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Accordo storico. Così giusta- mente è stato definito il testo che Marchionne ha imposto ai sindacati complici e alla Confidustria. Se si usa questo aggettivo però bisogna avere il coraggio di accettare i para- goni con i fatti del passato. Ce n'è solo uno adeguato. Il 2 ottobre 1925 Mussolini come presidente del Consiglio, la Confidustria e i sindacati cor- porativi, nazionalisti e fasci- sti, firmarono a Palazzo Vi- doni un patto sociale che eli- minava le commissioni inter- ne e il diritto dei lavoratori a scegliersi liberamente le pro- prie rappresentanze. Il patto di Mirafiori fa la stessa iden- tica cosa. Vengono, per la pri- ma volta dal 1945, eliminate nella più grande fabbrica ita- liana le libertà sindacali. I la- voratori non potranno più li- beramente scegliere a quale sindacato associarsi e non potranno più votare le pro- prie rappresentanze. Come all'epoca del fascismo i sindacalisti di fabbrica sa- ranno esclusivamente nomi- nati dalle organizzazioni sin- dacali complici dell'azienda e come allora potranno essere chiamati "fiduciari". Mai nella storia del nostro Paese si era giunti a tanto. Neppure negli anni cinquan- ta, nei momenti più duri del- la guerra fredda e della re- pressione antisindacale, in Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno III, n. 2 - Foligno, febbraio 2011 prio, ancorché modesto, contributo. Ai lavoratori in lotta con- tro la violenza padronale che vuole cancellare i di- ritti conquistati con la Co- stituzione repubblicana, agli studenti in lotta con- tro la barbarie della can- cellazione del diritto all’i- struzione, ai tanti e diver- si discriminati, emargina- ti per censo, per sesso, per etnia, vogliamo dedi- care un messaggio lancia- to da Fabrizio De Andrè tanti anni fa che sembra- no ieri, anzi oggi. “Anche se il nostro mag- gio ha fatto a meno del vo- stro coraggio, se la paura di guardare vi ha fatto chinare il mento, se il fuo- co ha risparmiato le vo- stre Millecento, anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti. E se vi siete detti non sta succedendo niente, le fab- briche riapriranno arre- steranno qualche studen- te, convinti che fosse un gioco a cui avremmo gio- cato poco, provate pure a credevi assolti siete lo stes- so coinvolti. Anche se avete chiuso le vostre porte sul nostro muso la notte che le pan- tere ci mordevano il sede- re lasciamoci in buonafe- de massacrare sui marcia- piedi, anche se ora ve ne fregate, voi quella notte voi c'eravate. E se nei vostri quartieri tut- to è rimasto come ieri, sen- za le barricate, senza feri- ti, senza granate, se avete preso per buone le "verità" della televisione, anche se allora vi siete assolti siete lo stesso coinvolti. E se credente ora che tut- to sia come prima perché avete votato ancora la si- curezza, la disciplina, con- vinti di allontanare la paura di cambiare, verre- mo ancora alle vostre por- te e grideremo ancora più forte, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti, per quanto voi vi crediate as- solti siete per sempre coin- volti.” dustria ha detto di sì a Mar- chionne che ha stracciato l'accordo sulle rappresen- tanze sindacali, quale nuova intesa è possibile con essa? Davvero Susanna Camusso si illude che la Confindustria possa sconfessare l'accordo di Mirafiori, con il suo vice presidente Alberto Bombas- sei che da pochi giorni è en- trato nel consiglio di ammi- nistrazione di Fiat Indu- strial? Le illusioni di Susan- na Camusso nei confronti della Confindustria sono le stesse di coloro che negli an- ni venti speravano che gli in- dustriali avrebbero sconfes- sato il fascismo. L'accordo del 1925 li smentì, così come l'accordo di Mirafiori smen- tisce le illusioni di oggi. La Cgil deve rimproverarsi di avere rinviato e poi cancella- to dalla sua agenda lo scio- pero generale. La scelta di non farlo ha rafforzato Mar- chionne e la sua presa auto- ritaria anche su quella parte del mondo delle imprese che non condivide le sue scelte. Se oggi ci fosse già in atto un grande movimento di lotta confederale, se la Cgil aves- se interrotto le inutili e dan- nose trattative sul patto so- ciale, Marchionne e i suoi sa- rebbero più deboli e conte- stati nel padronato. La fase delle parole e degli appelli alle buone intenzioni si è conclusa il 23 dicembre a Mirafiori. D'ora in poi solo la mobilitazione, lo sciopero generale, la costruzione di un programma economico e sociale alternativo alla re- gressione barbara che vuole imporre il regime padronale di Marchionne, solo questa è la via democratica per usci- re dalla crisi. Il patto di Mira- fiori segna non solo uno spartiacque sindacale e so- ciale, ma anche un passaggio decisivo per la politica. Cisl e Uil hanno scritto una pagina vergognosa della loro storia sottoscrivendo che la Fiom può essere messa fuorilegge in fabbrica. Ora è chiaro che attorno alla Fiom bisogna co- struire un movimento di so- lidarietà sociale e politico che dagli studenti ai movi- menti costruisca una rispo- sta in grado di durare. La Cgil ha il dovere morale e politico di mettere tutta la sua forza dentro questo movimento. Quanto all'opposizione la politica del ma anche spro- fonda oggi più che mai nel ri- dicolo e nell'inutile. Già il sindaco di Torino, ac- cettando la messa fuorilegge della Fiom, ha valicato il Ru- bicone nell'estraneità rispet- to alla storia e alla cultura della sinistra italiana. Chi ap- prova quell'accordo è dall'al- tra parte, sta con Marchionne e alla fine con Berlusconi. Dopo Mirafiori anche la sini- stra italiana dovrà ridefinir- si: le alleanze che dovrebbe- ro andare dagli amici di Mar- chionne fino alla Fiom e ai la- voratori che perdono la de- mocrazia sono un insulto al buon senso. Dopo Mirafiori c'è prima di tutto da rico- struire una sinistra che sap- pia dire no ai padroni e al lo- ro regime. 90 anni di lotta contro lo stesso padrone Non è che l’inizio la lotta continua! L a crescita “infinita” del mercato improv- visamente, brusca- mente, drammaticamente è finita. Il capitalismo americano, entrato forse (finalmente) nella sua agonia, sta menando colpi di coda all’impazzata in tutto il mondo, bombar- dando, invadendo, infla- zionando, destabilizzan- do l’intero occidente al quale si aggrappa come un naufrago cercando di portalo a fondo con lui. Ma quel che è più grave è che non c’è all’orizzonte alcuna proposta, progetto alternativo, fosse anche e ancora all’interno dello stesso sistema capitalista. Spaventoso e “spaventan- te” è il vuoto della politi- ca, di una cultura politica di alternativa, che certa- mente non è minimamen- te rappresentata dalla co- sì detta opposizione (tut- ta) che si dibatte: nella migliore delle ipotesi in un disperato tentativo di sopravvivenza, nella peg- giore nella imitazione ste- rile e pedestre dell’altra parte. Solo una guerra di casta tra chi è arrivato e chi vuole arrivare, tutta impegnata nella ricerca e nella manifestazione del- l’immagine di sé, lontano e del tutto indifferente al- le esigenze, alle richieste, ai bisogni della così detta “gente”, che poi è il popo- lo, le masse dei lavoratori, degli studenti, dei disoc- cupati, degli immigrati. Forse non è più il tempo di “resistere, resistere, resi- stere” perché giorno dopo giorno è sempre minore e più povero quel che resta da difendere delle grandi conquiste sociali, econo- miche, culturali e morali degli ultimi decenni che hanno contribuito alla na- scita del nostro Stato so- ciale e democratico. E’ il tempo di reagire, di contrattaccare, di propor- re e di pretendere. Non sarà un piccolo pe- riodico di periferia a cam- biare la storia, ma ciascu- no può e deve dare il pro- Fiat erano state cancellate le elezioni delle commissioni interne. Ora lo si fa e lo sco- po è quello di mettere fuori- legge in fabbrica la Fiom e con essa qualsiasi libertà e diritto dei lavoratori. D'altra parte, solo con una forma di autentico fascismo azienda- le è possibile imporre le con- dizioni di lavoro che Mar- chionne pretende in Fiat. Orari fino a dieci ore giorna- liere ed oltre, distruzione della pause e del diritto alla salute, totale flessibilità del- la prestazione e dei turni. Il lavoratore diventa semplice- mente una merce a disposi- zione dell'azienda da consu- mare come e quanto si vuo- le. Autoritarismo, repressio- ne, fascismo aziendale sono pertanto funzionali ad impe- dire che le lavoratrici e i la- voratori si ribellino a queste condizioni barbare che si vuol loro imporre. La gravità di quanto avvenuto a Mira- fiori è stata colta dalla segre- taria della Cgil Susanna Ca- musso che ha parlato di au- toritarismo di Marchionne. Ma poi la sua denuncia si è fermata a metà, cercando un equilibrio con la presa di di- stanza dalla Fiom. Se quello di Marchionne è un atto au- toritario fa bene la Fiom ad opporvisi e non si capisce quali compromessi sarebbe- ro stati possibili. D'altra par- te ancor più contraddittoria è la richiesta che la segreta- ria della Cgil rivolge a Emma Marcegaglia e alla Confindu- stria per un nuovo accordo sulle regole. Ma se la Confin- Il giornale è “on line” al sito www.piazzadelgrano.org PUBBLICAZIONE GRATUITA 1920, sotto la guida della FIOM gli operai della Fiat occupano gli stabilimenti e iniziano la autogestione del- la produzione. Nella foto il Consiglio di Fabbrica si insedia nell ufficio di Giovanni Agnelli Partito Comunista dItalia 1921 GIORGIO CREMASCHI Dichiarazione di

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Mensile d'informazione politica e cultura dell'Associazione comunista "Luciana Fittaioli" con sede a Foligno (PG)

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Accordo storico. Così giusta-mente è stato definito il testoche Marchionne ha impostoai sindacati complici e allaConfidustria. Se si usa questoaggettivo però bisogna avereil coraggio di accettare i para-goni con i fatti del passato.Ce n'è solo uno adeguato. Il 2ottobre 1925 Mussolini comepresidente del Consiglio, laConfidustria e i sindacati cor-porativi, nazionalisti e fasci-sti, firmarono a Palazzo Vi-doni un patto sociale che eli-minava le commissioni inter-ne e il diritto dei lavoratori ascegliersi liberamente le pro-prie rappresentanze. Il pattodi Mirafiori fa la stessa iden-tica cosa. Vengono, per la pri-ma volta dal 1945, eliminatenella più grande fabbrica ita-liana le libertà sindacali. I la-voratori non potranno più li-beramente scegliere a qualesindacato associarsi e nonpotranno più votare le pro-prie rappresentanze.Come all'epoca del fascismoi sindacalisti di fabbrica sa-ranno esclusivamente nomi-nati dalle organizzazioni sin-dacali complici dell'azienda ecome allora potranno esserechiamati "fiduciari".Mai nella storia del nostroPaese si era giunti a tanto.Neppure negli anni cinquan-ta, nei momenti più duri del-la guerra fredda e della re-pressione antisindacale, in

Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno III, n. 2 - Foligno, febbraio 2011

prio, ancorché modesto,contributo.Ai lavoratori in lotta con-tro la violenza padronaleche vuole cancellare i di-ritti conquistati con la Co-stituzione repubblicana,agli studenti in lotta con-tro la barbarie della can-cellazione del diritto all’i-struzione, ai tanti e diver-si discriminati, emargina-ti per censo, per sesso,per etnia, vogliamo dedi-care un messaggio lancia-to da Fabrizio De Andrètanti anni fa che sembra-no ieri, anzi oggi.“Anche se il nostro mag-gio ha fatto a meno del vo-stro coraggio, se la pauradi guardare vi ha fattochinare il mento, se il fuo-co ha risparmiato le vo-stre Millecento, anche sevoi vi credete assolti sietelo stesso coinvolti. E se vi siete detti non stasuccedendo niente, le fab-briche riapriranno arre-steranno qualche studen-te, convinti che fosse ungioco a cui avremmo gio-cato poco, provate pure acredevi assolti siete lo stes-so coinvolti. Anche se avete chiuso levostre porte sul nostromuso la notte che le pan-tere ci mordevano il sede-re lasciamoci in buonafe-de massacrare sui marcia-piedi, anche se ora ve nefregate, voi quella nottevoi c'eravate. E se nei vostri quartieri tut-to è rimasto come ieri, sen-za le barricate, senza feri-ti, senza granate, se avetepreso per buone le "verità"della televisione, anche seallora vi siete assolti sietelo stesso coinvolti. E se credente ora che tut-to sia come prima perchéavete votato ancora la si-curezza, la disciplina, con-vinti di allontanare lapaura di cambiare, verre-mo ancora alle vostre por-te e grideremo ancora piùforte, per quanto voi vicrediate assolti siete persempre coinvolti, perquanto voi vi crediate as-solti siete per sempre coin-volti.”

dustria ha detto di sì a Mar-chionne che ha stracciatol'accordo sulle rappresen-tanze sindacali, quale nuovaintesa è possibile con essa?Davvero Susanna Camussosi illude che la Confindustriapossa sconfessare l'accordodi Mirafiori, con il suo vicepresidente Alberto Bombas-sei che da pochi giorni è en-trato nel consiglio di ammi-nistrazione di Fiat Indu-strial? Le illusioni di Susan-na Camusso nei confrontidella Confindustria sono lestesse di coloro che negli an-ni venti speravano che gli in-dustriali avrebbero sconfes-sato il fascismo. L'accordodel 1925 li smentì, così comel'accordo di Mirafiori smen-tisce le illusioni di oggi. LaCgil deve rimproverarsi diavere rinviato e poi cancella-to dalla sua agenda lo scio-pero generale. La scelta dinon farlo ha rafforzato Mar-chionne e la sua presa auto-ritaria anche su quella partedel mondo delle imprese chenon condivide le sue scelte.Se oggi ci fosse già in atto ungrande movimento di lottaconfederale, se la Cgil aves-se interrotto le inutili e dan-nose trattative sul patto so-ciale, Marchionne e i suoi sa-rebbero più deboli e conte-stati nel padronato. La fasedelle parole e degli appellialle buone intenzioni si èconclusa il 23 dicembre aMirafiori. D'ora in poi solo lamobilitazione, lo scioperogenerale, la costruzione diun programma economico esociale alternativo alla re-

gressione barbara che vuoleimporre il regime padronaledi Marchionne, solo questa èla via democratica per usci-re dalla crisi. Il patto di Mira-fiori segna non solo unospartiacque sindacale e so-ciale, ma anche un passaggiodecisivo per la politica. Cisl eUil hanno scritto una paginavergognosa della loro storiasottoscrivendo che la Fiompuò essere messa fuorileggein fabbrica. Ora è chiaro cheattorno alla Fiom bisogna co-struire un movimento di so-lidarietà sociale e politicoche dagli studenti ai movi-menti costruisca una rispo-sta in grado di durare. La Cgilha il dovere morale e politicodi mettere tutta la sua forzadentro questo movimento.Quanto all'opposizione lapolitica del ma anche spro-fonda oggi più che mai nel ri-dicolo e nell'inutile. Già il sindaco di Torino, ac-cettando la messa fuorileggedella Fiom, ha valicato il Ru-bicone nell'estraneità rispet-to alla storia e alla culturadella sinistra italiana. Chi ap-prova quell'accordo è dall'al-tra parte, sta con Marchionnee alla fine con Berlusconi.Dopo Mirafiori anche la sini-stra italiana dovrà ridefinir-si: le alleanze che dovrebbe-ro andare dagli amici di Mar-chionne fino alla Fiom e ai la-voratori che perdono la de-mocrazia sono un insulto albuon senso. Dopo Mirafioric'è prima di tutto da rico-struire una sinistra che sap-pia dire no ai padroni e al lo-ro regime.

90anni di lotta controlo stesso padrone

Non è che l’iniziola lotta continua!

La crescita “infinita”del mercato improv-visamente, brusca-

mente, drammaticamenteè finita. Il capitalismoamericano, entrato forse(finalmente) nella suaagonia, sta menando colpidi coda all’impazzata intutto il mondo, bombar-dando, invadendo, infla-zionando, destabilizzan-do l’intero occidente alquale si aggrappa comeun naufrago cercando diportalo a fondo con lui.Ma quel che è più grave èche non c’è all’orizzontealcuna proposta, progettoalternativo, fosse anche eancora all’interno dellostesso sistema capitalista.Spaventoso e “spaventan-te” è il vuoto della politi-ca, di una cultura politicadi alternativa, che certa-mente non è minimamen-te rappresentata dalla co-sì detta opposizione (tut-ta) che si dibatte: nellamigliore delle ipotesi inun disperato tentativo disopravvivenza, nella peg-giore nella imitazione ste-rile e pedestre dell’altraparte. Solo una guerra dicasta tra chi è arrivato echi vuole arrivare, tuttaimpegnata nella ricerca enella manifestazione del-l’immagine di sé, lontanoe del tutto indifferente al-le esigenze, alle richieste,ai bisogni della così detta“gente”, che poi è il popo-lo, le masse dei lavoratori,degli studenti, dei disoc-cupati, degli immigrati.Forse non è più il tempo di“resistere, resistere, resi-stere” perché giorno dopogiorno è sempre minore epiù povero quel che restada difendere delle grandiconquiste sociali, econo-miche, culturali e moralidegli ultimi decenni chehanno contribuito alla na-scita del nostro Stato so-ciale e democratico.E’ il tempo di reagire, dicontrattaccare, di propor-re e di pretendere.Non sarà un piccolo pe-riodico di periferia a cam-biare la storia, ma ciascu-no può e deve dare il pro-

Fiat erano state cancellate leelezioni delle commissioniinterne. Ora lo si fa e lo sco-po è quello di mettere fuori-legge in fabbrica la Fiom econ essa qualsiasi libertà ediritto dei lavoratori. D'altraparte, solo con una forma diautentico fascismo azienda-le è possibile imporre le con-dizioni di lavoro che Mar-chionne pretende in Fiat.Orari fino a dieci ore giorna-liere ed oltre, distruzionedella pause e del diritto allasalute, totale flessibilità del-la prestazione e dei turni. Illavoratore diventa semplice-mente una merce a disposi-zione dell'azienda da consu-mare come e quanto si vuo-le. Autoritarismo, repressio-ne, fascismo aziendale sonopertanto funzionali ad impe-dire che le lavoratrici e i la-voratori si ribellino a questecondizioni barbare che sivuol loro imporre. La gravitàdi quanto avvenuto a Mira-fiori è stata colta dalla segre-taria della Cgil Susanna Ca-musso che ha parlato di au-toritarismo di Marchionne.Ma poi la sua denuncia si èfermata a metà, cercando unequilibrio con la presa di di-stanza dalla Fiom. Se quellodi Marchionne è un atto au-toritario fa bene la Fiom adopporvisi e non si capiscequali compromessi sarebbe-ro stati possibili. D'altra par-te ancor più contraddittoriaè la richiesta che la segreta-ria della Cgil rivolge a EmmaMarcegaglia e alla Confindu-stria per un nuovo accordosulle regole. Ma se la Confin-

Il giornale è “on line” al sito www.piazzadelgrano.org

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Partito ComunistadItalia 1921

GIORGIO CREMASCHI

Dichiarazione di

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Leggi e diritti21

La prole è tutela dall’ordina-mento giuridico italiano peril reato ex art. 572 del codicepenale oltre che per i maltrat-tamenti subiti “personalmen-te”, anche per i maltratta-menti subiti dalla madre Se-condo il più recente orienta-mento giurispruden-ziale di legittimità, sog-getto passivo del delit-to di maltrattamenti infamiglia può essere, ol-tre la madre verso laquale la condotta ves-satoria sia diretta prin-cipalmente, anche laprole. Lo ha stabilito laQuinta Sezione Penaledella Corte di Cassazio-ne, con sentenza n.41142 del 22 novem-bre 2010, con la quale si af-ferma come anche i minoripossano risentire fortemen-te del comportamento umi-liante e violento esercitatodal convivente nei confrontidella donna.Secondo i dettami dell’art.572 del codice penale, il rea-to di maltrattamenti in fami-glia integra un’ipotesi di rea-to necessariamente abitualeche si caratterizza per la sus-sistenza di una serie di fatti,per lo più commissivi, ma an-che omissivi, i quali isolata-mente considerati potrebbe-

ROBERTO FRANCESCHI

GIANLUCA MATILLI

NICOLA CELANO

SALVATORE ZAITI

FOLIGNO

Figli più protetti per imaltrattamenti in famiglia

Federalismo

La “cedolare secca” sullelocazioni abitative

Che fare se prendiamo unabanconota falsa

Il governo in attuazione del-la Legge 5 maggio 2009 n. 42in data 04.08.2010 ha appro-vato lo “Schema di Decretolegislativo recante disposi-zioni in materia di federali-smo fiscale municipale”; purtrattandosi di uno schema diDecreto Legislativo che potràquindi subire delle modifichein sede di stesura definitiva èopportuno sin da ora esami-nare il provvedimento nellaparte relativa all’istituto del-la “cedolare secca”. L’articolo2 dello Schema di Decreto incommento introduce infattia partire dal 2011 la discipli-na della c.d. “cedolare secca”(il cui gettito è devoluto ai Co-muni nei cui territori sonoubicati gli immobili) che co-stituisce, per le persone fisi-che, un regime di tassazionealternativo rispetto a quelloordinario irpef, dei redditi de-rivanti dalla locazione di im-mobili ad uso abitativo. Taleregime impositivo ha a ogget-to esclusivamente gli immo-bili abitativi e si applica in ra-gione di un’aliquota del 20%dove la base imponibile è co-stituita dal 100% del canonestabilito dalle parti ed è sosti-tutiva dell’imposta sul reddi-to delle persone fisiche e del-le relative addizionali, non-ché dell’imposta di bollo sulcontratto di locazione. Non

sono interessati dalla disci-plina in esame le locazioniimmobiliari (a uso abitativo)effettuate nell’esercizio d’im-presa/arti e professioni o dienti non commerciali. Trat-tandosi di un’imposta sosti-tutiva al fine del calcolo dellaconvenienza necessita tenereconto che il regime della ce-dolare secca prevede la tassa-zione sull’intero canone di lo-cazione senza l’abbattimentodel 15% forfettario previstonella tassazione ordinaria Ir-pef o del 30% previsto per latassazione delle locazioni acanone “concordato”. Il Cal-colo di convenienza può es-sere così riassunto nella ta-bella seguente da dove si evi-denzia che per i contratti li-beri il vantaggio in termini di

www.piazzadelgrano.org FEBBRAIO 2011

ro anche essere non punibili,come gli atti d’infedeltà o piùgenericamente di umiliazio-ne, ovvero non perseguibili(ingiurie, percosse o minaccelievi, procedibili solo a quere-la), ma che acquistano rile-vanza penale per effetto del-la loro reiterazione nel tem-po, secondo quanto sancitodalla Cassazione penale, Sez.

VI, 28 febbraio 1995, n. 4636.In altre parole, la fattispeciein esame consiste nella sotto-posizione dei familiari aduna serie di atti di vessazionecontinui e tali da cagionaresofferenze, privazioni, umi-liazioni, le quali costituisco-no fonte di un disagio conti-nuo, incompatibile e forte-mente turbativo delle norma-li condizioni di vita.Come confermato dall’orien-tamento dominante in giuri-sprudenza, ai fini della confi-gurabilità del reato di mal-trattamenti in famiglia, non

assume alcun rilievo la circo-stanza che l'azione delittuo-sa sia commessa ai danni diuna persona convivente mo-re uxorio, atteso che il richia-mo contenuto nell'art. 572c.p. alla "famiglia" deve inten-dersi riferito ad ogni consor-zio di persone tra le quali,per strette relazioni e con-suetudini di vita, siano sorti

rapporti di assistenzae solidarietà per unapprezzabile periododi tempo (Cass., pen.,Sez. II, 2 ottobre 2009,n. 40727). Secondo igiudici di legittimità,“lo stato di sofferenzae di umiliazione dellevittime non deve ne-cessariamente colle-garsi a specifici com-portamenti vessatoriposti in essere nei con-

fronti di un determinato sog-getto passivo, ma può deriva-re anche da un clima general-mente instaurato all'internodi una comunità in conse-guenza di atti di sopraffazio-ne indistintamente e varia-mente commessi a caricodelle persone sottoposte alpotere dei soggetti attivi, iquali ne siano tutti consape-voli, a prescindere dall'entitànumerica degli atti vessato-ri e dalla loro riferibilità aduno qualsiasi dei soggettipassivi”.

Il 17 dicembre 2010 è statopubblicato in Gazzetta Uffi-ciale il Decreto Legislativo26 novembre 2010, n. 216,terzo decreto attuativo delfederalismo fiscale di cui al-la legge 42/2009.Tale provvedimento si ponel’obiettivo di superare, inmodo graduale ma definiti-vo, il criterio della spesa sto-rica in base al quale la deter-minazione dei trasferimentistatali a favore dei singolienti locali avviene in relazio-ne alla spesa sostenuta l’an-no precedente aumentata diuna certa percentuale. Que-sto sistema, non più tollera-bile per la sua evidente di-sparità di trattamento, vienesostituito da quello, certa-mente più complesso matendenzialmente più ogget-tivo, di determinazione deicd. fabbisogni standard.Fissare, quindi, tali parame-tri significa individuare laquantità efficace ed efficien-te dei servizi da erogare aicittadini che la legge42/2009 considera fonda-mentali per i comuni (ammi-

La storia delle banconote omonete false coincide con illoro uso e circolazione.L'attività dei falsari si con-centrò dapprima sulle mo-nete con i sistemi semplicima ingegnosi: rivestire conbagni di argento o d'oro mo-nete di bronzo o stagno obarare sul peso o limare leg-germente le monete di me-talli pregiati per recuperarela limatura.Il passaggio alla carta mone-ta non scoraggiò certo i fal-sari, anzi ci fu la possibilitàdi dar vita a produzioni difalsi su vastissima scala.Il fenomeno è stato combat-tuto da sempre dagli staticon leggi severissime inquanto ( a parte il danno su-bito dal singolo individuo) leconseguenze che potrebbe-ro causare alle economie diun paese sono veramentedestabilizzanti. La produzio-ne di biglietti falsi fu e po-trebbe anche oggi essereusata come arma finanzia-ria. L'immissione nei merca-ti di immense quantità dibanconote false (fenomenogià utilizzato in periodi bel-lici ed in particolare dallaGermania durante la secon-da guerra mondiale) ha con-seguenze che brevementeriassumo: processi inflattiviincontrollabili, diminuzionedel valore del denaro reale,scarsa credibilità internazio-nale nel far accettare daimercati la propria moneta;aspetti che è inutile com-mentare e con effetti negati-vi devastanti per l'economia

di un paese.La lotta allefalsificazioniprevede qua-si in ogni pae-se la creazio-ne di corpispeciali dipolizia checoncentranocon la profes-sionalità ne-cessaria la re-pressione diquesto reato (in rete è possi-bile consultare un sito "ban-conote false" poi aprire "Di-rezione Centrale della Poli-zia Criminale" in cui si puòinserire il numero di ognibanconota ottenendo intempo reale una risposta sela numerazione è stata og-getto di contraffazione). Al-tre metodiche in uso per lalotta alla contraffazione, èl'inserimento di bande ma-gnetiche, loghi riflettenti, co-lori e disegni assai comples-si e qualità di carta difficil-mente riproducibile. E' da te-ner presente comunque, chelo spaccio dei falsi, fa levasulla distrazione e velocitàdegli scambi in quanto an-che i non addetti ai lavori,con un po' di attenzionepossono valutarne l'autenti-cità come poi brevemente il-lustrerò. Oggi esistono stru-menti di ampia diffusione edal costo assai modesto chepossono rilevare quasi conassoluta certezza la falsitàdi una banconota. Cosa fareperò se si entra in possessodi una banconota falsa? At-tenzione, tentare di spende-re una banconota falsa è unreato! Occorre recarsi pressouna banca, un ufficio posta-

le o presso una filiale dellabanca d'Italia. L'impiegatopuò accertare in via prelimi-nare la sua autenticità o incaso di falsità accertata o so-spetta, deve ritirare la ban-conota rilasciando un verba-le e trasmetterla al NAC (nu-cleo di analisi per le banco-note sospette di falsità). Se ilNAC dovesse accertare l'au-tenticità, l'importo verràrimborsato senza spese, incaso contrario nulla è dovu-to. Ora alcuni semplici maefficaci consigli in caso didubbio: toccare gli elementiin rilievo, particolari tecni-che di stampa danno ai bi-glietti una particolare consi-stenza; guardare le bancono-te in controluce per visualiz-zare la filigrana, il filo di si-curezza ed il numero in tra-sparenza; muovere la banco-nota osservando sul fronte l'immagine cangiante dell'ologramma. Altre indicazio-ni particolari purtroppo (ameno di ricorrere a rilevato-ri o al tocco professionale diun cassiere) non esistono.Un po' di attenzione e pru-denza nella stragrande mag-gioranza delle situazioni po-trà essere comunque più chesufficiente.

risparmio di imposta deri-vante dall’applicazione dellacedolare secca si ha per quel-li con canone annuo superio-re ai 15.000,00 euro; mentreper i contratti cosiddetti age-volati il vantaggio in terminidi risparmio di imposta deri-vante dall’applicazione dellacedolare secca si ha per quel-li con canone annuo superio-re a 28.000,00 euro. E’ da precisare inoltre che loschema del decreto legislati-vo prevede che l’istituto del-la “cedolare secca” sostitui-sca dal 2001 il pagamentodell’imposta di registro per icontratti stipulati con canoneconvenzionato e dal 2014 ilpagamento dell’imposta diregistro per tutti i contratti

nistrazione, polizia locale,istruzione pubblica, viabilitàe trasporti, territorio e am-biente, servizi sociali) e perle province (amministrazio-ne, istruzione pubblica, tra-sporti, territorio, tutela am-bientale, sviluppo economi-co). Gli standard così indivi-duati costituiranno, poi, il ri-ferimento cui rapportareprogressivamente nella fasetransitoria, e successiva-mente a regime (2014), il fi-nanziamento integrale dellaspesa relativa alle funzionifondamentali e ai livelli es-senziali delle prestazioni de-gli enti locali. Con quali ri-sorse? Attraverso tributipropri, compartecipazioni algettito di tributi erariali e re-gionali, addizionali di tali tri-buti e fondo perequativo, in-dispensabile, quest’ultimo,per mitigare le evidenti edincancellabili differenziazio-ni territoriali ed economi-che, Il compito di determina-re i fabbisogni standard, mu-tuando la metodologia deglistudi di settore in materiatributaria, viene affidato al-la Sose s.p.a., società intera-mente pubblica (88% di pro-prietà del Ministero dell’eco-nomia e delle finanze, il re-

stante 12% della Banca d’Ita-lia) che ha acquisito ormaiuna esperienza decennaleproprio nell’applicazionedelle metodologie per glistudi di settore. Importantifunzioni collaborative ven-gono assegnate pure all’IFEL(Istituto per la finanza e l’e-conomia) e all’ISTAT.I fabbisogni standard, unavolta elaborati per ciascuncomune e provincia, verran-no approvati con Decretodel Presidente del Consigliodei ministri da pubblicarsiin Gazzetta Ufficiale e sulsito istituzionale di ogni en-te locale

Imposta sostitutiva dell’Irpef a vantaggio dei ComuniCriteri del calcolo di convenienza

Nuovi criteri per determinare i costi e i fabbisognistandard di comuni e province

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Politica ed Etica 31FOLIGNO

provvedimento ha ricon-dotto l’intero impiantonormativo nell’alveo del-l’art. 420 ter del codice diprocedura penale che giàconsente, in casi eccezio-nali valutabili dal giudice, ilrinvio dell’udienza in casodi impossibilità dell’impu-tato di presenziarvi. Losgomento tuttavia nascedal fatto che ai puntuali eben documentati argomen-ti del Giurista, il relatoreprescinden-do dalle argo-mentazioni giuridiche ri-spondeva di non aver foglida leggere, così ammetten-do di non essersi documen-tato sull’argomento ogget-to del dibattito e conclude-va affermando, con no-te-vole protervia, che la sen-tenza stravolge la Costitu-zione e va contro la volontàpopolare in quanto impedi-sce al Presidente del Consi-glio di svolgere il lavoro alquale la maggioranza degliItaliani lo ha deputato. Atacere della mancanza dialcuna argomentazionegiuridica il deputato con-cludeva che a null’altro po-teva approdare la pronun-

cia della Consulta, stante lasua compo-sizione fattaprevalentemente di Giudicidi sinistra. Né più qualifi-cante è stato il dibattito te-nu-tosi la sera precedentein un’altra trasmissione te-levisiva nel corso della qua-le, allo stesso Giuri-sta, unministro della Repubblica,apparso incapace di analiz-zare l’argomento della di-scussione ed il motivo delcontendere, non ha trovatonulla di meglio da replica-re che accusarlo di essereanimato da una insensataavversione nei confrontidel Presidente del Consi-glio, da sempre og-getto dipersecuzione giudiziaria.Altrettanto violenta la rea-zione degli organi del Par-tito della Libertà che, comesempre, hanno parlato diviolazione di una Costitu-zione di fatto che, comeben sanno tutti gli operato-ri del mondo del dirittonon trova cittadinanza nelnostro ordinamen-to. L’i-neffabile ministro dei BeniCulturali, proprio lui, ha af-fermato che la sentenzascardina i principi della de-

mocrazia, stabilisce la su-periorità dell’ordine giudi-ziario rispetto a quello de-mo-cratico, rimettendo nel-le mani di un magistrato ladecisione ultima in meritoall’esercizio della respon-sabilità politica e istituzio-nale. Tutti questi episodi,che mettono in risalto unavolta di più, quanto meno,una scarsa cultura dellafunzione legislativa da par-te della corte che circondail principe, mi hanno fattovenire in mente il detto na-poletano che fotografa, inmaniera icastica, la po-chezza del mondo dellanostra politica “I fodericombattono e le sciabolestanno appese”. Mi preme,infine, una rapida valuta-zione circa l’insolita tran-quillità con la quale il piùdiretto in-teressato ed isuoi avvocati hanno accol-to la sentenza, definita co-me un compromesso accet-tabi-le. Nonostante la pro-nuncia della Consulta ab-bia azzoppato la legge,questa ha comunque rag-giunto lo scopo che i suoiideatori si erano prefissati,

Alcuni mesi addietro, nel cor-so di un incontro organizzatodalla Libreria Carnevali tra lediverse, nuove e “antiche”,pubblicazioni giornalistichedella nostra Città, il moderato-re pose a tutti la domanda: sefosse auspicabile una collabo-razione tra tutte le testate. Aquella domanda risposi chenon solo non era oggettiva-mente possibile, stanti leprofonde diversità di origine edi progetto, ma che soprattut-to non era opportuna, osser-vando come le diversità sianosempre fonte di ricchezza eche la sintesi tra le diverse opi-nioni andava rimessa ai lettori,ai quali era giusto far perveni-re, nette, chiare e distinte, tut-te le diverse voci, perché fosse-ro loro, e non degli “opinioni-sti” di mestiere, a formarsi unapropria opinione, potendocontare sulla più ricca possibi-le varietà di elementi e di argo-menti. A quell’indirizzo si è at-tenuto questo giornale che,seppure esplicitamente carat-terizzato da una impostazioneeditoriale ideologicamente de-finita, è stato e resta aperto aipiù diversi contributi, col sololimite di un “non antagoni-smo” ideologico.Registro dunque con grandepiacere il fatto che la Gazzettadi Foligno, di gran lunga il piùantico e diffuso giornale dellaCittà, si sia occupata per bendue volte di questo giornale e,in particolare, degli inserti che,come è evidente, esprimono,per temi e contenuti, la lineapolitica dell’editore.“Parliamone” è il titolo dell’ar-ticolo pubblicato in quarta pa-gina del numero di domenica

Il mondo della politica, dove a combattere sonoi foderi, e la tutela della pace sociale

LUIGI NAPOLITANO

SANDRO RIDOLFI16 gennaio della Gazzetta, nelquale l’autore, estrapolando al-cuni brani dell’inserto del nu-mero di gennaio 2011 di Piaz-za del Grano dedicato alla que-stione della “religiosità e reli-gione” sotto il titolo “storico”de “L’oppio dei popoli”, conclu-de con un invito a confrontar-si sull’argomento “con atteg-giamento di sincera aperturaalla verità”. L’invito viene sicu-ramente recepito e anzi rilan-ciato a tutti i nostri lettori per-ché vogliano inviare all’indiriz-zo e-mail “[email protected]” i loro contribu-ti, che saranno interamentepubblicati nel prossimo nume-ro (massimo 1.500 battute).Per quanto riguarda lo scriven-te, tuttavia, il “parliamone” varigorosamente circoscritto nel-l’ambito di dialettica politicaben delineato nell’articolo diLenin pubblicato in quarta pa-gina dell’inserto che recita: “Maper quanto ci riguarda, la bat-taglia ideologica non è un affa-re privato, è questione di tuttoil Partito, dell’intero proletaria-to. Il nostro programma è inte-ramente basato su una conce-zione del mondo scientifica, e,in particolare, materialista.Dunque, una spiegazione delnostro programma include ne-cessariamente un’analisi dellereali radici storiche ed economi-che della nebbia che la religio-ne diffonde. Ma in nessuna cir-costanza dobbiamo cadere nel-l’errore di porre la questione re-ligiosa in forme astratte e idea-liste, come dibattito intellettua-le slegato dalla lotta di classe,come fatto di frequente dai ra-dicali tra la borghesia.”Questa precisazione introducealla necessaria si una replica aun altro articolo pubblicatosullo stesso numero della Gaz-zetta che, senza mai menzio-

narlo esplicitamente, si riferi-sce pur sempre allo stesso in-serto sulla “religiosità e religio-ne” con un taglio, invece, assaimeno aperto al confronto perla ricerca della verità. Mi riferi-sco all’articolo di fondo firma-to dal direttore editoriale dellaGazzetta Antonio Nizzi al qua-le, voglio subito precisarlo, ri-conosco il massimo rispettoprofessionale e morale, ancheper la memoria del comunecorso di studi superiori.

