gestione dei sistemi complessi - diegm.uniud.it dei... · della complessità §Parte Seconda: I ......
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1/145A. F. De Toni – Università di Udine
Alberto F. De Toni
Università degli Studi di Udine
GESTIONE DEI GESTIONE DEI SISTEMI COMPLESSISISTEMI COMPLESSI
Prima partePrima parte
LUCIDI DELLE LEZIONI A.A. 2004-2005
2/145A. F. De Toni – Università di Udine
Libro di riferimento
3/145A. F. De Toni – Università di Udine
Sommario
§ Introduzione§ Parte Prima: Dalla scienza classica alla teoria
della complessitৠParte Seconda: I sette principi della teoria della
complessitৠParte Terza: Dal management tradizionale al
management della complessitৠParte Quarta: I sette principi della complessità
applicati al management§ Conclusioni
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Libri sulla complessità ad oggi
Contributo principaleStranieri (solo lingua originale)
Stranieri (tradotti in italiano)
Italiani
Scienze Ilya Prigogine e Isabelle Stengers La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza (1981)
16 15 4
FilosofiaEdgar Morin
Introduzione al pensiero complesso (1993)1 7 7
Economia Morris Mitchell Waldrop Complessità. Uomini e idee al confine tra ordine e caos (1996)
7 1 0
ManagementRichard Tanner Pascale
Il management di frontiera. Come le aziende più intelligenti usano conflitti e tensioni per diventare leader (1992)
23 19 22
InterdisciplinariAA. VV., a cura di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti
La sfida della complessità (1985)1 5 5
48 47 38
38 133
AR
GO
ME
NT
O P
RIN
CIP
AL
E
CONTRIBUTI
95TOTALI
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Centri di ricerca sulla complessitàUniversità
Anno di fondazione
Area scientifica privilegiata
Santa Fe (USA) 1984 studi interdisciplinari
Florida (USA) 1985 medicina
Los Alamos (USA) 1986 studi interdisciplinari
Urbana (USA) 1986 algoritmi genetici e vita artificiale
Londra (Gran Bretagna) 1991 caos
Dresda (Germania) 1993 fisica
Montreal (Canada) 1997 biologia e medicina
Copenaghen (Danimarca) 1998 caos
Pisa (Italia) 2001 matematica
Siena (Italia) 2001 studi interdisciplinari
CE
NT
RI
DI
RIC
ER
CA
SUL
LA
CO
MP
LE
SSIT
A'
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Struttura del corso
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
DECLINATA NEL MANAGEMENT
STATO DELL’ARTE
MODELLO PROPOSTO
PARTE SECONDA
I sette principi della teoria della complessità
PARTE TERZA
Dal management tradizionale al
management della complessità
PARTE QUARTA
I sette principi della complessità applicati
al management
PARTE PRIMA
Dalla scienza classica alla teoria della complessità
7/145A. F. De Toni – Università di Udine
PARTE PRIMA
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
DECLINATA NEL MANAGEMENT
STATO DELL’ARTE
MODELLO PROPOSTO
PARTE SECONDA
I sette principi della teoria della complessità
PARTE TERZA
Dal management tradizionale al
management della complessità
PARTE QUARTA
I sette principi della complessità applicati
al management
PARTE PRIMA
Dalla scienza classica alla teoria della complessità
8/145A. F. De Toni – Università di Udine
I sistemi complessi
Caratterizzati da:
q numerosi elementiq numerose interconnessioni
9/145A. F. De Toni – Università di Udine
I sistemi complessi adattativi
SISTEMA COMPLESSO
CONNESSIONI ELEMENTI
costituito da
molti diversi molte non-lineari
SISTEMA COMPLESSO
CONNESSIONI ELEMENTI
costituito da
molti diversi molte non-lineari
SISTEMA COMPLESSO
CONNESSIONI ELEMENTI
costituito da
molti diversi molte non-lineari
SISTEMA COMPLESSO
CONNESSIONI ELEMENTI
costituito da
molti diversi molte non-lineari
t
t0
Ø Rispetto ai sistemi complessi, i sistemi complessi adattativi evolvono nel tempo
10/145A. F. De Toni – Università di Udine
La scala dei problemi
poche molte moltissime
COMPLESSOlineari e
non-lineari
COMPLICATO
poche SEMPLICE
sistemico
1. V
AR
IAB
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3. C
AR
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TE
RIS
TIC
HE
DE
LL
E
REL
AZI
ON
I
lineari
4. APPROCCIO RISOLUTIVO
analitico
2. RELAZIONI
molte
11/145A. F. De Toni – Università di Udine
COMPLICATO COMPLESSO
Complicato versus complesso
EtimologiaEtimologia
ApproccioApproccio
organismoorganismomeccanismomeccanismo
spiegato nelle sue pieghespiegato nelle sue pieghe compreso nel suo insiemecompreso nel suo insieme
analiticoanalitico sinteticosintetico
cumcum plexumplexumcumcum plicumplicum
EsempiEsempi
SoluzioneSoluzione
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• Le imprese rimarranno imbrigliate? …ovvero saranno PREDE?
I sistemi complessi possono essere visti come…
…UNA GRANDE RAGNATELA…
• Le imprese sapranno sfruttare le opportunità che la ragnatela offre? …ovvero saranno RAGNI?
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Un percorso tra i giganti CLAUSIUS 1865 NEWTON 1686 1700 1800 1850 1900 1950
EINSTEIN 1905
FOURIER 1811
ONSAGER 1931
Termodinamica dell’equilibrio
TEORIA DELLA COMPLESSITA’
SCIENZA CLASSICA
Teoria della relatività
Termodinamica del non-equilibrio
DE BROGLIE HEISENBERG
1924-1925
Meccanica quantistica
PRIGOGINE 1967
Teoria dei sistemi
Cibernetica
Meteorologia
Teoria del caos
CLAUSIUS 1865
NEWTON 1686
1700 1950 1900 1850 1800
14/145A. F. De Toni – Università di Udine
La scienza classica
qsistemi in equilibrio qsistemi chiusiqdeterminismo
(demone di Laplace, 1795)
q linearitàqconservazione energiaqreversibilitàqordine
NEWTON (1686)
Ø INTRODUCE UN NUOVO MODO DI FARE SCIENZA
Ø INTRODUCE UN NUOVO MODO DI PENSARE
15/145A. F. De Toni – Università di Udine
La termodinamica
qsistemi in equilibrio (equazioni lineari)
qsistemi chiusiqdeterminismoq linearitàqconservazione energiaq irreversibilitàqdisordine (entropia)
Ø CONSIDERA IRREVERSIBILITÀ E DISORDINE
Ø LA SCIENZA CLASSICA SI RISCOPRE doxa ANZICHÉ episteme
CLAUSIUS (1865)
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La teoria della complessità
qequilibrio e non equilibrio (1-2)qsistemi aperti (3)qdeterminismo e caso (4-5)q linearità e non linearità (6-7)qreversibilità e irreversibilità (8-9)qordine e disordine (10-11)
Per capire meglio questi concetti vediamo cosa sono le biforcazioni…
PRIGOGINE (1953)
17/145A. F. De Toni – Università di Udine
Le biforcazioni
PUNTO DI DISCONTINUITÀ
SISTEMA APERTO (3)
- equilibrio (1)
- irreversibilità (9)- reversibilità (8)- non linearità (7)
- non equilibrio (2)
- linearità (6)- determinismo (4)
- disordine (11)
- caso (5)
- ordine (10)
18/145A. F. De Toni – Università di Udine
Biforcazioni successive
Nei sistemi complessi siamo in presenza di molte biforcazioni…
ØLA SCIENZA CLASSICA NON E’ CONSIDERATA SBAGLIATA, MA INSUFFICIENTE
19/145A. F. De Toni – Università di Udine
PARTE SECONDA
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
DECLINATA NEL MANAGEMENT
STATO DELL’ARTE
MODELLO PROPOSTO
PARTE SECONDA
I sette principi della teoria della complessità
PARTE TERZA
Dal management tradizionale al
management della complessità
PARTE QUARTA
I sette principi della complessità applicati
al management
PARTE PRIMA
Dalla scienza classica alla teoria della complessità
20/145A. F. De Toni – Università di Udine
I sette principi della teoria della complessità
1. Auto-organizzazione2. Orlo del caos3. Principio ologrammatico4. Impossibilità della previsione5. Potere delle connessioni6. Causalità circolare7. Apprendimento try&learn
21/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 1: auto-organizzazione
I sistemi aperti scambiano energia e materia con l’esterno. Contrapposta alla tendenza alla degradazione (entropia), vi è anche una tendenza all’organizzazione (neghentropia).
