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Trattare con Damasco cercando il ripristino dei rapporti USA Siria di Mona Yacoubian e Scott Lasensky * Introduzione Costellata dai conflitti in Iraq, un Iran in ascesa, e la continua instabilità in Libano e nei territori palestinesi, la crescente volatilità in Medio Oriente minaccia gli interessi statunitensi nella regione. Nel contempo, il settarianesi- mo, il terrorismo ispirato da Al-qaeda e la proliferazione di armi di distruzio- ne di massa (WMD) tutti fungono come contorno problematico a questo complesso mix. Impantanati in Iraq e Afghanistan, gli Stati Uniti devono ancora sviluppare una linea strategica complessiva che affronti queste sfide correlate fra loro. Invece, la politica statunitense è stata soprattutto guidata dalle crisi e, nel tentativo di spegnere i fuochi, ha affrontato le questioni secondo le esigenze del momento piuttosto che cercare di affrontare alla radice le forze e le tensioni che catalizzano i conflitti e le instabilità in Medio Oriente. Date queste sfide, è garantito il ritorno a un approccio statunitense, alla pace e alla stabilità nella regione, più tradizionale. Un approccio pragmatico alle questioni regionali – basato su un ritiro programmato e su un accordo regio- nale per l’Iraq, sulla ricostruzione delle alleanze strategiche nel Golfo, sull’at- tivazione del processo di pace arabo-israeliano e sull’ampliamento della coali- zione che contrasta la duplice sfida della militanza islamica e delle ambizioni nucleari iraniane – non solo migliorerebbe la posizione strategica americana ma farebbe compiere dei passi in avanti verso il miglioramento della sua bar- collante reputazione nella regione e, più in generale, nel mondo musulmano. Infatti, l’influenza americana in Medio Oriente continua a soffrire poiché le politiche statunitensi di isolamento, nei confronti di Siria, Iran e dei loro alleati regionali, Hamas ed Hezbollah, sono state vanificate dagli eventi sul campo. Cercando di risolvere i loro conflitti con un’inconsueta accelerazione, gli attori regionali hanno, di recente, intavolato dei negoziati e anche faticosa- mente raggiunto degli accordi senza alcuna traccia di un coinvolgimento americano. L’aiuto turco nei colloqui indiretti tra Siria e Israele, l’accordo tra MEDIO ORIENTE Acque & Terre 4/5-2008 39 Ahmed Ahmadinejad, Bashar al-Assad e Assan Nasrallah

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Trattare con Damasco cercando ilripristino dei rapporti USA Siriadi Mona Yacoubian e Scott Lasensky *

IInnttrroodduuzziioonneeCostellata dai conflitti in Iraq, un Iran in ascesa, e la continua instabilità inLibano e nei territori palestinesi, la crescente volatilità in Medio Orienteminaccia gli interessi statunitensi nella regione. Nel contempo, il settarianesi-mo, il terrorismo ispirato da Al-qaeda e la proliferazione di armi di distruzio-ne di massa (WMD) tutti fungono come contorno problematico a questocomplesso mix. Impantanati in Iraq e Afghanistan, gli Stati Uniti devonoancora sviluppare una linea strategica complessiva che affronti queste sfidecorrelate fra loro. Invece, la politica statunitense è stata soprattutto guidatadalle crisi e, nel tentativo di spegnere i fuochi, ha affrontato le questionisecondo le esigenze del momento piuttosto che cercare di affrontare allaradice le forze e le tensioni che catalizzano i conflitti e le instabilità in MedioOriente. Date queste sfide, è garantito il ritorno a un approccio statunitense, alla pacee alla stabilità nella regione, più tradizionale. Un approccio pragmatico allequestioni regionali – basato su un ritiro programmato e su un accordo regio-nale per l’Iraq, sulla ricostruzione delle alleanze strategiche nel Golfo, sull’at-tivazione del processo di pace arabo-israeliano e sull’ampliamento della coali-zione che contrasta la duplice sfida della militanza islamica e delle ambizioninucleari iraniane – non solo migliorerebbe la posizione strategica americanama farebbe compiere dei passi in avanti verso il miglioramento della sua bar-collante reputazione nella regione e, più in generale, nel mondo musulmano. Infatti, l’influenza americana in Medio Oriente continua a soffrire poiché lepolitiche statunitensi di isolamento, nei confronti di Siria, Iran e dei loroalleati regionali, Hamas ed Hezbollah, sono state vanificate dagli eventi sulcampo. Cercando di risolvere i loro conflitti con un’inconsueta accelerazione,gli attori regionali hanno, di recente, intavolato dei negoziati e anche faticosa-mente raggiunto degli accordi senza alcuna traccia di un coinvolgimentoamericano. L’aiuto turco nei colloqui indiretti tra Siria e Israele, l’accordo tra

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Ahmed Ahmadinejad, Bashar al-Assad e Assan Nasrallah

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le fazioni libanesi in lotta, patrocinato dal Qatar, e la sponsorizzazione egizia-na dei colloqui tra le fazioni palestinesi in conflitto, per non parlare poi delruolo di collegamento tra Hamas e Israele tenuto da Il Cairo – sono tutti avve-nuti senza alcun intervento statunitense. In questo contesto, le politiche statunitensi sulla Siria meritano una revisionesostanziale. La Siria ha svolto un ruolo destabilizzante, a livelli diversi, nellemolte crisi che “martirizzano” la regione – Iraq, Libano, Israele-Palestina – eresta un alleato regionale importante per l’Iran. Benché non sia una protago-nista fondamentale in tutti gli scenari, Damasco esercita un’influenza moltoimportante. La Siria, come minimo, ha intatta la capacità di ostacolare gliinteressi americani nel caso in cui senta i suoi minacciati. Inoltre ognuna diqueste crisi sembra essere arrivata a un punto di svolta critico. In Iraq ènecessario un impegno politico e diplomatico per capitalizzare la calma relati-va raggiunta dopo l’incremento della presenza militare. In Libano, l’accordo diDoha del maggio 2008, siglato tra il Governo e l’opposizione degli Hezbollah,ha condotto all’elezione di un nuovo Presidente e alla formazione di un gover-no di coalizione, decisioni importanti che hanno interrotto un’impasse politicapericolosa. La cooperazione regionale, incluso il supporto da parte della Siria,sarà essenziale per tenere il Libano su un cammino di una pace e una stabili-tà durature. I rinnovati negoziati di pace tra Israele e Palestina, varati con laconferenza di Annapolis del 2007, richiederanno una diplomazia intensiva peravere la possibilità di compiere qualche progresso. Nel contempo, i negoziatitra Siria e Israele, ottenuti grazie alla mediazione della Turchia e ripresi dopoun’interruzione di ben otto anni, aumentano la prospettiva di una pace regio-nale complessiva. Trattare con Damasco in ognuno di questi teatri potrebbeaiutare a creare terreno fertile per uscire dalla crisi e arrivare alla stabilità.Un confronto non è una concessione; e non è nemmeno la fine di qualcosa. Ilconfronto, piuttosto, dovrebbe essere considerato un mezzo, uno strumen-

to per raggiungere alcuni obiettivi di politica estera. Propriocome il dialogo con la Libia e la Corea del Nord ha appor-

tato alcuni benefici – sia diretti che in termini digestione delle alleanze – anche quello con laSiria è una potenziale fonte di vantaggi. I bene-fici di un confronto forte e condizionato con laSiria derivano da obiettivi regionali statunitensipiù estesi: tenere a freno l’estremismo, cercarela stabilità in Iraq, garantire pace e stabilità siacon Israele che fra gli alleati arabi moderati eindebolire l’influenza iraniana. Date le difficol-tà sempre crescenti che gli Stati Uniti hanno

incontrato nel tentativo di centrare questi obietti-vi, una ridefinizione della politica siriana degli USA è,

comunque, da molto tempo in ritardo.Oggi i rapporti tra USA e Siria sono ai livelli minimi. In

risposta al sostegno di Damasco al terrorismo, nel 2004 sonostate imposte nuove sanzioni. Gli Stati Uniti, l’anno seguente, hanno

ritirato il loro ambasciatore, adducendo come motivazione il presuntocoinvolgimento siriano nell’assassinio dell’ex Primo Ministro libaneseRafik al-Hariri, avvenuto nel febbraio del 2005. L’AmministrazioneBush si è per lo più rifiutata di trattare con il regime siriano. Alcuniconsiglieri dell’Amministrazione Bush hanno chiesto a gran voce uncambio di regime in Siria (un argomento non del tutto scomparso

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TEtra i Siriani), ciò nonostante sembra che il dibattito si sia risolto a favore di

chi chiede un cambio di rotta nel comportamento della Siria piuttosto che uncambio di governo.Sin dal 2007, gli sporadici meetings sull’Iraq, assieme alla partecipazione dellaSiria alla conferenza di pace israelo-palestinese tenutasi ad Annapolis, hannoevidenziato il tentativo di Washington di attrezzarsi per una nuova fase di dia-logo con Damasco. Ma l’Amministrazione Bush è stata ben attenta a non daralcun segnale di un più vasto ripensamento della politica applicata alla Siriae, ogni mossa verso il dialogo è stata seguita da duri comunicati della CasaBianca. Infatti, alla fine del dicembre dello scorso anno, il presidente Bush haribadito il suo rifiuto al dialogo coi Siriani dichiarando «la mia pazienza con ilpresidente Assad si è esaurita molto tempo fa. La ragione di questo è che eglidà ospitalità ad Hamas, agevola Hezbollah, gli attentatori suicidi entrano inIraq dal suo paese e destabilizza il Libano... e così, se sta ascoltando, non habisogno di una telefonata, conosce molto bene la mia posizione». Inoltre, nelnovembre 2007 il presidente Bush ha inasprito le sanzioni economiche controla Siria per includervi i Siriani ritenuti responsabili di aver messo a rischio lasovranità libanese. Nel febbraio del 2008, le sanzioni sono state inasprite ulte-riormente includendo importanti funzionari governativi Siriani e i loro amicicoinvolti in episodi di corruzione. Sempre nel febbraio 2008, nell’ulterioretentativo di aumentare la pressione, gli USA hanno dispiegato tre navi daguerra, inclusa la USS Cole, fuori delle coste libanesi, un monito sottilmentevelato al Governo siriano per le sue continue intromissioni in Libano. Nelmarzo 2008, citando le continue preoccupazioni create dal sostegno siriano alterrorismo, il governo USA ha inserito la Siria nella lista nera dell’autoritàportuale statunitense e ha permesso alla Guardia Costiera di imporre misureaggiuntive di sicurezza portuale su qualsiasi nave sia transitata dai portiSiriani. Questa mossa aggiungerà pressione sul commercio e sulle spedizioninavali attraverso la Siria. La politica sulla Siria dell’Amministrazione Bush – potenziata da nuove san-zioni economiche, da un boicottaggio diplomatico e da crescenti contatti conl’opposizione siriana – è ispirata dall’idea che pressioni e isolamento possanocostringere Damasco a cambiare la sua linea di condotta e ottemperare allerichieste politiche di Washington. Alcuni politici dell’Amministrazione consi-derano il regime di Assad irredimibile e ritengono che Damasco debba subirel’ostracismo fintanto che non cambia radicalmente il suo comportamento.Fare altrimenti gratificherebbe la Siria e darebbe forza a un regime irrespon-sabile e pericoloso.Malgrado tutto, le politiche statunitensi sono state perlopiù inefficaci. Ladecisione di isolare la Siria, intrapresa dal governo americano, ha prodottopochi risultati tangibili, con dei costi sostanziali per gli interessi americani. InIraq la Siria ha collaborato solo saltuariamente con gli americani e ha raffor-zato la sua alleanza con l’Iran. Nel contempo, Damasco è stata una forzadestabilizzante in Libano, in particolare per il suo sospetto coinvolgimentonegli omicidi di figure politiche antisiriane. Inoltre la Siria continua a dareospitalità a Hamas e ad altri fronti palestinesi negazionisti. Nel corso degliultimi mesi, la repressione interna della democrazia e degli attivisti dei dirittiumani è sensibilmente aumentata, con l’arresto e la detenzione, da parte delregime, di numerosi dissidenti e l’espulsione forzata del marito di una delleleaders d’opposizione ora agli arresti. Le prove sempre più evidenti dellanascita delle ambizioni nucleari della Siria costituiscono un altro sviluppoprofondamente problematico. Damasco ha permesso agli ispettori dell’AIEA

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(Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) di visitare al-Kibar, un sospet-to sito nucleare bombardato da Israele nel settembre 2007. Tuttavia i Sirianihanno impedito agli ispettori AIEA di visitare altri tre siti che l’intelligencestatunitense ha indicato come potenzialmente collegati a un programmanucleare siriano segreto.I teorici dell’isolamento credono che questa strategia, per risultare più effica-ce, debba essere rafforzata. Le loro indicazioni politiche consistono in unaserie di opzioni, inclusi l’inasprimento delle sanzioni imposte attualmentedagli USA, la proibizione di visite in Siria ai membri del Congresso, la spintaper sanzioni multilaterali e il lancio di attacchi militari americani attraverso ilconfine con l’Iraq. Ma è probabile che queste tattiche accrescano ulterior-mente l’instabilità. È giunto il momento di provare un approccio diverso e cercare una ridefini-zione delle politiche statunitensi verso la Siria. Gli Stati Uniti potrebbero otte-nere vantaggi significativi indirizzando l’influenza siriana nella regione versoun cammino positivo. Adottare una politica di serio confronto condizionato,piuttosto che di intensificato l’isolamento è l’opzione migliore per promuove-re gli interessi degli Stati Uniti nella regione. In qualche caso, come ad esem-pio nel tentativo di prevenire la disgregazione dell’Iraq o di sconfiggere Al-qaeda, la Siria e gli USA hanno degli obiettivi in comune. Ignorando i terrenicomuni e il ruolo positivo che la Siria è in grado di rivestire, gli USA rischianodi perdere l’opportunità di promuovere i loro interessi in Medio Oriente. Questo scritto esamina i rapporti tra gli Stati Uniti e la Siria e formula, per ilgoverno statunitense, indirizzi politici su come sviluppare un approccio piùcostruttivo al regime siriano. Esplora inoltre le opportunità potenziali ingrado di emergere da una modificazione della strategia di coinvolgimento,cercando nel contempo di minimizzare l’influenza destabilizzante della Siria ela sua tendenza ad ostacolare gli interessi americani.

