Forlì In Magazine

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 23/11/1998 n. 27 - E 3,00 Riciclo creativo Tutto si trasforma Via dei Tigli e Monte Poggiolo Colpo d’occhio sulla piana Speciale Design Spazio alla creatività Rocco Ronchi Filosofia del vivere Forlì ® www.inmagazine.it Anno XVI - N. 1 - FEBBRAIO - MARZO 2013

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Forlì In Magazine 01-2013

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Riciclo creativo Tutto si trasforma

Via dei Tigli e Monte Poggiolo Colpo d’occhio sulla piana

Speciale Design Spazio alla creatività

RoccoRonchiFilosofia del vivere

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Anno XVI - N. 1 - FEBBRAIO - MARZO 2013

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show roomForlì - via Balzella, 4/E

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Bologna - Forlì - Cesena - Ravenna - Faenza - Rimini

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Sommario

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L.

Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47100 Forlì tel. 0543.798463 - fax 0543.774044

[email protected]

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte.

Il filosofo Rocco Ronchi, protago-nista sulla copertina di Forlì IN, ci racconta cosa significa oggi parlare di filosofia, in un mondo incalzato da cambiamenti che chiedono di essere declinati in senso positivo. Trasformazioni continue che in qualche modo coinvolgono anche la materia: ne sono un esempio i laboratori, i mercatini e le attività associative sempre più attente al riciclo creativo degli oggetti, al cen-tro di iniziative originali ed ecoso-stenibili realizzate in varie parti del-la città, di cui si parla nel secondo articolo della rivista. Proseguiamo con la scoperta del territorio in-camminandoci lungo una solitaria

via tra i calanchi su cui si affaccia il castello di Monte Poggiolo, e recu-periamo storie della tradizione ro-magnola come quella dei cacciatori in valle e in pineta. Antiche scultu-re in cartapesta ci conducono alla scoperta di un’affascinante forma d’arte sacra; con la nuova stagio-ne del golf ci avviamo invece verso la primavera con un interessante programma proposto dalle Ladies, mentre nella rubrica libri troviamo un’intervista alla scrittrice Erminia Crociani. Chiudiamo la rivista con lo speciale design, che offre alcu-ni spunti preziosi per arredare la casa in modo elegante ed originale. Buona lettura!

| EDITORIALE di Andrea Masotti |

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Brevi IN

10 Essere

Rocco Ronchi

16 Recuperare

Riciclo creativo

20 Visitare

Via dei Tigli

e Monte Poggiolo

26 Raccontare

Doppiette ravennati33 Scoprire

Antiche cartapeste36 Giocare

Golf40 Scrivere

Erminia Crociani43 Speciale Design

Spazio alla creatività

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (RN)

Direttore Responsabile:

Andrea Masotti

Redazione centrale:

Roberta Brunazzi, Serena Focaccia

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Marica Graziani

Controllo produzione e qualità: Isabella Fazioli

Ufficio commerciale: Gianluca Braga,

Sabrina Marin

Collaboratori:

Maria Vittoria Andrini, Linda Antonellini, Lidia

Bagnara, Annalisa Balzoni, Andrea Casadio, Serena

Focaccia, Massimo Fiorentini, Francesca Miccoli,

Matteo Ranucci, Giorgio Sabatini, Aldo Savini.

Chiuso per la stampa il 28/02/2013

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Invito al vino con Don Abbondio

Forlì - Cinque serate per imparare a compiere i primi passi con un

bicchiere di vino in mano: è l’“Invito al Vino” proposto dall’osteria Don

Abbondio di piazza Guido da Montefeltro, in collaborazione con il Cral Cassa dei Risparmi di

Forlì. Dal 12 febbraio al 26 marzo sono in programma incontri guidati

dal sommelier Simone Zoli (nella foto), per imparare a gustare ed

apprezzare i migliori vini delle regioni italiane. Il gran finale è per martedì

26 marzo, con una serata all’insegna delle bollicine, con degustazione di

cinque spumanti storici. Info e prenotazioni: 0543 711245.

Salvatore Sanna, nuovo questore

Forlì - Salvatore Sanna, 59 anni, dal 1° dicembre scorso è il nuovo

Questore di Forlì-Cesena. In Polizia dal 1975, è stato alla Digos di Torino

e ha diretto vari commissariati, fino a ricoprire l’incarico di vice-

questore di Torino. Sanna raccoglie il testimone da Antonino Cacciaguerra,

che ha lasciato l’incarico per raggiunti limiti d’età.

Galleria a cielo aperto in via Giorgio Regnoli

Forlì - Via Giorgio Regnoli si propone come la via dell’arte e del buon vive-re, caratterizzata da attività artigiana-li ma anche da ristorazione, per pro-muovere uno stile di vita sostenibile a “km 0”. Il progetto è un concreto proseguimento del cammino iniziato durante le manifestazioni organizza-te nel 2011 e nel 2012 con “L’inno-vazione responsabile” e la “Notte verde europea”. Grazie all’impegno dell’associazione culturale “Regnoli 41” il 2013 si apre con cinque mesi di “Galleria a cielo aperto”, con sedici

installazioni ospitate da muri e ter-razzi delle case di via Regnoli. Ogni sei mesi nuovi artisti esporranno le loro opere, dando continuità al pro-getto di donare una nuova identità alla strada e di evitare la presenza di spazi degradati a livello visivo. In mo-stra “a cielo aperto” le opere dell’ar-tista croata Irena Kraljic, di Montser-rat Ventura (Messico), Suzana Saleh (Romania), e ancora Delio Piccio-ni, Vito Matera, Francesco Fantini, Gino Balena, Consuelo Tomassini. [email protected]

Ph. Giorgio Sabatini

Green economy, fondo energia per le Pmi

Emilia-Romagna - Migliorare l’effi-cienza energetica delle piccole e me-die imprese dell’Emilia-Romagna: con questo scopo nasce il “Fondo ro-tativo di finanza agevolata per il fi-nanziamento della green economy”, per incrementare gli investimenti delle imprese a favore di beni e servi-zi destinati a migliorare l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Il fondo, approvato dalla Regione Emilia-Romagna, dispone di un plafond iniziale di 24 milioni di euro; è gestito dal raggruppamen-

to temporaneo d’imprese formato dai Confidi regionali Unifidi-Fidin-dustria. Il fondo concede finanzia-menti agevolati con provvista mista della durata massima di 4 anni, da 75mila euro fino ad un massimo di 300mila euro per progetto. Possono fare ricorso al nuovo “fondo ener-gia” le piccole e medie imprese che operano nei settori dell’industria, dell’artigianato e dei servizi alla per-sona. Le domande possono essere presentate a partire da marzo 2013. www.fondoenergia.euP

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4 | IN MagazineFORLÌ C.so della Repubblica, 157 tel. 0543.34700 - [email protected]

Silvia Capacci indossa occhiali Ray BanI nostri clienti diventano anche nostri amici.

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FORLÌ C.so della Repubblica, 157 tel. 0543.34700 - [email protected]

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Sulle vie dei cammini

Bagno di Romagna - Itinerari di due giorni nelle Foreste Casentinesi tra Romagna e Toscana, messi a punto dal Parco delle Foreste Casentinesi

in collaborazione con varie realtà del territorio. Il programma prevede

sei viaggi a piedi di due giorni per camminare, mangiare, dormire e scoprire insieme il Sentiero delle Foreste Sacre, il Cammino di San

Vicinio e la Via Romea Germanica. Il 13 e 14 aprile si va da Bagno di

Romagna a Camaldoli; il 4 e 5 maggio si segue la Via Romea Germanica da Civitella a Bagno di Romagna,

mentre il 18 e il 19 maggio l’itinerario è Bagno - La Verna. Il calendario estivo si chiude il 22 e 23 giugno

con un percorso che tocca le Balze e Sant’Agata Feltria, attraversando

il Monte Fumaiolo. www.bagnodiromagnaturismo.it

Ottocento anni per Piazza Saffi

Forlì - Fino ad aprile i portici di piazza Saffi rimangono addobbati con gli stendardi sospesi dedicati

alla storia della piazza, che nel 2012 ha celebrato i suoi primi 800 anni di

vita. Otto secoli raccontati attraverso immagini evocative, presentate

a gruppi e scolaresche anche attraverso visite guidate e laboratori

(il prossimo è per sabato 16 marzo, dalle ore 15,30 alle 17,30, con ritrovo

all’ingresso del palazzo comunale. Info. 0543 712659).

