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La paralisi delle riforme mancano all’appello 700 decreti attuativi In salita anche Pa e lavoro (VALENTINA CONTE E ROBERTO MANIA). by La Repubblica 2/9/2014 (il Chiosco) Submitted at 9/2/2014 12:44:44 AM In percentuale il governo Renzi si muove nella media dei suoi predecessori, gli esecutivi Monti e Letta Tra gli interventi varati ma ancora da rendere operativi, la cancellazione delle Province. ROMA – Si fa presto a dire riforme: solo per attuare quella della pubblica amministrazione del ministro Marianna Madia ci vorranno almeno 77 decreti attuativi. Ventisei — ha calcolato la Cgil — per applicare, entro dodici-diciotto mesi, il decreto convertito in legge e pubblicato già sulla Gazzetta ufficiale (quello sulla mobilità degli statali, per capirci) e ben 51 per il disegno di legge delega (il “cuore” della riforma) che deve ancora cominciare il suo iter parlamentare. Tempi lunghi, insomma, al di là della promessa, e degli sforzi, della Madia di rendere totalmente operativo il decreto entro la fine di quest’anno. Anche per il Jobs Act di Giuliano Poletti serviranno per ciascuno dei cinque articoli di cui è composta la legge delega «uno o più decreti legislativi ». Dunque almeno cinque. Senza pensare che tra sessanta giorni, altri due decreti legge – giustizia sui processi civili e Sblocca Italia – saranno leggi bisognose di attuazione. E dunque di regolamenti ministeriali. Passo dopo passo, la montagna si è stratificata a tal punto che per dare compimento a tutti i provvedimenti dei governi della Grande Crisi – Monti-Letta-Renzi – servono ancora 699 decreti attuativi, come confermato ieri dallo stesso Renzi e da Maria Elena Boschi, ministro (appunto) per l’Attuazione del programma. Il passaggio delle riforme dalla carta all’attuazione pratica non è mai lineare e soprattutto non è mai veloce: le Province, per dire, sono ancora vive e vegete. La legge Delrio le avrebbe cancellate, ma senza i relativi decreti attuativi è come se le norme fossero scritte sulla sabbia. I decreti per la loro abolizione dovevano arrivare a luglio, ora tutto è slittato a questo mese. Vedremo. Ma questo è il nostro sistema di produzione legislativa nel quale solo una parte del compito spetta a Parlamento e governo mentre tutta la parte applicativa viene delegata ai “potenti” uffici ministeriali. L’ha scritto Sabino Cassese, uno dei maggiori studiosi italiani del diritto amministrativo: «Ma chi è il legislatore? Formalmente il Parlamento, nei fatti le burocrazie operanti sotto il comando del governo. Per lunghi periodi della storia italiana, attribuzione di pieni poteri al governo, controllo dei governi sul Parlamento, deleghe del Parlamento all’esecutivo hanno consentito alle burocrazie e ai governi di legiferare. Quasi nessuna delle grandi leggi della storia italiana è prodotto del solo Parlamento». D’altra parte — è il governo Renzi che lo certifica nel suo “Monitoraggio sullo stato di attuazione del programma di governo“ aggiornato al 7 agosto scorso — il 62% dei provvedimenti legislativi varati dall’attuale esecutivo ha bisogno per essere effettivamente attuato di altri decreti, visto che meno della metà (precisamente il 38%) si applica da solo: in termini assoluti, su 40 solo 15 sono autoapplicativi. Risultato: servono 171 regolamenti. In percentuale il governo Renzi si muove nella media dei suoi predecessori. È stato infatti il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle sue ultime Considerazioni, a ricordare come delle 69 riforme approvate dai governi tra il novembre del 2011 (quando si insedia l’esecutivo di emergenza guidato dal professor Mario Monti) all’aprile del 2013 (governo di Enrico Letta) solo la metà era stata realizzata a dicembre 2013. Anche questo incide sulla nostra scarsa competitività. Ancora oggi, alla vigilia della nuova legge di Stabilità, mancano all’appello 59 provvedimenti attuativi della legge di Bilancio del governo Letta. Di più: per 25 di quei provvedimenti è addirittura scaduto il termine entro il quale andavano adottati. Il decreto soprannominato enfaticamente “Decreto del fare” è rimasto al palo per circa la metà dei previsti decreti attuativi: su 79 ne sono stati adottati 40. Ne mancano ancora 39 per 12 dei quali sono pure scaduti i termini temporali. Pensiamo se fosse stato chiamato con un altro nome… Pessima la performance del “Destinazione Italia”: dei 32 decreti attuativi richiesti ne mancano ancora 26, dunque ne sono stati applicati solo sei. Continua ad essere in affanno anche il “Salva Italia” (governo Monti, fine 2011): mancano tuttora 12 decreti attuativi per cinque dei quali è scaduto il termine. Nel complesso ci sono ancora 258 provvedimenti amministrativi da adottare per rendere completamente operative le leggi varate dal governo Monti; 273, invece, per quelle del governo di Enrico Letta. In tutto ce ne sono da varare ancora 531 (ieri la Boschi ha detto che sono scesi a 528) relativi ai precedenti governi che sommati ai 171 dell’esecutivo Renzi fanno 702 decreti mancanti al 7 agosto, ora diminuiti a 699. Come sempre, in questa lunga stagione di crisi economica, la parte del leone la fa il ministero dell’Economia: sono 36 su 171 i provvedimenti che devono essere definiti dalla struttura guidata da Pier Carlo Padoan. Segue il ministero dell’Ambiente con 24 e poi la presidenza del Consiglio dei ministri con 22. Vero è che il governo Renzi ha smaltito un arretrato del 40% targato Monti-Letta da quando si è insediato, a febbraio (889 provvedimenti da approntare, portati in agosto a 531, ora a 528). Innalzando così la percentuale di attuazione rispettivamente di 12 punti percentuali (governo Monti al 64%) e ben 23 punti (governo Letta al 37%, poco più di un terzo). Ma ciò che colpisce è l’incredibile vacanza di decreti per leggi importanti, ormai “datate”. È il caso ad esempio della legge Fornero del lavoro, la molto discussa 92 del 2012. Ebbene, anche in questo caso mancano all’appello sei decreti attuativi su 16. Nel frattempo però, si sono succeduti ben due governi, l’attuale ha già modificato la disciplina dei contratti a termine e si appresta a varare il nuovo Codice del lavoro tramite il Jobs Act. La stratificazione normativa e la corsa a legiferare ad ogni costo portano a questi paradossi. Negando benefici concreti a chi poi deve applicare le regole, vecchie e nuove. Anzi aggiungendo confusione e favorendo conflitti interpretativi. Per rimanere nel campo del lavoro, c’è da segnalare l’assurda storia del credito d’imposta previsto dal decreto Sviluppo 83 del 2012 (“Misure urgenti per la crescita del Paese”), entrato in vigore il 26 giugno di due anni fa e predisposto dall’allora ministro Corrado Passera. La norma assicura benefici fiscali (un abbattimento del 35% del costo aziendale per un massimo di dodici mesi) a quelle imprese che assumono a tempo indeterminato ricercatori, laureati o dottorati per svolgere attività di ricerca e sviluppo. Ecco, fino a pochi giorni fa questo bonus non era operativo, pur essendo previsto da una legge dello Stato. L’attuazione era demandata al solito decreto interministeriale da emanare entro 60 giorni. Decreto arrivato il 23 ottobre 2013 (oltre un anno dopo, governo Letta) che a sua volta prevedeva un “decreto direttoriale” del ministero dello Sviluppo, firmato il 28 luglio scorso (governo Renzi) e pubblicato in Gazzetta ufficiale solo il 9 agosto scorso. Oltre due anni dopo la legge che lo istituisce, “urgente” e “per la crescita del Paese”. Con una disoccupazione giovanile alle stelle, la fuga dei cervelli e la spesa in ricerca ai minimi storici, passaggi burocratici biblici come quelli descritti lasciano davvero attoniti. Da La Repubblica del 02/09/2014. N.113 - 2 settembre 2014 www.ilchioscodifrancescoimpala.wordpress.com

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La paralisi delle riforme mancano all’appello 700decreti attuativi In salita anche Pa e lavoro(VALENTINA CONTE E ROBERTO MANIA).by La Repubblica 2/9/2014 (ilChiosco)

Submitted at 9/2/2014 12:44:44 AM

In percentuale il governo Renzi simuove ne l l a med ia de i suo ipredecessori, gli esecutivi Monti eLetta Tra gli interventi varati maancora da rendere operativi, lacancellazione delle Province. ROMA – Si fa presto a dire riforme:solo per attuare quella della pubblicaamminis t raz ione de l min is t roMarianna Madia ci vorranno almeno77 decreti attuativi. Ventisei — hacalcolato la Cgil — per applicare,entro dodici-diciotto mesi, il decretoconvertito in legge e pubblicato giàsulla Gazzetta ufficiale (quello sullamobilità degli statali, per capirci) eben 51 per il disegno di legge delega(il “cuore” della riforma) che deveancora cominciare i l suo i terp a r l a m e n t a r e . T e m p i l u n g h i ,insomma, al di là della promessa, edegli sforzi, della Madia di renderetotalmente operativo il decreto entrola fine di quest’anno. Anche per ilJobs Act d i Giu l iano Pole t t iserviranno per ciascuno dei cinquearticoli di cui è composta la leggedelega «uno o più decreti legislativi». Dunque almeno cinque. Senzapensare che tra sessanta giorni, altridue decreti legge – giustizia suiprocessi civili e Sblocca Italia –saranno leggi bisognose di attuazione.E dunque di regolamenti ministeriali.Passo dopo passo, la montagna si èstratificata a tal punto che per darecompimento a tutti i provvedimentidei governi della Grande Crisi –Monti-Letta-Renzi – servono ancora6 9 9 d e c r e t i a t t u a t i v i , c o m econfermato ieri dallo stesso Renzi eda Maria Elena Boschi, ministro(appunto) per l’Attuazione delprogramma. Il passaggio delle riforme dalla cartaall’attuazione pratica non è mailineare e soprattutto non è mai veloce:le Province, per dire, sono ancoravive e vegete. La legge Delrio leavrebbe cancellate, ma senza i relatividecreti attuativi è come se le normefossero scritte sulla sabbia. I decretiper la loro abolizione dovevanoarrivare a luglio, ora tutto è slittato aquesto mese. Vedremo. Ma questo è

il nostro sistema di produzionelegislativa nel quale solo una partedel compito spetta a Parlamento egoverno mentre tut ta la parteapplicativa viene delegata ai “potenti”uffici ministeriali. L’ha scritto SabinoCassese, uno dei maggiori studiosi italiani deldiritto amministrativo: «Ma chi è ill e g i s l a t o r e ? F o r m a l m e n t e i lParlamento, nei fatti le burocrazieoperanti sot to i l comando delgoverno. Per lunghi periodi dellastoria italiana, attribuzione di pienipoteri al governo, controllo deigoverni sul Parlamento, deleghe delParlamento all’esecutivo hannoconsentito alle burocrazie e ai governidi legiferare. Quasi nessuna dellegrandi leggi della storia italiana èprodotto del solo Parlamento». D’altra parte — è il governo Renziche lo certifica nel suo “Monitoraggiosu l lo s t a to d i a t tuaz ione de lprogramma di governo“ aggiornato al7 agosto scorso — il 62% deiprovvedimenti legislativi varatidall’attuale esecutivo ha bisogno peressere effettivamente attuato di altridecreti, visto che meno della metà(precisamente il 38%) si applica dasolo: in termini assoluti, su 40 solo 15sono autoapplicativi. Risultato:se rvono 171 r ego lamen t i . Inpercentuale il governo Renzi simuove ne l l a med ia de i suo ipredecessori . È stato infatti i lgovernatore della Banca d’Italia,Ignazio Visco, nelle sue ultimeConsiderazioni, a ricordare comedelle 69 riforme approvate daigoverni tra il novembre del 2011(quando si insedia l’esecutivo diemergenza guidato dal professorMario Monti) all’aprile del 2013(governo di Enrico Letta) solo la metàera stata realizzata a dicembre 2013.Anche questo incide sulla nostrascarsa competitività. Ancora oggi,alla vigilia della nuova legge diStabilità, mancano all’appello 59provvedimenti attuativi della legge diBilancio del governo Letta. Di più:per 25 di quei provvedimenti èaddirittura scaduto il termine entro ilquale andavano adottati. I l d e c r e t o s o p r a n n o m i n a t oenfaticamente “Decreto del fare” èrimasto al palo per circa la metà deiprevisti decreti attuativi: su 79 ne

