Francesco Sajno, 13 maggio 1873 Ingegni -...

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www.lescienze.it Le Scienze 31 30 Le Scienze 521 gennaio 2012 Apparecchio per congelare liquidi Francesco Sajno, 13 maggio 1873 Nella storia delle tecnologie del freddo i pri- mi esperimenti si possono collocare nel XVIII seco- lo, quando William Cullen verificò che l’evaporazione dell’etere a basse pressioni causava una forte sottra- zione di calore. Le tecniche frigorifere per la produzio- ne artificiale soprattutto del ghiaccio trovano le pri- me applicazioni verso la metà dell’Ottocento. Il primo brevetto per una ice machine è datato 1851 a firma di John Gorrie, che propone una macchina frigorifera ad aria, che una volta compressa e raffreddata nella suc- cessiva espansione risulta in grado di sottrarre calore. Tra i brevetti dello US Patent Office si registra il 2 otto- bre 1860 quello del francese Ferdinand Philip Edward Carré, che per primo svi- luppò un ciclo ad assor- bimento ad ammoniaca; questo sistema sarà usato sino a quando, in seguito al divieto di usare ammo- niaca per usi alimentari, si passò al freon. L’inven- zione di Sajno si inserisce tra i dispositivi che han- no segnato la strada alle moderne gelatiere. Igrometro Antonio Meucci, 16 ottobre 1876 Antonio Meucci era nato nel quartiere fiorentino di San Frediano il 13 aprile 1808, e aveva studiato all’Accademia di Belle Arti del capoluogo toscano. Aveva trovato lavoro alle dogane e come tecnico di scena al Teatro della Pergola, ma dopo essere stato coinvolto nei moti rivoluzionari del 1831 lasciò il Granducato di Toscana ed emigrò a Cuba. Nel 1845 lasciò l’Avana per Clifton, New York: qui aprì una fabbrica di candele dove ebbe modo di conoscere Giuseppe Garibaldi e collaborare con lui, fra il 1850 e il 1853. Tutti conoscono la sua invenzione del «teletrofono», il primo vero telefono, il cui brevetto fu rilevato da Graham Bell. La sua completa ria- bilitazione come inventore del telefono è stata decretata l’11 giugno 2002 dal Congresso degli Stati Uniti, con la risolu- zione 269. Pochi sanno delle sue altre 22 invenzioni bre- vettate, per esempio una bevanda a base di frutta e vitami- ne (patent n. 122.478 del 1871) e nel 1873 un condimento per pasta e altri cibi, insieme ad Angiolo P. Agresta di New York (patent n. 142.071), ma anche un processo per produr- re fogli di carta bianca e resistente e un nuovo modo di fab- bricare candele. d’Italia Ingegni Un racconto dell’eccellenza italiana attraverso brevetti che hanno fatto la storia delle invenzioni di Vittorio Marchis DOSSIER INNOVAZIONE S i dice che i periodi di reces- sione economica siano i più favorevoli all’innovazio- ne perché il troppo benesse- re non ha mai giovato allo sviluppo della società. D’al- tronde se si esamina la storia italiana dal 1861 a oggi, ovvero da quando ha incominciato ad affrontare la Rivoluzione in- dustriale, proprio le innovazioni e i brevetti a esse legati ci svelano molti aspetti di una storia spesso dimenticata, ma ricca di sorprese. La ricerca condotta nei giganteschi archivi del Patent Office degli Stati Uniti, che ha por- tato a 150 (anni di) invenzioni italiane, pubbli- cato da Codice Edizioni, svela una folla di no- stri connazionali desiderosi di promuovere le proprie scoperte anche in uno scenario inter- nazionale che proprio dalla metà del XIX se- colo assume inequivocabilmente un ruolo cen- trale nel progresso tecnologico. Anche se ogni scelta comporta rinunce, la rassegna di questi 150 brevetti, di cui nelle prossime pagine tro- vate alcuni esempi, presenta accanto ai giganti del «genio italiano» anche dei nani, ma non per questo meno importanti. Perché il famoso afo- risma di Bernardo di Chartres a proposito dei «nani sulle spalle dei giganti» si può invertire. Molti grandi inventori non sarebbero giunti a tanto se non fossero stati preceduti da umili ar- tigiani, soldati ed emigranti, operai e sacerdo- ti che hanno contribuito a formare quel sapere collettivo che è lo spirito di una civiltà. E così a fianco di Guglielmo Marconi ed En- rico Fermi, di Corradino D’Ascanio e di Anto- nio Meucci, si può ritrovare chi come Giovanni Gilardini arriva a Torino dal Verbano e, scono- sciuto ai più, inventa l’ombrello ad apertura automatica: presto sarà un importante impren- ditore. A fianco degli idrovolanti ci sono anche i giocattoli, e non mancano neppure le pinne da subacqueo e i lamponi. Il libro di Vittorio Marchis, docente di storia della tecnologia, dell’industria italiana e della cultura materiale al Politecnico di Torino, edito da Codice Edizioni.