Caratteristiche:
q emergenza dal basso verso l’alto (Waldrop, 1987)
q effetto butterfly (Prigogine, 1981)
q cooperazione e competizione (Waldrop, 1987)
q comportamenti associativi e dissociativi (Gallino, 1985)
22/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’auto-organizzazione nei sistemi complessi
Il sistema auto-organizzatore S0 nell’ambiente A0
S0
A0
U0
L’auto-organizzazione è la comparsa spontanea di ordine, nuove strutture e nuove forme di comportamento in sistemi termodinamicamente aperti ma organizzativamente chiusi, lontani dall’equilibrio.
§Sistemi termodinamicamente aperti ma organizzativamentechiusi
§Comparsa spontanea di ordine e nuove strutture
23/145A. F. De Toni – Università di Udine
Da elementi differenziati a sistema integrato
ALTA (ordine)
SEMPLICITA' ORGANIZZATA
COMPLESSITA' ORGANIZZATA
BASSA (caos)
SEMPLICITA' CAOTICA
COMPLESSITA' CAOTICA
BASSA (semplice)
ALTA (complessa)
DIFFERENZIAZIONE
INT
EG
RA
ZIO
NE
AUTO-ORGANIZZAZIONE
Fonte: Gharajedaghi, 1999, p.93
24/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 2: orlo del caos
Automi cellulari
Vita
Computazione
Sistemi dinamici
Transizioni di fase
I passi che portano Langton (1996) a scoprire l’orlo del caos.
25/145A. F. De Toni – Università di Udine
Evoluzione e orlo del caosORDINE à TROPPO STATICO
DISORDINE à TROPPO CAOTICO
DIMOSTRAZIONI:
§ CRITICITÀ AUTO-ORGANIZZATA (Bak, 1987)
§ TEORIA DELLE CATASTROFI (Thom, 1980)
I sistemi complessi si situano in uno stato vitale al limite tra ordine e disordine, nétroppo statico né troppo caotico, altamente rischioso, sempre in delicato equilibrio tra creazione e distruzione.EVOLUZIONE ORLO DEL CAOS
26/145A. F. De Toni – Università di Udine
Al limite, tra ordine e disordine
Fonte: Battram, 1999, p.141
27/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’orlo del caos in termini matematici§ LEGGE DELL’ELEVAMENTO A POTENZA: la frequenza
media di una valanga di una certa dimensione è inversamente proporzionale a una qualche potenza della dimensione stessa. Matematicamente, tale legge dice che il numero N(S) delle valanghe di dimensione S è proporzionale alla potenza di S con esponente negativo -A. Detto in parole povere, si contano un numero elevato di piccole valanghe e un numero molto basso di grandi valanghe.
AD ESEMPIOAD ESEMPIOAD ESEMPIO
§ TERREMOTI
§ GUERRE
§ FENOMENI POLITICI, STORICI, SOCIALI
Legge di elevamento a potenza per i conflitti tra il 1820 e il 1945 (fonte: Axelrod e Cohen, 1999, p.105).
DIMENSIONE DELLA GUERRA NUMERO DI GUERRE
Circa 1.000 morti 188
Circa 10.000 morti 63
Circa 100.000 morti 24
Circa 1.000.000 morti 5
Circa 10.000.000 morti 2
28/145A. F. De Toni – Università di Udine
Implicazioni sul nostro modo di pensare
§ Dobbiamo accettare il disordine come necessario per la creazione§ Dobbiamo accettare la contemporanea presenza di
concetti inconciliabili (il gioco degli opposti è a somma non nulla)
Scienza classica
Complessità
Il gioco degli opposti (fonte: adattamento da Gharajedaghi, 1999, p.39).
ALTO lose - win win - win
BASSO lose - lose win - lose
BASSO ALTO
TENDENZA B
TE
ND
EN
ZA
A
29/145A. F. De Toni – Università di Udine
La cultura dell’AND
accettare ORDINE e DISORDINE
cultura dell’AND
accettare la CONTRADDIZIONE
DALLA CULTURA DELL’OR ALLA
CULTURA DELL’AND
DALLA CULTURA DELL’OR ALLA
CULTURA DELL’AND
«Quella complessità che significa la fine del “bianco o nero”, del “sei con me o contro di me”, “io sono nel vero e tu nel falso”, “angelo o dèmone”, “dannati o eletti”, “generalista o specialista”, “formazione o addestramento”. Che significa, in ultima analisi, in coincidenza con la fine della cultura dell’o, il principio della cultura dell’e.»(P.L.Amietta, 1991)
«Quella complessità che significa la fine del “bianco o nero”, del “sei con me o contro di me”, “io sono nel vero e tu nel falso”, “angelo o dèmone”, “dannati o eletti”, “generalista o specialista”, “formazione o addestramento”. Che significa, in ultima analisi, in coincidenza con la fine della cultura dell’o, il principio della cultura dell’e.»(P.L.Amietta, 1991)
30/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 3: principio ologrammatico
Da «holos» (intero) e «gramma» (trasferimento)(Gábor, 1947)
qrapporto stretto sistema/ambiente (Prigogine, 1981)
qla parte è nel tutto (Morin, 1990)
qil tutto è nella parte (Morin, 1990)
- esempio: le cellule staminali
31/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’ologramma della conoscenzaLa funzione della cognizione è di permettere all’agente di gestire la complessità ambientale.
Teoria di Santiago (Maturana e Varela, fine anni ’80): la realtà (il tutto) entra nella parte (noi stessi) mediante gli schemi mentali che noi costruiamo.Quindi noi siamo nella realtà, e la realtà è in noi tramite la rappresentazione interna che ci facciamo di essa.
32/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’ologramma della formaI frattali, oggetti creati al computer e soprattutto forme presenti in natura, presentano la caratteristica dell’auto-similarità. Considerando qualsiasi parte di un frattale, essa contiene tutta l’informazione del tutto. I frattali verificano in particolare due principi della teoria della complessità:
FRATTALI
PRINCIPIO OLOGRAMMATICO
AUTO-ORGANIZZAZIONE
33/145A. F. De Toni – Università di Udine
I frattali creati al computer
< FIOCCO DI KOCH
TAPPETO DI SIERPINSKY >
Fonte: Cammarata, 1999, pp.53-55
34/145A. F. De Toni – Università di Udine
La valle delle proboscidi
La valle delle proboscidi è il frattale più famoso (Mandelbrot, 1977)…
Zfuturo = Z2attuale+ costante
35/145A. F. De Toni – Università di Udine
I frattali in natura
Forme frattali in natura: Cauliflower Romanesco e onde sugli scogli (fonti: Mandelbrot, 1993, e Kaye, 1993).
La geometria frattale è la geometria del reale, dell’imperfetto, del complesso.La caratteristica fondamentale delle forme frattali in natura è che sono contemporaneamente riconoscibili e uniche.
• Determinismo globale
• Casualità locale
36/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 4: impossibilità della previsione
È impossibile prevedere con certezza quale sarà lo stato futuro di un sistema complesso, per quanto si possa invece prevedere in linea generale quale sarà la sua struttura.
Ordinato Caoticamente ordinato Disordinato
Stato prevedibile imprevedibile imprevedibile
Struttura prevedibile prevedibile imprevedibile
CA
RA
TT
ER
IST
ICH
E
SISTEMA
37/145A. F. De Toni – Università di Udine
La complessità prevede lo spazio delle possibilità
Ordinato Caoticamente ordinato Disordinato
Presente ordine orlo del caos disordine
Futuro prevedibile possibile imprevedibile
SISTEMA
TE
MPO
«Tutto è possibile, ma, forse, niente si realizzerà. Ma, inversamente, [...] tutto può essere. [...] Forse èl’incommensurabile riserva dell’Essere, il serbatoio inesauribile delle forze non impiegate e che nessun sogno ci vieta, ci può vietare di veder impiegate domani.» (Andrè Neher, 1977)
38/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’uomo e il rischio della previsione«La natura è così meravigliosamente complessa e varia che vi accade quasi tutto il possibile.Chi vuole risposte nette, definitive, globali ai problemi della vita non le cerchi nella natura.»(G.Bocchi, 1985)
«La natura è così meravigliosamente complessa e varia che vi accade quasi tutto il possibile.Chi vuole risposte nette, definitive, globali ai problemi della vita non le cerchi nella natura.»(G.Bocchi, 1985)
IMPOSSIBILITÀ DI PREVEDERE con
certezza
RISCHIO
Cogliere i SEGNALI DEBOLI e avanzare per
TENTATIVI
SUB-OTTIMALITÀ
39/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’uomo e la sub-ottimalitàQuanti tentativi occorreranno alla selezione naturale per trovare l’insieme di geni che garantiscono a un’alga il suo massimo adattamento?