sono stati adottati 40. Ne mancanoancora 39 per 12 dei quali sono purescaduti i termini temporali. Pensiamose fosse stato chiamato con un altronome… Pessima la performance del“Destinazione Italia”: dei 32 decretiattuativi richiesti ne mancano ancora26, dunque ne sono stati applicatisolo sei. Continua ad essere inaffanno anche il “Salva Italia”(governo Monti, fine 2011): mancanotuttora 12 decreti attuativi per cinquedei quali è scaduto il termine. Nel complesso ci sono ancora 258provvedimenti amministrativi d a a d o t t a r e p e r r e n d e r ecompletamente operative le leggivarate dal governo Monti; 273,invece, per quelle del governo diEnrico Letta. In tutto ce ne sono davarare ancora 531 (ieri la Boschi hadetto che sono scesi a 528) relativi aiprecedenti governi che sommati ai171 dell’esecutivo Renzi fanno 702decreti mancanti al 7 agosto, oradiminuiti a 699. Come sempre, in questa lungastagione di crisi economica, la partede l l eone l a f a i l m in i s t e rodell’Economia: sono 36 su 171 iprovvedimenti che devono esseredefiniti dalla struttura guidata da PierCarlo Padoan. Segue il ministerodell’Ambiente con 24 e poi lapresidenza del Consiglio dei ministricon 22. Vero è che il governo Renziha smaltito un arretrato del 40%targato Monti-Letta da quando si èi n s e d i a t o , a f e b b r a i o ( 8 8 9provvedimenti da approntare, portatiin agos to a 531, ora a 528) .Innalzando così la percentuale diattuazione rispettivamente di 12 puntipercentuali (governo Monti al 64%) e

ben 23 punti (governo Letta al 37%,poco più di un terzo). Ma ciò checolpisce è l’incredibile vacanza didecreti per leggi importanti, ormai“datate”. È il caso ad esempio dellalegge Fornero del lavoro, la moltodiscussa 92 del 2012. Ebbene, anchein questo caso mancano all’appellosei decreti attuativi su 16. Nelfrattempo però, si sono succeduti bendue governi , l ’a t tua le ha g iàmodificato la disciplina dei contratti atermine e si appresta a varare il nuovoCodice del lavoro tramite il Jobs Act.La stratificazione normativa e lacorsa a legiferare ad ogni costoportano a questi paradossi. Negandobenefici concreti a chi poi deveapplicare le regole, vecchie e nuove.Anzi aggiungendo confusione efavorendo conflitti interpretativi. Perrimanere nel campo del lavoro, c’è dasegnalare l’assurda storia del creditod’imposta previsto dal decretoSviluppo 83 del 2012 (“Misureurgenti per la crescita del Paese”),entrato in vigore il 26 giugno di dueanni fa e predisposto dall’alloraministro Corrado Passera. La normaass i cu ra bene f i c i f i s ca l i ( unabbattimento del 35% del costoaziendale per un massimo di dodicimesi) a quelle imprese che assumonoa tempo indeterminato ricercatori,laureati o dottorati per svolgereattività di ricerca e sviluppo. Ecco,fino a pochi giorni fa questo bonusnon era operativo, pur essendoprevisto da una legge dello Stato.L’attuazione era demandata al solitodecreto interministeriale da emanareentro 60 giorni. Decreto arrivato il 23ottobre 2013 (oltre un anno dopo,governo Letta) che a sua voltaprevedeva un “decreto direttoriale”del ministero dello Sviluppo, firmatoil 28 luglio scorso (governo Renzi) epubblicato in Gazzetta ufficiale soloil 9 agosto scorso. Oltre due annidopo la legge che lo istituisce,“urgente” e “per la crescita delPaese”. Con una disoccupazionegiovanile alle stelle, la fuga deicervelli e la spesa in ricerca ai minimistorici, passaggi burocratici biblicicome quel l i descr i t t i lascianodavvero at toni t i . Da La Repubblica del 02/09/2014.

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Un’altra estate passerà (Marco Damilano)by L'Espressowww.espresso.repubblica.it (ilChiosco)

«Libertà e perline colorate, eccoquello che io ti darò. E un gelato allimon, di vero limon, mentre un’altraestate passerà…». Un’altra estate èpassata, per molti italiani normalioggi – lunedì primo settembre – è unaspecie di inizio anno, molto faticoso.Un capodanno senza botti e senzabrindisi, senza lenticchie e cotechino,senza i «ricchi premi e cotillons»promessi ai giornalisti dal premierMatteo Renzi alla fine dell’ultimaconferenza stampa. Forse qualcosa sicomincerà a vedere oggi, con lapresentazione del nuovo crono-programma, dai cento ai mille giorni,accompagnato dall’ennesimo hashtag#passodopopasso. Che poi è unacanzone degli scout. Ed è il segnodefinitivo di un cambio di stile: piùfelpato, prudente, quasi lettiano. Una ripartenza necessaria, dato chel’estate non è scivolata via felice peril governo e per il presidente delConsiglio. Il mese di agosto si èaperto con un successo interno,l’approvazione in prima lettura aPalazzo Madama della riformacostituzionale del Senato, e si èchiuso con la vittoria al Consiglioeuropeo del 30 agosto, la nomina diF e d e r i c a M o g h e r i n i a d A l t orappresentante per la politica esteraeuropea. In mezzo, però, ci sono statetante notizie negative. Il fronte caldo

dell’economia. La deflazione, comenel 1959, quando governava la Dc,solo che in quel periodo l’Italia era latigre asiatica del continente, increscita a balzi del 7 per cento di Pil,mentre ora siamo in recessione daanni. La disoccupazione, risalita dopoun flebilissimo segnale positivo. Ilsegno meno del Pil, che fa saltaretutte le previsioni. E poi il governo che in estate hamesso in scena uno spettacolo tra ipiù classici della politica italiana. Ladissonanza. Ministri in vena di ciarleagostane che fanno annunci nelleintervis te e se l i r imangiano.L’articolo 18, si tocca, non si tocca,che fa mi tocca? E io le faccio ilritocco… Il prelievo dalle pensionid’oro, d’argento, forse di latta.L’assunzione di centomila insegnanti,fatta circolare sui giornali e poiriposta nel cassetto. La riforma dellascuola, annunciata via twitter daRenzi per il 29 agosto e per oraeclissata… Per non parlare del poveroAngelino Alfano, via col wind,costretto a imbucarsi negli spazimediatici di agosto per dare la notiziache il suo Ncd esiste, in contesa con ilgrillino Alessandro Di Battista. La dissonanza più grave, però,riguarda il presidente del Consiglio.In disarmonia con se stesso. Il Renziche vola in Iraq viene subitocancellato dal Renzi che si presentanel cortile di Palazzo Chigi con ilcarrello dei gelati. A molti di frontealla performance è venuto in mente il

Berlusconi della bandana, a me haricordato la foto del presidente dellaRepubblica Giovanni Leone chefaceva le corna ai contestatori. Conl’aggravante che quello era stato ungesto inconsulto e spontaneo, questoorganizzato e premeditato. Un uomodi Stato risponde alle critiche di ungrande settimanale internazionale (ela copertina dell’Economist era inrealtà diretta contro Mario Draghi)con l’autorevolezza, magari conl’ironia, non con il folclore. Quelloche impressionava di più, in quelcortile, era la solitudine di Renzi, chesi aggirava con il cono in mano senzache nessuno lo assecondasse nelloscherzo. Per ora solitudine allegra,almeno in apparenza. Ma chissà perquanto. C’è un Renzi uno, il decisionista cheporta a casa il risultato. Lo si è vistonel caso degli 80 euro (per orapurtroppo senza risultati sul carrellodella spesa con cui furono annunciatiil 12 marzo nella indimenticabileconferenza stampa delle slides). Equando c’è da combattere per unanomina. La lista dei ministri, i verticidegl i ent i pubblici , Antonel laManzione paracadutata dalla guidadei vigili urbani di Firenze aldelicatissimo ufficio legislativo diPalazzo Chigi da cui passa ogniprovvedimento. Infine, la madre ditutte le battaglie (vinta), la conquistadi una poltronissima a Bruxelles perFederica Mogherini. Sulla neo-commissaria è un errore

rimarcare l’inesperienza che l’haportata in sei mesi da una onesta eoscura attività parlamentare alla vice-presidenza del la Commissioneeuropea passando per la Farnesina: seal posto della Mogherini Renzi avessesponsorizzato Massimo D’Alemaavremmo scritto che era un nomeespertissimo, fin troppo, ma che larottamazione era diventata solo unpallido ricordo. La rottamazionecontinua, invece, la nomina europeadella Mogherini serve anche a questo,come ha scritto Philippe Ridet nel suoblog su “Le Monde”, a esportare unmetodo, a recidere gli ultimi legamicon la generazione della classedirigente precedente, a «bruciare lenavi», come consigl iò di fareAlessandro Baricco alla Leopoldaquando i giovanotti renziani eranoancora lontani dall’approdo al potere. Colpisce, semmai, la posizione deinominati, sempre in attesa dellemosse del Capo, come era laMogherini sul divano di una stanza diJustus Lipsius quando è s tatafotografata e messa in rete dalportavoce del premier Filippo Sensi.C’è una nuova classe dirigente,ott ima notizia, ma pochissimorenziana, se per renzismo si intendeintraprendenza, autonomia, creativitàpolitica, rifiuto della cooptazione.Della Mogherini non è chiaro cosapensi della Russia, dell’Ucraina e dialtre questioni, ma al premier piace

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IL GRANDE SILENZIO SULLAFINANZIARIA (Roberto Romano)(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 2:03:01 AM

) 2 settembre 2014 Mille giorni così sono vera­mentetanti. Il “sol­dato Ryan” (Renzi) nonsem­bra nem­meno il pre­si­dente delcon­si­glio. Qual­cuno ha sen­titochia­ri­menti circa la mano­vra da 22miliardi per il 2015? Il paese è caduto in reces­sione, inEuropa si aggira lo spet­tro dellad e f l a ­ z i o n e , c o n u n adisoc­cu­pa­zione reale (ita­liana) dioltre 6 milioni di per­sone. Lepro­spet­tive di cre­scita per il 2014sono nega­tive e quelle per il 2015potreb­bero diven­tare drammatiche. Renzi vuole il lavoro ita­liano comequello tede­sco? Si potrebbe ini­ziarecon orari e salari: rispet­ti­va­mente1.396 al posto delle 1752 ore, e salarimedi annui, a tassi di cam­bio eprezzi costanti del 2012, in dol­lari,da 36.763 a 45.287. Abbiamo ilsospetto che il pre­mier non faràniente del genere. Riforme strut­tu­rali? Aspet­tiamo lalegge di sta­bi­lità e poi discu­tiamo.Per ora non rimane che lo «SbloccaIta­lia», una riforma annun­ciata chedice molto su come il pre­si­dente delcon­si­glio vuole aiu­tare il Paese. Il così detto «Sblocca Ita­lia», inrealtà, riguarda pre­va­len­te­mentel’accelerazione e la rea­liz­za­zione diopere già appro­vate, e ha la pre­tesadi avere effetti posi­tivi in ordine aipro­blemi reali del Paese e lacapa­cità di sti­mo­lare lo sviluppo. Solo a luglio, il pre­si­dente delcon­si­glio par­lava di 43 miliardi dieuro, diven­tati 10 nella con­fe­renzastampa e 3,8 miliardi nel decretol e g g e . I l m i n i ­ s t r o d e l l eIn f r a ­ s t r u t ­ t u r e e T ra ­ spo r t i ,

Mau­ri­zio Lupi, pre­vede non menodi 100 mila nuovi posti di lavoro perle sole opere pubbliche. Le risorse dispo­ni­bili, vere, sono3,8 miliardi di euro, di cui 840milioni arri­vano dal fondo revo­chedi opere bloc­cate e 3 miliardi dal“ban­co­mat” del Fondo svi­luppo ecoe­sione. Pra­ti­ca­mente 38.000euro per lavo­ra­tore, anche se noncon­ta­bi­lizza la varia­zione delred­dito (Pil). Fatto abba­stanzaa n o ­ m a l o v i s t o c h e s t i a m oimpe­gnando r isorse in contocapi ta le . L’idea poi di svi­luppo è tutto nelpac­chetto made in Italy fatto disti­moli alle espor­ta­zioni e agliinve­sti­menti diretti esteri. Con pocomeno di 220 milioni di euro nelt r ien­n io (2015–17) , i l Paesedovrebbe espan­dere la pro­pria quotadi com­mer­cio inter­na­zio­nale di50 miliardi e attrarre non meno di 20miliardi di inve­sti­menti direttiesteri, con una cre­scita del pro­dottoi n t e r n o l o r d o d i u n p u n t oper­cen­tuale. Insomma: 220 milioniper­met­te­reb­bero una cre­scita di15 mil iardi . Gli eco­no­mi­st ikey­ne­siani dovranno pas­sare moltot e m p o a r i s c r i ­ v e r e i lmol­ti­pli­ca­tore. Il nostro pre­mierimpone una nuova for­mula delmoltiplicatore? O v v i a ­ m e n t e n o n m a n c a i lrifi­nan­zia­mento della così dettacassa inte­gra­zione in deroga per 720milioni, che porta il fondo a 1.720milioni per il 2014. Invece di avviareuna riforma seria, si con­ti­nua arifi­nan­ziare lo stru­mento chedovrebbe, in realtà, aggan­ciarsi a unagene­rale rivi­si­ta­zione deglistru­menti a soste­gno del lavoro. Èuna mate­ria deli­cata, ma pas­sare da