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Apparecchio per congelare liquidiFrancesco Sajno, 13 maggio 1873

Nella storia delle tecnologie del freddo i pri-mi esperimenti si possono collocare nel XVIII seco-lo, quando William Cullen verificò che l’evaporazione dell’etere a basse pressioni causava una forte sottra-zione di calore. Le tecniche frigorifere per la produzio-ne artificiale soprattutto del ghiaccio trovano le pri-me applicazioni verso la metà dell’Ottocento. Il primo brevetto per una ice machine è datato 1851 a firma di John Gorrie, che propone una macchina frigorifera ad aria, che una volta compressa e raffreddata nella suc-cessiva espansione risulta in grado di sottrarre calore. Tra i brevetti dello US Patent Office si registra il 2 otto-bre 1860 quello del francese Ferdinand Philip Edward Carré, che per primo svi-luppò un ciclo ad assor-bimento ad ammoniaca; questo sistema sarà usato sino a quando, in seguito al divieto di usare ammo-niaca per usi alimentari, si passò al freon. L’inven-zione di Sajno si inserisce tra i dispositivi che han-no segnato la strada alle moderne gelatiere.

IgrometroAntonio Meucci, 16 ottobre 1876Antonio Meucci era nato nel quartiere fiorentino di San Frediano il 13 aprile 1808, e aveva studiato all’Accademia di Belle Arti del capoluogo toscano. Aveva trovato lavoro alle dogane e come tecnico di scena al Teatro della Pergola, ma dopo essere stato coinvolto nei moti rivoluzionari del 1831 lasciò il Granducato di Toscana ed emigrò a Cuba. Nel 1845 lasciò l’Avana per Clifton, New York: qui aprì una fabbrica di candele dove ebbe modo di conoscere Giuseppe Garibaldi e collaborare con lui, fra il 1850 e il 1853. Tutti conoscono la sua invenzione del «teletrofono», il primo vero telefono, il cui brevetto fu rilevato da Graham Bell. La sua completa ria-bilitazione come inventore del telefono è stata decretata l’11 giugno 2002 dal Congresso degli Stati Uniti, con la risolu-zione 269. Pochi sanno delle sue altre 22 invenzioni bre-vettate, per esempio una bevanda a base di frutta e vitami-ne (patent n. 122.478 del 1871) e nel 1873 un condimento per pasta e altri cibi, insieme ad Angiolo P. Agresta di New York (patent n. 142.071), ma anche un processo per produr-re fogli di carta bianca e resistente e un nuovo modo di fab-bricare candele.

d’ItaliaIngegni

Un racconto dell’eccellenza italiana attraverso brevetti che hanno fatto la storia

delle invenzioni

di Vittorio Marchis

dossier innovazione

S i dice che i periodi di reces-sione economica siano i più favorevoli all’innovazio-ne perché il troppo benesse-re non ha mai giovato allo sviluppo della società. D’al-tronde se si esamina la storia

italiana dal 1861 a oggi, ovvero da quando ha incominciato ad affrontare la Rivoluzione in-dustriale, proprio le innovazioni e i brevetti a esse legati ci svelano molti aspetti di una storia spesso dimenticata, ma ricca di sorprese.