Il San Domenico racconta il Novecento

Forlì - Fino al 16 giugno ai Musei San Domenico di Forlì è allestita la mostra “Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre”. Il ricco percorso esposi-tivo, suddiviso in quattordici sezioni, approfondisce il trentennio dell’arte del secolo scorso che parte dal primo dopoguerra e arriva alla conclusione

del secondo conflitto mondiale, con un focus centrato sugli anni Venti e Trenta tra opere pittoriche, grafiche, scultoree di artisti del calibro di Picas-so, Severini, Casorati, Carrà, Guttuso, Martini, Manzù e tanti altri. In mostra anche oggetti d’arredo e abiti d’epoca (nella foto il taglio del nastro inaugurale).

Ph. Giorgio Sabatini

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Il libro di Camprini a sostegno della Ricerca

Forlì - Diecimila euro raccolti a sup-porto della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. È il brillante risul-tato ottenuto da Loris Camprini con il suo libro “Un milione di chilometri in moto” (Edizioni IN Magazine “Au-tori”), uscito a maggio 2012. La consi-stente cifra, consegnata a fine gennaio alla onlus, è stata finalizzata al progetto di ricerca CFaCore (Cystic Fibrosis Ani-mal Core Facilty). Nel volume, ormai prossimo al tutto esaurito, l’architet-to forlivese Loris Camprini racconta per parole e immagini i suoi viaggi in moto, un milione di chilometri vissuti appassionatamente raccontati tra aned-doti divertenti ed episodi curiosi sulle strade del mondo, dall’Australia agli Stati Uniti, dall’Irlanda alla Tasmania.

Ph. Giorgio Sabatini

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6 | IN Magazine

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Ecipar diventa Cna Formazione

Forlì-Cesena - Ecipar Forlì-Cesena cambia nome e diventa Cna Formazione Forlì-Cesena. La nuova denominazione sottolinea l’impegno di Cna nel campo della formazione e della consulenza formativa. “Grazie ad un’esperienza di quasi 30 anni di

lavoro – afferma il direttore generale di Cna Forlì-Cesena Franco Napolitano (nella foto, al centro) – ci proponiamo ora con rinnovate energie e modalità.

In un contesto difficile, per Cna è un impegno strategico offrire opportunità

e strumenti che sostengano le imprese lungo il loro percorso di crescita”. Cna

Formazione è contattabile al numero 0543 473637 o via mail a

[email protected]; il catalogo dei corsi 2013 è disponibile sul nuovo sito

www.cnaformazionefc.it

Cura del glaucoma ai vertici nazionali

Forlì - L’Unità Operativa di Oftalmologia dell’Ausl di Forlì all’avanguardia per la cura del glaucoma. Fiore all’occhiello

del Centro glaucoma forlivese è l’attività chirurgica: l’équipe diretta dal

dott. Paolo Maria Fantaguzzi (nella foto) offre, in questo campo, le più innovative

tecniche di chirurgia mini-invasiva, diagnosi sofisticate e percorsi ad hoc, al punto da essere divenuta, in questi

anni, un punto di eccellenza in Emilia-Romagna e a livello nazionale.

La Bottega di Mamma Rò, aromi d’America

Forlì - Originali aromi d’America nel-la Bottega di Mamma Rò, negozio di tessuti, complementi d’arredo e arti-coli da regalo a Forlì, in viale Spazzoli 14. Qui si trovano in esclusiva le fa-mose Yankee Candle, fragranze reali con i profumi della natura, confezio-

nate nel tipico contenitore a forma di giara, elemento distintivo del brand. Oggi Yankee Candle è un’azienda lea-der a livello mondiale nel settore delle profumazioni di qualità per l’ambien-te, grazie alle sue fragranze uniche per ogni stagione e occasione.

Pittura al Don Abbondio con le tele di Demos

Forlì - In occasione della mostra “No-vecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre” ai Musei San Domenico a Forlì, l’enoteca e ristorante Don Ab-bondio in piazza Montefeltro a Forlì espone le opere del pittore riminese Demos Bonini. Demos è tra i prota-gonisti del linguaggio pittorico reali-

sta del Novecento, inserito dai critici tra i migliori pittori contemporanei italiani. Storie di mare e collina, di fatiche contadine e di abitudini bor-ghesi raccontate con tutta l’ironia, l’inquietudine e la gioia tipica dei so-pravissuti alla seconda guerra mon-diale. Demos ha dipinto sentimenti e stati d’animo vissuti di pari passo col fluttuante ritmo della sua città, quella Rimini metropolitana in estate e pi-gra in inverno. Le sue opere sono state esposte in decine di gallerie in Italia e all’estero ricevendo premi prestigiosi, e l’artista ha vissuto intense storie di amicizia, tra gli altri, con Federico Fel-lini, Renato Guttuso e Sergio Zavoli. www.demosbonini.it (s.m.)

Annotare | Brevi IN

8 | IN MagazineLaila Boutique, Via delle Torri n. 22 - 47121 Forlì (FC) - t. 0543 094370 lailaboutique.it

LO SPETTACOLO DELLA MODA DA INDOSSAREOgni giorno in scena a Forlì.

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Laila Boutique, Via delle Torri n. 22 - 47121 Forlì (FC) - t. 0543 094370 lailaboutique.it

LO SPETTACOLO DELLA MODA DA INDOSSAREOgni giorno in scena a Forlì.

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10 | IN Magazine

Essere | Rocco Ronchi

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Il forlivese Rocco Ronchi racconta il suo essere filosofo oggi e ci accompagna in una riflessione su come “abitare” la realtà, sulle difficoltà e le sfide di vivere in maniera consapevole il nostro tempo.

testo Serena Focaccia

Rocco Ronchi, forlivese dal brillan-te curriculum accademico, è profes-sore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di L’Aquila. È stato docente di Filosofia della comuni-cazione alla Bocconi di Milano ed è visiting professor presso l’Università Hosei di Tokyo. Il suo parlare però non ha niente di cattedratico o ar-tificialmente astratto, è il filosofo che ogni studente vorrebbe ascol-tare mentre ragiona di filosofia e intanto, inevitabilmente, di vita.Cominciamo dunque parlando di vita. Qual è stato il tuo approc-cio alla filosofia e il tuo percorso personale?“Non ho mai pensato che avrei po-tuto fare altro. Al liceo la filosofia era insegnata male, in modo retori-co e vuoto. Come quasi tutti i miei compagni sonnecchiavo durante le lezioni. La necessità della filosofia mi arrivava allora dalla politica, o meglio dall’agitazione che si senti-va nell’aria. Volevo capire per poter agire e solo la filosofia mi poteva dare una risposta. In più come ogni adolescente ero turbato e volevo comprendere le ragioni del mio turbamento. Volevo fare della mia confusione esistenziale un sapere.