1.000 GENI
OGNI GENE 2 SOLE VARIANTI
GENI INDIPENDENTI
Per raggiungere l’ottimo… 2.000 TENTATIVI
MA I 1.000 GENI IN REALTÀ NON SONO INDIPENDENTI Per raggiungere l’ottimo…
21.000 = 10300 TENTATIVI
UOMO E ALTRI MAMMIFERI:
CIRCA 100.000 GENI
OGNI GENE MOLTE PIÙ DI 2 VARIANTI
È impossibile raggiungere l’ottimo. Dobbiamo convivere
con la sub-ottimalità.
40/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 5: potere delle connessioni
q il tutto è > della somma delle parti (Kauffman, 1987)q da parti semplici a strutture complesse (Kauffman, 1987)
In definitiva nei sistemi complessi le connessioni sono:
§ numerose § potenti
1011-1012 neuroni
1.000 dendriti per neurone
1012-1013 connessioni (1.000-10.000 miliardi)
ESEMPIO: IL CERVELLOESEMPIO: IL CERVELLO
41/145A. F. De Toni – Università di Udine
La rete della vita (Capra, 2001)
Tutte le cose e gli individui del mondo sono parte di una vasta rete non lineare di incentivi, costrizioni e connessioni (la rete della vita). Recentemente il processo è stato amplificato dalle tecnologie informatiche per la comunicazione.
AD ESEMPIOAD ESEMPIOAD ESEMPIO
§ gli organismi sono aggregati di cellule autonome ma in stretta associazione
§ le popolazioni sono reti di organismi autonomi che appartengono a una stessa specie
§ gli ecosistemi sono trame di organismi, unicellulari e pluricellulari, che appartengono a molte specie diverse.
ØOgnuno di noi è un nodo, che è influenzato e può a sua volta influenzare il comportamento dell’intera rete.ØOgnuno di noi è un nodo, che è influenzato e può a sua volta influenzare il comportamento dell’intera rete.
«Questo sappiamo.Che tutte le cose sono legatecome il sangue che unisce una famiglia…»
(T.Perry, ispirandosi al capo indiano Seattle)
«Questo sappiamo.Che tutte le cose sono legatecome il sangue che unisce una famiglia…»
(T.Perry, ispirandosi al capo indiano Seattle)
42/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 6: causalità circolare§ causa à effetto:
- introdotto da Aristotele (324 a.C.). Causa: efficiente, materiale, formale, finale- fatto proprio dalla scienza classica- Kant (1804) lo considera una delle 12 categorie mentali dell’essere umano
§ complessità:
Ø CIRCOLI VIRTUOSI E VIZIOSI
CAUSA EFFETTO
43/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 7: apprendimento try&learn§ Evoluzione e apprendimento vanno di pari passo. Un essere vivente
apprende per evolvere e mentre evolve apprende. Apprendimento edevoluzione possono essere quindi visti come facenti parte di un circolo e non possono essere studiati in maniera separata.
APPRENDIMENTO EVOLUZIONE
44/145A. F. De Toni – Università di Udine
DDAARRWWIINN :: EEVVOOLLUUZZIIOONNEE == NNEEWWTTOONN :: SSCCIIEENNZZAA CCLLAASSSSIICCAA
qcambiamento continuo qcammino verso l’ottimoqnecessitàqevoluzione determinata
dagli individuiqevoluzione determinata
dalla selezione naturale
DARWIN (1859)
Ø INTRODUCE UN NUOVO MODO DI FARE SCIENZA
Ø INTRODUCE UN NUOVO MODO DI GUARDARE AL MONDO
L’evoluzione classica
45/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’evoluzione complessa
qcambiamento discontinuo qcammino verso il possibileqnecessità e casoqevoluzione determinata
dagli individui, dalle popolazioni e dall’ambienteqevoluzione determinata
dalla selezione naturale e dall’auto-organizzazione
DIVERSI AUTORI (1940)
Ø CONSIDERA LA COMPLESSITÀ DEL REALE NELL’EVOLUZIONE
Ø CONSIDERA CONCETTI CONTRAPPOSTI
46/145A. F. De Toni – Università di Udine
Co-evoluzione tra necessità e caso
§ Co-evoluzione: evoluzione congiunta con l’ambiente e le altre specie.
§ Necessità e caso:
«Non so se mamma avesse ragione o se ha ragione il tenente Dan.Non so se ognuno di noi abbia un destino o se siamo trasportati come fuscelli dalla corrente.Ma io credo che forse è tutte e due le cose.Forse succedono tutte e due allo stesso tempo.»(T.Hanks in Forrest Gump, 1994)
«Non so se mamma avesse ragione o se ha ragione il tenente Dan.Non so se ognuno di noi abbia un destino o se siamo trasportati come fuscelli dalla corrente.Ma io credo che forse è tutte e due le cose.Forse succedono tutte e due allo stesso tempo.»(T.Hanks in Forrest Gump, 1994)
EVOLUZIONE GAZZELLA
EVOLUZIONE GHEPARDO
47/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’evoluzione è storia§ L’evoluzione classica è NECESSITÀ§ L’evoluzione complessa è STORIA
«Noi uomini sapienti sapienti, esseri dotati di autocoscienza e libero arbitrio, occhio attraverso cui il cosmo ha imparato a osservare se stesso, non siamo intrusi, ma neppure eravamo attesi alla reception del Grand Hotel Universo. Siamo il frutto della storia. Non della necessità.»(P.Greco, 1999)
«Noi uomini sapienti sapienti, esseri dotati di autocoscienza e libero arbitrio, occhio attraverso cui il cosmo ha imparato a osservare se stesso, non siamo intrusi, ma neppure eravamo attesi alla reception del Grand Hotel Universo. Siamo il frutto della storia. Non della necessità.»(P.Greco, 1999)
48/145A. F. De Toni – Università di Udine
Diversi tipi di apprendimentoIn condizioni di elevata complessità, dominate dall’intreccio tra necessità e caso, l’unico modo per apprendere èquello che procede per tentativi (try&learn).
Ø L’apprendimento non deriva (solo) dallo studio di casi noti, ma dall’azione pratica in prima persona all’interno della complessità.
APPRENDIMENTOAPPRENDIMENTOAPPRENDIMENTO
Per esplorazionePer esplorazione
Per sfruttamentoPer sfruttamento -
+
CO
MP
LES
SIT
À
EVOLUZIONE COMPLESSA
EVOLUZIONE EVOLUZIONE COMPLESSACOMPLESSA
APPRENDIMENTO TRY&LEARN
APPRENDIMENTO APPRENDIMENTO TRY&LEARNTRY&LEARN AZIONEAZIONEAZIONE
49/145A. F. De Toni – Università di Udine
Gli aforismi della complessità
•I processi emergono dal basso
•Coopetition: cooperazione e competizione
•Rinnovarsi continuamente per rimanere se stessi
•Vita è ordine caotico
•Vita è distruzione creativa
•La parte è nel tutto, il tutto è nella parte
•È impossibile raggiungere l’ottimo
•Massima attenzione ai segnali deboli
•Siamo parte della rete della vita
•La realtà è circoli virtuosi e viziosi
•Try & learn: avanzare per tentativi
•I processi emergono dal basso
•Coopetition: cooperazione e competizione
•Rinnovarsi continuamente per rimanere se stessi
•Vita è ordine caotico
•Vita è distruzione creativa
•La parte è nel tutto, il tutto è nella parte
•È impossibile raggiungere l’ottimo
•Massima attenzione ai segnali deboli
•Siamo parte della rete della vita
•La realtà è circoli virtuosi e viziosi
•Try & learn: avanzare per tentativi
50/145A. F. De Toni – Università di Udine
PARTE TERZA
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
DECLINATA NEL MANAGEMENT
STATO DELL’ARTE
MODELLO PROPOSTO
PARTE SECONDA
I sette principi della teoria della complessità
PARTE TERZA
Dal management tradizionale al
management della complessità
PARTE QUARTA
I sette principi della complessità applicati
al management
PARTE PRIMA
Dalla scienza classica alla teoria della complessità
51/145A. F. De Toni – Università di Udine
qrendimenti decrescenti q individui identici e razionaliqelementi misurabili:
quantità e prezziqmercato in equilibrio
SMITH (1776)
Ø INTRODUCE UN NUOVO MODO DI FARE SCIENZA ECONOMICA
Ø INTRODUCE UN NUOVO MODO DI GUARDARE AL MONDO
L’economia classica AA..SSMMIITTHH :: EECCOONNOOMMIIAA == NNEEWWTTOONN :: SSCCIIEENNZZAA CCLLAASSSSIICCAA
52/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’economia complessa
qrendimenti crescenti q individui unici e a
razionalità limitataqelementi non misurabili:
configurazioni e possibilitàqmercato non in equilibrio
ISTITUTO DI SANTA FE (dal 1988)
Ø CONSIDERA LA COMPLESSITÀ DEL REALE IN ECONOMIA
Ø CONSIDERA L’ECONOMIA UNA SCIENZA COMPLESSA
53/145A. F. De Toni – Università di Udine
Rendimenti crescenti: i fenomeni di lock-in
§ Si affermano tecnologie inferiori ad altre mediante circoli virtuosi delle prime e viziosi delle seconde.
