Fatica e morte in miniera

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Centro Studi Cultura e Società con il patrocinio di Fatica e morte in miniera Quaderni di Storia Viva Centro Studi Cultura e Società – Fatica e morte in miniera- pag 1 di 40

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Martedì 24 maggio 2016 il Centro Studi Cultura e Società di Torino ha voluto ricordare, con una mostra ed un reading poetico-letterario, due grandi tragedie minerarie: Cozzo Disi e Marcinelle. Cozzo Disi e Marcinelle sono sinonimo di zolfo e carbone e testimoniano una storia di fatica, sfruttamento e morte. Abbiamo raccontato la dura vita di quei bambini, donne e uomini che hanno lavorato in quelle bolge infernali che erano le miniere, facendo nostro l'appello rivolto dai minatori a Pablo Neruda “Dovunque vai, parla di questi tormenti, parla fratello, del tuo fratello, che vive là sotto nell'inferno”. Alla serata ha dato lustro la partecipazione di eminenti personalità di Cianciana, dalle cui viscere sono state estratte migliaia di tonnellate del biondo minerale, che hanno contribuito in un clima di vera amicizia a sviluppare i temi del reading. Un nostro caloroso abbraccio ed un sentito grazie vanno a: Santo Alfano: Sindaco di Cianciana, Vincenzo Chiazza: scultore, autore d

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Centro Studi Cultura e Societàcon il patrocinio di

Fatica e morte in miniera

Quaderni di Storia Viva

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Stampato a Torino presso la Tipografia Agat – Maggio 2016

In copertina: Dalla pirrera a Charleroi di Dino Vaccaro; olio e acrilico su tela, 50 x70

Centro Studi Cultura e Società Tel: 011 4333348 – 347 8105522

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PREFAZIONE

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Nel sottile filo tra la vita e la morte ci sono le vicende di tante persone chehanno lasciato una traccia nella storia patria; tra queste i bambini, le donnee gli uomini che hanno lavorato in quelle bolge infernali che sono state leminiere; il loro vissuto di minatori, spesso anche emigranti, è una storiatriste di miseria, di sfruttamento, di sofferenza, di abbrutimento, dinegazione della dignità umana e purtroppo anche di morte.Il mondo ctonio della miniera, come ricorda Eugenio Giannone, "haattratto scrittori, drammaturghi, poeti colti e popolari e artisti di variogenere (dalla pittura alla musica, dalla scultura alla macchina da presa,al canto), non lasciando nessuno indifferente". Per questa serata di Storia Viva, che intende ricordare due granditragedie minerarie avvenute nella zolfara Cozzo Disi (4 Luglio 1916) e nellaminiera di carbone di Marcinelle (8 Agosto 1956), si è voluto seguireproprio questa impostazione, individuando quelle poesie, quei dipinti, queipezzi di narrativa e quelle fotografie che servissero a squarciare quel velodi oblio che è caduto su una realtà che, almeno in Italia, è solo più ilretaggio di un passato di duro lavoro, molto spesso invalidante, a volteanche mortale.Si è cercato di far nostro l'appello che i minatori rivolsero a Pablo Neruda:

… Io sentii una voce che venivagiù dal fondo stretto del pozzo,e poi di là vidi spuntareuna creatura senza volto,una maschera polverosadi sudore, di sangue e polvere.

E quella mi disse “Dovunque vaiparla di questi tormentiparla fratello, del tuo fratello,che vive là sotto nell'inferno”

Da ”Fra i minatori” di Pablo Neruda

Pier Carlo Musso

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SOMMARIO

I due anniversari pag. 7

I principali disastri minerari in Italia pag. 9

I siti minerari in Italia dal 1870 al 2012 pag. 10

Un po' di storia pag. 11

Lo sviluppo delle zolfare pag. 13

Pirrera, nfernnu veru pag. 15

La vita in miniera pag. 16

La dura vita dei minatori pag. 18

I poveri carusi pag. 20

E lo zolfo va …. pag. 27

Donne in miniera pag. 28

Mogli e vedove pag. 30

Le rivendicazioni degli zolfatari pag. 33

Emigrare per necessità …. morire per “fatalità” pag. 35

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I due Anniversari

Cozzo Disi. 4 luglio 1916: 89 zolfatari morti

Marcinelle. 8 agosto 1956: 262 minatori morti, 136 sono italiani

La zolfara di Renato Guttuso e stralcio di Nun sugnu pueta di Ignazio Buttitta

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Da articolo di Igor Man su La Stampa del 31/08/1996

..... dire, sentire "caruso" vuol dire ricordarsi, in un soprassalto diincredula pena, di quei ragazzi che, a torso nudo, lavoravano nelleminiere di zolfo, le famose solfatare.Gravati dalle cofane stracolme del minerale acre nel suo citrigno coloree trasferendosi dal profondo della vena ai carrelli del trasporto, il lorosudore si faceva giallo-sieroso ed essi, i "carusi" era come se fosseroimmersi in un perverso liquido amniotico che gli mangiava i polmoni egli rubava la vita, giorno per giorno.