La ricerca condotta nei giganteschi archivi del Patent Office degli Stati Uniti, che ha por-tato a 150 (anni di) invenzioni italiane, pubbli-cato da Codice Edizioni, svela una folla di no-stri connazionali desiderosi di promuovere le proprie scoperte anche in uno scenario inter-nazionale che proprio dalla metà del XIX se-colo assume inequivocabilmente un ruolo cen-trale nel progresso tecnologico. Anche se ogni

scelta comporta rinunce, la rassegna di questi 150 brevetti, di cui nelle prossime pagine tro-vate alcuni esempi, presenta accanto ai giganti del «genio italiano» anche dei nani, ma non per questo meno importanti. Perché il famoso afo-risma di Bernardo di Chartres a proposito dei «nani sulle spalle dei giganti» si può invertire. Molti grandi inventori non sarebbero giunti a tanto se non fossero stati preceduti da umili ar-tigiani, soldati ed emigranti, operai e sacerdo-ti che hanno contribuito a formare quel sapere collettivo che è lo spirito di una civiltà.

E così a fianco di Guglielmo Marconi ed En-rico Fermi, di Corradino D’Ascanio e di Anto-nio Meucci, si può ritrovare chi come Giovanni Gilardini arriva a Torino dal Verbano e, scono-sciuto ai più, inventa l’ombrello ad apertura automatica: presto sarà un importante impren-ditore. A fianco degli idrovolanti ci sono anche i giocattoli, e non mancano neppure le pinne da subacqueo e i lamponi.

Il libro di Vittorio Marchis, docente di storia della tecnologia, dell’industria italiana e della cultura materiale al Politecnico di Torino, edito da Codice Edizioni.

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Procedimento per la produzione

di filamenti per lampade a incandescenza

Alessandro Cruto, 29 luglio 1884

In occasione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884, si ce-lebrò il trionfo dell’elettrotecnica nell’Esposizione Internazionale di Elettricità e con una speciale galleria inaugurata il 27 maggio. Gli eventi furono festeggiati con fantastiche illuminazioni pub-bliche, e la stessa Galleria del Mobilio vide l’impiego delle lam-padine di Alessandro Cruto, self made man affascinato dal pro-gresso della tecnica. Volendo produrre diamanti artificiali tramite l’evaporazione del carbonio sotto vuoto, nel corso dei suoi espe-rimenti riuscì a depositare uniformi e sottilissime pellicole di que-sta sostanza; capì subito che era il modo ideale per produrre fila-menti di lampadine, migliori e più efficienti di quelli del colosso Thomas A. Edison. Era l’inizio di un’avventura tutta piemontese che però avrebbe avuto vita breve: dopo aver avviato una fabbri-ca ad Alpignano, presto mancarono i necessari finanziamenti per continuare. Il 15 gennaio 1895 fu depositato l’atto di scioglimen-to della A. Cruto e C. (Archivio di Stato di Torino, Atti di Società, Vol. I, fasc. 62), società in accomandita semplice, costituita il 25 febbraio 1882, che alla data dello scioglimento aveva un capita-le sociale di 5000 lire.

OmbrelloGiovanni Gilardini, 2 giugno 1885

Giovanni Gilardini, originario del Verbano, in Piemonte, negli anni quaranta del XIX secolo arrivò a Torino, e in località Pon-te Mosca aprì un laboratorio per la fabbricazione di ombrelli. In-torno alla metà degli anni cinquanta l’azienda cominciò a inte-ressarsi di produzione conciaria, avviando un’attività produttiva che vide spesso tra i clienti l’esercito, per il quale produsse equi-paggiamenti. Tra il 1860 e il 1875 l’azienda aprì un nuovo sta-bilimento in Lungo Dora Firenze. Negli ultimi anni del secolo la Gilardini dava lavoro a quasi 1000 operai (quasi un terzo della manodopera complessiva impiegata nell’intero settore conciario cittadino) suddivisi in due sezioni: meccanica (equipaggiamen-ti e abbigliamenti per le forniture militari, nonché fabbricazio-ne di ombrelli) e conciaria. Il 4 dicembre 1905 l’azienda si tra-sformò in Società Anonima Giovanni Gilardini, e nel 1911 vide crescere ulteriormente le sue commesse per l’esercito in occasio-ne della guerra di Libia. Tra il 1915 e il 1918 lo stabilimento to-rinese produsse migliaia di pezzi: calzature alpine e gambaletti (circa 40.000), cinghie per fucili (100.000) e finimenti per stan-ghe (12.000).