Heidegger ha detto che la filoso-fia, prima di essere una disciplina, fa parte della natura dell’uomo. Su questo credo abbia ragione. Chi può negare che la domanda che chiede ‘perché qualcosa invece di niente’ non l’abbia travolto almeno una vol-ta? Poi, dopo l’università a Bologna, dove ero rimasto molto deluso (lì non si faceva filosofia, ma si adde-stravano dei tecnici della cultura), ci sono stati gli incontri. Ho avuto l’immensa fortuna di avere come maestro un vero filosofo, un uomo straordinario per cultura e umanità: Carlo Sini. Nei primi anni ottanta, andandomene a Milano da Sini, ho finalmente incontrato la filosofia e il dibattito filosofico, allora ricchis-simo: Vattimo, Severino, Cacciari, Vitiello, solo per citarne alcuni. Tutte persone diversissime, difficili, talvolta insopportabili e sempre in polemica tra loro, ma accomunate dalla stessa idea di filosofia. La filo-sofia non è (solo) ‘cultura’, non è un museo e i filosofi non sono de-gli operatori culturali ossessionati dall’idea di guadagnarsi un posto fisso in università. La filosofia do-veva e poteva essere vita, anzi era la vita portata al suo grado massimo di

Filosofia del Vivere

IN Magazine | 11

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intensità (questa mi pare una buo-na definizione di ciò che s’intende con l’aggettivo ‘speculativo’ che mi piace molto per definire quello che cerco di fare con la filosofia…).”Che cosa significa e implica oc-cuparsi di filosofia oggi, in que-sto frangente storico e culturale? “Proprio quello che ho appena det-to. Continuare a fare filosofia in un tempo che per una serie di ragioni materiali sta dismettendo la filoso-fia, vale a dire il pensiero critico, il pensiero resistente, sostituendolo con dei simulacri di pensiero. La filosofia, fin dal suo inizio, ha sem-pre avuto a che fare con una diffe-renza, con una eccezione e talvol-ta anche con una infrazione della regola. Tutti conoscono la vicenda socratica. A chi lo accusava di em-pietà e di corruzione dei giovani,

Socrate rispondeva che ‘una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta’. Ebbene, anche in questo frangente storico, anzi soprattutto oggi, occuparsi di filosofia vuol dire innanzitutto continuare ad essere empi e a corrompere i giovani. Vo-glio dire che se la filosofia rinuncia ad essere quello che è sempre sta-ta, e cioè una problematizzazione dell’ovvio, smette di essere filoso-fia per diventare quello che alcuni apologeti dello status quo credono che essa sia: un modo efficace per formare delle menti plastiche in grado di integrarsi perfettamente nel sistema produttivo e capaci di farlo funzionare nel miglior modo possibile. La formazione filosofica per costoro ha il senso di una gin-nastica mentale che deve rendere alcuni giovani più ‘prestanti’. Non

si cita, forse, a questo proposito, il caso di Marchionne, che è laureato in filosofia? O non si spaccia addirit-tura per un guru del pensiero un in-dubbiamente geniale operatore di marketing come Steve Jobs? Ebbene io credo invece che si debba essere chiari. La formazione filosofica, se è veramente tale, produce disadat-tamento. Da un certo punto di vista effettivamente ‘rovina’ i giovani (e non favorisce la loro ‘integrazio-ne’), ma è una rovina che ha il senso della veggenza, che apre in loro un altro occhio, che regala momenti altissimi di lucidità. Molti miei colle-ghi pensano che la filosofia sia solo una faccenda di ‘competenze’. In-dubbiamente le competenze sono indispensabili e la filosofia è un me-stiere che richiede studi specialistici di straordinaria difficoltà. Ma non bisogna mai dimenticare che se un ragazzo sceglie gli studi filosofici, lo fa per altro. È perché vuole essere ‘corrotto’, perché vuole ‘vedere’.”Nel tuo ultimo libro (Come fare. Per una resistenza filosofica, Feltrinelli 2012) scegli di trattare del “come” facciamo le cose (e non del “perché” o del “che cosa” facciamo) e indichi questa domanda come necessaria per individuare delle forme di “re-sistenza”. Questa resistenza, che mi sembra un concetto di urgente at-tualità, come la possiamo mettere in pratica quotidianamente?“Sì. Ritengo che la domanda che chiede ‘come’ sia più interessante di quella classica che chiede ‘per-ché’. Essa implica infatti che si sia presi in una situazione, che si sia parte del mondo e non spettatore disinteressato. Chi chiede ‘che cosa’

Oggi, ieri, l’altro ieri: a fianco Rocco Ronchi nel suo studio forlivese; in apertura una sua foto di qualche anno fa. Nella pagina seguente fototessere del 1985, quando svolgeva il dottorato a Parigi.

Ph. Giorgio Sabatini

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Proposte che inquadrano ogni tuo desiderio.

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o ‘perché’ è a distanze siderali dal mondo che interroga e che giudica, non vi partecipa. Invece chi chiede ‘come fare’ è gettato nel mondo. La domanda che chiede ‘come fare’ è insomma una domanda ‘etica’. Essa chiede come ‘abitare’ quel divenire assoluto che siamo e che non pos-siamo non essere (provateci, se ci riuscite, a sfuggirgli…). La filosofia del Novecento - penso ai miei ma-estri intellettuali: Bergson, Gentile, Whitehead, Deleuze… - ha assolu-

tizzato il divenire, il cambiamento, il processo. Il problema che ci ha lasciato in eredità, un problema immenso, è come far sì che questo divenire sia creativo, affermativo, vitale. In un certo senso, che sia ‘buono’. Le ideologie mortifere del Novecento – prima fra tutte il fasci-smo italiano – avevano eletto il dive-nire a principio e fondamento (‘chi si ferma è perduto’ era uno degli slogan del ventennio) e ne avevano tratto conseguenze orribili. Lo stesso turbo-capitalismo finanziario di oggi è una metafisica del divenire. Eb-bene, la questione che pongo nel mio libro è come resistere al falso divenire, alla mobilitazione tota-le dei corpi e delle anime messa in atto da fascismo e capitalismo, ed è come divenire ‘bene’ o, come mi piace dire usando un’espressio-ne tratta dal lessico della psicoa-nalisi, come fare del divenire un fattore di ‘godimento assoluto’.”Il tuo sguardo verso il futuro: quali

sono le nuove sfide e le nuove do-mande a cui la filosofia deve prova-re a rispondere?“La questione fondamentale è il rapporto con la scienza. Il dialogo tra scienza e filosofia deve essere riaperto. La filosofia, deve provare a produrre concetti adeguati per quel reale che la scienza discopre e che forse la scienza non è in gra-do di pensare (non lo pensa perché troppo viziata da una cattiva metafi-sica). Il reale che la scienza attinge

non è più a misura d’uomo, in un certo senso ne prescinde. Coperni-co, Darwin, Freud sono i fondatori della modernità scientifica proprio perché hanno congedato ogni il-lusione di centralità dell’uomo e hanno pensato la coscienza, la sog-gettività, l’uomo appunto, come un effetto, come una piega del divenire delle cose. Per pensare questo reale senza l’uomo, la filosofia deve allora ritornare alla sua origine. Per i greci filosofare voleva infatti dire proprio abbandonare lo sguardo umano sulle cose, provare a oltrepassare la condizione umana. Filosofare per loro era dimenticarsi di sé per rap-portarsi alla ‘cosa’ senza l’uomo. Questo mi pare il grande compito della filosofia a venire: produrre un pensiero non più centrato sul primato dell’uomo. L’abbandono di ogni antropocentrismo permet-terà di ripensare la natura in una chiave nuova, forse non più di do-minio e di sfruttamento.” IN

Scatti d’epoca: un giovanissimo Rocco Ronchi con Sandro Veronesi ed Edoardo Albinati, insieme a Parigi nel 1985.

Un nuovo senso del divenire

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Laboratori e swap party, mercatini e percorsi

didattici. Il riciclo creativo, lo scambio di

oggetti e di idee sono alla base della nuova cultura contemporanea, con un

occhio all’ambiente e uno alla solidarietà.

Usa e getta addio. Al tempo della crisi, aguzzare l’ingegno diventa indispensabile e l’arte del baratto torna ad imporsi in una quotidia-nità troppo spesso improduttiva. Lo swap (letteralmente scambio), termine mutuato dall’universo fi-nanziario e informatico, è oggi alla base di una vera e propria filoso-fia di vita. Una sorta di shopping gratuito che garantisce una nuova esistenza agli oggetti usati, spesso destinati in maniera affrettata e su-

perficiale al cassonetto dei rifiuti. E proprio in nome del vivere green & glamour, salutare ricetta per abbat-tere i costi senza necessariamente abdicare alla qualità, si moltiplica-no feste ad hoc, negozi, community on line. Un must che non poteva non attecchire all’ombra di Saffi. In principio fu il Megaforlì, che nel maggio 2010 ospitò un primo, fortunato, swap party e la presenta-zione del volume “I love swapping” della giornalista del “Corriere del-

testo Francesca Miccoli - foto Giorgio Sabatini

Tutto si Trasforma

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Recuperare | Riciclo creativo