Uno dice, o scrive, Marcinelle e per i giornalisti della mia generazione,per vecchi italiani emigrati in Belgio e rimasti laggiù oppure tornati inItalia col gruzzolo e la silicosi, e per tanti, molti ancora, italiani e non,Marcinelle vuol dire miniera. Vuol dire carbone. Vuol dire fatica emorte; vuol dire un punto fermo della storia della nostra emigrazione,un lungo grido disperato nella storia della (ineludibile?) sottomissionedell'uomo alla mina.

Gessolungo (CL) Cimitero dei carusi

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I principali disastri minerari in Italia

Cozzo Disi (AG), 1916: 89 mortiTrabonella (CL), 1863: 82 mortiBeth Ghinivert (TO), 1904: 81 morti (slavina travolge minatori alrientro in paese)Virdilio (AG), 1886: 68 mortiGessolungo (CL), 1881: 65 morti, di cui 19 carusiTrabonella (CL), 1867: 50 mortiRibolla (GR), 1954: 43 mortiTumminelli Junco (CL), 1882: 41 mortiTrabonella (CL), 1911: 40 mortiSommatino (CL), 1883: 39 morti

da Ribolla Story di Walter Scapigliati

da La Domenica del Corriere

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I siti minerari in Italia dal 1870 al 2012 (APAT)

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Un po' di storia

Da “Le parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia

L'epoca d'oro delle zolfare è certo quella dell'ottocento, quando gentenuova cominciò a tarlare le terre aride dell'altopiano, borgesi che sottola terra stenta che coltivavano sentirono gialle vene di ricchezzaimprovvisamente splendere; di uno si racconta che nell'ozio di unmeriggio vide lo zolfo affiorare da un formicaio, e diventò ricco; e sequalcuno sbagliava, bucava a vuoto e si impegnava fino ai capelli, nonpochi erano quelli che fondavano grandi fortune, ...

Da “Non si passa” di Eugenio e Monica Giannone

All'inizio del XIX secolo erano attive in Sicilia 6 miniere, ne furonoaperte una novantina tra il 1820 e il 1830. Nel 1860 le zolfaresuperarono le 300 unità, mentre nei primi del '900 diventarono 886. Laparabola discendente e irreversibile inizia nel 1905-1906 …..

Da Repertorio delle miniere del 1921,situazione al 31/12/1919

Le miniere esistenti in Sicilia ammontano a oltre 1300, di cui 1274 dizolfo; ma essendo la maggior parte di esse di assai limitata importanza,od in condizioni tali da non poter essere esercitate con profitto, si ècreduto opportuno indicare nel presente elenco soltanto quelle che sipresumono suscettibili di una lunga e utile coltivazione (65 miniere)

Da “Viaggio in Italia” di Guido Piovene

La polemica contro i proprietari delle miniere è vivace. Ripete le accusedi ignavia mosse ai proprietari terrieri, che poi talvolta sono le stessepersone. Le miniere si trovano nelle zone dei latifondi; quasi sempre iconcessionari sono anche i proprietari della superficie, gente pertradizione dedita all'agricoltura. Non industriali per carattere,lasciarono invariati i vecchi impianti e non pensarono a formarsi unmercato stabile, avvezzi a scorgere nella loro miniera solo una sorgentedi lucro...

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Da “Non si passa” di Eugenio e Monica Giannone

L'industria estrattiva siciliana non poteva avere prospettive per carenzadi capitali da investire, di infrastrutture, strade e ferrovie, per l'allorainsufficienza di porti, per mancanza di spirito associativo, perl'eccessivo sfruttamento degli zolfatari …..Le miniere siciliane sono state chiuse e questa e la realtà .. ne resta unretaggio storico, letterario, antropologico, socio-culturale che non deveessere disperso.

A cosa sono serviti cento e più anni di sofferenza, di lotte, di sanguesolfataro se ora gli spalti delle miniere sono invasi dall'erba e sui pozzisi addensa un silenzio di morte?

Mario Farinella, poeta e giornalista siciliano

Miniera di Cozzo Disi (AG)

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Lo sviluppo delle zolfareimpatto sul territorio e sul sociale

Da “Le parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia

Per le zolfare l'aria di Regalpetra prendeva un che di acre, brunival'argento che veniva ad ornare le case dei nuovi ricchi, persino negliabiti l'acre odore dello zolfo bruciato stingeva. Le colline ... assumevanoun fossile tono rossastro, nei campi vicino alle zolfare le spighe nongranivano più per il fiato dei calcheroni.