AD ESEMPIOAD ESEMPIOAD ESEMPIO
Øla tastiera QWERTY
Ø la videocassetta VHS
La QWERTY si diffonde I dattilografi imparano a usare la QWERTY
La VHS si diffonde I negozianti vendono la VHS
54/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’orologio antiorario con 24 ore
Paolo Uccello
Quadrante di orologio
1443
Santa Maria del Fiore, Firenze
55/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’aumento di complessità nella storia
§ Città stato e prime opere pubbliche: pluralità di ruoli, prime gerarchie impersonali.
§ Sistema corporativo (romano prima, feudale poi):intrecciarsi di rapporti sociali e politici.
§ Rivoluzione industriale: divisione del lavoro, gerarchizzazione spinta, rapporti istituzionali tra aziende, intreccio delle dinamiche finanziarie con quelle tecnico-produttive e commerciali.
§ Oggi…
-
+
CO
MP
LES
SIT
À
Fonte: Colombo, 1991
56/145A. F. De Toni – Università di Udine
La complessità nell’attuale contesto socio-economico
§ Progressiva frammentazione dei soggetti economici§ Notevole dinamismo delle forze§ Indecifrabilità degli eventi§ Produzione e coesistenza di fenomeni
contraddittori§ Compressione e contemporaneamente
allungamento del tempo
Fonte: Vicari, 1991
E, sempre più:
§ GLOBALIZZAZIONE
§ DELOCALIZZAZIONE
§ COMPLESSITÀ SOCIALE
57/145A. F. De Toni – Università di Udine
La complessità come “misura quantitativa” in impresa
COMPLESSITÀ
ESTERNAINTERNA
Verticale SpazialeOrizzontale Ambientale
Fonte: Anderson, 1999
58/145A. F. De Toni – Università di Udine
La complessità come “misura qualitativa” in impresa
COMPLESSITÀ
TRANSAZIONALEGESTIONALEAMBIENTALE
Fonte: Pilati, 1991
COMPLESSITÀ INTERNA
COMPLESSITÀ ESTERNA
59/145A. F. De Toni – Università di Udine
Il cambiamento di paradigma organizzativo-gestionale
ORGANIZZAZIONE COME SISTEMA SEMPLICE
IN AMBIENTE SEMPLICE
MODELLO MANAGERIALE
CLASSICO
CAMBIAMENTO DI PARADIGMA ORGANIZZATIVO-GESTIONALE
MODELLO MANAGERIALE
COMPLESSO
ORGANIZZAZIONE COME SISTEMA COMPLESSO
IN AMBIENTE COMPLESSO
60/145A. F. De Toni – Università di Udine
Da sistema organizzativo semplice a complesso
Fonte: adattamento da Gharajedaghi, 1999, p.9)
SISTEMA "SENZA MENTE" (MODELLO MECCANICISTICO)
SISTEMA "A UNA MENTE" (MODELLO BIOLOGICO)
SISTEMA "A MOLTE MENTI" (MODELLO SOCIALE)
APPROCCIO SISTEMICO (VARIABILI INTERDIPENDENTI)
Sistema organizzativo complesso
APPROCCIO ANALITICO (VARIABILI INDIPENDENTI)
Sistema organizzativo semplice
NATURA DELL'ORGANIZZAZIONE
APP
RO
CC
IO D
I ST
UD
IO
61/145A. F. De Toni – Università di Udine
Il modello manageriale tradizionale§ Successo come equilibrio e stabilitৠProcessi decisionali determinati§ Strumenti logici e analitici§ Apprendimento basato su dati storici§ Controllo basato su regole razionali§ Ruolo negativo delle differenze interne§ Orientamento esecutivo dei manager§ Emergenza di nuove strategie evitata
OBIETTIVO:
Ø STABILITÀ (ridurre la complessità)
62/145A. F. De Toni – Università di Udine
Il modello manageriale complesso§ Successo da non equilibrio e innovazione§ Processi decisionali indeterminati§ Strumenti intuitivi e basati su analogie§ Apprendimento try&learn§ Controllo basato su processi politici e sociali§ Ruolo positivo delle differenze interne§ Orientamento esplorativo dei manager§ Emergenza di nuove strategie ricercata
OBIETTIVO:
Ø ELASTICITÀ (assorbire la complessità)
63/145A. F. De Toni – Università di Udine
altaPROBLEM SOLVING
(orientamento scientifico)EXPLORATION
(orientamento esplorativo)
bassaEXECUTION
(orientamento esecutivo)PROBLEM SETTING
(orientamento inventivo)
bassa alta
TENDENZA A TROVARE DIFFERENZE
TE
ND
EN
ZA
A
TR
OV
AR
E
SIM
ILA
RIT
A'
Classi di orientamenti richiesti ai manager
Fonte: adattamento da Gharajedaghi, 1999, p.116
64/145A. F. De Toni – Università di Udine
Importanza di entrambi i modelli§ Il vecchio modello non è considerato sbagliato, ma solo
insufficiente. È necessario mantenere la stabilità e contemporaneamente puntare all’elasticità.
“Gestire il presente, immaginando il futuro”
STABILITÀ ELASTICITÀ
65/145A. F. De Toni – Università di Udine
PARTE QUARTA
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
TEORIA DELLA COMPLESSITÀ
DECLINATA NEL MANAGEMENT
STATO DELL’ARTE
MODELLO PROPOSTO
PARTE SECONDA
I sette principi della teoria della complessità
PARTE TERZA
Dal management tradizionale al
management della complessità
PARTE QUARTA
I sette principi della complessità applicati
al management
PARTE PRIMA
Dalla scienza classica alla teoria della complessità
66/145A. F. De Toni – Università di Udine
La zona di complessità
Fonte: Stacey, 1996
Grado di accordo
Basso
Alto
Grado di certezzaAlto Basso
Zona di complessità
Pianificazione e controllo
Caos
67/145A. F. De Toni – Università di Udine
Dalla teoria della complessità al management
PRINCIPI DELLA COMPLESSITA'
DECLINAZIONI NEL MANAGEMENT
1 auto-organizzazione auto-organizzazione
2 orlo del caos disorganizzazione creativa
3 principio ologrammatico condivisione
4 impossibilità della previsione flessibilità strategica
5 potere delle connessioni network organization
6 causalità circolare circoli virtuosi
7 apprendimento try&learn learning organization
68/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 1: auto-organizzazione
Necessità dell’auto-organizzazione per gestire la complessitàinterna e esterna.