ri-finanziamento in ri-finanziamentouna tan­tum non è pro­prio quello chechie­dono i lavo­ra­tori col­piti dallacrisi. Ma qual­cosa dalla con­fe­renzastampa di ieri e dal decreto legge lopos ­ s i amo in t r av ­ve ­de re : l osvi­luppo e la cre­scita dell’Italiapassa attra­verso l’edilizia e le operepub­bli­che. Il governo non hap r o ­ p r i o c o m ­ p r e s o c h e g l iinve­sti­menti in conto capi­talehanno una logica eco­no­mica solonella misura in cui modi­fi­cano ils e g n o d e l P i l ( c o m e s p i e g aeffi­ca­ce­mente l’economista SylosLabini) e, quindi, anti­ci­pano ladomanda futura. Asse­gnare all’edilizia, alle operepub­bli­che la cre­scita del Paesen e l l ’ e r a d e l l ’ i n n o v a z i o n etec­no­lo­gica, appare come lapeg­giore poli­tica che si possaimma­gi­nare. Ormai il com­mer­ciointer­na­zio­nale mani­fat­tu­rierolegato all’alta tec­no­lo­gia vale il30% del totale, men­tre le impreseita­liane si posi­zio­nano al 10%.Come può il Paese aumen­tare laq u o t a d i c o m ­ m e r ­ c i ointer­na­zio­nale di 50 miliardi dieuro? Come potrebbe att i­rareinve­sti­menti diretti esteri se la spesain ricerca e svi­luppo pri­vata è la piùbassa tra i paesi di area Ocse? Misteridel nostro presidente. Indi­scu­ti­bil­mente l’ediliziaattra­versa una fase di grave crisi, mal’edilizia, più o meno ali­men­tata daincen­tivi, era spro­por­zio­natarispetto alla neces­sità del Paese.Ripro­porre le s tesse opere eanti­ci­parne delle altre, signi­fica

ali­men­tare la ren­dita, non losvi­luppo del Paese. Ripeto: laren­dita, non il red­dito (Pil). L’impressione è quella di un governoin piena con­fu­sione nella migliore eposi­tiva inter­pre­ta­zione. Lapoli­tica eco­no­mica del governorisie­deva in tutto o in parte neifamosi 80 euro. Il bonus fiscale hafal­lito per un sem­plice e banalefatto: men­tre i miliardi sot­tratti allapub­blica ammi­ni­stra­zione, perali­men­tare il bonus fiscale, eranorisorse certe e quindi Pil, gli 80 euroerano e sono r i sorse incer te ;diven­tano red­dito (e cioè Pil) nellamisura in cui i cit­ta­dini deci­dono dispen­derli. La caduta del pro­dottointerno lordo del secondo tri­me­strealtro non è che il taglio della spesapubblica. Il qua­dro però non è com­pleto. Conla legge di sta­bi­lità arri­verà ilpac­chetto muni­ci­pa­liz­zate espen­ding review. Sap­piamo che ilgoverno ha ini­ziato un lavoro dimodi­fica delle ali­quote Iva. Sarà unpac­chetto amaro, fon­dato su luo­ghicomuni e pesanti riper­cus­sioni suilavoratori. Il pre­si­dente di Con­fin­du­stria hadet to , durante i l mee­ t ing d iComu­nione e Libe­ra­zione, chel’Italia ha vis­suto al di sopra deipro­pri mezzi. A que­ste con­di­zioniè dif­fi­cile imma­gi­nare di usciredalla depressione. Spe­riamo di sba­gliare, ma il 2015potrebbe diven­tare un altro annoorri­bile. Paolo Pini, di recente sulmani­fe­sto, si era già spinto inque­sta pre­vi­sione. Spe­riamo diavere torto, ma i segnali ci sono tutti,con l’aggravante di avere Renzi algoverno.

Le forme, i gesti, lo sdegno inutilissimo(Alessandro Gilioli)by L'Espressowww.espresso.repubblica.it (ilChiosco)

Invece io credo che il premier Renziabbia fatto bene a fare lo show delgelato, così come ha fatto bene agettarsi l’acqua ghiacciata in testacontro la Sla – e anche le slides eranostate una discreta, seppur non nuova,trovata. Ha fatto bene nel suo interesse, dico:in termini di efficacia comunicativa ed i c reaz ione d i un’ immaginefunzionante, on line e off line. Lo so: chi sta all’opposizione diquesto governo (e io sono senz’altrotra quelli) ha invece guardato conseverità e e talvolta disgusto a questigesti così palesemente marchettari,nel senso di market ing. È un

meccanismo un po’ pavloviano:siccome (ad esempio) la riforma delSenato è pessima e quella del lavoropeggio, allora anche il gesto checonquista il consenso al suo demiurgoè condannabile. E poi: il decoro della carica, monDieu: molto brandito in giro quasinon ci ricordassimo di Monti, equant’era decoroso nelle forme, lui, equali devastanti effetti sul Paese hapure creato con quelle decorosissimeforme. Personalmente , invece , sonoconvinto che dovremmo imparare unpo’ a uscire da questa trappola.D e m o n i z z a r e o c o m u n q u econdannare, e snobbare lo stilecomunicativo che consente di creareempatia con i più è un modo eleganteper perdere: non sulle forme ma sui

contenuti, il che è più grave, moltopiù grave. A me sta sommamente sulle balle ilfatto che Renzi utilizzi la sua capacitàdi comunicare e creare empatia perprodurre consenso attorno a cose chec o n s i d e r o d e l e t e r i e , t a l v o l t aconservatrici, talvolta brutalmente didestra. Ma ancora di più mi sta sullepalle vedere che spesso noi invecenon sappiamo fare altro che sdegnarcisu queste forme efficaci, senzasaperne o volerne proporre dialtrettanto efficaci, magari diverse maaltrettanto efficaci, per ciò chepensiamo essere di s inis t ra –insomma vagamente migliorativoanziché peggiorativo in termini didiritti sociali e civili. E sì, lo ammetto: fosse ancora in vitala lista Tsipras – o l’area di cui più o

meno era espressione – mi sarebbepiaciuto perfino vedere la nostraopposizione conquistare consensi inmodo semplice ed efficace e – perchéno? – avrei sentito perfino qualchesperanza in più nel vedere anche unodei nostri battere sul tempo Renzi nelgettarsi in testa acqua gelata nellacampagna hashtag di maggiorsuccesso e diffusione di sempre. Ma ve li immaginate, Spinelli oRevelli o Viale, fare una cosa delgenere? Per carità, Lorsignori devonoaver appreso delle secchiate tipo unmese dopo, da qualche giornalecartaceo, e probabilmente hannoscosso il cranio indignati, o tempora omores.

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COGNOME PER COGNOME IL REGALODEL GOVERNO ALLE AUTOSTRADE(Daniele Martini).by Il Fatto Quotidiano 2/9/2014(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:26:09 AM

ECCO COME E PERCHÉ LA“ P R O R O G A D E L L EC O N C E S S I O N I ” D E L L OSBLOCCA ITALIA FA FELICIBENETTON, GAVIO, COOP,BANCHE, ECC. SODDISFATTOPURE VITO BONSIGNORE CONLA SUA ORTE-MESTRE. Che pacchia lo Stato in bolletta per isignori delle autostrade. Siccome disoldi pubblici per finanziare lacostruzione di nuove tratte non ce nesono più, i concessionari si travestonoda Babbi Nata le , p romet tonoinvestimenti per oltre 12 miliardi dieuro e in cambio ottengono dalgoverno di Matteo Renzi, con ildecreto Sblocca Italia, una cosetta diappena tre parole, «allungamentodelle concessioni», che detta cosìsembra acqua fresca, ma è unaminiera d’oro. Le autostrade sonocome bancomat e per chi le gestiscenon c’è rischio di impresa o quasi, ipedaggi aumentano sempre eautomaticamente, collegati comesono all’inflazione e ai piani diinvestimento finanziario calcolati concomplicatissimi algoritmi.“Allungamento delle concessioni”significa dilatare nel tempo l’accessodei signori del casello al bancomat,con un altro bel regalo incorporato:s i c c o m e l ’ U n i o n e E u r o p e apretendeva che, al momento dellascadenza, le concessioni fosseroriaffidate tramite gare a cui avrebberopotuto partecipare altri soggetti,privati e pubblici, italiani e stranieri,molti dei concessionari attualistavano tremando all’idea di doverr i n u n c i a r e a l l a p a c c h i a . I LGOVERNO Renzi ora li fa dormiretra due guanciali. Sempre che lanorma approvata dal Consiglio deiministri ottenga alla fine anche l’okdella Commissione europea, assensoche non è affatto scontato. Il ministrodelle Infrastrutture, Maurizio Lupi, hapresentato la proposta all’Europaforse confidando anche sul fatto che èin corso il rinnovo delle cariche e inuovi responsabili devono ancoraprendere visione dei problemi eor ien ta rs i d i conseguenza . I lcomportamento del governo italiano,a proposito delle autostrade, da un belpezzo è sotto osservazione attenta dapa r t e de l l ’Europa , pa recch io

contrar ia ta dal l ’a t teggiamentoincredibilmente prodigo usato neiconfronti dei concessionari . I lprecedente più clamoroso risale allafine del secolo scorso, governoD’Alema imperante, quando fudeciso un allungamento monstre dellaconcessione a favore dell’Autostradadel Sole e di tutte quelle autostradepubbliche, già dell’Iri, la cui gestionediventava privata e affidata aiBenetton. I tempi già lunghi dellaconcessione fissati per il 2018 furonospostati in avanti di altri 20 anni, finoa l 2038. In pra t ica t ra mi l lepo lemiche l a concess ione fut r a s f o r m a t a i n u n d i r i t t o d isfruttamento autostradale a vita. Ilgoverno Renzi si pone in quella scia.I signori omaggiati sono un belgruppetto: di nuovo le Autostrade deiBenetton e poi quelle del gruppoGavio, le Cooperative di costruzione,il gruppo Astaldi, Banca Intesa, icostruttori Mattiona di Torino. Tuttiquesti soggetti hanno più o meno illoro tornaconto, anche se ci sonoconcessionarie che nella giunglaa u t o s t r a d a l e a p p a i o n o p i ùintensamente coinvolte di altre,avendo la concessione già scaduta o

in scadenza o anche potendo essere“unificate a tratte interconnesse ocontigue ad altre o complementari”,così come prevede l’articolo 4. TRA IPIÙ avvantaggiati dalla novità c’è ilgruppo Gavio che, unificando laTorino-Alessandria-Piacenza(laconcessione scade nel 2017) allaTorino-Milano e all’Asti-Cuneopotrebbe ottenere l’allungamentodella concessione fino oltre il 2040.Le Autostrade per l’Italia (gruppoBenetton) sono interessate per laNapoli-Salerno, la cui concessione ès c a d u t a , m a c h e t r a m i t el’accorpamento con la tangenziale diNapoli sarebbe prorogata fino al2038 . IL PROVVEDIMENTOp o t r e b b e r i g u a r d a r e a n c h el’Autostrada Tirrenica della Sat(Gavio-Autostrade-Cooperative) traCivitavecchia e Rosignano, quella incostruzione nella Maremma laziale etoscana , con tes t a t a s i a da l l epopolazioni interessate sia da granpar te de i s indac i de i comuniattraversati. Una volta realizzato, queltracciato potrebbe essere consideratoun prolungamento della A12 Roma-Civitavecchia di Autostrade eaccorpa to ad esso , o t tenendo

automaticamente un prolungamentodella concessione dal 2028 attuale al2038. Il decreto Renzi porteràbenefici anche alla Brescia-Padovadel gruppo BancaIntesa e delcostruttore romano Astaldi ( laconcessione finisce tra nove mesi). Oalla Torino-Ivrea (gruppo Gavio eMattiona costruzioni) che scadee s a t t a m e n t e t r a u n a n n o ea l l ’Au tos t r ada de l B renne ro ,posseduta da comuni, province eCamere di commercio emiliane,venete e lombarde, più la holdingfinanziaria Cis e banche popolari,gestita dall’Anas sulla base di unaconcessione scaduta alla fine diaprile. Il decreto si occupa anchedella Orte-Mestre (costo oltre 10miliardi) per cui è prevista unadefiscalizzazione, cioè potrà esserecostruita senza pagare tasse. Ildominus dell’operazione è VitoBonsignore, una condanna definitivaa due anni per corruzione e svariatiprocedimenti in corso, passato direcente con il Nuovo Centrodestra diAngelino Alfano. Da Il Fatto Quotidiano del 02/09/2014.