Miniera di zolfo di Albino Petrillo

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Da “Il fumo” di Luigi Pirandello

Appena i zolfatari venivan sù dal fondo della «buca» col fiato ai denti ele ossa rotte dalla fatica, la prima cosa che cercavano con gli occhi eraquel verde là della collina lontana, che chiudeva a ponente l'ampiavallata.

Qua, le coste aride, livide di tufi arsicci, non avevano più da tempo unfilo d‘erba, sforacchiate dalle zolfare come da tanti enormi formicaj ebruciate tutte dal fumo.

Sul verde di quella collina, gli occhi infiammati, offesi dalla luce dopotante ore di tenebra laggiù, si riposavano. …...

I carusi, ... guardando a quella collina ... pensavano alla vita dicampagna, vita lieta per loro, senza rischi, senza gravi stenti làall'aperto, sotto il sole, e invidiavano i contadini. "Beati loro!"

Per tutti, infine, era come un paese di sogno quella collina lontana. Di làveniva l'olio alle loro lucerne che a mala pena rompevano il crudotenebrore della zolfara; di là il pane, quel pane solido e nero che liteneva in piedi per tutta la giornata; di là il vino, l'unico loro bene, ilvino che dava loro il coraggio, la forza di durare a quella vitamaledetta, se pur vita si poteva chiamare: parevano, sottoterra, tantimorti affaccendati.

I contadini della collina, all'incontro, perfino sputavano: — Puh! —guardando a quelle coste della vallata. Era là il loro nemico: il fumodevastatore.

E quando il vento spirava di là, recando il lezzo asfissiante dello zolfobruciato, guardavano gli alberi come a difenderli e borbottavanoimprecazioni contro quei pazzi che s'ostinavano a scavar la fossa alleloro fortune e che, non contenti d'aver devastato la vallata, quasiinvidiosi di quell'unico occhio di verde, avrebbero voluto invadere coiloro picconi e i loro forni anche le belle campagne. …..

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Pirrera, nfernnu veru

Da “Morire di piombo per non morire di fame” di EugenioGiannone

L’unico modo per descrivere quel mondo senza luce, rischiarato solodal lustro di una fioca acetilene … era ricorrere alla metaforadell’inferno

Da “Viaggio in Sicilia” di Guy de Maupassant

…... dappertutto attorno a Girgenti si stende la singolare contrada delleminiere di zolfo. Qui tutto è zolfo, la terra, le pietre, la sabbia, tutto …Dopo la collina dei templi di Girgenti comincia una contradastupefacente che sembra l’autentico reame di Satana, poiché se, come losi credeva una volta, il diavolo abita in un vasto paese sotterraneo,pieno di zolfo in fusione, in cui fa bollire i dannati, è sicuramente inSicilia che ha eletto il suo misterioso domicilio

Da “The Man Farthest Down” di Booker T. Washington

Io non posso sapere fino a che punto esista un inferno fisico nell'altromondo, ma una miniera di zolfo in Sicilia è la cosa più vicina al diavoloche mi aspetto di vedere in questa vita

da Visibilia di Fulvio Roiter

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La vita in miniera“trincea di pane e di lutto” (così la definisce Salvatore Galletti neSurfaru e surfarara)

Da “Le parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia

«Provati, provati a scendere per i dirupi di quelle scale» ...- «visitaquegli immensi vuoti, quei dedalei andirivieni fangosi, esuberanti dipestifere esalazioni, illuminati tetramente dalle fuligginose fiamme dellecandele ad olio: caldo afoso, opprimente, bestemmie, un rimbombare dicolpi di piccone, riprodotto dagli echi; dappertutto uomini nudi,stillanti sudore, uomini che respirano affannosamente, giovani stanchi,che si trascinano a stento per le lubriche scale, giovinetti, quasifanciulli, a cui più si converrebbero giocattoli, e baci, e tenere maternecarezze, che prestano l'esile organismo all'ingrato lavoro per accrescerepoi il numero dei miseri deformi». E quando dalla notte della zolfara ipicconieri e i carusi ascendevano all'incredibile giorno delladomenica, ... cercavano nel vino un diverso modo di sprofondare nellanotte, senza pensiero, senza sentimento del mondo.

L'nfernnu veru descritto da Alessio Di Giovanni

E sempre di là sotto viene un cantoche sembra di quel buio il lamento,

Si ferma un poco ….dopo, ad ogni tanto

s'innalza più malinconico, più lento.Ogni uccellino colto da spavento

fugge quel luogo scuro, quel lamento.I poggi muti ascoltano quel pianto,e smette di gridare anche il vento.

Poveri solfatari sventurati come la notte il giornoMa zittisce la voce lenta alla calurache stagna nelle grotte amareggiate

e alla campagna resta di quegli afflitti l'eco e con il cielo si lamenta ….