LLaa SSiirriiaa:: ssttaabbiillee mmaa ssttaaggnnaanntteeUna più profonda comprensione delle dinamiche interne alla Siria aiuta a evi-denziare la sua potenziale “maturità” in previsione di un eventuale confronto.Emergono due aspetti critici della situazione interna siriana: la profonda sta-gnazione politica ed economica del paese e l’inasprimento della crisi di legitti-mità del regime, retto da una minoranza Alawita. Mentre l’autorità governati-va resta arroccata, le prospettive siriane a lungo termine, in assenza di rifor-me significative, appaiono deboli. Con le riserve petrolifere che si stano velo-cemente esaurendo e con il 37% della popolazione con meno di 15 anni d’età,l’economia siriana deve crescere e diversificarsi significativamente, perrispondere in modo adeguato alle necessità della sua giovane popolazione.Inoltre, la legittimazione popolare del regime che, un tempo galvanizzata dal-l’ideologia pan-araba bahatista, ha acquisito supporto in tutto l’entroterrasiriano, è quasi del tutto svanita a causa di un regime sempre più corrottoche domina con la paura e l’intimidazione. Valutati insieme, questi due impe-rativi – dinamismo e legittimazione – sono in grado di fornire uno stimoloimportante per il coinvolgimento USA.È difficile accertarsi dell’interesse effettivo che il leader siriano, Bashar al-Assad, ha nei negoziati con gli USA o la sua capacità a intraprenderli. Poco sisa dell’equilibrio di poteri all’interno della cricca di regime. Inoltre, le inten-zioni del Governo siriano possono risultare difficili da decifrare. Ad esempio:cosa c’è dietro alla proposta siriana di riprendere i negoziati con Israele?Damasco è veramente interessata a ottenere la pace? O sono solo delle

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manovre per cercare di uscire dall’isolamento internazionale in cui si trova?Cosa costringe il governo siriano a usare la mano pesante sul suo dissensointerno? È perché il regime si sente insicuro e sotto assedio o è solo un rin-novato senso di fiducia? Le risposte a queste e ad altre importanti domandegiacciono dentro una “scatola nera” e, poiché la politica di isolamento statuni-tense si è intensificata, qualsiasi intuizione sulle decisioni strategiche e sullepolitiche siriane è diventata ancora più difficile.Infatti, dato l’allontanamento statunitense nei confronti della Siria, associatoalla poca limpidezza che caratterizza qualsiasi regime autoritario, un’informa-zione affidabile sul decision-making in Siria, che sia anche critica nei confron-ti delle decisioni politiche, è dolorosamente assente. Comunque, anche conquesti forti limiti, è essenziale analizzare la situazione interna alla Siria cer-cando di capire il perché del vuoto nell’informazione critica.Dopo circa otto anni dalla morte, avvenuta nel giugno del 2000, dell’ex leadersiriano Hafez al-Assad che aveva a lungo retto il paese, la Siria di Bashar al-Assad rimane stabile ma fortemente stagnante. Nonostante le iniziali speran-ze, riposte sul giovane Assad, di chipensava che avrebbe riformato l’eco-nomia a controllo statale del paese eavrebbe permesso un margine dimanovra all’attivismo politico, non sisono verificate aperture economiche epolitiche significative. Sul fronte poli-tico, il mandato di sette anni diBashar è stato rinnovato con un refe-rendum, nel maggio del 2007, che loha avallato come candidato unico,consolidando così ulteriormente il suopotere. A spianare la strada alla rino-mina di Bashar, le elezioni parlamen-tari di aprile hanno conferito un altrotermine all’Assemblea Legislativasiriana, priva di un potere reale, nellaquale si trovano anche il partito Baathe i gruppi alleati. (In Siria non esistealcun partito d’opposizione legale).Considerate insieme, queste due vota-zioni, pesantemente orchestrate, evi-denziano la quasi totale mancanza dilibertà politica che c’è in Siria.L’autoritario Governo siriano è ulte-riormente rafforzato dal suo ramifica-to apparato di sicurezza interno, spe-cialmente dal mukhabarat, la poliziasegreta. Da parte sua, l’opposizione in Siria èdebole, frazionata e sempre più inti-midita dalla repressione governativa.Durante due brevi periodi (dal 2000 al2001 e nel 2005) molti oppositori agi-vano con baldanza. Tenevano forum eincontri politici, promulgavano dichia-

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razioni, da ultimo pubblicando, nell’ottobre del 2005, la Dichiarazione diDamasco, nella quale chiedevano l’abrogazione della Legislazione diEmergenza, in vigore dal 1963, libere elezioni, l’ampliamento delle libertàcivili e politiche e anche una soluzione equa al problema curdo. Nel 2006, ilregime – percependo un alleggerimento delle pressioni internazionali, conl’attenzione di tutti rivolta piuttosto verso il conflitto iracheno – ha rafforzatola sua stretta sul potere, ordinando una serie di arresti, di processi politici esentenze di condanna, diventando ulteriormente repressivo nei confrontidelle attività di opposizione. Infatti, poiché l’isolamento della Siriadall’Occidente si è ancor più accentuato a causa dei boicottaggi politici edeconomici, Damasco – forse calcolando di avere, in tal modo, meno da perde-re – è sembrata agire contro i suoi oppositori interni con impunità ancormaggiore. Le politiche repressive in Siria sono continuate nel 2007 e ancoroggi non si fermano. In particolare il regime ha varato una nuova repressionecontro gli oppositori, arrestando molti degli attivisti firmatari dellaDichiarazione di Damasco. Le forze di sicurezza del governo hanno anchebloccato l’accesso a numerosi siti web, Facebook compreso, un popolare sitodi social networking che i cittadini siriani usavano per divulgare la loro oppo-sizione al regime. In marzo il Governo siriano ha imposto restrizioni più seve-re sull’uso di internet, costringendo i proprietari degli internet points a regi-strare gli utenti e permettere agli agenti di sicurezza governativa il liberoaccesso ai loro dati. Con il regime, ancora una volta, impegnato ad erigere un“muro di paura” sugli avversari politici, gli oppositori ancora liberi, busines-smen, intellettuali, difensori dei diritti umani o Islamiti, hanno lasciato ilpaese o, intimiditi dal regime, sono stati costretti a mantenere un basso profi-lo. Nel contempo, i gruppi di opposizione attivi dall’estero, come il Fronte diSalvezza Nazionale FNS - composto in maggior parte da una “strana coppia”di alleati cioè la Fratellanza dei Musulmani di Siria e l’ex sostenitore del regi-me, il Vicepresidente Abdul Halim Khaddam – sembrano aver solo pocoseguito nel paese. Sembra che la maggior parte dei Siriani preferisca la stabi-lità al caos del vicino Iraq, che, in molti, associano al cambiamento di regime. La famiglia Assad, che proviene dalla fazione alawita (un ramo sciitadell’Islam), è parte della distinta minoranza, che diverse analisi quantificano

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TEin un 12%, di un paese che si stima sia al 74% sunnita. Esiste un forte senso

di solidarietà, clanica e tribale, che lega gli Alawiti fra loro e questo è un fat-tore significativo che rafforza i legami di Bashar con la comunità alawita.Benché la stretta del regime sul potere sia ben salda, la sua base di sostegnosi è considerevolmente ristretta. Mentre Hafez era riuscito abilmente a colti-vare le alleanze del suo regime con i Sunniti e le altre fazioni, Bashar non èstato così astuto da mantenere estesa la sua base di potere. Al contrario, èdipeso sempre più da una piccola cricca di familiari, tra cui suo fratelloMaher, a capo della guardia presidenziale, il cognato Asef Shawkat, a capodell’intelligence militare, e la sorella Bushra. Come risultato, ricchezza e pote-ri si sono vieppiù concentrati nelle mani della famiglia Assad e in quelle deiMakhlofus, congiunti della madre. Gli equilibri di potere all’interno di questacricca dominante restano nebulosi. Benché Bashar sembri avere tutto salda-mente sotto controllo e mantenga il suo ruolo di volto pubblico del regime, èdifficile decifrare l’estensione del suo potere rispetto a quella di altre figure.Bashar ha il potere di imporre delle decisioni? O può agire solo con il consen-so di chi lo circonda? In ogni caso, gli intrighi di potere e il decision making inSiria sono difficili da decodificare ed è inoltre difficoltoso valutare con certez-za se Bashar sia interessato, o abbia l’abilità per portarlo a termine, a unaccordo con gli Stati Uniti. La legittimità del regime Assad è sempre stata inqualche modo vulnerabile proprio a causa della sua condizione di minoranza.Comunque le due tendenze regionali, l’affermazione del salafismo e un setta-rianismo crescente, hanno accentuato la sua vulnerabilità. Nell’Islam sunnita,l’idea salafita chiede il ritorno a un Islam puro, come quello praticato ai tempidel profeta Maometto e dei suoi immediati successori. Considera la setta scii-ta e le sue ramificazioni degli eretici. Il salafismo ha sicuramente iniziato adiffondersi nella maggioranza sunnita siriana, benché non sia chiaro fino ache punto sia potuto penetrare nelle moschee e nelle madrasse. Anche l’au-mento di settarianismo, alimentato in parte dal conflitto iracheno, ha contri-buito a rafforzare il senso d’identità delle sette religiose e dei gruppi etnici,accentuando ulteriormente la differenza tra la setta alawita di Assad e le ten-denze religiose della maggior parte dei Siriani. Anche la leadership di Bashar sulle questioni economiche è stata una delusio-ne. Nella migliore delle ipotesi, gli sforzi di riforma sono stati episodici, conprogressi irrilevanti in un’economia nella quale i sussidi alimentari ed energe-tici, che raggiungeranno i sette miliardi di dollari per l’anno prossimo, costi-tuiscono circa il 20% del Prodotto Interno Lordo (PIL) del paese. Nel con-tempo, dato il calo della produzione di petrolio, gli esperti predicono una cre-scita del PIL relativamente debole per il prossimo anno (3.5%). La popolazio-ne siriana è in aumento – il tasso di crescita della popolazione è 2.2, fra i piùalti della regione – e sottolinea la necessità di una maggiore crescita economi-ca per riuscire ad assicurare un posto di lavoro alle 200-250.000 persone cheannualmente si affacciano per la prima volta nel mercato del lavoro in Siria. Un forte livello di nepotismo ha impedito le riforme economiche. Le élitesprivilegiate del business crescono rigogliose e fioriscono grazie alla mancanzadi trasparenza del mercato, approfittando del loro accesso ad affari lucrosi.Anche le pratiche di business corrotti distorcono i segnali di mercato, spessoportando denaro nelle casse di uomini d’affari ben introdotti, invece di attrar-re profitti in nuove imprese. Al posto delle idee creative vengono premiati irapporti di privilegio. Inoltre gli investitori stranieri vengono spaventati dalsurplus di costi che comporta fare affari in un ambiente corrotto. Ad esem-pio, un uomo d’affari americano di origine siriana che aveva attuato un’inizia-

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tiva imprenditoriale fieristica a Damasco, secondo le informazioni è statocostretto ad abbandonare il suo business e fuggire dalla Siria, mentre suamoglie è stata minacciata per non aver consegnato grosse mazzette ai funzio-nari di sicurezza siriani.Infatti, la corruzione in Siria dilaga e ha raggiunto livelli senza precedenti,infiltrandosi, praticamente, in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Il ben olia-to sistema clientelare siriano assicura dei benefici ai sostenitori del regime –creando un capitalismo di classe nepotista, nutrito dalla corruzione. Inoltre idipendenti del governo sono sottopagati e generalmente ricorrono alle maz-zette e ad altre forme di piccola corruzione per riuscire ad avere abbastanzadi che vivere. L’effetto generale è che praticamente tutte le istituzioni gover-native, dall’esercito alla giustizia, all’università, alla polizia, operano attraversoun sistema parallelo di malcostume e corruzione. Non sorprende che la corrosione di queste istituzioni abbia diluito il ruolodello stato in termini di capacità di fornire i servizi pubblici di base.L’aneddotica riporta che lo stato si sta ritirando dal vasto entroterra siriano,minando ulteriormente alla base la sua legittimità. Si crede che la mancanzadi leggi caratterizzi alcune regioni, mentre le organizzazioni non governative,spesso islamiche, si sono assunte la grossa responsabilità di fornire i servizibase. La crescente disparità, tra un’élite arricchita e la gente comune, è diffi-cile da non riscontrare visitando la Siria, dove si vedono luccicanti nuovihotel e sfavillanti automobili europee accanto ai palazzi fatiscenti e a bambiniche fanno l’elemosina nella Città Vecchia. La corruzione è una caratteristica che contraddistingue il mondo degli affarisiriano. I contratti più remunerativi sono, di solito, aggiudicati da grandi fami-glie strettamente collegate al regime. Ad esempio, il cugino del presidente,Rami Makhlouf, ha ammassato una fortuna che secondo le stime è valutata in3 miliardi di dollari, attraverso le quote che possiede in due società telefoni-che, nel porto di Latakia, e in numerose industrie, hotel e duty-free.Indicando le pratiche di corruzione adottate da Makhlouf nei suoi affari, ilgoverno USA ha imposto sanzioni mirate su di lui nel febbraio 2008, richie-dendo che tutti i suoi beni, gestiti da istituzioni finanziarie statunitensi, fosse-ro congelati. Il regime è fortemente protettivo nei confronti del suo sistemaclientelare – un’altra importante condizione che assicura il suo controllo. Nelluglio del 2001, Riad Seif, allora membro indipendente del parlamento, hainsistito per indagare sul sistema di licenze dei gestori di telefonia mobile delpaese. Nonostante gli ammonimenti del Governo, egli ha pubblicato un reportche documentava la corruzione in quell’ambiente e prontamente è statoimprigionato nel settembre 2001. (Rilasciato all’inizio del 2006, è stato nuova-mente incarcerato nel gennaio del 2008 nonostante le sue critiche condizionidi salute).Mentre la Siria deve ancora implementare delle riforme economiche comples-sive, il regime ha in qualche modo risposto alle pressioni economiche. Leriserve di petrolio siriane – la prima fonte di reddito del paese - in via di esau-rimento, hanno spinto il governo ad agire. Nel marzo 2007 il Ministro dellefinanze Mohammad Hussein ha ammesso che la Siria è diventata, già dal2006, un importatore netto di petrolio, con un costo potenziale, per l’econo-mia, di un miliardo di dollari per quest’anno. Nel corso del suo primo setten-nato Bashar ha promosso una serie di riforme economiche atte a trasformarela Siria in un’economia di mercato sociale, sul modello di quella già sperimen-tata in Germania. Fino ad oggi le riforme implementate includono l’intrapren-dere delle misure affinché le banche private, una volta liberalizzate le valute