Trasmissione di segnali elettrici

Guglielmo Marconi,18 luglio 1897

Quando Guglielmo Marconi ottenne questo brevetto si tro-vava da poco più di un anno in Inghilterra. Il 12 febbraio 1896 aveva lasciato l’Italia con la madre, e a Londra, il 5 mar-zo dello stesso anno, presentò la prima richiesta provvisoria di brevetto, con il numero 5028 e con il titolo Miglioramenti nel-la telegrafia e relativi apparati. Il 19 marzo Marconi ricevet-te dall’ufficio brevetti conferma dell’accettazione, e il 2 giu-gno dello stesso anno depositò una domanda definitiva per un sistema di telegrafia senza fili (n. 12.039) dal titolo Perfe-zionamenti nella trasmissione degli impulsi e dei segnali elet-trici e negli apparecchi relativi. Nel luglio 1897 Marconi fon-dò a Londra la Wireless Telegraph Trading Signal Company, che presto divenne la Marconi Wireless Telegraph Company. Il primo ufficio si trovava in Hall Street, a Chelmsford, e l’an-no successivo avrebbe avuto una cinquantina di impiegati. La prima trasmissione radio attraverso uno specchio di mare avvenne nel 1899 da Ballycastle, nell’Irlanda del Nord, all’i-sola di Rathlin. Guglielmo Marconi ricevette il premio Nobel per la fisica a Stoccolma il 10 dicembre 1909.

Dispositivo per sollevare oggetti sommersi

Caterina Pino, 13 febbraio 1906

Poche sono le donne titolari di brevetti industriali, so-prattutto nel XIX secolo. I registri del Regno di Sardegna riportano Paolina Verdeaux, che nel 1829 e nel 1839 pre-sentò domanda e ottenne il brevetto per i suoi busti orto-pedici, Lorenza Correa, che nel 1832 ottenne un brevet-to per la fabbricazione di pettini, la vedova Dumail, che propose un sistema di annaffiamento delle piante (1844), Maria Saxe per una macchina per ricamare (1840), Amelia Pajot per la fabbricazione di maglie (1848), Caterina Roatis per una bevanda alcoolica (1854). Pochissime, comunque, rispetto alle centinaia di brevetti presentati all’Accademia delle Scienze di Torino. Sull’Annuario Scientifico e Indu-striale del 1904 (pubblicato dall’editore Treves) apparve una breve notizia relativa all’invenzione di un «Apparec-chio per la discesa, la propulsione ed il lavoro sott’acqua» a firma di Kunkl S. e Pino G. Di quest’ultimo la signora Caterina Pino, née Rossi (nata Rossi), fu probabilmente la consorte.

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Macchina per scrivere

Camillo Olivetti,20 luglio 1926

Il 29 ottobre 1908 a Ivrea, nella «fabbrica in matto-ni rossi», venne fondata la Ing. C. Olivetti e C. Alla pre-parazione del primo modello di macchina per scrive-re lavorò un gruppo di una ventina di persone guidato dello stesso ingegner Camillo, che alla fine del 1908 compì un nuovo viaggio negli Stati Uniti per racco-gliere informazioni utili al progetto. Dopo quasi tre an-ni il primo modello, la M1, venne presentato all’espo-sizione di Torino del 1911. Ai primi anni di difficoltà seguirono finalmente i successi: dopo un secondo mo-dello, la M20, nel 1922 nacque a Ivrea la fonderia e nel 1926 la OMO (Officina Meccanica Olivetti) per la co-struzione di macchine utensili. Il primo manifesto pub-blicitario venne affidato al pittore Teodoro Wolf Fer-rari, che raffigurò Dante Alighieri intento a indicare con un atteggiamento autorevole una M1. Altri slo-gan furono questi: «Se i nostri padri potessero vedere la macchina da scrivere Olivetti griderebbero al mira-colo», «La macchina italiana che nulla ha da invidiare alle macchine straniere», «Italiano, tu che hai combat-tuto sofferto e vinto non preferire la macchina stranie-ra all’italianissima Olivetti», «La storia dell’Italia vitto-riosa si deve scrivere con la macchina Olivetti».