Ebbene il tono e il contenuto diquell’articolo tradiscono in ma-niera quasi esemplare la voca-zione della religione a usciredalla sfera privata per interfe-rire nelle “faccende” pubbliche,pretendendo di attribuire allareligione prerogative di guidaetico-ideologica della politica.Possiamo dare per assodatoche il medio evo si è da tempoconcluso e che non vale rievo-carne le brutture e i veri e pro-pri orrori di fondamentalismoreligioso laddove, ovviamente,quei “vizi” non siano ancora vi-vi, potenzialmente ri-emergen-ti, o non già ri-emersi almenoin talune aree del mondo, siaoccidentale che orientale.

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Stringiamo pure la nostra sto-ria a quella dell’evo modernoche ci appartiene, evo che nonnasce con la scoperta dell’A-merica, ma con la grande rivo-luzione borghese francese del-la fine del 1700.E’ il “secolo dei lumi” infattiche segna lo spartiacque tral’evo medio e quello modernocon la nascita della nuova clas-se sociale della borghesia che,tenendo in una mano la “Di-chiarazione dei diritti dell’uo-

mo e del cittadino” e nell’altrala testa tagliata del cittadinoLuigi Capeto (“in arte” LuigiXVI), tronca (il verbo è quantomai espressivo) con il tempopassato e apre al nuovo. Muo-re il suddito, nasce il cittadino;muore il privilegio, nasce il di-ritto. Non saranno tutte “rosee fiori”, lo sappiamo bene, mala ruota della nuova storia si èallora messa in moto e spingeancora oggi.Seguirà un ‘800 tanto contra-stato quanto rivoluzionario. E’il secolo della rivoluzione in-dustriale. Cessa lo schiavo oservo, nasce il lavoratore sala-riato; nasce il capitalismo; na-scono le classi sociali, compo-

ste non più per nascita o di-scendenza, ma per ruolo svol-to nel ciclo economico produt-tivo. E’ il 1848, nasce il PartitoComunista, il partito che iden-tifica e raccoglie la nuova clas-se dei lavoratori salariati, deglisfruttati dai padroni dei mez-zi di produzione.Il ‘900 vede poi l’esplosionenon solo delle contraddizionidel nuovo evo capitalista, maanche l’emancipazione cultu-rale, politica e sociale dei lavo-ratori. Il ‘900 è stato un secolostraordinario e forse il più in-tenso, il più ricco, il più impor-tante della storia dell’umanità.E’ il 1917, in Russia per la pri-ma volta nella storia dell’uma-nità i subordinati, gli sfruttati,i lavoratori prendono nelle lo-ro mani il governo del propriodestino. Occorreranno ancora40 anni perché nel nostro pae-se finalmente anche alle don-ne venga riconosciuta la paridignità con l’uomo, a comin-ciare dal diritto di voto. Nelfrattempo, e a seguire inces-santemente, l’istruzione, lascienza, la sanità, il lavorostesso divengono patrimoniodell’umanità e non più privile-gio o strumento di potere del-le classi dominanti. Dalla “Di-chiarazione dei diritti dell’uo-mo e del cittadino” ci sono vo-luti quasi 150 anni per riusci-re finalmente a trascrivernequegli stessi principi nella no-stra Costituzione.Ancora una volta non sono sta-te certamente tutte “rose e fio-ri”, anzi sono stati anni, decen-ni di violenze anche inaudite,ma non sono state le “ideologiesenza Dio” a provocare quegliorrori. La violenza, la brutalità,la ferocia è intrinseca al siste-ma di sfruttamento dell’uomosull’uomo, è la “cifra genetica”del capitalismo.

Quale ruolo hanno avuto le re-ligioni in quelle vicende: que-sto è il punto. Davvero a tuttequelle vicende è rimasta estra-nea la follia fondamentalistadell’unico Dio, dell’unica verità,o questa ha attraversato e sup-portato, quando non diretta-mente provocato, quegli orro-ri? Quale è stato e quale anco-ra potrebbe essere il ruolo del-le religioni nella difesa e con-servazione del sistema di sfrut-tamento dell’uomo sull’uomoproprio del sistema economi-co capitalista? La nebbia con laquale le religioni hanno nei se-coli nascosto la drammaticitàdella vita reale, dei suoi mecca-nismi di sfruttamento, dellesue ingiustizie ha sommersoancora, solo pochi anni or so-no, lo “scannatoio” balcanico,quando cristiani craoto-tede-schi si massacravano con orto-dossi serbo-russi o musulma-ni bosniaco-islamici, istigati earmati da potenze stranierestatali o anche solo economico-finanziarie alla caccia del con-trollo delle vie del petrolio e delgas. L’integralismo religiosospinto al fanatismo omicida esuicida del musulmanesimodei paesi del Golfo arabico sinoall’Afghanistan, il feroce inte-gralismo cristiano degli eserci-ti degli invasori occidentali, si-no all’ultimo integralismo in-duista fratricida del sub conti-nente indiano, quanto copronoe confondono sino a giustifi-carle le reali sottostanti strate-gie di dominio, saccheggio esottomissione di popoli e dieconomie? Le religioni sono ve-ramente estranee al governodel mondo da parte dei più for-ti o ne sono componenti com-plici ed essenziali?Di questo parliamo... “con at-teggiamento di sincera apertu-ra alla verità”.

“Parliamone... ...con atteggiamento di sincera apertura alla verità”

FEBBRAIO 2011

Ho assistito con grandeperplessità al confronto te-levisivo nel corso del qualeil deputato relato-re dellalegge (che nel sito della ca-mera dei Deputati si leggeessere laureanda in giuri-sprudenza) ed un illustregiurista commentavano lasentenza che la Corte Co-stituzionale ha emesso intema di legittimo impedi-mento. La Suprema Corte,attribuendo al Giudice, esolo al Giudice, la compe-tenza di valutare nel meri-to l’esistenza o meno deipresupposti affinché unimputato possa non pre-sentarsi in udienza, hasvuotato di significato il te-sto normativo ed impeditol’attualità di una normache, creando una disparitàdi trattamento di fronte al-la giustizia penale, legitti-mava il Presidente del Con-siglio dei Ministri a nonpresentarsi al Giudiceesclusivamente in base aduna autodichiarazione. Il

per cui il merito di tantasaggezza è da ascrivere al-la assoluta certezza che laprescrizione, i cui terminisono stati rimodulati da unpar-lamento che ha legife-rato in maniera privatisticain questo come in altri casi(si pensi all’abolizione delfalso in bilancio), affosseràdefinitivamente i procedi-menti in corso con buona

pace dell’eguaglianza deicittadini di fronte alla leg-ge e del rispetto dell’art.3della Costituzione.P.S. E’ dell’ultima ora la no-tizia di un’ulteriore azionegiudiziaria intrapresa dalla“solita” Procura nei con-fronti del “solito” imputa-to. Auspico che quest’enne-sima vicenda giudiziarianon occupi più del dovutol’agenda parlamentare, vi-sti i tanti problemi di que-sti giorni ed in particolarequello legato alla sorte del-lo stabilimento FIAT di To-rino e dei suoi operai, a cuiè dato ampio spazio nellepagine anche di questo nu-mero del giornale. E’ orache i politici di tutti glischiera-menti dedichino ladovuta attenzione a pro-blemi di questa rilevanza,dimostrando di avere acuore anche gli interessidel Paese e la pace sociale.

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dalla Città e dal Mondo41 FOLIGNO

Peròn tra i dittatori e la P2 (terza parte)

“Wounded Knee”: l’ultimo massacrodi un inarrestabile genocidio

IVANO BRUSCHI

OSVALDO GUALTIERI

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Il 29 Dicembre 1890, un col-po di fucile accidentalmen-te esploso, segnò la condan-na a morte di 250 indiani,sterminati dall’esercito sta-tunitense al quale si stava-no arrendendo a WoundedKnee nel South Dokota. Sitrattava di un esiguo grup-po di nativi americani dellatribù Sioux Teton che erascappato dalla riserva india-na di Pine Ridge dopo l’as-sassinio di Toro Seduto, av-venuto il 15 dicembre 1890.Colui che li conduceva era ilcapo Big Foot, gravementemalato di polmonite, il qua-le, tentò vanamente di gui-dare verso una illusoria sal-vezza poco più di 300 uo-mini, donne e bambini, stre-mati e totalmente confusi.In questo periodo, l’ango-scia e la disperazione, diffu-sero tra i nativi anche alcu-ni culti messianici, tra cui la“danza degli spettri” che se-condo il suo divulgatore(Wovoka) avrebbe riportatoi guerrieri morti, la selvaggi-na scomparsa, scacciato ibianchi rendendoli invulne-rabili alle pallottole. Ma ladanza non li protesse affat-to dagli oltre 500 soldatidello stesso reggimentoportato al massacro dal ge-nerale Custer 14 anni primaa Little Big Horn, un reggi-mento ancora assetato divendetta. Era quasi nottequando la colonna del setti-mo cavalleria del esercitodegli Stati Uniti d’America,giunse nei pressi di Chank-pe Opi Wakpala, il torrenteribattezzato poi dai bianchi,Wounded Knee. Proprio inquel luogo, tenendone se-greta l’esatta posizione, erastato sepolto anni prima

Cavallo Pazzo, uno degli ul-timi grandi leader militaridei Lakota. Questa volta isoldati, avevano con loro lemitragliatrici Hotchkiss for-midabili e nuovissimi stru-menti di morte, ed è princi-palmente con quelle chevenne perpetrata la strage.I Sioux raggiunti furono ra-pidamente circondati e con-tati meticolosamente. Vierano 120 uomini e 230donne e bambini. La nottestava scendendo rapida-mente così, il maggioreWhitside, per disarmare isuoi prigionieri aspetto ilmattino seguente. «II matti-no seguente sentii unosquillo di tromba» disseWasumaza, uno dei guerrie-ri di Piede Grosso che alcu-ni anni dopo cambiò il suonome con quello di Dewey

Beard. «Poi vidi i soldati chemontavano a cavallo e ci cir-condavano. Fu annunciatoche tutti gli uomini doveva-no venire al centro del cam-po per un colloquio e chedopo il colloquio dovevanoandare nell’agenzia di PineRidge. Piede Grosso fu por-tato fuori dal suo tepee esedette davanti alla sua ten-da con gli anziani riuniti in-torno a lui. Il colonnello

Forsyth informò gli indianiche ora dovevano essere di-sarmati. «Chiesero i fucili ele armi,» disse Lancia Bian-ca «così tutti noi conse-gnammo i fucili e li ammon-ticchiammo al centro.» I ca-pi dei soldati non eranosoddisfatti del numero del-le armi consegnate e cosìmandarono squadroni disoldati a perquisire i tepee.«Entrarono nelle tende euscirono con fagotti e listrapparono per aprirli»disse Cane Capo. «Preserole scuri, i coltelli e i pali del-le tende e li ammonticchia-rono vicino ai fucili.» Nonancora soddisfatti, i capi deisoldati ordinarono ai guer-rieri di togliersi le copertedi dosso e di sottoporsi auna perquisizione. I soldatidi cavalleria trovarono solo

due fucili, uno dei quali eraun Winchester nuovo cheapparteneva a un giovaneMiniconjou di nome CoyoteNero. Coyote Nero sollevò ilWinchester sopra la testagridando che aveva pagatomolto denaro per il fucile eche apparteneva a lui. Alcu-ni anni dopo Dewey Beardricordò che Coyote Nero erasordo. «Se lo avessero la-sciato solo egli sarebbe an-

(La prima e la seconda partedell’articolo sulla vita di Pe-ron sono state pubblicate neinumeri di dicembre 2010 egennaio 2011, nonchè sul si-to internet)

Quando Peròn fuggì dall’Ar-gentina il 19 settembre del1955, si rifugiò nel Paraguaysotto la protezione del suoamico il dittatore AlfedoStronsser. In Argentina pre-se il potere una giunta mili-tare presieduta dai generaliLeonardi e Aramburu, que-st’ultimo successivamente,maggio 1970, fu sequestratoe ammazzato in un modomacabro e rituale dai Monto-neros per attirarsi i favori esimpatia di Peròn. Per comesono andate poi le cose, que-sto non è servito a niente esono stati per primi i Monto-neros ad essere massacratiquando Peròn è tornato inArgentina. In Paraguay Peròn è rimasto

per poco tempo per poi spo-starsi a vivere in Venezuela,dove governava un altro dit-tatore di destra chiamatoMarcos Pèrez Gimenez. Lì haconosciuto Lopez Rega, so-pranominato “el brujo” (lostregone) per il fanatismoper le pratiche esoteriche,un ex poliziotto argentinolegato alla P2 e a tutte gli in-trighi più oscuri tra i poten-ti dell’Argentina e dell’Italiadi quel epoca. Molti di questiancora sono un mistero eprobabilmente lo sarannoper sempre.Lopez Rega presenta a PerònIsabel Martinez, una “entre-neusse” argentina di cui luiera il “pappone” e che svol-geva le sue funzioni nei ni-ght di Caracas, dove in quelperiodo trovava più clientifacoltosi che a Buenos Aires.Evidentemente Peròn avevaun debole per questo generedi donne… Comunque siaPeròn la sposa nel 1965 percercare di farla diventare “laseconda Evita”. Non è che cisia riuscito molto. Nel 1958 in Venezuela c’e un

colpo di stato con conse-guente fuga di Pèrez Gime-nez. A questo punto anchePeròn non si sente più protet-to e decide di andare a viverein Spagna, questa volta sottola protezione di Franco. Co-me si vede, nel suo esilioPeròn è sempre andato a vi-vere dove c’era una dittaturadi destra, tanto per smentirealcune ingenue affermazioniche lo vogliono far passarecome uno di sinistra.Con sé Peròn si porta ovvia-mente Isabel Martinez e il“brujo” come segretario eonnipotente uomo di fidu-cia. Fiducia tale che l’ha por-tato da lì in poi ad essere ilvero e proprio artefice e or-ganizzatore di tutta la vitapolitica e privata di Peròn,compresi gli intrighi. A Madrid Peròn si stabiliscein una enorme reggia chia-mata “Puerta de Hierro”, cu-stodita da 27 guardia delcorpo private, oltre quelleche gli metteva a disposizio-ne il suo amico Franco. Soldinon gli mancavano… Questareggia, diventata una vera e

propria fortezza, era il quar-tiere generale dove Peròn ge-stiva i suoi rapporti con leforze politiche argentine emondiali vicine a lui, com-presa la P2 italiana. Si dice che da quella reggianon sia quasi mai uscito du-rante i 15 anni che passati fi-no a suo ritorno in Argenti-na. Circola una foto di quel-l’epoca dove si vede Peròn inginocchio mentre bacia lamano al “venerabile” LicioGelli”. Questo è un argomen-to, quello dei rapporti tra laP2, Peròn e le dittature mili-tari del Sudamerica, sul qua-le finora non si è saputoquasi niente e non credoche, a questo punto, si sapràmai niente di più sugli intri-ghi di potere di quell’èpocatra quella regione e forze oc-culte dell’Italia. Dopo la caduta del peroni-smo, in Argentina si sonosusseguiti governi retti dadittature militari e governicivili, senza che mai nessunodi questi sia riuscito a finireil suo mandato prima di es-sere cacciato con un nuovo

colpo di stato. Il peronismo,in parte, continuava ad esse-re una forza politica moltopresente, anche se divisa invarie correnti, alcune di que-ste successivamente passatea posizioni di sinistra rivolu-zionaria. Un bel caleidosco-pio politico di quello che èstato, e continua ad essere, ilperonismo!Nei anni 1967-1968, nasco-no in Argentina, sotto la so-lita dittatura militare, varigruppi rivoluzionari cheportano avanti la lotta arma-ta. Di questi, i più importan-ti erano il PRT-ERP, d’ispira-zione marxista-leninista, e i

“Montoneros”, d’ispirazionecattolica di base e peronista.La storia di questo periodo èmolto fitta di successi politi-ci, massacri e drammi uma-ni dei quali si sa quasi tutto;per chi lo vuol sapere…La lotta armata era arrivata aun livello di grande sviluppoe cominciava ad essere unvero pericolo per il potere,difficile da reprimere ancheutilizzando i più bruttali me-todi immaginabili. Per fre-narla, l’oligarchia argentina,rappresentata dai militari,escogitò a una mossa genia-le: favorire e preparare il ri-torno di Peròn in Argentina.

FEBBRAIO 2011

dato a deporre il fucile nelposto indicato. Essi si fece-ro avanti e afferrarono il fu-cile che egli si stava accin-gendo a deporre. Lo aveva-no appena circondato quan-do si udì un colpo di fucileabbastanza forte. Non sa-prei dire se qualcuno fu col-pito, ma dopo quel colpo cifu un gran fracasso.» All’ini-zio del tumulto, il fuocodelle carabine era assordan-te, e l’aria era piena di fu-mo. Fra i moribondi che gia-cevano accasciati sulla terragelata vi era Piede Grosso.Poi il fragore delle armi ces-sò per un momento, mentrepiccoli gruppi di indiani e disoldati combattevano corpoa corpo, usando coltelli,mazze e pistole. Poiché so-lo pochi indiani avevano ar-mi, dovettero presto fuggi-

re e allora igrandi fuciliHotchkiss sullacollina apriro-no il fuoco sudi loro, sparan-do quasi unproiettile al se-condo, falcian-do l’accampa-mento indiano,facendo a pez-zi i tepee congli shrapnel,uccidendo uo-mini, donne ebambini. «Cer-cammo di fug-gire ma essi ci

sparavano addosso come sefossimo bisonti. Io so che visono alcune persone bian-che buone, ma i soldati chespararono sui bambini esulle donne furono infami.Gli indiani non avrebberofatto una cosa simile aibambini bianchi.» «Corsi viada quel luogo e seguii quel-li che stavano scappando»disse Hakiktawin, un’altragiovane donna. «Mio nonno,

mia nonna e mio fratello fu-rono uccisi quando attra-versammo la gola, e poi unapallottola mi trapassò ilfianco destro e poi anche ilpolso destro e lì mi fermaiperché non ero in grado dicamminare e più tardi unsoldato mi raccolse. Quan-do finì l’esplosione di follia.Piede Grosso e più dellametà della sua gente eranomorti o erano gravementeferiti; i morti accertati furo-no 153, ma molti dei feriti siallontanarono strisciando emorirono in seguito. Secon-do una valutazione, dei 350Miniconjou che si trovavanolì, i morti, fra uomini, donnee bambini, furono quasi tre-cento. I carri carichi diSioux feriti (quattro uominie quarantasette donne eBambini) raggiunsero PineRidge quando era già notte.Poiché tutte le baracche di-sponibili erano occupatedai soldati, gli indiani furo-no lasciati sui carri scoper-ti, esposti al freddo intensoper ore prima di essere “ri-coverati”. Infine fu aperta lachiesa episcopale, furonotolte le panche, e il pavi-mento fu ricoperto con unostrato di paglia. Era il quar-to giorno dopo Natale del-l’anno del Signore 1890.Quando i primi corpi stra-ziati e sanguinanti furonoportati nella chiesa illumi-nata dalle candele, quelliche non avevano perso co-

noscenza poterono vederegli addobbi natalizi chependevano dalle travi delsoffitto. Da un capo all’altrodel presbiterio, sopra il pul-pito, era appeso uno stri-scione con la scritta: PACEIN TERRA AGLI UOMINI DIBUONA VOLONTÀ. “Non sapevo in quel mo-mento che era la fine di tan-te cose. Quando guardo in-dietro, adesso, da questo al-to monte della mia vec-chiaia, ancora vedo le don-ne ed i bambini massacrati,ammucchiati e sparsi lungoquel burrone a zig-zag,chiaramente come li vidi coimiei occhi da giovane. Eposso vedere che con loromorì un’altra cosa, lassù,sulla neve insanguinata, erimase sepolta sotto la tor-menta. Lassù morì il sognodi un popolo. Era un bel so-gno… il cerchio della nazio-ne è rotto e i suoi frammen-ti sono sparsi. Il cerchio nonha più centro, e l’Albero sa-cro è morto.” -Alce Nero- Sul posto oggi campeggia uncartello con su scritto “Battleof Wounded Knee”, Battagliadi Wounded Knee, ricordan-do che quello fu l’ultimoscontro armato fra i nativiamericani e l’esercito degliStati Uniti. Qualcuno, saggia-mente, ha cancellato la paro-la “battle” sostituendola conla più appropriata e conside-rando i fatti avvenuti, veri-tiera, “massacre”.

Francisco Franco e Juan Domingo Peròn

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dalla Città 5 1FOLIGNO

gna e automaticamente ri-spetto. Quella proprietàche, laddove comune, portaspesso, troppo spesso, a in-differenza e disprezzo. C’èuna famosa e vecchia bar-zelletta: il marito che si ta-glia i “gioielli di famiglia”per fare un dispetto allamoglie!? Con fiducia ritengoche per ovviare a questo ol-traggio basterebbe esseresolamente più concentrati eriflessivi. Bè si, perché con-tro l’incallita ignoranza po-co si può fare se non repri-mere con inaudita violenza.Quante “persone” gridano “assassino, vergogna!!!” con-tro un uomo che magari èsolo indiziato di omicidio,senza sapere, senza cono-scere. Quelle stesse personeche nella totale confusionela domenica mattina carica-no quel luccicante SUV peruna gita in campagna. Unprato di campagna. Lo spa-zio comune per antonoma-sia. Quelle stesse personeche finiti i bagordi tramuta-no il verde di tutti in una di-scarica. Vergogna!

Una bottiglia di plastica,vuota, che fluttua sulle on-de di un mare stupendo chepiù azzurro non si può. La“classica” lavatrice, un po’arrugginita ma bianca comela neve, abbandonata ai bor-di di una silenziosa stradadi montagna. Due bicchieridi carta, residuo di una se-rata, lasciati nel bel mezzodi una spiaggia: se gli auto-ri delle scempio appena de-scritto avessero raccolto ebuttato quei bicchieri, sa-rebbe stata anche “romanti-ca”, quella serata: ormainon lo è più. I raggi del soleche si stagliano riflettendoluce sull’immancabile botti-glia di Ceres che si scorgenel bel mezzo di un prato,qui, poco fuori città. Sensodi tristezza e di avvilimentoche nasce dall'essere consa-pevole di aver commessouna “cattiva” azione. Ovvia-mente prima di cercare il si-gnificato della parola “ver-gogna” sul vocabolario misono dato una mia defini-zione: forma di paura o an-sia del giudizio evidente-mente negativo, di disap-provazione, che la societàpuò dare di un determinatocomportamento o di un da-to di fatto. Se usata qualedeterrente volto ad evitaredelle azioni che possano inqualche modo compromet-tere la vivibilità di un con-testo o di uno spazio, im-magino la vergogna comeun importante strumento dirispetto. Appunto. La paro-la vergogna deriva dal lati-no vereor, che significa ri-spetto, timore rispettoso. Omeglio, timore che rispetta.«La vergogna segna nell'uo-mo il confine intimo del

La distilleria,figlia minore dello zuccherificio

Il disprezzo degli spazicomuni: la vergogna comestrumento di rispetto.

2010L’anno nero dell’oro bianco

Passavo in auto e come tan-te altre volte ho gettato unosguardo alla mia destra perguardare lo zuccherificio, omeglio, le strutture della exdistilleria di Foligno. Datempo si notavano struttu-re fatiscenti già spogliate ditutto e ho notato un grandemezzo che stava comple-tando l'opera di definitivademolizione.La prima sensazione è statadi compiacimento, final-mente! Da anni l'area era unvero sito archeologico prati-camente dentro la città.Poi ripensando a quello chescriverò mi sono chiesto: lefoto o filmati potranno ri-cordare la sua storia, o me-glio, una foto può raccon-tare la storia? In parte sicu-ramente si... Ma cosa ne sadi quel fabbricato lungo

lungo, con un improvvisoparallelepipedo che svettain alto, e si riallinea. Diquella finestrella che guar-da verso Pale, di cosa c'eradietro le porte in basso, al-cune con le inferriate aproteggere qualcosa di pre-zioso altre no.Era la distilleria, figlia mino-re dello zuccherificio, ma icui operai che ci lavoravanosi consideravano l'elite del-la fabbrica. Il perché l’hocompreso da grande; la ca-tena di produzione era bre-ve,circa 3\4 passaggi. Ognu-no di noi vedeva il prodottofinito e la cosa, contraria-mente allo zucchero cheprevedeva decine di ruolidiversi e dispersivi, era par-ticolarmente gratificante.Noi facevamo l'alcool con lamelassa della barbabietola.Sembrava petrolio dolcia-stro molto denso, per farlascorrere nei tubi doveva es-sere riscaldata. Poi mischia-ta con acidi e acqua, fattafermentare, riposare e in-

viata alle grandi colonne didistillazione. Ecco l'alcoolbuongusto o denaturato, at-tentamente controllato dal-la guardia di finanza che in-sieme a noi prestava servi-zio nelle 24 ore.Circa tre per turno, in tota-le 11\12 operai. Alla primalavorazione erano destinatii più giovani, alcuni univer-sitari come me, con qualche

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peccato. Lì dove egli arros-sisce, inizia il suo essere piùnobile» (C.F. Hebbel). La sa-na vergogna ci nobilita.L’assenza di vergogna azze-ra la nostra dignità e la no-stra intelligenza. Vergognae proprietà. Vergogna e ideadi possedere. Perché maiciò che è nostro e solo no-stro è rispettato è curato?Perché su ciò che è nostro esolo nostro è più sempliceprovare vergogna. Ecco chenel cortile di casa, in attesadi amici per una cena estiva,ci affanniamo a sistemare ea pulire. Nemmeno un sas-solino deve essere fuori po-sto. Invece, ciò che è nostroma non solo nostro è nellamaggior parte dei casi deni-grato e non rispettato comedovrebbe. Il giardino di ca-sa da la percezione imme-diata di proprietà, esclusi-va. Una spiaggia e la sua ac-qua turchese, un prato dicampagna, la strada chepercorriamo tutti i giorni,non danno a tanta gentepurtroppo l’idea di pro-prietà. Quella proprietà chese esclusiva provoca vergo-

CRISTIANO DELLA VEDOVA

LUISITO SDEI

FAUSTO OTTAVIANI

Lo si sarebbe potuto intuireda un pezzo, ma gli avveni-menti dell’ultimo anno han-no chiarito definitivamenteche è l’acqua la vera emer-genza ambientale del no-stro territorio. Risalgono al mese di Aprilei disastri combinati ai dan-ni del Menotre dal cantieredella SS.77.: come relazio-nato dall’Ufficio Ambientedel Comune, "le cause delleanomalie riscontrate a cari-co del suolo e del fiume Me-notre sono da imputare alcedimento del sottosuolocon espansione laterale cau-sato dal carico esercitatodal materiale roccioso discavo stoccato all'internodell'area". Ciò ha determi-nato "il sollevamento delterreno per diversi decime-tri, in corrispondenza di untratto di alveo del fiume Me-notre, causando difficoltànel deflusso idrico e dan-neggiamenti dell'argine de-stro". Il fenomeno "ha ancheinteressato reti idriche e discarico sia in adiacenza al-l'alveo fluviale sia lungo illato ovest dell'impianto".Le consuete precipitazioniautunnali, quest’anno parti-colarmente copiose, lascia-no un pesante strascico difrane ed esondazioni, perfi-no con una vittima. Senzaun corrispondente benefi-cio per le falde acquifere,per colpa dei nostri consu-mi sfrenati. E tutto questononostante il quantitativonotevole di precipitazionicadute: fra i 1000 ed i 1400mm. sul Folignate: grossomodo il 25% in più rispettoalla norma. Era dal 2005che gli accumuli piovosi inValle Umbra non raggiunge-vano più la quadrupla cifra. A fine anno, il 30 dicembre,altra crisi idrologica. Un

libro dietro nella speranzadi poter magari dare una ri-passata all'esame in prepa-razione. Generalmente nonsi apriva libro,tanto era ilrumore e le cose da fare, maqualcosa sicuramente haaiutato visto che, dei colle-ghi che ricordo, tutti abbia-mo conseguito la laurea.A me piaceva il turno dinotte, sonno a parte; mi

piaceva la sensazione chementre altri dormivano,lìera giorno pieno. Si parla-va, fumava, mangiava, lavo-rava normalmente, le lucierano artificiali ma la vita ele cose da fare erano lestesse fatte a mezzogiorno.Ricordo un particolare di-vertente del mio lavoro: labase che preparavo di me-lassa per la fermentazionedoveva avere una determi-nata acidità e concentra-zione zuccherina: per lapresenza dello zuccheroera abbastanza semplice, siusava un saccarometro maper l'acidità si usava unacartina di tornasole che inbase alla sua colorazionedeterminava l'aggiunta ul-teriore di acido o di acqua.Abbastanza facile no? Si, senon fossi daltonico... e allo-ra? di corsa giù per unascaletta a domandare alcollega di sotto: è tropporossa? come va? Le primevolte mi prendevano in gi-ro, poi... più acqua, mettiun po’ più di acido e il ri-sultato era sempre rag-giunto. Poi la sirena, arriva-va il cambio, quattro chiac-chiere e via un po' assonna-to ma tutto contento di

uscire con la mia lambrettaper ritrovare amici e fami-liari.La paga era strepitosaper un operaio (si parla de-gli anni '68 '69 '70): in tremesi circa di campagna, micomprai la prima auto e an-che se utilitaria era comecomprarsi ora una Puntodel valore di 12\13.000eu-ro in tre mesi di stipendio(l'equivalente di circa3.000euro mese).Tre anni di lavoro, o megliotre campagne, così si chia-mava il periodo lavorativo.Poi si chiudeva, rimanevanogli effettivi (l'attuale con-tratto a tempo indetermina-to) e gli avventizi venivanolicenziati. Per molti era unmomento di tristezza, il la-voro finiva, per altri fortu-natamente ricominciavauna vita più normale: studioo altro , in ogni caso si rea-lizzavano gli obiettivi dellanostra vita futura.Mazzoni, Belloni, Crisanti,Nizzi, Vittorio, sono alcu-ni nomi di colleghi che ri-cordo.Perciò tranquilli, fino a checi saremo noi, vi racconte-remo cosa c'era dietroquella porta.

crollo nella muraglia latera-le vicina al canale scolmato-re causa una falla nella digadi Montedoglio, riversandocentinaia di metri cubi d'ac-qua al secondo nel fiumeTevere e causando una pie-na paragonabile a quella ge-nerata da precipitazioni contempi di ritorno di 25-50anni. Ingenti i danni all’agri-coltura delle zone dell’altaValtiberina, fino a Città diCastello e oltre.Negli stessi giorni di fineanno 2010, arriva la notiziapeggiore. L’ARPA rileva chele acque della falda superfi-ciale, in una vasta zona delcentro storico e della perife-ria meridionale di Foligno,sono gravemente contami-nate, nientepopodimenoche dalla trielina. L’inquina-mento, per ora, non interes-sa le risorse idropotabili.Non se ne conosce ancora lafonte,forse risalente a scari-chi incontrollati verificatisinegli anni Settanta e soloora percolati in falda. Fattosta che, in tutta la zona col-pita, l’agricoltura, soprat-tutto quella amatoriale, èper adesso azzerata, in atte-sa di analisi più dettagliate.