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straniere, possano istituire una borsa e l’apertura di una compagnia d’assicu-razioni privata. Mentre queste riforme segnano un progresso graduale, l’ele-fantiaca burocrazia siriana, un’insufficiente pianificazione e l’inefficienza delleimprese statali mostrano che molto resta ancora da fare. Inizialmente Bashar oscillava tra un’impostazione mentale di stampo occiden-tale – aveva precedentemente diretto la Compagnia Informatica Siriana – euna stridente attitudine, al contrario, nazionalista che si opponeva all’influen-za americana nella regione. Comunque, poiché al suo paese è impedito fareaffari con l’Occidente, egli si è vieppiù proteso ad Est. Bashar ha sancito lealleanze della Siria con la Russia e l’Iran e, fra gli altri, ha rafforzato i legamicon la Cina, la Malaysia e l’India. Nel corso di due viaggi di ricerca in Siriadegli autori, nel 2006 e 2007, i funzionari del regime hanno sottolineato il raf-forzamento dei rapporti con l’Oriente e una delle persone in questo gruppo loha fatto addirittura vantandosi del fatto che i suoi figli erano a studiare la lin-gua inglese in Malaysia, invece che in Occidente, luogo nel quale tradizional-mente veniva formata l’élite siriana. In effetti, isolando Damasco, gli USA el’Europa stanno cedendo strumenti d’influenza all’Iran, alla Russia e ad altri. Inoltre sembra che Bashar sia mosso dall’ideologia, molto più di quanto nonsia stato suo padre, e sia privo dell’abilità strategica di Hafez. La sua irruenteimpronta decisionale si è manifestata in un numero di errori madornali, deiquali i peggiori sono stati il ruolo sospetto avuto dalla Siria nell’assassinio diHariri e il conseguente ritiro delle forze militari siriane di stanza in Libano.Egli si è alienato la simpatia della maggior parte, se non di tutti, gli alleatiarabi della Siria, avvicinandosi invece all’Iran, anche se in qualità di partnersempre meno influente di un’alleanza vecchia di venticinque anni. L’alleanzacon l’Iran e il caso Hariri hanno condotto a un dissidio tra l’Arabia Saudita ela Siria, nazioni che in precedenza intrattenevano buoni rapporti. Infatti lerelazioni tra i due paesi sono a un punto morto e il governo saudita si èmesso a capo di un boicottaggio ad alto livello del Summit della Lega Araba,ospitato a marzo a Damasco. La Siria sembra anche aver perso la posizione diforza su Hezbollah e la milizia sciita sta diffondendo la sua influenza in Libanoa seguito della guerra con Israele dell’estate 2006. Dati gli errori strategici della Siria e le molteplici sfide nel tentativo di inter-rompere l’isolamento occidentale, riguadagnare legittimazione all’interno eimprimere l’indispensabile dinamismo nella sua economia instabile, i tempisembrano maturi per un coinvolgimento statunitense. Benché l’isolamento ele sfide interne non siano così seri da far cadere il governo, forniscono al regi-

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TE me la spinta per impegnarsi. Per la Siria migliorare le relazioni con gli USA

comporterebbe la fine del boicottaggio economico e diplomaticodell’Occidente, darebbe più opportunità a un incremento economico e raffor-zerebbe la legittimazione del regime, soprattutto se questo nuovo atteggia-mento portasse, alla fine, alla restituzione delle Alture del Golan, obiettivoche Assad padre non è mai riuscito a raggiungere. Nel contempo le sfideprincipali in grado di spingere la Siria al confronto, offrono un importantestrumento d’influenza per gli Stati Uniti che potrebbero allettare i Siriani conuna serie di incentivi economici e politici, disponibili solo nel caso di unmutamento strategico del comportamento di Damasco, sia all’interno cheall’estero. Data la stagnazione siriana sempre più profonda, è probabile cheDamasco risponda positivamente a questi allettamenti.

L’evoluzione dei rapporti tra Stati Uniti e SiriaA differenza dei legami che intercorrono tra USA e Israele o l’Arabia Saudita,rapporti di cardinale importanza che spesso aderiscono a schemi datati e pre-vedibili, quelli con Damasco sono stati fortemente altalenanti negli annirecenti – dalla cooperazione limitata degli anni novanta al confronto-scontrodal 2001. Di sicuro il contesto strategico degli anni novanta era molto diverso.Ma anche l’approccio americano alla diplomazia lo era – con un’enfasi sullepolitiche estere pragmatiche e multilaterali. Entrambe le amministrazioni, siaquella di George H.W. Bush che quella di Bill Clinton, consideravano priorita-rio gestire la competizione conseguente alla fine della guerra fredda nellaregione, contenere Saddam Hussein, promuovere la pace arabo-israeliana e

preservare la sicurezza energetica. Entrambiinoltre puntavano al dialogo e alla coopera-zione con la Siria. Nel corso della Primaguerra del Golfo, la Siria aveva addiritturainviato le sue truppe a sostegno della coali-zione guidata dagli Americani – una mossa,alla luce delle relazioni bilaterali storicamen-te tese, mai vista prima. La Siria aveva unproprio interesse a contenere Saddam, maquesto, da solo, non assicurava la coopera-zione. La determinata diplomazia america-na, la volontà di coinvolgimento e dure con-trattazioni spinsero la Siria ad unirsi allacoalizione. Lo stesso si può dire per l’altra priorità prin-cipale di Washington nella regione: la pace

fra Arabi e Israeliani. Nel periodo immediatamente successivo alla Guerra delGolfo, la Siria ha accettato di partecipare alla Conferenza di Pace di Madridnell’ottobre 1991 – un’iniziativa che ha inaugurato una nuova fase nel proces-so di pace in Medio Oriente. Il Presidente Clinton si è impegnato direttamen-te con la leadership siriana, incontrando il presidente Assad in più di un’occa-sione. Nel corso degli intensi colloqui di pace del 1999 e del 2000, gli USA siavvicinarono in maniera tormentata al loro ruolo di mediatori nella pace traIsraele e Siria. Nonostante le significative differenze politiche venne mante-nuto un rapporto attivo. Il sostegno siriano al terrorismo, in particolare quelloai gruppi negazionisti come Hamas, la sua occupazione del Libano e il soste-gno ad Hezbollah, il suo ricorrente antiamericanismo, la pessima fama dellasua governance e del rispetto dei diritti umani hanno complicato, ma non

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TEprecluso, la cooperazione in altri ambiti. Dal 2001, i tentativi per isolare e

minare alla base il regime siriano hanno fatto poco per addolcire queste sfide.

La spirale discendente (2001 – 2007)Il deterioramento, dal 2001 in poi, dei rapporti tra l’America e la Siria, è statosia rapido che senza precedenti. Per essere precisi, la spirale discendente haavuto molto a che fare sia con gli errori strategici e di calcolo della Siria, checon la stessa politica di Washington. Non di meno la compromissione nei rap-porti stride fortemente con il decennio di coinvolgimento iniziato con l’inclu-sione della Siria nella coalizione diretta dagli USA contro Saddam Husseinnella Prima Guerra del Golfo. Quando il presidente George W. Bush è entrato in carica nel 2001, la Siria erapraticamente fuori dai giochi – in particolar modo a causa del drammaticofallimento delle iniziative di pace in Medio Oriente del presidente Clinton nel2000. Comunque, dato il mix di pragmatici e conservatori (ottimisti), c’eranoprecoci indizi della frattura che stava emergendo all’internodell’Amministrazione Bush su come porsi con gli stati avversari quali la Siria.Nell’immediato post undici settembre, la Siria ha condannato gli attacchi ecooperato con Washington nella caccia ad Al-qaeda – fornendo un aiuto che èstato “enormemente utile” secondo le parole di un ex-funzionario superioredell’Amministrazione Bush di allora. Ciò nonostante, alcune figure superioridell’Amministrazione Bush erano ansiose di evidenziare la reputazione sirianadi stato canaglia nei confronti del quale era necessaria la linea dura – addu-cendo come motivazione l’occupazione siriana del Libano, il suo costantesostegno ai gruppi militanti palestinesi e libanesi e il suo riavvicinamento aSaddam.Il Segretario di Stato Colin Powell ha compiuto numerose visite in Siria percercare di stimolare una maggior collaborazione. Specialmente per quantoriguarda i rapporti arabo-israeliani, dato l’aumento delle violenze registratonei primi due anni dell’Amministrazione. Con solo modesti risultati ottenutida un confronto a così alti livelli, nell’Amministrazione, i sostenitori dellalinea dura consideravano il dialogo come una concessione e chiedevano agran voce il blocco delle relazioni ad alto livello. Da parte sua, Powell ha dife-so le sue visite e negato l’idea che Washington possa semplicemente dettarele condizioni a Damasco. L’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 ha drammaticamente inasprito letensioni con la Siria, che ha permesso a numerosi militanti di attraversare isuoi territori per raggiungere l’Iraq e combattere l’America e le forze dellacoalizione. La Siria ha anche dato asilo ad alcune figure di spicco del regimedi Saddam Hussein. Donald Rumsfield, Segretario americano alla Difesa, èstato particolarmente duro nel rimproverare la Siria, affermando cheWashington considerava queste azioni “atti ostili”. Data la situazione in Iraq ela retorica sempre più aspra di Damasco, all’interno dell’Amministrazione,Powell e i pragmatici hanno velocemente perso potere rispetto a coloro iquali preferivano un approccio più duro. Alla fine del 2003 è stata approvata la risoluzione del Consiglio di SicurezzaOnu numero 1559, che ha incrementato le pressioni sulla Siria perché cessas-se l’occupazione militare del suolo libanese, il Congresso, inoltre, ha varatouna nuova serie di sanzioni economiche più rigide, che alla fine, dopo qual-che esitazione, sono state abbracciate anche dalla Casa Bianca. L’ultima visitaufficiale di un funzionario USA in Siria è avvenuta nel gennaio del 2005,quando Richard Armitage, vice Segretario di Stato, si è incontrato con il

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Presidente Assad. È risa-puto che fece una seriedi dure richieste su Iraqe Libano e che ottenneanche un certo grado dicollaborazione da partedei Siriani, ma non rag-giunse lo scopo di otte-nere tutto. La prospettivada Foggy Bottom (meto-nimia americana per indi-care il Dipartimento diStato) fu che quelli diArmitage furono progres-si, altri dell’Amministrazione hanno creduto, invece, che egli abbia fatto ritor-no a casa praticamente a mani vuote. Un mese più tardi, con l’attentato, attri-buito da molti alla Siria, che ha causato la morte dell’ex Primo Ministro liba-nese Rafik Hariri, i rapporti tra gli Stati Uniti e la Siria si sono drammatica-mente compromessi. Washington ha richiamato in patria il suo ambasciatoree iniziato ad affilare la retorica contro Damasco. Quando, quella primavera, le proteste libanesi hanno costretto la Siria a riti-rare le sue truppe dal territorio libanese, USA e Francia – alcuni affermanoanche con il sostegno dell’Arabia Saudita – hanno aumentato le pressioniinternazionali su Damasco, che all’improvviso si è ritrovata oggetto d’indaginee di potenziali sanzioni economiche da parte dell’Onu. Entro la fine del 2005,le inchieste americane sull’omicidio Hariri hanno puntato il dito dritto sullaSiria, e gli Americani hanno spronato gli alleati a isolare i regime Assad. Sonostate fatte pressioni perché i leaders europei non visitassero Damasco.Inoltre, l’Amministrazione ha lanciato chiari segnali ad Israele in merito alfatto che gli USA non avrebbero dato il loro sostegno a un rinnovo dei nego-ziati di pace tra Israele e la Siria. Benché quella del “cambio di atteggiamen-to” sia rimasta la politica ufficiale degli USA, l’acuto dibattito internoall’Amministrazione ha lanciato, tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006, segnaliinequivocabili a Damasco che ha creduto che Washington fosse potenzial-mente alla ricerca della fine del regime Assad. Iniziato nel dicembre del 2006, con il Gruppo di Studio sull’Iraq (ISG) chesosteneva la necessità di uno sforzo diplomatico e un diretto confronto USA,sia con Teheran che con Damasco, il dibattito sulla Siria sembrava essersispostato. Più di una dozzina di senatori e di membri del Congresso – demo-cratici e repubblicani – hanno visitato Damasco dopo il dossier ISG, noncu-ranti del veto della Casa Bianca. Dal marzo 2007 l’Amministrazione Bush hainiziato a modificare la sua politica sulla Siria e vagliato l’idea di lavorare piùdirettamente con tutti i paesi vicini all’Iraq. Sono stati riesumati contattiperiodici ad alto livello, ma solo all’interno di forum multilaterali sull’Iraq.Condoleeza Rice, Segretario di Stato americana, ha avuto un breve colloquiocon il Ministro degli Esteri siriano, Walid Mualem, nel meeting internazionaledel maggio 2007, che ha visto riuniti a Sharm el-Sheik in Egitto, i paesi viciniall’Iraq. Secondo un ex funzionario americano che aveva accesso al regime, iSiriani si convinsero di aver ricevuto un chiaro segnale da Washington indi-cante che il meeting di Sharm avrebbe condotto a un dialogo più ampio. Maciò non era incluso nel programma politico di Washington. Non è avvenutoalcun cambiamento fondamentale, ma gli USA hanno continuato coi tentativi,

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Hafez al-Assad

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come l’invito alla Siria di partecipare, nel novembre 2007, al meeting diAnnapolis. Nel complesso, nonostante le relazioni bilaterali, del 2007 e dell’i-nizio 2008, siano state meno tese di quelle intercorse dal 2005 al 2006, glisgarbi diplomatici continuano, occhio per occhio.