Matita con serbatoioRodolfo Debenedetti,

21 maggio 1929

L’Aurora venne fondata nel 1919 a Torino, come Fabbrica Italia-na Penne a Serbatoio Aurora, dal finanziere e commerciante di tessu-ti Isaia Levi, figlio di Donato e Arianna De Benedetti. Isaia Levi, futu-ro presidente della Zanichelli, aveva voluto diversificare l’attività nel distretto di Settimo Torinese, cominciando a imitare le fountain pen americane che allora dominavano il mercato, come la Waterman. Dopo i primi modelli di penne rientranti con caricamento a contagocce, ne-gli anni venti l’Aurora incominciò a produrre penne a riempimento au-tomatico con corpo in ebanite, e parallelamente anche i primi model-li in celluloide con la serie Duplex. Nel 1929 l’azienda si ristrutturò, e incominciò a produrre anche penne economiche che sarebbero entrate nei circuiti commerciali con il nome Asco. In questi anni la produzione si aprì anche ad altri prodotti, come il portamine presentato in questo brevetto. Nel 1930 venne lanciato il nuovo modello Superba, con cari-camento a levetta e con una originale forma affusolata. Erano gli anni dell’apertura a nuovi mercati, come quello spagnolo e francese. Attiva ancora oggi, l’Aurora ha recentemente conosciuto nuovi successi con il modello Hastil disegnato da Marco Zanuso.

Motore a combustione interna

Giovanni Enrico, 3 agosto 1909

Nato a Casale Monferrato nel 1851, Giovanni Enrico si laureò al-la Scuola di Applicazione per gli Ingegneri di Torino il 31 dicem-bre 1876. Nel 1879 aprì un’officina meccanica in via degli Artisti 34, dove cominciò a produrre motori a vapore e idraulici, due dei quali furono esposti durante l’Esposizione Nazionale del 1881. Fu assunto come direttore progettista della FIAT nel 1901 da Giovan-ni Agnelli, al posto di Aristide Faccioli, e per primo realizzò il mo-dello 12 HP con motore a 4 cilindri biblocco e con radiatore a ni-do d’ape. Progettista dotato di grande professionalità, brevettò un sistema di anticipo automatico con magnete a bassa tensione e un tipo di cambio con ingranaggi sempre in presa. Fu l’innovato-re della posizione delle valvole dei motori a scoppio: sino ad allo-ra erano poste in posizione laterale al cilindro, mentre Enrico de-cise di portarle in testa, con la classica inclinazione e comandate da un singolo bilanciere. Questa soluzione fu adottata sul model-lo 100 HP del 1905.

Aeromobile multiplano

Gianni Caproni, 10 agosto 1920

Dopo la Realschule di Rovereto e la laurea in ingegneria civile al Politecnico di Monaco di Baviera nel 1907, il trentino Giovanni Battista Caproni conobbe lo scienziato Henri Coanda a Liegi, do-ve si stava specializzando in elettrotecnica. Proprio a Liegi, dopo aver assistito a una dimostrazione dei fratelli Wright, iniziò a col-tivare interesse nell’allora emergente campo dell’aeronautica. Ri-tornato in Trentino dopo un breve soggiorno a Parigi, si mise al la-voro al suo primo velivolo a motore, il Ca.1, e intanto si trasferì in Italia, a Cascina Malpensa, dove fu fondata la Caproni. Il Ca.1 fece il suo primo volo il 27 maggio 1910, ma si distrusse nell’atterrag-gio. A Vizzola Ticino Caproni lavorò ai modelli successivi. Dopo una serie di prototipi sviluppò il Ca.18, destinato all’osservazio-ne aerea, che però uscì sconfitto dal primo concorso militare italia-no, tenutosi all’inizio del 1913. L’azienda in difficoltà economiche fu acquistata dallo Stato italiano: Caproni vi rimase come diretto-re tecnico, progettando i trimotori da bombardamento che furo-no utilizzati dalle forze aeree di Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti durante la prima guerra mondiale. Dagli anni venti gli aerei Caproni continuarono a far parlare di sé.