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Da “Voci del feudo” di Alessio Di Giovanni

Carnala, e no surfara t'he chiamari,carnala, no di morti ma di vivi...Lu stessu suli si scanta a calarini la vaddata fridda comu nivi...

I picconieri di Croce Armonia

E cu lu scuru vaju e cu lu scuru vegnue cu lu scuru fazzu la jurnata.

E cu lu scuru fazzu la jurnatasempri a lu lustru di 'na 'citalena

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La dura vita dei minatori

Da “Il canto dei minatori” di Mario Rapisardi

Tra cieche forre, tra rocce pendentisul nostro capo, entr’oscure caverne,

fra pozzi cupi e neri anditi algenti,fra rei miasmi, fra tenebre eterne,

D’ogni consorzio, dal mondo noi scissi,a nutrir gli ozj d’ignoti signori,

noi picconieri di monti e di abissi,sepolti vivi scaviamo tesori …..

A noi non occhio d’azzurro, non sole,non aura sana d’amore e di vita,

non guardo amico, non dolci parole,ma pena eterna, ma notte infinita.

Uomini forse non siamo? Qual tristodestin c’infligge sì fiera condanna?

Se esiste Dio, se incarnato s’è Cristo,perché all’inferno ancor vivi ci danna?

Scaviam, scaviam: chi sa? forse tra pococi mozza il fiato quest’aria maligna,ci schiaccia il monte, divoraci il foco:

vedete? In fondo la Morte sogghigna......

Lu cantu di li surfari (canzone popolare)

Poveri surfarara sfurtunati,comu la notti jornu la faciti!

Cu venticincu grana chi vuscatiSubitu a la taverna vi nni jiti.

E, si pi sorti, caditi malatipi lu 'spitali subitu partiti....

Faciti testamentu … e chi lassati?Un strazzu di marruggiu, si l'aviti!...

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Da “Filastrocca del minatore” di Lido Marchetti (ex minatore)

Quando a vent’anni arrivava la serae ritornavo dalla miniera

sudato stanco e col viso neronon ci pensavo che fosse veroche dopo poco sarei diventato

anch’io come tanti per sempre malatodel male tremendo che incute terrore

il “Male Comune” del minatore.Un’ora di strada al mattino ed alla sera

Per lavorare nella minieraE ci si andava non c’erano appigli

Là dentro era il pane dei nostri figli. …...

erano otto ore di duro martelloe dopo poco che si minavagià malamente si respiravadal polverone che si faceva

a volte la lampada non si vedevae si cantava e non si pensava

a quel malanno che lì si pigliava.Con poco pane nella bisacciaE poco vino nella borraccia

A metà turno si strappava un bocconeE poi di nuovo nel polverone

Finché stremati si arrivava alla seraCon poco guadagno e più tisi nera.

Oh quanti compagni del nostro mestiereHan già lasciato parenti e miniere

Le hanno lasciate di notte e di giornoPer quel lungo viaggio senza ritornoE sono partiti fra stenti ed affanni

I più non avevano ancor cinquant’anni ….

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I poveri carusi

Il “caruso” è il bambino, che per pochi soldi viene ceduto dai proprifamiliari “in affitto” (in gergo soccorso morto) ai picconieri dellaminiera.“E' il personaggio più romanticamente drammatico, il più sfruttato esventurato di questo inferno di vivi”

da “Non si passa” di Eugenio e Monica Giannone

Caruso da il Giornale di Sicilia

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Da “Il sonaglio” di Andrea Camilleri

Mi chiamo Filibertu Alagna e vengo da un paisi ricco che si chiamaAlagona. E' un paisi ricco pirchì havi cinco minere che sunno i postiindove scavanno veni fora il surfaro... Nelle minere travagliano, pagatibono, òmini granni, carusi e picciotteddri. L'etati dei carusi va dai se'all'unnici anni, quella dei picciotteddri dai dudici ai diciotto. Per ogniiornata di travaglio al caruso spettano ottantacinco cintesimi, alpicciotteddro ’nveci novanta. Vi spiego come funziona la facenna.Ogni caruso o picciotteddro veni pigliato in custoddia da un picconeri,…... Il picconeri, in cangio di vostro figlio, vi duna ’na cosa che sichiama soccorso morto. Soccorso significa aiuto e morto veni a diri chevoi ve lo pigliate e non doviti arrestituirglielo. Il soccorso morto consistiin ducento liri, arripeto, ducento liri, che io vi dugno manu cu' manu, eper conto del picconeri, al momento nel quale mi consegnate vostrofiglio .... Mi state accapennu? Questi sordi addiventano vostri e vui nepotiti fari quello che voliti e non doviti renniri cunto a nisciuno.Pinsatici bono. Un caruso sino a deci, undici anni, che vi rappresenta ’nfamiglia? Un piso. Non travaglia ed è ’na vucca da sfamari. Dànnolo amia, il caruso travaglia e guadagna, non vi pisa cchiù supra alli spalli evui v’attrovati ad aviri ’n mano tanto dinaro che manco in sogno.Parlatene a tutte le fimmine che accanoscite e parlatene coi maritivostri. .. Portatemi i figli vostri e io ve li pago subito. ... Non facitiviscappari la fortuna.