E del resto la falda superfi-ciale, per usi idropotabili,era già compromessa in tut-ta la Valle: dai nitrati pres-soché ovunque, e dagli sca-richi degli allevamenti, neldistretto settentrionale. Piano piano, giorno dopogiorno, le acque della ValleUmbra perdono il loro valo-re. L’area della nostra utiliz-zabilità si restringe. Oradobbiamo anche temere ilpozzo che un tempo ci servi-va per rinfrescarci e ci con-sentiva di coltivare. Fiumi untempo leggendari per bellez-za e attrattiva si riducono acanali di scarico posti ai pie-di di possenti piloni. In confronto alla situazio-ne di 280 altri comuni ita-liani, dove l’acqua per beresi prende dalle autobotti,in quanto quella del rubi-netto è contaminata dal-l’arsenico, la nostra è forseancora migliore. Ma, dopoquesto infausto anno, nonpotremo di certo più van-tarci. Possiamo ancora be-re dal rubinetto, ma l’acquaha ormai, pressoché defini-tivamente, smesso di costi-tuire parte dell’identitàverde dell’Umbria.

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“Il libro di Mazin Qumsiyeh èilluminante e potente. Essorivela le sofferenze umane ela distruzione del popolo pa-lestinese e della terra, che so-no le terribili conseguenzedel progetto etnico, naziona-lista e militare di Israele cheha espulso la popolazione in-digena palestinese e ha com-messo crimini di genocidio eapartheid. A dispetto di taleingiustizia, tutti noi possia-mo trovare speranza e ispira-zione dalle storie che Mazinfa della vita delle persone co-raggiose palestinesi che fan-no la storia reale, spesso nonregistrate. Il loro spirito paci-fico e la perseverante lottaper i diritti umani e il dirittointernazionale, è stata e con-tinua ad essere portata avan-ti (principalmente) dalla resi-stenza popolare nonviolenta.Il loro metodo di resistenzaattiva non violenta merita diessere conosciuto meglio dal-la comunità internazionaleche ha bisogno di vedereesempi simili, così da poterrifiutare la violenza, il milita-rismo e la guerra e costruirela propria sicurezza e libertàsui diritti umani e il diritto in-ternazionale”. Le parole delPremio Nobel Mairead Magui-re riferite al libro di Mazin BQumsiyeh “Resistenza popo-lare in Palestina, storia di spe-ranza e di empowerment”

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“Resistenza popolare in Palestina,storia di speranza e di empowerment”

“Orizzonti dall’astronave”Biografia artistica di Rinaldo Morosi

LORENZO BATTISTI

MAURA DONATI

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presentato l’11 gennaio scor-so a Foligno nella sala “Lucia-na Fittaioli” di questa reda-zione, arrivano come unaventata d’aria fresca e fannosollevare un sospiro di sollie-vo alle persone convinte cheil coraggio e gli ideali siano fi-niti sotto le barbarie di unaterra martoriata e un popoloridotto a vivere in un piccolofazzoletto di terra recintato esorvegliato a vista. Oggi, solol’8,3% della terra “combattu-ta” è stata lasciata ai palesti-nesi, la restante parte appar-tiene agli israeliani. Neppuredurante gli ultimi giorni del-l’apartheid in Sud Africa siera raggiunta una così bassapercentuale, indicativa di unareale segregazione. Eppure -ci racconta Qumsiyeh - lagente continua a “resistere”:“esistere equivale alla resi-stenza”, “raccogliere le oliveè un’altra forma di resisten-za”, “continuare a pascolarele pecore è resistenza”, “an-dare a scuola” o “semplice-mente vivere” è resistenza. Illibro di questo docente dibiologia presso le universitàdi Betlemme e Birzeit e coor-dinatore del comitato popo-lare contro il muro e gli inse-diamenti a Beit Sahour, rias-sume e analizza la lunga sto-ria di 130 anni di resistenzacivile in Palestina mostrandoimmagini del cambiamento eracconti di una vita difficilema in cui non è mai mancatala forza di guardare a un fu-turo di pace nella giustizia.

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Più di due terzi dei 10 milio-ni di palestinesi nel mondosono rifugiati o sfollati – sipuò apprendere dal libro -questo, come tutte le altre si-tuazioni analoghe nella sto-ria, come in Sud Africa, nonavrebbe potuto avveniresenza la resistenza alla vio-lenza del colonialismo. Ma lamaggior parte di questa resi-stenza è stata in forma di re-sistenza civile / non violen-ta. D’altronde, varie risolu-zioni delle Nazioni Unite e ildiritto internazionale con-suetudinario hanno afferma-to la legittimità della resi-stenza armata. Il principio diauto-determinazione preve-de che, qualora l'azione vio-lenta venga usata per sop-primere il diritto, la forzapuò essere usata per contra-starla e per raggiungere l'au-todeterminazione. Eppure,

considerando i decenni dipulizia etnica, la violenza ela distruzione – spiega Qum-siyeh - in realtà è sorpren-dente quanto pochi palesti-nesi si siano impegnati nellaresistenza violenta nel suocomplesso. Infatti, dalla pri-ma colonia sionista nel 1878fino al 1920, nel libro si mo-stra che ci sono stati quasi50 anni di resistenza popo-lare non violenta. Oggi, la re-sistenza alla violenza e allasoppressione continua. “E’un dovere e un diritto deipopoli – ha dichiarato Ali Ra-shid a conclusione dell’in-contro – come è importantefar conoscere la storia diquesto popolo perché a vol-te la realtà supera l’immagi-nazione ed è difficile crede-re e sostenere una causa senon si è vista e conosciuta inprima persona”.

C’è stata una grande parteci-pazione di pubblico, sabato15 gennaio alla Libreria Car-nevali di Foligno per la pre-sentazione del libro di LuanaBrilli “Orizzonti dall’astrona-ve. Biografia artistica di Rinal-do Morosi”, edito da MEF-L’Autore Libri Firenze nellacollana Biblioteca ’80. LuanaBrilli, l’autrice, è di Foligno.Educatrice da oltre venti an-ni (presso il nido comunale“Raggio di Sole” di S. Eraclio)ha un vero talento per lascrittura. Rinaldo Morosi in-vece, il protagonista del libro,è di Spello, fotografo, pittore,poeta, attore teatrale. Da que-sto incontro di talenti e dauna bella amicizia, è natoquesto libro, opera prima diLuana Brilli, che alla scritturasi dedica però da tempo inquanto esperta di metodolo-gie autobiografiche e scrittu-ra autoanalitica, titoli conse-guiti alla Libera Universitàdell’Autobiografia di Anghia-ri (LUA). Per parlare del libro,molto piacevole, interessan-te, intenso, sono intervenuti

Vincenzo Baldelli (giornalistaRai) che ha tenuto con simpa-tia e competenza le fila deldibattito; Rosella De Leoni-bus (psicologa, psicoterapeu-ta del Ciformaper) che ha evi-denziato abilmente i puntisalienti del libro, individuan-do delle “parole chiave” sucui incentrare l’attenzionedei presenti; Cristina Guar-nieri, collaboratrice scientifi-ca della LUA, che ha fatto ri-ferimenti metodologici ed hasottolineato l’importanzadella relazione che si viene acreare tra narratore ed ascol-tatore, il significato dell’ascoltare e dell’ “ascoltarsi”,la capacità di accogliere l’al-tro facendo silenzio dentrodi sé, l’empatia che si stabili-sce. Concetti ripresi dall’au-trice che ha evidenziato che ilpercorso autobiografico puòcontribuire a “reimmaginare”la propria storia, non è infat-ti solo una ricostruzione de-gli eventi succeduti nel tem-po, ma può aiutarci a viverecon pienezza il presente e adarci la spinta per riprogetta-re il futuro. È emersa anche lafigura Rinaldo Morosi. Un ar-tista nell’accezione piùprofonda del termine, come

ci comunicano lesue inventive arti-stiche, i suoi ac-querelli realizzaticon pochissimepennellate, dovecerca d’intrappo-lare i suoi sogniche viaggiano ve-loci molto più delsuo gesto pittori-co e forse nellafotografia trova ilsincronismo trala mente e la vi-sione e scattacontinuamente iparticolari che in-vadono il suosguardo. Rinaldo,nella serata hapoi potuto ascol-tare qualche “bra-no” del suo ritrat-to artistico-esi-stenziale farsi narrazione,nella voce della giovane e bra-va attrice Giulia Battisti. Mol-to coinvolgenti e apprezzatisono stati, infine, sia l’inter-vento musicale di MassimoLiberatori e Leonardo Pier-matti, che hanno propostodelle applauditissime canzo-ni popolari locali, sia il videomirabilmente curato da Ga-

Nella sua immensa misericordia

C’era una volta un re di un popolo, tanto pio e obbediente daessere stato “eletto” dal suo Signore e Creatore.Il re però non riusciva ad avere un figlio maschio (le femmineovviamente non contavano) per dare la successione al suo tro-no. Il re si chiamava Abramo, la moglie legittima ma sterile (al-meno quanto a figli maschi, di femmine non se ne sa nulla) sichiamava Rebecca. Nonostante le infine suppliche, atti di con-trizione e sacrifici al Dio onnipotente il problema non si sbloc-cava, gli anni passavano, la successione era in pericolo.Come si usava allora (solo all’allora?) venne concessa una de-roga: il re venne autorizzato a utilizzare una serva per farsiprodurre il necessario erede maschio. La serva si chiamava Sa-ra, il prodotto che ne nacque venne chiamato Ismaele, eredeal trono di Israele. Colpo di scena inatteso, la oramai vecchiaRebecca resta incinta e partorisce finalmente il maschio legit-timo che venne chiamato Isacco. Che fare del bastardo Ismae-le e della madre serva? Com’era usanza di allora (solo di allo-ra?) ambedue, oggi si direbbe “vacca e vitello”, vennero cac-ciati dalla tribù e mandati a morire di fame e sete nel deserto.Ma ecco che Dio nella sua immensa misericordia manda in soc-corso ai due reietti un angelo che li salva e promette a Sara cheil figlio, persa l’aspettativa del trono di Israele, avrebbe comun-que dato vita a una grande nuova stirpe, quella degli arabi.A questo punto ci si aspetterebbe la solita conclusione: e tut-ti vissero felici e contenti (più o meno). E invece no!Ecco che il buon Dio ha un altro bel regalo in serbo per Abra-mo e per il suo popolo eletto: il padre deve sacrificare la vitadel figlio lungamente atteso alla gloria del Creatore.Il pio e docile Abramo obbedisce (non è detto se con animograto o con qualche “rodimento” interiore), porta il figlio Isac-co in cima a un monte, ovviamente sacro, e prepara il barbe-cue per la gloria del Signore. Ma il Signore, sempre nella suaimmensa misericordia, ha in serbo ancora un colpo di teatro,al momento dello sgozzamento al posto di Isacco compare unagnello, che è pur sempre figlio di qualcuno ma non creato aimmagine e somiglianza del suo Dio. Padre e figlio, dopo ave-re mangiato l’arrosto divino, se ne tornano a casa e finalmen-te tutti vissero felici e contenti (ma mica per tanto...).Direbbe a questo punto il ragionier Fantozzi:come è buono Lei!

Preghiera di notte

Il davanzale della finestraTrampolino verso l’eternitàDel mio castello di sabbiaLe gambe ciondolano nel vuoto verdeCome un doppio pendolo di un vecchio orologioChe non riesce a tenere il ritmo dei secondiLa marea dei sogni dispersiCome ad ogni tramontoSale a inumidirmi lo sguardoI contorni della natura s’appannanoPoco a poco, perdono corpoSi dissolvono dietro allo scrosciareDi una improvvisa cascataLa terra non vuole le lacrimeLe basta la pioggiaSe avessi un poeta a cui raccontareTramuterebbe in un pugno allo stomaco d’arteQuesto abbozzo di dolore!Ma con me ho solo una pennaUna mano troppo esileE un ragazzo che non sa scrivere ciò che pensaMa sa pensare ciò che desidererebbe scrivereNeruda Rilke Kavafis Hikmet WhitmanHo parlato con voi per oreNella solitudine al neon della mia stanzaCercando di colmare la vostra nostalgiaDella vitaLe donne, gli uomini, gli odori, gli umori,gli amplessi fugaci, la morte, gli abbandoniHanno ripreso a pulsare nei vostri cuori celestiDalla carta ingiallitaDall’inchiostro scalfitoLa parola è tornata vitaSi è fatta nitida immagine del vissutoVi chiedo di far cadere stelle comete di poesiaSu questi piccoli lenzuoli bianchiSotto cui nascondo le mie miserieDove lascio riposare le illusioniChe non trovano altrove pace.Non risponderete, amici andati…

Carlo Trampetti

briella Grisanti che presenta-va una sintesi della biografia.Una serata coinvolgente perl’atmosfera, le parole, le im-magini, la musica, tutte coseche hanno contribuito a chiu-dere il cerchio delle arti. Per-ché, come si leggeva nell’invi-to, “ognuno entra nel mondocon una vocazione” (JamesHillman).

Incontro con il professor Mazin B Qumsiyeh. Interventi diFabio Amato, responsabile esteri Rifondazione Comunistae Ali Rashid, già rappresentante OLP in Italia

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Eccomi ora!!! Ahahah! Io sono un anticristo Sono un anarchico

Non so quello che voglio ma so come ottenerlo Voglio distruggere il viandante Perché voglio essere l’anarchia Anarchia per il Regno Unito!!

Il tuo sogno futuro è una scorpacciata di acquisti Perché io voglio essere l’anarchia in città Di tante vie per ottenere quello che vuoi

Io uso la migliore, uso gli altri Io uso i nemici, Io uso l’anarchia Perché voglio essere l’anarchia,

È l’unico modo per essere E’ questa l’M.P.L.A., questa l’U.D.A., questa l’I.R.A.?

Pensavo fosse il Regno Unito O un altro paese

E un’altra stupida tendenza Io voglio essere l’anarchia

Capisci cosa intendo? Io voglio essere un anarchico

DISTRUGGERE!!! Dio salvi la regina Il regime fascista

che hanno fatto di te un deficiente Una potenziale bomba H

Dio salvi la regina Non è un essere umano

Non c’è futuro Nel sogno dell’Inghilterra

Non farti dire cos’è che vuoi Non farti dire ciò di cui hai bisogno

Non c’è futuro, nessun futuro Nessun futuro per te Dio salvi la regina

Hai capito bene Amiamo la nostra regina

Dio salvi la regina Perché i turisti sono soldi

Dio salvi la nostra folle parata Oh Signore Dio abbi misericordia

Tutti i crimini sono pagati Quando non c’è futuro

Come può esserci peccato? Siamo i fiori nella pattumiera

Siamo il veleno nella vostra macchina umana Amiamo la nostra regina

Dio salvi la regina Hai capito bene E non c’è futuro

Nel sogno dell’Inghilterra Nessun futuro, nessun futuro

Nessun futuro per te Nessun futuro, nessun futuro

Nessun futuro per me

Cultura/e 7 1FOLIGNO

Anarchy in the U.K.Sex Pistols - 1976

Se di Rivoluzione si può parlare

“23 febbraio-giovedì[1917]Come guardando nell’ac-qua torbida non riusciamoa vedere nulla, così nonsappiamo a quale distanzaci troviamo dal crollo.Esso è inevitabile. Non sia-mo più nelle condizioninon dico di evitarlo, manemmeno di modificarlo,ma nemmeno di modifi-carlo in qualche modo(questo adesso è evidente).La volontà si è nascostanell’ambito circoscritto deisemplici desideri. E io nonvoglio esprimere dei desi-deri. Non serve. Là si scon-trano istinti e viltà, timoree speranza. Anche lì nullaè chiaro.Se domani tutto si saràplacato e torneremo a sop-portare come è nostro co-stume in modo ottuso, in-sensato, in silenzio, noncambierà proprio nientenel nostro futuro. Insortisenza dignità, senza di-gnità chineremo un’altravolta la testa.

E se invece senza dignitànon ci piegassimo? Sareb-be meglio? Sarebbe peg-gio?Che tormento. Meglio tace-re.Penso alla guerra. Guardoda quella parte e vedo cheun senso di stanchezza col-lettivo generato dall’insen-satezza e dall’orrore si im-padronisce dell’umanità.La guerra sta probabil-mente corrodendo le visce-re dell’uomo.Si è fatta quasi carne gal-vanizzata, corpo, materiaviva che lotta.Lo zar è partito per il fron-

te. Ora il suo entourage èlibero di ‘stroncare’. Ma lo-ro ci ‘stroncheranno’ conla stessa debolezza con cuinoi ci ribelleremo. Qualedelle due debolezze vin-cerà?Povera terra mia. Risve-gliati.”(Zinaida N. Gippius, Diari

pietroburghesi 1914-1919(dal 1914 al 1917), cur. D.Di Sora, trad. R. Gabrielli,intr. S. Trombetta, pp. 79-80, Biblioteca del Vascello,Roma, 1993)…E “non avere paura didoverti svegliare”. Nem-

meno se si tratta di unfreddo risveglio invernale.Mi piace il profilo degli al-beri d’inverno, coi ramispogli che si allunganoverso l’alto e nei quali ilcielo s’impiglia al puntod’apparire immobile e ge-lido. Sono delle mani pro-tese, pronte ad accogliereuna specie di dono. Il do-no più necessario tra quel-li possibili però, non vienené dal cielo né da alcun al-tro posto, né lo si ritrovaimpigliato sui rami: il do-no maggiore per una qual-siasi vita è l’assenza dipaura. Smettere di traccia-re confini sottili e spoglinella speranza vana direndere esclusivamentenostra una parte di mon-do, smettere d’isolarci, difare delle nostre vite al-trettanti moduli di societàprefabbricate nelle qualinessuno ha il coraggio ditracciare strade abbastan-za lunghe, oppure sempli-ci linee di congiunzionetra un insieme e l’altro.Proprio questo mi paionogli alberi d’inverno: fili la-sciati a indicare altri spa-zi. Che lo vogliamo o no,ogni giorno trascorso si

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MARIA SARA MIRTI

IOLANDA TARZIA

“A ogni incontro, due o trecavalieri ci restavano, oradei nostri, ora dei loro. E iloro cavalli liberati, staffeimpazzite e sonanti, galop-pavano a vuoto e si precipi-tavano giù verso di noi damolto lontano con le loroselle dagli arcioni bizzarri,e il cuoio fresco come quel-lo dei portafogli a Capo-danno. Erano i nostri caval-li che andavano a raggiun-gere, subito amici. Una bel-la fortuna! Non siamo cer-to noi che avremmo potutofare altrettanto! ... I cavallihanno una bella fortuna,loro, perché se subiscono laguerra, come noi, gli sichiede mica di sottoscriver-la, d'aver l'aria di crederci.Sventurati ma liberi caval-li! L'entusiasmo ahimè, cel'abbiamo solo noi, 'statroia!” (Céline – Viaggi altermine della notte; Ed. LaBiblioteca di Repubblica).Il corpo di un altro giovanemilitare ritorna in Italiadall’Afghanistan.Non ritorna da una guerra,almeno così si dice, ma si-curamente è morto permano di un altro uomo cheforse, invece, ha ucciso so-lo in nome di una guerra. Chi ha sparato non sapevachi stava uccidendo, hacolpito una divisa.Non si sarà chiesto, ne for-se mai si chiederà, chi fos-se la persona destinatariadella morte che stava perinfliggere.Non si sarà certamentesoffermato a valutarequali sarebbero state leconseguenze provocateda un gesto, qual è quellodi premere un grilletto diun’arma da fuoco puntata

contro un altroessere vivente.Non avrà pensa-to - prima, du-rante o dopo -che quel suo ge-sto stava privan-do di un futuroun uomo a luisconosciuto, ver-so il quale nonpoteva provare,personalmente edirettamente, al-cun sentimento,se non l’odiodettato da circo-stanze.Non avrà certa-mente provatoad immaginarecosa sarebbesuccesso se l’in-contro con l’uo-mo che stava uc-cidendo fosseavvenuto in altresituazioni e circostanze,ad esempio in un bar, suun treno, su una spiaggia,sui banchi di scuola, in unristornate, ecc..Magari avrebbe potutoscoprire di avere in comu-ne con l’altro tante cose dadividere in quella vita chelui stesso gli stava negan-do. Magari sarebbero po-tuti essere amici se l’in-contro non fosse stato co-sì avverso. Non si sarà reso conto chelui - carnefice - e l’altro –vittima - forse erano, inquei momenti, accomunatida uno stesso identico sen-timento, la medesima pau-ra di morire. Di quanto en-trambi fossero uguali difronte alla morte.Non avrà realizzato che inquell’istante stava deci-dendo non solo della vitadi chi stava puntato nelmirino ma, insieme, di tut-ti coloro che intorno a econ quella vita avevano

costruito o soltanto idea-to altre vite. Che quel suogesto avrebbe cambiato ir-reversibilmente l’umanitàprivandola di una suacomponente unica ed irri-petibile. L’incapacità di percepirel’altro in quanto uomo,l’“ignoranza” dell’altra vi-ta, viene da pensare a chiuna guerra non ha maicombattuto, devono neces-sariamente albergare nellamente e nell’animo di coluiche uccide chi è ritenutoostile per principio, che ènemico solo perché indos-sa una divisa diversa. Ma, invero, a nessuno è da-to sapere quali pensieri equali sentimenti avrà ela-borato e provato chi con-tro quel militare ha spara-to. Né se quel gesto siastato effettivamente detta-to da una ostilità di princi-pio - magari del tutto pri-va di un substrato di odioreale - o, semplicemente

dall’incoscienza o, addirit-tura, dall’arroganza e dal-la presunzione che sia giu-sto decidere della vita dichiunque non condivida ipropri medesimi principiculturali e/o religiosi.Certamente chi ha sparatoil colpo e chi quel colpoha incontrato non hannoavuto la fortuna dei caval-li. Forse anche loro, comei cavalli, non hanno maisottoscritto la “non guer-ra” che si sta combatten-do in Afghanistan, forsenon ci hanno mai creduto. Eppure i ruoli, i principi,le circostanze hanno pri-vato entrambi della possi-bilità di corrersi incontro,di scoprire chi fosse l’uo-mo che indossava quelladivisa. Magari, se avesseropotuto raggiungersi spo-gliati da quella divisa, “li-berati” dall’ostilità diprincipio, anche loro sa-rebbero diventati “subitoamici”.

La guerra dei cavalli

profila come una nuova ri-voluzione dei nostri mo-duli vitali: ogni istante,pur restando noi immobi-li, la terra si sposta un po’da sotto i nostri piedi, vo-ci, oggetti, immagini var-cano giorno e notte la li-nea immaginaria dei nostriconfini. Tutto quanto ciappartiene per diritto difatica o di discendenzasembra sfuggirci continua-mente di mano, spinto damisteriosi sobbalzi. Nes-suna sorpresa dunque nelvedere persone agitate efuriose battere i pugni la-mentando il fatto chequalcuno abbia sottrattoloro una felicità immagi-naria. Chissà se sanno direclamare contro se stessi:anche la felicità passa dal-l’assenza di paura. Le pau-re sono tutte uguali, in ap-

parenza, per chi li vive, ese hanno ampiezze diver-se, hanno comunque tuttepari profondità. Non c’èlegge, provvedimento o ar-mamento che possa argi-narle davvero. A volte siha paura che qualcosacambi e a volte la vera ri-voluzione sta proprio nel-l’ammettere che prima opoi le cose cambieranno lostesso, ma che sta a noidecidere se in meglio o inpeggio. Per vincere la pau-ra bisogna recuperarequello spirito di freddezzache alita in inverno e cherende più sopportabili glispasmi dei nostri doloricronici.Se solo anche a noi, comeall’inverno, venissero con-cessi, se non risvegli, alme-no sonni così tranquilli…

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Lavoro81 FOLIGNO

La vittoria di Pirro di Marchionne

www.piazzadelgrano.org FEBBRAIO 2011

Malgrado la pesantezzadell’ignobile ricatto diMarchionne, il 52% deglioperai della Fiat Mirafioriha risposto un secco NOnel referendum-capestro;e solo la truppa dei 500capetti e gerarchie azien-dali inquadrati come “im-piegati” (che hanno votatonon solo nel seggio 5, co-me riportato dai massme-dia, ma anche nel 2C), haprovocato il successo diPirro Marchionne.Questo risultato, oltre adessere un grande esempiodi resistenza e di forzaoperaia, mostra l’estremafragilità della vittoria “pir-resca” del capo-banda Fiat:e dunque riapre la partita aMirafiori e negli stabili-menti Fiat e dà la forza ailavoratori/trici per usciredai tempi umilianti di vitadella Cassa Integrazione azero ore e fortificare la re-sistenza operaia, preparan-do la controffensiva. Perquesto le RSU COBAS di Mi-rafiori (8% alle ultime ele-zioni), che hanno contri-buito in maniera decisiva,grazie al lavoro di centi-naia di operai, iscritti/e osimpatizzanti COBAS, al-l’eccellente risultato refe-rendario (malgrado talecontributo determinantesia stato oscurato non solo

da quasi tutti i massmediama anche dalla Fiom), e chein questi anni sono statisempre in prima fila negliscioperi e nelle manifesta-zioni, hanno costituito ilCoordinamento dei Lavora-tori e delle Lavoratrici inCassa Integrazione a Mira-fiori. Con un volantino di-stribuito oggi alle porte diMirafiori i COBAS hannoiniziato la costruzione del-la resistenza organizzatacontro l’Accordo-Vergognae contro chi crede di can-cellare impunemente un in-tero pezzo di storia, quelladei diritti dei lavoratori. ICOBAS chiamano i lavora-tori/trici in Cassa Integra-zione ad essere protagoni-sti del Coordinamento: ainiziare dai conflitti verten-ziali che sta impostando ilnostro Studio Legale sullaillegittimità e/o incostitu-zionalità di molti dei diktatdell’Accordo-Vergogna, fi-no ad investire di iniziativela società, istituendo colle-gamenti con le lotte deglialtri lavoratori, degli stu-denti, dei movimenti in di-fesa dei beni comuni e deiservizi pubblici.Nell’immediato, la splendi-da risposta all’Accordo-Vergogna potenzia le fon-damenta su cui poggiare losciopero generale del 28

gennaio che i COBAS hannoconvocato per tutte le cate-gorie del privato e del pub-blico impiego, estendendoquello che la Fiom aveva in-detto per i soli metalmec-canici, rispondendo anchealle richieste di generaliz-zazione dello sciopero ve-nute dai movimenti deglistudenti e assumendosiquell’onere che la Cgil, cor-responsabile delle politi-che liberiste di questi annie della distruzione dei di-ritti sindacali e del lavoro,rifugge nel timore di unaestensione del conflittocontro l’arroganza padro-nale e governativa.Dunque, il 28 gennaio nelle

piazze (i COBAS promuove-ranno manifestazioni regio-nali, a Roma l’appuntamen-to è a P.della Repubblica al-le ore 10) deve convergereil più ampio fronte socialeper battere gli Accordi-Ver-gogna, il liberismo padro-nale e governativo, sma-scherare la finta “opposi-zione” parlamentare e i sin-dacati collaborazionisti,per riconquistare i posti dilavoro, il reddito, le pensio-ni, l’istruzione e le altrestrutture sociali pubbliche,i beni comuni, la democra-zia nei posti di lavoro e nel-la società.Piero Bernocchi portavocenazionale COBAS

A Mirafiori nasce il coordinamento dei lavoratori e delle la-voratrici in cassa integrazione per organizzare la resistenzacontro l’accordo-vergogna

contenuti dell'accordo sonoparticolarmente gravi: l'accor-do si presenta come sostituti-vo del contratto nazionale dilavoro, e cancellerebbe laFiom dalla presenza nell'a-zienda e dal suo ruolo di rap-presentanza dei lavoratori chevi hanno liberamente aderito.Il referendum del 13-14 gen-naio tra i dipendenti sull'ac-cordo, con la minaccia Fiat dicancellare l'investimento nelcaso sia respinto, pone i lavo-ratori di fronte a una sceltaimpossibile tra diritti e lavoro.In questa prospettiva, la stra-tegia Fiat appare come la ge-stione di un ridimensiona-mento produttivo in Italia,scaricando costi e rischi sui la-voratori e imponendo un mo-

duta più alta registrata nelcontinente nel corso del 2010.Al tempo stesso, tuttavia, nelterzo trimestre del 2010 laFiat guida la classifica di red-ditività per gli azionisti, conun ritorno sul capitale del33%. La recente divisione traFiat Auto e Fiat Industrial el'interesse ad acquisire unaquota di maggioranza nellaChrysler segnalano che lepriorità della Fiat sono sem-pre più orientate verso la di-mensione finanziaria, a cuipotrebbe essere sacrificata infuturo la produzione di autoin Italia e la stessa proprietàdegli stabilimenti.A dispetto della retorica del-l'impresa capace di "stare sulmercato sulle proprie gambe",va ricordato che la Fiat ha per-seguito questa strategia otte-nendo a vario titolo, tra la finedegli anni ottanta e i primi an-ni duemila, contributi pubbli-ci dal governo italiano stimatinell'ordine di 500 milioni dieuro l'anno.A fare le spese di questa ge-stione aziendale sono stati so-prattutto i lavoratori. Negli ul-timi dieci anni l'occupazioneFiat nel settore auto a livellomondiale è scesa da 74 mila a54 mila addetti, e di questi ap-pena 22 mila lavorano nellefabbriche italiane. Le qualifi-che dei lavoratori Fiat sono ingenere inferiori a quelle deiconcorrenti, i salari medi sonotra i più bassi d'Europa e la di-

stanza dalle remunerazionidegli alti dirigenti non è maistata così alta: Sergio Mar-chionne guadagna oltre 250volte il salario di un operaio.Questi dati devono essere alcentro della discussione sulfuturo della Fiat. L'accordoconcluso dalla Fiat con Fim,Uilm e Fimsic per Mirafiori -che la Fiom ha rifiutato di fir-mare - prevede un vago pianoindustriale, poco credibile suilivelli produttivi, tanto da ren-dere improbabile ora ogni va-lutazione sulla produttività.L'accordo appare inadeguatoa rilanciare e qualificare laproduzione, e scarica i costisul peggioramento delle con-dizioni dei lavoratori. Sul pia-no delle relazioni industriali i

Il conflitto Fiat-Fiom scoppia-to a fine 2010 sul progetto perlo stabilimento di Mirafiori aTorino - che segue l'analogavicenda per lo stabilimento diPomigliano d'Arco - è impor-tante per il futuro economicoe sociale del paese.Giornali e tv presentano laversione Fiat, sostenuta anchedal governo, per cui con la cre-scente competizione interna-zionale nel mercato dell'autoi lavoratori devono accettarecondizioni di lavoro peggiori,la perdita di alcuni diritti, finoall'impossibilità di scegliere inmodo democratico i proprirappresentanti sindacali.Vediamo i fatti. Nel 2009 laFiat ha prodotto 650 mila au-to in Italia, appena un terzo diquelle realizzate nel 1990,mentre le quantità prodottenei maggiori paesi europei so-no cresciute o rimaste stabili.La Fiat spende per investi-menti produttivi e per ricercae sviluppo quote di fatturatosignificativamente inferiori aquelle dei suoi principali con-correnti europei, ed è poco at-tiva nel campo delle fonti dipropulsione a basso impattoambientale. A differenza diquanto avvenuto tra il 2004 eil 2008 - quando l'azienda si èripresa da una crisi che sem-brava fatale - negli ultimi annila Fiat non ha introdotto nuo-vi modelli. Il risultato è statauna quota di mercato che inEuropa è scesa al 6,7%, la ca-

dello di relazioni industrialiispirato agli aspetti peggiori diquello americano.Esistono alternative a unastrategia di questo tipo.In Europa la crisi è stata af-frontata da imprese come laVolkswagen con accordi sin-dacali che hanno ridotto l'ora-rio, limitato la perdita di red-dito e tutelato capacità pro-duttive e occupazione; in que-sto modo la produzione staora riprendendo insieme alladomanda.Produrre auto in Europa èpossibile se c'è un forte impe-gno di ricerca e sviluppo, in-novazione e investimenti at-tenti alla sostenibilità ambien-tale; per questo sono necessa-ri lavoratori con più compe-tenze, meno precarietà e sala-ri adeguati; un'organizzazio-ne del lavoro contrattata coni sindacati che assicuri altaqualità, flessibilità delle pro-duzioni e integrazione dellefunzioni. E' necessaria una po-litica industriale da parte delgoverno che non si limiti agliincentivi per la rottamazionedelle auto, ma definisca la di-rezione dell'innovazione e de-gli investimenti verso produ-zioni sostenibili e di qualità; lecondizioni per mercati più ef-ficienti; l'integrazione con lepolitiche della ricerca, del la-voro, della domanda. Consi-derando l'eccesso di capacitàproduttiva nell'auto in Euro-pa, è auspicabile che queste

Produrre e lavorare meglio, con democraziaLettera di 46 economisti sul conflitto Fiat-Fiom

politiche vengano definite inun contesto europeo, evitan-do competizioni al ribasso sucosti e condizioni di lavoro. Sututti questi temi è necessarioun confronto, un negoziato eun accordo con i sindacati cherappresentano i lavoratori del-l'azienda.In nessun paese europeo l'in-dustria dell'auto ha tentato dieliminare un sindacato criti-co della strategia aziendaledalla possibilità di negoziarele condizioni di lavoro e dirappresentare i lavoratori.L'accordo Fiat di Mirafiori ri-duce le libertà e gli spazi didemocrazia, aprendo unoscontro che riporterebbe in-dietro l'economia e il paese.Ci auguriamo che la Fiat ri-nunci a una strada che nonporterebbe risultati economi-ci, ma un inasprimento deiconflitti sociali. Ci auguriamoche governo e forze politichee sindacali contribuiscano auna soluzione di questo con-flitto che ristabilisca i dirittidei lavoratori a essere rap-presentati in modo democra-tico e tuteli le condizioni dilavoro. Esprimiamo la nostrasolidarietà ai lavoratori coin-volti e alla Fiom, sosteniamolo sciopero nazionale del 28gennaio 2011 e ci impegnia-mo ad aprire una discussionesul futuro dell'industria, dellavoro e della democrazia,sui luoghi di lavoro e nella so-cietà italiana.