Isolare e minare alla base, lezioni dal confronto tra USA e SiriaChe lezioni possiamo trarre da questo lungo periodo di confronto? Per primacosa, le prospettive per una cooperazione siriana sono diminuite a causa delladomanda massimalista di Washington e del suo rifiuto a contrattare. Inoltre lapolitica statunitense ha avuto l’effetto di sfumare i confini tra “cambio di regi-me” e “cambio di atteggiamento” in tal modo ulteriormente riducendo la pos-sibilità di gestire i temi di disaccordo. Secondo, una diplomazia della coerci-zione era al massimo della sua efficacia quando veniva usata in coordinamen-to con altri poteri, come dimostrato, dal 2004 al 2005, quando gli Stati Unitihanno lavorato in modo ravvicinato con i Francesi per definire il sostegnooccidentale a una risoluzione Onu che richiedeva il ritiro dei Siriani dalLibano. Terzo, le sanzioni economiche unilaterali hanno avuto ben pochieffetti pratici a parte i segnali diplomatici e hanno contribuito al clima gene-rale d’incertezza che circonda gli investimenti e il commercio con la Siria.Con il regime sanzionatorio dell’America, applicato in modo generalizzato piùche mirato nello specifico a un obiettivo, la cricca al potere ne è uscita prati-camente illesa e, ironicamente, il commercio bilaterale USA-Siria è aumenta-to nel 2006 con una crescita del 30%.Quarto, il tentativo di isolare la Siria diplomaticamente a causa del suo atteg-giamento destabilizzante, inclusa la sua alleanza con l’Iran, Hezbollah eHamas, è in gran parte una profezia che si autoavvera, utile solo a limitare leopzioni per gli USA e a aumentare i costi di un rinnovo del dialogo.L’isolamento sempre più profondo della Siria dall’Occidente le ha creato l’ur-genza di rivolgersi ad Est, rafforzando i suoi collegamenti con l’Iran e alimen-tando i legami economici con partners non occidentali, quali la Russia, la Cinae la Malaysia. Inoltre, considerare il confronto come una concessione, piutto-sto che come un semplice strumento diplomatico, ha necessariamente limita-to le possibilità di scelta americane. La diplomazia americana è stata vanifica-ta da una politica in gran parte basata sui rimproveri, che ha offerto al regimesiriano pochissimi incentivi, se non nessuno, a cambiare atteggiamento.

Lezione numero uno: l’isolamento produce risultati limitatiIl confronto diplomatico ad alto livello, secondo alcuni membridell’Amministrazione Bush, ostacola gli interessi statunitensi e serve solo aimbaldanzire e ricompensare il regime siriano. Il problema con questo puntodi vista è duplice. Primo, esistono poche prove concrete, negli anni recenti, asostegno di questa teoria, che ha più a che fare con l’ideologia e le polemicheche con le dinamiche del caso. Il sospetto coinvolgimento della Siria, nellacampagna per eliminare le figure di spicco libanesi anti-siriane, è emersomentre gli Stati Uniti – senza menzionare la Francia e altri – applicavano, neiconfronti di Damasco, il boicottaggio piuttosto che il confronto. Il ritiro del-l’ambasciatore USA, all’inizio del 2005, e il conseguente boicottaggio diploma-tico non hanno condotto all’obbedienza siriana. Al contrario, hanno portatoad una lenta e costante campagna di rappresaglie diplomatiche, che si pro-trae ancora oggi, con implicazioni negative sia per le istituzioni della societàcivile come AMIDEAST, che è stata espulsa dalla Siria, che per gli scambi cul-turali come il programma Fulbright.

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Proprio durante il periodo di isolamento americano, il sostegno siriano aHezbollah è evoluto fino alla guerra con Israele nel 2006. Inoltre, nel2006/2007, la repressione dei riformatori interni, che ha comportato pesantisentenze di reclusione per molti sostenitori della democrazia, è avvenuta inun momento nel quale gli USA boicottavano pesantemente Damasco. Di fron-te al boicottaggio diplomatico americano, la Siria ha rafforzato il suo sostegnoa Hezbollah e Hamas, addirittura interrompendo, nel gennaio 2007 – control’esplicito volere di Washington – i colloqui che avevano come scopo la crea-zione di un governo di unità palestinese. Diversamente da quanto accaddenegli anni novanta, il supporto siriano a entrambi i gruppi è drammaticamen-te aumentato senza alcuna pressione, generata dai negoziati con Israele, congli USA o con l’Occidente, a contrastarlo. Secondo, rinunciare al dialogo e alla diplomazia, lascia uno spazio di manovraeccessivo nell’orizzonte diplomatico degli altri, costringe la Siria ad avvicinar-si all’Iran e ad altri avversari degli USA e permette all’America di considerarsi“giusta” ma, comunque, coinvolta solo passivamente. Come ha affermato l’exSegretario di Stato Colin Powell a una conferenza: «dovremmo dialogare conla Siria... e non è possibile avere discussioni o negoziati imponendo come pre-condizione i risultati che si vogliono ottenere. Non lo faranno... non possiamodire ai Siriani non negozieremo, o non lo vogliamo fare, perché voi vorretesicuramente qualcosa in cambio». Se un “pessimo comportamento” fosse laprova del nove, gli USA dovrebbero limitare il loro impegno con numerosipaesi internazionali tra cui il Pakistan, l’Arabia Saudita e la Russia. Anche alculmine della guerra fredda, gli USA mantenevano normali relazioni diploma-tiche con l’Unione Sovietica. Proteste periodiche e segnali negativi fannoparte del pacchetto, specialmente viste le tensioni insite nei rapporti bilatera-li tra gli Stati Uniti e la Siria. Ma, nel caso della Siria, l’approccio “isolare eminare alla base” dell’Amministrazione, si è spinto troppo in là. Il confrontocon Damasco non contrasta a priori gli obiettivi politici degli Stati Uniti.

Lezione numero due: le sanzioni unilaterali a schema hanno pocoimpattoLo schema di sanzioni economiche statunitensi contro la Siria – il Patriot Actcontro il riciclaggio del denaro sporco imposto a una grossa banca siriana,l’accusa di terrorismo da parte del Dipartimento del Tesoro nei confronti diindividui e compagnie specifici e le sanzioni sulle esportazioni, quelle sul traf-fico aereo e sul commercio del Sirya Accountability act del 2003 – hannoavuto un impatto limitato sull’economia e sul regime della Siria. Nonostante l’impressione comune che ci sia un embargo sulla Siria, l’attualeregime sanzionatorio è una complessa sequenza di obblighi finanziari e com-merciali ben lontana dall’essere rigida. Le sanzioni degli Stati Uniti, che inclu-dono il divieto di sovvenzioni economiche e militari, risalgono al 1979 quandola Siria venne per la prima volta indicata come nazione sponsor del terrori-smo. Sin dal 2004, con l’implementazione del Sirya Accountability andLibanese Sovereignity Act (SALSA) il regime sanzionatorio è stato inasprito.Alcuni interventi, come le restrizioni commerciali, sono più significativi. Altri,come le restrizioni aeree, hanno solo una natura simbolica (le linee aereesiriane non hanno rotte americane). Le sanzioni più rilevanti possono esseredivise in tre grandi gruppi:- Le azioni 311. Con il nome tratto dalla Sezione 311 del Patriot Act, questamisura anti-riciclaggio è stata applicata alla Banca Commerciale di Siria(CBS) e a una banca libanese collegata, entrambe strettamente collegate al

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Governo siriano e al regime Assad. Come risultato dell’intervento 311 con-tro la CBS, sono proibite le transazioni e le relazioni corrispettive con lebanche statunitensi. Le banche europee permettono ancora le transazionicon CBS, ma alcune stanno studiando la questione in modo da non entrarein contrasto con le regole bancarie statunitensi.

- I divieti dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC - L’Ufficio di Controllodei Beni Stranieri del Dipartimento del Tesoro). Individui ed enti collegatiad attività terroristiche possono essere inclusi in una speciale lista OFACdel Dipartimento del Tesoro, in tal modo viene loro impedito di effettuaretransazioni con banche e governo americani – i cittadini americani sono dif-fidati dal compiere transazioni con chiunque sia nella lista. Asef Shawkat,cognato di Assad e figura importante nel regime, è stato aggiunto alla listaall’inizio del 2006. Vi sono incluse anche numerose altre persone coinvoltenell’assassinio di Hariri.

- Le sanzioni del dipartimento del commercio. Con SALSA, il bando sulleesportazioni dei prodotti statunitensi è stato allargato per includere unmaggior numero di categorie di beni, ne sono esclusi cibi e medicinali cosìcome alcuni tipi di tecnologie delle comunicazioni.

Per essere equi, le sanzioni hanno fatto qualcosa in più che esprimere sempli-cemente il dissenso di Washington. La complessità delle regole statunitensi,combinata con i gelidi rapporti diplomatici ha creato un’atmosfera di incer-tezza e ambiguità nell’ambiente del commercio e degli investimenti in Siria.Mentre, senza dubbio, le sanzioni hanno creato confusione nell’ambiente delbusiness, affermazione di un ex funzionario del tesoro che lavora con impresestatunitensi che tentano di fare affari in Siria, il clima di sfiducia è potenzial-mente più incisivo di qualsiasi impatto misurabile delle sanzioni stesse.

Lezione numero tre: essere chiari sugli obiettivi e le aspettative; esserpronti a trattareAnche prima dell’undici settembre, l’Amministrazione Bush era contraria atrattare con antagonisti autoritari, fossero essi Corea del Nord, Iran o Siria.

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TE L’Amministrazione è giunta alla decisione strategica di non trattare con questi

regimi. Gli attacchi terroristici del settembre 2001 e la guerra in Iraq hannosolo rafforzato questa posizione. Ma questi regimi, compresa la Siria, hannodato prova di essere abbastanza elastici, costringendo Washington a rivederele sue posizioni. Con la Siria, il confronto degli anni recenti ha suggerito la necessità di esserepiù chiari su obiettivi e aspettative. Poiché l’atteggiamento USA ha oscillatofra le richieste di un cambio di comportamento e le allusioni a un cambio diregime, in particolare dalla metà del 2005 a quella del 2006, questa ambiguitàha rafforzato le preoccupazioni siriane e di conseguenza ridotto le possibilitàdi cooperazione. Sia stata quest’ambiguità, generata dal disaccordo all’internodell’Amministrazione o si sia trattato di una deliberata scelta politica, è dipoca importanza se il tutto si rapporta a come la politica è stata percepita inSiria. La mancanza di chiarezza sugli obiettivi è stata accompagnata da undialogo politico privo di sfumature, nel quale le relazioni con Damasco sonostate poste in termini di bianco o nero, lasciando poco spazio di manovra aentrambi i paesi.

Lezione numero quattro: un’azione multilaterale, concertata funzionameglioLa diplomazia costrittiva verso la Siria è stata più efficace quando gli StatiUniti l’hanno applicata di concerto con altri importanti attori esterni. Nonsolo gli USA hanno ben pochi strumenti di pressione diretta verso la Siria ma,data la crisi di credibilità che Washington affronta nella regione, le misureunilaterali mancano di legittimità e hanno avuto sul regime un impatto mino-re. La risoluzione Onu 1559 e l’indagine dell’Onu in corso su Hariri, sono solodue esempi di un uso efficace della pressione multilaterale. Un coordinamen-to più stretto con i principali protagonisti europei (come Francia eGermania) e regionali (come Arabia saudita e Turchia) accrescerebbe l’effica-cia delle politiche statunitensi.