Da “L'agitazione in Sicilia” di Adolfo Rossi

...vedemmo in lontananza un ragazzo di nove o dieci anni, basso erachitico, che fuggiva per la campagna brulla, inseguito a duecentometri circa di distanza da un uomo senza berretto e dalle vesti sporchedi zolfo, che per correre meglio s'era levate le scarpe e con esseminacciava il fuggitivo con atti di ira feroce.- È un picconiere — ci dissero i contadini — che cerca di ripigliarsi uncaruso scappato. Se lo prende, lo concia per la feste! Sono cose chesuccedono qui tutti i giorni..…... - È nel suo diritto … ll caruso gliappartiene. … - Quando si tratta di qualche scapaccione — ci disse uncaruso che faceva parte della nostra comitiva — sono cose da nulla. Ilmale è quando il picconiere adopera il bastone. La settimana scorsa ilcaruso Angeleddu, d'anni tredici, fu ucciso dal suo picconiere con ottobastonate.

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Da “Morire di piombo per non morire di fame” di Eugenio Giannone

Rosso e Ciàula, “due reietti della società, …. , assetati di aria e di affetti,che dai picconieri e dagli altri lavoratori della miniera vengonoaccarezzati a calci.”

Da “Rosso Malpelo” di Giovanni Verga

Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manicodi badile, o di cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti, adormire sui sassi colle braccia e la schiena rotta da quattordici ore dilavoro; anche a digiunare era avvezzo, allorché il padrone lo punivalevandogli il pane o la minestra. Ei diceva che la razione di busse non gliel'aveva levata mai, il padrone;ma le busse non costavano nulla. Non si lamentava però, e si vendicavadi soppiatto, a tradimento, con qualche tiro di quelli che sembrava ciavesse messo la coda il diavolo: perciò ei si pigliava sempre i castighi,anche quando il colpevole non era stato lui. Già se non era stato luisarebbe stato capace di esserlo, e non si giustificava mai: per altrosarebbe stato inutile. ... Nessuno avrebbe potuto dire se quel curvare il capo e le spalle semprefosse effetto di fiero orgoglio o di disperata rassegnazione, e non sisapeva nemmeno se la sua fosse salvatichezza o timidità. Il certo era chenemmeno sua madre aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi nongliene faceva mai.Sua madre, la vedova di mastro Misciu, era disperata di aver per figlioquel malarnese, come dicevano tutti, ed egli era ridotto veramente comequei cani, che a furia di buscarsi dei calci e delle sassate da questo e daquello, finiscono col mettersi la coda fra le gambe e scappare alla primaanima viva che vedono, e diventano affamati, spelati e selvatici comelupi. Almeno sottoterra ... brutto, cencioso e lercio com'era, non lobeffavano più, e sembrava fatto apposta per quel mestiere persin nelcolore dei capelli, e in quegli occhiacci di gatto che ammiccavano sevedevano il sole

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Rosso Malpelo, disegni di Mirco Greselin, colorazione di Carlo Sandri

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Da “Ciaula scopre la luna” di Luigi Pirandello

Zi‘ Scarda piegò la testa da un lato, stiracchiò verso il lato opposto illabbro inferiore, e rimase così per un pezzo, come in attesa ….. Quelloera il versaccio solito, con cui, non senza stento, si conduceva pian pianoin bocca la grossa lagrima, che di tratto in tratto gli colava dall'altroocchio, da quello buono.

Aveva preso gusto a quel saporino di sale, e non se ne lasciava scapparvia neppur una.

Poco: una goccia, di tanto in tanto; ma buttato dalla mattina alla seralaggiù, duecento e più metri sottoterra, col piccone in mano, che a ognicolpo gli strappava come un ruglio di rabbia dal petto, zi' Scarda avevasempre la bocca arsa: e quella lagrima, per la sua bocca, era quel cheper il naso sarebbe stato un pizzico di rapè. Un gusto e un riposo.Quando si sentiva l‘occhio pieno, posava per un poco il piccone e, ...stava ad aspettar che la lagrima gli colasse giù, lenta, per il solcoscavato dalle precedenti.

Gli altri, chi il vizio del fumo, chi quello del vino; lui aveva il vizio dellasua lagrima.

Era del sacco lacrimale malato e non di pianto, quella lagrima; ma siera bevute anche quelle del pianto, zi' Scarda, quando, quattr'anniaddietro, gli era morto l'unico figliuolo, per lo scoppio d'una mina,lasciandogli sette orfanelli e la nuora da mantenere. Tuttora glieneveniva giù qualcuna più salata delle altre; ed egli la riconosceva subito:scoteva il capo, allora, e mormorava un nome:- Calicchio. ..