Sta per terminare la con-sultazione dei lavoratori diMirafiori. Non si conosceancora il risultato, ma lasolidarietà e il sostegnodella nostra Organizzazio-ne ai metalmeccanici e, inparticolare a quelli di Mira-fiori, prescinde dall’esitodel Referendum stesso. Pergiorni e giorni i mass me-dia hanno ripetuto le affer-mazioni dell’amministrato-re delegato: o vince il si oFiat va via. E quando lascelta non è più tra un si ono all’accordo, ma tra ilmantenimento del posto dilavoro e la perdita dei dirit-ti, il quesito non è quantosiano coraggiosi e combat-tivi gli operai di Mirafiori,ma dove sta andando ilPaese, dove sta andandouna Repubblica, come lanostra, che è fondata sullavoro. Siamo di fronte altentativo di affermare unasorta di “dittatura datoria-le”, con cui si pretende dipoter cancellare i ContrattiNazionali di Lavoro, i dirit-ti collettivi e individuali, diisolare i lavoratori, nonchédi selezionare sindacati esindacalisti. Tutto ciò, innome della globalizzazionedei mercati: una imposta-zione che viene lentamenteestesa anche ai settori non

esposti alla concorrenzaglobale. Accade, infatti, an-che nei servizi che, per lo-ro natura, non sono deloca-lizzabili. Anche in questisettori, attraverso la dere-gulation e il dumping con-trattuale, ogni datore di la-voro fa come meglio crede,sceglie il contratto menooneroso o, ancora peggio,adotta contratti atipici,precari e finanche indivi-duali. Bene lo sanno i ferro-vieri e i lavoratori dei tra-sporti che, in questa fase diliberalizzazione del settorestanno guardando da vici-no questi fenomeni e benecomprendono che la vicen-da Mirafiori o Pomigliano èanche la loro vicenda. Sia-mo stati al fianco dei di-pendenti Fiat nella manife-stazione nazionale a Romail 16 ottobre scorso: lo sa-remo di nuovo, e più nume-rosi, nella manifestazionedel prossimo 28 gennaio.

Solidarietà ailavoratori FiatOrSA partecipa alla manife-stazione del 28 gennaio

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Lavoro 91FOLIGNOwww.piazzadelgrano.orgFEBBRAIO 2011

Merloni, in scadenza la Cassa Integrazione

Il Comitato dei Lavoratori scrive alla FIOM nazionale

Passa il tempo ma nonsembrano arrivare notizieconfortanti ai lavoratoridella Antonio Merloni. Lavertenza che interessa ilgruppo fabrianese, dal2008 travolto dalla crisi, vi-ve, infatti, una fase di stal-lo, caratterizzata da silen-zi, incertezze e indiscrezio-ni che spesso non trovanoconferma. Con lo scopo didenunciare e mettere in lu-ce tale situazione dramma-tica, è tornato a farsi senti-re il Comitato dei Lavorato-ri dello stabilimento di Col-le di Nocera Umbra (PG),che ha espresso lo sconfor-to e la preoccupazione perla continua mancanza diun chiarimento su quantosta accadendo.“Dopo le notizie Ansa dif-fuse da fonti sindacali cheparlavano della formaliz-

zazione delle due propostedi interesse da parte digruppi cinesi e iraniani,- af-ferma il comunicato cheporta la firma del portavo-ce Gianluca Tofi - stiamopurtroppo riscontrandouna nuova ricaduta nel si-lenzio di questa vertenza”.Dal comitato ci tengono,inoltre, ad evidenziare ilfatto che in data 16 dicem-bre gli stessi rappresentan-ti sindacali avevano confer-mato un incontro a Romaper il prossimo 19 gennaiocon le istituzioni, al fine dientrare nel merito delleproposte, “incontro, que-sto, di cui ora - spiega lanota - nessuno ha più noti-zia”. In seno allo stesso co-mitato crescono, dunque,la paura e i dubbi che “talinotizie avevano il solo sco-po di mettere a tacere il

malcontento degli operai efar perdere di nuovo altrotempo agli sviluppi dellavicenda”.Ciò che chiedono ancorauna volta i lavoratori è es-sere aggiornati sull’attualesituazione. “Quello che vo-gliamo è che le rappresen-tanze sindacali e le istitu-zioni sollecitino al più pre-sto i commissari a fissareun incontro urgente per fa-re chiarezza sugli ultimisviluppi”. Infine il Comita-to denuncia la imminentescadenza della Cassa Inte-grazione e ne chiede il pro-lungamento, invitando tut-te le forze politiche a eser-ciare pressioni sul Governoaffinché non si arrivi allascadenza di maggio conl’incertezza di non poterpiù usufruire dell’inden-nità.

Il Comitato dei Lavoratori ne chiede il prolungamento e un incontrourgente con i Commissari

Il Comitato dei Lavoratori denuncia alcuni comportamenti scorretti da partedi delegati sindacali e invita le rappresentanze nazionali al maggior rispetto

Alla Segreteria Nazionaledella FIOMSiamo un gruppo di operaimetalmeccanici auto orga-nizzati dello stabilimentoA. Merloni di Colle di Noce-ra Umbra, in cassa integra-zione, sostanzialmente azero ore, da oltre 2 anni.Abbiamo detto “sostanzial-mente” perché, in verità, diquando in quando i Com-missari che gestiscono laprocedura di Amministra-zione Straordinaria riattiva-no per brevi periodi alcunelinee produttive, ma a esse-re chiamati al lavoro, equindi a poter integrare conqualche decina di euro in

più il modesto sussidio del-la cassa integrazione, sonomolto spesso i cosiddetti“sempre gli stessi” e nonviene garantita una realeturnazione.Anche quando lo stabili-mento era in piena produ-zione c’era una grave man-canza di democrazia sinda-cale, fatto che si riflettevanon solo nei criteri di as-sunzione, ma in ogni sceltaaziendale: dai turni, allemansioni, ai carichi di lavo-ro mai denunciati.Su oltre 1.100 operai gliiscritti ai sindacati confede-rali erano in preminenzadella CISL, particolarmente

legata alla dirigenza padro-nale, mentre del tutto su-balterna era la presenzadella FIOM.Da diversi anni le rappre-sentanze sindacali internenon erano che il riflesso deisindacati confederali ester-ni, spesso con duplicazionidi incarichi sia nelle struttu-re sindacali provinciali checon mandati politici locali.La crisi del sistema indu-striale Merloni, con i pro-lungati fermi delle attivitàproduttive e quindi l’allon-tanamento fisico dei lavora-tori dal posto di lavoro, haaccentuato il distacco tra lagrande massa dei lavorato-

ri e le loro sedicenti rappre-sentanze sindacali che nonhanno mai voluto alzare illivello di attenzione a quel-lo che era la vicenda Merlo-ni a livello nazionale.Gravissima, in particolare,si è rivelata la condizione disubalternità della CGIL alleistituzioni regionali e peresse al Partito Democraticoumbro al quale peraltro, perdiversa componente, si ap-poggia anche la CISL.Ciò ha dato spazio alla com-parsa e alla inattesa cresci-ta del sindacato di destraUGL fino a ora inesistente.Da due anni il sistema exMerloni si dibatte tra due al-ternative: da un lato l’in-gresso di nuovi imprendito-ri di livello anche interna-zionale in grado di garanti-re non solo l’occupazionema anche il futuro degli sta-bilimenti; dall’altro il pro-getto di uno smembramen-to di alcuni segmenti piùappetibili alla portata di piùmodesti imprenditori localio concorrenti nazionali el’abbandono dei siti indu-striali più impegnativi perdimensioni e occupazione.Governo nazionale, UnioneEuropea e Regioni interes-sate hanno stanziato im-portanti somme per salva-guardare l’intero sistemaindustriale Merloni favoren-do l’ingresso di validi im-prenditori, ma nello stessotempo hanno generato unacorsa all’accaparramento diqueste risorse da destinarea micro interventi a pioggia,tanto inutili al salvataggiodel sistema produttivo edella occupazione lavorati-va, quanto funzionali a po-litiche di basso profilo elet-toralistico.Di fronte a queste gravi dif-ficoltà e pessime prospetti-

ve, nell’assenza di una rea-le rappresentanza sindaca-le e di una valida interlocu-zione politica, un certo nu-mero di operai del sito diColle di Nocera Umbra hadato vita a un organismospontaneo con il nome di“Comitato dei Lavoratori A.Merloni” che, forte di oltre120 adesioni, dal mese digennaio dello scorso annoper due mesi ha occupatouno stabile all’interno dellafabbrica senza alcun appog-gio dei sindacati, ma con ilforte sostegno della popola-zione e delle istituzioni eassociazioni locali.Il Comitato si batte non so-lo contro la gestione liqui-datioria commissariale e iltotale disinteresse del go-verno nazionale, ma anchecontro le strategie di smem-bramento del sistema indu-striale sfacciatamente per-seguite dal governo dellaRegione dell’Umbria con lacomplicità dei sindacaticonfederali.Per lungo tempo e con gran-de fatica abbiamo cercato,non solo di dialogare, masoprattutto di unire le no-stre forze con quelle deisindacati confederali perpromuovere un’azione uni-taria in difesa dell’unico co-mune interesse di tutti i la-voratori: quello della salva-guardia del nostro posto dilavoro.Fatta eccezione di strumen-tali disponibilità inizial-mente manifestate da talu-ni sindacati più vicini all’a-rea governativa e padrona-le che non ai lavoratori, daparte della CGIL abbiamoincontrato esclusivamenteatteggiamenti di incom-prensibile ostilità che, negliultimi tempi, si sono tradot-ti in veri e propri atti di ag-

gressività e dissuasione neiconfronti di aderenti al no-stro Comitato.Da certo tempo alcuni diri-genti regionali e provincialidella CGIL e il coordinatoreRSU FIOM Merloni utilizza-no la denominazione di Co-mitato dei Lavoratori Merlo-ni per propagandare inizia-tive di lotta inconsistenti ecomunque assolutamenteprive di partecipazione daparte degli operai dello sta-bilimento, con finalitàesclusivamente politicheelettorali.Non riusciamo a compren-dere le ragioni e le finalitàdi tali comportamenti, senon leggendoli in una logi-ca di totale subalternità del-la CGIL alla sistema di pote-re politico della nostra Re-gione che non necessaria-mente coincide con le istan-ze dei lavoratori, come di-mostra l’esperienza delcomportamento dell’ammi-nistrazione comunale di To-rino nella vertenza FIAT.Crediamo che questa situa-zione di scontro tra lavora-tori sia incredibile e insoste-nibile.Da parte nostra con spiritodi responsabilità abbiamocercato di attenuare l’effet-to che questa divisione staproducendo sugli altri lavo-ratori e sulla cittadinanza ingenere comunque coinvoltanella crisi dello stabilimen-to industriale.Crediamo però che sia ne-cessario un intervento ur-gente da parte della segrete-ria nazionale della FIOM per-ché faccia terminare questaassurda guerra tra lavorato-ri, imponendo ai propri fun-zionari e delegati una con-dotta corretta e leale.Il Comitato dei LavoratoriA. Merloni

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Beni Comuni101 FOLIGNO

RICERCA SCIENTIFICALECONOMIA UCCIDE LA RICERCA IGNORANDO CHE LA RICERCA È “ECONOMIA”

SERVIZIPUBBLICIPETIZIONECONTROGLIAUMENTITARUFFARIE ILTAGLIODEISERVIZI

LINGUACHIPARLAMALE, PENSAMALEEVIVEMALE

ACQUAACQUAPUBBLICACIMETTOLAFIRMA

SOCIALELETTERA APERTA AL SINDACO NANDO MISMETTI E ALLA CITTÀ DI FOLIGNO

Caro Sindaco e cari citta-dini, sono una giovane folignate,che scrive perché come tantiin questi giorni, si sta mobili-tando in nome della demo-crazia e dell’integrità mora-le, messa in discussione daeventi che rischiano di fago-citare una piccola ma impor-tante cooperativa sociale, co-me la ELLELLE di Foligno,fondata da un gruppo di ge-nitori di ragazzi disabili. Intanti siamo preoccupati e al-larmati dalla prospettiva che“errori” di valutazione nellaformulazione di un cottimofiduciario (bando di gara),possa eliminare dalla scenasociale una cooperativa perfavorirne altre, ben più gran-di, ma non per questo più va-lide e meritevoli. Chiedo siafatta chiarezza, siano date

spiegazioni valide e non solotra le mura degli uffici comu-nali. Che siano esplicitate levere motivazioni di quantoesposto nel cottimo fiducia-rio, evitando di ripiegare so-lo sul fattore economico, con-siderando che si sta parlandodi servizi alla persona ed inquanto tali meritano unamaggiore considerazione.La chiarezza e la trasparen-za permetterebbero, ai citta-dini come me, di continuarea nutrire la fiducia giàespressa in sede elettorale,messa ora in discussione.Senza formulare ipotesi az-zardate, mi permetto anchedi sottolineare che il poterepolitico di alcune cooperati-ve sociali in questo territo-rio, spesso, ha dato modo didubitare sulla trasparenzadi alcune scelte di gestione

in ambito sociale e non solo;quindi sarebbe importantericevere informazioni chepossano smentire tali per-plessità. Soprattutto quandoin gioco ci sono i posti di la-voro di quattordici operato-ri sociali, con esperienzapluriennale e molto apprez-zati dai ragazzi disabili coni quali lavorano e le loro fa-miglie nonché dai quantihanno potuto constatare laprofessionalità e la qualitàdel lavoro dell’intera coope-rativa ELLELLE.La città di Foligno è già sta-ta piegata dalle conseguen-ze della crisi economica edai tagli del governo, nonmettiamoci anche manovrepolitiche a peggiorare la si-tuazione!In attesa di risposte.Una giovane Folignate.

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LUCIO LOMBARDO RADICE

FEBBRAIO 2011

Di mese in mese, di anno inanno aumenta l’angoscia,l’amarezza, la sfiducia di co-loro che, in Italia, dedicanola loro attività alla ricercascientifica. La loro posizionediventa di giorno in giornopiù difficile: preziose e inso-stituibili energie si logoranoe si perdono in una lotta sfi-brante.Le Università, che sono tra-dizionalmente in Italia ilcentro della ricerca scientifi-ca, non garantiscono in al-cun modo a nessun ricerca-tore un minimo per vivere.Il lavoro, mal pagato o semi-gratuito, è massacrante.Non solo e non tanto per lelezioni e le esercitazioni, maper gli esami. Si può affer-mare senza esagerare cheprofessori, assistenti e ricer-catori di fisica, matematica,

chimica, biologie, ecc. dedi-cano due o tre mesi all’annoagli esami universitari neigrandi centri. in ondate suc-cessive, migliaia di studentida esaminare travolgono glisparuti drappelli degli inse-gnanti, interrompono persettimane ogni possibile at-tività di studio e di ricerca.I mezzi, com’è noto, sono poiassolutamente insufficienti.Nei laboratori e negli Istitu-ti il ricercatore deve fare tut-to da sé, con mezzi di fortu-na: deve essere elettricista emeccanico, calcolatore e uo-mo di fatica.“Dove andremo a finire?” èla domanda angosciosa, as-sillante, sempre più ango-sciosa, sempre più assillanteche ogni giorno si ripete chisi dedica alla ricerca scienti-fica. La scienza italiana vaalla deriva: se non si provve-de subito, l’Italia decadràrapidamente fino diventareuna nazione di secondo o di

Petizione contro gli aumen-ti tariffari del trasportopubblico, la riduzione del-le risorse e i tagli ai serviziGli effetti della manovraeconomica, consistentenella riduzione dei trasferi-menti dallo Stato alle Re-gioni e agli Enti Locali, arri-veranno presto a farsi sen-tire nelle tasche dei pendo-lari italiani. Le Regioni, perfar fronte ai tagli alle risor-se, prevedono, quasi unica-mente, pesantissimi au-menti tariffari dal 25% al30% e tagli ai servizi, anchedi una corsa ogni quattro,già da gennaio 2011 e ridu-zione di personale. Aumen-ti e tagli non risparmieran-no alcuna categoria e alcu-na tipologia: mezzi urbanied extraurbani, treni, tram,metro, navi e battelli. Afronte degli aumenti tarif-fari non è previsto alcunmiglioramento della qua-lità, anzi le Imprese eser-centi si vedranno costrettea risparmiare su pulizia,manutenzione, rinnovo delparco (sono stati tagliatianche 168 milioni per ilrinnovo parco mezzi). Vi èfondato motivo per ritene-re che, dietro alla riduzio-ne dei finanziamenti, si na-

sconda una strategiaprecisa che ritiene iltrasporto pubblico,anziché una risorsaed un bene comune,un inutile fardelloper le casse dello Sta-to, penalizzando cosìmilioni di cittadiniche si comportano inmodo virtuoso. Nullaviene fatto per mi-gliorare l’efficienzaaumentando, adesempio, la velocitàcommerciale che è la piùbassa d’Europa a causa del-l’assenza di una vera poli-tica per lo sviluppo dellamobilità sostenibile. Unapolitica che vuole assegna-re la priorità al trasportopubblico si dovrebbepreoccupare, anziché pena-lizzare gli utenti, di recu-perare nuove entrate persostenerlo, mirando a rie-quilibrare il rapporto tratrasporto pubblico e tra-sporto privato. Con questapetizione chiediamo il ri-lancio e potenziamento deltrasporto pubblico, una ve-ra lotta agli sprechi e alleinefficienze, treni e buspuntuali e decorosi, unavera integrazione dei siste-mi gomma e ferro, una di-

terzo piano dal punto di vi-sta scientifico. Non è ancoracosì, perché tenacemente,direi eroicamente, gruppi discienziati di valore tengonoduro, procedono; ma, lascia-ti ancora così e senza aiuto,non potranno resistere alungo. seguiranno la via diFermi e di Rosetti, di Occhia-lini e di Segre e di Pontecor-vo e di Rossi, di Wick e diPersico e dei tanti meno fa-mosi e più giovani scienzia-ti italiani che non hanno sa-puto resistere: andranno inAmerica. Per non intristirenella miseria e nell’isola-mento, per non restare allaretroguardia della scienza.Rimascita gennaio 1948

versa politica degli investi-menti e il reperimento dinuove risorse per far fun-zionare il trasporto pubbli-co. Diversamente, gli au-menti tariffari e il taglio deiservizi finiranno di fattoper alimentare ulterior-mente sprechi ed ineffi-cienze e aumentare traffi-co, congestione ed inquina-mento.Prima che sia troppo tardi!I sottoscritticittadini/utenti contro gliaumenti tariffari, la ridu-zione delle risorse per ilTrasporto Pubblico Localeper il suo rilancio e svilup-po come bene comune.USB Lavoro Privato COBAS del Lavoro PrivatoSLAI Cobas

Lucio Lombardo Radicenacque a Catania il 10 lu-glio 1916. Nel 1934 siiscrisse al corso di laureain matematica dove studiòcon Guido Castelnuovo eFederico Enriques laurean-dosi nel 1938 con una tesi,assegnatagli da GaetanoScorza, Sulle algebre legateai gruppi di ordine finito(poi pubblicata). È in questianni che iniziò a maturarela sua formazione politicae iniziò la frequentazionedi quel gruppo di giovaniche sarebbe diventato ilnucleo del Partito comuni-sta romano durante la Re-sistenza: nel luglio del1938, in occasione di unviaggio a Parigi chiese l’i-scrizione al Partito. Nel1939, dopo essere risultatoidoneo a un concorso dimatematiche complemen-tari, iniziò a lavorare come

assistente di Enrico Bom-piani alla cattedra di geo-metria analitica ma vennearrestato e condannato aquattro anni che scontò so-lo in parte. Venne infatti li-berato nel dicembre 1941in seguito ad un condono eriprese l'attività antifasci-sta impegnandosi ad allar-gare il fronte cospirativo indirezione di altri gruppi diarea liberal-socialista e cat-tolico-comunista. Nell’apri-le 1943 venne arrestatonuovamente e rimase incarcere fino a dopo il 25 lu-glio. Redattore de «l'Unita»nel 1944, divenne poi fun-zionario della sezione agi-tazione e propaganda. Do-po la Liberazione assunsealcuni incarichi di partito,dedicandosi successiva-mente alla carriera univer-sitaria. Nel 1951 ottenne lalibera docenza in analisi al-

gebrica ed infinitesimalelavorando contemporanea-mente a metà tempo nellascuola centrale dei quadridi partito; tra il 1947 e il1948 diresse la commissio-ne scuola. Dal 1976 al 1981fu consigliere comunale aRoma. Membro attivo delTribunale Russell per i di-ritti dell'uomo dal 1976, fu,nel 1982, tra i fondatori delcomitato di coordinamentodei movimenti per la pace.Morì il 21 novembre 1982 aBruxelles mentre parteci-pava ai lavori di prepara-zione della II conferenzaper il disarmo.

“Lei la deve cambiare que-sta espressione! Trend nega-tivo... Io non l'ho mai detto!Io non l'ho mai pensato! Ionon parlo così! Chi parlamale, pensa male e vive ma-le. Bisogna trovare le parolegiuste: le parole sono impor-tanti!” (Nanni Moretti, Pa-lombella Rossa).La lingua serve per comuni-care, per farci comprenderequello che diciamo. Esisto-no lingue molto ricche ecomplesse e altre moltosemplici se non addiritturaelementari (la lingua abori-gena per dire "tanti" passala mano sui capelli e nonesiste il “forse”, figuriamo-ci il condizionale).Poi esistela forza di una lingua, quel-la capace di descrivere un’e-mozione, un sentimentouno stato d'animo... Poi esi-stono frasi, suoni, paroleche esprimono da subito unconcetto più complesso, co-me se avessimo bisogno perfretta e urgenza di farci im-mediatamente capire.Tralasciamo le frasi dialetta-li, anche se patrimonio inso-stituibile di tante comunità.Le lingue camminano fra ipopoli, viaggiano e, se gradi-te, si fermano, vengono ac-quisite come proprie e le

usiamo correntemente (ma-gari poi non le sappiamoscrivere e/o pronunciarecorrettamente): passa un ca-mion (chi dirà mai un auto-carro, al massimo un tir),dove è il bidet (per la veritàil corrispettivo italiano èpraticamente inesistente),se gioco a tennis tiro unosmash e vinco il set (nullada aggiungere). Ma altre pa-role che si fermano proprionon si sopportano: facciamoun business (affare), com-priamo in borsa equity(azioni), bye bye (ciao) eun'infinità di altre che omet-to. Nel nostro linguaggio“colta” (acculturato) un tem-po abbondavano i francesi-smi, ora subiamo un'inva-sione di termini inglesi (an-glicismi). “Rem tene, verba

sequentur” (possiedi i con-cetti, le parole seguiranno -Catone); il latino, la nostralingua madre, che non do-vremmo mai e poi mai ab-bandonare. Il suo studio, oanche la semplice curiositàdi comprendere e anche po-ter usare (senza sfoggio cul-turale), semplici frasi, puòveramente illuminare un di-scorso. “Veritas filia tempo-ris” (la verità è figlia deltempo - Gellio). La forza dellatino, la consapevolezza disapere dove stiamo andan-do, ma anche da dove venia-mo potrebbe essere di gran-de aiuto. Forza! Ce la possia-mo fare. Attualità: “Corrup-tissima Republica plurimaeleges” (le leggi sono moltis-sime quando lo stato è cor-rotto - Tacito) 4M

La Corte Costituzionale haammesso due quesiti refe-rendari proposti dai movi-menti per l'acqua. A prima-vera gli uomini e le donne diquesto paese deciderannosu un bene essenziale. Lavittoria dei “sì” porterà adinvertire la rotta sulla ge-stione dei servizi idrici e piùin generale su tutti i beni co-muni. Attendiamo le moti-vazione della Consulta sullamancata ammissione del re-stante quesito (quesito n. 2),ma è già chiaro che questadecisione nulla toglie allabattaglia per la ripubbliciz-zazione dell'acqua e che ri-mane intatta la forte valen-za politica dei referendum.Il Comitato Promotore oggipiù che mai esige un imme-diato provvedimento di mo-ratoria sulle scadenze delDecreto Ronchi e sull'abro-

gazione degli AATO, un ne-cessario atto di democraziaperché a decidere sull'acquasiano davvero gli italiani.Il Comitato Promotore atti-verà tutti i contatti istitu-zionali necessari per chie-dere che la data del voto re-

ferendario coincida conquella delle elezioni ammi-nistrative della prossimaprimavera.Da oggi inizia l'ultima tap-pa, siamo sicuri che le mi-gliori energie di questo pae-se non si tireranno indietro.

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Salute 11 1FOLIGNO

Il medicinale veterinarionon è una derivazione delmedicinale per uso umanoma possiede una sua iden-tità ed è studiato e svilup-pato in funzione delle spe-cie animali cui sarà desti-natoSi intende per Medicinaleveterinario ogni sostanzao associazione di sostanzepresentata co-me avente pro-prietà curative ep r o f i l a t t i c h edelle malattieanimali, chepuò essere usa-ta sull'animale osomministrataall'animale alloscopo di ripri-stinare, correg-gere o modifica-re funzioni fi-siologiche me-diante un'azio-ne farmacologi-ca, immunologi-ca o metabolica,oppure di stabi-lire una diagno-si medica Nessun medicinale veteri-nario può essere commer-cializzato senza aver otte-nuto (autorizzazione al-l’immissione in commer-cio) AIC dal Ministero del-la salute a norma del Dlgs193/2006 oppure dallaUnione Europea, ai sensidel regolamento (CE) n.726/2004.E' vietato somministrareagli animali sostanze far-

macologicamente attive senon in forma di medicina-li veterinari autorizzati. Le aziende farmaceuticheproduttrici dei farmaci ve-terinari hanno il compitodi garantire la qualità, lasicurezza e l’efficacia cli-nica del farmaco. Il Mini-stero della salute verificaaccuratamente gli studi eautorizza l’immissione incommercio del medicinaleveterinario. Il medico vete-rinario prescrive i medici-

nali più appropriati e con-trolla il loro impiego. Ilproprietario, infine, utiliz-za il farmaco solo comeprescritto dal veterinariodi fiducia.Qualsiasi farmaco a usoveterinario deve essereutilizzato, sulla base diuna visita dell’animale daparte del medico veterina-rio che stabilisce la dia-gnosi e prescrive con pro-pria ricetta il tipo di far-

maco autorizzato perquella specie animale, ne-cessario a curare la patolo-gia accertata.Solo eccezionalmente, perfar fronte alla mancata di-sponibilità di un medicina-le a uso veterinario che cu-ri una determinata patolo-gia, il medico veterinariopuò prescrivere sotto lapropria responsabilità unfarmaco autorizzato peraltra specie animale, o, inassenza di questo, un far-

maco de-stinato aduso uma-no. Il legi-s l a t o r e ,sulla basedei rischiconnessi atale utiliz-zo del far-maco haprecisatol’eccezio-nalità diq u e s t ocomporta-mento.Effettiva-m e n t el’impegnop r o f u s o

nel tempo per approfondirele conoscenze in merito alfarmaco veterinario, è statoriguardevole. Tutto ciò haportato allo sviluppo di pro-dotti a uso specifico conformulazioni adeguate al-l’impiego nelle diverse spe-cie animali. Pertanto, l’utilizzo di pro-dotti specifici a uso veteri-nario è sempre consiglia-bile garantendo qualità, si-curezza ed efficacia.