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la Sera” Marina Martorana, teorica del consumo ecosostenibile come pratica divertente e antidoto con-tro la solitudine. Sempre i locali di corso della Repubblica furono teatro del workshop “L’arte del rici-clo” e ogni primavera si trasforma-no in contenitore di eventi quali RiUso. Ma l’ombelico del mondo del baratto nostrano è il Pelacano Loft, dal 1° dicembre scorso sede dell’associazione forlivese “Rici-clando Riusando”, sodalizio che promuove la vendita a km zero da privato a privato. “Chi ha nella pro-pria abitazione oggetti inutilizzati e vuole liberarsene - spiega Ambra Amaretti, ideatrice del progetto - può aderire alla nostra iniziativa ed entrare nel circuito”. Per diven-tare associati è sufficiente acquista-re la tessera annuale d’iscrizione a 15 euro, l’adesione per un mese di prova costa appena due euro. Nella vecchia officina artigianale di via Pelacano 15/A, 160 mq un tempo deputati alla creazione di infissi, l’impatto sensoriale è fortissimo. Tra divani e complementi d’arredo recuperati tra i rifiuti, lampadari che sembrano di vetro di Murano e in realtà risorgono sulle ceneri di bottiglie di plastica, chiunque può ricavare uno spazio in cui allestire un “garage sale”, un piccolo negozio autogestito. Nel loft vanno in scena numerose iniziative: dai laboratori di riciclo creativo e di cucito a mac-china allo speed date business, una sorta di baratto delle idee.All’insegna delle tre erre - riciclo, riuso e risparmio - anche il mer-catino organizzato dal Centro per

le Famiglie, che rastrella oggetti utili per affrontare la dolce attesa e soddisfare le esigenze dei neona-ti. Abiti pre-maman e passeggini ma anche giocattoli e peluches. Solidarietà è la parola d’ordine anche al Villaggio Mafalda, sede del mercato stabile T-riciclo, gesti-to dai volontari dell’associazione Paolo Babini. “Raccogliamo ogget-ti usati per la prima infanzia, da rimettere in circolo con l’indica-zione di offerta che può essere di 1 o 2 euro - spiega Sara Barbieri, volontaria del gruppo e dipenden-te dell’omonima cooperativa -. Il ricavato viene devoluto per i nostri progetti solidali e a sostegno del disagio”. Ricostruire appartenen-za attraverso il riuso è la sfida del

Sotto, l’attività di T-riciclo del Villaggio Mafalda. In apertura lo staff di “Riciclando Riusando”, nella sede del Pelacano Loft.

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progetto Recuperandia, promosso da Centro di Ascolto, Caritas dio-cesana, associazione Incontri e Co-mitato per la lotta contro la fame nel mondo. Attraverso momenti di formazione, laboratori creativi,

raccolta di oggetti usati e merca-tini per la raccolta fondi gli ospiti delle accoglienze Caritas solidariz-zano con i cittadini forlivesi, dando vita ad una sola famiglia allargata. Anche per Flavio Milandri dell’as-sociazione Fantariciclando, pro-motrice di valori quali il riuso creativo con fini artistici, di de-sign e pedagogici, “la pattumie-ra è una miniera di opportunità. Lavorando su oggetti di scarto i nostri educatori danno avvio a un percorso didattico basato sul racconto e sulla metafora, come avviene ad esempio attraverso le favole contemporanee di Renata Franca Flamigni”. Consumare meno e meglio razio-nalizzando le risorse è infine la mission della cooperativa sociale Ecoliving, promotrice del proget-to L’ape Bianca, votato allo spreco zero e all’economia ecosostenibile. Nell’ampio spazio di viale Bologna trovano cittadinanza punti vendita non convenzionali: dalla “Biottega” alimentare al negozio di abbiglia-mento in fibra naturale, materiale di recupero e di seconda mano. E ancora fiere del baratto e riuso. “Presto la ‘Biottega’ conferirà al nostro ristorante prodotti non an-cora scaduti che verranno ‘ricicla-ti’ sotto forma di biscotti, crostate, pasta fresca, sughi pronti e saranno nuovamente messi in vendita nel negozio”, spiega Alice Cubeddu, vicepresidente di Ecoliving. Insomma, nel mercatino parroc-chiale come nel pittoresco bazar artigianale, l’imperativo è sempre il medesimo: nulla si crei, nulla si distrugga, tutto si trasformi. IN

A fianco la “Biottega” alimentare de “L’ape Bianca”; sotto il tema del riciclo protagonista anche del corteo di Carnevale.

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Visitare | Via dei Tigli e Monte Poggiolo

Confine strategico tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, oggi solitaria carrareccia tra i calanchi. La panoramica Via dei Tigli, su cui si affaccia il castello di Monte Poggiolo, regala una vista unica tra Faenza, Bertinoro e il mare.

testo Matteo Ranucci - foto Giorgio Sabatini

Colpo d’occhio sulla Piana

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Il camino della vecchia fornace di Forlì è a due passi dall’incrocio con via Biondina. L’opificio pro-dusse mattoni fino al 1971; alla fine dell’800 vi fu una riunione segreta alla quale parteciparono quaranta mazziniani. Via dei Tigli si stacca a destra dalla stretta linea d’asfalto di via Rio Cozzi, al principio della strada principale che conduceva e conduce nella valle del torrente Sa-moggia, in terra faentina. La strada di sassi e terra comincia a salire. Un cancelletto in ferro battuto ricoper-to da rampicanti chiude una scala di pietra desueta e inaccessibile che sale al sagrato e alla facciata in mat-toni della chiesa di Monte Calvario. È un edificio sconsacrato, costruito nel XV secolo, abbellito da elementi dell’architettura barocca, da stuc-chi. Via dei Tigli è anche la strada vicinale di Mezzacollina. Era una

delle più brevi e frequentate per raggiungere la città di Faenza. Sale su queste prime colline i cui nomi si leggono a fatica sulle carte topo-grafiche: Monte Cucco, Monte Col-lina, Monticino. Si guadagna quota ed una vista da prima fila su valli, coste, colli. È un colpo d’occhio importante. A sinistra, su un piano lontano, s’intuisce il piccolo valico delle Converselle, la conca stretta delle rupi scavate dal Rio Cozzi e, oltre, la cima rocciosa di Pietra-mora. In primo piano, i calanchi sono la formazione tipica. Hanno strane geometrie, in continuo mu-tamento. Le argille grigiastre sono instabili, modellate da pioggia e vento. Appaiono come creste mon-tuose, cordigliere viste da un satel-lite, veri e propri squarci in coste altrimenti dolci di erba o coltivate a foraggio, vite e ulivi. La vegeta-

Sopra, il percorso lungo la via dei Tigli, accompagnato dalla vista costante del castello di Monte Poggiolo.

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zione è composta da arbusti, rosa canina, ginestre, erba alta e sottile. A poche centinaia di metri di distanza, la Valle del Montone appare più lontana. C’è silenzio, le auto faticano a percorrere questa carrareccia, persone a piedi se ne incontrano poche se non quelle impegnate nei lavori dei campi. Difficile immaginare questo luogo come confine strategico, movimentato, combattuto e controllato tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. Ma lo era. “Casa Croce”, ora ridotta a rudere, a metà della salita, era un vecchio avamposto, un simbolo che testimonia la lotta di frontiera contro antichi contrabbandieri. Crescono anche il biancospino, il prugnolo su basamenti instabili, precari. Formano ciuffi sparsi o linee di vegetazione che seguono il bordo dei calanchi. Il colore predominante è un verde chiaro tendente al giallo, con i toni smorzati dalla stagione invernale. La carrareccia, meno stabile e comoda nella sua parte alta, incrocia la strada di crinale. È una linea sottile che percorre la cresta di questa prime colline. Una delle ultime vere “vie” sterrate. Unisce Monte Poggiolo al passo di bassa collina delle Converselle. Ci sono poche case abi-tate, alcuni ruderi e casolari dalla posizione invidiabile su cucuzzoli stondati e isolati. Si cammina tra i 200 e i 280 metri sul livello del mare. L’Adriatico è una linea spessa