§ intelligenza distribuita (all’interno)
§ collaborazione nella competizione (all’esterno)
• accordi / joint ventures
• distretti
Esempi:
69/145A. F. De Toni – Università di Udine
Situazioni che richiedono auto-organizzazione
Fonte: Olson e Eoyang, 2001, p.63
Auto-organizzazione
Razionalità Buona
fortuna
Preferenza
Casualità
Numero di alternative
Tante
Poche
Prevedibilità del risultato
Alta Bassa
70/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’intelligenza distribuita tramite la partecipazione
Fonte: Ashmos et al, 2002
MODELLO TRADIZIONALE: riduzione della complessità MODELLO COMPLESSO: assorbimento della complessità
Strategia complicata: REGOLE DEL SISTEMA Minimizzare le connessioni: § separazione delle risorse umane § partecipazione minima § regole per ogni parte separata § meccanismi di controllo § procedure di standardizzazione
RISPOSTE SEMPLICI § adattarsi è l’obiettivo § visione ristretta delle possibilità § capacità di prevedere § cambiamento = distruzione § sensibilità nulla all’ambiente
ORGANIZZAZIONE SEMPLIFICATA § processi decisionali semplici § pochi decision makers § pochi informatori § poche interpretazioni § poche informazioni § valori omogenei § riduzione del conflitto
Strategia semplice: PARTECIPAZIONE Massimizzare le connessioni: § connessione delle risorse umane § partecipazione massima § autonomia per ogni elemento § meccanismi di controllo minimi § procedure minime
ORGANIZZAZIONE COMPLESSA § processi decisionali complessi § molti decision makers § molti informatori § molte interpretazioni § molte informazioni § valori diversi § conflitto visibile
RISPOSTE COMPLESSE § co-evolvere è l’obiettivo § visione allargata delle possibilità § emergenza § cambiamento = co-evoluzione § sensibilità all’ambiente
71/145A. F. De Toni – Università di Udine
Vantaggi della partecipazione
Fonte: Ashmos et al, 2002
Forze istituzionali: regole, ruoli, storia
Nuove visioni dell’ambiente, nuove risposte all’ambiente
Nuova informazione, connessioni più ricche
SENSIBILITA’ ALL’AMBIENTE
determina la volontà
dell’organizzazione di superare la predisposizione
PARTECIPAZIONE
determina la sensibilità agli eventi nell’ambiente e ai
cambiamenti
PREDISPOSIZIONE
determina quanta partecipazione
72/145A. F. De Toni – Università di Udine
La rete dell’intelligenza distribuita§ Nodi: intelligenza delle singole persone (capitale
umano, H)§ Connessioni: dialoghi e interconnessioni tra le
persone (capitale sociale, S)
§ Per aumentare H:- capacità di concettualizzazione- capacità di azione
§ Per aumentare S:- interconnessioni
73/145A. F. De Toni – Università di Udine
Capacità di concettualizzazione e azione
Alta PARALISI DA ANALISIAZIONE IMMEDIATA
BASATA SUI CONCETTI
Bassa NAVE CHE AFFONDAIPERATTIVITA'
ISTERICA
Bassa Alta
CAPACITA' DI AZIONE
CA
PAC
ITA
' DI
CO
NC
ET
TU
AL
IZZ
AZ
ION
E
Fonte: Normann, 2002, p.305
74/145A. F. De Toni – Università di Udine
Le alleanze strategicheRagioni:§ nessuna impresa possiede da sola le risorse necessarie per
realizzare un nuovo prodotto o servizio§ le coalizioni si formano per allentare tensioni politiche§ permettono ai rispettivi partner di condividere i rischi
Fattori che determinano il successo in un’alleanza:§ prestazione del sistema di cui fanno parte le imprese§ contributo delle singole imprese§ efficacia delle relazioni tra le imprese
Fonte: Raffa, 1992, p.53
Fonte: Hamel e Prahalad, 1995, pp.211-212
75/145A. F. De Toni – Università di Udine
I distretti italiani§ «entità socio-territoriali caratterizzate dalla compresenza
attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamentee storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali» (G.Beccattini, 1985)
§ importanza del territorio, «inteso come sintesi, sedimentata in un luogo, di storia, di cultura e di relazioni tra gli uomini»(Rullani, 2002, p.70)
§ In Italia: 199 distretti produttivi, responsabili del 43% delle esportazioni nazionali di beni manufatturieri (ISTAT, 1999)
§ In Friuli Venezia Giulia: 4 distretti produttivi riconosciuti (il legno di Manzano, i coltelli di Maniago, l’agroalimentare di San Daniele, il mobile di Brugnera)
76/145A. F. De Toni – Università di Udine
I distretti come sistemi aperti che si auto-organizzano
§ Non esiste un disegno prestabilito imposto dall’alto o dall’esterno
§ Il distretto si auto-organizza, aprendosi all’apprendimento, alla relazione, alle esperienze, all’innovazione.
Fonte: Normann, 2002, p.340
77/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 2: disorganizzazione creativa
DISORDINE
DIS
TR
UZ
ION
E E
CR
EA
ZIO
NE
ORDINE
78/145A. F. De Toni – Università di Udine
Tra strutture formali e informali
Fonte: adattamento da Stacey, 1995La disorganizzazione creativa consente alle
imprese di raggiungere l’area dell’innovazione – unico luogo che garantisce loro possibilità di successo.
SISTEMA FORMALESISTEMA
INFORMALESISTEMA
PREVALENTEEFFETTI
ORDINE: ordine perfetto
> Struttura > Procedure e sistemi di l lcontrollo definiti
> Conformismo > Avversione al rischio > Inerzia
Sistema formaleMorte per
ossificazione
ORDINE E DISORDINE: ordine caotico
idem come sopra idem come sottoEquilibrio tra
sistema formale e informale
Vita
DISORDINE: disordine caotico
> Procedure e sistemi di lllcontrollo indefiniti
> Diversità > Propensione al rischio > Cambiamento
Sistema informaleMorte per
disintegrazione
79/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’orlo del caos nelle organizzazioni
Ø sul piano delle strutture organizzative:Ø strutture divisionali Ø strutture piatteØ ruoli laterali di coordinamento
Ø sul piano dei ruoli e degli stili manageriali:Ø intraimprenditorialitàØ imparare dagli erroriØ valorizzare i conflitti
Ø sul piano dei sistemi di gestione:Ø sviluppare creatività dei singoli e dei gruppi anche mediante
specifiche tecniche
Richiede…
80/145A. F. De Toni – Università di Udine
Strutture divisionaliPrincipi di Madison (fine XVIII secolo):§ potere distribuito a tutte le unità semi autonome.§ decisionalità ripartita tra unità periferiche e autorità centrale. Nessuno
detta legge a nessun altro: si negozia su tutto.§ visione sovraordinata e costituzione scritta che stabilisce formalmente i
principi a cui s’ispira l’azienda. Le unità semiautonome possono ben avere una loro costituzione, che dev’essere in armonia con la visione, e con i principi, della federazione.
§ confini chiari: di prodotto, di business, o – come avviene per gli imbottigliatori della Coca-Cola e i rivenditori della Benetton – geografici;
§ potere bilanciato: non solo tra centro e unità periferiche, ma anche tra le diverse unità, in modo che nessuna di loro possa dominare le altre;
§ vera autonomia delle unità periferiche. Questa è la caratteristica piùdelicata del sistema federale, ed è fonte di continue tensioni: il potere centrale si contrappone al potere delle unità che costituiscono la federazione.
81/145A. F. De Toni – Università di Udine
Strutture piatte: da gerarchia a adhocrazia
GERARCHIA ADHOCRAZIA
Attributi dominantiordine, regole e regolamenti,
uniformitàimprenditorialità, creatività,
adattabilità
Stile di leadership coordinatore, amministratoreintraprenditore, innovatore, assuntore
del rischio
Orientamento regole, politiche e procedure imprenditorialità, flessibilità, rischio
Focus strategicoverso la stabilità, la prevedibilità, le
operazioni non rischioseverso l'innovazione, la crescita, le
nuove risorse
Da gerarchia a adhocrazia (fonte: adattamento da Ciappei e Poggi, 1997, p.136)
82/145A. F. De Toni – Università di Udine
Ruoli laterali di coordinamento (I)
INPUT OUTPUT
Crit
icità
Crit
icità
Specializzazione su risorse
Specializzazione su prodotti/aree geografiche
1.
Struttura funzionale
2.
Struttura funzionale e ruoli laterali di
coordinamento per prodotto
(product manager)
3.
Struttura per matrice
4.
Struttura divisionale e ruoli laterali di
coordinamento per funzione
(function manager)
5.
Struttura divisionale per prodotto/area
geografica
FUNZIONALE vs DIVISIONALE
83/145A. F. De Toni – Università di Udine
Ruoli laterali di coordinamento (II)
INPUT OUTPUT
Crit
icità
Crit
icità
Specializzazione su risorse
Specializzazione su progetti
6.
Struttura funzionale
7.
Struttura funzionale e ruoli laterali di
coordinamento per progetto
(project manager)
8.
Struttura per progetto
a matrice
9.
Struttura per progetto forte e ruoli laterali di
coordinamento per funzione
(function manager)
10.
Struttura per progetto forte
FUNZIONALE vs PROGETTUALE
84/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’intraimprenditorialità
Fonte: Bartezzaghi
et al., 1999, p.175
85/145A. F. De Toni – Università di Udine
Imparare dagli errori
Tolleranza e valutazione critica dell’errore
> CORAGGIO DEL TOP-MANAGEMENT
> CORAGGIO DEI DIPENDENTI
> CREATIVITÀ
86/145A. F. De Toni – Università di Udine
Alcuni casi di tolleranza all’erroreCoraggio del top-management:§ Ford
Coraggio dei dipendenti:§ 3M
“L’insuccesso è solo un’opportunità che ci consente di ricominciare in maniera più intelligente” (H.Ford)“L’insuccesso è solo un’opportunità che ci consente di ricominciare in maniera più intelligente” (H.Ford)
“Non licenziamo la gente che commette errori. Licenziamo quelli che non corrono rischi” (D.Liebhaber, direttore operativo della MCI)
“Non licenziamo la gente che commette errori. Licenziamo quelli che non corrono rischi” (D.Liebhaber, direttore operativo della MCI)
87/145A. F. De Toni – Università di Udine
La tolleranza e la valutazione critica del conflitto
§ Il conflitto in impresa incomincia con il “conflitto di classe” teorizzato da Marx.