In considerazione di Calicchio morto, e anche dell'occhio perduto per loscoppio della stessa mina, lo tenevano ancora lì a lavorare. Lavoravapiù e meglio di un giovane; ogni sabato sera, la paga gli era data, e perdir la verità lui stesso se la prendeva, come una carità che gli facessero:tanto che, intascandola, diceva sottovoce, quasi con vergogna:

- Dio gliene renda merito.

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Zi Scarda, disegni di Gisella Leone

Da “La poesia dei minatori” di Giovanni Bartolomeo

Lu suli dormi ancora lagnusu,mi susu e partu: sugnu carusu, ...

Ogni mattina la stessa guerraaspra m'aspetta sutta la terra...Acchianu e scinnu milli scalunasurfaru e tufu pi li patruna …

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“A li matri di li carusi” di Ignazio Buttitta

Matri / chi mannati li figghi a la surfara / iu vi dumannu / pirchì a li vostri figghi / ci faciti l’occhi / si nun ponnu vidiri lu jornu? /

Pirchì ci faciti li pedi / si camminunu a grancicuni? / Nun li mannati a la surfara / Si pani un nn’aviti / scippativi na minna / un pezzu di mascidda / pi sazialli

disiddiraticci la morti chiuttostu / megghiu un mortu / mmennzu la casa/ stinnicchiatu supra un linzolu arripizzatu / ca lu putiti chianciri / e staricci vicinu.

Megghiu un mortu cunzatu / supra lu lettu puvireddu / di la vostra casa/ cu la genti ca veni a vidillu / e si leva la coppula / mentri trasi.

Megghiu un mortu dintra / ca vrudicatu sutta la surfara / cu vuatri supra dda terra / a chianciri / a raspari cu l’ugna / a manciarivi li petri /a sintiri lu lamentu / e nun putiricci livari / di ncoddu li petri / chi lu scafazzanu

Facitili di surfaru li figghi!

Generazioni in miniera

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E lo zolfo va ….

Da “Cercavano la luce” di Renato Malta

.. in Sicilia, nell'ultimo ventennio dell'Ottocento e prima decade delNovecento, circa 40.000 solfatari fornivano il 98% della produzionemondiale di zolfo ….

da “Non si passa” di Eugenio e Monica Giannone

Molti forestieri e pochissimi siciliani si sono arricchiti con il nostro zolfoe quasi mai i proventi sono stati reinvestiti nella nostra Terra.

da una poesia di Filippo Passeo

..... le piramidi di zolfo allineate sulla spiaggia / come lingottiscintillanti; / steso sulla rena, c'era / tutto il cuore d'oro estirpato allaSicilia. / Quanti corsari a sbudellare l'Eldorado!E lo zolfo se ne andava via lontano / scricchiolando in tartane come unpianto / prima che piroscafi fischiando / lo rapinassero per sempre. /Restava sulla rena, / la polvere d'una Sicilia sventrata. .....

Porto Empedocle

Fotografia di Agatocle Politi, da "Girgenti. Da Segesta a Selinunte"

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Donne in miniera

“Nei lavori sotterranei delle cave, delle miniere e delle gallerie nonpossono essere impiegati i fanciulli di età inferiore ai 13 anni compiuti ele donne di qualsiasi eta...”

Art. 1, Legge 19 giugno 1902

È vietato adibire … i minori di anni 16 nei lavori sotterranei delle cave,miniere e gallerie ove non esiste trazione meccanica, nonché le donne diqualsiasi età nei lavori sotterranei delle cave, miniere e gallerie anche seesista trazione meccanica..

Art. 6. Legge 653 del26 aprile 1934

da “La miniera di Masua” di Gabriele D'Annunzio

Sotto le tettoie ferve l'opera. .. Qualche donna, col capo coperto d'unostraccio, sta seduta al sole, picchiando senza riposo il martello su pezzidi calamina; pare che la stanchezza non le vinca il polso; ha gli occhisocchiusi, le labbra serrate, e picchia, picchia, picchia, stordita di queicolpi, quasi dimenticando di vivere

Il lavoro in miniera ha preteso un contributo di sangue, oltre a quello dizolfatari e carusi, anche dalle donne e bambine.Era il 4 maggio 1871. Trenta tra donne e bambine a Montevecchio, nelMedio Campidano, rimasero nel cantiere a riposare. Sopra il dormitorioc’era una grossa vasca d’acqua che serviva per lavare i minerali, si ruppee fece crollare il tetto. Morirono in 11. La più anziana avevacinquant'anni e la più giovane era una bambina di undici.

