e il 2 percento (3) e nello stesso tempo favoriva una crescita grossolana del grano austenitico. Quandola temperatura della massa scendeva sotto i 1000 gradi, il carbonio precipitava al bordo deigrani come cementite (4). Le venature chiare erano dovute alla presenza di un reticologrossolano di cementite. Non appena la temperatura scendeva sotto ai 727 gradi, l'austenitea facce centrate dava luogo a strati alterni di cementite e di ferrite a corpo centrato, poveradi carbonio (5). Le lame venivano temprate riscaldandole di nuovo oltre i 727 gradi e quindiraffreddandole bruscamente: l'austenite veniva così trasformata in martensite. Nel Medioevola temperatura del ferro e degli acciai veniva valutata dal colore che assumevano.

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Gli effetti della fucinatura sulle lame di Damasco sono stati riprodotti laminando un acciaioad altissimo carbonio. Nelle micrografie in alto la struttura dell'acciaio è ingrandita 130 volte,in quelle in basso 6,5 volte. Prima della laminazione (a sinistra) il reticolo chiaro dellacementite è continuo e le sue dimensioni sono press'a poco uniformi in ogni direzione. Dopola laminazione (a destra) il reticolo si presenta allungato nel senso della laminazione stessa efrantumato in particelle sferoidali. Di conseguenza l'acciaio risulta più tenace (meno fragile).

L'analogia tra le microstrutture della sezione trasversale di una lama di Damasco (a sinistra)e di un laminato di acciaio ad altissimo carbonio (a destra) induce a pensare che siano statiottenuti con procedimenti analoghi. La lavorazione agisce meccanicamente sul reticolo dellacementite comprimendolo; lo spazio tra gli strati è di circa 100 micrometri. Gli acciai laminatipresentano una damascatura meno intricata di quella delle lame ottenute per fucinatura.

Uno dei motivi per i quali i fabbrieuropei incontravano tante difficoltàquando cercavano di riprodurre le lamedi Damasco, persino adoperando delwootz quale materia prima, era proba-bilmente l'abitudine a lavorare acciai abasso carbonio, che hanno un punto difusione più elevato. Si può quindi pen-sare che tentassero di fucinare al calorbianco l'acciaio proveniente dall'India,cioè in condizioni di parziale fusione. Ilrisultato dei loro sforzi fu probabilmentesimile a quello descritto da Bréant quan-do osservò come «al calor bianco [gliacciai di Damasco] si sgretolassero sottoi colpi del martello».

Dopo la fucinatura le lame di Dama-sco venivano di solito indurite me-

diante trattamento termico. Si può indu-rire termicamente l'acciaio portandolooltre i 727 gradi centigradi (temperaturaalla quale la ferrite a corpo centrato ini-zia a trasformarsi in austenite a faccecentrate) e quindi immergendolo bru-scamente in acqua o in un altro mezzodi raffreddamento rapido. Quando la fa-se austenitica degli acciai ad altissimocarbonio è lasciata raffreddare lenta-mente, come accadeva ad esempio neicrogioli dai quali si otteneva il wootz, siforma una struttura chiamata perlite co-stituita da ferrite duttile, povera di car-bonio, e da cementite, che invece ne èricca, disposte a strati alterni. Se peròl'acciaio viene bruscamente raffreddato,la trasformazione dell'austenite in perli-te viene bloccata. I cristalli di ferro as-sumono ugualmente la configurazione acorpo centrato, ma, per effetto delle ten-sioni che si sviluppano, sono sottopostia uno stiramento che deforma il lororeticolo da cubico a tetragonale. Questastruttura, che è detta martensite, ha an-cora la possibilità di incorporare atomidi carbonio e risulta, così, dura.