PPeerrcchhee iill ccoonnffrroonnttoo?? IIll ccoonntteessttoo ssttrraatteeggiiccooNei cinque anni passati, gli sforzi degli Stati Uniti per accentuare l’isolamentodella Siria e intensificare le pressioni sul regime, sembra abbiano prodottopochi risultati, se non nessuno. Infatti, alcune delle peggiori violazioni dellaSiria, come il suo sospetto coinvolgimento nell’assassinio di Hariri e nell’ucci-sione di altre figure politiche libanesi, sono avvenute dopo l’imposizione diulteriori sanzioni da parte degli USA e successivamente alla campagna ameri-cana di isolamento del regime. Nonostante le sanzioni e le altre politichedestinate a isolare Damasco non abbiano generato una cattiva risposta siriananon sono nemmeno riuscite a evitare a Damasco di intraprendere una stradapericolosa. È necessario un nuovo approccio nei rapporti USA-Siria. Scegliendo una poli-tica di confronto piuttosto che di isolamento, gli USA cercano di ottenere unnetto miglioramento nei rapporti con la Siria. Per molto tempo la politica diavvicinamento degli Stati Uniti alla Siria è stata prodotta dai tanti interessiamericani nella regione. La Siria riveste un ruolo strategico in ogni ambitocruciale della regione: l’Iraq, il Libano, l’Iran e Israele/Palestina. Per produrredei buoni risultati una politica di dialogo con la Siria deve riconoscere l’aspet-to complesso e interrelato di questi conflitti e impiegare questi collegamenti avantaggio degli Stati Uniti, ogni qual volta sia possibile. La politica deve inol-tre tenere in considerazione che è necessario capire il ruolo che la Siria ha in

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TEognuna di queste crisi, incluse

le sue motivazioni nascoste, ipunti di forza e di debolezza. Il confronto con i Siriani sipoggerà su una serie di stru-menti diplomatici che valutinosia i benefici potenziali che ilimiti della cooperazione.Dovrebbe comprendere un mixdi bastone e carota equilibran-do ricompense, per il sostegnoalla cooperazione, con severesanzioni per la continua intran-sigenza siriana. Esplorando icampi di interesse comune,impiegando gli incentivi perindurre cambiamenti positivi alcomportamento siriano epaventando minacce credibilinel caso in cui la Siria continui

a mantenere un atteggiamento negativo, un confronto con la Siria è in grado,sul lungo periodo, di apportare benefici significativi agli interessi statunitensi.Qualche ricompensa sarà più facile da ottenere, ad esempio un maggioreaiuto siriano in Iraq, altre invece, come il successo dei negoziati della Siriacon Israele o la normalizzazione dei suoi rapporti con il Libano, richiederannoun maggiore impiego di tempo e risorse.Le argomentazioni a favore del dialogo hanno guadagnato valore agli occhi diun numero sostanzioso di esperti e professionisti di politica estera. Il reportdel gruppo (bipartisan) di studio sull’Iraq, sottolinea fortemente la necessitàdi un impegno diplomatico con la Siria, fra gli altri paesi vicini all’Iraq. Diversimembri del Congresso da allora hanno visitato Damasco, in particolare laPresidente della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi (D-CA). Il coro chechiede a gran voce il confronto con la Siria, è formato anche da diverseimportantissime figure politiche come Henry Kissinger, Zbigniew Brzezinski,Brent Scowcroft e Madeleine K. Albright. Nell’audizione al Senato del 2007,sia Kissinger che l’Albright hanno sottolineato la necessità di negoziare conquei paesi, come la Siria, con i quali gli USA si trovano in profondo disaccor-do. Anche gli alleati europei degli USA hanno scelto una strada di riavvicinamen-to alla politica di dialogo con la Siria.; diplomatici europei importanti, inclusoXavier Solana, a capo della politica estera dell’Ue e il Ministro degli Esterispagnolo Miguel Angel Moratinos, hanno ripreso le loro relazioni conDamasco. Anche la Francia ha rotto il suo silenzio, che durava da molto, conla Siria, lo dimostrano le due conversazioni telefoniche intercorse tra ilPresidente francese Nicolas Sarkozy e Assad e l’invio, da parte di Sarkozy, delsuo Capo di Stato Maggiore per due volte a Damasco, nel tentativo di ottene-re la cooperazione della Siria nell’interrompere lo stallo sull’elezione di unnuovo presidente in Libano. Parigi ha temporaneamente evitato i contatti conDamasco quando l’iniziativa di Sarkozy non è riuscita ad ottenere risultati;comunque, nell’aprile 2008, sempre più preoccupato dalla crisi libanese, ilMinistro degli Esteri francese si è incontrato con la controparte siriana perdiscutere del Libano.

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Poiché l’Amministrazione Bush affronta il suo ultimo anno, gli USA affronta-no un contesto strategico caratterizzato da un’influenza in declino, da minac-ce sempre peggiori e da un’agenda normativa bloccata, ad esempio la promo-zione della democrazia. La guerra civile in Iraq e la protratta occupazione sta-tunitense che il paese affronta, sono al centro di questa combinazione insta-bile. Benché gli USA non abbiano subito una sconfitta militare, il loro proget-to politico ha sofferto di tremende battute d’arresto. I piani americani perl’Iraq post Saddam sono a brandelli e, assieme a loro, lo è la credibilità diWashington nella regione. Il potere americano resta solido, ma la sua influen-za è al minimo storico. I benefici potenziali di un confronto con la Siria sono più evidenti se si riesami-nano le questioni chiave. Nello specifico, un esame degli interessi e delle moti-vazioni della Siria, che possa individuare gli ambiti di tensione bilaterale e dovequesti interessi sono in grado di intersecarsi con gli obiettivi americani, è ingrado di svelare se esistono vantaggi irrealizzati per gli interessi statunitensi. Mentre è difficile determinare i parametri esatti del confronto su ogni que-stione e i benefici specifici e concreti che gli USA possono ottenere di volta involta, il contorno generale dei benefici potenziali degli USA è chiaro.

L’IraqL’interesse primario degli Stati Uniti in Iraq è continuare a ridurre le violenzenel paese e capitalizzare questo spazio di manovra per implementare le rifor-me politiche principali che aiuteranno a poggiare le fondamenta per una pacee una stabilità durature. Preoccupata dell’instabilità in aumento e della vio-lenza settaria in Iraq, la Siria considera di primario interesse evitare la totaledisintegrazione dell’Iraq, data la possibilità verosimile che una guerra civileglobale avrebbe come conseguenza un ulteriore flusso di rifugiati in Siria el’espansione potenziale delle violenze settarie. La Siria ospita già almeno unmilione e mezzo di Iracheni. Inoltre Damasco si ritroverebbe profondamenteminacciata dall’istituzione di un Kurdistan autonomo nel Nord dell’Iraq, datal’irrequieta popolazione curda che già la Siria ha nei suoi territori e che conta1.7 milioni di persone. Dal punto di vista statunitense, l’operato della Siria in Iraq è stato confuso,caratterizzato da pochi esempi Siriani di cooperazione tattica, accompagnatida un comportamento che ha contribuito all’instabilità irachena. Nello specifi-co, il flusso di armi e insorti che ha raggiunto l’Iraq passando per la Siria e laprotezione che quest’ultima ha fornito agli ex bahatisti del regime, causanotensioni significative tra USA e Siria. - Gli insorti. La Siria si è opposta all’invasione dell’Iraq da parte degli USA esi crede che nei primi giorni del conflitto abbia permesso a moltissimiinsorti di entrare nei confini iracheni. Più di recente i Siriani hanno, adintermittenza, lavorato per interrompere il flusso di armi e combattenti chepassa dai suoi confini con l’Iraq che corrono per 450 miglia. I Siriani affer-mano di aver intrapreso misure per rafforzare la sicurezza dei confini, comel’installazione di ulteriori checkpoints fissi e pattuglie di confine e il raffor-zamento delle restrizioni sui giovani con meno di 30 anni che arrivano nelpaese dall’aeroporto di Damasco o attraversano il confine con l’Iraq, arre-stando, a quanto si dice, numerosi infiltrati. Comunque, sia i funzionari ira-cheni che quelli americani affermano che la Siria può fare di più. Comeincentivo per potenziare la cooperazione siriana, Baghdad, secondo i reso-conti, ha promesso di riaprire, se i confini venissero messi in sicurezza, laconduttura petrolifera Kirkuk-Baniyas che attraversa la Siria.

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- Asilo agli ex Bahatisti. Migliaia di rifugiati iracheni in Siria si sospettaappartenessero al partito Baath di Saddam. Talvolta i Siriani si sono com-portati diversamente con i Bahatisti fuggitivi, come nel 2005 quandoDamasco ha consegnato il fratellastro di Saddam, assieme ad altri 29 exBahatisti. Comunque, numerosi oppositori iracheni continuano a cercarerifugio in Siria, tenendo incontri e conferenze organizzative. Tra loro cisono membri influenti dell’ex regime, come Mohammad Yunis al-Ahmadche è sulla lista dei super ricercati iracheni. Fino ad oggi la Siria si è rifiu-tata di consegnare questi funzionari nonostante le ripetute richieste delgoverno iracheno. Questa politica riflette la pratica, in uso da moltotempo alla Siria, di fornire ospitalità alle forze d’opposizione di tutta laregione.

Nonostante queste tensioni USA e Siria condividono alcuni obiettivi in Iraq,che potrebbero essere impiegati con abilità attraverso il dialogo per mini-mizzare le tensioni esistenti. Questi includono la stabilizzazione dell’Iraq,l’interruzione del flusso di rifugiati e il contrasto alla presenza di Al-qaedanel paese. - La stabilità dell’Iraq. Preoccupati dalla potenziale esplosione dell’intensifi-cata violenza settaria in Iraq, sia Washington che Damasco vogliono chel’Iraq si stabilizzi. Nessuno dei due paesi vuole assistere al crollo dell’Iraq ealla potenziale esplosione di violenza che accompagnerebbe la disintegra-zione del paese. Infatti, il costo del caos iracheno – un massiccio flusso dirifugiati e un settarianismo intensificato – è troppo alto da sostenere, siaper la Siria che per gli USA. La Siria è, in particolar modo, preoccupatadalla prospettiva d’istituzione di un Kurdistan indipendente nel Norddell’Iraq e si oppone fortemente a una spartizione soft dell’Iraq. Al contra-rio Damasco vuole favorire un’autorità centrale forte a Baghdad in grado diassicurare una relativa sicurezza in tutto il paese. Allo stesso modo, l’attua-le strategia di Washington sull’Iraq è focalizzata a trasformare gli obiettivi disicurezza raggiunti in opportunità di riconciliazione politica e a lavorare conle tribù sunnite – molte delle quali hanno collegamenti in Siria – perannientare gli insorti solidali con Al-qaeda. Inoltre negli ultimi anni la Siriasi è impegnata a coltivare legami sfruttando gli orientamenti religiosidell’Iraq. È un interlocutore rispettato e può esercitare la sua influenza contutti i diversi attori politici, che ci sono in Iraq, per aiutare ad otteneremaggiore collaborazione.

- I rifugiati. Sia Washington che Damasco hanno interesse ad arrestare il flus-so di rifugiati iracheni e assicurare il benessere di coloro i quali sono giàusciti dal paese. Fino a tempi recenti la Siria era la via di fuga più efficace,e riceveva molti più rifugiati della vicina Giordania che ha implementatodelle strette regole imposte sui flussi di profughi. I Siriani non solo hannoaccolto un numero enorme di rifugiati, ma Damasco ha anche fornito lorol’accesso a diversi servizi sociali. La stampa siriana ha riportato che settan-tacinquemila studenti iracheni si sono iscritti a scuole siriane e sono nateclassi dove, ben oltre la loro capacità effettiva, sono accalcati fino a sessan-ta studenti. Nel settore sanitario la Mezzaluna Rossa arabo-siriana haaumentato a dieci il numero di cliniche che operano nell’assistenza allapopolazione irachena. Nonostante tutto il Governo siriano continua adessere preoccupato che il flusso di profughi iracheni in Siria possa condur-re a un’instabilità interna. La marea di rifugiati iracheni in Siria ha già inne-scato una diffusa inflazione e sottoposto a duro sforzo gli elefantiaci servizi

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pubblici Siriani, in particolare la salute, l’istruzione e gli alloggi. La Siria hala necessità urgente che l’Iraq e gli Stati Uniti condividano il fardello del-l’accoglimento dei profughi. Il primo ottobre 2007, la Siria ha chiuso le suefrontiere a quasi tutti i rifugiati e ha imposto nuove richieste di visto a quel-li già nel territorio. Queste ulteriori misure potrebbero incidere pesante-mente sulla triste condizione dei rifugiati iracheni più poveri. Resta ancorada capire se la Siria sceglierà di deportare i profughi iracheni che attual-mente risiedono dentro i suoi confini.

- Combattere Al-qaeda. Sia gli Stati Uniti che la Siria nutrono una profondaavversione per Al-qaeda e la sua ideologia jihadista. Dato l’obiettivo manife-sto di Al-qaeda, di rovesciare i governi apostati della regione (e il regimebahatista secolare siriano sarebbe il primo della lista), i Siriani hanno uninteresse particolare nell’impedire agli elementi di Al-qaeda di guadagnareslancio in Iraq. Nell’immediato post undici settembre i Siriani hanno condi-viso le informazioni su Al-qaeda della loro intelligence con la contropartestatunitense. Questa cooperazione si è interrotta con l’inasprimento delletensioni bilaterali ma potrebbe essere riesumata con una ripresa dei rap-porti. Infatti, secondo il comandante americano in Iraq, a segnale di unpotenziale cambiamento delle politiche siriane, gli attraversamenti di guer-riglieri dal confine iracheno con la Siria sono diminuiti della metà, se nonaddirittura di due terzi, dall’estate del 2007. La diminuzione dei combatten-ti stranieri che arrivano passando per la Siria forse coincide con la diminu-zione degli attacchi suicidi in Iraq. Gli analisti del governo americano credo-no anche che la Siria stia ostacolando i tentativi dei guerriglieri di lasciarel’Iraq. Infatti nell’agosto 2007 un’analisi dell’intelligence americana ha nota-to che il Governo siriano ha preso seri provvedimenti contro le reti di traffi-co jihadiste che operano vicino ai confini iracheni. Gira anche la voce che iSiriani abbiano arrestato più di duemila sospetti jihadisti.