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Virus Ebola: sono gli immigrati gli untori?(Aldo Giannuli)by www.aldogiannuli.it (ilChiosco)

Submitted at 9/1/2014 6:11:47 PM

Da circa un mese si è diffusol’allarme per il manifestarsi si casi diebola anche in paesi occidentali.Sinora si tratta di focolai moltocircoscritti ma non è detto che i casiin incubazione siano altrettanto pochi,né che i dati diffusi non sianoreticenti. In ogni caso, per ora lasituazione sembra sotto controllo.Come è noto, per l’infezione da ebolanon esiste ancora né vaccino néterapia, anche se si parla di una curaamericana che avrebbe già registratoil primo caso ad esito felice. Comesempre accade per le malattie acarattere epidemico, si è subitoscatenata la “caccia all’untore” che,tanto per cambiare, è stato trovato daileghisti (ma non solo da loro) negliimmigrati, responsabili di ogniinfezione. Vale la pena di farequalche considerazione in merito. In primo luogo si stima (ovviamentein modo approssimativo, dato ilf e n o m e n o d e l l ’ i m m i g r a z i o n eclandestina) che i l movimentomigratorio verso Usa, Europa eAustralia ammonti a circa 9 milioni dipersone all’anno. Nello stesso lasso di tempo, ilmovimento tur is t ico mondialeassomma a 494 milioni di persone peril 2013, con una tendenza all’aumentofra i 4 ed i l 5%. Ovviamenteconsiderando tutti i flussi turistici dae per ciascun paese. Vero è che ituristi, in genere si fermano pochigiorni o al massimo settimane in unpaese, ma è anche vero che pertrasmettere o  contrarre una infezionebastano anche poche ore. I n s e c o n d o l u o g o , o c c o r r econsiderare altre categorie di personeche si spostano da un paese all’altroche non sono né turisti né immigratima persone che si spostano perragioni di lavoro, di studio o altro incategorie quali: studenti e docentiuniversitari, marittimi e piloti,personale medico ed infermieristico,missionari e volontari di vario genere,militari e contractors, tecnici inparticolare delle industrie estrattive,addet t i ad agenzie tur i s t iche ,diplomatici,  addetti ad imprese diimport-export, giornalisti, ecc ecc perun totale di diverse decine di milionidi persone ogni anno. Dunque, se la ragione del la

diffusione delle epidemie è i lmovimento di esseri umani da unpaese a l l ’a l t ro , g l i immigra t irappresentano meno del 2% delfenomeno complessivo. Pur volendodepurare i dati relativi al turismo edagli spostamenti per ragioni di studioe lavoro, da quelli riguardanti lospostamento di persone da un paese“sviluppato” (Europa, Usa, Giappone,Australia ecc) all’altro (come se ilrischio infettivo esistesse solo da eper i paesi del cd. “Terzo Mondo”) gliimmigrati peserebbero meno del 15%sul totale. N o n s e m b r a q u i n d i c h el’ immigrazione abbia un pesopar t i co la rmente r i l evan te ne ldiffondersi di malattie infettive, maoccorre tener presenti altri fenomenidi cui non si parla mai. In primoluogo il movimento di animali dapaesi tropicali o comunque da “paesia rischio” verso i paesi occidentalia t t r ave r so i l f enomeno de l l acompravendita di animali esoticiinfatti (da pappagalli ai rettili, aigrandi felini a pesci ed uccelli, pernon dire di cani e gatti di particolari

razze): come è noto, gli animali sonospesso portatori di agenti patogeni(attraverso insetti o nelle feci e nellesecrezioni). Poi occorre considerare che altrianimali ancor più a rischio d’esserevettori infettivi (come ratti, rettiliecc.) giungono in Occidente insiemealle merci. Ad esempio, alcuni annifa, vennero scoperti, all’interno diuna partita di copertoni importatidall’Asia, diversi ratti che risultaronopositivi alla ricerca di Yersinia Pestis.E si pensi anche ad insetti da noisconosciuti sino ad una quindicina dianni fa, dalla zanzara tigre al tarloasiatico. Lo spostamento massiccio di specieanimali, peraltro non è dovuto soloall’intensificarsi dello scambio dimerci, ma anche ad altre ragionicome i mutamenti climatici edambientali che hanno dirottato pescied uccelli verso ambienti diversi daquelli in cui vivevano. Intere nicchieecologiche ne sono sconvolte per laricerca di cibo o di condizionitermiche più adatte. Ed anche uccellio pesci possono essere portatori di

agenti patogeni. Altri virus ci giungono attraversomerci alimentari (soprattutto pesci ecarni). Ma l’immigrazione, al pari delboom turistico, della  moltiplicazionedegli spostamenti per ragioni dis t u d i o e d i l a v o r o ,dell’intensificazione dei trafficimercantili transoceanici, sono tuttec a r a t t e r i s t i c h e p r o p r i e d e l l aglobalizzazione. Ed allora, che si fa?Chiudiamo le frontiere anche a turisti,studenti, marittimi ecc? Blocchiamo icommerci?  Facciamo la multa aglistormi di uccelli migratori ed aibanchi di pesci fuori rotta? Forse dovremmo a t t rezzarc idiversamente a far fronte a questoeffetto indesiderato ed imprevistodel la g lobal izzazione più cheprendercela, come al solito, con i piùsfigati della Terra. Il virus dell’Ebolaè molto pericoloso come, per altriversi, lo sono quelli dell’Aids o dellaTbc. Ma il peggiore ed i l piùinvincibile di tutti resta sempre ilvirus dell’ignoranza. Aldo Giannuli

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“BASTA ANNUNCI” E RENZI CI FA UNACONFERENZA STAMPA (Wanda Marra).by Il Fatto Quotidiano 2/9/2014(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 12:36:51 AM

PRESENTATO A PALAZZOCHIGI IL SITO CHE ILLUSTRA ILP R O G R A M M A D E I “ M I L L EGIORNI”. DAI PROCLAMI ILPREMIER PASSA AL GIORNOPER GIORNO. Se riusciamo a togliere questo e arimetterlo…. Intanto, togliamolo”.Alle spalle di Matteo Renzi, aPalazzo Chigi, lo schermo rimanda leimmagini del sito “Passo dopopasso” . Que l lo che dovrebbeillustrare la rivoluzione dei millegiorni. Che si vedono molto poco.“Vedere male…”, dice lui, lasciandoin sospeso la frase. Perché è uneufemismo. C’erano una volta le slidee il logo con il pesciolino rosso. Era il12 marzo, la prima conferenza stampadi Renzi come premier. Quellapassata alla storia (e poi ridefinitadallo stesso presidente del Consiglio)la “televendita”: ore e ore di annunci,proclami, programmi. Una furiacomunicativa talmente energica da fardimenticare la presenza assai parzialedi fatti. Sono passati cinque mesi emezzo e persino il proiettore diPalazzo Chigi mostra la corda.“I mille giorni sono la risposta a chici accusa di annuncite”, declama ilpremier. Eppure, questa volta non cisono neanche gl i annunci . Laconferenza stampa della ripresa per ilprimo settembre Renzi l’avevaannunciata già qualche mese fa. Poi,sembrava superata dagli eventi: per il29 agosto era previsto il Cdm di fineestate. Una riunione venduta come“epocale”, definitiva. Che poi si èsvuotata di contenuti: nello SbloccaItalia c’è molto meno di quanto luiaveva lasciato intendere, molta partedella riforma della giustizia non esiste(non ci sono neanche i testi, bloccatida accordi che non si sono chiusi). Ela scuola? Direttamente rimandata adomani. E allora, ecco che venerdìRenzi rilanciava l’evento di ieri.Promettendo, ancora una volta,

sorprese, ricchi premi e cotillon.Nulla di tutto questo. Il premierarriva, abito scuro, cravatta viola,abbronzato ma piuttosto scarico,accompagnato da Graziano Delrio eMaria Elena Boschi. Il sottosegretarioalla presidenza del Consiglio èvisibilmente stanchissimo. Renzi lodefinisce “il mio fratello maggiore”,ma poi lo lascia parlare poco. Ledifferenze tra i due anche caratterialie l’abitudine del Capo del Governo afare tutto da solo evidentementerendono difficile la coabitazione tra idue. Ma Delrio per ora resiste.L’unica raggiante dei tre è la Boschi.Tubino azzurro, della stessa tonalitàdegl i occhi , sguardo di ferro,portamento di chi sa il fatto suo,interviene non a supporto di Renzi,ma a correzione. “Il disegno di leggedelega sul lavoro alla Camera…”,

dice lui. E lei lo corregge: “No, è alSenato”. “Leggo tanti giudizi secondoi quali è finita la nostra luna di miele,sono gli stessi che leggevo primadelle elezioni, quindi portano bene”,inizia Renzi. Sorriso che vuol esseresmagliante, risulta tirato. Poi, ecco lapresentazione del sito. “Un diario”, lodefinisce. Che verrà aggiornatogiorno per giorno. Non lo illustra,rimanda tutti al web. Gli è sorto ildubbio che procedere indicandosempre nuovi obiettivi, decisamentetroppo ambiziosi per chiunque inq u e s t o p a e s e p o s s a e s s e r econtroproducente? Pare di no.“ÈGIUSTO impiccarsi a una data? Sì,perché l’espressione accountabilitynon esiste in italiano, è un concetto diresponsabilità ampia, è l’idea checiascuno debba rendere conto di ciòche fa”. Un tempo, lo slogan di Renzi

era “Adesso!”. Ora l’orizzonte sono i1000 giorni, la fine della legislatura.“Questo è il giorno zero. Sul sitotrovate il count down”. I 1000 giorni,dice, avranno una formalizzazioneanche parlamentare. Che vuol dire?Un voto? “Non sarà una fiducia”,dice la Boschi, prima che il premierriesca a fermarla, “ne abbiamo chiesteanche troppe”. Caparbiamente,ribadisce l’efficacia polit ica ecomunicativa del cronoprogramma,che enunciò per la prima volta nellasala alla Vetrata del Quirinale,ricevendo l’incarico. Allora parlò diriforme, adesso sostanzialmenterivendica le linee guida. Il tutto èdecisamente breve. Rispondendo alledomande, il premier liquida lequestioni ancor più velocemente.Rimpasto? “Ci occuperemo dellasostituzione di un ministro tra il 24 eil 26 ottobre”. Ricorda gli 80 euro ecita il sito come la prova della sua“visione”. Accenna alla battagliavinta con la Mogherini. Senza enfasi.Guarda l’orologio, sembra meno asuo agio del solito nell’enunciazione.L’articolo 18? “Un evergreen”,“dobbiamo rendere il nostro mercatodel lavoro come quello tedesco”.NON MANCA il siparietto finale conla Boschi. Lei spiega, versionemaestrina: “Per quel che riguarda ilpregresso, i decreti da attuare ereditatidai precedenti governi erano 889 oggisono 528. Ma il lavoro del nuovogoverno porta nuovi decreti, dunquecomplessivamente quelli da attuaresono 699”. Lui richiede il numero incontinuazione. Quando scioglie laseduta, la perplessità serpeggia tra igiornalisti accorsi. Tutto qui? Luiimperterrito twitta: “L’Italia lacambiamo, piaccia o non piaccia aisoliti noti esperti di palude. Millegiorni e l’Italia tornerà leader, nonfollower”. Da Il Fatto Quotidiano del 02/09/2014.

«L’AMACA» DEL 2 SETTEMBRE 2014(Michele Serra)(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:59:51 AM

) 2 settembre 2014 La visita in Corea del Nord di MatteoSalvini e Antonio Razzi ha ottenutosul web un meritato successo nellacategoria “funny files”, quei fatterellibuffi e/o incredibi l i che sonocliccatissimi dai perdigiorno comeme, tipo la cernia degli abissi cheazzanna lo squalo, il biplano che

atterra sul tetto, l’attrice che sismaglia una calza scendendo dallamacchina, i l gatto che ruba lecrocchette al rottweiler. Per quanto cisi sforzasse di leggere commenti ec o m m e n t i n i a n n e s s i , e r aevidentemente impossibile dare unavalutazione politica dell’episodio.Anzi, era impossibile considerarlo unepisodio politico. Dalle pochissimeimmagini diffuse(clicca qui perguardare il video), si vedono i due

che camminano in Corea del Nord inmezzo a parecchi coreani del Nord estringono la mano a uno dei piùprestigiosi e autorevoli vice-leaderdella Corea del Nord, diciamo unodei pochissimi fin qui ancora in vita.Pare abbiano consegnato al poverettouna lettera destinata a Kim Jong-un,

attuale “caro leader”, nipote di quelKim Il-sung che, secondo il suo stiledi vita del tutto informale, amavafars i ch iamare “Ste l la polaredell’umanità” e “Grand’uomo senzaeguali”. Insomma, depurato dei suoiaspetti cruenti e di feroce dispotismo,il set perfetto per un film di MelBrooks, sul quale i nostri due si eranoavventurati, presumibilmente, per unprovino. A quanto se ne sa, conottimo esito.