Sembra che i procedimenti seguiti da-gli artigiani di epoca medioevale per iltrattamento termico delle lame di Da-masco fossero molteplici e che spessodessero peso a elementi che oggi a untecnico apparirebbero del tutto privi diconsistenza. Alcuni di loro, per esempio,asserivano che le spade dovessero venirbruscamente raffreddate nell'urina di unfanciullo dai capelli rossi o in quella di«una capra di tre anni nutrita per tregiorni solo di felci». Una tra le più det-tagliate descrizioni di procedimenti diindurimento dell'acciaio di Damasco(bulat) è stata trovata nel tempio di Bal-

_gala in Asia Minore. «Si scaldi il bulatfino a farlQ apparire come il Sole chesorge nel deserto, lo si raffreddi poi finquando il suo colore non sia quello dellaporpora regale e lo si lasci infine caderenella carne di uno schiavo muscoloso. laforza dello schiavo entrerà nella spada,da lui trarrà il metallo la sua resistenza.»

Queste istruzioni possono venir inter-pretate anche in modo diverso. La lamadoveva essere portata ad alta tempera-tura, forse sopra i 1000 gradi («il Sole

che sorge nel deserto»), e quindi raffred-data all'aria fino a circa 800 gradi («por-pora regale»); da ultimo doveva esserebruscamente immersa in qualcosa di tie-pido (37 gradi) e denso.

Difficilmente questo procedimento dilavorazione avrebbe dato buoni risultati.Per effetto del riscaldamento sopra i1000 gradi la cementite si sarebbe ridis-solta nei cristalli di austenite a facce cen-trate e il raffreddamento lento a 800gradi avrebbe consentito il riformarsi diun reticolo di cementite grossolano albordo dei grani; la temperatura elevataavrebbe inoltre favorito la crescita delgrano cristallino oltre i limiti accettabili.Entrambi gli effetti avrebbero ridotto latenacità della lama. Una spada fabbrica-ta secondo i precetti del tempio di Bal-gala avrebbe certo raggiunto la durezzadesiderata, ma sarebbe probabilmenterisultata troppo fragile per reggere l'im-patto di una lama che fosse stata riscal-data solo di poco sopra ai 727 gradi pri-ma di venir bruscamente raffreddata.Una lama siffatta sarebbe risultata a untempo dura e tenace.

Secondo la moderna teoria metallurgi-ca, gli acciai più resistenti e tenaci

sono generalmente quelli che hannostruttura cristallina più fine. Questo por-ta, per ironia, a pensare che le spademigliori di Damasco fossero quelle le cuilame erano del tutto prive di damasca-tura. Per gli artigiani del Medioevo lapresenza di damascatura rappresentavacertamente un criterio di controllo diqualità: costituiva infatti la prova sia diun contenuto di carbonio elevato, chegarantiva la robustezza della lama, sia diuna corretta fucinatura che l'aveva resatenace. La damascatura risultava peròevidente solo a patto che le particelle dicementite fossero state grossolane e nonuniformemente distribuite nell'acciaio.Lame la cui microstruttura fosse statacosì fine da non provocare alcun visibilecontrasto in superficie si sarebbero tut-tavia rivelate più resistenti e tenaci.

Per verificare la validità delle nostreteorie sulla composizione e sulla fabbri-cazione degli acciai di Damasco, abbia-mo tentato di riprodurre in laboratoriola damascatura. In primo luogo abbiamo,mantenuto un piccolo getto di acciaio,con un tenore di carbonio dell'1,7 percento, a 1150 gradi (giallo chiaro) per 15ore. Il riscaldamento prolungato ha fa-vorito la dissoluzione del carbonio e laformazione di una fase austenitica a cri-stAli n,rlt,s gr^ssol-ni. Abbiamo quindiraffreddato il getto a una velocità di circa10 gradi all'ora. Il lento raffreddamentoha fatto sì che al bordo dei grani di au-stenite si formasse un reticolo ininterrot-to di cementite.

Dopo aver nuovamente riscaldato ilgetto a 800 gradi. lo abbiamo laminatoriducendone di otto volte lo spessore.Questa operazione, che doveva simularela fucinatura, ha provocato uno stira-mento dei grani nella direzione di lami-

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nazione e ha frantumato il reticolo dicementite. Attaccando l'acciaio con unacido, che agiva di preferenza sulla ma-trice ferrosa lasciando pressoché la ce-mentite inalterata, la damascatura eravisibile a occhio nudo. La microstrutturadel getto risultava sorprendentementesimile a quella degli acciai di Damasco(si veda l'illustrazione in basso nella pa-gina a fronte).