Le carotidi sono i principa-li, ma non esclusivi, vasiarteriosi che trasportanosangue ossigenato dallecamere cardiache al paren-chima cerebrale; ciò signi-fica che se per qualche ra-gione venisse meno la lorofunzione, la vita cessereb-be o nella migliore delleipotesi il cervello ne risen-tirebbe in maniera perma-nente. La patologia carotidea in-teressa la 6° 7° decade divita, in soggetti che pre-sentano fattori di rischiocome l’obesità e l’iperten-sione presentandosi sottodue forme; con una dilata-zione delle pareti del vasodetta “aneurisma” o il suocontrario ovvero una ridu-zione del lume tale da im-pedire il regolare flussosanguigno.La riduzione del lume va-sale può determinare lostroke, causato da una net-ta ed improvvisa interru-zione dell’apporto sangui-gno al territorio cerebrale,che rappresenta la terzacausa di morte in Italia enella maggior parte dei ca-si occorre senza preceden-ti attacchi. La patologia ca-rotidea è stata negli ultimiventi anni al centro di nu-merosi studi, in particola-re l’attenzione è rivolta al-la diagnosi precoce, allaprevenzione ed alla terapiadella patologia steno-ostruttiva delle carotidi,

per via dellasua correla-zione con l’i-schemia ce-rebrale.Gli esami cheattualmentetrovano mag-giore appli-cazione clini-ca nella Dia-gnostica perI m m a g i n idella patolo-gia dei vasiepiaortici so-no: l’eco-color doppler,l’angio-RM, l’angio-TC el’angiografia.L’eco-color doppler attual-mente rappresenta l’inda-gine di screening di primaistanza grazie all’elevatasensibilità e specificità, al-la non invasività e ai bassicosti; lo svantaggio è rap-presentato dall’operatoredipendenza che la rendedifficilmente ripetibile.Lo studio viene condotto apaziente supino, con la te-sta iperestesia e ruotatadal lato opposto della ca-rotide in esame; questo ti-po di esame consente siadi valutare la morfologiadelle pareti stesse e del lu-me del vaso e quindi dellasua eventuale riduzione,sia, grazie alla tecnologiaDoppler, le accelerazionidi flusso che le placchedella parete vasale deter-minano sul circolo arterio-so sanguigno.L’esame deve essere ese-guito da quei pazienti chepresentano i fattori di ri-schi ricordati, nei quali ilcontrollo pressorio non è

L’eco-color doppler nellapatologia carotidea

Il Farmaco veterinario:qualità, sicurezza, efficacia

Il Diabete e il Cuore

LEONARDO MERCURI

GIACOMO BATTISTI SALVATORE MACRÌ

FEBBRAIO 2011

La storia clinica della ma-lattia diabetica è molto lun-ga, si divide in circa 15-20anni di pre-Diabete che sfo-ciano nel Diabete concla-mato con una durata di al-tri 20-25 anni.Nella fase di pre-Diabetel’aumento della glicemianon viene rilevato clinica-mente perché viene com-pensato da una iperprodu-zione di insulina da partedelle cellule -pancreati-che, ma questa iperprodu-zione porta nel corso deglianni ad un loro lento mainesorabile deterioramentoche si conclama con l’in-gresso nella fase Diabeticae con la comparsa dellecomplicanze tipiche deldiabete di tipo 2, cioè: car-diovascolari, ipertensive,dislipidemie, per poi sfo-ciare nella sindrome meta-bolica. Anche se può appa-rire strano, l’ultimo fattorea comparire è l’iperglice-mia, questo si realizza in-fatti quando le cellule

pancreatiche non riesconopiù a produrre insulina chepossa contrastare l’aumen-to della glicemia, e l’ipergli-cemia è uno dei maggiorifattori di rischio cardiova-scolari. Arrivati a questeconclusioni viene facile do-mandarsi quali dovrannoessere allora i primi obbiet-tivi a cui ci dovremmo ri-volgere per diminuire il ri-schio di complicanze car-diovascolari in questi pa-zienti? Ci viene in aiutouno studio scientifico de-nominato UKPDS, rilevan-do che un controllo attentoe rigoroso di solo il 10%della Pressione Arteriosa,ha permesso una riduzioneimmediata del 32% dellecomplicanze cardiovasco-lari, tutto questo diventaancora più evidente se siosserva l’aspetto lipidicodel siero, bisogna tenerpresente che il diabete nel-l’infarto cardiaco, ha lostesso fattore di rischio diuna malattia coronarica.Un altro studio (HPS) haposto in evidenza un altroaiuto concreto per la pre-venzione delle complican-ze cardiovascolari nei pa-

zienti diabetici di tipo2, iltrattamento con le Statineinfatti ha permesso una ri-duzione del 22-26% deisuddetti rischi. Le Statineagiscono attuando una ri-duzione del colesterolo, in-dipendentemente dallaquantità di colesterolo ba-sale del paziente. Ma la co-sa più importante è che ilcontrollo del colesterolocon le statine, e il control-lo rigoroso della pressionearteriosa, agiscono moltorapidamente, nel ridurre lecomplicanze cardiovasco-lari, mentre il controllo me-tabolico agisce dopo deci-ne di anni.Lo studio SANDS ha spintoancora più in basso la so-glia del controllo del cole-sterolo e della pressionearteriosa, andando ad evi-denziare una riduzionedello spessore intimale siadella carotide che della pa-rete ventricolare, e tuttoquesto in soli 36 mesi.Arrivati a questo punto bi-sogna dire che anche in pa-zienti in cui si è raggiuntoil goal del colesterolo nellamedia permane ancora unrischio cardiovascolare de-

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ottimale e laddove si mani-festino le prime avvisagliecon degli attacchi ischemi-ci transitori, cioè dellemancanze, a volte accom-pagnate da perdita dellacoscienza e da cadute aterra; in questi casi è d’ob-bligo l’esecuzione dell’esa-me, che può essere esegui-to in ospedale come pre-stazione ambulatorialeerogata dal SSN, fornendo-ci informazioni sia sullagravità della situazione,sia sulla pianificazione deltrattamento stesso.Il trattamento della patolo-gia stenotica della carotideprevede due possibilità te-rapeutiche: il trattamentochirurgico a cielo apertocon asportazione dellaplacca occludente, oppureil trattamento endovasco-lare con il posizionamentodi una protesi interna al lu-me che ne garantisce lapervietà anche a lungo ter-mine; in entrambi i casi ilruolo è quello di far si cheil vaso venga riabitato atutto canale dal flusso san-guigno.

“Strumenti per una efficace prevenzione car-diovascolare nel Diabete tipo2”

rivante dalla esagerata sin-tesi di VLDL ricche di trigli-ceridi che poi vengono tra-sferiti nelle LDL e nelleHDL, questo rischio resi-duo è comunque minoredel 50% del rischio chehanno quei soggetti chenon attuano un buon con-trollo del colesterolo. Unaltro fattore importantenelle riduzioni di compli-canze cardiovascolari, so-no le Dislipidemie, anchese per questa problematicanon abbiamo molti prepa-rati in aiuto. Da tutti questistudi si è evidenziato chenei pazienti con diabete ditipo 2, un trattamento del-la iperglicemia molto stret-

to e rapido (HbA 6,5) nonè efficace nel ridurre lecomplicanze cardiovasco-lari nei soggetti anziani efragili, anzi alcuni studihanno evidenziato unaspetto negativo. Il control-lo della iperglicemia cosistretto e rapido è invece ef-ficace all’inizio della storiaclinica del diabete, vistoche i suoi effetti saranno dibeneficio nel lungo perio-do, e che il paziente sicura-mente non sarà ancora unetà avanzata e con fragilità.Inoltre l’uso delle statine èda consigliare visto che ol-tre che alla riduzione delcolesterolo, attuano una ri-duzione di tutti i mediato-

ri dell’infiammazione, cheè il terreno in cui nasce ildiabete insieme all’obesitàviscerale. A questo puntosi capisce come il diabetedi tipo2 non sia solo unamalattia del metabolismo,come il diabete di tipo1 do-ve vi è una visione pretta-mente glucocentrica, maesso è una malattia doveagiscono più fattori e quel-lo della iperglicemia è soloun attore e non il principa-le. La teoria lipocentrica èquella che si adatta più fe-delmente a questo tipo dipatologia e con questo sievidenziano ancora di piùil ruolo dell’attività fisica edella dietoterapia.

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Pensieri e Parole121 FOLIGNO

ANTONIA POZZIPER TROPPA VITA CHE AVEVA NEL CORPO, NON TROVÒ LUOGO

LACRIMEESANGUECERALASPERANZADIUNMONDOMIGLIORE

“QUALUNQUEMENTE”IL “PARTITO DU PILU” E UNA NUOVA MORALE PUBBLICA

“Il 2010 ci ha regalato mol-te soddisfazioni e alcuneottime notizie, tra cui undecesso eccellente: dopolunga e penosa malattia, èmorta la morale!” Queste parole edificantiescono dalla bocca di CettoLa Qualunque, uno dei per-sonaggi interpretati dall’at-tore e comico Antonio Al-banese, che porterà Cettonelle sale cinematografichecon il film “Qualunque-mente”; l’uscita è previstaper il 21 gennaio 2011,prodotto da Fandango incollaborazione con Rai Ci-nema. La Qualunque è unpolitico e imprenditore ca-labrese, grande amatoredelle donne che con accen-to stilnovistico apostrofa“pilu” , ed è talmente sensi-bile al loro fascino, tantoda fondare il “ Partito duPilu” ; Cetto in quasi tuttele sue apparizioni pubbli-che è scortato da bellissi-me ragazze dall’aspettopoco sobrio, ed in qualchesketch lechiama con il loronome, ovvero Etica e Mora-le … addirittura sono mag-giorenni!Il personaggio di Albaneseodia l’ecologia e la natura,per interessi economicivorrebbe vedere solo il ce-mento sostituendo il verde

con il grigio, “che s’abbinaa tutto”, mettendola, perusare un eufemismo, inquel posto alla natura. Nel suo programma eletto-rale spicca per impegnopolitico la promessa“Cchiù pilu pi tutti”, ovve-ro più donne per tutti, in-tende eliminare la sanitàpubblica con cliniche pri-vate, non vuol sentire par-lare di accoglienza e di im-migrazione e trova la solu-zione per l’emergenza ri-fiuti, ovvero di evitare i cu-muli di spazzatura. La Qualunque insulta queigiudici fantasiosi che han-no osato vedere presenzemafiose nel suo partito,sicuramente comunisti,verrebbe da pensare. Cettoè rozzo e ignorante, nonsopporta i discorsi compli-cati, parla un italiano al-quanto strano visto che hal’abitudine di trasformarealcune parole in avverbiaggiungendo il suffisso–mente, ad esempio “ qua-lunquemente”, “ poimen-te”, “infattamente”, “senzadubbiamente” . I suoi slogan politici sono“I have no dreams”, pen-sando al discorso di MartinLuther King e “ Liberté,Egalité e Illegalité”, rife-rendosi alla RivoluzioneFrancese. Ma a volte La Qualunquesorprende tutti occupando-si di problemi reali, ad

esempio Cetto parla dellacrisi che domina l‘Italia, etrova una soluzione davve-ro eccezionale: dice che al-la crisi si deve risponderecon le armi della democra-zia, riportando il Parlamen-to a un ruolo dignitoso ecentrale, ma le modalitàcon cui attua il suo pro-gramma sono discutibili,ovvero trasformare il Par-lamento in un outlet! Cetto La Qualunque ricor-da Trimalcione, di petro-niana memoria, e non è unpersonaggio del tutto sur-reale, ma è la rappresenta-zione della politica attualee del disvalore che la ac-compagna, molto più realedi ciò che si potrebbe pen-sare. “Ntu culu agli elettori”, co-me dice Cetto La Qualun-que.

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ARIANNA BOASSOSILVIA PALLARACCI

SAMANTHA PASSERI

FEBBRAIO 2011

Antonia Pozzi è una dellevoci femminili più intensedella Poesia italiana del No-vecento. La sua opera, chefu interamente pubblicatapostuma, ha conosciutouna diffusione lenta eframmentaria e va esami-nata alla luce del rapportocon il padre e con il ma-schile in genere. Il genitorerepressivo, gli amici poeti,il primo infelicissimo amo-re Antonio Maria Cervi (suoprofessore al liceo). Anto-nia nasce a Milano nel 1912da una famiglia borgheselombarda. Frequenta il Li-ceo Classico Manzoni doverivela di possedere capa-cità intellettuali fuori dalcomune. Ma è inquieta. Suibanchi di scuola nasce l’in-tensa e ricambiata passio-ne -una storia d’amore im-possibile,per lei assoluto-per il suo professore di La-tino e Greco Antonio MariaCervi. La relazione vieneduramente osteggiata dal-la famiglia; lei lotta e si op-pone disperatamente aquesto rifiuto, ma il padrefa addirittura trasferire aRoma il docente. Nella pri-ma edizione delle sue poe-sie tutte le dediche all’uo-mo amato saranno cancel-late, una ad una, come perannullare quella storiascandalosa. L’intero episto-lario che scambiò con l’uo-mo è stato corretto, presu-mibilmente dal padre, altrelettere destinate a familia-ri ed amici sono scomparsedel tutto.Il suo amore doloroso perCervi emerge nella letteraalla nonna dell’agosto1928. Scrive: “Ho imparatoche cosa sia il dolore. Tunon immagini che cosa fos-se lui per me. Io avevo avu-to la fortuna di incontrarlonell’età inquieta in cui tut-to il nostro essere sboccia eanela alla vita, in cui ogniinfluenza esterna lascianell’anima un’influenza in-delebile, in cui ci torturia-mo ricercando l’inizio del-la nostra via e l’indirizzodel nostro cammino nelmondo….”Antonia subisce la doloro-sa rinuncia cercandoconforto nello studio e nel-la creazione poetica. Nel1930 si iscrive alla facoltàdi Lettere dell’università

statale di Milano; tra gliamici e compagni universi-tari Mario Monicelli, EnzoPaci, Vittorio Sereni, DinoFormaggio. Con loro condi-vide lo stesso ambiente esi-stenziale e culturale, quel-lo di una singolare genera-zione che si formò sotto laguida autorevole di Anto-nio Banfi. Nomi che hannoavuto un forte rilievo nelproporre nuove esperienzeintellettuali, tra anteguerrae dopoguerra,e che discu-tevano di fenomenologiaed esistenzialismo sotto iportici universitari. La di-sponibilità economica diquesti, permetteva loro diavere dall’estero i migliorifrutti della cultura europeae americana, i libri proibitidal fascismo. Intanto Anto-nia matura la consapevo-lezza di essere poeta. Lasua poesia tende alla puri-ficazione essenziale dellaparola, ma in questa purifi-cazione trascina con sél’angoscia di un conflittosempre più profondo traarte e vita, che diventerà al-la fine insostenibile. I temidel suo poema ruotano in-torno all’inafferrabilità diun punto entro il quale an-corarsi con la totalitàdi se stessa, non divi-sa, non lacerata, fossequesta la compiuta og-gettivazione artisticao la maternità, altraaspirazione possentee negata di tutto il suoessere. La sua salute èmalferma (la ferita perl’amore allontanatoresterà indelebile), in-tanto sopraggiungononotizie della guerraimminente, delle leggirazziali e della censu-ra. Ancora una volta èpreclusa ad Antonia lapossibilità di vivereserenamente, senzadover lottare controtutti e contro tutto.Questa donna troppointelligente e sensibile, ric-camentre non avrebbe vo-luto possedere altro che ilnecessario per vivere, dota-ta di uno spirito acuto e diuna inesauribile febbre vi-tale, non potendo realizza-re il proprio progetto di li-bertà e semplice felicità, ri-fiuta alla fine ogni compro-messo, ogni falsa pacifica-zione, ogni obbedienzaipocrita ad un regime di ri-gidi codici familiari e socia-li. Da qui l’irrevocabilità

C'era un tempo la speranzadi un mondo migliore, diuna società più giusta. Pertutti. C'era un tempo il lavoro, lostipendio, i diritti. C'erano un tempo isogni di una fami-glia da costruire,una casa in cui in-vecchiare, un'autoper correre verso ilmare.Dice il famoso pas-so della Bibbia chec'è un tempo perogni cosa.Da oggi infatti le co-se cambiano.Ora è il tempo deipianti, delle urla,della disperazioneperché è troppa lanebbia che nascon-de l'orizzonte di undomani.Il lavoro. Quale lavo-ro? Colpa della crisi? Trop-po comodo. Troppo facile. Illavoro, l'occupazione nonesistono più. Da questo mo-mento si chiamano elemosi-na.E lo stipendio? E' solo partedi quest'obolo, una gentileconcessione fatta da filan-tropi che già si prodiganonel dare un senso alla vitadelle persone normali comenoi. Di quelle insignificanticome noi. Di quelle che semuoiono sono un numero,come noi. I diritti sono solo pretese. Idiritti sono solo retaggi del

passato, frutto di un mododi parlare e di concepire larealtà viziato dagli anni dipiombo. Guai a usare que-sti termini. Guai a usarequesto linguaggio. Guai so-lo a pensarlo.Signori miei, lo spettacolo èfinito.Chi avrà il coraggio di cam-biare questa realtà?

Io ormai scrivo queste po-che righe, non avendo piùfiducia in niente e nessuno.Eppure ho solo 23 anni. Enon ho visto niente.Ma ho conosciuto benel'umiliazione di essereuna studentessa universi-taria che cerca casa fuorisede, che cerca un lavoroonesto retribuito in ma-niera onesta.Questo è l'ultimo articoloche parlerà dell'attuale si-tuazione del nostro Paese.Non intendo proseguire ol-tre. A cosa serve se nessunovuol capire?

della scelta finale. Il 2 di-cembre del ’38 il suo corpoviene trovato a Milano, ver-so Chiaravalle. Si era toltala vita. Il suicidio (tragicafine comune a molte poe-tesse a lei contempora-nee,ma anche ad altri poe-ti di ogni epoca), più che adun atteggiamento romanti-co-crepuscolare, è legato alnaufragio della persona-lità, alla difficoltà creataledalla coincidenza della suanatura appassionata, fem-minile, con la sua animaaristocratica, di intellettua-le e poeta, chiusa e rifiuta-ta da un mondo che nontrova spazio per una donnache rinuncia al suo ruolotradizionale. Le sue scon-fitte personali si inserisco-no in quelle più ampie del-la crisi del buio periodostorico che sta conducendol’Italia alla seconda guerramondiale. Vive una disfat-ta in cui perde ogni illusio-ne d’amore e diviene con-sapevole di non essere sta-ta mai amata per sé, ma so-lo e sempre per una sortadi maschera che ha dovutoindossare per essere accet-tata.

“Vita”

Alle soglie d'autunnoin un tramonto

mutoscopri l'onda del tempo

e la tua resasegreta

come di ramo in ramoleggero

un cadere d'uccellicui le ali non reggono più

Mirafiori.Questa è la goccia che hafatto traboccare il vaso. Chemi ha fatto capire che ormaic'è poco da fare. Che questasocietà non cambia, noncambia. E loro, i politici,non la cambiano.Mi sembra di fare un'orribi-le citazione al discorso del-la vedova di Vito Schifani.

Mirafiori.Ogni parola di unpolitico, mi sem-brava una violenzaalla mia vita. Io fi-glia di un operaio.Li avete sentiti par-lare i nostri “ono-revoli”? Ma come possiamoancora essere cosìciechi di fronte atutto questo? Dobbiamo preten-dere di più!Moriamo per soli1200 euro al mese,quando va bene.Oppure moriamodi fame lavorandoin nero per cercare

di mettere insieme il pran-zo con la cena.E lasciamo che ci prendanoin giro, che ci umilino. Eppure non si può alzarela voce. Perché se si alzasiamo violenti. Terroristi.Figli degli antichi ideali.Comunisti.Come finiremo?Che ne sarà di noi?Se qualcuno avrà il coraggiodi rispondere a quest'artico-lo, io lo aspetto. E lo aspet-to con sincera devozione.Saluti da Twin Peaks.

SE STESSOMi sta venendo un com-plesso di superiorità tan-to che dico: "Meno ma-le che ci sono io". Nonso un altro che cosaavrebbe fatto. Nessunoavrebbe potuto fare me-glio di quello che abbia-mo fatto noi.Su Napoleone ovvia-mente scherzavo: io sonoil Gesù Cristo della po-litica, una vittima, pa-ziente, sopporto tutto, misacrifico per tutti.Hanno fatto una provaanche su di me, sullamia funzionalità cere-brale e fisica e hannodeciso che sono un mira-colo che cammina.

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Scuola a cura di Maura Donati

Il 23 dicembre 2010 il Sena-to ha dato il via libera defin-itivo al ddl Gelmini, ap-provato con 161 voti fa-vorevoli, 98 contrari e 6 as-tenuti. Hanno votato a fa-vore Pdl, Lega e Fli, mentrePd e Idv hanno votato con-tro. Si sono astenuti (anchese al Senato vale come votocontrario) Udc, Api, Svp eUnion Valdotaine. Si chiudecosì l’ultimo atto di una sto-ria che molti avevano im-maginato diversamente eper cui è continuata e con-tinuerà una forte contrap-posizione tra favorevoli econtrari, maggioranza e op-posizione, fautori di unascuola più snella e merito-cratica e sostenitori di unascuola pubblica dove ildiritto all’istruzione vieneprima di tutto. Forte, an-corché annunciata, è statala risposta dei giovani chesono scesi in piazza percontinuare a manifestare suquello stesso fronte che licontraddistingueva ormaida mesi. Ma in questo con-testo non consideriamo gliestremisti che “spaccanotutto” e fanno solo chiassoe creano confusione, par-liamo invece dei giovani chehanno continuato ad “esser-ci” nonostante tutto, pacifi-camente e con la voglia diaffrontare con maturità e

pubblica, Giorgio Napoli-tano, ha firmato e promul-gato la legge di riforma del-l'università approvata dalParlamento il 23 dicembre,rilevando però la presenzadi “criticità” nel testo. Inuna lettera al Presidente del

Consiglio dei Ministri ilcapo dello Stato auspica in-fatti che “con successivalegislazione ministeriale” sirisolvano le “talune critic-ità” riscontrate nel testo.D’altronde, già in occasionedell'approvazione dellalegge in Senato, il Quirinaleaveva espresso dubbi su al-cune incongruenze tecnichedel testo, poi specificatenella lettera, dove si sol-

lecita il governo a un con-fronto con tutte le parti persuperare le criticità che per-mangono nel testo. Napoli-tano, poi, ricordando il fati-coso percorso della riforma,auspica che “il governoricerchi un costruttivo con-fronto con tutte le parti in-teressate" consegnando ilconfronto/scontro alla suc-cessiva fase dei decreti at-tuativi. Intanto, nel det-taglio delle criticità, il pres-idente della Repubblica fariferimento all’articolo cheriguarda la concessione diborse di studio anche subase della "appartenenzaterritoriale". Punto volutodalla Lega nord nella rifor-ma e considerato dal Quiri-nale a rischio incostituzion-alità. Un altro riferimento èpoi quello al “sottofinanzi-amento del sistema univer-sitario italiano” rispetto al-la media europea. Questo emolto altro rappresentanoper l’opposizione al Gover-no delle considerazione digrande rilievo, per la Gelmi-ni “non costituiscono unacritica di sostanza” alla suariforma: “osservazioni nonsu punti importanti”. Intan-to, gli studenti non sono ri-masti sorpresi della firmadel presidente Napolitanoche, anzi, dicono: “ha fattoil suo dovere” di ascoltare,considerare le diverse vociin campo e dare il proprioimportante contributo. “Abloccare la riforma Gelminidovranno essere gli studen-

rispetto quello che per loroe per tanti è un problema.Per questo, i rappresentan-ti delle varie facoltà univer-sitarie hanno ottenuto ilpermesso di poter dialoga-re con il presidente dellaRepubblica Giorgio Napoli-tano che li ha “ascoltati perun’ora e mezza con inter-esse vero, quando ancoranessuno lo aveva fatto – hadichiarato uno dei giovaniai microfoni di un giornal-ista del quotidiano La Re-pubblica - ha visto chisiamo, noi, il movimento,perché contestiamo questariforma dell'università, per-ché siamo convinti che cistiano depredando del fu-turo, perché non solo tra igiovani ma in tutto il Paeseci sia una rabbia che crescee può esplodere. Eravamonel suo studio, al primo pi-ano del Quirinale, ancoravestiti come alla manifes-tazione, noi e il presidentedella Repubblica, alla fine diuna giornata incredibile, èstato emozionante, ma lavera emozione è stata final-mente l'essere ascoltati”.Quello che più colpiscedalle parole di questi gio-vani che a vario modo e at-traverso media diversi han-no espresso le proprie opin-ioni, è la piacevolezza nelconstatare che finalmente

qualcuno si dimostra pron-to ad ascoltare. Non perchédeve ma perché vuole esente che è la cosa giusta dafare. “Non sappiamo seNapolitano firmerà o no –ha detto uno dei giovani in-tervistati - noi però abbi-

amo avuto il tempo dimostrare al Presidente tuttele mostruosità di questalegge, i chiari elementi di in-costituzionalità. Ma la con-versazione al Quirinale èstata importante perché hadato riconoscimento almovimento degli studenti,che altri avevano criminal-izzato”. Poi la storia laconosciamo: il 30 dicembre2010 il Presidente della Re-

131FOLIGNO

ti, i dottorandi, i precari, iricercatori, i tecnici-ammin-istrativi, tutti coloro chevivono sulla propria pelle iproblemi della precarietà eil furto di futuro operato daquesta riforma''. Più voltegli studenti si sono espres-si secondo un concetto benpreciso: spostare la mobili-tazione dal Parlamento ver-so il Governo che accoglierài decreti attuativi, e verso gliatenei che adegueranno glistatuti universitari alla nuo-va legge. Il compito deglistudenti sarà quello di pro-durre un cambiamento dalbasso chiedendo fin dasubito ai rettori di disobbe-dire e proponendo statutiuniversitari in grado dibloccare la riforma. Il primopasso in questa direzione èstata la decisione di parteci-pare allo sciopero generaledi tutti i lavoratori pubblicie privati indetto dai Cobasper il 28 gennaio. “Conquesto sciopero – si legge inun comunicato stampa deiCobas - va messo in campoil più ampio fronte socialeper battere l’arroganzapadronale e governativa,smascherare la finta ‘oppo-sizione’ parlamentare e isindacati collaborazionisti,per riconquistare i posti dilavoro, il reddito, le pen-sioni, l’istruzione e le altrestrutture sociali pubbliche,i beni comuni, i diritti politi-ci, sociali e sindacali. Lacrisi sia pagata da chi l’haprovocata”.

FEBBRAIO 2011

Discriminazione agli studenti disabili:condannato il Ministero della Gelmini

Nel novembre del 2010,quando il ddl Gelmini stavaormai per essere approvatodefinitivamente, diciassettegenitori di bambini disabilisi sono uniti per far valereun loro diritto: le giuste oredi sostegno scolastico per ipropri figli. Questo piccologruppo di genitori (suppor-tato dalla competenza degliavvocati del servizio legaleLedha - Lega per i diritti del-le persone con disabilità - edell'associazione Avvocatiper Niente) ha capito l’im-portanza di muoversi in ma-niera unita e compatta e hadepositato in procura un ri-corso contro il Ministero del-l’Istruzione, l’Ufficio scola-stico regionale e quello pro-vinciale. Motivo: la diminu-zione delle ore di sostegno,ridotte fino al 50% dall’ulti-ma Finanziaria.All’inizio del 2011, i timoridi questi genitori si sono tra-sformati in realtà. Il ministroMariastella Gelmini aveva in-fatti promesso l’aumentodegli insegnanti da affianca-re agli studenti con disabi-lità ma, in realtà, le famigliehanno assistito al drasticotaglio delle ore di sostegno.Da qui la decisione del ricor-so supportata dalla convin-zione che la scarsità delle ri-sorse non potesse giustifica-re la lesione di un dirittofondamentale come quelloall’istruzione.Ebbene, la loro convinzionedi genitori coscienziosi e re-sponsabili è stata supporta-ta dalla legge: i giudici han-no dichiarato “accertata lanatura discriminatoria del-la decisione delle ammini-strazioni scolastiche di ri-durre le ore di sostegno

scolastico per l’anno in cor-so rispetto a quelle fornitenell’anno scolastico prece-dente (2009-2010)”.Una vittoria di rilevanza na-zionale e capace di far riflet-tere con amarezza sulla con-dizione di precarietà in cuiversa il mondo scolastico e idiritti che lo sorreggono “al-meno in teoria”. Al contem-

po, però, una vittoria chemette in luce l’importanzadel “fare rete” usando glistrumenti legali a disposi-zione. Come si può leggerenel provvedimento, il giudi-ce dopo aver accertato "lanatura discriminatoria delladecisione delle amministra-zioni scolastiche di ridurrele ore di sostegno scolasti-co”, ordina alle amministra-zioni convenute "la cessazio-

ne della condotta discrimi-natoria e condanna i conve-nuti, ciascuno per le rispet-tive competenze, a ripristi-nare, entro trenta giorni dal-la comunicazione della pre-sente ordinanza, per i figlidei ricorrenti il medesimonumero di ore di sostegnofornito loro nell'anno scola-stico 2009/2010". "Al di là

del risultato (che già più vol-te i Tar di tutta Italia aveva-no garantito) - commental'avvocato Gaetano De Luca,del servizio legale Ledha,che in prima persona ha se-guito il ricorso - si tratta diun provvedimento storico.Per la prima volta in Italia unTribunale ha ritenuto che l'i-nadeguata ed insufficienteassegnazione delle ore di so-stegno costituisce una vera e

propria discriminazione adanno degli alunni con disa-bilità e non solo una lesionedel diritto allo studio e all'in-clusione scolastica. Si trattadi una vittoria totale che rap-presenta una svolta nella tu-tela dei diritti degli alunnicon disabilità". Per ottenerequesto traguardo si è fattoriferimento ad una legge del-lo Stato, la legge 67 del 2006,che stabilisce che "le perso-ne con disabilità non posso-no essere discriminate ri-spetto ai diritti fondamenta-li". Tra questi, ovviamente, ildiritto all'istruzione. Inoltre,Un ruolo non indifferentenella decisione del Tribuna-le è stato giocato dal riferi-mento ai principi e ai valorisanciti dalla ConvenzioneONU per i diritti delle perso-ne con disabilità, ratificatadal Parlamento italiano il 24febbraio 2009, che cominciaperciò ad essere un riferi-mento normativo impre-scindibile. "L'importanza diquesto risultato va oltre ilcontenuto del ricorso - af-ferma Fulvio Santagostini,Presidente Ledha - un primosegnale forte della ratificadella Convenzione ONU e ilriconoscimento del princi-pio di non discriminazionecontenuto in essa. Per la pri-ma volta in Italia, in materiadi inclusione scolastica, vie-ne utilizzata la legge 67, chesancisce la possibilità per lepersone con disabilità e fa-miliari di presentare diretta-mente ricorso congiuntocon le associazioni. Ciò co-stituisce un fattore distraordinaria importanzasenza precedenti".

“Il Presidente della Repubbli-ca, Giorgio Napolitano, ha og-gi promulgato la legge recan-te "Norme in materia di orga-nizzazione delle università, dipersonale accademico e reclu-tamento, nonchè delega al Go-verno per incentivare la qua-lità e l'efficienza del sistemauniversitario". Il Capo delloStato - si legge in una nota dif-fusa dal Quirinale- ha conte-stualmente indirizzato la se-guente lettera al Presidentedel Consiglio dei Ministri: “Pro-mulgo la legge, ai sensi del-l'art. 87 della Costituzione,non avendo ravvisato nel testomotivi evidenti e gravi perchiedere una nuova delibera-zione alle Camere, correttivadella legge approvata a con-clusione di un lungo e faticosoiter parlamentare. L'attuazio-ne della legge è del resto de-mandata a un elevato nume-ro di provvedimenti, a mezzodi delega legislativa, di regola-menti governativi e di decretiministeriali; quel che sta peravviarsi è dunque un proces-so di riforma, nel corso delquale saranno concretamen-te definiti gli indirizzi indicatinel testo legislativo e potrannoessere anche affrontate talunecriticità, riscontrabili in parti-colare negli articoli 4, 23 e 26.Per quel che riguarda l'artico-lo 6, concernente il titolo diprofessore aggregato - purnon lasciando la norma, daun punto di vista sostanziale,spazio a dubbi interpretatividella reale volontà del legisla-tore - si attende che ai fini diun auspicabile migliore coor-dinamento formale, il gover-no adempia senza indugio al-l'impegno assunto dal Mini-stro Gelmini nella seduta del21 dicembre in Senato, even-

tualmente attraverso la sop-pressione del comma 5 dell'ar-ticolo. Per quanto concernel'art. 4 relativo alla concessio-ne di borse di studio agli stu-denti, appare non pienamen-te coerente con il criterio delmerito nella parte in cui pre-vede una riserva basata an-che sul criterio dell'apparte-nenza territoriale. Inoltre l'art.23, nel disciplinare i contrattiper attività di insegnamento,appare di dubbia ragionevo-lezza nella parte in cui ag-giunge una limitazione ogget-tiva riferita al reddito ai requi-siti soggettivi di caratterescientifico e professionale. In-fine è opportuno che l'art. 26,nel prevedere l'interpretazio-ne autentica dell'art. 1, com-ma 1, del decreto legge n. 2del 2004 sia formulato in ter-mini non equivoci e corrispon-denti al consolidato indirizzogiurisprudenziale della CorteCostituzionale. Al di là del pos-sibile superamento - nel corsodel processo di attuazione del-la legge - delle criticità relati-ve agli articoli menzionati, re-sta importante l'iniziativa chespetta al governo in esecuzio-ne degli ordini del giorno Val-ditara e altri G 28.100, Rusco-ni ed altri G24.301, accolti nel-la seduta del 21 dicembre inSenato, contenenti precise in-dicazioni anche integrative -sul piano dei contenuti e dellerisorse - delle scelte compiutecon la legge successivamenteapprovata dall'Assemblea.Auspico infine che su tutti gliimpegni assunti con l'accogli-mento degli ordini del giornoe sugli sviluppi della comples-sa fase attuativa del provvedi-mento, il governo ricerchi uncostruttivo confronto con tut-te le parti interessate".

La riforma dell’università è legge

Testo della notadel Presidente Napolitano

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Corrispondenze, Sport e Cucina141 FOLIGNO

Tartellette alle fragole per10 personeDifficoltà ++Tempo di preparazione 60minutiIngredienti: gr 500 pastafrolla, lt. 1/2 crema pastic-cera, gr 500 fragole, una bu-stina di gelatina per dolci,gr 50 zucchero a velo.Procedimento: stendere lapasta frolla e disporla inpiccoli stampini da forno diforma circolare, cuocere a180° per circa 10 minuti.Sformare le tartellette, al

centro di ognuna mettereun fiocchetto di crema, unafragola e spennellare con lagelatina, precedentementesciolta, cospargere i bordicon zucchero a velo.Pasta frollaIngredienti: gr 500 farina, gr300 burro, gr 200 zucchero,3 uova (2 tuorli e un uovointero), grattugiata di limo-ne, una bustina di vanillina,un pizzico di sale.Procedimento: disporre lafarina a fontana, intorno adessa mettere il burro a pic-coli fiocchi, leggermenteammorbidito, aggiungere leuova, lo zucchero, la grattu-

LA RICETTA DEL MESE: TARTELLETTE DI FRAGOLE E STRUDEL DI PERE

giata di limone, il pizzico disale e la vanillina, impasta-re sino ad ottenere un com-posto liscio ed omogeneo.Lasciare riposare la pasta infrigorifero per circa 2 ore.