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La “lettizzazione” del primo ministro (StefanoFeltri).by Il Fatto Quotidiano 2/9/2014(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:01:45 AM

D I E T R O L E N U O V EC O M U N I C A Z I O N I D E LG O V E R N O L ’ I N C U B O D E L“DISCORSO PROGRAMMATICO”CHE IL SUO PREDECESSOREUSAVA PER TENERE A BADA ISUOI. A un certo punto sembra renderseneconto persino lui: “Vi sembrano lestesse proposte di cui si parla daanni? Ma noi le stiamo facendo e ciimpegniamo fino al 2017”. MatteoRenzi parla, tanto, tantissimo, anchese deve soltanto presentare un sitoweb pieno di annunci. Sarà il caldo,sarà che questa volta non c’è il gelatopolemico cont ro la coper t inadell’Economist, ma all’improvvisoMatteo Renzi pare trasfigurarsi inEnrico Letta, deliri mistici da fineestate. I cronisti della sala stampa dipalazzo Chigi sono abituati all’incubonietzchiano dell’eterno ritorno: lastoria si ripete, figurarsi la cronaca.Eppure colpisce vedere la rapiditàcon la quale anche il rottamatorefiorentino scolorisce assumendo inquel grigiore romano di cui EnricoLetta è stato il massimo interprete. MENTRE RENZI PARLA, par divedere svanire i capelli, sembradiventare più secco, quasi gli siintravede un accenno di occhialettilettiani. Perché troppo simile è lo stilee i l contenuto. Dunque: Renziconvoca i giornalisti, tre giorni dopo

aver presentato il pacchetto di decretiS b l o c c a I t a l i a ( d e c r e t i c h eovviamente non esistono in formacartacea, solo accordi verbali traministri), per annunciare la trionfalen a s c i t a d e l s i t o p a s s odopopasso.italia.it. Per raccontarecome “cambiamo l’Italia”, per daresostanza ai congiuntivi esortativi concui il premier sottolinea la sua vogliadi cambiamento (“Basta rendite diposizione, si cambi”). Pessimosegnale per un leader quando devedarsi da fare per spiegare i suoisuccessi, è il segno che i giornali nonse ne accorgono da soli. Ricordate laversione web dell’Agenda Monti? E,soprattutto, il dimenticato sito diLetta 100giorni.governo.it, dovel ’ a l l o r a p r e m i e r s p i e g a v al’importanza di concentrarsi “ sempredi più sulle politiche proprio quandolo scontro nella politica sembra farsiincandescente”. Le infografichemeticolose del passodopopasso nonhanno più l’esuberanza irriverentedelle prime dell’era renziana, quelledegl i 80 euro, addobbate conincongrui dettagli (un pesciolinorosso) per far sorridere giornalisti indeliquio. No, ora le tavole sonosobrie, un po’ sulla difensiva, con unasomiglianza quasi inquietante conquelle di “Impegno Italia – 12f e b b r a i o ” : d o v e v a e s s e r e i lprogramma per il rilancio del governoLetta, è diventato il suo testamento.Le priorità di allora sono le stesse dio g g i : E u r o p a , c r e s c i t a ,disoccupazione, imprese, lotta alla

burocrazia. UNO DEI SINTOMIdella crisi di Letta era l’ossessivas u c c e s s i o n e d i d i s c o r s iprogrammatici: uno ogni due mesi,sempre solenni, sempre più articolati,quando non puoi scegliere megliopromettere tutto. Maria Elena Boschi,ministro delle Riforme a fianco delpremier in conferenza stampa,pronuncia una parola che mai sipensava compatibile con l’eloquiorenziano (quello del “tanta roba”). LaBoschi spiega che il programma deimille giorni, quello rilanciato dal sitopassodopopasso, avrà un passaggiop a r l a m e n t a r e , c i s a r à u n a“pa r l amen ta r i zzaz ione” deg l ia n n u n c i . N o n u n a f i d u c i a ,ovviamente, magari una mozione, unatto di indirizzo, una di quellesottigliezze parlamentari che alpubblico del Tg1 cui si rivolge Renzitendono a sfuggire. I più sofisticatiosservatori propongono questainterpretazione: il piano dei mille

giorni è un nuovo programma, un po’di rimpasto nel governo è inevitabilecon la promozione di FedericaMogherini a Bruxelles, e quindi la“parlamentarizzazione” degli annuncisarà un po’ l’inizio di un nuovogoverno. Un Renzi bis. O un Lettabis, se la spinta propulsiva declineràancora . Le ana log ie possonocontinuare. Il governo che doveva“cambiare verso all’Europa” siarrabatta con gli stessi stratagemmidel temporeggiatore Letta: rinvia ildocumento di economia e finanza coni conti pubblici, prova a sfangarla conqualche zero virgola di sconto dallaC o m m i s s i o n e e u r o p e a . Èquell’approccio del “cacciavite” cheRenzi rinfacciava a Letta e che oraStefano Fassina contesta a Renzi.Fassina, ex bersaniano, quindi un po’proto-lettiano, poi anti-renziano, poinormalizzato ora di nuovo critico(evoluzioni). Anche nel programmalettiano c’era quella che Renzipresenta come sua personale novità:le scadenze (che qualche renziano osagià chiamare “cronoprogramma”).Letta ragionava – ingenuo – pertrimestri, Renzi procede mese permese. Che non si sa mai quandoconverrebbe votare. C’è solo undettaglio che rende ancora Renzi bendiverso da Letta: non si vede in giroGaetano Quagliariello a guidare unaqualche commissione di saggi. Maforse basta aspettare. Da Il Fatto Quotidiano del 02/09/2014.

L’ARMA A DOPPIO TAGLIO DELLATRASPARENZA WEB (Sergio Rizzo)(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 2:03:41 AM

) 2 settembre 2014 Consiglio al premier Matteo Renziper la sua ultima offensiva mediatica:a s s i c u r a r s i p e r t e m p o c h el’operazione «sito dei mille giorni»,lanciata per consentire ai cittadini diseguire «passopasso» via Internet leriforme del governo, non si trasformii n u n ’ a r m a a d o p p i o t a g l i o .Promettere è facile, mantenere lepromesse molto meno. A l t r e t t a n t o f a c i l e è c a d e r enell’illusione del web, ma bisognaessere pure coscienti che il web nonperdona. Ne sa qualcosa RomanoProdi, che al tempo del suo secondogoverno trovò un giorno sul sito diP a l a z z o C h i g i « l ’ a l b e r o d e lprogramma» per spiegare via web lastrategia del suo governo. Chi entravanel sito poteva navigare alla ricercadei provvedimenti governativi in ungrafico assurdo e incomprensibile,perfino più complicato del già

imperscrutabile programma di 300pagine dell’Unione. L’iniziativanaufragò fra i fischi: il minimo chepotesse accadere.«Dobbiamo avere il coraggio di faremergere in modo netto, chiaro edevidente che ogni centesimo spesodalla pubblica amministrazione delleessere visibile online da parte di tutti.Questo significa un meccanismorivoluzionario per cui ogni cittadinopuò verificare giorno dopo giornoogni ges to che fa i l p ropr iorappresentante»: come si fa a noncondividere le parole che lo stessoRenzi pronunciò il 24 febbraio inS e n a t o , d u r a n t e i l d i s c o r s op r o g r a m m a t i c o ? Ma dal dire al fare, purtroppo, spessoc’è una distanza ben diversa da quellache separa una parola da quellaseguente. Sono passati sei mesi, esiamo ancora ben lontani dal RegnoUnito, dove un meccanismo delgenere esiste ormai da molti anni. Sevolete sapere quanto ha speso laCorona reale per il proprio sistema

informatico, da chi ha acquistato icomputer e chi ha l’appalto dellamanutenzione, davvero basta un clic.È sufficiente entrare nel sito delgoverno britannico, e in fondo allahome page, dove si trova la voce«Transparency» , cliccare sul link«Government spending». Tutto qui. Il fatto è che la comunicazione viaInternet è una cosa molto seria.Servono idee, competenze e risorseumane. Il governo inglese ha investitomass i cc i amen te e s i vede . Iprecedenti nostrani, invece, dicono ilcontrario. Intendiamoci: molto è statofatto, considerando il punto dipartenza. Tutte le amministrazioni orasono obbligate a rendere pubblici suInternet i nomi dei dirigenti, i lorostipendi, le spese per gli affittipassivi, le consulenze… Ma ricordate quell’altra offensivamediatica contro gli sprechi lanciatadall’esecutivo Mario Monti? Nel sito

del governo era stata aperta unapagina nella quale ognuno potevadepos i t a re un cons ig l io , unadenuncia, una invocazione. «Tutti icittadini — c’era scritto — hanno lapossibilità di dare suggerimenti,segnalare uno spreco, aiutando itecnici a completare il lavoro dianalisi e di ricerca delle spese futili». Il primo giorno il sito venneletteralmente preso d’assalto. Neiprimi 25 giorni arrivarono 135.000messaggi. Dove c’era di tutto, com’èimmaginabile. Chi chiedeva dispegnere le luci quando gli ufficipubblici chiudevano, chi di usare ilsistema Voip per i telefoni, chi se laprendeva con le auto blu. È finita chenon ce n’è più traccia. Né la battagliaagli sprechi è stata vinta grazie aquelle denunce. Per quanto se ne sa:a n c h e p e r c h é i l b i l a n c i o d iquell’iniziativa nessuno l’ha resonoto.

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“IO SONO ANCORA TERRIFICANTE EMALVAGIO”: I MESSAGGI DEL PADRINOCHE SI CREDE ETERNO (Attilio Bolzoni)(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:59:13 AM

) 2 settembre 2014 È lui , indiscutibilmente è lui.Paranoico come sempre e pieno di sécome mai. Però è lui, l’originale, ilpuro, autentico folle assassino che hafatto tremare l’Italia. Nel suo deliriose ne compiace: «Fra duemila anni cisarà sempre Totò Riina». Ogni tantogli scappa e parla di se stesso in terzapersona, si sente immortale e ancorainvincibile. È il Riina più estremo ep iù van i toso che s i e s ib i scepubblicamente perché non può piùfarlo per la platea dell’esclusivo clubal quale apparteneva. Dice: «TotòRiina era così, spietato, perché è natodalle leggi della natura e la natura è lapropria identità». Dice: «Io il temponon lo conosco». Dice ancora: «Io hoiniziato da zero… la mia famigliadiventò una bomba». È s e m p r e s t a t o c o s ì ,immancabilmente primo. Non stamentendo il contadino di Corleonediventato dittatore della Cosa Nostra,non sta mentendo a se stesso e non stam e n t e n d o a g l i a l t r i i nquest’interminabile sproloquio nelcamminatoio del carcere di Opera,parole che sembrano gettate al ventoda un povero vecchio e che invecenascondono — una per una e unadopo l’altra — il cuore nero di unmafioso sepolto vivo che non si

a r r e n d e n e m m e n o d a v a n t iall’evidente disfatta. Abbiamo giàscritto molte volte che Totò Riina nonsi sta rivolgendo al popolo mafioso(che non c’è più, scompaginato dallarepressione poliziesca e sostituito dauna criminalità più silenziosa e avolte anche legale) ma piuttosto aicomplici che l’hanno tenuto inlatitanza per quasi un quarto di secolousandolo per delitti eccellenti e stragi.Abbiamo scritto che questo suoparlare è un dire e un non dire che sitrasforma spesso in un minacciarepermanente ricordando il passato —Capaci e Falcone, via D’Amelio eBorsellino — o indicando il futuro e isuoi bersagli — prima il pm DiMatteo e poi don Ciotti — , è undialogare per regolare conti e lanciaremessaggi ma la lingua che usa èsempre quella: la sua. Passa le giornate a vantarsi («Sonodiventato un re») proprio comefaceva dopo una carneficina nellamasseria dei Brusca, a irridere chil’aveva sottovalutato («Pensavanoche ero un analfabeticchio ») comeper esempio quei rappresentantidell’aristocrazia mafiosa palermitanache lo consideravano poco più di uncaprone, a sottolineare sempre la suaferocia («Io terrificante… io sonomalvagio, uno che macina.. «) per farsapere a tutti che non è cambiato ec h e , s e s o l o p o t e s s e , l u icontinuerebbe a macellare i suoi

simili. Non c’è niente di inedito in questoRiina carcerato rispetto al Riina checi avevano raccontato i pentiti chestavano seduti accanto a lui nellaCupola, riparte da dove avevacominciato: «Sono una roccia diCorleone, super corazzato, sonospavaldone, sono un gran pensante».Una volta, in un’udienza, quando ilpresidente della corte d’assise glielencava tutti gli omicidi dei quali eraaccusato, lui rispondeva: «Io non homai fatto tutte queste manachelle ».Gli omicidi per lui erano «manachelle», marachelle, monellerie. Oggi sirivolge al suo compagno nell’orad’aria definendosi così: «Sono unbirbante con un carattere di ferro».Totò Riina birbante. Non c’è un Totò Riina di prima e unTotò Riina di dopo, è lo stessoassassino, lo stesso uomo che conoscesolo un mondo: il suo. Sa semprequello che dice. E se chiama «re deicarabinieri» il suo vecchio amicoProvenzano, lo fa perché vuolericordare come è stato vendutoquando lo presero i reparti speciali lamattina del 15 gennaio del 1993. È undoppio avvertimento. Lui non l’hamai mandata giù quella storia percome è andata. Chissà, se avrà mai

conf ida to qualcosa d’a l t ro inpropos i to a l suo compare d ipasseggio Alberto Lorusso. Anchequando entra nel suo privato, nellepieghe più intime, Totò Riina nonsmentisce Totò Riina. Se si lamentaspesso di Silvio Berlusconi e mostratutta la sua delusione per quell’uomoche «con il 66 per cento dovevamandare alla fucilazione i magistrati», se lo punzecchia ricordando aglia sco l t a to r i i t a l i an i de l l e suechiacchierate che «in qualche modomi cercava, si mise a cercarmi », allafine manifesta tutto il suo disprezzocon un marchio: «È un vigliaccone,cerca mutande dei picciriddi». Deibambini. Non cambia mai neanche quandoparla di sesso fra adulti. Comegettava discredito su Buscetta aitempi del maxi processo? Diceva cheaveva troppe donne. E trent’annidopo racconta a Lorusso dellab a r o n e s s a M . , « u n a s i g n o r apotentosa, femmina molto esperta»che un giorno gli si presentò davanti«quasi nuda ma io feci finta di noncapire niente». E le disse: «Io sono unmaschio disgraziato, perché mi avetechiamato? ». Quel vecchio dettosiciliano — che non c’è bisogno ditradurre — come vedete si adattabene a uomini come Totò Riina. ‘Ucummannari è megghiu ri futtiri.