I guadagni potenziali dal confrontoUn confronto statunitense con la Siria potrebbe favorire l’aumento dellacooperazione da parte dei Siriani sugli ambiti di tensione più significativi inIraq. Nello specifico Damasco potrebbe trovarsi indotta ad interrompere ulte-

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riormente il flusso di guerriglieri che va in Iraq, intraprendendo azioni piùdrastiche nei riguardi delle reti jihadiste che incanalano i combattenti attra-verso la Siria, imponendo richieste di visto per i viaggiatori provenienti dapaesi ad alto rischio come l’Arabia Saudita e migliorando il coordinamento trai Ministri degli Interni siriani e iracheni. In cambio gli Stati Uniti potrebberoaumentare gli aiuti finanziari per aiutare la comunità di rifugiati iracheni inSiria (oltre all’attuale programma di 5 milioni di dollari) e appoggiarsi aglialleati arabi ed europei affinché facciano lo stesso. In coordinamento con ivicini paesi arabi, gli Stati Uniti potrebbero anche dare assistenza nel ricollo-camento dei rifugiati. Inoltre potrebbero scegliere di facilitare i pattugliamen-ti di confine congiunti Iraq-Siria. In un altro settore, gli USA – come parte deiloro più ampi sforzi per la riconciliazione politica irachena – potrebbero cer-care l’aiuto siriano per raggiungere importanti obiettivi politici in Iraq, tramiteuna più frequente consultazione sull’Iraq con i Siriani e spronando Damasco afare qualcosa di più che interpretare il ruolo di mediatore tra le contrappostefazioni irachene.

L’IranSempre più costretti da una serie di interessi sovrapposti in Medio Oriente edalla loro comune antipatia per l’Occidente, la Siria e l’Iran hanno forgiatoun’alleanza duratura che ha preso il posto delle differenze fondamentali chedividevano i due paesi (come Arabi contro Persiani, i secolari contro i teocra-tici, la maggioranza sunnita contro gli Sciiti). La cooperazione tra i due paesiè aumentata in molti ambiti. Militarmente hanno firmato accordi di coopera-zione: si riporta che l’Iran abbia venduto missili alla Siria. Economicamente,l’investimento diretto iraniano in Siria è aumentato, raggiungendo negli ultimianni livelli record. Il Governo siriano stima la somma degli investimenti ira-niani diretti in 400 milioni di dollari solo nel 2006. Infatti a Damasco e nellealtre città principali, la presenza significativa dell’Iran è inconfondibile, in par-ticolare nella grossa quantità di automobili “made in Iran” che attraversano lestrade. Inoltre, funzionari Siriani e iraniani di recente hanno annunciato pianiper aumentare l’investimento iraniano e raggiungere i 10 miliardi di dollarinei prossimi cinque anni. Anche gli scambi culturali e la cooperazione sono increscita. Infatti la forza dell’alleanza rassicura sul fatto che questa relazionebilaterale non è semplicemente un tattico “matrimonio di convenienza”.L’alleanza siriana con l’Iran costituisce la principale fonte di attrito con gliStati Uniti. L’Amministrazione Bush ha fortemente criticato, sia la Siria chel’Iran, per aver contribuito all’instabilità della regione e in particolare per averrivestito un ruolo destabilizzante in ognuno dei tre conflitti regionali: Iraq,Libano e Israele/Palestina. Comunque Damasco ha risposto, alle pressioniamericane e ai tentativi di isolarla, avvicinandosi a Teheran – in qualchemodo trasformando le accuse americane di un fronte Siria-Iran in una profe-zia che si autoavvera.

I guadagni potenziali dal confrontoDiversamente dalla questione irachena, è meno probabile che un dialogo conla Siria sull’Iran ottenga vantaggi immediati, concreti, anzi potrebbe sfociarein una modifica dell’ottica mondiale della Siria a lungo andare. Data la profon-dità dell’alleanza siriana con l’Iran, è poco probabile che gli sforzi americani diallontanare i due alleati abbiano successo. Comunque, gli interessi nazionalisiriani non coincidono completamente con quelli dell’Iran. Primo, i legamidella Siria con l’Iran la mettono in disaccordo con i suoi alleati arabi, danneg-

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giando così le sue credenziali arabe nazionaliste. Secondo, a differenzadell’Iran, la Siria cerca di coinvolgere Israele e, ad esempio, ha accettato l’in-vito americano di partecipare alla conferenza di Annapolis, con grande disap-punto di Teheran. Terzo, anche in Iraq gli interessi siriani potrebbero, sullungo periodo, divergere da quelli iraniani quando l’eventuale ritiro degliAmericani potrebbe trasformare l’Iraq in un terreno di scontro fra Iran eSiria, piuttosto che di cooperazione. Nel tempo, il confronto statunitense con la Siria su una serie di questionipotrebbe stimolare i diversi interessi Siriani con l’Iran a spostarsi verso unamaggiore convergenza con gli Stati Uniti, potenzialmente riorientando la Siriaa riavvicinarsi all’Occidente. Non necessariamente i benefici sarebbero misu-rabili e immediati, ma rispecchierebbero piuttosto un cambio di prospettiva edirezione per la Siria. Inoltre è probabile che questi benefici si ottengano inconseguenza di un fruttifero confronto con i Siriani su altre questioni (adesempio l’Iraq, Israele…). In particolare, l’attitudine a una risoluzione pacificadel conflitto con Israele, probabilmente, avrebbe come conseguenza unapresa di distanze della Siria dal suo alleato iraniano, eliminando una questio-ne chiave dall’agenda anti-occidentale che questi due stati condividono – ilconflitto con Israele. Come minimo il confronto complicherebbe l’asse Siria-Iran-Hezbollah, che si è rafforzato di fronte ai tentativi degli Stati Uniti di iso-lare il regime Assad. Mentre Damasco è improbabile abbandoni del tutto lasua alleanza con Teheran, potrebbe rendersi utile come importante tramite,forse aiutando a stemperare gli attriti tra gli USA e l’Iran. Infatti, l’attualeorientamento anti-occidentale della Siria non è per sempre scontato. In unpassato nemmeno troppo lontano, la Siria ha preso parte alla coalizione, con-dotta dagli Stati Uniti, che ha sconfitto Saddam nella Prima guerra del Golfo.Damasco ha anche partecipato alla conferenza di pace di Madrid nel 1991 e,in quanto parte del processo di pace di Oslo, nel corso di tutti gli anni novan-ta ha negoziato con Israele. Una politica di dialogo che fornisca appropriatiincentivi diplomatici alla Siria e conferisca a Damasco un nuovo ruolo medio-rientale, potrebbe ancora una volta spingere Damasco a virare versol’Occidente.

Il LibanoGli interessi Siriani in Libano sono sia complessi che profondamente radicati.Mentre la sopravvivenza del regime è la prima priorità della Siria, preservare isuoi interessi in Libano è in pratica la seconda, a distanza ravvicinata.Damasco si è per molto tempo intromessa nelle questioni libanesi ed è impu-tata sia di omicidi politici, come quello di Hariri, che di violenze. Il Libanoriveste anche un significato strategico in quanto ventre molle della Siria erotta d’invasione potenziale. Prima del ritiro militare siriano del 2005,Damasco era l’interlocutore principale in Libano. Nonostante la Siria nongoverni più il Libano con i suoi diktat virtuali, i suoi legami politici, economicie sociali, costituiscono un’ampia rete di influenza.L’alleanza di lungo corso che la Siria ed Hezbollah hanno stipulato, è significa-tivamente evoluta nel tempo, più ampiamente riflettendo il flusso e riflussodella proiezione del potere siriano in Libano. Nel corso della totale domina-zione della Siria in Libano negli anni novanta, Hezbollah ha agito propriocome un partner minore nelle relazioni strategiche. Oggi, a seguito del ritiromilitare della Siria e dell’ascesa di Hezbollah in Libano, l’alleanza somiglia dipiù ad un rapporto alla pari. Hezbollah si appoggia alla Siria per il trasferi-mento navale di armi dall’Iran, mentre la Siria dipende da Hezbollah per

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TEgarantire che i suoi interessi siano protetti. Il forte potere politico di

Hezbollah in Libano, assicurato dall’accordo di Doha del maggio 2008, forniràprobabilmente a Damasco un’ulteriore garanzia che i suoi imperativi strategi-ci saranno salvaguardati.Il ruolo destabilizzante della Siria in Libano – in particolare il suo sostegno adHezbollah e le sue intromissioni negli affari libanesi – costituiscono una sor-gente critica di tensioni con gli Stati Uniti. Gli USA hanno specificatamentechiesto alla Siria di rispettare le risoluzioni Onu 1559 e 1701, che chiedono ildisarmo di Hezbollah, l’interruzione delle intromissioni esterne in Libano e ladefinizione formale dei confini tra Libano e Siria. L’America inoltre è stata ilprincipale sponsor della risoluzione 1557 che istituisce un Tribunale Specialechiamato a giudicare i sospetti colpevoli dell’assassinio Hariri. Nonostante il resoconto Onu, nel quale si affermache la Siria ha fornito un livello di cooperazione“generalmente soddisfacente” alla CommissioneInvestigativa Indipendente Onu, UNIIC, Damascoha fermamente rifiutato di collaborare in altrequestioni importanti che sono fonte di preoccupa-zione. In particolare i Siriani si oppongono alTribunale Speciale che considerano una minacciaal regime. I procedimenti del Tribunale, cha hasede in Olanda – il cui inizio è atteso per fine esta-te o in autunno – potrebbero colpire al cuore lacricca di governo, se fossero accusati MaherAssad o Asef Shakwat, si è comunque in disaccor-do su quanto il colpo possa essere fatale al regi-me. Nel suo primo resoconto al Consiglio diSicurezza Onu (decimo nel totale), DanielBellemare, Pubblico Ministero fresco di nomina,ha scritto che le prove acquisite nell’investigazio-ne in corso portavano ad una “rete criminale”,definita la rete Hariri, che è stata nel posto primadell’assassinio e che può essere collegata ad altrisuccessivi omicidi in Libano. Nel contempo, lerelazioni siriane con Hezbollah sono il principalevettore dell’influenza siriana in Libano e un pernonella sua alleanza con l’Iran. In conclusione laSiria continua a rifiutarsi di scegliere la stradadella normalizzazione dei suoi rapporti con il Libano, ad esempio delineando iconfini o istituendo ambasciate nei rispettivi paesi. Gli USA e la Siria hanno pochi interessi convergenti in Libano, forse nessuno.Infatti il Libano rappresenta forse la questione maggiormente insolubile, cheincrina i rapporti degli Stati Uniti con la Siria. Per il regime siriano, proteg-gersi dalle minacce esterne (il Tribunale Speciale) e preservare i propri stori-ci interessi strategici in Libano sono priorità al massimo livello. Dalla posizio-ne vantaggiosa degli Stati Uniti, negoziare in assenza della sovranità libaneseo lasciare i killers di Hariri liberi di andarsene, sono proposte senza senso. Lasfida dunque è come muoversi per superare il virtuale isolamento dei Siriani(ad esempio negli occasionali meeting sull’Iraq) senza compromettere i prin-cipi violati dal ruolo siriano in Libano. Come ha notato un funzionariodell’Amministrazione «non vogliamo trattare con la Siria a spese del Libano. IlLibano non è sul tavolo».

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I guadagni potenziali dal confrontoDato l’attuale abisso che intercorre tra gli interessi siriani e quelli americaniin Libano, il confronto con la Siria in Libano sarà necessariamente difficoltosoe irto di ostacoli; il Tribunale Speciale Onu e le continue intromissioni dellaSiria nelle politiche libanesi sono forse i due scogli critici. Un’altra questioneimportante, anche se intimamente collegata con il conflitto fra Libano eIsraele e alle politiche interne libanesi oltre a queste, è il disarmo diHezbollah. Anche se il confronto americano con la Siria sul Libano è questio-ne fra le più spinose, svolgerlo con successo potrebbe fruttare enormi guada-gni: una normale e salutare relazione tra Siria e Libano garantita da normeinternazionali, che ad entrambi i paesi possa fruttare importanti beneficisociali, economici e politici. La normalizzazione dei rapporti Siria-Libano, suqueste linee, potrebbe apportare un significativo contributo alla stabilitàregionale.Gli Stati Uniti devono chiarire bene che non sacrificheranno la sovranità liba-nese nel nome di una politica di dialogo con la Siria, ma gli sforzi di stabilizza-re il Libano è più probabile abbiano successo se la Siria, fra i principali stake-holders, è coinvolta nelle discussioni. Infatti senza l’inclusione della Siria èsemplicemente impossibile individuare una soluzione duratura ai problemi disicurezza e stabilità che affliggono il Libano. In questo è istruttivo l’accordo diTaif, del 1989, che ha spianato la strada alla fine della guerra civile in Libano.L’accordo stabilisce che «in nessuna circostanza al Libano è permesso costi-tuire una minaccia per la sicurezza siriana e alla Siria non è in alcun modopermesso costituire una fonte di minaccia per il Libano. Di conseguenza ilLibano non dovrebbe permettere che i suoi territori diventino un accesso ouna base per qualsiasi forza, nazione od organizzazione, che cerchi di destabi-lizzare la sua sicurezza o quella della Siria. La Siria che è avida dell’indipen-denza dell’unità e della sicurezza libanese e dell’armonia fra i suoi abitantinon dovrebbe permettere alcuna azione che costituisca una minaccia per la

sicurezza, la sovranità e l’indipendenza libanese». Da ultimo, gli interessi di lunga data sirianiin Libano devono venire riconosciuti, ben-ché tale riconoscimento non si debba tra-durre in un indebolimento della sovranitàlibanese. Infatti, quando isolata e ignorata, laSiria non ha esitato a fare lo spoiler inLibano, spesso esercitando un’influenzadestabilizzante. Al contrario, una consulta-zione preventiva sul Libano con la Siriapotrebbe evitare che il Libano scivoli nellaviolenza. Gli Stati Uniti dovrebbero indivi-duare una soluzione intermedia che rispettila sovranità libanese e riconosca gli interessiSiriani in Libano come specificato dall’accor-do di Taif del 1989. La scelta perWashington non deve necessariamente esse-re tra sacrificare il Libano e isolare il regimeAssad. Raggiungere una soluzione interme-dia sarà difficile, ma sarà anche possibileottenerne risultati stabili. Nel breve periodo,gli USA così come la Francia, l’Italia e laSpagna, dovrebbero lavorare con i Siriani e