§ Più in generale…
Compatibilità COALIZIONE COOPERAZIONE
Incompatibilità CONFLITTO COMPETIZIONE
Incompatibilità Compatibilità
FINI
ME
ZZ
I
Fonte: Gharajedaghi, 1999, p.68
88/145A. F. De Toni – Università di Udine
La valorizzazione delle diversità
Integrazione MONOLITEDIVERSITA' INTEGRATA
Frammentazione ISOLE TRIBALISMO
Omogeneità Diversità
STATO DELLE PARTI
STA
TO
D
EL
T
UT
TO
Fonte: Normann, 2002, p.324
89/145A. F. De Toni – Università di Udine
Il futuro appartiene a chi sa immaginarlo
- La logica ti porta da A a B. L’immaginazione ti porta ovunque (Albert Einstein, 1955)
- L’unico capitale industriale della Microsoft è l’immaginazione umana (Fred Moody sul NY Time, 1991)
- L’immaginazione è la prima fonte della felicità umana(Giacomo Leopardi, 1837)
90/145A. F. De Toni – Università di Udine
Sul piano dei sistemi di gestione: stimolare la creatività
§ «il concetto di creatività ha indubbiamente origini profonde e remote. Creare etimologicamente vuol dire “trarre dal nulla”, fondare, costituire; produrre, in altri termini, cose nuove e originali. Vi è, infatti, uno stretto e innegabile collegamento tra creare e produrre, nel senso di generare, far nascere, germogliare, fabbricare, fondare, istituire» (Cocco, 1987, p.17)§ «l’attitudine di un sistema all’evoluzione» (Binnig,
in Vicari, 1998, p.84)§ «la novità nasce da un’associazione inedita di
materiali vecchi. Creare vuol dire ricombinare»(Jacob, 1978, p.16)
91/145A. F. De Toni – Università di Udine
La creatività individuale
Fonte: Cocco, 1987, p.24
92/145A. F. De Toni – Università di Udine
Fasi per lo sviluppo della creatività in azienda
Valorizzazione delle risorse aziendali per favorire l’emersione di nuovi concetti di business; indagine interna.
Individuazione di bisogni nuovi o inespressi, studio delle strategie dei concorrenti…
Creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo della creatività, definizione degli obiettivi di business, allocazione di risorse, formazione nelle tecniche e dei gruppi di lavoro
Produzione di idee
Valutazione e selezione delle idee migliori in accordo con i criteri di giudizio interni all’azienda
• 1- Mappatura esterna
• 2 - Mappatura interna
• 0 - Predisposizione
• 3 - Processo creativo
• 4 - Valutazione
93/145A. F. De Toni – Università di Udine
Tecniche per la creatività nelle 5 fasi
0Predisposizione
1Mappatura
esterna
2Mappatura
interna
3Processo creativo
4Valutazionefa
site
cnic
he
Analisi mezzi-fini
Swotanalysis
Creativitytemplate
Analisi morfologica
6 cappelliFormazione nelle tecniche creative
Problem setting Problem solving
94/145A. F. De Toni – Università di Udine
Il motore della creazione: I HAVE A DREAM
« ...That my four children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin but by the content of their character.»(Martin Luther King, 1963)
««NellNell’’etetàà del progresso, i sogni erano poco pidel progresso, i sogni erano poco piùù che delle fantasie. che delle fantasie. Oggi, come mai in passato, i sogni sono lOggi, come mai in passato, i sogni sono l’’anticamera di nuove anticamera di nuove realtrealtàà. Anche i nostri s. Anche i nostri séé collettivi collettivi –– le nostre organizzazioni le nostre organizzazioni ––devono imparare a sognare.devono imparare a sognare.»» ((GaryGary Hamel, 2000)Hamel, 2000)
95/145A. F. De Toni – Università di Udine
Il dream nella vita e in impresa§ NELLA STORIA
§ IN IMPRESA
96/145A. F. De Toni – Università di Udine
Il dream…
««Ognuno di noi ha un paio di ali, Ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna impara a volare.ma solo chi sogna impara a volare.»»
Jim Morrison
97/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 3: condivisione
STRATEGICA
TEAM
VALORI
VISIONE
ORGANIZZATIVA
CONDIVISIONE INTERNA
SOCIALE
98/145A. F. De Toni – Università di Udine
La condivisione interna sul piano sociale: i valori
TOP MANAGEMENT: • Opinioni • Valori • Azioni
COMUNICAZIONE: • Credibile • Coerente • Rilevante
VALORI PERCEPITI: • Coerenza • Intensità • Consenso
RICONOSCIMENTI: • Monetari • Promozione • Approvazione
Opinioni, attitudini, comportamenti del lavoratore espressi in forma di norme
Fonte: Weick e Sutcliffe, 2001, p.125
99/145A. F. De Toni – Università di Udine
La condivisione interna sul piano strategico: la visione
PAROLE
RELAZIONI
AZIONI
VISIONE DI TUTTI
VISIONE REALTA’
VISIONE EMOZIONE
VISIONE CONDIVISA
100/145A. F. De Toni – Università di Udine
La condivisione interna sul piano organizzativo: il team
Richiede:§ obiettivi chiari. Ogni componente deve conoscere e
comprendere la missione del team con cui lavora;
§ pensiero sistemico. Per agire di propria iniziativa, i componenti devono avere la necessaria competenza. Ciò richiede non soltanto una specializzazione tecnica, ma anche una comprensione generale del quadro più ampio;
§ condivisione delle informazioni. Per fare scelte corrette in circostanze locali, i componenti hanno bisogno di informazioni che non si limitino all’ambito locale ma che abbraccino lo scenario generale nel quale essi operano;
§ fiducia reciproca. I componenti devono sapere di godere di fiducia; devono sapere che non verranno ingiustamente penalizzati per eventuali fallimenti. Fonte: T.Peters, 1992, p.266
101/145A. F. De Toni – Università di Udine
Mentalità chiusa vs aperta
Formazione del team
Prime fasi di vita del team
Nascita di una mentalità di
team
CHIUSA
APERTA P
UN
TO
DE
LIC
AT
O
102/145A. F. De Toni – Università di Udine
La “leadership situazionale” nel team
Fonte: Blanchard, 1991, p.76
103/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 4: flessibilità strategica
CAMBIAMENTO APERTO
CAMBIAMENTO CAMBIAMENTO APERTOAPERTO
INCERTEZZAINCERTEZZAINCERTEZZA
AMBIENTALE(l’ambiente
è imprevedibile)
AMBIENTALEAMBIENTALE(l’ambiente
è imprevedibile)
ORGANIZZATIVA(l’impatto dei cambiamenti
sulle organizzazioni è imprevedibile)
ORGANIZZATIVAORGANIZZATIVA(l’impatto dei cambiamenti
sulle organizzazioni è imprevedibile)
DECISIONALE(gli effetti delle decisioni
sono imprevedibili)
DECISIONALEDECISIONALE(gli effetti delle decisioni
sono imprevedibili)
104/145A. F. De Toni – Università di Udine
Cambiamento chiuso vs aperto
CAMBIAMENTO CHIUSO CAMBIAMENTO APERTO
OBIETTIVI chiari non chiari
CAUSALITA' causa effetto causa effetto
RETROAZIONE negativa positiva
STRUMENTI INTERNI PER GESTIRE IL CAMBIAMENTO
fissi (generatori di adattamento)
nuovi (generatori di cambiamento)
APPRENDIMENTO prima del cambiamento durante il cambiamento
REAZIONE DELLE PERSONE COINVOLTE
sicurezza ansia
TIPO DI CAMBIAMENTO
CA
RA
TT
ER
IST
ICH
E
105/145A. F. De Toni – Università di Udine
Dalla concettualizzazione all’azione
IMPOSSIBILITA’ DELLA PREVISIONE
RIC
HIE
DE
ADATTABILITA’ (costruire scenari
what – if)
FLESSIBILITA’ (essere flessibili strategicamente)
PRONTEZZA (cogliere i segnali
deboli)
CONCETTUALIZZAZIONE AZIONE
106/145A. F. De Toni – Università di Udine
La costruzione di scenari§ Inefficacia dei metodi di previsione tradizionali§ Previsione come costruzione di alternative e quindi
scenari§ What if?
§ Il Possibile come creazione di alternative e generazione di percorsi possibili, non certo loro compressione o annullamento
t0 t
A
AlV
Alll
All
Al
107/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’attenzione ai segnali deboli
COMPETIZIONE SULLA
PREVISIONE DEL FUTURO
COSTANTE ATTENZIONE AI SEGNALI DEBOLI mediante: - monitoraggio attivo del mondo; - rete per l’accumulo di conoscenza; - empatia con uomini e mercati.