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ElicotteroCorradino d’Ascanio

e Pietro Trojani, 22 maggio 1934

Corradino D’Ascanio nacque a Popoli, in Abruzzo, il 1º febbraio 1891. Nel 1906 costruì una sorta di delta-plano, che usò per lanci sperimentali. Dopo il diploma nel 1909 al Regio Istituto Tecnico Ferdinando Galliani di Chieti, si laureò a Torino in ingegneria industriale mecca-nica nel 1914. A dicembre si arruolò volontario nell’arma del genio, nella divisione Battaglione Aviatori, assegnato al collaudo dei motori. Inviato in Francia per scegliere un motore rotativo da fabbricare in Italia, fu l’artefice del-la produzione italiana dei motori Le Rhone. Con lo scop-pio della guerra si occupò della manutenzione del mate-riale delle squadriglie di volo, ma nel 1916 fu assegnato alla società per costruzioni aeronautiche Pomilio, che nel 1918 lo portò in America. Ritornato in Italia, a Popoli, nel 1925 fondò una società con il barone Pietro Trojani di Pescosansonesco. Qui cominciò l’avventura con gli eli-cotteri. I primi prototipi di elicottero D’AT1 e D’AT2 ebbe-ro esito negativo. Il terzo prototipo, D’AT3, commissiona-to dal ministero dell’Aeronautica, realizzato nelle officine del genio aeronautico a Roma e dotato di un motore Fiat A.50 S HP90, conquistò nel 1930 i primati internazionali alzandosi dal suolo per 18 metri.

Apparato per la bonifica di oli lubrificanti usatiGiacomo Bottaio, 6 febbraio 1945

Al termine della guerra l’Italia si trovava in una situazione disastrosa, con la maggior parte delle fabbriche bombardata. Alla Piaggio di Pontedera, oltre alla ricostruzione, bisognava pensare alla riconversione per una produzione «di pace». Enrico Piaggio, figlio di Rinaldo, il fondatore, ebbe l’idea di costrui-re un motociclo a basso costo utilizzando i motori a scoppio già impiegati co-me starter degli aerei. Affidò inizialmente il compito a un ingegnere del suo staff, che realizzò l’MP5, soprannominato Paperino, che però, non trovando il favore del pubblico, venne abbandonato. Nell’estate dello stesso anno il pro-getto passò nella mani di Corradino D’Ascanio, che affrontò il problema con una filosofia completamente nuova, più aeronautica che motociclistica, pren-dendo spunto dai velivoli intorno ai quali aveva lavorato sino ad allora. Il pri-mo modello, chiamato 98, fece la sua comparsa ufficiale nel 1946, e fu espo-sto al salone del ciclo e motociclo di Milano. Con la Lambretta, prodotta dalla Bianchi l’anno seguente e diventata subito l’antagonista, la Vespa (questo il nome che porta ancora oggi) cambiò lo stile di vita degli italiani, anticipan-do le utilitarie e diventando lo scooter più famoso al mondo. Una menzione a parte meritano le pubblicità: «La S.p.A Piaggio & C. presenta la Motolegge-ra utilitaria Vespa»; «Non è una motocicletta, ma piuttosto una piccola vettu-ra a due ruote»; «Assicurati sulle strade bagnate e viscide da una stabilità ec-cezionale»; «Meglio una Vespa oggi che una vettura domani»; «Lo scooter più diffuso». E poi: «Vespizzatevi!»; «Chi Vespa mangia le mele»; «Mela compro la Vespa!»; «Gioiati Vespa!». Negli Stati Uniti la pubblicità dichiarava: «Forse la vostra seconda automobile non dovrebbe essere un’automobile».