UN’ALTRAcontinued from page 2

così. Sicuramente è piaciuta allaMerkel e agli altri governi nazionaliche non tollerano in quelle posizioniuna personalità forte. A differenzadell’altro italiano al vertice europeoche ha chiaro cosa si deve fare e nonteme di dirlo. Per un drammatico, ofortunato, ribaltamento dei ruoli, igoverni nazionali in teoria legittimatidal voto sono alla paralisi, mentreMario Draghi, presidente della Bancacentrale europea, istituzione noneletta da nessuno, è l’unico però apensare politicamente oggi in Europa.C’era più politica, alta politica, nelsuo discorso di Jackson Hole, che indecine di avvilenti consigli europei.Come dimostra la reazione furente diAngela Merkel. E qui c’è il guado in mezzo al qualesi trova il Renzi due. Il Renzi parolaioe verboso che prende il posto deldecisionista. L’uomo di governo chegià due giorni fa appariva svogliato,quasi annoiato dal dover presentare lariforma della giustizia, il decreto

slocca-Italia, «c’è tanta roba», un po’a buttar via, in quella conferenzastampa di ministri, per di più tuttiuomini (Padoan, Orlando, Poletti,Delrio, Lupi, Galletti), salvo l’inutileFederica Guidi. Anche perché di tantaroba concreta, in fondo, non ce n’era.Quasi ansioso di ri tuffarsi sulpalcoscenico europeo, con l’annunciodi un vertice europeo sulla crescitaper il 6-7 ottobre in Italia che gliconcederà un nuovo palcoscenico, mache su una parte della stampac o n t i n e n t a l e è p a s s a t o c o nindifferenza o peggio come un’altraperdita di tempo. «Renzi rischia diessere un Koizumi italiano: muchafachada, poca acción», si leggevasu“El País ” del 18 agosto, come ilpiacionissimo premier giapponese delprimo decennio del Duemila cheaveva promesso di rivoluzionare ilsuo Paese. E che invece ha governatonel decennio che oggi è il nuovoincubo del l’Europa, la coppiamaledetta deflazione-recessione: la

«japonificación» dell’economiae u r o p e a , l a t r a s f o r m a z i o n edell’Europa in un grande Giappone.Un pericolo che riguarda più di tuttil’Italia. È bene dunque che fin da oggi Renzitorni a muoversi tra i comuni mortali,gli italiani normali che ricomincianol’anno. E che si aspettano da lui, conun capitale di speranza non esauritoma più esigente di tre mesi fa, unpasso dopo passo che tenga conto diuna crisi drammatica e eccezionale, enon più «lo spettacolo d’arte varia»del funambolo. O, per restare a PaoloConte, il miraggio di libertà e perlinecolorate che alla fine lascia il posto,al massimo, all’offerta di un gelato allimon. Di vero limon, sprofondati infondo alla città. Mentre un’altra estateè passata.

Ucraina, i filo-russiavanzano ad EstPolonia in allarme “Ècome nel ‘39” (PAOLOG. BRERA).by La Repubblica 2/9/2014 (ilChiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:09:52 AM

Spagnoli, francesi, italiani ecco la“legione straniera” schierata nelfronte orientale. MOSCA – RUSSI , certo. Ma tra i

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Flessibilità, Bce, Juncker cosa può sperarel’Italia (Stefano Feltri).by Il Fatto Quotidiano 2/9/2014(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:14:53 AM

TRE LEVE POSSONO SCUOTEREL’ECONOMIA: DEROGHE SUICONTI, STIMOLO MONETARIO,INVESTIMENTI PUBBLICI AL I V E L L O E U R O P E O . M A IBENEFICI SAREBBERO MINORIDELLE ATTESE. Il clima è cambiato in Europa,l’austerità non è più un’ossessione.Ma quali sono i margini per i Paesicome l’Italia che annaspano tra bassacrescita, prezzi stagnanti e rigorecontabile? Non è facile orientarsi trail dibattito sulla flessibilità, quellosulle misure straordinarie e lepromesse di piani straordinari diinterventi pubblici. La flessibilità suldebito che serve all’Italia Il governoRenzi chiede “flessibilità” allaCommissione europea, se ne parlerànel vertice dei ministri economici aMilano l’11 settembre. Non si trattadi cambiare le regole , ma diinterpretare quelle esistenti in mododa permettere ai Paesi di sostenere ilcosto di riforme strutturali senzarischiare sanzioni se violano gliobblighi di riduzione del debito e deldeficit. Il governo si è impegnato a nonsforare il tetto del 3 per cento alrapporto tra deficit e Pil, la partitavera infatti è un’altra: la riduzionestrutturale del debito. L’Italia almomento non sta rispettando gliimpegni: avrebbe dovuto fare una

correzione pari allo 0,5 per cento delPil – interventi per circa 5-7 miliardi– nel 2014 ma non li ha fatti. E nonsembra intenzionata a mettersi inregola, visto che ha già rinviato ilpareggio di bilancio dal 2015 al 2016e – l o h a d e t t o i l m i n i s t r odell’Economia Pier Carlo Padoan –potrebbe slittare ancora. Colpa dellacrescita eccezionalmente bassa,sostiene l’I tal ia. I l quotidianoRepubblica ha scritto che Roma statrattando con la Commissione unar iduz ione de l l ’ agg ius t amen tostrutturale annuo dallo 0,5 allo 0,25per cento del Pil o addirittura unasospensione degli interventi richiestidal Six Pack (i regolamenti cheimpongono la riduzione del debito).Benefici potenziali fino a 10 miliardidi euro, soldi che potrebbero essereimpiegati per riforme senza rischiaresanzioni europee per il mancator i s p e t t o d e g l i i m p e g n i .“Assolutamente prematuro, non è incorso alcun negoziato”, replicanodalla Commissione. Comunque perl’Italia cambierebbe poco, visto cheg i à o r a n o n s t a f a c e n d ol’aggiustamento richiesto. Le regoledell’austerità prevedono deroghe, mai requisiti di Bruxelles sono rigidi. IlPaese deve essere nella “partepreventiva” del patto di Stabilità (cioècon un deficit sotto il 3 per cento delPil), avere un programma di riformeche aumenta la crescita potenziale eche prevede il rispetto dei vincoli dibilancio al termine della derogarichiesto, e le riforme devono essere

in v igore , non mer i annunci .Tradotto: la flessibilità si potrebbeusare (forse) per riformare gliammor t i zza to r i soc ia l i o pe rristrutturare il pubblico impiego manon per tagliare le tasse come è statofatto con gli 80 euro renziani. Il pianodi Juncker da 300 miliardi di euro Ilp r e s i d e n t e e n t r a n t e d e l l aCommissione europea Jean ClaudeJuncker ha promesso un piano diinvestimenti da 300 miliardi. Soldi da“mobilizzare”, non da spendere. Cioèdi risorse da mettere in circolo, non dispesa pubblica pura. Per ora si sa soloche si tratterebbe di progetti traCommissione e Banca europea degliinvestimenti (Bei): lo scorso anno unaumento della dotazione della Bei di

10 miliardi ha generato prestiti allepiccole e medie imprese per 20.Andrebbero anche riassegnate risorsedel bilancio comunitario (circa 142miliardi all’anno per sette anni).Difficile stimare i benefici per l’Italiadi questo piano, ma è meglio nontrattenere il respiro nell’attesa.Aspettando il miracolo della Bce diDraghi Giovedì s i r iunisce i lConsiglio della Banca centraleeuropea: in tanti si aspettano che ilpresidente Mario Draghi adottimisure straordinarie per combattere iprezzi stagnanti (inflazione 2014 allo0,4 per cento contro il 2 che èl ’ o b i e t t i v o d i F r a n c o f o r t e ) .Difficilmente lancerà l’ attesoquantitative easing, cioè l’acquistodiretto da parte della Bce di titoli(obbligazioni private e, sognaqualcuno, anche di titoli di Stato)detenuti dalle banche. La misuraconcreta che è pronta a partire èinvece il TLTRO, cioè lo schema diprestiti agevolati alle banche affinchéfinanzino le imprese. Per quantoriguarda l’Italia, se gli istituti dicredito si dimostreranno collaborativi,possono arrivare fino a 75 miliardi indue anni. Ma le banche potrebberoessere tentate – come fecero con leoperazioni Ltro nel 2011-2012 – diusare le risorse per investimenti piùredditizi che prestare a famiglie eimprese, per esempio per compraretitoli di Stato. Da Il Fatto Quotidiano del 02/09/2014.

E FORZA ITALIA INVITA ABOICOTTARE IL FILM“BELLUSCONE” (Claudia Terracina)(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:58:05 AM

) 2 settembre 2014 Il regista Franco Maresco dice di nonavercela con Berlusconi, ma alfestival di Venezia spiega di averscelto il titolo “Belluscone, una storiasiciliana”, perché «il comportamentodel l ’ex Caval ie re rappresentabenissimo certi comportamentimafiosi». Berlusconi, quindi, sarebbeun paradigma negativo. Comunque, la proiezione del film èstata accolta come un evento. Perquesto, 800 militanti ed elettori diForza Italia, interpellati da KlausDavi, hanno invitato «a boicottare lapellicola per non incrementare ilbusiness di film e libri costruitiintorno alla figura del presidente». Lara Comi, eurodeputata forzista,

condivide e attacca: «Bisogna farcapire agli elettori di centrodestra e dicentrosinistra che c’è bisogno divoltare pagina. Girassero piuttosto unfilm su come trovare il lavoro, o sucome limitare la disoccupazione,oppure su come limitare la burocrazia– suggerisce – così l’audience e iguadagni sarebbero p iù a l t i» .Nonsolo. Secondo la Comi, «il registaha anche dimostrato poco coraggionon presentandosi alla prima. Io –conclude – darei un piccolo consiglioal regista. Si esponga e dica perché hafatto questo film, se in una situazionedi grande crisi gli sembrava questa

una priorità, piuttosto che raccontarela realtà italiana». La crociata della Comi però lasciapiuttosto freddi alcuni colleghi di FI.«Per giudicare occorra vedere unfilm», premette il vicepresidente delSenato Maurizio Gasparri , cheavverte: «L’appello a disertare le salec inematogra f i che non fa cheprocurare pubblicità a una pellicolache mi pare abbia tutte le premesseper essere una boiata pazzesca, perdirla con il mitico Fantozzi. E poiquel Maresco ha confessato di essereun depresso. Figuriamoci il risultato!No, i l suo Belluscone non mipreoccupa, piuttosto teniamoci prontia r i n t u z z a r e i l f i l m d e l l aGuzzanti(clicca qui) che, come als o l i t o , s a r à m a l i g n a m e n t ed i f f a m a t o r i o » .