CAPACITA’ PERCETTIVA
COME VALORE AGGIUNTO
qcomportarsi come le HRO (High ReliabilityOrganizations):
SEGNALE DEBOLE
RISPOSTA FORTE
qcomportarsi come le HRO (High ReliabilityOrganizations):
SEGNALE DEBOLE
RISPOSTA FORTE
108/145A. F. De Toni – Università di Udine
Classi di flessibilità strategica
Fonte: De Toni, 1996
Oggetto della variazione
PRIORITÀ COMPETITIVE
BUSINESS
AMPIEZZA DEGLI STATI
Flessibilità strategica come ampiezza delle opzioni strategiche possibili (all’interno del business). (Clark, 1996)
Flessibilità strategica come varietà dei business potenzialmente aggredibili. (Upton, 1994)
RAPIDITÀ DI VARIAZIONE
Flessibilità strategica come rapidità di variazione delle priorità competitive (all’interno del business). (Hayes e Pisano, 1994)
Flessibilità strategica come rapidità di spostamento da un business ad un altro. (Stalk, Evans e Shulman, 1992)
109/145A. F. De Toni – Università di Udine
Pronti a cogliere l’attimo fuggente
«Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire in punto di morte che non ero vissuto…»(Robin Williams in L’attimo fuggente, 1989)
«Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire in punto di morte che non ero vissuto…»(Robin Williams in L’attimo fuggente, 1989)
110/145A. F. De Toni – Università di Udine
PRINCIPIO 5: network organization
rete esterna con…q fornitoriq clientiq impreseq sistemi bancari e finanziariq centri di ricerca e universitàq pubblica amministrazioneq associazioni di categoria e sindacatiq istituzioni socio-culturali
111/145A. F. De Toni – Università di Udine
Confini indefiniti
Fonte: Bertini , 1994, p.43
112/145A. F. De Toni – Università di Udine
Principali caratteristiche delle strutture di governo
Meccanismi di coordinamento
Dis
trib
uita
Con
cent
rata
Pro
prie
tàFormali Informali
GERARCHIA
MERCATO
NETWORK
Meccanismi di coordinamento
Dis
trib
uita
Con
cent
rata
Pro
prie
tàFormali Informali
GERARCHIA
MERCATO
NETWORK
Fonte: De Toni, 2001
113/145A. F. De Toni – Università di Udine
Caratteristiche delle strutture di governo
AltaDistribuitaPrevalentemente
informaleNETWORK
MediaDistribuitaPrevalentemente formaleMERCATO
BassaConcentrataFormale e informale
GERARCHIA
ComplessitàProprietàCoordinamento
AltaDistribuitaPrevalentemente
informaleNETWORK
MediaDistribuitaPrevalentemente formaleMERCATO
BassaConcentrataFormale e informale
GERARCHIA
ComplessitàProprietàCoordinamento
Fonte: De Toni, 2001
114/145A. F. De Toni – Università di Udine
Nodi e connessioni§ NODI: entità che, ricevuto un input, trasmettono
un output (K.Kelly, 1998, p.12)
§ CONNESSIONI:TIPO DI CONNESSIONE OBIETTIVO
COOPERAZIONE LAVORATIVA fare insieme
CONNESSIONI BUROCRATICHE eseguire disposizioni
TRANSAZIONI ECONOMICHE vendere e comprare
INFORMAZIONI trasmettere e ricevere informazioni
COMUNICAZIONI intendersi
IMPEGNI E OBBLIGHI impegnarsi
PROCESSI DECISIONALI decidere
PROCESSI DI ACCOMUNAMENTO E CONFLITTO
essere con o contro Fonte: Turati, 1998, p.67
115/145A. F. De Toni – Università di Udine
Dimensioni di base del networkOGGETTO DELLO SCAMBIO
(contenuto = che cosa)
GOVERNO (mezzo = come)
STRUTTURA (architettura = chi)
Oggetto Caratteristiche Relationship Mngt. Operations Mngt. Confini Caratteristiche
- Materiali - Servizi - Informazioni - Risorse - Conoscenza - Azioni
congiunte - Obiettivi
- Customizzazione - Innovazione - Complessità
Meccanismi sociali (informali) - Cultura e
macro-cultura (valori e obiettivi condivisi, norme non scritte)
- Fiducia - Approvazione
collettiva - Reputazione Meccanismi formali - Accordi
contrattuali - Controllo
burocratico - Diritti di
proprietà
Infrastruttura tecnologica e manageriale Tipo e livello di risorse tecnologiche e manageriali per realizzare: - Processi
logistici - Processi
produttivi - Processi di co-
design
- Decisioni di make or buy
- Livello di copertura della catena
- Livello di connessione tra i nodi
- Numero di nodi
- Densità - Stabilità /
dinamicità - Distanza
spaziale - Direzione
delle connessioni (orizzontale, verticale, laterale)
- Tipo di dipendenza
Fonte: Nassimbeni, 2002
116/145A. F. De Toni – Università di Udine
Tight vs loose networks
Concentrazione potere
Complessità
Coordinamento informale
Coordinamento formale
LOOSE NETWORKSImprese virtuali
TIGHT NETWORKSImprese estese
Concentrazione potere
Complessità
Coordinamento informale
Coordinamento formale
LOOSE NETWORKSImprese virtuali
TIGHT NETWORKSImprese estese
Fonte: De Toni, 2001
117/145A. F. De Toni – Università di Udine
Le relazioni generative STAR
S
R T
A
Separateness – Principio di separatezza
Talking & Listening –
Parlare ed ascoltare
Action – Azione
Reason to Work Together –
Motivi per lavorare insieme
Fonte: Zimmerman e Hayday, 1999
118/145A. F. De Toni – Università di Udine
Da visione industriale a eco-sistemica
VISIONE INDUSTRIALE VISIONE ECOSISTEMICA
Confini Fissi Variabili
Unità primaria La propria azienda La propria azienda e le altre aziende
Performance economica
Funzione del management interno e dell'andamento del settore
Funzione del management delle alleanze e delle relazioni all'interno
dell'ecosistema
Impegno principale Crescita individuale dell'aziendaSviluppo del network e
posizionamento all'interno dello stesso
Cooperazione Limitata ai fornitori diretti e ai clienti per mantenere i confini esistenti
Include tutti gli attori rilevanti per la ricerca di idee e bisogni non
soddisfatti
Competizione Tra prodotti e tra aziende singoleTra ecosistemi e per la leadership all'interno di ecosistemi particolari
TIPO DI VISIONEC
AR
AT
TE
RIS
TIC
HE
Fonte: Battram, 1999, p.180
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La rete nel mondo§ Italia, Giappone, USA
§ Il futuro è della Cina? (Boisot e Child, in Battram, 1999, p.24)
RIDUZIONE
ASSORBIMENTO
Atteggiamento delle
organizzazioni
ALTA BASSA Complessità esterna
coalizioni
burocrazie
mercati
feudi CAPITALISMO DI NETWORK
CAPITALISMO DI MERCATO
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Necessità di una macrocultura
Fonte: De Toni, 2001
MACROCULTURA
• Valori
• Cultura
• Linguaggi
COORDINAMENTO
INFORMALE
LOOSE
NETWORK
COMPLESSITA’
AMBIENTALE
richiede
richiede
richiede
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Linguaggi comuni Ci sarà una strada.
Non collegherà due punti.
Collegherà tutti i punti.
Il suo limite di velocità sarà la velocità della luce.
Non andrà da qui a là.
Non ci sarà più un là.
Semplicemente saremo tutti qui.
(MCI, 1994)
NUOVA TECNOLOGIA
NUOVI MODELLI DI IMPRESA
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Valori comuni
«… se si bandisce dalla faccia della terra l'uomo… lo spettacolo patetico e sublime della natura diventa una scena triste e muta. L'universo tace, il silenzio e la notte lo invadono…È la presenza dell'uomo che rende interessante l'esistenza degli esseri…V’è forse nello spazio infinito un punto dal quale possiamo più vantaggiosamente far partire le linee immense che ci proponiamo di estendere a tutti gli altri punti?»(Denis Diderot, voce «Encyclopédie» della grande Encyclopédie, 1751)
L’UOMO AL CENTRO DELLA RETE…
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PRINCIPIO 6: circoli virtuosiIl circolo dei circoli applicato all’impresa…
Ø INNOVARE PER LO SVILUPPO
Ø SVILUPPO COME VALORE D’IMPRESA
INNOVAZIONE SVILUPPO
124/145A. F. De Toni – Università di Udine
Esempi dal mondo dei circoli…
IDEE IMPRESA
CREAZIONE CONDIVISIONE
CONOSCENZA RELAZIONI
LOCALE GLOBALE
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Esempi dal mondo dei circoli concatenati…
RELAZIONICONOSCENZAINNOVAZIONE SVILUPPO
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System Dynamics: strumento per modellizzare i circoli
System Dynamics è una metodologia elaborata alla fine degli anni ’50 presso il M.I.T. di Cambridge (USA) ad opera di Jay Forrester ed applicata in tutto il mondo mediante la realizzazione di modelli di simulazione (scenari) che consentono di comprendere le dinamiche riguardanti i sistemi complessi.