CALCIOA7 UISP ALGIRODIBOA S. ERACLIOLACITTÀDELCARNEVALE

Redazione: Via della Piazza delGrano 1106034 Foligno (PG) tel. 0742510520Mail:[email protected] tribunale di Perugian° 29/2009Editore: Sandro RidolfiDirettore Editoriale: Sandro RidolfiDirettore Responsabile: GiorgioAuriziDirettore Sito Internet: Andrea TofiStampa: Dimensione Grafica, viadelle Industrie 21, SpelloChiuso in redazione il 25/1/2011Tiratura: 3.000 copiePeriodico dell’Associazione “Luciana Fittaioli”

Fervono i preparativi nel nuo-vo laboratorio carri a Sant’E-raclio. Costumi, carri allego-rici e maschere di carta pestasi apprestano a sfilare, comeogni anno, lungo le vie delpaese. E non potrebbe esserealtrimenti: festeggiare il Car-nevale a S.Eraclio è una tradi-zione che si ripete dalla metàdel ‘500. Una cronaca del1542 narra che “nell'ultimogiorno di Carnevale alcuniabitanti del castello di S.Era-clio si recarono per le stradecon pifferi e trombette”. Al-l’epoca l'autorità ecclesiasti-ca cercò di contrastare la ma-nifestazione, ma la sponta-neità ed il temperamento del-la gente fecero sì che nel gior-no di martedì grasso del1762 una trentina di abitantidi S.Eraclio violarono in for-ma aperta il divieto, riunen-dosi con violini per le stradedel castello e ballando fino al-la mezzanotte. Il Carnevaleriprese così alla grande. I par-tecipanti si mascheravano,giocavano, ballavano, assiste-vano a varie rappresentazio-ni musicali e teatrali. Gli ulti-mi giorni accorrevano a S.Era-clio persone da Foligno e dapaesi limitrofi, ma anche dacittà distanti come Assisi eSpoleto. Il Carnevale vennesospeso nel 1765 e 1766, mapoi ricominciò vivacementearrivando fino al secolo scor-so, quando fu interrotto nuo-vamente durante i conflittimondiali. Il primo Comitatodel Carnevale di S.Eraclio, co-stituitosi nel 1953, diede vitaa quattro edizioni dal 1954 al1957. Solo nel 1961 il Comi-tato si costituì sotto la sigla

del “Carnevale dei Ragazzi”(che nel 2001 diventa asso-ciazione di volontariato), sidiede uno statuto, conferì al-la manifestazione una solidastruttura organizzativa e riu-scì a coinvolgere un gruppodi persone che la sera, dopol'orario di lavoro, si ritrovavaper creare insieme un impa-sto di divertimento, musica,folclore e spettacolo. Ed è an-cora oggi, grazie ai “carneva-lari”, che si rinnova ogni an-no la tradizione di questo ter-ritorio con la creazione dicarri allegorici ispirati ai car-toni animati più conosciuti, apersonaggi storici o fantasti-ci, ai vizi ed alle virtù degliitaliani, accompagnati dagruppi mascherati a terra chenell’arco di tre domeniche co-lorano il paese con scherzi ecoriandoli. Per l’edizione2011 sfileranno sei carri alle-gorici: il primo rievoca un fa-moso film campione di incas-si ai botteghini nell’anno ap-pena conclusosi; il secondoanticipa un nuovo cartoon inuscita nelle sale cinematogra-fiche nella prossima primave-ra; il terzo prende spunto daipopolari film comici in bian-co e nero; il quarto realizzauna specie di circo itinerantee di palco teatrale che modi-fica continuamente la suastruttura ed il suo aspetto; ilquinto rende omaggio ai cin-quant’anni del Carnevale ed ilsesto celebra l’anniversariodei 150 anni dell’unità d’Ita-lia enfatizzando i due simbo-li davanti ai quali tutti si rico-noscono italiani: Garibaldi edil Calcio. Certo è che per par-tecipare all’allestimento delCarnevale non c’è bisogno diprofessionalità particolari, èsufficiente dare libero sfogo

alla fantasia ed esprimere lavolontà di realizzare qualco-sa per il proprio territorio.C’è posto per le più variegatecapacità: si inizia con la pro-gettazione delle strutture inferro, si passa dalla lavora-zione della creta per dar vitaagli stampi in gesso alla tec-nica della carta pesta e sigiunge infine alla colorazionee rifinitura dei carri. Da di-versi anni però la realizzazio-ne dei carri e dei costumi nonè l’unica attività svolta dalCarnevale. Infatti, alcuni vo-lontari dell’associazione,coinvolgendo i ragazzi dellescuole elementari, vestono ilruolo di “maestri della carta-pesta” ed insegnano ai picco-li partecipanti a creare con leproprie mani maschere diogni dimensione. Non solo, ilCarnevale in collaborazionecon altre associazioni, orga-nizza all’interno del castellodei Trinci uno spettacolo tea-trale itinerante, dove i bambi-ni diventano protagonisti,senza dimenticare l’Aca-demyCircus, il laboratorio digiocoleria che forma i futuritrampolieri e mangiafuocodel Carnevale, oltre a tutte lealtre manifestazioni collate-rali che vengono organizzateogni anno. Il Carnevale èpronto per festeggiare i suoicinquant’anni nelle domeni-che del 20, 27 Febbraio e 6Marzo facendo sfilare i carriallegorici di carta pesta, con-tornati da maschere, musicae bande, per concludere conuno magico spettacolo piro-tecnico immerso nella corni-ce del paese, il tutto accom-pagnato dai tipici piatti del-l’Osteria del Carnevale che re-sterà aperta per tutto il perio-do della manifestazione.

Strudel di pere per 10 per-soneDifficoltà +Tempo di preparazione 40minutiIngredienti: gr 500 pasta dastrudel, kg 1 pere, gr 100burro, gr 150 zucchero, gr50 pane grattato, scorza dilimone.Procedimento: sbucciare lepere, tagliarle a tocchetti epassarle in padella con ilburro, lo zucchero, il panegrattato. Stendere la pastamolto sottile su di un cano-vaccio, incorporare il com-posto di pere, aggiungere illimone grattato e arrotolare

www.piazzadelgrano.org FEBBRAIO 2011

Dopo la lunga sosta per le fe-stività natalizie e di fine an-no, torna in scena il torneo dicalcio a 7 UISP. Con la dispu-ta delle partite della dodice-sima giornata, il campionatogiunge ad esaurire metà per-corso e tra conferme e smen-tite,qualche sorpresa e qual-che delusione, la graduatoriasembra assumere une fisio-nomia ben definita, con alcu-ne compagini che sembranoormai destinate a recitare unruolo di primo piano da quial termine della stagione, al-tre che sembrano ormai rele-gate a ruolo di comprimariee altre ancora che sembranoessere attardate rispetto aquelle che erano le aspettati-ve e le previsioni della vigilia,prima fra tutte l'ex-campioneuscente Pizzeria Pietrarossa.Va detto, però, che, comenella migliore tradizione diquesto torneo, la classificamolto corta e l'assenza verae propria di compagini domi-nanti con una continua alter-nanza al comando, potrebbe-ro consentire alle squadremeglio attrezzate di risalirela classifica e presentarsi al-la volata finale nelle posizio-ni di vertice.Intanto,passan-do ad analizzare la situazio-ne nel dettaglio, il nuovo an-no ci ha consegnato una nuo-va classifica, con l'ennesimoribaltone in vetta dove oratroviamo il tandem compo-sto da Beautyglobal - che oradiventa complicato conside-rare "solo" una sorpresa - eBacaro Parrucchieri - an-ch'essa autentica rivelazionedella stagione. Già il turnopre-natalizio, l'ultimo primadella sosta aveva già assesta-to uno scossone alla testadella classifica con il succes-so nel big-match della gior-nata proprio di Beautyglobalai danni della capolista AssoComputer, vittoria alla qualefaceva eco la puntuale affer-

mazione di Bacaro Parruc-chieri su S.Magno Caffè e,conaltrettante vittorie nei suc-cessivi due turni del nuovoanno, le due compagini viag-giano appaiate al comandodella classifica.L' Asso Computer non sem-bra aver risentito più di tan-to della battuta d'arrestocon Beautyglobal nel con-fronto diretto e ottiene duefranchi successi rispettiva-mente con Borroni e Quinta-nella Scafali e, con una par-tita da recuperare e con solodue punti di distanza dallacoppia di testa, può ancoraagganciare la vetta. Subitoalle spalle di Asso Compu-ter, troviamo Old Stars che siconferma complesso solidoed affidabile,a dispetto del-la perdita, rispetto alla scor-sa stagione,di elementi di as-soluto valore. Peccato per l'i-natteso scivolone nell'ulitmagiornata contro un avversa-rio - Bar Polly - che sembra-va ampiamente alla portatadella compagine montefal-chese. Continua l'ottimo tor-neo di Cecconi Impianti,set-te punti nelle ultime tre gare.La squadra si insedia allaquinta piazza a due distanzeda Old Stars ma con un tur-no in più da disputare. Sem-bra aver smarrito la brillan-tezza di inizio annata M.B.System il cui ruolino di mar-cia, nelle ultime due uscite,

PAOLO AZZARELLI

ELISA BEDORI

ANTONIETTA STADERINI la pasta su se stessa aiutan-dosi con il canovaccio.Spennellare la parte supe-riore con poco burro fuso.Cuocere in forno a 180° percirca 30 minuti.Pasta da strudelIngredienti: gr 500 farina, gr100 zucchero a velo, un piz-zico di sale, un bicchiere diolio di semi, acqua q.b.Procedimento: disporre lafarina a fontana, intornoad essa mettere lo zucche-ro e la centro il pizzico disale, l'olio e infine impasta-re con l'acqua sino ad otte-nere un composto morbi-do, liscio ed elastico.

CLASSIFICA

BEAUTYGLOBAL 29BACARO PARRUCCHIERI 29ASSO COMP.–MASSAGGIO 27 OLD STARS 25CECCONI IMPIANTI 23M.B. SYSTEM 22SILVY'S UNITED 19NUOVA STELLA ROSSA 18FORNO NOCERA UMBRA 18MOJITO F.C. 17BAR POLLY 16ARCI BAHIA 15SPARTAK FOLIGNO 14ECOSUNTEK GUALDO T. 14SAN MAGNO CAFFE' 13PORCO ALEGRE 13BORRONI 12GUS TEAM 11QUINTANELLA SCAFALI 11PIZZERIA PIETRAROSSA 10EQUILIBRI ESTETICA 10PLANET CAFFE' 7A.D SERVICE 4

recita un roboante successosu Gus Team ma anche un'i-nopinata battuta d'arrestocon Arci Bahia, match dalquale era lecito attendersiqualcosa di più. Continua adeludere parzialmenteSilvy's United che dopo averbeneficiato di una vittoriaper forfeit, travolge FornoNocera Umbra (9-4) ma si fasorprendere contro ognipronostico dal modestoSpartak Foligno. Da segnala-re per i nerocelesti gli ormaiendemici problemi di orga-nico che sembrano da sem-pre attanagliare la compagi-ne di via Nobile. Esce dallazona play-offs il Porco Ale-gre per via di due sconfittenelle ultime tre uscite, par-zialmente corroborate dallanettissima affermazione sulderelitto A.D. Service, capa-ce peraltro di una piccolaimpresa avendo imposto ilpari ad Ecosuntek Gualdo,altro team quest'ultimo chesembrava destinato ad un al-tro ruolo, soprattutto dopole ottime premesse delloscorso torneo. Ma la compa-gine gualdese sembra far fa-tica a ritrovarsi e galleggia aimargini della zona play-offsrimanendo,almeno per ilmomento, fuori.

Al via dal 20 Febbraio la cinquantesima edizionedel Carnevale più antico e famoso dell’Umbria.

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Spettacoli ed eventi a cura di Piter Foglietta

È davvero un bellissimo tra-guardo quello raggiuntodagli Amici della Musica diFoligno che si apprestano afesteggiare i trent’anni di at-tività, da quando la primaStagione fu messa in piedicon entusiasmo e determi-nazione dal presidentefondatore Antonino Scarcel-la nel 1981. D’obbligo quindiuna Stagione Concertisticache si annuncia davvero stra-ordinaria, con concerti e mu-sicisti di grande spessore elevatura artistica che porter-anno la città a vivere momen-ti musicali degni dei più gran-di teatri del mondo. Solo perfare due nomi, saranno aFoligno musicisti dellacaratura di Shlomo Mintz edel pianista Ramin Bahrami.Ben 18 gli eventi in program-ma, tra concerti, conferenze,proiezioni, senza dimenti-care l’ormai attesa “uscita”per ascoltare l’opera in unteatro lirico nazionale. Quin-di, come ormai di consueto,anche la Stagione 2011, sep-pur incentrata sul genereclassico, si propone ad unpubblico di varia provenien-za musicale, inserendo even-ti per così dire “di confine”.Quest’anno poi l’Associ-azione non poteva non dareanche il proprio piccolo con-tributo ad un altro importan-tissimo anniversario, quello

Ragni e il concerto il Mazziniin esilio. Musica da cameradel Risorgimento con mu-siche da camera del Risorgi-mento (Rossini/Carulli, Giu-liani, Mazzini/d’Ettorre, Pa-ganini). Si arriva quindi al 27e 28 marzo con un doppioappuntamento per la con-ferenza Risorgimento al cin-ema e la proiezione del filmSenso di Luchino Visconti acura del giornalista rai, au-tore televisivo e regista NinoCrescenti. La serie dedicata al150° dell’Unità d’Italia si con-clude con un altro appunta-mento d’eccezione, che siaprirà il 27 maggio con laconferenza di QuirinoPrincipe celebre musicologo,giornalista, poeta italiano,critico del Sole24ore, che par-lerà di Manzoni e Verdi: duegrandi protagonisti della sto-ria italiana in tempi risorgi-mentali, a cui farà dagrandiosa controparte musi-cale il giorno successivo, 28maggio, un altro evento asso-lutamente da non perdereche vedrà protagonistil’Orchestra Sinfonica e ilCoro Sinfonico di Milano“Giuseppe Verdi” con un cap-olavoro della nostra musicache è la Messa da Requiem diVerdi. E sono solo 4, dei 18eventi che si susseguirannoda gennaio a dicembre e chenon mancheranno talvolta di

sorprendere portando inqualche caso una nota, è pro-prio il caso di dirlo, “suigeneris” Ecco allora l’appun-tamento del 4 marzo che ve-drà sul palco dell’Auditoriumun idolo delle giovani gener-azioni, ma amatissimo un po’da tutti, ELIO (senza le storietese), ma con un gruppo ded-icato a Gian Burrasca, mu-siche di Nino Rota, regia diLina Wertmuller che sarà pre-sente allo spettacolo. Si parteinvece per il Teatro delleMuse di Ancona, il 6 marzoper l’opera il Don Pasquale diDonizetti. Torna poi il Con-certo di Pasqua, il 18 aprilecon l’Orchestra Camerata delTitano e i Melodi Cantoresche eseguirà il Messiah diHändel. Domenica 8 maggiosarà la volta dell’Integrale deiTrii di Schumann e Brahms -III concerto nell’esecuzionedel Trio Modigliani, La parteestiva del cartellone prendeavvio il 21 giugno con lapartecipazione alla GiornataEuropea della Musica e l’Inte-grale delle Sonate diBeethoven - I concerto (Fran-co Mezzena violino, StefanoGiavazzi pianoforte). Ancoraun concerto di grande godi-bilità nato per la prima voltain collaborazione conCantieDiscanti “Foligno

del 150ennale dell’Unità d’I-talia da cui è nato il “Proget-to Risorgimento 1861-2011”interamente rivolto alla cul-tura musicale italiana dellaprima metà dell’Ottocento”.Otto eventi tra musica e in-terventi critici organizzato incollaborazione con la Cassadi Risparmio di Foligno e laFondazione Cassa diRisparmio di Foligno, apertoa tutti gli amanti della musi-ca, ma rivolto in particolare

agli studenti degli Istituti diIstruzione Secondaria Superi-ore della città. Critici musi-cali, musicologi, registi,saranno i protagonisti diquattro conferenze (PalazzoTrinci) che anticiperanno iconcerti (Auditorium SanDomenico). E sarà propriouno di questi appuntamentiad inaugurare in modo a dir

poco eccezionale il cartel-lone, con l’arrivo all’Auditori-um San Domenico sabato 15gennaio, alle 21, uno dei piùacclamati violinisti e direttoridel nostro tempo, lo straordi-nario Shlomo Minz. Il giornoprima, il 14, a Palazzo Trinci,alle 17, sarà il critico musi-cale Sandro Cappelletto ilprotagonista della conferen-za Beethoven: la rivoluzionedella musica. Paganini: uncarbonaro virtuoso. E non ci

sarà soluzione di continuitàtra prima e dopo perché pro-prio Paganini e Beethovenverranno eseguiti dal grandeviolinista. Non saranno certodi minor tenore gli altri ap-puntamenti del Progetto chevedranno susseguirsi il 19febbraio la conferenzaFilosofia della musica diGiuseppe Mazzini di Stefano

Stagione ConcertisticaAmici della Musica Foligno 2011

151FOLIGNO

World Festival” che porterà il20 luglio la Stagione concer-tistica alla Corte di PalazzoTrinci dove giungerà uno deigrandi maestri dellatradizione partenopea PeppeBarra in concerto. La canzonenapoletana dal Settecento adoggi. Sempre Corte di Palaz-zo Trinci il 4 agosto per unaproposta interamente vocale:The Man I Love. Songs, arie eduetti d’America (MariaGabriella Landers soprano,Brian Dore baritono). Data dafissare bene in mente quelladi domenica 16 ottobre chevedrà niente di meno che l’ar-rivo del celebrato pianista ira-niano, tra i migliori al mondo,Ramin Bahrami, protagonistacon Sandro Cappelletto delracconto-concerto, in primaesecuzione assoluta, Una cu-ra contro l’insonnia: le Vari-azioni Goldberg di JohannSebastian Bach. Omaggio aLizst, in occasione del 200°della nascita, con la conferen-za-concerto del 13 novembreL’anima che vola, con la pi-anista Maria Gloria Ferrari. LaStagione 2011 si chiude l’11dicembre con Allegrini incon-tra Tetraktis (Alessio Allegri-ni corno e Tetraktis Percus-sioni) con musiche di Rota,Cage, Panfili, Piazzola, G.Sol-lima, Bernstein/Gershwin.

FEBBRAIO 2011

La programmazione del mesedi Giovedì al Cinema

5 febbraioMACHANdi Uberto Pasolini (SriLanka 2008, 122’)[…] all’esordio, il cineastaitaliano Pasolini (Uberto)sceglie come set lo SriLanka, una bidonville aColombo, per una comme-dia istruttiva. Senza soldie senza prospettive, duegiovani disperati, Manoj eStanley, trovano in un tor-neo di palla a mano in Ba-viera l’occasione di un bi-glietto verso l’Occidente.Senza la più pallida ideadel gioco della palla a ma-no, allestiscono un’impro-babile nazionale dello SriLanka con amici, credito-ri, poliziotti e immigratianche di altre nazionalità.Riescono a partire, manon è facile giocare e vin-cere […]

12 febbraioODGROBADOGROBAdi Jan Cvitkovic (Slove-nia/ Croazia 2005, 103’)[…] miglior film ai Festi-val di San Sebastián e To-rino nel 2005, distribuitonelle sale soltanto ora,questo film dell’archeolo-go Jan Cvitkovic, che amai libri e si annoia al cine-ma, oscilla tra il drammae la commedia, tra Kustu-rica e Kaurismäki. Al suoterzo lungometraggio ilregista sloveno raccontala storia di Pero, trenten-ne che si guadagna da vi-vere scrivendo discorsifunebri nel cimitero delpaese, con la guerra deiBalcani ormai lontana mapresente nei corpi e nel-l’aria […] 19 febbraioSOTTO LE BOMBE

di Philippe Aractingi(Francia-Libia 2007, 99’)[…] nel 2006, il registafranco-libanese PhilippeAractingi realizza, in Liba-no, un film in mezzo allaguerra, appena dopo ilcessate il fuoco tra l'eser-cito israeliano e i militantiHezbollah. Una donna,Zeina, parte da Dubai allaricerca disperata della so-rella e del figlio. Incontraun tassista, Tony, dispostoa condurl a per trecentodollari nel sud del paese.Un viaggio di due personein una terra devastata dal-

le guerre in cui imparano aconoscersi e a guardare al-l’incerto futuro, nonostan-te lo scacco. […] 26 febbraioPA-RA-DAdi Marco Pontecorvo (Ita-lia 2008, 100’)[…] Il direttore di fotogra-fia Marco Pontecorvo (figliodi Gillo), all’esordio cine-matografico, racconta lavera storia del clown distrada Miloud Oukili, delsuo arrivo in Romania nel’92, dopo la fin di Ceause-scu, e del suo incontro coni boskettari, i bambini deitombini, che vivono randa-gi, dormono nel sottosuolodi Bucarest, nelle condottedove passano i tubi per ilriscaldamento e sopravvi-vono con furti, accattonag-gio e prostituzione. Paradaè la storia commoventedella loro amicizia […]

Kristin Jarmund (nata il 26settembre 1954) è un archi-tetto norvegese, che ha stu-diato alla Norwegian Insti-tute of Technology e l' Ar-chitectural AssociationSchool of Architecture. La Jarmund ha alle spalleuna produzione vasta epoliedrica di alta qualitàche spazia dall'architettu-ra di interni, come nel ca-so del piccolo e sofisticatochiosco in vetro di uncaffè, a strutture di grandidimensioni da adibire aduffici. Gli edifici scolasticida lei progettati mostranouno spiccato senso inno-vativo mentre le sue opereurbane sono tra le più in-teressanti realizzate inNorvegia negli ultimi anni.Lo studio di architettura"Kristin Jarmund Arkitek-ter AS", fondato nel 1985,comprende sia architettiche interior designer.La mostra – dopo un lungotour internazionale - fa tap-pa a Foligno nel prestigiosospazio di Palazzo Trinci.Dieci opere scelte dalla re-cente produzione dello stu-dio, che spazia dalla picco-la dimensione del Caffè nel-la Galleria nazionale di Osloalla molto celebrata sededell’Ambasciata norvegesein Nepal. Il successo inter-nazionale di Kristin Jar-mund, esponente della gio-vane generazione dellascuola norvegese, è sancito

dall’interesse del Museo na-zionale di arte architetturae design che ha prodotto lamostra e dal recente volu-me che contiene un bel sag-gio del critico KennethFrampton.L’incontro con l’architettu-ra di Kristin Jarmund è oc-casione preziosa e ricca distimoli per la sua forte per-sonalità di progettista cheha saputo dare alla suaopera un’impronta ricono-scibile, definita da KennethFrampton una “fresca in-terpretazione del movi-mento moderno”. La lezione dell’architetturanorvegese attraverso Kri-stin Jarmund ci spinge a ri-flettere sul ruolo dell’archi-tettura e sullo spazio del-l’architetto nella culturacontemporanea, in una fasedi profonda crisi di identità

Kristin Jarmud Architects.Select works / Opere scelte

della cultura architettonicadel nostro Paese che investel’intero settore, dalla forma-zione alla professionePromotori: Comune di Foli-gno; Ministero degli Esteridella Norvegia; Ambasciatadi Norvegia in Italia; Facoltàdi Ingegneria di Ancona; Or-dine degli Architetti di Pe-rugia; Ordine degli Ingegne-ri di PerugiaProgramma italiano a curadi Antonello Alici e France-sca ArgenteroCatalogo in vendita pressoil bookshop del Museo acura della Cooperativa Ful-ginartInformazioni e prenotazio-ni: Museo della Città, Palaz-zo Trinci, tel 0742 330584-330600 La Mostra di Archi-tettura sarà aperta fino 13febbraio 2011 a PalazzoTrinci, Sala Sisto IV

Trenta anni di attività 1981-2011 con omaggioai 150 anni dell’Unità d’Italia

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16 FOLIGNOwww.piazzadelgrano.org

FEBBRAIO 2011

«Veniamo da molto lontano e andiamo moltolontano! Senza dubbio!Il nostro obiettivo è la creazione nel nostroPaese di una società di liberi e di eguali, nel-la quale non ci sia sfruttamento da parte diuomini su altri uomini»

Palmiro Togliatti

Nacque nel 1893 a Genova,da dove, seguendo il lavorodel padre, si trasferì in Sar-degna e poi all’Università diTorino con una borsa di stu-dio vinta nello stesso con-corso con un altro sardo:Antonio Gramsci. ConGramsci, Terracini e Tascanel 1919 fondò il periodico"L'Ordine Nuovo" che guidòil movimento dei consigli difabbrica, nati sull’onda deisoviet russi, che nel “bienniorosso” occuparono e gestiro-no molte fabbriche del nordItalia. Al congresso di Livor-no del 1921 partecipò allafondazione del P.C.d'I. sezio-ne italiana della Terza Inter-nazionale Comunista (lenini-sta). Nel 1926 per sfuggirealle persecuzioni del regimefascista fuggì all'estero, aMosca. Rimase in esilio perdiciotto anni, trascorsi so-prattutto a Mosca, in qualitàdi rappresentante del PCd’Inella Terza internazionaledella quale divenne segreta-rio nel 1937. Dopo l'arrestodi Gramsci, prese le redinidel partito ormai messo fuo-rilegge dal regime dei fasci-sti. Il suo lavoro antifascistatrovò il suo culmine a parti-re dal 1935 con l'avvio dellapolitica di "unità antifasci-sta" espressa nei fronti po-polari. Fu in missione politi-ca in Spagna, come segreta-rio della Terza Internaziona-le, a sostegno della difesadel governo democratico as-salito dalla violenza di Fran-cisco Franco e alleati nazistitedeschi e fascisti italiani.Allo scoppio della secondaguerra mondiale fu arresta-to in Francia, riparò di nuo-vo in Unione Sovietica e infi-ne nel 1944 poté tornare inItalia. Sbarcato a Salerno, nelsud Italia già liberato, a sor-presa appoggiò il governo dilarghe intese di Badoglio, ac-cantonando momentanea-mente la questione istituzio-nale, con la cosiddetta “svol-

ta di Salerno”. Partecipò allastesura della Costituzione efu vice presidente del Consi-glio e Ministro della Giusti-zia. Perseguendo il disegnodella pacificazione e della ri-composizione dell’unità po-polare nazionale promossel’amnistia per i fascisti chenon erano macchiati di cri-mini particolarmente effera-ti e, a sorpresa con il fortedissenso dei socialisti e radi-cali, approvò l’art. 7 dellaCostituzione con il nuovoconcordato con il Vaticano.Alleato con Nenni nel Frontepopolare, venne sconfitto al-le elezioni del 1948 ed estro-messo dal governo. Semprenel 1948 venne gravementeferito in un attentato chescatenò una reazione popo-lare spontanea al limite del-la insurrezione che lo stessoPCI riuscì a fermare primache si risolvesse in unadrammatica guerra civile.Fedele all'Italia e all'Urss, nel1956 (VIII congresso) fu so-stenitore della "destalinizza-zione" e lanciò la linea della"via italiana al socialismo":"un regime di democraziaprogressiva che attuasse uncomplesso di riforme dellastruttura economica e socia-le, facendo accedere alla di-rezione del paese tutte leforze delle masse lavoratri-ci". Togliatti morì nel 1964 aYalta (Urss) mentre si stavaprodigando per mediare ilconflitto ideologico scoppia-to tra l’URSS e la Cina di Maoche proprio in quegli anniaveva lanciato la “rivoluzio-ne culturale” demolendo ilmodello di comunismo bu-rocratico dell’URSS di Kru-scev. Ai suoi funerali a Romaparteciparono oltre un mi-lione di persone.

Palmiro Togliattiil “Migliore”

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I

supplemento al numero 2 - Anno III - febbraio 2011 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org

PremessaCon questo inserto voglia-mo iniziare a ricordare, an-zitutto (via via la critichere-mo anche), la grande storiadel Partito Comunista inItalia. Inizieremo con breviarticoli su alcuni personag-gi ed eventi che hanno se-gnato con maggiore forzala storia del comunismoitaliano. Lo scopo è quellodi stimolare l’interesse el’attenzione su questo te-ma imprescindibile nellastoria del nostro paese equindi anche nel nostropresente e per il nostro fu-turo. In successivi insertiprocederemo a più accuratiapprofondimenti. A questofine vogliamo sollecitare ilcontributo e la partecipa-zione di quanti siano ingrado di apportare i propriricordi, documenti e cono-scenze. Gli inserti, com’èstato sempre doverosa-mente chiarito, rispecchia-no la posizione ideologicadell’editore e quindi fannoesclusivamente capo allasua responsabilità moralee, all’occorrenza, giuridica.Ciò non di meno anche gliinserti, come ogni altra ru-brica del giornale, sonoaperti alla partecipazione ecollaborazione di chiunquelo voglia e si faccia parte di-ligente nel farlo. La paginasi apre con la foto dei fon-datori del Partito Comuni-sta d’Italia sezione dell’In-

ternazionale Comunista,avvenuta a Livorno il 21gennaio del 1921.La storia del comunismo inItalia non nasce con quel-l’evento, né finisce con leleggi fasciste del 1926 chehanno sciolto (messo fuorilegge) il PCd’I, né con ilCongresso del 1991 che ha(di)sciolto il Partito Comu-nista Italiano, né tanto me-no con l’esperienza suicidadell’Arcobaleno bertinot-tiano. Del pari la storia delcomunismo in Italia noncorre solo dentro quella delpartito che ne ha portato ilnome e a volte (almeno pertaluni e non pochi) non neha invece più interpretatole idee. L’universo del pen-siero e del movimento co-munista è assai più ampio,vasto e variegato. Nel pro-cedere degli inserti cerche-remo di dare conto anchedi questo “altro” enormepatrimonio storico,

“Vivo, sono partigiano. Perciòodio chi non parteggia, odiogli indifferenti.” (Gramsci)Essere comunisti significaessere partigiani, significaavere deciso di stare conuna parte e contro un’altraparte. Stare con la parte dei“più”, con la “maggioranza”,con le grandi masse di esseriumani che vivono, o comun-que vogliono vivere una vitasostenibile e dignitosa con illavoro, con il proprio lavoro.Significa stare contro quei“meno”, quei “pochi”, quella“minoranza” che vive sullespalle e sulla pelle dellamaggioranza.La Storia, con la “S” maiu-scola è storia di scelte diparte; chi non “parteggia”,chi non sceglie e partecipan-do non si espone non solonon fa la Storia, quella conla “S” maiuscola, ma non faneppure la propria di storia,per quanto piccola sia co-munque parte dell’unicagrande Storia dell’umanità,ma si limita a sopravviveretrascinato dalla correntedelle scelte degli altri. Peressere parte occorre parte-cipare e quindi divenire par-tigiani di una idea, di unprogetto, di una speranza,di un diritto. E questo fapaura a coloro che voglionogovernare le scelte (nonscelte) degli altri. La storia ciha insegnato due scenari(perfettamente intercambia-bili in relazione alle condi-

zioni di contesto): il primo èquello di un divieto formalealla partecipazione che siesprime con la dittatura; ilsecondo è quello di unaespropriazione surrettiziadel diritto di partecipazioneche si realizza con la cosìdetta democrazia delegata.E’ in questo secondo scena-rio che emerge la figura, ir-ragionevole e antistorica,del “super partes”, di colui(coloro, persone fisiche ogiuridiche, individui o col-lettività) che non si schieracon alcuna delle parti incampo e ciò non per affer-mare e difendere una pro-pria specifica parte, ma perneutralizzare tutte le altre.Ma se è possibile che vi sia-no realmente figure, istitu-zioni, funzioni o ruoli “su-per partes”, allora vuol direche le parti in campo in real-tà tali non sono, non sonocioè antagoniste portatricidi differenti posizioni, masemplici “frazioni”, “sette”,“club” di una stessa partesostanziale. Giacomo Bro-dolini, il ministro al quale sideve lo Statuto dei Lavora-tori, non era il “Ministro delLavoro”, ma lui stesso si de-finiva il “Ministro dei Lavo-ratori”; Cordero di Monteze-molo, semmai dovesse rico-prire quella stessa carica,parimenti non sarebbe il“Ministro del Lavoro”, ma il“Ministro dei datori di lavo-ro”, cioè dei padroni. Perché

un Ministro del lavoro pos-sa qualificarsi tal quale sen-za ulteriori distinzioni, edunque sentirsi o almenoaffermarsi “super partes” ri-spetto al mondo del lavoro,occorre che lo stesso (o glistessi sia che si chiaminoDamiano o Sacconi) abbiagià scelto di stare da una so-la parte e certamente nonda quella dei lavoratori.Un partito raccoglie i parti-giani sostenitori delle istan-ze di una parte e se ne faportatore collettivo. Ma senon ci sono più partigiani,perché è una sola parte adesprimere le proprie istan-ze, allora i partiti non hannopiù senso d’esistere nella lo-ro funzione e identità stori-ca. Nel 1991 la sinistra par-lamentare italiana ha inizia-to un percorso di “restyling”formale (che in verità svela-va una sostanziale mutazio-ne genetica già completata)che la ha portata dapprimaa sostituire il termine “co-munista” con la più “moder-na” definizione di “demo-cratico”, poi a cancellare to-talmente il termine “partito”(PCI-PDS-DS), con ciò alline-andosi all’altra grande com-ponente della politica parla-mentare italiana che sindall’immediato dopo guerraaveva “abiurato” il termine“partito” (popolare) per as-sumere una definizione“ecumenica”, aperta a tutti icredenti, Democrazia Cri-

Partigiano, Partito, Comunista: Partito Comunista

PARTITO COMUNISTA“Sono stato comunista non solo perché avevo in tasca una tessera di partito.E oggi non sono un ex comunista solo perché non ho in tasca una tessera di partito” (Diego Novelli)

Il 21 gennaio del 1921 si con-suma la scissione della Frazio-ne Comunista dal Partito socia-lista italiano. Nello stesso gior-no nasce il Partito ComunistadItalia, sezione dellInternazio-nale Comunista. Livorno è lacittà che ospita il congresso delPartito socialista. Il teatro Gol-doni è lo scenario nel quale av-viene la clamorosa rottura cheera da tempo nellaria. Sarà laminoranza comunista a lascia-re la sede del congresso pertrasferirsi in un altro teatro, ilSan Marco.La minoranza del Partito socia-lista rappresentava 58.783iscritti su 216.337, faceva capoad Amedeo Bordiga che guidòper primo il nuovo partito, algruppo dellOrdine Nuovo diAntonio Gramsci, Palmiro To-gliatti, Umberto Terracini e An-gelo Tasca, e alla corrente mas-simalista di Andrea Marabini eAntonio Graziadei, con la stra-grande maggioranza della Fe-derazione giovanile socialistacon il suo segretario, Luigi Po-lano, che qualche giorno dopodarà vita alla Federazione gio-vanile comunista.

stiana. Gradualmente sonopoi scomparse anche le indi-cazioni per così di orienta-mento (destra, sinistra, cen-tro), sostituite da immaginidi vegetali o animali (querce,margherite, trifogli, asinelli,ecc.) o descrizioni più diver-se (alleanze, unioni, popoli,ecc.). Il tempo è passato e hacancellato la memoria delladefinizione lessicale del ter-mine “partito” che oggi puòriapparire (PD, PdL) ma nonpiù per identificare una“parte”, un insieme di istan-ze e progetti di cambiamen-to o almeno di sviluppo del-la società, bensì per esserelui stesso la “parte”, non piùantagonista ma semplice-mente alternativa ad un’al-tra “parte”.Partito Comunista identifi-ca un insieme di uomini edonne che hanno una lorostoria, un loro presente eun loro progetto ben defini-to. Partito Comunista iden-tifica una comunità di parti-giani che propone una scel-ta antagonista e progetta ilcambiamento rivoluziona-rio del futuro. Se quella co-munità di uomini e di donnesottomessi, sfruttati, esclusied emarginati non si è “dis-solta”, ed è evidente che nonlo è, allora il ruolo e la fun-zione storica del Partito Co-munista non è cessata e ilsuo spirito vive immutatonei bisogni delle masse.Riaffiorerà!