Il procedimento descritto rappresentasolo uno dei possibili metodi di fabbri-cazione dell'acciaio di Damasco. Ne esi-stevano probabilmente molti altri. Nonè escluso che nelle fucine del VicinoOriente siano stati prodotti persino ac-ciai ad altissimo carbonio privi di dama-scatura. Proprio questo siamo riusciti aottenere nel nostro laboratorio laminan-do acciaio fuso non appena attraversatala fase austenite più cementite, duranteil suo raffreddamento dai 1100 gradi ini-ziali. Poiché l'azione meccanica avevaaffinato il grano austenitico e provocatola precipitazione della cementite in par-ticelle fini e uniformemente distribuite,risultò impedita la formazione di qual-siasi contorno grossolano: la superficiedell'acciaio così ottenuta non presentavaalcuna venatura.

Acciai ad altissimo carbonio di questotipo. privi di damascatura. sono più resi-stenti e duttili, a temperatura ordinaria,degli acciai normalmente impiegati nel-l'industria automobilistica. Sono inoltresuperplastici (si comportano cioè comemelassa o vetro allo stato pastoso) nel-l'intervallo di temperature comprese tra

600 e 800 gradi. Grazie a questa pro-prietà tali acciai possono venire model-lati con precisione in pezzi di forma com-plicata, come per esempio ingranaggi,con modestissimo ricorso a costose lavo-razioni meccaniche e con processi facil-mente adattabili alle esigenze della pro-duzione in serie. Sembra quindi possibileun'estesa applicazione industriale degliacciai ad altissimo carbonio.

on siamo i primi a vantare la risco-perta dell'arte perduta di fabbricare

acciaio di Damasco. Accanto a Bréant ea Faraday va ricordato l'ingegnere russoPavel P. Anosoff, che nel 1841 pubblicòuna monografia in due volumi intitolataIl bulat. Anosoff era talmente entusiastadella sua scoperta che proclamò: «I no-stri militi presto avranno lame di bulat,i nostri braccianti scaveranno la terracon vomeri di bulat, i nostri artigianiuseranno utensili di bulat, il bulat rim-piazzerà ogni acciaio finora impiegatoper realizzare oggetti destinati a mante-nere una straordinaria affilatura accom-pagnata da un'elevata resistenza.»

Le sue previsioni non si sono realizza-te. La potenzialità enorme degli acciai adaltissimo carbonio rimane a tutt'oggiinesplorata. Quantunque il nostro otti-mismo sia più misurato. al pari di Ano-soff riteniamo che la situazione muteràe che il segreto dell'acciaio di Damascodiverrà patrimonio dell'industria. Comedice un vecchio proverbio russo, «Il me-glio del nuovo è spesso il passato a lungodimenticato.»

nio - 1,3, 1,6 e 1,9 per cento - a pesantideformazioni riducendo di ben tre volteil loro spessore in un colpo solo, senzatraccia alcuna del più piccolo indizio dicriccatura. Ripetendo l'operazione su un

massello di ghisa, tendenzialmente piùfragile a causa del maggior tenore di car-bonio (2,3 per cento), si poteva notarela formazione di criccature in corrispon-denza degli spigoli.

1000

Oo10 20 30

ALLUNGAMENTO TOTALE (PERCENTUALE)

Gli acciai ad altissimo carbonio possono presentare resistenza e duttilità superiori rispetto agliacciai convenzionali. La resistenza a trazione di un metallo indica il massimo sforzo che unaprovetta standard, ottenuta dal metallo stesso, può sopportare prima di rompersi. L'allunga-mento è un indice di duttilità, ossia esprime quanta deformazione il metallo può sopportareprima che avvenga la rottura. Quando gli acciai ad altissimo carbonio (a), per ottenere unastruttura ultrafine, vengono laminati durante il raffreddamento, acquistano una maggior resi-stenza (per una data duttilità) rispetto agli acciai convenzionali a basso carbonio (b) e a quellilegati, ad alta resistenza, contenenti piccole quantità di elementi speciali (e). Questi tipi diacciaio presentano caratteristiche anche superiori a quelle di acciai di recente produzione (d).

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