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che segna l’orizzonte. Si distinguo-no i grattacieli di Cesenatico e Mila-no Marittima. Verso nord l’abitato di Faenza, a est Forlì ed i colli appuntiti di Bertinoro e Monte Maggio. Non ci sono ostacoli, alture ad impedire la vista dell’ampia pianura. La salita è terminata. La bruma invernale offusca i dintorni di prima mattina e all’imbrunire. Nelle ore centra-li è spazzata via da una brezza più tiepida, che schiarisce l’aria e de-finisce di particolari il paesaggio. Due chilometri di panorama puro, a destra, a sinistra, di fronte. Anche il castello di Monte Poggiolo fa parte della scena. Dal primo balzo domi-na sulla pianura. Le mura spesse e le quattro torri, di cui il maschio alto diciotto metri, formano una

corte non troppo ampia in cui un tempo sorgeva la “piazza d’armi” e l’abitazione del comandante. È una presenza importante, massic-cia, nonostante le sue linee siano in parte segnate da anni di abban-dono. Dalla base del forte si può in-tuire la sua funzione fondamentale tra i castelli del territorio, quella di torre di avvistamento, grazie alla posizione impareggiabile di predo-minio sulla spianata fino al mare. Ripercorrere a ritroso la strada non è una ripetizione banale, monoto-na. L’angolo della visuale cambia di 180 gradi. Il panorama resta di prim’ordine. I temi principali ri-mangono gli stessi, solo un’altra prospettiva, altri soggetti e dettagli a riempire la scena. IN

In alto, la chiesetta di Santa Maria del Calvario, edificio del XV secolo

oggi sconsacrato.

Informazioni sul percorso

Chilometri totali: 7,2Tempo di percorrenza: 2 ore circaDifficoltà: medio-facilePartenza: strada Rio Cozzi incrocio via Biondina - Terra del SolePercorso abbastanza semplice, con una salita nella parte iniziale di circa 2 chilometri. Giunti sulla strada “principale”, anch’essa sterrata, si svolta a destra. La parte centrale dell’itinerario è su una strada di crinale, che alterna una lieve salita e una lieve discesa. Il castello di Monte Poggiolo è visibile per quasi tutto l’itinerario ed indica la direzione. Il ritorno è per la stessa strada. Il terreno è composto da terra misto ghiaia, e può risultare infangato.

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Ha radici antiche la passione dei ravennati per la caccia, tra precise tecniche venatorie e riti sociali. Storie di secoli passati quando l’uomo, strettamente connesso alla natura, ne condivideva anche il lato crudele.

testo Andrea Casadio - foto Massimo Fiorentini

I cacciatori della Valle

Raccontare | Doppiette ravennati

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È verità universalmente riconosciu-ta anche da coloro che non hanno una particolare dimestichezza con le discipline storiche, che la secon-da metà del XX secolo ha rappre-sentato un mutamento repentino e profondo negli stili di vita della so-cietà italiana. Anche Ravenna, ov-viamente, non ha fatto eccezione. Su queste pagine si è narrato di tan-te manifestazioni che non hanno retto alla furia della modernizza-zione novecentesca. Una di queste, e fra le più tipiche, era la passione tutta ravennate per la caccia.La sua diffusione fu strettamente correlata, fin da tempi antichissi-mi, alla condizione ambientale del territorio, con la presenza di vaste aree incolte e selvagge, delle palu-di e dei boschi, e poi delle pinete, che fornivano un’ampia gamma di prede. Si andava da una ricca schiera di volatili (pernici, fagiani, quaglie, merli, anatre e vari uccelli di valle) a piccola selvaggina come le lepri, fino a prede di stazza mag-giore che, almeno fino ad un cer-to periodo, popolarono le pinete, come cervi, caprioli, e anche lupi.Se per i nobili, a partire dal Me-dioevo, l’attività venatoria era uno status symbol che univa diletto e af-fermazione di ruolo sociale, per i più poveri costituiva un’importante fonte di sostentamento, integrativa di quella agricola o anche esclusiva, nel caso di quelli che i “cacciatori” lo facevano di mestiere. Mentre i primi si esercitavano nell’uccella-gione con lo sparviero o il falco, bor-ghesi e popolani si avvalevano della balestra, sostituita dall’archibugio a partire dal XVII secolo. Tutti, ov-

viamente, con l’immancabile ausi-lio del cane da caccia. I documenti antichi testimoniano poi dell’esi-stenza, almeno fino al ‘500, delle “pantere”, strutture semi-stabili co-stituite da un fossato e da una rete, utilizzate per la cattura degli uccel-li nelle zone di valle o di pineta.Ma non c’era solo l’aspetto stretta-mente utilitaristico. La caccia era an-che, e forse soprattutto, un’attitudine mentale, uno stile di vita in cui l’atto in sé era solo un elemento fra i tanti che distinguevano il vero seguace di Sant’Uberto. Gli altri erano un vasto contorno fatto di rapporto con la natura, segni identitari come l’abbigliamento tipico (la sacona, giacca di velluto dall’ampio tascone alla base della schiena), riti sociali

In alto, un “rastello” ravennate. Sotto due cacciatori posano, assieme al loro cane, dopo un’ottima battuta di caccia in valle. (Foto tratte dal volume “Curiosità ravignane” di U. Foschi e G. Ravaldini, Ravenna, Tonini, 1981).

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(i ritrovi di gruppo, i racconti di imprese venatorie vere o presunte, le mangiate, gli scherzi a la ravgnâna destinati a fare epoca). Elementi che s’impressero sempre più nella mentalità comune (quasi che essere un buon cacciatore fosse un attributo indispensabile del vero “ravignano”) anche perché caratterizzavano in particolare la caccia in pineta, dove la dimensione collettiva era assai importante. La tecnica tipica, in questo ambiente, era quella del “rastel-lo”, ossia “una adunata tattico-strategica di una quindicina di cacciatori – così la definì Paolo Poletti, l’avuchet Pulett di stecchettiana memoria ed egli stesso accanito cacciatore – che si raccoglie ai primi chiarori dell’alba in un deter-minato punto della pineta”. Il rastello aveva un “capitano” (carica altamente onorifica attribuita a vita), coadiuvato da un “furiere” (incaricato di organizzare il gruppo dei partecipanti) e dai “baroni” (umili portatori di viveri). “Il capitano dirige l’azione e dà il segnale dell’avanzata: la compagnia avanza a semicerchio: ad un punto designato il rastello si chiude. È quello più emozionante. I tordi sa-ettano da tutte la parti e la fucileria si sgrana vertiginosa”.L’operazione veniva ripetuta più volte nel corso della giorna-ta e non era priva di rischi per i partecipanti, che a volte finiva-

no col ricevere la scarica di piombo destinata alle prede. Non è difficile immaginare la competizione fra i diversi rastelli, i momenti di tensione nel caso d’incontro fortuito nel folto del bosco, i sotterfugi per accaparrarsi le posizioni migliori.In effetti, i rastelli non erano aggregazioni estemporanee ma parte di vere e proprie compagnie stabili, di cui abbia-mo notizia almeno dal ‘700. Assai celebre, verso il 1820, fu quella degli “Americani”, così chiamata perché sorta attorno al ritrovo dell’osteria al “Cacciatore americano” di Antonio Ghirardini detto Buraccina, in borgo San Rocco, e che celava in realtà una setta di carbonari che elesse come proprio capo nientemeno che George Byron. Verso il 1870 le maggiori erano la “Compagnia di caccia”, i cui membri si ritrovavano nel caffè della piazza di fronte alla prefettura, e la “Capanna”, con sede in vicolo Violino. In seguito le compagnie iniziarono a moltiplicarsi, ognuna con un proprio nome e una propria caratterizzazione.