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TEgli altri per assicurare il successo del compromesso politico del Libano, otte-

nuto con l’aiuto del Qatar, tra la coalizione al governo il 14 marzo e l’opposi-zione guidata da Hezbollah. L’accordo – negoziato a seguito del peggior scop-pio di violenza in Libano dopo la guerra civile – ha portato all’elezione delgenerale Michael Suleiman, ex capo dell’esercito, come nuovo presidente delLibano. L’accordo dà a Hezbollah anche diritto di veto, vecchia richiesta dellamilizia sciita e istituisce una nuova legge elettorale per le elezioni parlamen-tari del maggio 2009.Mentre ancora non sono chiare le implicazioni a lungo termine dell’accordo,la volontà della Siria di lavorare con gli Stati Uniti e i loro alleati europei perassicurarsi che il Libano non ricada in un’instabilità paralizzante, servirebbecome strumento di misura importante per capire le intenzioni che ha la Siriacon il Libano. In particolare l’uso della violenza da parte dei Siriani in Libano,per regolare i conti politici o assicurarsi influenza in seno al parlamento del2009, non dovrebbe essere tollerato. Mentre ci si può aspettare che Damascopersegua i suoi interessi in Libano attraverso i suoi diversi delegati e permezzo degli accordi sottobanco che caratterizzano le politiche libanesi, leprove schiaccianti del coinvolgimento siriano nei continui omicidi e in altreviolenze – attualmente sotto inchiesta da parte della commissione Onu –dovrebbero incontrare una risposta dura e multilaterale che includa la possi-bilità di sanzioni internazionali. Anche il Tribunale Speciale è un’altra questione critica che deve essere valu-tata. Gli Stati Uniti devono continuare a dar sostegno al Tribunale Specialebenché debba essere chiarito fermamente che questa è un’iniziativa legale sumandato Onu, e non un regolamento di conti americano o un tentativo dicambio di regime. Infatti, mentre il Tribunale deve continuare a impersonareun ruolo centrale nel cercare una compensazione per l’omicidio Hariri,Washington deve chiarire che non cercherà di manipolare il processo e sfrut-tarlo come cavallo di troia per un cambio di regime in Siria. Il Ministro dellaGiustizia libanese Charles Rizk ha ripetuto questa distinzione: «danneggereb-be il Tribunale considerarlo uno strumento politico. Il tribunale non è unostrumento politico diretto a questo o quel regime. È un istituzione legale ilcui unico ruolo è quello di rendere giustizia e punire i colpevoli. Non dovrem-mo esagerare e distorcere la sua natura». Di sicuro, se venissero accusati importanti funzionari siriani e il loro paesesi rifiutasse di cooperare, le prospettive di un confronto diminuirebbero dimolto. Infatti, il rifiuto della Siria, di consegnare i presunti colpevoli, proba-bilmente fungerebbe da linea rossa in grado di bloccare un dialogo continuofino a che i Siriani non obbediscono al Tribunale Speciale. Sarebbe incredi-bilmente difficile giustificare un coinvolgimento USA con Damasco, se deifunzionari ad alto livello del Governo siriano fossero sotto imputazione daparte di un Tribunale a mandato Onu. Secondo lo stesso criterio, gli USAdevono voler proseguire col dialogo se Damasco consegna tutti i Sirianiimplicati nel caso. Nel lungo periodo il dialogo con i Siriani sul Libano potrebbe aprire la stradaper la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi, sciogliendo alla fine ilnodo gordiano delle relazioni anormali tra Siria e Libano. Comunque questediscussioni sarebbero complicate e difficoltose e solo con l’impegno dientrambe le parti potrebbe venir raggiunto un accordo sostenibile. Inoltre,dato che la questione Siria-Libano è solo parte di una più ampia rete adincastro di preoccupazioni per la sicurezza, tali negoziati, con tutta probabi-lità, necessiteranno di essere parte di discussioni globali sulla sicurezza

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regionale che devono includere discussioni Siria-Israele e Libano-Israele.Mentre un confronto con la Siria non può garantire il successo in nessuna diqueste due, dichiaratamente ambiziose, imprese, aprire comunque i colloquicon la Siria su queste questioni costituisce un primo critico passo.

Il processo di pace arabo-israelianoDalla firma dell’accordo di disimpegno a mediazione statunitense del 1974, lafrontiera tra Siria e Israele è stata relativamente calma. Le Alture del Golancontinuano ad essere occupate da Israele e un presidio Onu è stanziatolungo una ristretta zona cuscinetto demilitarizzata. Nonostante un confinetranquillo, questo conflitto irrisolto ha costi diversi. L’esternalità negativadello stallo Siria-Israele comporta instabilità e violenze di confine in Libano,così come il continuo sostegno siriano a Hezbollah e ai gruppi negazionistipalestinesi. I resoconti sull’accumulo siriano di armi, il bombardamento israe-liano, nel 2007, di una sospetta installazione nucleare siriana, la ricorrentepaura di una guerra, suggeriscono che un rischio serio sul lungo periodo esi-ste anche con un confine calmo. Consci del costo di una continua situazionedi stallo, di recente Israele e la Siria hanno rivelato di aver intrapreso, sin dalfebbraio del 2007, colloqui indiretti aiutati dalla mediazione turca. I negoziatiagiscono come un’opportunità strategica per Washington: senza un accordodi pace negoziato tra Siria e Israele, il vecchio obiettivo americano di unapace globale tra Arabi e Israeliani rimarrà fuori portata. Entrambe le partiaffermano che solo con la mediazione americana potrà esserci un successodei negoziati. Agli Stati Uniti sarebbe veramente utile cercare un ruolo più diretto neinegoziati attuali tra Siria e Israele. Infatti impegnandosi più direttamentesulla traccia israelo-siriana gli Stati Uniti potrebbero sfruttare il loro ascen-dente su Israele per assicurarsi che le discussioni di pace non comportinouna svendita degli interessi americani in Libano. A dispetto dei Palestinesi, Israeliani e Siriani sono arrivati tremendamentevicini a un accordo. C’è poca disputa sul contorno ampio degli accordi nego-ziati, incluse le previsioni per la normalizzazione e la sicurezza. Solo l’assenzadi un volere politico e altre poche rimanenti questioni sulla demarcazione deiconfini, dividono le parti. Comunque per sette anni non ci sono stati negozia-ti e, prima della conferenza di Annapolis, gli USA hanno attivamente scorag-giato Israele dal perseguire un’apertura nei confronti dei Siriani. Per la Siria, il ritorno nel Golan è una priorità nazionale. Benché politicamen-te, strategicamente e economicamente meno importante del Libano, la que-stione del Golan ha un peso sostanziale nelle politiche siriane. Ciò detto, c’èmeno chiarezza sulle priorità del regime Assad. Secondo una teoria, il regimecerca disperatamente un accordo con Israele in modo che il ritorno delGolan dia legittimazione a quello che è diventato sempre più un regime cheha una base di sostegno ristretta. Secondo questa tesi, Bashar, raggiungendoquello che nemmeno suo padre ha potuto, rafforzerebbe il suo ruolo.Importanti personaggi di regime hanno ripetutamente espresso agli autori ilforte desiderio della Siria di raggiungere un accordo con Israele. Ma una teoria alternativa suggerisce che il conflitto irrisolto con Israele e lacontinua occupazione israeliana del Golan siano sfruttate come scusa di con-venienza dal regime Assad, dando alla cricca di governo più possibilità dimantenere una stretta di ferro all’interno e tenere alte le spese militari. Ladura retorica che Assad impiega contro Israele quando parla a un pubblicosiriano o arabo, come nel suo discorso alla fine della guerra Israele-Hezbollah

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nell’estate del 2006 nella quale chiese la liberazione del Golan, è citata comeprova ulteriore del disinteresse siriano nei negoziati. Entrambe le teorie for-niscono un qualche margine di speculazione poiché l’impenetrabilità del regi-me lascia molte domande senza risposta. Alimentata da un profondo scetticismo sulle intenzioni siriane rispetto aIsraele e dalla disapprovazione delle azioni siriane in Libano e Iraq,l’Amministrazione Bush ha definito le discussioni di pace israelo-siriane con-trarie ai suoi interessi. Data la politica d’isolamento e di sanzioni del Governosiriano, che ha raggiunto un picco febbrile nei mesi immediatamente succes-sivi all’assassinio di Hariri, Washington, secondo quanto si dice, ha scoraggia-to Israele dall’intraprendere qualsiasi passo verso la riesumazione dei nego-ziati di pace. Al contrario, la leadership israeliana si è decisamente mossaverso un dialogo con la Siria – anche nei momenti successivi al raid israelia-no del settembre 2007. Il Primo Ministro Ehud Olmert, politicamente debolee nel probabile tentativo di distogliere l’attenzione dai suoi problemi legali,sembra deciso a correre dei rischi per raggiungere la pace con la Siria.Inoltre potrebbe attingere dal forte sostegno all’interno dell’establishment disicurezza israeliano per un accordo sul Golan. Il dibattito all’interno dell’esta-blishment di sicurezza e politica estera israeliano è stato intenso e ampio, piùche negli Stati Uniti.

I guadagni potenziali dal confrontoUn approccio opportunistico americano, volto a testare le intenzioni dellaSiria, sarebbe più in linea con gli imperativi strategici che Washington affron-ta. Con il governo israeliano attualmente impegnato nell’inizio dei negoziatidella Siria, il sostegno attivo di Washington è vitale per il successo. I Sirianihanno dato dei segnali chiedendo un ruolo statunitense diretto per far sì chei negoziati proseguano. Qui il coinvolgimento USA è questione critica.Inoltre, l’esempio di Siriani e Israeliani che siedono assieme al tavolo deinegoziati potrebbe avere un potente effetto dimostrativo nella regione –sostenendo il processo di Annapolis, e possibilmente anche incoraggiando ipalestinesi a risolvere i loro conflitti interni. Inoltre, il semplice processo ditrattare con la Siria e testare le sue intenzioni su Israele creerà delle pressio-ni nell’ambiente negazionista e metterà l’Iran sulla difensiva.

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Governance e diritti umaniIl confronto con la Siria non dovrebbe avvenire a spese della promozione deidiritti umani e della società civile del paese. La situazione dei diritti umani èin continuo declino e sembra che la corruzione sia in aumento. Come conl’Iran, il Dipartimento di Stato ha istituito un fondo per la promozione dellademocrazia in Siria attraverso la MEPI, Middle East Partnership Initiative. Siconoscono pochi dettagli noti su come il fondo, che ammonta a 5 milioni didollari – annunciato nel 2006 – venga usato. Comunque, il sostegno america-no ad alcuni dissidenti e riformatori Siriani sembra aver condotto solo alladetenzione certa e a sentenze più dure. Siccome il dialogo diretto del governo USA con i riformatori Siriani è un argo-mento sensibile, se fosse non governativo offrirebbe una migliore opportunitàal successo. Nello specifico, i programmi di scambio – sia siriani verso gliStati Uniti che viceversa – dovrebbero essere ampliati e incoraggiati. Questiprogrammi dovrebbero interessare tutti gli ambiti della società civile, ma spe-cialmente focalizzarsi sull’istruzione, sui media e sul settore del business pri-vato, che potrebbero fornire le maggiori possibilità di successo. Istituire pro-grammi di partnership tra ONG americane e le loro controparti siriane, inparticolare nell’ambito della difesa dei diritti umani e della lotta alla corruzio-ne, potrebbe costituire un primo passo importante. Dal punto di vista statuni-tense tali cambiamenti potrebbero migliorare significativamente la capacità diquesti attori di indurre un cambiamento. Da parte sua Damasco probabilmen-te considererebbe questi scambi come mezzo importante per uscire dall’isola-mento internazionale. Le debolezze interne al regime – in particolare le riforme economiche e lacorruzione – non sono state al centro degli sforzi americani ma potrebberorisultare fruttifere e meritare futura attenzione e sostegno. Impegnare iSiriani sulle riforme economiche verrebbe considerato un incentivo impor-tante dal punto di vista siriano e potrebbe essere potenzialmente in grado difornire un importante strumento di influenza ai politici statunitensi. Inoltre,in numerose discussioni i riformatori Siriani hanno manifestato tutta la loroprofonda frustrazione per il fallimento delle pressioni esterne nell’affrontarela corruzione che dilaga in Siria. Infatti, i riformatori – siano essi uominid’affari importanti o mem-bri della società civile –hanno espresso la forte spe-ranza che gli Stati Uniti egli altri protagonisti svilup-pino strumenti più efficaciper esercitare pressioni suDamasco sui problemi chehanno conseguenze sulSiriano medio e non limiti-no l’agenda al terrorismo eagli interessi regionali. La richiesta siriana di acces-so al WTO, World TradeOrganization, può fornire unimportante terreno dicooperazione. Il Governosiriano ha a lungo desidera-to ottenere la membership,

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Bashar al-Assad

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TEma deve ancora adempiere pienamente ai requisiti richiesti per l’entrata. Dal

punto di vista americano la rete di corruzione e riforme economiche potrebbeessere affrontata con più chiarezza attraverso la richiesta della Siria di entra-re in seno al WTO – condizione alla quale l’Amministrazione Bush attualmen-te si oppone. Al contrario gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare (ed even-tualmente assistere) il Governo siriano nel processo di membership in quantostrumento di pressione per la richiesta di riforme e trasparenza maggiori –requisiti necessari per appartenere a pieno titolo all’organizzazione. Damascopotrebbe benissimo fallire la prova, ma l’America ha poco da perdere nel cer-care di smascherarla. Alla fine gli USA potrebbero incoraggiare i loro alleati europei a dare unanuova spinta all’Association Agreement della Siria con l’Unione europea cheè in attesa di approvazione. L’accordo è stato siglato ma, a seguito dell’as-sassinio di Hariri, congelato quasi definitivamente. Mentre l’accordo con-sentirebbe alla Siria un accesso potenzialmente vantaggioso ai mercatieuropei, fra le altre condizioni, richiederebbe nel contempo ai Siriani ilrispetto dei diritti umani e gli obblighi che la governance comporta.Naturalmente i Siriani avrebbero la necessità di cooperare su certe questio-ni in sospeso, come il Tribunale Speciale Onu, per permettere a questinegoziati di proseguire.