127/145A. F. De Toni – Università di Udine
Tipi di circoli presi in considerazione
Esplicitazione delle relazioni causa-effetto attivate dalla manovra delle leve, tramite:
qCircoli auto-alimentantisi (a retroaz.positiva): virtuosi o viziosi (+)
qCircoli bilancianti (a retroaz.negativa): conferiscono stabilità al sistema (-)
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Esempi di circoli rinforzanti
Pubblicità
Margini lordi
Clienti aziendali
Clienti acquisiti
(+)
(+)Qualità prodotto
Motivazione dipendenti
Incentivi e premi
(+)
CIRCOLO VIZIOSO
CIRCOLO VIRTUOSO
Vendite
+ +
++ -
-
-
-
Legenda:+
Relazione diretta- Relazione inversa
Margini lordi Vendite
t t
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Esempi di circoli bilancianti
Clienti acquisiti Delta clienti acquisiti(-)
Mercato potenziale
-
+
Portafoglio ordini
Ordini di vendita
Tempi di consegna
Saturazione capacità produttiva
(-)
+ +
+-
Legenda:+
Relazione diretta- Relazione inversa
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Esempi di circoli concatenati
Pubblicità
Margini lordi
Clienti aziendali
Clienti acquisiti
(+)
(+) Delta clienti acquisiti(-)
CIRCOLO BILANCIANTE
Legenda:+
Relazione diretta- Relazione inversa
+
+
+
+
-
+Mercato potenziale
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Esempi di circoli concatenati tra le funzioni
Ricavi di vendita
Reddito
Staff di vendita
Ordini di vendita(+) Saturazione cap.produtt.(-)
Tempi di consegna
Portafoglio ordini
Assunzioni staff
Capacità produttiva
Acquisizioni cap.prod.
COMMERCIALE PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE
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PRINCIPIO 7: learning organization
§ Apprendimento del singolo:LongLife Learning (LLL) per essere competitivo sul mercato del lavoro.§ Apprendimento dell’impresa:
Knowledge Management (KM) e Organizational Learning (OL) per essere competitiva sul mercato.§ OBIETTIVO: MAGGIORE CONOSCENZA
DELL’IMPRESA
133/145A. F. De Toni – Università di Udine
La conoscenza dell’impresaIL LIVELLO
ESPLICITO E FORMALE
IL LIVELLO IMPLICITO E INFORMALE
Documenti, regolamenti, procedure, dichiarazioni, organigrammi: simili in tutte le organizzazioni
Valori, comportamenti, linguaggio, miti, leggende,
eroi: unici ed originali dell’organizzazione
134/145A. F. De Toni – Università di Udine
Da conoscenza tacita a esplicita
Conoscenza tacita Conoscenza esplicita
Conoscenza tacita socializzazione esteriorizzazione
Conoscenza esplicita interiorizzazione combinazione
da
a
Fonte: Nonaka e Takeuchi, 1997, p.103
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Single loop e double loop learning
SINGLE LOOP LEARNING
DOUBLE LOOP LEARNING
OGGETTO (= che cosa)
risposte risposte e domande
DINAMICA ( = come)
causa effetto causa effetto
OBIETTIVO ( = perché)
apprendere per adattarsi apprendere per creare
TIPO DI APPRENDIMENTO
DIM
EN
SIO
NI
PR
INC
IPA
LI
impara!impara!
disimpara!
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Apprendimento e innovazione
DISCONTINUA
DI SVILUPPO
LINEARE
DI CONSOLIDAMENTO INCREMENTALE RADICALE
TIPO DI APPRENDIMENTO
TIP
O D
I IN
NO
VA
ZIO
NE
INNOVAZIONE PER LA TRASFORMAZIONE
INNOVAZIONE PER LA CONTINUITA'
INNOVAZIONE PER L'EVOLUZIONE
Fonte: Ciappei e Poggi, 1997, p.265
APPRENDIMENTO INNOVAZIONE
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Dall’informazione alla comprensione
§ INFORMAZIONE = che cosa?§ CONOSCENZA = come?§ COMPRENSIONE = perché?
Fonte: Gharajedaghi, 1999, p.33
138/145A. F. De Toni – Università di Udine
La learning organization nella pratica
Mediante le 5 discipline proposte da Senge (1992)…
Discipline per la LEARNING
ORGANIZATION
PENSIERO SISTEMICO
APPRENDIMENTO DI GRUPPO
VISIONE CONDIVISA
PADRONANZA PERSONALE
MODELLI MENTALI
NUOVO RUOLO DEL
MANAGEMENT
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Cultura nazionale e modelli manageriali
GIAPPONE USA GRAN BRETAGNA
L'azienda come estensione della famiglia
Etica dell'individualismo competitivo
Teorizzazione del conflitto di classe
Enfasi sull'interdipendenza, sulla condivisione dei sentimenti, sul mutuo aiuto
Desiderio di essere vincitori
Relazioni di autorità paternalistiche
Premiati i comportamenti di successo, puniti quelli perdenti
Stretto legame tra benessere dell'individuo, dell'azienda, della nazione
Mito della mobilitàL'operaio definisce se stesso in opposizione al sistema che sfrutta
STATO
Perpetuazione di divisioni e contrapposizioni sul posto di lavoro che nessuna tecnica di conciliazione e manageriale sembra capace di superare
INF
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Fonte: Tellia, 2003
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Il nuovo ruolo del managementAUTORI RUOLO COMPITO
Senge (1992) RICERCATOREcapire l'organizzazione come
sistema
Senge (1992), Miggiani (1994) PROGETTISTAprogettare i processi di
apprendimento
Senge (1992) STEWARD costruire la visione condivisa
Senge (1992), Alessandrini (1994) MAESTROpromuovere l'apprendimento di
tutti
Schein (1985), Pascale (1992), Hammer e Champy (1994),
Miggiani (1994), Galer e van der Heijden (1994), Harri-Augstein
(1995), Kotter (1997)
AGEVOLATOREinfluenzare la cultura e creare un
clima che favorisca l'apprendimento
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La cultura dell’apprendimento continuo
Richiede:§ Messa in discussione dei modelli mentali§ Tolleranza nei confronti dell’errore
«Io personalmente penso di aver sbagliato tanto, penso di avere pagato tanto sulla mia pelle: tutto quello che sono riuscito a fare l’ho fatto sugli errori commessi, cercando di non farli più e cercando di vedere in positivo ogni errore, ogni scelta sbagliata. Il fatto di vedere positivo mi ha dato l’energia, la volontà, la voglia di rifare meglio la volta successiva.» (R.Rosso, direttore generale della Diesel)
«Io personalmente penso di aver sbagliato tanto, penso di avere pagato tanto sulla mia pelle: tutto quello che sono riuscito a fare l’ho fatto sugli errori commessi, cercando di non farli più e cercando di vedere in positivo ogni errore, ogni scelta sbagliata. Il fatto di vedere positivo mi ha dato l’energia, la volontà, la voglia di rifare meglio la volta successiva.» (R.Rosso, direttore generale della Diesel)
142/145A. F. De Toni – Università di Udine
Minacce e opportunità dalla complessità
Minacce Opportunità
Auto-organizzazione declino sviluppo
Orlo del caos distruzione creazione
Principio ologrammatico conformismo condivisione
Impossibilità della previsione perdere l'attimo cogliere l'attimo
Potere delle connessioni comportamento opportunistico in rete collaborazione sinergica in rete
Causalità circolare ricorsiva circoli viziosi circoli virtuosi
Apprendimento try&learn ignoranza conoscenza
Pri
ncip
i del
la te
oria
della
com
ples
sità
143/145A. F. De Toni – Università di Udine
L’atteggiamento di fronte alla complessità
LA SCELTALA SCELTA Massimizzare le opportunità
Minimizzare i rischi
IL TOP MANAGEMENT
IL TOP MANAGEMENT
Ruolo tradizionale:
GESTIRE
Ruolo nuovo: CREARE
LE DIREZIONILE DIREZIONIDA DEFINIRSI TUTTE LE POTENZIALI
LO SLOGANLO SLOGANDa soli, per ripetere
staticamente il passato
In rete, pronti a cogliere l’attimo
creativo
144/145A. F. De Toni – Università di Udine
Infine: quali direzioni per l’impresa?
In rete pronti a cogliere In rete pronti a cogliere l’attimo creativol’attimo creativo
Tutte le potenziali…