Dispositivo per cuciture a zig-zag

Giuseppe Amman, 29 dicembre 1953

Una delle innovazioni che caratterizzarono le macchine per cucire Necchi fu la presenza di un dispositivo capace di realizzare il punto a zig-zag. Di ciò fu l’artefice Giusep-pe Amman. La storia delle macchine da cucire Necchi ini-zia nel 1927, con la creazione della Bobina Domestica, che negli anni trenta avrebbe subito importanti evoluzioni tan-to nella velocità quanto nella tipologia dei punti, sino alla creazione del punto a zig-zag. In questo modo un prodot-to di qualità con caratteristiche «industriali» conobbe anche un vastissimo e apprezzato uso domestico. La Necchi si im-pose nel corso degli anni sul mercato, non solo italiano, per via della moderna tecnologia e anche per la collaborazione con grandi designer. La Visetta del 1949 era stata disegnata da Giò Ponti, il modello 1100/2 Borletti da Marco Zanuso; le bellissime Necchi Supernova (1953), Lidia (1955), e Mirella (1957) portano invece la firma di Marcello Nizzoli. La Nec-chi Logica, del 1981, fu disegnata da Giorgio Giugiaro.

Nel 1911 il chimico genovese Giacomo Bottaro, di Genova, ottenne dallo US Patent Office un brevetto per la «Produzione di acidi grassi». Il brevetto venne riportato l’anno seguente sul-lo Year-Book for Colorists and Dyers, Presenting a Review of the Year’s Advances in the Bleaching, Dyeing, Printing and Fini-shing of Textiles, e descritto come il tentativo di ottenere aci-di grassi più leggeri usando sapone di calce come uno dei com-ponenti. Poche sono le notizie relative a questo chimico, il quale però tra gli anni trenta e cinquanta continuò a brevettare i pro-pri ritrovati. Sul n. 50 della rivista «Technica» (aprile 1937) ap-parve tra i Petites Annonces Commerciales la seguente inserzio-ne: «M. Giacomo Bottaro, titulaire du brevet français 771.447 du 9 avril 1934, pour Perfectionnements aux appareils ou machines pour la préparation d’infusions ou d’extraits liquides chauds ou froids de n’importe quelle nature, désire le vendre ou en céder des licences d’exploitation. Pour tous renseignements, s’adresser à Mm. Germain et Moreau, ingénieurs-conseils, 31, rue de l’Hôtel-de-Ville, à Lyon». Nel 1940 brevettò un «Processo per estrazione controcorrente» e nel 1953 un «Countercurrent extraction appa-ratus and process».

Bicicletta a motoreCorradino d’Ascanio, 27 dicembre 1949

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Sistema pulente in un impianto di lavaggio

per autovettureUmberto Capra,25 gennaio 1977

Pietro Ceccato nel 1936 fondò l’azienda che tut-tora porta il suo nome: dalla produzione di forni da pane la Ceccato passò con il tempo ai compresso-ri d’aria e alle attrezzature per stazioni di servizio. In seguito progettò e realizzò un motore ausiliario per biciclette, e intraprese la produzione di motociclet-te sportive. Umberto Capra era invece un geniale in-ventore, che sviluppò all’interno dell’azienda nuove macchine e sistemi di lavaggio per automezzi. Nel 1956, alla morte del fondatore e in parallelo con il boom economico e l’esplosione delle vendite di au-tovetture, la Ceccato venne acquisita dalle famiglie Capra e Dolcetta. All’alba degli anni ottanta Cecca-to era ormai un gruppo industriale leader negli im-pianti automatici per il lavaggio dei veicoli; in que-sti anni sono state aperte nuove aziende in Brasile, Germania e Polonia. Nel 1997 è stata dismessa la produzione di compressori d’aria, mentre nel 1999 è stata acquisita Daerg Italia, specializzata in piste di lavaggio self service, che sarà parte integrante di Ceccato a partire dal 2005.