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II III

La FIOM, alla guida di 500mila operai metal-

meccanici, occupa le fabbriche del nord e da

vita ad esperimenti di autogestione

Ai Commissari di reparto delle

Officine Fiat Centro e Brevetti

Dalla Prima Internazionale fondata da Marx nel 1864

alla Terza Internazionale fondata da Lenin nel 1919

La storia del Biennio Rosso ini-

ziò a Torino il 13 settembre

1919 con la pubblicazione sulla

rivista Ordine Nuovo del mani-

festo “Ai commissari di repartodelle officine Fiat Centro e Bre-vetti”, nel quale si ufficializzava

l’esistenza e il ruolo dei Consi-

gli di fabbrica quali nuclei di ge-

stione autonoma delle indu-

strie da parte degli operai.

Già tre mesi prima Gramsci e

Togliatti avevano affrontato il

problema, sempre sulla stessa

rivista, in un articolo chiamato

“Democrazia operaia”.Torino, culla dell’industrializ-

zazione italiana, si prefigurava

così come il centro propulsore

del bolscevismo, in quanto la

struttura dei Consigli proposta

dagli ordinovisti ricalcava, sep-

pur con peculiarità proprie,

quella dei Soviet russi.

Le proteste iniziarono nelle

fabbriche di meccanica, per poi

continuare nelle ferrovie, tra-

sporti e in altre industrie, men-

tre i contadini occupavano le

terre. Le agitazioni si diffusero

anche nelle campagne della

pianura padana, innescando

duri scontri fra proprietari e

braccianti.

Nelle fabbriche di Torino e Mi-

lano gli operai, però, fecero

molto più che un’occupazione,

sperimentando per la prima

volta forme di autogestione

operaia: 500.000 metalmecca-

nici lavoravano e producevano

da se stessi e per se stessi.

Il fenomeno si estese rapida-

mente ad altre fabbriche del

Nord, coinvolse il movimento

anarchico ma venne solo in

parte appoggiato dal P.S.I., che

in quel momento era diviso tra

riformisti e massimalisti.

Gramsci avvertì l’incapacità dei

politici socialisti di fronte a

queste manifestazioni di auto-

governo proletario, e cercò di

dare sistemazione, teorica pri-

ma, e pratica poi, al movimento

operaio. Nulla potè, però, con-

tro la reazione degli industriali,

appoggiati dal governo e da

questo aiutati con migliaia di

militari in assetto di guerra.

Dal 28 marzo 1920 si delinea-

rono i due blocchi, da una parte

gli operai con lo sciopero ad ol-

tranza, dall’altra i proprietari,

che adottarono la serrata come

reazione alle richieste operaie.

Dopo alcuni mesi di trattative

sugli aumenti salariali, sempre

respinti dalla Confederazione

Generale dell’Industria, si alzò

il livello del conflitto con l’occu-

pazione armata delle fabbriche

da parte degli operai, il 30 ago-

sto del 1920.

Giolitti rifiutò di far interveni-

re la polizia e l'esercito nelle

fabbriche e aspettò che il mo-

vimento si esaurisse da sé, che

terminassero le scorte di mate-

rie prime nei magazzini delle

aziende occupate, che gli stes-

si operai si rendessero conto

che l'occupazione non poteva

durare più a lungo. Nello stes-

so tempo favorì le trattative

fra gli industriali e sindacati e,

praticamente, obbligò gli indu-

striali a concedere ai lavoratori

i miglioramenti di salario ri-

chiesti. Così all’inizio di otto-

bre del 1920 Giolitti riuscì a far

accettare un compromesso tra

le parti sociali, avendo anche

predisposto un progetto di

legge per controllo operaio su

fabbriche, mai attuato.

Le agitazioni operaie ebbero

risultati economici positivi: i

lavoratori ottennero migliora-

menti nel salario e nelle con-

dizioni di lavoro; la durata

massima della giornata lavo-

rativa passò da 11 ore a 8 ore.

Assai diverse furono invece le

conseguenze sul piano politico.

La mancanza di un forte partito

in grado di guidare gli operai e

i contadini verso la conquista

del potere politico non solo fe-

ce retrocedere il movimento,

ma di fatto aprì la porta alla

reazione padronale, industriale

e agraria, che a tal fine utilizzò,

sostenendolo e finanziandolo,

l’emergente fascismo.

Grandissima fu allora la re-

sponsabilità non solo dei libe-

rali (fu lo stesso Giolitti a favo-

rire l'ascesa del fascismo quan-

do, in occasione delle elezioni

del maggio 1921, cercando di

assorbire i fascisti nella norma-

le prassi parlamentare, li inserì

nei Blocchi nazionali), ma dello

stesso partito popolare di don

Sturzo che più preoccupato

dall’avanzata dei socialisti e co-

munisti sottovalutò il pericolo

del fascismo che poi, dopo il

Concordato con il Vaticano,

metterà fuori legge anche il

partito dei cattolici.

Compagni! La nuova formache la commissione internaha assunto nella vostra offici-na con la nomina dei commis-sari di reparto e le discussioniche hanno preceduto e ac-compagnato questa trasfor-mazione non sono passateinavvertite nel campo operaioe padronale torinese. Da unaparte si accingono a imitarvile maestranze di altri stabili-menti della città e della pro-vincia, dall'altra i proprietarie i loro agenti diretti, gli orga-nizzatori delle grandi impre-se industriali, guardano aquesto movimento con inte-resse crescente e si chiedono echiedono a voi quale può esse-re lo scopo cui esso tende,quale il programma che laclasse operaia torinese si pro-pone di realizzare. ... Il bisogno, l'aspirazione da cuitrae la sua origine il movi-mento rinnovatore dell'orga-nizzazione operaia da voi ini-ziato, sono, crediamo noi, nel-le cose stesse, sono una conse-guenza diretta del punto cui ègiunto, nel suo sviluppo, l'or-ganismo sociale ed economicobasato sull'appropriazioneprivata dei mezzi di scambioe di produzione. ... E se è vero che la società nuo-va sarà basata sul lavoro esul coordinamento delleenergie dei produttori, i luo-ghi dove si lavora, dove i pro-duttori vivono e operano incomune, saranno domani icentri dell'organismo socialee dovranno prendere il postodegli enti direttivi della so-cietà odierna. ... La massa operaia deve prepa-rarsi effettivamente all'acqui-sto della completa padronan-za di se stessa, e il primo pas-so su questa via sta nel suo

più saldo disciplinarsi, nell'of-ficina, in modo autonomo,spontaneo e libero. Né si puònegare che la disciplina checol nuovo sistema verrà in-staurata condurrà a un mi-glioramento della produzio-ne, ma questo non è altro cheil verificarsi di una tesi del so-cialismo: quanto più le forzeproduttive umane, emanci-pandosi dalla schiavitù cui ilcapitalismo le vorrebbe persempre condannate, prendo-no coscienza di sé, si liberanoe liberamente si organizzano,tanto migliore tende a diven-tare il modo della loro utiliz-zazione: l'uomo lavorerà sem-pre meglio dello schiavo. A coloro poi che obiettano chein questo modo si viene a col-laborare con i nostri avversa-ri, con i proprietari delleaziende, noi rispondiamo cheinvece questo è l'unico mezzodi dominio, perché la classeoperaia concepisce la possibi-lità di fare da sé e di fare be-ne: anzi, essa acquista di gior-no in giorno più chiara la cer-tezza di essere sola capace disalvare il mondo intiero dallarovina e dalla desolazione. ... Eletti da una maestranza nel-la quale sono ancora numero-si gli elementi disorganizzati,vostra prima cura sarà certa-mente quella di farli entrarenelle file dell'organizzazione,opera che del resto vi sarà fa-cilitata dal fatto che essi tro-veranno in voi chi sarà sem-pre pronto a difenderli, a gui-darli, ad avviarli alla vita del-la fabbrica. Voi mostrerete lo-ro con l'esempio che la forzadell'operaio è tutta nell'unio-ne e nella solidarietà coi suoicompagni.

Antonio GramsciOrdine Nuovo - 1919

Le Internazionali

Il Partito “intellettuale organico” delleclassi subalterneLa conquista del potere attraverso la con-quista dell’ “egemonia”“Le idee – scrive Gramsci -non nascono da altre idee, lefilosofie non sono partoriteda altre filosofie, esse sonol'espressione rinnovata dellosviluppo storico.” “Le forzemateriali non sarebbero con-cepibili storicamente senzaforma, e le ideologie sarebbe-ro ghiribizzi individuali sen-za le forze materiali.”Le idee nascono dallo svilup-

po storico del reale, ne sono

l'espressione, ma nello stes-

so tempo hanno il potere di

cambiare la storia. Ecco per-

ché le idee non sono figlie di

idee, ma nascono da rappor-

ti storici reali.

Nel momento in cui il capita-

lismo è entrato nella fase

monopolistica e le grandi

masse sulla scena della sto-

ria, il problema della sovra-

struttura diviene determi-

nante.

Prendere il potere significa,

innanzitutto, occupare le

"casematte dello Stato", cioè

quegli apparati della società

civile, come la scuola, i parti-

ti, i sindacati, la stampa, che

hanno il compito di inculca-

re nelle menti delle grandi

masse i valori della classe

dominante. La supremazia

di un gruppo sociale non

può attuarsi solo col domi-

nio e con la forza, deve avva-

lersi degli apparati egemoni-

ci della società civile, deve

evocare il consenso più am-

pio. Il potere non è dominio,

è egemonia, intesa essenzial-

mente come capacità di dire-

zione intellettuale e morale.

Ogni classe sociale tende a

produrre i propri intellettuali

organici connessi ai propri bi-

sogni e alla propria menta-

lità. Le masse dei lavoratori e

degli sfruttati debbono dotar-

si di una loro guida intellet-

tuale e l’ “intellettuale organi-

co” alle classi subalterne è il

partito comunista che, rap-

presentando la totalità degli

interessi e delle aspirazioni

della classe lavoratrice, si

configura come la sua guida

politica, morale ed ideale. Per

questa sua capacità unifica-

trice delle istanze popolari e

per il suo fermo tendere ver-

so un supremo fine politico,

Gramsci denomina il partito

comunista "moderno Princi-

pe", con l'avvertenza che,

mentre per Machiavelli esso

si identifica in un individuo

concreto, per i comunisti si

tratta di un organismo in cui

si concreta la volontà colletti-

va della classe rivoluzionaria.

In un sistema capitalistico or-

ganico e globalizzato la stra-

tegia rivoluzionaria non può

essere frontale, cioè alla "fac-

ciata dello Stato", deve invece

dirigersi in profondità, me-

diante una "snervante guerra

di posizione", contro le "for-

tezze" e le "casematte" del ne-

mico, ossia contro l'insieme

delle istituzioni della società

civile. Si tratta di logorare pro-

1919-1920 il “Biennio Rosso”, nascono i“Consigli di Fabbrica”, i “soviet” italiani

Nell'anno 1864 fu fondata a

Londra la prima Associazione

internazionale degli operai, la

Prima Internazionale. Negli

Statuti generali di quest'As-

sociazione internazionale de-

gli operai è detto che: a) l'e-

mancipazione della classe

operaia deve essere l'opera

della classe operaia stessa; b)

la lotta per l'emancipazione

della classe operaia non è una

lotta per privilegi di classe e

monopoli, ma per stabilire

eguali diritti e doveri e per

abolire ogni dominio di clas-

se; c) la soggezione economi-

ca del lavoratore a colui che

gode del monopolio dei mez-

zi di lavoro, cioè delle fonti

della vita, forma la base della

servitù in tutte le sue forme,

la base di ogni miseria socia-

le, di ogni degradazione spiri-

tuale e dipendenza politica;

d) di conseguenza, l'emanci-

pazione economica della

classe operaia è il grande fine

cui deve essere subordinato,

come mezzo, ogni movimen-

to politico; e) tutti gli sforzi

per raggiungere questo gran-

de fine sono finora falliti per

la mancanza di solidarietà tra

le molteplici categorie di ope-

rai di ogni paese e per l'as-

senza di un'unione fraterna

fra le classi operaie dei diver-

si paesi; e) l'emancipazione

degli operai non è un proble-

ma locale né nazionale, ma

un problema sociale che ab-

braccia tutti i paesi in cui esi-

ste la società moderna, e la

cui soluzione dipende dalla

collaborazione pratica e teo-

rica dei paesi più progrediti;

f) il presente risveglio della

classe operaia nei paesi indu-

strialmente più progrediti

d'Europa, mentre ridesta

nuove spe-

ranze ed è in

pari tempo

un serio am-

monimento a

non ricadere

nei vecchi er-

rori, esige l'u-

nione imme-

diata dei mo-

vimenti anco-

ra disuniti.

La Seconda

Internaziona-

le, che fu fon-

data nel 1889

a Parigi, s'im-

pegnò a pro-

seguire l'opera della Prima In-

ternazionale. Ma nel 1914, al-

l'inizio del massacro mondia-

le, subì un crollo completo.

Soffocata dall'opportunismo,

disgregata dal tradimento dei

dirigenti che erano passati

dalla parte della borghesia, la

Seconda Internazionale si

spezzò.

La Terza Internazionale co-

munista, fondata nel marzo

1919 a Mosca, capitale della

Repubblica socialista federa-

tiva sovietica russa, proclama

solennemente a tutto il mon-

do di assumere su di sé la

grand'opera iniziata dalla pri-

ma Associazione internazio-

nale degli operai, di volerla

continuare e portare a termi-

ne e per com-

piere, secon-

do le parole

di Lenin, il

primo passo

verso la Re-

pubblica in-

ternazionale

dei soviet e la

vittoria mon-

diale del co-

m u n i s m o .

Dopo questo

primo atto

formale di co-

s t i tuz ione ,

l'Internazio-

nale comuni-

sta tenne nel luglio-agosto

del 1920 il suo secondo con-

gresso, cui parteciparono de-

legazioni di trentasette paesi

e che tracciò le basi ideali e

programmatiche accogliendo

i ventuno punti proposti da

Lenin: i partiti che intendeva-

no aderire si impegnavano a

Il Partito Comunista d’Italia,

come peraltro molti dei nuovi

partiti comunisti occidentali,

nasce nel momento sbagliato.

Paradossalmente l’ala rivolu-

zionaria del partito socialista

si stacca e si costituisce in

partito autonomo nel mo-

mento in cui la spinta rivolu-

zionaria che ha aveva scon-

volto grande parte dell’Euro-

pa occidentale all’indomani

della fine del massacro della

prima guerra mondiale, an-

che sull’emozione del succes-

so della rivoluzione russa, si

stava esaurendo e veniva re-

pressa sempre più violente-

mente, mentre si stavano

aprendo le porte alle nuove

dittature fascista e nazista,

ma anche a forti irrigidimenti

antidemocratici negli altri

grandi paesi europei. La fine

dell’ottocento, grazie anche

alla prima esperienza di go-

verno popolare della Comune

di Parigi del 1870, ma soprat-

tutto in seguito alla forte in-

dustrializzazione che aveva

interessato quasi tutti gli Sta-

ti europei, Russia inclusa,

creando la nuova classe ope-

raia, aveva visto una crescita

esponenziale dei partiti e dei

movimenti socialisti. Era que-

st’ultimo un magna assai ete-

rogeneo che includeva com-

ponenti fortemente rivoluzio-

narie, ma anche buona parte

della nuova borghesia indu-

striale e cittadina che ambiva

a conquistare, dopo quello

economico, anche il potere

politico, liquidando i residui

della vecchia aristocrazia ter-

riera e parassitaria.

La guerra mondiale aveva for-

temente incrementato la in-

dustrializzazione, inevitabil-

mente anche in funzione bel-

lica, aumentando nello stesso

tempo il peso della nuova

classe capitalista e la dimen-

sione di massa di quella ope-

raia. In molti Stati, Russia in-

clusa, erano i nuovi partiti so-

cialisti o socialdemocratici ad

avere messo in discussione il

potere delle vecchie oligar-

chie facendo base anche sulla

nuova classe dei lavoratori

dell’industria e delle città.

In Russia era però avvenuto

un “salto”. Con la rivoluzione

d’ottobre, che segue di pochi

mesi quella di febbraio che

aveva portato al potere la

borghesia socialdemocratica

costringendo lo zar alla abdi-

cazione ai propri poteri asso-

luti, la “massa di manovra”, la

classe operaia prende lei stes-

sa l’iniziativa e scalza la bor-

ghesia assumendo tutto il po-

tere politico.

L’evento è culturalmente de-

vastante per le nuove classi

capitaliste dell’occidente in-

dustrializzato, persino più

grave della stessa guerra

mondiale che aveva bensì vio-

lentemente opposto una bor-

ghesia nazionale a un’altra,

ma mai messo in discussione

il sistema di potere economi-

co, cioè di dominio sulle clas-

si lavoratrici. Non farà in tem-

po a finire la prima guerra

mondiale con la disfatta degli

imperi centroeuropei, che le

nazioni vincitrici, consapevo-

li del pericolo del “contagio”

bolscevico, passeranno ad ag-

gredire la neonata Unione So-

vietica sostenendo, finan-

ziando e in taluni casi anche

con interventi diretti, le di-

verse “armate bianche” che

per tre anni semineranno per

l’immenso territorio russo le

devastazioni di una violentis-

sima guerra civile.

L’esistenza e la sopravviven-

za dell’Unione Sovietica, il

primo grande Stato governa-

to dai lavoratori, svolge quin-

di un ruolo di grandissima

importanza nel provocare la

nascita dei partiti comunisti

nell’Europa occidentale, ma

anche nel condizionarne le

loro strategie politiche.

La principale chiave di lettu-

ra va ricercata proprio nella

costituzione della Terza In-

ternazionale, voluta da Lenin

e poi sempre diretta dall’U-

nione Sovietica. L’internazio-

nale Comunista nasce con

una chiara intenzione, sanci-

ta dai 21 punti del secondo

Congresso di Mosca del

1920, di creare una rete di

partiti gerarchicamente lega-

ti a un organismo unitario

centralizzato, il Comintern,

sostanzialmente costruito a

baluardo dello Stato proleta-

rio. Per alcuni anni, si usa di-

re dopo alla morte Lenin ma

è forse assai più corretto dire

ancora vivente Lenin, ci sarà

un aspro dibattito, sia all’in-

terno dell’Unione Sovietica

che negli Stati e nei partiti oc-

cidentali, sul modo di inter-

pretare il termine “difesa”.

Per le correnti più estreme,

che poi lo stesso Lenin chia-

merà “estremiste” definendo

con tale termine una “malat-

tia infantile” del comunismo,

la difesa veniva intesa in for-

ma “aggressiva”, attraverso

l’espansione mondiale dell’e-

sperienza rivoluzionaria rus-

sa. Per altre correnti, che poi

si definiranno almeno nella

storia del PCdI “il centro”, la

difesa ben presto verrà inter-

pretata esattamente al con-

trario, nel senso della prote-

zione dell’Unione Sovietica.

Nella “vulgata” comune la

prima tesi viene riferita a

Trotskj, la seconda a Stalin,

ma, come sopra accennato, è

da credere che già Lenin, do-

po il fallimento di talune ri-

volte pre-rivoluzionarie, qua-

li ad esempio il movimento

Spartachista in Germania e i

Consigli di Fabbrica in Italia,

avesse compreso la impossi-

bilità della “ripetizione” pura

e semplice dell’esperienza ri-

voluzionaria russa negli altri

Stati capitalisti europei e,

quindi, avesse lui stesso con-

diviso la necessità di una

scelta strategica prioritaria-

mente difensiva dell’Unione

Sovietica.

D'altronde è lo stesso Lenin

che vara la NEP, Nuova Poli-

tica Economica, restituendo

temporaneamente parte del

potere economico alla clas-

se borghese e contrattando

con gli industriali occiden-

tali (emblematico il caso

della Ford che costruisce un

proprio stabilimento di trat-

tori nell’Unione Sovietica),

assumendo la priorità della

ricostruzione dell’econo-

mia, soprattutto industriale,

russa distrutta dalla guerra

mondiale prima e da quella

civile poi.

Non stupisce quindi che sarà

proprio Gramsci, ben prima o

comunque in piena condivi-

sione con Togliatti (poi segre-

tario del Cominter), a fare

proprie, con le tesi del Con-

gresso di Lione del 1926 (ove

verrà liquidata la componete

più estremista di Bordiga), le

strategie dei “fronti uniti”

con i partiti socialisti, del par-

lamentarismo democratico,

ecc., richieste dall’Unione So-

vietica a tutti i partiti comuni-

sti dell’occidente.

L’Unione Sovietica ricono-

scerà il primo governo Mus-

solini e il PCdI parteciperà al-

le ultime elezioni politiche li-

bere, anche se totalmente

truccate da un sistema di “su-

perpremio” maggioritario (as-

sai simile a quello oggi in vi-

gore), dissociandosi poi dalla

sterile opposizione dell’

“Aventino” piegata sulla spe-

ranza dell’intervento di un re

oramai votato alla subordina-

zione fascista, cercando di re-

sistere in Parlamento alla de-

riva dittatoriale che poi met-

terà fuori legge tutti i partiti,

non solo i comunisti di Gram-

sci, ma anche popolari di Don

Sturzo e liberali di Giolitti.

Alcuni anni più tardi, nel

1939, l’Unione Sovietica ne-

gozierà il trattato Molotov-

Ribbentrop di non aggressio-

ne con la Germania nazista,

cercando di allontanare il

tempo di una aggressione co-

munque certa per meglio pre-

parare le proprie difese.

Certamente, dunque, i partiti

comunisti dell’occidente fu-

rono fortemente condizionati

dalla priorità della difesa del-

la “cittadella assediata”, ma

in quella “cittadella” trovaro-

no tutti, italiani, francesi, te-

deschi, spagnoli, ecc., rifugio

dalle persecuzioni del loro

Paesi e spazi e strumenti per

riorganizzare i loro partiti

clandestini e prepararsi a

rientrare nelle rispettive na-

zioni una volta finita la guer-

ra e cadute le dittature.

Yalta non cambierà queste lo-

giche, ma assai più grande

sarà lo spazio di difesa dei

popoli sfruttati del Mondo.

E’ dentro questo complesso

scenario geo-politico che oc-

corre valutare quella che vie-

ne “incoltamente” definita la

dittatura stalinista, ma su

questo “difficile” tema torne-

remo prossimamente.

Il tempo “sbagliato”I partititi comunisti e la difesa dell’URSS

darsi una struttura analoga a

quella del Partito comunista

sovietico, a sostenere l'Urss, a

rispettare le direttive del Co-

mintern, a lottare contro la

socialdemocrazia per favori-

re la nascita di autonomi par-

titi rivoluzionari. A dirigere

l'Internazionale venne desi-

gnato un comitato esecutivo

permanente, con sede a Mo-

sca, il cui primo presidente fu

G.E. Zinov'ev. Negli anni suc-

cessivi il Comintern risentì

pesantemente dei conflitti in-

terni al gruppo dirigente del

Partito comunista dell'Urss,

che condizionò le scelte poli-

tiche subordinando in più di

un'occasione agli interessi

nazionali sovietici le esigenze

dei partiti comunisti dei vari

stati, soprattutto negli anni

di Stalin e della sua teoria del

socialismo in un solo paese.

Anche lo scioglimento del-

l'organizzazione, nel maggio

1943, maturò come conse-

guenza della politica estera

sovietica che, durante la

guerra contro il nazismo,

volle lanciare agli alleati oc-

cidentali un segnale di ricon-

ciliazione accantonando,

con l'Internazionale, il pro-

getto della rivoluzione mon-

diale di cui questa doveva

essere lo strumento operati-

vo.

gressivamente la supremazia

di classe della borghesia, con-

quistando i punti strategici

della società civile, e ponen-

do così le premesse per la

conquista del potere e la rea-

lizzazione della propria ege-

monia. La conquista dello

Stato borghese deve avvenire

dunque dall'interno della so-

cietà, attraverso una "batta-

glia delle idee" e sulla base di

una prospettiva sociale, eco-

nomica, politica, intellettuale

e morale, che sia in grado di

ottenere il consenso delle

masse.

Il Partito “intellettuale orga-

nico” deve ricucire la frattu-

ra tra cultura e vita, tra cul-

tura e masse, operata dall'in-

tellettuale tradizionale mem-

bro di una casta separata dal

popolo-nazione e, dunque,

deve essere portatore di una

"cultura nazional-popolare"

che rappresenta il cemento

del rapporto tra dirigenti e

diretti, tra governanti e go-

vernati. Solo se riesce ad ot-

tenere il consenso di tutte

masse subalterne e sfruttate,

il partito comunista può

creare un sistema di alleanze

di classe che gli permetta di

mobilitare contro lo Stato

borghese la maggioranza

della popolazione lavoratri-

ce e diventare classe dirigen-

te e dominante.

Medaglia commemorativa della

FIOM delle occupazioni del 1920

Page 19: Febbraio 2011

II III

La FIOM, alla guida di 500mila operai metal-

meccanici, occupa le fabbriche del nord e da

vita ad esperimenti di autogestione

Ai Commissari di reparto delle

Officine Fiat Centro e Brevetti

Dalla Prima Internazionale fondata da Marx nel 1864

alla Terza Internazionale fondata da Lenin nel 1919

La storia del Biennio Rosso ini-

ziò a Torino il 13 settembre

1919 con la pubblicazione sulla

rivista Ordine Nuovo del mani-

festo “Ai commissari di repartodelle officine Fiat Centro e Bre-vetti”, nel quale si ufficializzava

l’esistenza e il ruolo dei Consi-

gli di fabbrica quali nuclei di ge-

stione autonoma delle indu-

strie da parte degli operai.

Già tre mesi prima Gramsci e

Togliatti avevano affrontato il

problema, sempre sulla stessa

rivista, in un articolo chiamato

“Democrazia operaia”.Torino, culla dell’industrializ-

zazione italiana, si prefigurava

così come il centro propulsore

del bolscevismo, in quanto la

struttura dei Consigli proposta

dagli ordinovisti ricalcava, sep-

pur con peculiarità proprie,

quella dei Soviet russi.

Le proteste iniziarono nelle

fabbriche di meccanica, per poi

continuare nelle ferrovie, tra-

sporti e in altre industrie, men-

tre i contadini occupavano le

terre. Le agitazioni si diffusero

anche nelle campagne della

pianura padana, innescando

duri scontri fra proprietari e

braccianti.

Nelle fabbriche di Torino e Mi-

lano gli operai, però, fecero

molto più che un’occupazione,

sperimentando per la prima

volta forme di autogestione

operaia: 500.000 metalmecca-

nici lavoravano e producevano

da se stessi e per se stessi.

Il fenomeno si estese rapida-

mente ad altre fabbriche del

Nord, coinvolse il movimento

anarchico ma venne solo in

parte appoggiato dal P.S.I., che

in quel momento era diviso tra

riformisti e massimalisti.

Gramsci avvertì l’incapacità dei

politici socialisti di fronte a

queste manifestazioni di auto-

governo proletario, e cercò di

dare sistemazione, teorica pri-

ma, e pratica poi, al movimento

operaio. Nulla potè, però, con-

tro la reazione degli industriali,

appoggiati dal governo e da

questo aiutati con migliaia di

militari in assetto di guerra.

Dal 28 marzo 1920 si delinea-

rono i due blocchi, da una parte

gli operai con lo sciopero ad ol-

tranza, dall’altra i proprietari,

che adottarono la serrata come

reazione alle richieste operaie.

Dopo alcuni mesi di trattative

sugli aumenti salariali, sempre

respinti dalla Confederazione

Generale dell’Industria, si alzò

il livello del conflitto con l’occu-

pazione armata delle fabbriche

da parte degli operai, il 30 ago-

sto del 1920.

Giolitti rifiutò di far interveni-

re la polizia e l'esercito nelle

fabbriche e aspettò che il mo-

vimento si esaurisse da sé, che

terminassero le scorte di mate-

rie prime nei magazzini delle

aziende occupate, che gli stes-

si operai si rendessero conto

che l'occupazione non poteva

durare più a lungo. Nello stes-

so tempo favorì le trattative

fra gli industriali e sindacati e,

praticamente, obbligò gli indu-

striali a concedere ai lavoratori

i miglioramenti di salario ri-

chiesti. Così all’inizio di otto-

bre del 1920 Giolitti riuscì a far

accettare un compromesso tra

le parti sociali, avendo anche

predisposto un progetto di

legge per controllo operaio su

fabbriche, mai attuato.

Le agitazioni operaie ebbero

risultati economici positivi: i

lavoratori ottennero migliora-

menti nel salario e nelle con-

dizioni di lavoro; la durata

massima della giornata lavo-

rativa passò da 11 ore a 8 ore.

Assai diverse furono invece le

conseguenze sul piano politico.

La mancanza di un forte partito

in grado di guidare gli operai e

i contadini verso la conquista

del potere politico non solo fe-

ce retrocedere il movimento,

ma di fatto aprì la porta alla

reazione padronale, industriale

e agraria, che a tal fine utilizzò,

sostenendolo e finanziandolo,

l’emergente fascismo.

Grandissima fu allora la re-

sponsabilità non solo dei libe-

rali (fu lo stesso Giolitti a favo-

rire l'ascesa del fascismo quan-

do, in occasione delle elezioni

del maggio 1921, cercando di

assorbire i fascisti nella norma-

le prassi parlamentare, li inserì

nei Blocchi nazionali), ma dello

stesso partito popolare di don

Sturzo che più preoccupato

dall’avanzata dei socialisti e co-

munisti sottovalutò il pericolo

del fascismo che poi, dopo il

Concordato con il Vaticano,

metterà fuori legge anche il

partito dei cattolici.

Compagni! La nuova formache la commissione internaha assunto nella vostra offici-na con la nomina dei commis-sari di reparto e le discussioniche hanno preceduto e ac-compagnato questa trasfor-mazione non sono passateinavvertite nel campo operaioe padronale torinese. Da unaparte si accingono a imitarvile maestranze di altri stabili-menti della città e della pro-vincia, dall'altra i proprietarie i loro agenti diretti, gli orga-nizzatori delle grandi impre-se industriali, guardano aquesto movimento con inte-resse crescente e si chiedono echiedono a voi quale può esse-re lo scopo cui esso tende,quale il programma che laclasse operaia torinese si pro-pone di realizzare. ... Il bisogno, l'aspirazione da cuitrae la sua origine il movi-mento rinnovatore dell'orga-nizzazione operaia da voi ini-ziato, sono, crediamo noi, nel-le cose stesse, sono una conse-guenza diretta del punto cui ègiunto, nel suo sviluppo, l'or-ganismo sociale ed economicobasato sull'appropriazioneprivata dei mezzi di scambioe di produzione. ... E se è vero che la società nuo-va sarà basata sul lavoro esul coordinamento delleenergie dei produttori, i luo-ghi dove si lavora, dove i pro-duttori vivono e operano incomune, saranno domani icentri dell'organismo socialee dovranno prendere il postodegli enti direttivi della so-cietà odierna. ... La massa operaia deve prepa-rarsi effettivamente all'acqui-sto della completa padronan-za di se stessa, e il primo pas-so su questa via sta nel suo

più saldo disciplinarsi, nell'of-ficina, in modo autonomo,spontaneo e libero. Né si puònegare che la disciplina checol nuovo sistema verrà in-staurata condurrà a un mi-glioramento della produzio-ne, ma questo non è altro cheil verificarsi di una tesi del so-cialismo: quanto più le forzeproduttive umane, emanci-pandosi dalla schiavitù cui ilcapitalismo le vorrebbe persempre condannate, prendo-no coscienza di sé, si liberanoe liberamente si organizzano,tanto migliore tende a diven-tare il modo della loro utiliz-zazione: l'uomo lavorerà sem-pre meglio dello schiavo. A coloro poi che obiettano chein questo modo si viene a col-laborare con i nostri avversa-ri, con i proprietari delleaziende, noi rispondiamo cheinvece questo è l'unico mezzodi dominio, perché la classeoperaia concepisce la possibi-lità di fare da sé e di fare be-ne: anzi, essa acquista di gior-no in giorno più chiara la cer-tezza di essere sola capace disalvare il mondo intiero dallarovina e dalla desolazione. ... Eletti da una maestranza nel-la quale sono ancora numero-si gli elementi disorganizzati,vostra prima cura sarà certa-mente quella di farli entrarenelle file dell'organizzazione,opera che del resto vi sarà fa-cilitata dal fatto che essi tro-veranno in voi chi sarà sem-pre pronto a difenderli, a gui-darli, ad avviarli alla vita del-la fabbrica. Voi mostrerete lo-ro con l'esempio che la forzadell'operaio è tutta nell'unio-ne e nella solidarietà coi suoicompagni.