La miseria di Iride Peis

La miseria ha il volto di quella donna / che spinge i vagoni carichi diminerale / che ha la pelle grinzita / le unghie orlate di nero / calcagnispaccati e duri / gli occhi febbricitanti / il corpo magro e secco / dallafatica e dai patimenti. La miseria, in miniera / è il denominatorecomune di tutte le donne in miniera.

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“Cernitrici” di Iride Peis

Non dimenticateci / Anche noi abbiamo fatto la storia. / Il nostrocontributo / di fatica e sofferenza / di sacrificio e / di coraggio, / disolidarietà e di amore, / ha dato al duro lavoro di miniera / un volto didignità e umanità / che solo noi donne / sappiamo portare ovunque.

Cernitrici al lavoro

Da “Madre nostra Maria minerale” di Bruno Tognonini

“Madre nostra che sei nella terra. Dura madre che sei nella pietra,dimmi tu in che buio è chiuso il mio adorato.Minatore che scassi le vene del monte, manovale che sgombri la rocciasfasciata, arganista che sollevi i vagoncini, tiramelo fuori da laggiù. Cheun giorno le mie mani, queste pietre che spaccano pietre, sentano conuna fitta spaccacuore … la conchiglia della sua adorata fronte”.....

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Mogli e vedove

Surfararu lo voglio e no viddanu, ca di sita mi fa lu fallarino

Cu surfararu m'haj a fari zita, ca iddu lu sciallu mi lu fa di sita

Da “Ribolla, la tragedia” di Erino Pippi

..Chi lega la propria esistenza alla miniera impara a convivere anchecon la morte.

Le mogli dei minatori di Renato Guttuso

Dal film “La Rabbia, sequenza della disgrazia in miniera” di PierPaolo Pasolini

E' la classe degli scialli neri di lana, / dei grembiuli neri da poche lire, /dei fazzoletti che avvolgono / le facce bianche delle sorelle, / la classedegli urli antichi, / delle attese cristiane, / dei silenzi fratelli del fango / edel grigiore dei giorni del pianto, / la classe che dà supremo valore / allesue povere mille lire, / e, su questo, fonda una vita / appena capace diilluminare / la fatalità del morire

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Da “Lutto alla zolfara” di Pino Vicari

È crollata la miniera, sono morti tutti. Questa la voce che si propagòcome un fulmine in mezzo ai quartieri popolari della cittadina di Enna.Donne che si affacciavano alla porta, le finestre e i balconi pieni didonne e di bambini. Cosa è successo? Com'è stato? Quanti sono imorti? Queste frasi volavano da porta in porta da finestra a finestra.Sono morti tutti, è crollata la miniera, diceva qualcuno. …..

Le donne incominciavano a riversarsi nelle vie, i bambini uscivano dacasa, con il berretto di lana sulla testa gridando, non si capiva ancoracosa era accaduto e cosa si doveva fare. Mille proposte, mille decisioni,ma nessuno si muoveva. Alle lacrime di molte madri fecero seguitoquello dei bambini che incominciavano a gridare, Papà! Tutto il paeseera in movimento, ... Chi piangeva, chi gridava. Ad un tratto una donnagridò: Partiamo tutti, andiamo alla Miniera.

Fu un attimo, da tutti i quartieri partirono colonne di donne con i lorobambini in braccio, i capelli sciolti bagnati dalla nebbia umida ennese,era un popolo che si muoveva verso la miniera.....

Quelle povere mogli di zolfatari, quelle povere madri che si vedevanocon il figlio, con lo sposo solo un giorno la settimana e quando il lunedìpartivano era come se partissero per la guerra, non si sapeva sesarebbero ritornati

Da il cammino della speranza di Pietro Germi

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“Ballata delle vedove di Osseg“di Bertold Brecht

Le vedove di Osseg tutte vestite a luttosono venute a Praga a domandare:che cosa farete per i nostri figlioli, cara gente?Oggi non hanno ancora mangiato nulla!E i loro padri son giù, nelle vostre miniere, ammazzati.Che cosa, hanno chiesto i signori di Praga,che cosa dobbiamo fare delle vedove di Osseg?

Le vedove di Osseg tutte vestite a luttosi sono trovate davanti i soldati di polizia.Che cosa farete per i nostri figliuoli, cara gente?Oggi non hanno ancora mangiato nulla!Ecco, i signori agenti hanno allora caricato i fucili.Questo, hanno detto i signori agenti,questo vogliamo fare per le vedove di Osseg.

Le vedove di Osseg tutte vestite a luttoSono arrivate fino al Parlamento.Che cosa farete per i nostri figliuoli, cara gente?Oggi hanno fame e devono mangiare!Ecco, i signori deputati hanno allora declamato un discorso:Questo, hanno detto i signori deputati,questo possiamo fare per le vedove di Osseg.