La tecnica del “rastello”

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Ecco allora sorgere “Agl’Ombar”, “I Cuntaden”, “E’ Canel” (compo-sta soprattutto da coloni di Porto Fuori), “La Cocla”, nata nel 1888 in una piccola stanza di borgo San Biagio da una secessione dalla Compagnia di caccia. Alcuni gio-vanissimi componenti della Cocla ne fuoriuscirono a loro volta per creare la “Cumpagnì d’Iorfan”, ne-gli stessi anni in cui la “Parpaia” e i “Bigaròn” davano vita ad una fu-riosa rivalità reciproca. “E terròr” riuniva invece medici e farmacisti, che arrivavano alla partite di cac-cia in diligenza e non dovevano go-

dere di eccessiva simpatia da parte degli altri sodalizi, dal momento che furono gratificati del poco commendevole epiteto di rompa-caz. Particolarmente attivo nella caccia fu poi il Circolo Ravennate. Questo, alla fine dell’Ottocento, in collaborazione con gli ufficiali del presidio militare, introdusse anche la pratica aristocratica della caccia alla volpe in pineta (per quanto si trattasse in effetti di un esercizio di abilità equestre, più che venato-ria), ripresa con successo alla fine degli anni ’30, quando l’associa-zione mutò addirittura il nome in Circolo Ravennate delle Cacce.Rispetto a quella di pineta la caccia di valle, che consisteva in lunghi appostamenti in ricoveri semisom-mersi spesso fra le intemperie, era un esercizio più solitario e, si può dire, più meditativo. “Il fascino della caccia in palude, chiusi nel-la botte, a godersi la burrasca (la bura), a scrutare nella nebbia”… Così la rievocava Massimo Stan-ghellini quando ormai era divenu-ta un argomento da vecchie memo-rie “ravignane”.Oggi il rapporto con la natura si cerca in altro modo, magari con in mano una macchina fotografica al posto del fucile. Cosa buona in sé ma anche, a ben vedere, il se-gno di un distacco. Quello che si è consumato qualche decennio fa, e che ci fa guardare come ad una favola i secoli in cui l’uomo era talmente connesso alla natura da condividerne anche il lato crudele, e al tempo stesso sfruttarla senza remore, proprio perché sapeva di non poterla distruggere davvero. IN

Ruolo identitario della caccia: sopra, la famiglia ravennate dei Gardella

negli anni ‘30 (per gentile concessione di Giuseppe Gardella).

Una passione di Romagna

A Forlì gli estimatori dell’arte venatoria, trovano ancora oggi una manifestazione fieristica dedicata a questo settore, che si propone come

evento di riferimento nel centro Italia per tutti gli appassionati di caccia, tiro sportivo e pesca. È Caccia & Country Expo, ospitata alla Fiera di Forlì, la cui

terza edizione è prevista tra novembre e dicembre 2013. Grazie alla presenza e all’impegno delle principali associazioni venatorie, di pesca e sportive, la kermesse fieristica intende essere anche un palcoscenico per iniziative ed

attività legate a tematiche di tutela ambientale.

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Originale excursus sulle sculture in cartapesta conservate nelle chiese faentine. Un volume raccoglie questa affascinante arte povera, tutta da scoprire.

testo Aldo Savini

Fra arte e Devozione

Scoprire | Antiche cartapeste

Per oltre due secoli, da metà ‘700 agli anni Sessanta del ‘900, a Fa-enza hanno operato una ventina di plasticatori che, oltre ad altri materiali, hanno utilizzato la cartapesta per opere di statuaria sacra. La monografia “La scultu-ra faentina in cartapesta”, frutto dell’accurata ricerca condotta da Santa Cortesi e con il contributo della Fondazione Banca del Mon-te e Cassa di Risparmio di Faenza, ha fatto emergere un aspetto della cultura artistica locale trascura-to, perché considerato “minore” per quella componente artigia-nale propria delle botteghe che si tramandavano conoscenze e pratiche esecutive di generazione in generazione. Il libro è di parti-colare interesse, perché si presta come guida per un percorso alla scoperta di questo prezioso patri-monio artistico locale. Nel clima artistico ricco di fermen-

IN Magazine | 33

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ti innovativi per la presenza a Fa-enza di architetti, scultori, pittori e decoratori d’interni. Tra questi Giuseppe Pistocchi, il riminese Antonio Trentanove, il piemonte-se Felice Giani. Per l’impulso dato all’economia locale e al rinnova-mento della città dalla prestigio-sa manifattura dei conti Ferniani, il primo ad iniziare la produzio-ne della statuaria in cartapesta è Giuseppe Antonio Ballanti, detto Grazià, che inaugura la dinastia familiare dei Ballanti Graziani a

cui per rapporti di parentela se-guono i Collina, i Vitenè e infine i Dal Monte. L’evoluzione stilistica della scultura in cartapesta all’ini-zio assorbe aspetti della tradizione classicista caratterizzata da misu-ra, eleganza e decoro; si avvicina poi ai modelli neoclassicheggianti tipici dell’età napoleonica e succes-sivamente, nella stagione purista, si caratterizza per un naturalismo dai toni carichi di sentimento. Fino all’arrivo in città nell’immediato secondo dopoguerra di Gio Pon-ti, che provoca la conversione al modernismo e un nuovo interesse per gli arredi d’interno. Le chiese faentine custodiscono molti esem-plari di sculture realizzate con questo materiale povero e leggero, destinate alla devozione popolare, una produzione che, intensificatesi nel corso dell’800, si è poi esauri-ta nella seconda metà del secolo scorso con l’ultimo dei plasticatori, Tano Dal Monte, scultore e pittore recentemente scomparso, alla cui memoria il volume è dedicato. Molte statue erano modellate su stampi e venivano riprodotte in varie copie, tuttavia ognuna man-tiene un’originalità individuale per i ritocchi e le decorazioni poli-crome dell’autore. Il repertorio di immagini è alquanto vario: oltre ai santi una presenza dominante è riservata alla Madonna, spesso con in braccio il Bambino, come la delicatissima Vergine del Rosario nella chiesa di Errano di Giambat-tista Ballanti Graziani del 1830, o da sola, come l’Addolorata nella chiesa di Sant’Agostino di France-sco Collina Graziani del 1928. IN

Sopra, “Miracolo di S. Biagio”, della Chiesa del Suffragio, di Gaetano Vitenè,

(2ª metà del XIX sec).In apertura, “Sacra Famiglia”, Basilica

Cattedrale, Enrico Dal Monte, 1923.

34 | IN Magazine

Cucina del territorio rivisitata, specialità di carne e pesce, pane fatto in casa, preparazione a base di foie gras e tartufi in stagione, formaggi d’alpeggio con mostarde e confetture, ampia selezione di vini nazionali

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Page 35: Forlì In Magazine

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Page 36: Forlì In Magazine

Uno sport adatto a tutti, con un’offerta di campi di qualità in Romagna:

suggerimenti e idee per inaugurare una

primavera all’insegna del golf.

A chi non piacerebbe provare a giocare a golf? Si tratta di uno sport adatto a tutte le età, che coniuga in modo ineguagliato re-lax, destrezza e abilità (mai forza fisica) e, oltretutto, si pratica in percorsi naturalisticamente inec-cepibili. Eppure tanti, troppi sono frenati dal provare questa espe-rienza, in ragione di una fama che identifica il golf con l’esclu-sività e l’ampia disponibilità di spesa. Un luogo comune, quello descritto, che è agevole sfatare, constatando come i percorsi di-sponibili per la pratica golfistica

nel nostro paese si sono, in questi ultimi anni, letteralmente molti-plicati. Certo, esistono ancora club che richiedono un importante inve-stimento per entrare a farvi parte, ma ci sono ormai anche in Italia numerosi circoli – e sono i più – che offrono un idoneo impianto per la pratica sportiva. Nella sola Romagna, o meglio nelle provin-ce di Forlì e Ravenna, si trovano quattro campi in grado di soddisfa-re ampiamente ogni esigenza: dal bellissimo 27 buche di Cervia, al collinare e impegnativo 18 buche

testo Mariavittoria Andrini

La passione del Green

36 | IN Magazine

Giocare | Golf

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di Riolo Terme, dal 9 buche di Faenza completamente in pianura, fino al tecnico e movimentato 9 buche di Forlì. A Cesenatico, infine, c’è un campo pratica con 4 buche. Il campo dunque non è un problema. Cos’altro serve? Anzitutto un maestro: in ogni circolo ne è presente uno, accreditato presso la Federazione Italiana Golf. Il prezzo di una lezione singola è di 25 euro per 30 minuti, ma si possono frequentare anche corsi collettivi. L’attrezzatura per giocare viene fornita, all’inizio, direttamente dal ma-estro o dal circolo. Sono necessarie almeno una decina di lezioni prima di poter accedere al campo, una valutazione che spetta al maestro in base all’apprendimento, variabile da persona a persona. A questo punto bisogna cominciare a studiare le regole per poter poi affrontare un piccolo esame, che consente di iniziare a disputare le prime gare. Si arriva quindi all’acquisto di una sacca e di un paio di