I guadagni potenziali dal confrontoL’attuale contesto di estraniazione e scontro limita fortemente l’influenza sta-tunitense sulle cupe condizioni della questione diritti umani in Siria. Nel con-tempo il confronto con Damasco non deve comportare per gli Stati Uniti l’ab-bandono del rispetto dei diritti umani e la lotta per le riforme. Al contrario,una maggiore interazione tra gli USA e la Siria può permettere un esameminuzioso della situazione politica in Siria e aumentare la possibilità di obiet-tare davanti ai maltrattamenti riservati agli oppositori di regime. Inoltre,senza la minaccia di un cambio di regime e con la prosecuzione del rafforza-mento dei legami con gli Stati Uniti in gioco, Damasco sarebbe più riluttantea contare sull’arresto e l’intimidazione degli attivisti dell’opposizione, in parti-colare se gli interlocutori americani mettessero ai primi posti della loro agen-da il rispetto dei diritti umani e i requisiti per una buona governance. A diffe-renza del caso libico, nel quale le richieste di diritti umani e buona governan-ce sembra abbiano abbandonato la speranza di ricevere risposte affermative,sarà essenziale tenere alta l’attenzione su tutto questo considerandolo parteintegrante di qualsiasi politica di confronto. Una collaborazione aiuterebbeanche a forgiare nuove alleanze tra le ONG siriane e le loro controparti occi-dentali cosa che potrebbe avere buoni effetti a lungo termine per il movimen-to di riforma.

SScceellttee ee rraaccccoommaannddaazziioonniiIl governo americano affronta due scelte fondamentali per quanto riguarda lasua politica verso la Siria: un isolamento continuo o un confronto serio. Delledue, il confronto è in grado di rivelarsi importante al fine di promuovere gliinteressi americani in regione. La politica isolazionista degli ultimi anni haraccolto pochi risultati, se non nessuno. Resta da vedere se un dialogo signifi-cativo con i Siriani riuscirebbe nei fatti a risolvere le questioni sospese.Comunque, un atto concreto di confronto potrebbe guadagnare un importan-te punto di vista interno e svelare possibilità mai esplorate prima. Mentre ilsuccesso non è assicurato in alcun modo, impegnarsi ad esplorare nuove pos-

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sibilità di compromesso costituisce un primo, critico, passo. Se i Siriani nonrispondessero in modo adeguato, gli Stati Uniti non potrebbero in alcunmodo essere colpevolizzati per aver, comunque, tentato e avere, di conse-guenza, scelto di perseguire una politica di isolamento più aggressiva. Avendointrapreso un serio tentativo di coinvolgere Damasco, nel caso in cui i lorosforzi per un dialogo fallissero, è probabile che gli Stati Uniti riceverebbero ilsostegno multilaterale all’isolamento della Siria, che potrebbe includere lesanzioni economiche. Ci sono uno o due approcci attraverso i quali potrebbe venire attuato il con-fronto americano con la Siria: (1) un impegno condizionale che costruisca edespanda i campi di cooperazione, questione dopo questione, in risposta adappropriate risposte siriane; o (2) un approccio da mercante, alla corea delNord o Libia, nel quale vengano messe tutte le questioni sul tavolo per rag-giungere una risoluzione complessiva. Queste due opzioni giacciono lungo uncontinuum che spazia dal rischio zero/zero benefici, all’opzione più difficile eambiziosa, il coinvolgimento in negoziati ad ampio spettro che, nel caso in cuiottengano il successo sperato, riuscirebbe a raccogliere i frutti più succosi.- Impegno condizionale. Questa opzione cercherebbe di creare la spinta perun confronto più ampio da praticare su due fronti: l’Iraq e il processo dipace. Le politiche comporterebbero necessariamente una serie di profondicambiamenti e aiuterebbero a mappare le possibilità di ampliare le discus-sioni condizionate alle intenzioni siriane e alle risposte alle iniziative ameri-cane. La possibilità di ampliare le discussioni dovrebbe essere chiarita agliinterlocutori Siriani, ma questi negoziati rafforzati sarebbero condizionatiad un’appropriata risposta siriana. Un coinvolgimento condizionale compor-terebbe un‘interazione sostenuta, caratterizzata da una serie di discussionidiplomatiche su questioni distinte. Gli incontri sarebbero bilaterali e intra-presi idealmente fuori dai riflettori pubblici. Se si venisse a creare un sensoreciproco di fiducia e sicurezza, il dialogo si estenderebbe gradualmente adincludere questioni ulteriori di interesse comune. Questo tipo di coinvolgi-mento prevederebbe incontri e misure politiche concrete e addiritturapotrebbe far considerare il ritorno dell’ambasciatore statunitense aDamasco.

- Negoziati da mercante. Questa è l’opzione più ambiziosa nel tentativo dirisolvere tutte le questioni sospese con la Siria – inclusi l’Iraq, Israele, ilLibano, e l’Iran – e sul sostegno al terrorismo e la prolificazione delle armidi distruzione di massa. Un atteggiamento da mercante nei negoziati sfrut-terebbe i potenziali collegamenti tra le varie questioni sospese e richiede-rebbe il sostegno e il coordinamento degli importanti attori arabi ed euro-pei, per il raggiungimento di un accordo complessivo. Questi negoziati,multidisciplinari per definizione, probabilmente farebbero parte dei piùampi negoziati di pace in Medio Oriente che cercano di risolvere il conflittotra Israele, Siria, Libano e gli altri stati arabi. Questa opzione, ambiziosa erischiosa, comporterebbe un confronto significativo ai più alti livelli gover-nativi. Richiederebbe un considerevole impiego di capitale umano e soprat-tutto finanziario.

Nonostante i frutti di un negoziato “grand bargain” possano essere significati-vi, questa, ad oggi, non è un’opzione praticabile. I collegamenti geostrategicicoinvolti da questa riforma sono molto complessi e probabilmente sfocereb-bero in un “sovraccarico di sistema” diplomatico. Ad esempio, è improbabileche Damasco rinunci alla sua lunga alleanza con l’Iran. Inoltre è facile che le

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TEdiscussioni possano essere sovvertite o sabotate da attori esterni che si

oppongono alla risoluzione di ognuno dei conflitti sottoposti a negoziato. Adifferenza del riavvicinamento tra USA e Libia, mercanteggiare con la Siriarichiederebbe la risoluzione simultanea di molteplici conflitti regionali. Invece, un approccio condizionato – che sfrutti il progressi fatti sull’Iraq e sulprocesso di pace – nelle attuali circostanze, emerge come migliore opzione eè in grado di raccogliere il massimo sostegno tra gli alleati degli Stati Uniti.Colloqui diplomatici diretti, facilitati dalla riapertura dell’ambasciata statuni-tense a Damasco, costituirebbero il primo passo di questa strategia. Per faredei progressi, il dialogo con la Siria non dovrebbe consistere nel semplicedettare americano di una serie di regole alla Siria – un tipo di approccio, que-sto, ripetutamente fallito. Piuttosto, l’approccio USA dovrebbe cercare unoscambio genuino con Damasco. Una serie di misure simboliche di confidencebuilding potrebbe dare alla Siria il segnale che gli Stati Uniti considerano ilconfronto cosa seria. Inoltre, per il ritorno a Damasco dell’ambasciatore sta-tunitense, gli USA potrebbero facilitare la domanda siriana di membershipWTO e nel contempo cercare di ottenere l’approvazione siriana sul ritornodelle ONG americane, come AMIDEAST. Gli USA potrebbero anche incorag-giare l’Ue a riesumare l’Association Agreement con la Siria, in sospeso dal2005. Impegnarsi per la pace, sia irachena che arabo-israeliana, servirebbe comepunto di partenza ideale. In merito all’Iraq, in aree nevralgiche dove USA eSiria sono in grado di collaborare, gli USA dovrebbero anche volere discutereuna serie di argomenti, inclusa la questione dei rifugiati iracheni, la sicurezzadei confini e la situazione politica in Iraq. Ad esempio i Siriani potrebberoessere d’accordo di implementare le misure attuate per interrompere il flussodi armi e ribelli, includendo controlli più restrittivi alle frontiere e restrizioniin materia di visti all’aeroporto di Damasco, in cambio di un aiuto americanosignificativo che dia sostegno ai rifugiati iracheni in Siria. Mentre, nel 2007,gli Stati Uniti hanno fornito circa 125 milioni di dollari di aiuti ai rifugiati ira-cheni, l’Onu e le altre agenzie stimano che il peso finanziario, per la Siria, del-

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l’asilo ai rifugiati iracheni, si possa concretizzare in almeno un miliardo di dol-lari annui di spesa. Gli USA potrebbero anche considerare il sostegno ad unpattugliamento congiunto Siria-Iraq – possibilmente con periodici resoconti alConsiglio di Sicurezza Onu – lungo i loro confini comuni. La riapertura dellapipeline Kirkuk-Baniyas, che trasporta il petrolio iracheno al Mediterraneocon un buon rapporto costo-ricavi, potrebbe essere un incentivo aggiunto aservizio degli interessi iracheni, siriani e statunitensi. Nello stesso tempo in cui Washington apre le discussioni sull’Iraq con i Sirianidovrebbe anche sostenere e cercare un ruolo diretto nei rinnovati colloqui dipace Siria-Israele, sia attuando misure di confidence building, in modo da ras-sicurare Damasco sulla serietà di Washington nel dialogo, che proponendouna nuova serie di questioni su cui negoziare. Gli USA dovrebbero promuove-re il dialogo continuo tra Siria e Israele e aiutare nelle mediazioni dei negozia-ti tra i due paesi. Inoltre dovrebbero cercare di sfruttare il loro ruolo in uneventuale accordo di pace tra Israele e la Siria (e nel necessario capitaleumano e finanziario significativo) per ottenere una piena cooperazione siria-na in Iraq. Infatti la spinta risultante da un’interazione di elementi vincenti e concreti, èla dinamica che muove un impegno condizionale. In questa logica, progredirein un campo comporterebbe l’apertura di altre aree di confronto. Un progres-so sulla strada dei negoziati tra Israele e Palestina potrebbe fornire unabuona trazione e una spinta per affrontare altre, questioni spinose, come adesempio il ruolo siriano in Libano. Per questo gli Stati Uniti devono fornire unforte sostegno all’accordo di Doha del maggio 2008 e aiutare le opposte fazio-ni libanesi a cercare un consenso comune su uno stabile accordo politicocirca le questioni sospese. Allo stesso tempo, i termini per un impegno condi-zionale devono anche includere delle linee rosse, delle possibilità che si veri-fichi un evento che interrompa il dialogo. Gli USA devono essere chiari con laSiria e spiegarle bene che il suo rifiuto a cooperare, nel caso in cui dei Siriani

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TEvenissero accusati dal Tribunale patrocinato dall’Onu, verrebbe ritenuto una

di queste linee rosse. Anche paventare una minaccia credibile d’isolamentointernazionale e includere potenziali sanzioni multilaterali contro la Siria,potrebbe essere importante. Avendo fatto un tentativo genuino di coinvolge-re i Siriani, una mossa americana atta a isolare Damasco, di fronte all’intransi-genza siriana, troverebbe vasto sostegno da parte degli alleati. In conclusione, perché un impegno condizionale funzioni, gli Stati Uniti devo-no fornire a Damasco garanzie sicure sul fatto che il loro non è un tentativodi allontanare completamente il regime dal potere. L’ambiguitàdell’Amministrazione Bush su questa questione – nei mesi immediatamentesuccessivi all’invasione irachena, un numero di funzionari di Bush ha inaspri-to la retorica suggerendo che la Siria fosse matura per un cambio di regime –potrebbe aver minato alla base il suo tentativo di ottenere un cambio di com-portamento. Nei dibattiti politici interni qualche funzionariodell’Amministrazione ha espresso a gran voce la necessità di una politica piùaggressiva volta a rovesciare il regime Assad. Se i Siriani fossero incerti suireali obiettivi americani, sarebbero in difficoltà nel fare concessioni che cre-dono possano portarli ad una sconfitta definitiva. Questo non vuole suggerireagli Stati Uniti di cessare il loro sostegno al processo istituito contro i sospet-tati dell’assassinio Hariri e di altri omicidi dal Tribunale Speciale. Come evi-denziato dal Ministro libanese della Giustizia, il Tribunale patrocinatodall’Onu dovrebbe procedere, ma non dovrà essere sfruttato o sbandieratocome strumento per un cambio di regime in Siria.

* Mona Yacoubian,consigliere speciale della “Muslim World Initiative” allo United States Instituteof Peace. Dal 1990 al 1998, analista sul Medio Oriente al Bureau ofIntelligence and Research del Dipartimento di Stato americano

* Scott Lasensky,co-autore con Daniel Kurtzer di “Negotiating Arab-Israeli Peace: Americanleadership in the Middle East”. Ex fellow al Council on Foreign Relations diNew York, ha insegnato alla Georgetown University

Tradotto e pubblicato con il permesso del Council on Foreign Relations,New York – USA, www.cfr.org

Le opinioni espresse in questo report non riflettono necessariamente quelledel Council on Foreign Relations ma esprimono solamente il giudizio dell’au-tore

(traduzione dall’inglese di Tessa Toffanello)

Foto di Giovanna Ferretto

La versione originale in inglese è a pagina 122

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