Antonio GramsciOrdine Nuovo - 1919

Le Internazionali

Il Partito “intellettuale organico” delleclassi subalterneLa conquista del potere attraverso la con-quista dell’ “egemonia”“Le idee – scrive Gramsci -non nascono da altre idee, lefilosofie non sono partoriteda altre filosofie, esse sonol'espressione rinnovata dellosviluppo storico.” “Le forzemateriali non sarebbero con-cepibili storicamente senzaforma, e le ideologie sarebbe-ro ghiribizzi individuali sen-za le forze materiali.”Le idee nascono dallo svilup-

po storico del reale, ne sono

l'espressione, ma nello stes-

so tempo hanno il potere di

cambiare la storia. Ecco per-

ché le idee non sono figlie di

idee, ma nascono da rappor-

ti storici reali.

Nel momento in cui il capita-

lismo è entrato nella fase

monopolistica e le grandi

masse sulla scena della sto-

ria, il problema della sovra-

struttura diviene determi-

nante.

Prendere il potere significa,

innanzitutto, occupare le

"casematte dello Stato", cioè

quegli apparati della società

civile, come la scuola, i parti-

ti, i sindacati, la stampa, che

hanno il compito di inculca-

re nelle menti delle grandi

masse i valori della classe

dominante. La supremazia

di un gruppo sociale non

può attuarsi solo col domi-

nio e con la forza, deve avva-

lersi degli apparati egemoni-

ci della società civile, deve

evocare il consenso più am-

pio. Il potere non è dominio,

è egemonia, intesa essenzial-

mente come capacità di dire-

zione intellettuale e morale.

Ogni classe sociale tende a

produrre i propri intellettuali

organici connessi ai propri bi-

sogni e alla propria menta-

lità. Le masse dei lavoratori e

degli sfruttati debbono dotar-

si di una loro guida intellet-

tuale e l’ “intellettuale organi-

co” alle classi subalterne è il

partito comunista che, rap-

presentando la totalità degli

interessi e delle aspirazioni

della classe lavoratrice, si

configura come la sua guida

politica, morale ed ideale. Per

questa sua capacità unifica-

trice delle istanze popolari e

per il suo fermo tendere ver-

so un supremo fine politico,

Gramsci denomina il partito

comunista "moderno Princi-

pe", con l'avvertenza che,

mentre per Machiavelli esso

si identifica in un individuo

concreto, per i comunisti si

tratta di un organismo in cui

si concreta la volontà colletti-

va della classe rivoluzionaria.

In un sistema capitalistico or-

ganico e globalizzato la stra-

tegia rivoluzionaria non può

essere frontale, cioè alla "fac-

ciata dello Stato", deve invece

dirigersi in profondità, me-

diante una "snervante guerra

di posizione", contro le "for-

tezze" e le "casematte" del ne-

mico, ossia contro l'insieme

delle istituzioni della società

civile. Si tratta di logorare pro-

1919-1920 il “Biennio Rosso”, nascono i“Consigli di Fabbrica”, i “soviet” italiani

Nell'anno 1864 fu fondata a

Londra la prima Associazione

internazionale degli operai, la

Prima Internazionale. Negli

Statuti generali di quest'As-

sociazione internazionale de-

gli operai è detto che: a) l'e-

mancipazione della classe

operaia deve essere l'opera

della classe operaia stessa; b)

la lotta per l'emancipazione

della classe operaia non è una

lotta per privilegi di classe e

monopoli, ma per stabilire

eguali diritti e doveri e per

abolire ogni dominio di clas-

se; c) la soggezione economi-

ca del lavoratore a colui che

gode del monopolio dei mez-

zi di lavoro, cioè delle fonti

della vita, forma la base della

servitù in tutte le sue forme,

la base di ogni miseria socia-

le, di ogni degradazione spiri-

tuale e dipendenza politica;

d) di conseguenza, l'emanci-

pazione economica della

classe operaia è il grande fine

cui deve essere subordinato,

come mezzo, ogni movimen-

to politico; e) tutti gli sforzi

per raggiungere questo gran-

de fine sono finora falliti per

la mancanza di solidarietà tra

le molteplici categorie di ope-

rai di ogni paese e per l'as-

senza di un'unione fraterna

fra le classi operaie dei diver-

si paesi; e) l'emancipazione

degli operai non è un proble-

ma locale né nazionale, ma

un problema sociale che ab-

braccia tutti i paesi in cui esi-

ste la società moderna, e la

cui soluzione dipende dalla

collaborazione pratica e teo-

rica dei paesi più progrediti;

f) il presente risveglio della

classe operaia nei paesi indu-

strialmente più progrediti

d'Europa, mentre ridesta

nuove spe-

ranze ed è in

pari tempo

un serio am-

monimento a

non ricadere

nei vecchi er-

rori, esige l'u-

nione imme-

diata dei mo-

vimenti anco-

ra disuniti.

La Seconda

Internaziona-

le, che fu fon-

data nel 1889

a Parigi, s'im-

pegnò a pro-

seguire l'opera della Prima In-

ternazionale. Ma nel 1914, al-

l'inizio del massacro mondia-

le, subì un crollo completo.

Soffocata dall'opportunismo,

disgregata dal tradimento dei

dirigenti che erano passati

dalla parte della borghesia, la

Seconda Internazionale si

spezzò.

La Terza Internazionale co-

munista, fondata nel marzo

1919 a Mosca, capitale della

Repubblica socialista federa-

tiva sovietica russa, proclama

solennemente a tutto il mon-

do di assumere su di sé la

grand'opera iniziata dalla pri-

ma Associazione internazio-

nale degli operai, di volerla

continuare e portare a termi-

ne e per com-

piere, secon-

do le parole

di Lenin, il

primo passo

verso la Re-

pubblica in-

ternazionale

dei soviet e la

vittoria mon-

diale del co-

m u n i s m o .

Dopo questo

primo atto

formale di co-

s t i tuz ione ,

l'Internazio-

nale comuni-

sta tenne nel luglio-agosto

del 1920 il suo secondo con-

gresso, cui parteciparono de-

legazioni di trentasette paesi

e che tracciò le basi ideali e

programmatiche accogliendo

i ventuno punti proposti da

Lenin: i partiti che intendeva-

no aderire si impegnavano a

Il Partito Comunista d’Italia,

come peraltro molti dei nuovi

partiti comunisti occidentali,

nasce nel momento sbagliato.

Paradossalmente l’ala rivolu-

zionaria del partito socialista

si stacca e si costituisce in

partito autonomo nel mo-

mento in cui la spinta rivolu-

zionaria che ha aveva scon-

volto grande parte dell’Euro-

pa occidentale all’indomani

della fine del massacro della

prima guerra mondiale, an-

che sull’emozione del succes-

so della rivoluzione russa, si

stava esaurendo e veniva re-

pressa sempre più violente-

mente, mentre si stavano

aprendo le porte alle nuove

dittature fascista e nazista,

ma anche a forti irrigidimenti

antidemocratici negli altri

grandi paesi europei. La fine

dell’ottocento, grazie anche

alla prima esperienza di go-

verno popolare della Comune

di Parigi del 1870, ma soprat-

tutto in seguito alla forte in-

dustrializzazione che aveva

interessato quasi tutti gli Sta-

ti europei, Russia inclusa,

creando la nuova classe ope-

raia, aveva visto una crescita

esponenziale dei partiti e dei

movimenti socialisti. Era que-

st’ultimo un magna assai ete-

rogeneo che includeva com-

ponenti fortemente rivoluzio-

narie, ma anche buona parte

della nuova borghesia indu-

striale e cittadina che ambiva

a conquistare, dopo quello

economico, anche il potere

politico, liquidando i residui

della vecchia aristocrazia ter-

riera e parassitaria.

La guerra mondiale aveva for-

temente incrementato la in-

dustrializzazione, inevitabil-

mente anche in funzione bel-

lica, aumentando nello stesso

tempo il peso della nuova

classe capitalista e la dimen-

sione di massa di quella ope-

raia. In molti Stati, Russia in-

clusa, erano i nuovi partiti so-

cialisti o socialdemocratici ad

avere messo in discussione il

potere delle vecchie oligar-

chie facendo base anche sulla

nuova classe dei lavoratori

dell’industria e delle città.

In Russia era però avvenuto

un “salto”. Con la rivoluzione

d’ottobre, che segue di pochi

mesi quella di febbraio che

aveva portato al potere la

borghesia socialdemocratica

costringendo lo zar alla abdi-

cazione ai propri poteri asso-

luti, la “massa di manovra”, la

classe operaia prende lei stes-

sa l’iniziativa e scalza la bor-

ghesia assumendo tutto il po-

tere politico.

L’evento è culturalmente de-

vastante per le nuove classi

capitaliste dell’occidente in-

dustrializzato, persino più

grave della stessa guerra

mondiale che aveva bensì vio-

lentemente opposto una bor-

ghesia nazionale a un’altra,

ma mai messo in discussione

il sistema di potere economi-

co, cioè di dominio sulle clas-

si lavoratrici. Non farà in tem-

po a finire la prima guerra

mondiale con la disfatta degli

imperi centroeuropei, che le

nazioni vincitrici, consapevo-

li del pericolo del “contagio”

bolscevico, passeranno ad ag-

gredire la neonata Unione So-

vietica sostenendo, finan-

ziando e in taluni casi anche

con interventi diretti, le di-

verse “armate bianche” che

per tre anni semineranno per

l’immenso territorio russo le

devastazioni di una violentis-

sima guerra civile.

L’esistenza e la sopravviven-

za dell’Unione Sovietica, il

primo grande Stato governa-

to dai lavoratori, svolge quin-

di un ruolo di grandissima

importanza nel provocare la

nascita dei partiti comunisti

nell’Europa occidentale, ma

anche nel condizionarne le

loro strategie politiche.

La principale chiave di lettu-

ra va ricercata proprio nella

costituzione della Terza In-

ternazionale, voluta da Lenin

e poi sempre diretta dall’U-

nione Sovietica. L’internazio-

nale Comunista nasce con

una chiara intenzione, sanci-

ta dai 21 punti del secondo

Congresso di Mosca del

1920, di creare una rete di

partiti gerarchicamente lega-

ti a un organismo unitario

centralizzato, il Comintern,

sostanzialmente costruito a

baluardo dello Stato proleta-

rio. Per alcuni anni, si usa di-

re dopo alla morte Lenin ma

è forse assai più corretto dire

ancora vivente Lenin, ci sarà

un aspro dibattito, sia all’in-

terno dell’Unione Sovietica

che negli Stati e nei partiti oc-

cidentali, sul modo di inter-

pretare il termine “difesa”.

Per le correnti più estreme,

che poi lo stesso Lenin chia-

merà “estremiste” definendo

con tale termine una “malat-

tia infantile” del comunismo,

la difesa veniva intesa in for-

ma “aggressiva”, attraverso

l’espansione mondiale dell’e-

sperienza rivoluzionaria rus-

sa. Per altre correnti, che poi

si definiranno almeno nella

storia del PCdI “il centro”, la

difesa ben presto verrà inter-

pretata esattamente al con-

trario, nel senso della prote-

zione dell’Unione Sovietica.

Nella “vulgata” comune la

prima tesi viene riferita a

Trotskj, la seconda a Stalin,

ma, come sopra accennato, è

da credere che già Lenin, do-

po il fallimento di talune ri-

volte pre-rivoluzionarie, qua-

li ad esempio il movimento

Spartachista in Germania e i

Consigli di Fabbrica in Italia,

avesse compreso la impossi-

bilità della “ripetizione” pura

e semplice dell’esperienza ri-

voluzionaria russa negli altri

Stati capitalisti europei e,

quindi, avesse lui stesso con-

diviso la necessità di una

scelta strategica prioritaria-

mente difensiva dell’Unione

Sovietica.

D'altronde è lo stesso Lenin

che vara la NEP, Nuova Poli-

tica Economica, restituendo

temporaneamente parte del

potere economico alla clas-

se borghese e contrattando

con gli industriali occiden-

tali (emblematico il caso

della Ford che costruisce un

proprio stabilimento di trat-

tori nell’Unione Sovietica),

assumendo la priorità della

ricostruzione dell’econo-

mia, soprattutto industriale,

russa distrutta dalla guerra

mondiale prima e da quella

civile poi.

Non stupisce quindi che sarà

proprio Gramsci, ben prima o

comunque in piena condivi-

sione con Togliatti (poi segre-

tario del Cominter), a fare

proprie, con le tesi del Con-

gresso di Lione del 1926 (ove

verrà liquidata la componete

più estremista di Bordiga), le

strategie dei “fronti uniti”

con i partiti socialisti, del par-

lamentarismo democratico,

ecc., richieste dall’Unione So-

vietica a tutti i partiti comuni-

sti dell’occidente.

L’Unione Sovietica ricono-

scerà il primo governo Mus-

solini e il PCdI parteciperà al-

le ultime elezioni politiche li-

bere, anche se totalmente

truccate da un sistema di “su-

perpremio” maggioritario (as-

sai simile a quello oggi in vi-

gore), dissociandosi poi dalla

sterile opposizione dell’

“Aventino” piegata sulla spe-

ranza dell’intervento di un re

oramai votato alla subordina-

zione fascista, cercando di re-

sistere in Parlamento alla de-

riva dittatoriale che poi met-

terà fuori legge tutti i partiti,

non solo i comunisti di Gram-

sci, ma anche popolari di Don

Sturzo e liberali di Giolitti.

Alcuni anni più tardi, nel

1939, l’Unione Sovietica ne-

gozierà il trattato Molotov-

Ribbentrop di non aggressio-

ne con la Germania nazista,

cercando di allontanare il

tempo di una aggressione co-

munque certa per meglio pre-

parare le proprie difese.

Certamente, dunque, i partiti

comunisti dell’occidente fu-

rono fortemente condizionati

dalla priorità della difesa del-

la “cittadella assediata”, ma

in quella “cittadella” trovaro-

no tutti, italiani, francesi, te-

deschi, spagnoli, ecc., rifugio

dalle persecuzioni del loro

Paesi e spazi e strumenti per

riorganizzare i loro partiti

clandestini e prepararsi a

rientrare nelle rispettive na-

zioni una volta finita la guer-

ra e cadute le dittature.

Yalta non cambierà queste lo-

giche, ma assai più grande

sarà lo spazio di difesa dei

popoli sfruttati del Mondo.

E’ dentro questo complesso

scenario geo-politico che oc-

corre valutare quella che vie-

ne “incoltamente” definita la

dittatura stalinista, ma su

questo “difficile” tema torne-

remo prossimamente.

Il tempo “sbagliato”I partititi comunisti e la difesa dell’URSS

darsi una struttura analoga a

quella del Partito comunista

sovietico, a sostenere l'Urss, a

rispettare le direttive del Co-

mintern, a lottare contro la

socialdemocrazia per favori-

re la nascita di autonomi par-

titi rivoluzionari. A dirigere

l'Internazionale venne desi-

gnato un comitato esecutivo

permanente, con sede a Mo-

sca, il cui primo presidente fu

G.E. Zinov'ev. Negli anni suc-

cessivi il Comintern risentì

pesantemente dei conflitti in-

terni al gruppo dirigente del

Partito comunista dell'Urss,

che condizionò le scelte poli-

tiche subordinando in più di

un'occasione agli interessi

nazionali sovietici le esigenze

dei partiti comunisti dei vari

stati, soprattutto negli anni

di Stalin e della sua teoria del

socialismo in un solo paese.

Anche lo scioglimento del-

l'organizzazione, nel maggio

1943, maturò come conse-

guenza della politica estera

sovietica che, durante la

guerra contro il nazismo,

volle lanciare agli alleati oc-

cidentali un segnale di ricon-

ciliazione accantonando,

con l'Internazionale, il pro-

getto della rivoluzione mon-

diale di cui questa doveva

essere lo strumento operati-

vo.

gressivamente la supremazia

di classe della borghesia, con-

quistando i punti strategici

della società civile, e ponen-

do così le premesse per la

conquista del potere e la rea-

lizzazione della propria ege-

monia. La conquista dello

Stato borghese deve avvenire

dunque dall'interno della so-

cietà, attraverso una "batta-

glia delle idee" e sulla base di

una prospettiva sociale, eco-

nomica, politica, intellettuale

e morale, che sia in grado di

ottenere il consenso delle

masse.

Il Partito “intellettuale orga-

nico” deve ricucire la frattu-

ra tra cultura e vita, tra cul-

tura e masse, operata dall'in-

tellettuale tradizionale mem-

bro di una casta separata dal

popolo-nazione e, dunque,

deve essere portatore di una

"cultura nazional-popolare"

che rappresenta il cemento

del rapporto tra dirigenti e

diretti, tra governanti e go-

vernati. Solo se riesce ad ot-

tenere il consenso di tutte

masse subalterne e sfruttate,

il partito comunista può

creare un sistema di alleanze

di classe che gli permetta di

mobilitare contro lo Stato

borghese la maggioranza

della popolazione lavoratri-

ce e diventare classe dirigen-

te e dominante.

Medaglia commemorativa della

FIOM delle occupazioni del 1920

Page 20: Febbraio 2011

La “svolta” del compromessostorico voluta da Enrico Ber-linguer non ha rappresentatouno dei passaggi di maggiorerilevanza nella storia del co-munismo italiano ed europeo,tuttavia la sua vicinanza neltempo, il perdurare delle con-seguenze del suo fallimento e,soprattutto, il persistere dellecondizioni del contesto geo-politico che ebbero allora aprodurla, rendono ancoraquanto mai attuale la sua ana-lisi. Occorreranno però duepremesse molto importanti:una di lessico, la seconda diidentificazione politica che,come si vedrà, sono unite dauno stretto legame dialettico.Il lessico riguarda l’interpre-tazione della parola “svolta”che, nelle vicende del partitocomunista, viene usata in mo-do del tutto improprio. Svoltain lingua italiana significa“mutamento di direzione”,ebbene non ci sono e non sisono mai stati mutamenti didirezione nella oramai seco-lare vicenda dal partito co-munista, anche inteso comeun unico movimento mon-diale. La storia del partito co-munista si è sempre mossalungo un percorso lineare chemuovendo dalla prima defini-zione scientifica di Marx edEngels del 1848 si è natural-mente arricchita nel suo pro-cedere con innumerevoli con-tributi teorici e pratici in coe-renza con la sua natura discienza, né dogmatica, né fi-deistica. Dalla prima teoriz-zazione scientifica di Marx al-l’arricchimento anche empiri-co di Lenin, un’unica linea co-stante e coerente ha legatoGramsci a Togliatti a Longosino a Berlinguer. Questo in-troduce al secondo punto di

identificazione politica: Berlin-guer non è stato soltanto il pa-ladino dell’etica nella politica,caratteristica “ordinaria” perun comunista, Berlinguer èstato l’ultimo segretario di unpartito comunista, formatosialla scuola di Togliatti e diLongo, che si erano a loro vol-ta formati con Gramsci allascuola di Lenin. Berlinguer eraun marxista-leninista, cioè uncomunista rivoluzionario cheperseguiva il progetto di rivo-luzionamento delsistema di dominiocapitalista; altre de-finizioni non ce nesono. Il compro-messo storico,dunque, non è sta-ta una “svolta”, maun passaggio di at-tualizzazione stori-ca del percorso li-neare del comuni-smo che “aboliscelo stato di cose pre-sente” (Marx) intra-preso da Gramsci eproseguito dal suoultimo allievo (co-me segretario delpartito che ne por-tava ancora il no-me). Erano gli inizidegli anni ’70 e ungrande partito co-munista, il più grande mai esi-stito nell’occidente, forte delcontrollo di un grande sinda-cato e dialetticamente conte-stato ma anche arricchito daun fiorire di movimenti e or-ganizzazioni minori comuni-ste, aveva forse conquistatoquell’egemonia politica, eticae culturale prefigurata daGramsci. La cultura, la scien-za, l’arte, l’amministrazione, lecompetenze in ogni discipli-na, l’onestà e la dirittura mo-

rale erano allora patrimonioindiscusso del partito comu-nista italiano. Come scrivevaPasolini il partito comunistaera un paese eccellente in unpaese squalificato. Indipen-dentemente dalla percentualedel consenso elettorale il par-tito comunista italiano era al-lora in grado, non solo di in-fluire sulla politica nazionale,ma anche di condizionarne si-gnificativamente le scelte. Era-no gli anni dell’affermazione

dei diritti civili, dei diritti deilavoratori, del diritto alla salu-te, dello stato sociale in gene-re, della istruzione e dellaespansione della cultura nelsenso più ampio e vasto. Maerano anche gli anni del col-lasso economico degli US Ache con Nixon annullarono laparità del dollaro con l’oro e dilì a poco perderanno la guerradel Vietnam; ma anche dellaquasi speculare implosionedel sistema sovietico ingessa-

IV

Enrico Berlinguerun marxista-leninista rivoluzionario

ne del sud America dall’impe-rialismo USA. Il primo esperi-mento venne represso dai car-ri armati della Russia di Brez-niev, il secondo dal colpo distato organizzato, finanziatoe diretto dagli USA. Era l’11settembre 1973, il giorno incui, con il bombardamento delpalazzo della Moneda di San-tiago del Cile e l’assassinio delpresidente democraticamenteeletto Salvador Allende, ap-parve chiaro che non era pos-sibile cambiare le regole delladivisione del mondo sancitenegli accordi di Yalta e chenon sarebbe mai stato con-sentito a un partito comunistadi assumere il governo di unpaese capitalista, anche con lamaggioranza dei voti demo-craticamente espressi. Il per-corso della conquista del po-tere per via parlamentare an-dava dunque interrotto e que-

sto ha fatto Berlin-guer con la “svolta”del compromessostorico. Non si trat-tava più di inseguirela conquista dellemasse dei lavoratoricattolici alla fiduciae alla guida del par-tito comunista, madi negoziare conl’altra parte, conl’avversario, cioè di“compromettere”.Individuare gli inter-locutori del com-promesso nel mag-ma della cupola de-mocristiana non fudifficile per Berlin-guer: da un lato lacosì detta sinistracristiana sociale epopolare, dall’altro

la componente storicamenteantiamericana e anti israelia-na, quella legata alla chiesa ro-mana; Moro e Andreotti i dueinterlocutori disponibili. Ilprogetto sembrava avere avu-to successo e il PCI giunse sinoa dare l’appoggio esterno a ungoverno monocolore presie-duto da Andreotti. Sembravama non era così. Il 16 marzo1978 gli americani e i loroesecutori italiani fecero se-questrare Aldo Moro da sedi-

centi Brigate Rosse e poi, no-nostante l’opposizione delPapa romano, lo condannaro-no a morte. Il messaggio erainequivoco: neppure il com-promesso storico era pratica-bile in un paese sotto il domi-nio degli USA. Berlinguer, chepure aveva compreso la lezio-ne del Cile, non volle arren-dersi, oppure non fu più ca-pace di “arretrare” il partito,di ricondurlo nell’unico ruoloe spazio politico possibile digrande e forte partito di op-posizione, in grado di condi-zionare dall’esterno le sceltedi un governo al quale nonaveva diritto di accesso.Il partito comunista si eraoramai “votato” al potere, an-che perché infiltrato da unostuolo di non comunisti, co-munisti pentiti, “mai” comu-nisti, opportunisti in genereche avevano intravisto la pos-sibilità di utilizzarlo comeveicolo per la conquista delloro potere personale. Lamorte di Berlinguer, l’ascesaalla guida del partito comuni-sta di una nuova generazionepoliticamente incolta e mo-ralmente compromessa, for-tunosamente aiutata dal crol-lo di quel che restava dellosclerotizzato regime sovieti-co, aprì allora la strada allamutazione genetica di unpartito non più comunista,cioè non più antagonista, masolo alternativo in un condivi-so sistema di potere capitali-sta. Ci sarà infine anche l’ “al-leanza” ma non tra le massepopolari, bensì tra le caste (ilPD). Riservandoci di tornarecon maggiore profondità suquesto importante passaggiodella vicenda del comunismoitaliano, riportiamo di seguitoun estratto del primo articolopubblicato da Berlinguer sul-la rivista Rinascita all’indo-mani del colpo di stato in Cileche così recita: “trarre dallatragedia politica del Cile utiliinsegnamenti relativi a un piùampio e approfondito giudiziosia sul quadro internazionale,sia sulla strategia e tattica delmovimento operaio e demo-cratico in vari paesi, tra i qualiil nostro.”

to nella senilità politica, cultu-rale e morale brezneviana, an-ch’essa affondata nel pantanodella guerra afghana. La“guerra fredda” era finita per-ché erano entrati in crisi am-bedue i contendenti; si apriva-no allora, o almeno sembrava-no aprirsi nuovi scenari di li-berazione del mondo, tanto inoccidente quanto in oriente.I comunisti, marxisti-leninisti-gramsciani (la Cina era ancoramolto lontana dal far sentire il

suo peso politico e ideologico)erano pronti ad assumere ilgoverno anche in sistemi eco-nomici capitalisti, in occidentecome in oriente. Ad orientenel 1968 i comunisti cecoslo-vacchi avevano intrapreso conDubcek un tentativo di rivolu-zione del così detto sociali-smo reale. In occidente nel1970 il fronte di Unità Popola-re di Salvador Allende avevavinto le elezioni in Cile è postomano al progetto di liberazio-

Enrico BerlinguerRinascita, 28 settembre 1973

Gli avvenimenti cileni sono sta-ti e sono vissuti come un dram-ma da milioni di uomini sparsiin tutti i continenti. Si è avver-tito e si avverte che si tratta diun fatto di portata mondiale,che non solo suscita sentimentidi esecrazione verso i respon-sabili del golpe reazionario edei massacri di massa, e di so-lidarietà per chi ne è vittima evi resiste, ma che propone in-terrogativi i quali appassiona-no i combattenti della demo-crazia in ogni paese e muovo-no alla riflessione. Non giovanascondersi che il colpo gravis-simo inferto alla democraziacilena, alle conquiste sociali ealle prospettive di avanzatadei lavoratori di quel paese èanche un colpo che si ripercuo-te sul movimento di liberazio-ne e di emancipazione dei po-poli latino-americani e sull’in-tero movimento operaio e de-mocratico mondiale; e cometale è sentito anche in Italia daicomunisti, dai socialisti, dallemasse lavoratrici, da tutti i de-mocratici e antifascisti.Ma come sempre è avvenuto

di fronte ad altri eventi di taledrammaticità e gravità, i com-battenti per la causa della li-bertà e del socialismo non rea-giscono con lo scoramento osolo con la deprecazione e lacollera, ma cercano di trarreun ammaestramento. In que-sto caso l’ammaestramentotocca direttamente masse ster-minate della popolazionemondiale, chiamando vastistrati sociali, non ancora con-quistati alla nostra visione del-lo scontro sociale e politico cheè in atto nel mondo di oggi, ascorgere e intendere alcuni da-ti fondamentali della realtà.Ciò costituisce una delle pre-messe indispensabili perun’ampia e vigorosa parteci-pazione alla lotta volta a cam-biare tali dati.Anzitutto, gli eventi cileniestendono la consapevolezza,contro ogni illusione, che i ca-ratteri dell’imperialismo, e diquello nord-americano in par-ticolare, restano la sopraffa-zione e la jugulazione econo-mica e politica, lo spirito di ag-gressione e di conquista, la ten-denza a opprimere i popoli e aprivarli della loro indipenden-za, libertà e unità ogni qualvol-

ta le circostanze concrete e irapporti di forza lo consenta-no. In secondo luogo, gli avve-nimenti in Cile mettono in pie-na evidenza chi sono e dovestanno nei paesi del cosiddetto«mondo libero», i nemici dellademocrazia. L’opinione pub-blica di questi paesi, bombar-data da anni e da decenni dauna propaganda che additanel movimento operaio, nei so-cialisti e nei comunisti i nemicidella democrazia, ha oggi da-vanti a sé una nuova lampan-te prova che le classi dominan-ti borghesi e i partiti che le rap-presentano o se ne lasciano as-servire, sono pronti a distrug-gere ogni libertà e a calpestareogni diritto civile e ogni princi-pio umano quando sono colpitio minacciati i propri privilegi eil proprio potere.Compito dei comunisti e di tuttii combattenti per la causa delprogresso democratico e dellaliberazione dei popoli è di farleva sulla più diffusa consape-volezza di queste verità per ri-chiamare la vigile attenzionedi tutti sui percoli che l'impe-rialismo e le classi dominantiborghesi fanno correre alla li-bertà dei popoli e all’indipen-

denza delle nazioni, e per svi-luppare in masse sempre piùestese l’impegno democratico erivoluzionario per modificareulteriormente, nel mondo e inogni paese, i rapporti di forzaa vantaggio delle classi lavora-trici, dei movimenti di libera-zione nazionale e di tutto loschieramento democratico eantimperialistico. Gli avveni-menti del Cile possono e devo-no suscitare, insieme a un pos-sente e duraturo movimento disolidarietà con quel popolo, unpiù generale risveglio delle co-scienze democratiche, e so-prattutto una azione per l’en-trata in campo di nuove forzedisposte a lottare concreta-mente contro l’imperialismo econtro la reazione. A questo fi-ne è indispensabile assolvereanche al compito di una atten-ta riflessione per trarre dallatragedia politica del Cile utiliinsegnamenti relativi a un piùampio e approfondito giudiziosia sul quadro internazionale,sia sulla strategia e tattica delmovimento operaio e demo-cratico in vari paesi, tra i qualiil nostro [...]Il nostro partito ha sempre te-nuto conto del rapporto impre-scindibile tra questi due piani.Da una parte, come ci ha abi-tuato a fare Togliatti, abbiamocercato di valutare fredda-mente le condizioni complessi-ve dei rapporti mondiali e il

contesto internazionale in cui ècollocata l’Italia. Dall’altra par-te ci siamo sforzati di indivi-duare esattamente lo stato deirapporti di forza all’interno delnostro paese.In particolare abbiamo sem-pre dato il dovuto peso in tuttala nostra condotta al dato fon-damentale costituito dall’ap-partenenza dell’Italia al bloccopolitico-militare dominato da-gli Usa e agli inevitabili condi-zionamenti che ne conseguo-no. Ma la consapevolezza diquesto dato oggettivo non ciha certo portato all’inerzia ealla paralisi. Abbiamo reagitoe reagiamo con la nostra ini-ziativa e con la nostra lotta.Tutti i tentativi di schiacciarcio di isolarci li abbiamo respin-ti. La nostra forza e la nostrainfluenza fra le masse popola-ri e nella vita nazionale sonoanzi cresciuti. Su questa stra-da si può e si deve andareavanti. Dunque, anzitutto, sitratta di modificare gli internirapporti di forza in misura ta-le da scoraggiare e renderevano ogni tentativo dei gruppireazionari interni e internazio-nali di sovvertire il quadro de-mocratico e costituzionale, dicolpire le conquiste raggiuntedal nostro popolo, di spezzar-ne l’unità e di arrestare la suaavanzata verso la trasforma-zione della società. [...]Gli avvenimenti cileni ci solleci-

tano a una riflessione attentache non riguarda solo il qua-dro internazionale e i problemidella politica estera, ma anchequelli relativi alla lotta e allaprospettiva della trasforma-zione democratica e socialistadel nostro paese. Non devonosfuggire ai comunisti e ai de-mocratici le profonde differen-ze tra la situazione del Cile equella italiana. Il Cile e l’Italiasono situati in due regioni delmondo assai diverse, qualil’America latina e l’Europa oc-cidentale. Differenti sono an-che il rispettivo assetto sociale,la struttura economica e il gra-do di sviluppo delle forze pro-duttive, così come sono diversiil sistema istituzionale (Repub-blica presidenziale in Cile, Re-pubblica parlamentare in Ita-lia) e gli ordinamenti statali.Altre differenze esistono nelletradizioni e negli orientamentidelle forze politiche, nel loropeso rispettivo e nei loro rap-porti. Ma insieme alle differen-ze vi sono anche delle analo-gie, e in particolare quella chei comunisti e i socialisti cileni sierano proposti anch’essi diperseguire una via democrati-ca al socialismo. Dal complessodelle differenze e delle analo-gie occorre dunque trarre mo-tivo per approfondire e preci-sare meglio in che cosa consi-ste e come può avanzare la viaitaliana al socialismo.

Imperialismo e coesistenzaalla luce dei fatti cileni

Il “Compromesso Storico”Le ragioni della “svolta” e le conseguenze del suo fallimento