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Page 38: Forlì In Magazine

scarpe con un fondo adeguato (dai 40 euro in su). Sono numerose le offerte di sacche complete per neo-fiti che si possono acquistare anche su Internet. Il costo si aggira sui 250 euro per sacca, ferri e carrello. Di palline se ne trovano veramente per tutte le tasche: da 3 euro in su per una confezione da 3 palline, ma per chi inizia è più convenien-te approfittare delle numerose of-ferte di palline usate, su Internet infatti si possono trovare anche 100 palline a 25 euro. Il guanto, indispensabile, costa meno di 10 euro e per i tee di partenza e mar-chini sono sufficienti pochi spic-cioli. L’abbigliamento è semplice quanto sobrio: in estate una polo, un paio di pantaloni (mai jeans!) a cinque tasche, dove mettere pal-line, tee di partenza e marchino, e un berrettino per difendersi dal sole. Quando piove (perché si gio-ca anche quando l’acqua scende a catinelle!), bisogna aggiungere una giacca, un paio di pantaloni impermeabili e un ombrello.Ogni club offre numerose pos-sibilità di abbonamento: dall’as-sociazione annuale che prevede ingresso libero, all’acquisto di pacchetti o al pagamento per ogni singolo ingresso. L’accesso al solo campo pratica di solito costa intorno ai 10 euro. Per conoscere le varie offerte è necessario con-tattare i circoli o cercare nei siti web di riferimento.Bando quindi ai luoghi comuni. Provate questa nuova esperienza. Di una cosa c’è da esser certi: sarà amore o repulsione, di certo mai e poi mai indifferenza! IN

A fianco, il Comitato Direttivo delle Ladies: da sinistra, Mariavittoria Andrini, Maria Cristina Monti, Laura Valbonesi.

Ph. Carolina Martines

Quando il green si fa rosa

Al Golf Club I Fiordalisi di Forlì da oltre dieci anni esiste l’Associazione Ladies, che raggruppa oltre 50 socie golfiste, senz’altro il fiore all’occhiello del club

forlivese e una realtà quasi unica a livello nazionale. Dal 2006 le Ladies propongono un regolare calendario di gare su 9 buche, che si svolgono nella

giornata del giovedì e sono aperte a tutti i golfisti iscritti alla Federazione Italiana Golf. L’Associazione organizza inoltre incontri culturali e ludici, sempre con particolare attenzione all’attività benefica che costituisce per il comitato un

obiettivo centrale. Il calendario 2013 è ancora più ricco e corredato da una serie di eventi collaterali, concepiti “oltre il golf”, per un pubblico non solo di giocatori.

Ecco i prossimi appuntamenti: 21 marzo - Casadei Gioielleria, 9 buche Stableford

4 aprile - Nivola Calzature, 9 buche Stableford 18 aprile - Lovable Intimo, 9 buche Stableford

25 aprile - Il brillante, 9 buche Play & putt 9 maggio - Carosello, 9 buche Medal

23 maggio - Estados Café, 9 buche Stableford 6 giugno - Banca Popolare dell’Emilia Romagna, 9 buche Stableford

20 giugno - La Sorpresa Abbigliamento, Golf e burraco 4 luglio - Gelateria km7, gara al tramonto 9 buche Stableford, a seguire festa d’estate

12 settembre - Edizioni In Magazine, 9 buche Medal; 26 settembre - Terme della Fratta, Golf e burraco;

17 ottobre - Scarpina Ristorante, 9 buche Stableford, a seguire cena conclusiva della stagione Ladies 2013 con premiazione del “Primo Circuito Ladies”.

Eventi speciali aperti al pubblico: Domenica 14 aprile, ore 18 - Bruno Barbieri, giudice di Masterchef, presenta

“L’Arte di utilizzare gli avanzi della mensa” di Olindo Guerrini. Riedizione a cura di Mariavittoria Andrini. Segue aperitivo.

Giovedì 23 maggio, ore 18,30 - Ilaria Milandri, scrittrice forlivese, pittrice, scenografa e autrice di testi teatrali, presenterà il suo secondo libro “Amen”. Segue aperitivo. Giovedì 6 giugno, ore 18,30 - Aperitivo con Wilma Vernocchi, la cantante lirica

forlivese considerata uno dei più grandi soprani italiani.

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Libri che sono storie ma anche momenti di riflessione: Erminia Crociani ha dedicato la vita a dare voce a chi non ce l’ha e anche nei suoi libri racconta storie vere, senza paura di trattare anche verità “scomode”.

Erminia Crociani è una scrittrice schiva, che preferisce siano i suoi libri e le sue idee a parlare per lei. Con una vita dedicata all’insegna-mento, prima a Milano poi nelle val-late dell’Appennino forlivese, e co-stellata da tanti viaggi, da una lotta ininterrotta contro un destino che le ha riservato sofferenze fisiche, in tutto questo Erminia non ha smesso mai di occuparsi in prima persona del disagio giovanile e di problemi legati all’esclusione sociale.In una vita così piena, come si inse-risce la scrittura?

“Scrivere è sempre stata la mia passione. Fin da ragazzina man-davo lettere lunghissime a parenti e amici, ma anche a personaggi pubblici con cui dibattevo argo-menti di attualità o discutevo le loro tesi su cui mi ero informata tramite letture o conferenze. Tut-te queste mie rif lessioni hanno poi iniziato a prendere forma e diffusione sotto forma di piccoli opuscoli. Il libro “Figlio di MM” ha rappresentato una svolta: ho raccontato la storia di un ragazzo tossicodipendente che avevo co-nosciuto e ho capito che volevo continuare a scrivere storie vere.”E così, raccogliendo storie vere, sono nati gli ultimi due libri, “Ho provato a fuggire” e “Non per scelta”...“Entrambi affrontano temi con-troversi - il primo la malattia e il diritto dell’ammalato di scegliere la propria cura e il secondo l’omo-sessualità - ed entrambi riportano una storia vera di vita vissuta, rap-presentano un racconto personale ma che vuole affrontare l’argo-

mento in maniera universale, per-ché sono questioni che toccano la vita di ognuno di noi. In particola-re per quanto riguarda “Non per scelta” ho trattato la storia di una coppia omosessuale dal punto di vista dell’introspezione, di come una persona affronta questa con-dizione che ancora oggi è conside-rata di “diversità”. Mi piace capire come ognuno reagisce psicologi-camente alle situazioni della vita, piuttosto che osservare la cosa dal punto di vista del giudizio sociale, come spesso si fa oggi.”Ha ancora dei libri nel cassetto? Delle storie da raccontare?“Certo, ho quattro libri quasi pronti, tutti con lo stesso taglio: racconti di vita veri raccolti da me. E spesso mi capita che chi ha letto i miei libri mi contatti, per raccon-tarmi la sua storia e chiedermi di metterla su carta.”Quindi aspettiamo altre storie di personaggi che non hanno voce, a cui Erminia Crociani presterà la sua. IN

testo Serena Focaccia - foto Lisa Tagliaferri

Diretutta la Verità

Scrivere | Erminia Crociani

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casacosa.itForlì- 0543782834

finalmente a casalei sempre così accogliente

quando torno a casa, spengo ipad, iphone…e mi dedico solo a lei…la mia valcucine… scoprila nello show room di CASACOSA arredamenti a Forlì,new logica system, meccanica, invitrum… sistemi tecnologici per una cucina di alta qualita’

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SPECIALEd e s i g n

Spazio alla creatività.Ritorno alla natura e rielaborazione di forme ed elementi tradizionali, per trasformarli in qualcosa di nuovo. Guidati dallo stuzzicante linguaggio dell’ironia. È il filo conduttore per arredare oggi in modo originale, ed elegante con gusto contemporaneo.