Pinna a rigidezza differenziata Carlos Alberto Godoy, 8 agosto 2006

Nel 1938 i fratelli Egidio e Nanni Cressi fecero a mano le prime maschere e i primi fucili per la pesca subacquea. Ma la prima «vera» maschera Cressi, la Sirena, entrò in produ-zione solo nel 1943, e sarebbe restata in catalogo, con va-ri aggiornamenti, per più di trent’anni. Il 1946 fu l’anno di nascita ufficiale della Cressi di Genova, che si presenta-va nel primo catalogo con circa una dozzina di fucili. L’an-no successivo fu la volta dell’Aro AR47, il primo autore-spiratore a circuito chiuso. A partire dagli anni cinquanta la ditta genovese inizia una serie di invenzioni che han-no letteralmente fatto la storia delle immersioni subacquee in Italia. La maschera Pinocchio e le pinne Rondine; i nuo-vi fucili CO2 e gli autorespiratori a ossigeno (Aro AR57B); i fucili oleopneumatici, gli erogatori Polaris e soprattutto le maschere ottiche dotate di lenti correttive negli anni ses-santa: sono solo i principali prodotti lanciato sul merca-to dalla ditta genovese. Nel 1970 Cressi è stata la prima a introdurre un innovativo giubbetto che faceva un tutt’u-no con le bombole. La prima filiale estera della Cressi è sta-ta aperta in Francia, a Nizza, nel 1980.

Calcolatore elettronicoPier Giorgio Perotto

e Giovanni De Sandre, 23 settembre 1969

Così nel 2002 Pier Giorgio Perotto, a capo del team che proget-tò la Olivetti Programma 101, ricordava in un’intervista l’avventu-ra della progettazione del primo personal computer tutto italiano: «[…] subito dopo la laurea avevo lavorato come ricercatore al Po-litecnico di Torino ed ero rimasto colpito dalla mancanza di stru-menti di calcolo di uso personale che affliggeva i ricercatori, per i quali l’accesso al lontano mainframe era complicato o quasi im-possibile. […] La Olivetti P101, nacque nel 1965 e, nonostante nel-la forma assomigliasse più a una calcolatrice che a un PC dei gior-ni nostri, del personal aveva molte delle caratteristiche. Prima di tutte quella di essere uno strumento personale di elaborazione dati, dotato di un programma che poteva essere registrato in memoria; […] un semplice sistema di progettazione con un linguaggio facile da apprendere in poche ore anche da un utente non specializzato; inoltre era fornita di una libreria di programmi di tipo matemati-co, statistico, finanziario. La P101 era in grado di fare velocemen-te le operazioni aritmetiche elementari, in più poteva essere pro-grammata dall’utente con un massimo di 120 istruzioni, scelte fra 15 funzioni disponibili».

Distributore rotante per lavatrici

Lino Zanussi, 2 marzo 1971All’inizio del Novecento Antonio Zanussi aveva aperto a Por-denone l’Officina Fumisteria Antonio Zanussi, con cui produce-va stufe economiche a cui avrebbe imposto il marchio Rex in se-guito alla conquista del Nastro Azzurro da parte del transatlantico italiano Rex. La fumisteria intanto si era trasformata assumendo nuovi operai e producendo la famosa cucina AZP (Antonio Zanus-si Pordenone), destinata al successo internazionale. In tempi in cui il Friuli era ancora terra di emigrazione la Zanussi stava cambian-do il volto di una regione che sino ad allora aveva visto soltanto poche industrie tessili. Lino Zanussi ereditò dal padre (morto nel 1946) l’azienda, che trasformò da industria familiare a leader eu-ropea nel mercato degli elettrodomestici, cucine a gas ed elettriche, frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie (con i marchi Rex e Naonis nel-la gamma superiore) e televisori, con il marchio Seleco. La Zanussi cambiò così il volto di Pordenone e del territorio circostante, cre-ando occupazione e benessere. Questo brevetto, uno dei tanti nel settore delle lavatrici, fu presentato l’8 maggio 1968; Lino Zanussi sarebbe morto per un incidente aereo a San Sebastian, in Spagna, il 18 giugno dello stesso anno.