Quei genitori diventatifuorilegge per salvare illoro bimbo malato(Adriano Sofri).by La Repubblica 2/9/2014 (ilChiosco)

Submitted at 9/2/2014 12:56:36 AM

L O N D R A , C A M E R O N S IS C H I E R A : L I C A P I S C O . MENTRE l’opinione comune siribellava alla “caccia” ai genitori delpiccolo Ashya King, David Cameronha voluto esprimere loro la propriasolidarietà, e il riconoscimento cheavevano agito per “offrirgli i lmeglio”. I coniugi Cameron avevanoperduto un figlio di sei anni nel 2009,ciò che ha reso più sentite ed efficacile parole del premier britannico. Lequali intervenivano in una situazioneparadossale. I SIGNORI King sono in stato diarresto a Malaga, ed è loro vietata lafrequentazione del f igl iolo. I lconflitto fra le competenze delloStato — in questo caso, del suosistema sanitario — e i diritti della

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calcinacci e le barricate della «NuovaR u s s i a » d e v a s t a t a d a ibombardamenti dell’esercito di Kievci sono guerriglieri arrivati da tutto ilmondo, per combattere al frontenell’Est ucraino. E lo fanno inentrambi gli schieramenti, filo-russi elealisti. Nella carneficina che ha giàfatto scavare quasi tremila tombe,Angel lo spagnolo e Viktor il francesesono a Donetsk con la tedescaMargherita, disposti a morire insiemea decine di stranieri per difendere unat e r r a c u i n o n a p p a r t e n g o n o .Francesco, italiano con una lungamilitanza tra i neofascisti di CasaPound, sta dall’altra parte dellabarricata, coi f i lo-governativi ,insieme a Mikael lo svedese. Concentinaia di polacchi e combattentiar r iva t i da mezzo mondo perarruolarsi nei battaglioni volontari, siaffiancano in battaglie altrui aldemoralizzato esercito di Kiev. Oltre ai francesi e agli spagnoli cheha intervistato, Paula Slier di RussiaToday dice che tra le file dei ribelliseparatisti a Donetsk ci sono anche«serbi e polacchi, britannici, israelianie tedeschi». Men t re i l eade r de l mondooccidentale pianificano e varanosanzioni per punire Putin della“invasione” russa, un’altra invasione

strisciante di ragazzi è in corsoproprio dai loro stessi Paesi. «Siamoqui per difendere i civili: per favore,salvate la gente del Donbass »,dicono Angel Davilla Rivas e MunozPerez , spagnol i poco più cheventenni, alla telecamera a Donetsk.Mostrano orgogliosi tatuaggi di Lenine Stalin: «Non sono e non siamoterroristi né mercenari, sono genteche difende la propria casa. Letelevisioni occidentali non dicono laverità, questa gente non vuoleattaccare Kiev ma solo difendersi, enon capisce perché il governo ucrainoli attacca e li uccide. Vogliono solovivere in pace, chiedono che siarispettata la volontà che hannoespresso con il referendum, in cuiall’80 per cento hanno detto sìall’indipendenza ».«Io a Putin non mi inchino», dice sulfronte opposto filo-governativo ilceceno Ruslan Arsayev al freelanceOliver Carroll, che lo intervista perMashable News. Armato fino ai denti, ha un gattinosulla spalla e una storia di guerra eguerriglia che affonda le radici nellasua famiglia: un fratello, dice, eracoinvolto nel dirottamente di un aereorusso in Turchia, costato la vita a duepersone; l’altro era un dirigente nelgoverno clandestino ceceno nella

terribile guerra con Mosca. Oracombatte contro i separatisti nelbattaglione volontario Aidar in cuimilitano, secondo quanto riferisconoa Carroll, anche ucraini e bielorussi, e«fino a poco tempo fa anche duecanadesi, o forse svedesi ». Svedese èper certo Mikael Skillt, uno checombatte «per la sopravvivenza deibianchi» nel famigerato battaglioneAzov, pesantemente infiltrato daineonazisti ucraini di Pravi Sektor.Alla Bbc ha detto di essere pronto acombattere anche per Assad, che ècontro il «sionismo internazionale »,e nelle arcane ragioni della passionepolitica estrema, in Siria potrebbetrovarsi dalla stessa parte dei francesiViktor Lenta e Nikola Perovic (diorigine serba), oggi in prima linea trai ribelli del Donbass: intervistati daLe Monde , spiegano che «la Russia èl’ultimo baluardo alla globalizzazione», ma in Francia avevano fondato unmovimento di supporto proprio adAssad. Da un tetto della povera Donetsk, ladeliziosa capitale del Donbasssvuotata sotto i colpi di artiglieriasparati dall’esercito di Kiev e daibattaglioni volontari che combattonoal suo fianco, la giovane e bellatedesca Margherita Zeider dice che

non poteva «rimanere a guardarecome i nazisti ucraini ammazzano icivili», e per questo ora è lì adifendere il Donbass casa per casa.Ma sono stranieri anche le «moltedecine di polacchi» catturati dairibelli all’aeroporto di Donetsk. DallaSerbia erano invece arrivati 205volontari: «Si uniranno alla brigata“Sevic”», annunciava a luglio IgorStrelkov, l’ex “ministro della Difesa”del Donbass. Secondo il nuovo leaderdei ribelli, Aleksandr Zakharchenko,anche turchi e romeni aiutano lacausa. Accanto al neonazista svedese Skillt,nel battaglione Azov combattono il47enne francese Gaston Besson el ’ u l t r a c i n q u a n t e n n e i t a l i a n oFrancesco Saverio Fontana, nome dibattaglia “Stan”, fascista militantedagli Anni Settanta, amico diGabriele Adinolfi e del fondatore diCasa Pound, Gianluca Iannone. SuTwi t te r a f f ron ta una g iovaneappassionata militante “tedesca esocialista”, Steiner1776: «Sei morta»,le dice. Da La Repubblica del 02/09/2014.

Leopardi il sogno di filmare la poesia (CurzioMaltese).by La Repubblica 2/9/2014 (ilChiosco)

Submitted at 9/2/2014 1:20:16 AM

QUANDO Mario Martone hacominciato a parlarci del progetto diun film sulla vita di GiacomoLeopardi, a tutti è venuta in mente lastessa domanda. L’unico però adavere il coraggio (e l’autorità) diformularla apertamente è stato ilgrande e a volte ruvido BernardoBertolucci: «Mario, ma come puoipensare di filmare la Poesia?».Filmare per giunta la poesia infinita,quella che prescinde da qualsiasilimite di epoca, luogo, biografia, edunque tanto più dall’I tal iet tareazionaria e provinciale dellaRestaurazione, dal piccolo fascino delborgo recanatese, dall’infelice vita epovera d i event i d i GiacomoLeopardi. Tutte le cose concrete,visibili, che una macchina da presa,sia pure guidata con talento esostenuta da una bella sceneggiatura,può trasformare in immagini percolpire un pubblico chiuso in unasala. L’OSSESSIONE di Martone perL e o p a r d i s e m b r a v a i l s o g n oimpossibile di un artista del cinema

da troppo tempo auto esi l iatonell’Ottocento, in una specie estremadi metodo Stanislavski applicato a sestesso. Come il grande regista russoobbligava i suoi attori a vestire pannidell’epoca di Oblomov anche fuoridalla scena, così Mario Martone daa n n i v i v e i m m e r s o i n l i b r i ,documen t i , cos tumi , pa l azz i ,a m b i e n t i , p i t t u r e e s c u l t u r edell’Ottocento italiano. Tutto ècominciato con la scrittura di Noicredevamo, insieme a Giancarlo DeCataldo, potente anti storia delRisorgimento e dunque con labellissima riduzione teatrale delleOperette Morali . Ma il raccontocinematografico delle trame delRisorgimento e dei conflitti fra lep o d e r o s e f i g u r e d i M a z z i n i ,Garibaldi, Crispi o Poerio, era unapasseggiata rispetto all’ambizione direndere per immagini il sublimepotendo contare su pochi fatti, unpaio di fughe avventurose, la fallitacorsa alla gloria, più un coro dipersonaggi intorno a Leopardi pocoindagati e all’apparenza troppodeboli. Martone ha risolto l’enigma con ilracconto di un’anima in conflitto conl’epoca, il proprio mondo e perfino il

proprio corpo. Ne è scaturito un filmbellissimo, uno dei più straordinari eoriginali di Martone, una storia chene contiene molte altre. C’è lavicenda familiare di Leopardi,l’affetto per i fratelli, l’algidorapporto con la madre e il conflittoamoroso con un padre, Monaldo,r i d o t t o s p e s s o a m a c c h i e t t areazionaria dalle letture scolastiche, eal quale invece un’interpretazionemagistrale di Massimo Popoliziorestituisce tutta la sua complessità. C’è la storia vivissima ancora oggi diun giovane favoloso d’immensotalento e coraggio intellettualecondannato a vivere in un’Italia cheera ed è ancora un paese tagliato sumisura per vecchi, conformisti emediocri. C’è ancora la parabola diun’anima che tanto più si libera egiganteggia, quanto più il corpo sira t t r app i sce f ino a d iven ta reminuscolo. Leopardi soffriva, comeun secolo più tardi il suo gemellopolitico di anticonformismo, AntonioGramsci, del terribile morbo di Pott.E ancora Il giovane favoloso narra diun’Italia ottocentesca che attraversoun meraviglioso paradosso spazio-

temporale, senza bisogno di effettispeciali e macchine del tempo allamoda, illustra bene il Paese di ora, lasua borghesia indolente e codina, leclassi dirigenti corrotte e provinciali,il popolino ignorante e primitivo. Unasocietà soffocante dal la qualeLeopardi non riuscirà mai a fuggire,nonostante la vi ta randagia edisperata da Recanati a Firenze aRoma alla terribile e meravigliosaNapoli degli ultimi giorni, sovrastatadall’ombra del Vesuvio, simbolode l l ’ app rodo f i na l e ve r so l aspaven tosa Na tu ra . Alla forza del cinema di Martone edella scrittura di Ippolita di Majo sisomma la prova di uno dei nostriattori più grandi, Elio Germano, cheriesce a far ascoltare l’assoluta poesiadell’ Infinito e della Ginestra comesoltanto il miglior Carmelo Bene ditanti anni fa. Il film presentato aVenezia andrà anche a Toronto, dov’èmolto atteso. Per il cinema italianoprosegue l a g rande be l l ezza .All’uscita dalla prima proiezioneprivata, per pochissimi amici ,Bernardo Bertolucci si era alla finedato da solo la risposta: «Ecco, così sifilma la poesia ». Da La Repubblica del 02/09/2014.

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Gianni e Pinotti (Marco Travaglio).by Il Fatto Quotidiano 2/9/2014(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 12:18:36 AM

Chi pensava di aver visto tutto ilgiorno di Renzi col secchio in testa ocol gelato in mano ha dovutoricredersi ieri, dinanzi al Renzi deiMille Giorni (risposta italiana alleMille e una notte, ma molto piùfiabesca). E non è finita qui, perchévoci insistenti danno Roberta Pinottie Angelino Alfano in pole positionper gli Esteri, con gran sollievo per laDifesa e per l’Interno. La Pinotti èquella che, alle primarie del Pd aGenova, arrivò terza: ma solo perchécorrevano in tre (se erano in sedici,arrivava sedicesima) e che l’altroieri,alla notizia che il marò Latorre avevaun malore, s’è scapicollata in Indiaper accudirlo (senonché, complice ilfuso orario, al suo atterraggio ilmalato era già guarito). Alfano inveceè Alfano. E intendiamoci: l’idea cheuno così non tenga più le mani supolizia e servizi segreti è rassicurante.Ma ne sfugge l’attinenza con gliEsteri. Se è per questo, i precedentiesperimenti alla Giustizia, allasegreteria Pdl e all’Interno hannod i m o s t r a t o l a s u a a s s o l u t aincompatibilità con qualsiasi incaricoe la sua enciclopedica incompetenza

su qualunque materia. I l che lo rende perfe t to perqualsivoglia poltrona: essendo negatoper tutto, può fare tutto con lamedesima impreparazione. Va detto,per inciso, che un ministro degliEsteri dovrebbe parlare qualchelingua estera, mentre il nostroconosce una sola parola straniera (omeglio, quella che lui crede unaparola straniera): “vucumprà”. Ilmese scorso, giunto in ritardo aStrasburgo su un volo disturbato dalvento, si scusò con la commissariaeuropea Cecilia Malmström chel’aspettava, inerpicandosi temerariosulla lingua inglese: “Sorry… deuàind…”. La Malmström, svedesedunque padrona dell’inglese, loguardò esterrefatta, poi tradussematerna e protettiva: “Ah, the wind”.Insomma: l’Angelino da esportazioneci regalerebbe soddisfazioni maiprovate neppure ai tempi di FrattiniDry. Che, a differenza di Alfano,s’impegnava poco, non proferivaverbo e, a ogni crisi internazionale,veniva colto a svernare su un atollocaraibico o ad abbronzarsi su unapista da sci. Anche perché i partnereuropei, conoscendone la mondanaindolenza e la decisiva inutilità, siscordavano di invitarlo ai vertici. Alcontrario Angelino, pur essendo un

altro pelo superfluo della politica,s’impegna e si agita moltissimo, parlae twitta senza sosta. Nessuno,sventuratamente, l’ha mai visto ariposo. Tanto Frattini era pigro einnocuo, quanto Alfano è attivo epernicioso. Soprattutto per se stesso,il suo partito (prima il Pdl, ora Ncd) eil suo dicastero. Ogni volta che aprebocca, cioè sempre e di solito fuorisincrono rispetto ai rari pensieri chel’attraversano, fa danni. Fortebracciodiceva di Tanassi: “Tace perché,essendo riuscito ad avere un’idea, hapaura che gli scappi”. Alfano invece,al primo segno di vita del suoneurone, inizia a parlare. Poi peròs’inceppa: bocca aperta a fermoimmagine, sopracciglia aggrottate,allarme degli astanti che temono unap a r e s i e , m e n t r e c h i a m a n ol ’ a m b u l a n z a , l o v e d o n o

improvvisamente sbloccarsi per direcose di devastante inutilità. Il 9 marzoera a Sky a commentare la notizia ditre bambine uccise a Lecco. E lì,forse ispirato dalla toponomastica,giurò ieratico: “Non daremo scampoa chi ha compiuto questo gestoefferato e ignobile, inseguiremol’assassino finché non l’avremopreso, poi lo faremo stare in carcerefino alla fine dei suoi giorni: oraconvoco i vertici della polizia”.Invano la conduttrice tentò difrenarne l’empito e, a gesti, dicomunicargli che la madre era stataarrestata da un pezzo e avevac o n f e s s a t o . L a p o l i z i a s ’ e r adimenticata di avvert ir lo, noncapacitandosi del fatto che fossedavvero il ministro dell’Interno. Seora passasse agli Esteri, però, conalmeno un paese intratterrebbe ottimirapporti: il Kazakhstan. E sarebbecomunque un buon inizio, anche perle ottime relazioni di Astana conMosca. Putin poi adora gli italiani chelo fanno ridere. L’altroieri ha detto:“Se voglio, arrivo a Kiev in duesettimane”. Appena vedrà Alfano sicorreggerà: “Già che ci sono, in tresettimane vengo a Roma”. Da Il Fatto Quotidiano del 02/09/2014.