A cura di Linda Antonellini e Annalisa Balzoni

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Ideata dalla designer feantina Federica Bubani, la Helmet lamp s’ispira

nel nome e nella forma agli elmetti dei soldati. Disponibile in due

diverse colorazioni, blu petrolio e grigio, è una lampada da tavolo

orientabile che si caratterizza per l’utilizzo di due materiali diversi per

sensazione: la ceramica e il legno. La prima, talmente lucida e perfetta

quasi a sembrare metallo, riprende la tradizione ceramica dalla quale

proviene la designer. Il secondo, il legno massello di rovere, è invece

un materiale caldo che, in sinergia con la ceramica, crea uno stile

alchemico inconfondibile. Anche l’interruttore a semisfera diviene

elemento decorativo da tavolo. La ricerca della designer feantina

spazia dalla ceramica raku fino al legno o.s.b., reinterpretando questo

materiale come basamento e corpo illuminante della lampada O.S.B.

LAMP family. La texture casuale di questo elemento rende tutte le

“o.s.b. lamp” uniche e diverse tra loro, da tavolo, a terra ed abatjour.

L’interruttore a pulsante bianco con o-ring a sezione circolare in feltro

nero diventa un elemento decorativo della lampada, richiamato anche

nel punto d’uscita del filo elettrico in tessuto.

Designer poliedrico e variegato, Andrea Magnani ha ideato insieme

a Giovanni Delvecchio & Elisabetta Amatori il progetto delle sedute

“Di Corte”. Si tratta di sedie recuperate e riportate al loro aspetto

originale, sostituendo la protezione artificiale con quella naturale del

legno. Il bosco fornisce il materiale. La corteccia di quercia e altri

alberi viene raccolta, selezionata per tipologia e applicata come un

vestito. Ogni pezzo viene incollato coprendo la sedia lentamente,

secondo i tempi della natura. Si evince così che ogni idea ha vari

livelli di lettura, strati di profondità che si trascinano l’uno nell’altro,

dall’estetica alla progettazione di un archetipo. Come una stella

cometa ideata per attirare lo spettatore in un piccolo mondo

di evoluzione o di involuzione, in cui il momento espositivo è solo

una cornice della sua continua trasformazione.

Ceramica e legno. Materiali diversi che si intersecano per creare forme e sensazioni nuove.

SPECIALEd e s i g n

Luce sulla materia: lampade tra freddo e caldo

Le sedie recuperate che tornano alla natura

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Il bosco in una stanza per appendere il cappotto ai rami

Le creazioni dell’atelier Ofelia Tuttotorna sono oggetti sfuggiti al

loro uso quotidiano e diventati qualcos’altro, in bilico tra origine e

originalità, riuso e reinterpretazione di materiali quotidiani o insoliti.

Una bottega nel cuore di Cesena, piena di strumenti che definiscono

nuovi linguaggi creativi e generano oggetti che sembrano ribellarsi

al loro destino. Nel laboratorio di artigianato contemporaneo

s’insegna a plasmare in modo etico tanto i materiali quanto le

emozioni, rispettando l’ambiente naturale di entrambi. Così gli

appendini “Legn_etto” dimostrano che il far entrare la natura negli

spazi che ci competono è assolutamente rasserenante. La natura

invade la casa assumendo una funzione antropomorfa e funzionale.

Il kit di appendiabiti da parete in legno naturale, pronto per essere

montato, traveste così le pareti in piccoli ritagli di bosco.

Fondato a Cotignola da Guido Garotti e Sehr Khan, “Life Given A

Shape” è uno studio-atelier che esplora la semantica del prodotto

e s’ispira a princìpi di durabilità, tradizione ed innovazione.

L’autoproduzione di oggetti in edizione limitata, legati all’artigianato

locale, conferisce alle creazioni proprietà fisiche ed emozionali

di spirito contemporaneo. Il progetto “Deviazione” utilizza

l’eccellenza decorativa ligure per ottenere un risultato attuale:

con chiara ironia utilizza l’analogia cromatica tra la segnaletica

stradale e la decorazione tradizionale per produrre una proposta

provocatoria. L’opera “3Dzionale” propone invece, attraverso un

indiscreto salto temporale, un ibrido curioso: l’arcaica decorazione

a mano in versione tridimensionale. Reinterpretando un’immagine

stereoscopica, il progetto rompe gli schemi in cui l’Antico Savona è

imprigionato da qualche secolo. La particolarità è che un risultato

così originale si può banalmente ottenere ripetendo una seconda

volta gli stessi consumati motivi.

Reinventare la ceramicacon Deviazioni e vasi in3D

SPECIALEd e s i g n

La natura invade gli spazi e vecchi stilemi rinascono grazie ad un’originale rilettura.

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I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio.

[Leonardo da Vinci]

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I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio.

[Leonardo da Vinci]

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Icone contemporanee per arredare con l’arte

Nel corso dei secoli l’arte è stata messaggio di vita, un mezzo

sublime per far esistere e definire ogni cosa appartenente

all’uomo. Trasmette emozioni, essendo interpretata

individualmente, e ci accompagna all’interno degli spazi in cui

viviamo divenendone parte essenziale, segno e chiaro messaggio

del nostro sentire. Un’opera d’arte in casa, perciò, è ben più di

un oggetto d’arredo. Per un arredo contemporaneo proponiamo

un’opera del giovane pittore forlivese Daniele Casadei, un oggetto

di “design d’arredo bidimensionale”, come lo definisce il suo

autore, proveniente da collezione privata.

Fa parte delle serie “icone”, e rappresenta il controverso gioco

d’immagini tra bellezza e finzione.

Le resine e i battuti veneziani, designer di arredo bidimesionale

di grande eleganza, sono sempre più utilizzati per

pavimentazioni continue o rivestimenti.

Leader nel territorio per questo tipo di lavorazione è la ditta

Venerom srl, azienda da sempre interessata alla ricerca di nuovi

linguaggi nel campo della resina orientata anche al “naturale”,

con l’utilizzo, per le pavimentazioni continue, di un composto a base

di legante minerale esente da resine o cementi. Meravigliosi i battuti

veneziani con inerti di marmo, (realizzati, ad esempio, all’interno del

palazzo dell’ex Monte di Pietà di Forlì) così come le resine, che con

Venerom si sposano con l’arte grazie al brevetto “arte in luce”. Una

luce ambientale, ecologica e sensoriale si unisce ad un’immagine

in resina che viene fissata dall’artista su un film trasparente retro

illuminato, consegnando un sorprendente effetto magico finale

(nella foto un’opera della serie “arte in luce” di Vincenzo Baldini).

Resine e battuti venezianiper pavimenti continui e rivestimenti

SPECIALEd e s i g n

Luce come elemento d’arredo e opere d’arte che regalano emozioni.

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Un angolo di antica Romagna nel cuore della città. La trattoria La Rustica di Ravenna cambia sede e approda in via d’A-zeglio 28, tra antichi utensili da cucina e l’arte di un tempo che fu. Il locale, che propone piatti tipici della tradizione romagnola sapientemente rivisitati, riproduce un’antica casa di campagna, quella di via Rustica appunto, dove trascorse la sua infanzia il pa-dre fondatore del locale Eugenio, a San Pietro in Vincoli. Ecco che allora sul bancone del bar campeggia un tetto di legno, antica co-pertura di un pozzo, mentre i vecchi utensili da cucina e da campo incorniciano le pareti del locale riportandoci indietro nel tempo.Nel 2000 l’attività commerciale passa al figlio Michele: con la madre Renza, chef d’eccezione della trattoria, si occupa della gestione del ristorante, dove si respira ancora la passione per le cose buone d’una volta. Pochi tavoli e luci soffuse perché, come spiega Michele, “il nostro obiettivo è stato quello di creare un’atmosfera intima e accogliente, come a casa propria”. La trattoria, inaugurata nel 1990, offre una serie di piatti di cucina romagnola preparati con prodotti locali, come gli

strozzapreti con stufatino di fagioli e pancetta o le ormai celebri chitarrine con pesto e pistacchi, tutti con pasta rigorosamente fat-ta a mano. Accanto alle ricette della tradizione non mancano ac-costamenti inediti, come il filetto di manzo alla saba. Ampia anche l’offerta dei vini, naturalmente romagnoli, ma con una variegata scelta proveniente da tutto il territorio.Aperta a pranzo e cena, La Rustica è chiusa il martedì.

TRATTORIA LA RUSTICAVia M. D’Azeglio 28 - 48121 Ravenna - www.trattoria-larustica.it - Tel.: +39 0544 218128

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