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famiglia sta all’origine della civiltà:la legge presunta universale hasuperato il particolarismo della leggedel sangue. Non di rado con uneccesso di zelo, sequestrando affetti,responsabilità e singolarità deirapporti primari fra le persone. In questa tensione l’equilibrio non èmai raggiunto e definito una volta pertutte. Se i genitori di Ashya, testimonidi Geova, l’avessero sottratto allecure per un pregiudizio religioso osuperstizioso, la decisione di togliereloro il bambino e ripristinarne la curariconosciuta appropriata sarebbe statanon so lo lec i ta , ma g ius ta enecessar ia . A quanto pare, non era così. Igenitori e gli altri figli si sonoimpegnati ad assicurare al piccolomalato di un carcinoma al cervello —a l q u a l e l ’ o s p e d a l e c u r a n t epronosticava pochi mesi di vita — lecure da loro ritenute più efficaci, e aprocurargl i a l t rove la te rapiaradiologica “protonica”, descrittacome migliore. Hanno fatto come ormai fa la granmaggioranza delle persone, e ora noistessi nel tentativo di orientarci sulcaso: hanno cercato nella sterminatamole di informazioni offerte dallarete e hanno confidato in quelle,magari controverse, più promettenti.La rete è — anche — un equivalenteammodernato e appena secolarizzatodella speranza nei miracoli, chespingeva magari a portare via lapropria creatura dalla prognosi

infausta di un’autorità medicacostituita e depositarla ai piedi di unaMadonna. Ma i signori King, Brett eN a g h e m e h , h a n n o s o s t e n u t opubblicamente e in modo convincentedi adoperarsi per dare al piccolo laterapia migliore. Quando l’intervento della pubblicaautorità è teso a salvare una vita che ilpregiudizio privato condannerebbe alsacrificio, esso non è solo lecito madoveroso: è il caso del rifiutoreligioso alla trasfusione del sangue.All’opposto, le autorità dell’ospedaledi Southampton e gli organi di poliziasembravano essersi alleati, e avertrascinato nella propria alleanzal ’ in te ra gamma de i mezz i d icomunicazione, in qualcosa di similea una aggiornata caccia alle streghe. Il conflitto aperto sul piccolo Ashyaevoca immediatamente i l casoitaliano detto Stamina. Evitandoscrupolosamente di opinare sul meritoscientifico, si può osservare come ladesolante controversia i talianacorrisponda a un caso opposto aquello che scuote la Gran Bretagna.Da noi si chiede allo Stato, colconcorso di campagne mediatiche,di patrocinare un metodo terapeuticoche l’intero mondo scientificodichiara del tutto inconsistente, senon ingannevole. Naturalmente,l’intero mondo scientifico, o giù di lì,può sbagliare: ma non è ammissibileche a contraddirlo sia la pauradell’impopolarità di fronte a unapressione che viene dai malati, dailoro casi , e da una campagna

d’opinione. Tanto meno a unafrantumazione di responsabilità,scientifica, legislativa, governativa egiudiziaria. Vietare ai malati e alle loro famiglieil ricorso a terapie che suscitano leloro speranze è un abuso di potere eun peccato contro la libertà personale.Trasfer ire sul la responsabil i tàpubblica quelle speranze, magari soloin nome della compassione, è un attodi demagogia e di tradimento dellalibertà scientifica. E di confusione frai pellegrinaggi dalle Madonne chepiangono o da Padre Pio, del tuttoleciti, e la teatrale superstizione delmetodo Di Bella. Quando ogni altrasperanza scientificamente fondatacede, la legge prevede l’impiego difarmaci sui quali la sperimentazionesia ancora incompleta. È quello chesuccede in questi giorni con la ricercadi terapie contro l’ebola. Il tentativo dei genitori del piccoloAshya, e dei suoi fratelli, è del tuttoincerto, e forse del tutto infondato.Quello che sembra certo, e che lapresa di posizione di Cameron ha resoe v i d e n t e , è c h e c h i e d e r el’estradizione dei signori King, tenerliin arresto, separarli dal loro piccolo, èuna cosa bruttissima. E, moltoprobabilmente, illegale. Da La Repubblica del 02/09/2014.

L’ARRETRATEZZADIGITALEITALIANA: QUEISORPASSI SUBITI INRETE (Gian AntonioStella)(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 2:07:15 AM

) 2 settembre 2014 Un premier incessantementeaffaccendato tra Facebook e Twitter,WhatsApp ed Instagram e uno deiPaesi più arretrati al mondo suldigitale. Ci ha spezzato le reni, per dirlaironicamente col Duce, anche laGrecia. Da ieri, sentenzia il sitonetindex.com che misura la velocitàdi download domestica sulla base dicinque milioni di test al giorno, siamonovantottesimi al mondo. Dopol’amata e malmessa Ellade e davantial Kenya. Nel dicembre 2010eravamo al 70º posto. Nel dicembre2012 all’84º. Sempre più giù, giù,giù. Coi nostri mediocri 8,51 megabytemediamente scaricabili al secondosiamo ultimi tra i Paesi del G8(penultimo è il Canada che svetta dal23,09: il triplo), penultimi tra quellieuropei davanti alla Croazia eultimissimi tra i 34 dell’Ocse.Abissalmente lontani dalla velocità

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COMMENTI VIETATI E ZEROSCADENZE: IL NUOVO SITO (PERORA) ZOPPICA (Marco Bresolin)(il Chiosco)

Submitted at 9/2/2014 2:04:01 AM

) 2 settembre 2014«Uno spazio di azione per i cittadini:c h i u n q u e p o t r à p a r t e c i p a r e ,coinvolgersi, giudicarci». Eppure nonc’è alcuna possibilità di commentareo interagire. «Verificabilità deirisultati». Ma la sezione che mette aconfronto annunci e provvedimentieffettivamente realizzati non esiste«Rispondiamo a chi ci accusa di“annuncite” con un elenco di date».Dello scadenzario, però non c’ètraccia, solo un banale countdown chesegna lo scorrere dei giorni da uno amille. Matteo Renzi ha presentato ieri ilnuovo sito «Passo dopo passo»(passodopopasso.italia. it), quello chedovrebbe essere «il diario di bordo»dell’azione del governo nei prossimimille giorni. Qualche infografica conle riforme completate (con i link allafonte che non sono link), alcune news(rigorosamente «good»), un solovideo (del ministro Boschi, al Tg1) epoco altro. Tutto qui. Forse un giornodiventerà un vero strumento di« m o n i t o r a g g i o , t r a s p a r e n z a ,accountability e disintermediazione»(copyright di Francesco Nicodemo,responsabile comunicazione del Pdche presto potrebbe traslocare aPalazzo Chigi), ma nel giorno del suobattesimo il nuovo portale appare unpo’ «leggerino». E p r o p r i o s u l c o n c e t t o d i«accountability», sottolineato anche

dal premier come «l’ idea checiascuno debba rendere conto di ciòche fa», la strada da fare è ancoralunga. Tra le cinque sezioni del sito(Home, Mille Giorni, Passo dopoPasso, News, Infografiche e Video)non trova spazio l’elenco delle coseda fare né il relativo scadenzario.Forse bisognerà attendere le prossimesettimane per avere un’idea più chiaradella tabella di marcia, quando ci saràl’annunciato «passaggio parlamentaresul programma». Resta il fatto che ilsito non sembra strutturato perconsentire questo tipo di verifica. E,cosa ancor più curiosa, non è indicatanemmeno la data di pubblicazionedelle singole notizie. A monitorare la situazione per ora cipensa «Il Mattinale», il foglio politicodi Forza Italia che ha dedicato unaedizione straordinaria per fare «il factchecking» al portale e ha annunciatoche giorno dopo giorno, «passo dopopasso», farà le pulci al sito di PalazzoChigi. Un esempio: nella sezioneNews, Renzi mette alcuni dati Istatper dire che «da febbraio a luglio glioccupati in Italia sono aumentatidello 0,2%». «Quei dati – ribatte ilMattinale – sono analizzati in modoscorretto e banale, da principianti. Ilconfronto va fatto mese per meserispetto al corrispondente mesedell’anno precedente». E così ilMattinale dimostra che i posti dilavoro sono calati. Chi ha ragione?

Tutti e due, perché entrambi i metodisono corretti. Solo che, come è ovvio,i dati cambiano in base a comevengono fatti leggere. È il prezzo della tanto decantata«disintermediazione», di quando lapolitica (e il governo) cerca di parlaredirettamente ai cittadini, senzaintermediari. Una pratica sempre piùdiffusa, ma che mette in evidenza iln e t t o c o n f i n e c h e s e p a r al’informazione dalla propaganda. Giudicheranno i cittadini, si dirà. Maal momento il visitatore del sito nontrova uno spazio in cui dire la sua.Non c’è un forum, nemmeno lapossibilità di iscriversi per inserirecomment i a l le no t iz ie o fa redomande. Niente di tutto questo. Ilcittadino-utente del sito può limitarsisolo a leggere. Al massimo puòmandare una mail all’[email protected] e sperareche qualcuno, prima o poi, risponda. La comunicazione senza intermediariè un «must» di Renzi. Sui socialnetwork (Facebook e soprattuttoTwitter) e sul suo sito Internet, anchese quest’ultimo è ormai abbandonatoa se stesso. Negli ultimi tre mesi solouna notizia pubblicata, la suanewsletter del 30 luglio. Ora resta dacapire se il nuovo portale diventeràpiù completo e più dinamico di comesi presenta oggi oppure se, passodopo passo, farà la fine del sitopersonale del premier.

L’ARRETRATEZZAcontinued from page 11

con cui scaricano dal Web i cinesi diHong Kong, quasi undici volte lanostra, ma anche i sudcoreani, glisvedesi, gli svizzeri. C’è chi dirà: si tratta di realtàdisomogenee e in qualche modoeccentriche rispetto alle realtàeconomiche, tanto da vedere ai primiposti per eccellenza della Rete laRomania, dove però i cittadinidialogano ancor peggio di noi con glisportelli informatici pubblici. Vero.Resta il fatto che in classifica siamostaccati di 58 gradini dalla Cina, 65dalla Spagna, 69 dalla Germania, 71dalla Gran Bretagna, 76 dalla Franciacon la quale fino a una dozzina dianni fa eravamo sostanzialmente allapari. Per non dire della velocità di upload,cioè del tempo che si impiega percaricare un documento in Rete:q u a t t r o a n n i f a e r a v a m oottantaseiesimi. Oggi siamo al 157ºposto. Molto ma molto più distantidalla Francia che dal Congo o dalBurkina Faso. Ora, se il Web servisse solo airagazzini per dibattere dei tatuaggipreferiti o alle amanti della tisana per

consigliare la menta piperita, pocomale. I l nodo, come dimostraun’analisi di MMOne Group su datiEurostat, è che la Rete è sempre piùun volano per l’economia. Il fatturatodelle imprese europee ricavato dalWeb nel 2013 è stato in media del14%. Ma la Gran Bretagna e laSlovacchia sono già al 18, laRepubblica ceca al 26, l’Irlanda al31%: quasi un euro su tre, a Dublinoe dintorni, arriva via Internet. Noisiamo al 7%: la metà o meno dellealtre europotenze. Per non dire del turismo, che vive unboom spropositato a livello planetarioma che solo parzialmente ci sfioranonostante i l nostro immensopatrimonio culturale, paesaggistico edenogas t ronomico . I l bus inessvacanziero europeo dipende per unquarto dal Web ma la quota siimpenna fino al 39% nel RegnoUnito. Noi siamo al 17%: nettamentesotto la Francia e la Spagna, leconcorrenti dirette. Quanto al rapporto fra cittadini epubblici sportelli, un’altra ricercaMM-One sui Paesi che sfruttanomeglio le potenzialità della Rete dice

che, se la Danimarca sta a 100, noisiamo a 9. Umiliante. Come semancasse la consapevolezza, alcentro e in periferia, di quanto ilsettore sia centrale. Come se nessunosi fosse accorto che perfino qui danoi, negli ultimi anni, come spiegal’Agenda digitale italiana, il Web hacreato 700 mila posti di lavoro: seivolte più degli addetti di un settorestorico quale la chimica. Eppure, davanti a un quadro così, lostesso governo del primo premierincessantemente affaccendato traFacebook e Twitter, WhatsApp edInstagram pare aver deciso, standoalle bozze dello Sblocca Italia, dilimitare gli aiuti per l’estensione dellabanda larga, sulla quale siamo inangoscioso ritardo sulla tabella dimarcia europea, agli sgravi fiscali(sostanziosi o meno non si sa) per chiinvestirà sulle «aree a fallimento dimercato», quelle dove gli operatorinon mettono soldi per paura diperderci. Che dire? #inboccaallupo.