Le vedove di Osseg tutte vestite a luttorestarono, la notte, rannicchiate sulla via.Qualcuno dovrà pur far qualcosa per noi, qui a Praga!Ecco, era una giornata di novembree allora la neve è caduta, grandi, molli fiocchi.Questo, ha detto la neve,questo possiamo fare per le vedove di Osseg.

Osseg è un paese della Boemia in cui, negli anni trenta, avvenne unagrave sciagura nella miniera che dava lavoro alla quasi totalità degliabitanti. La disgrazia costò la vita a molti minatori. Le vedove, rimastesenza risorse e con i figli da sfamare, si recarono a Praga a chiedere aiutoalle autorità e ai potenti proprietari delle miniere.

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Le rivendicazioni degli zolfatari

Verso la fine del XIX secolo nacquero le prime organizzazioni sindacaliiniziarono i primi scioperi per ottenere migliori condizioni di lavoro; glizolfatari parteciparono alla costituzione dei Fasci dei Lavoratori, scioltid'autorità dal Governo Crispi dopo che negli scontri con l'esercito eranomorti, in un solo anno, un centinaio di dimostranti

Da “I vecchi e i giovani” di Luigi Pirandellodialogo tra Flaminio Salvo: proprietario di miniera e Leonardo Costa:

suo dipendente

- Guaj! guaj grossi alle zolfare! ...- Ad Aragona, a Comitini, tutti i solfaraj, sciopero! - annunziò il Costa.

Flaminio Salvo lo guardò con freddo cipiglio, lisciandosi le lunghebasette grige che, insieme con le lenti d'oro, gli davano una certa ariadiplomatica, e disse, sprezzante:

- Questo lo sapevo.

- Sissignore. Ma jersera, sul tardi, - riprese il Costa,- è arrivata a PortoEmpedocle gente da Aragona e ha raccontato che tutto jeri hanno fattol'ira di Dio nel paese...

- I solfaraj?

- Sissignore: picconieri, carusi, calcheronaj, carrettieri, pesatori: tutti!Hanno finanche rotto il filo telegrafico. … Del resto, il guajo è un altro,fuori del paese, … quelli hanno catturato per lo stradone gli otto carridi carbone che andavano alle zolfare...

-Ah, si? - fece il Salvo, sghignando.

- Vossignoria sa - seguitò il Costa - che il carbone lassù per le pompe deicantieri è come il pane pei poverelli, e anche più necessario. ... Vadasubito dal prefetto perché mandi soldati alla stazione d'Aragona, quantipiù può, per fare scorta al carbone fino alle zolfare... almeno si potràscongiurare il pericolo che la zolfara grande ... s'allaghi. ..

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- E s'allaghi! s‘allaghi! s'allaghi! - scattò, furente, Flaminio Salvo,levando le braccia. - Vada tutto alla malora! Non m'importa più diniente! Io chiudo, sai! e mando tutti a spasso, te, tuo figlio, tutti, dalprimo all'ultimo, tutti!

Zolfataro in pausa, scultura di Vincenzo ChiazzaParticolare del Monumento agli zolfatari, Cianciana

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Emigrare per necessità …. morire per “fatalità”

Da “Storie di un minatore siciliano” di Salvatore Agrillo

Vengo dal mare, dalla terra dei vulcani, da una terra secca e calcarea.…. Avendo sentito parlare di lavoro all’estero, mi ci sono interessato.Mi decisi di andare a vedere questi paesi lontani dei quali sognavo.Presi la decisione di partire per il Belgio e le sue miniere. Con le carte inregola, annunciai la mia decisione ai miei genitori. Si opposero ma allafine accettarono la mia decisione. Ho rassicurato tutti, i miei genitori, imiei fratelli e le mie sorelle. Dicevo loro che avrei fatto fortuna e che liavrei aiutati a vivere meglio perché la vita era molto dura a quell'epoca,nel dopoguerra. Presi il treno ad Augusta, la mia città natale, in unodegli ultimi convogli di lavoratori emigranti del 1946. Partii per ilBelgio. Il convoglio attraversava lentamente l’Italia. Dopo alcuni giornidi viaggio e numerose peripezie il treno arrivò a destinazione. In quelposto, all'inizio rimasi deluso, tutto era nero; io che venivo dal paese delsole e dell'acqua colore azzurro. Ma mi rassegnai. Ero venuto lì perlavorare.

Vincent Van Gogh: miniera di carbone nel Borinage

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Da “Lu Trenu di lu suli” di Ignazio Buttitta

1.Turi Scordu, surfararu, / abitanti a Mazzarinu; / cu lu Trenu di lu suli/ s'avvintura a lu distinu. / 2. Chi faceva a Mazzarinu / si travagghiunun ci nn'era? / fici sciopiru na vota / e lu misiru ngalera. / 3. Una tanala sò casa, / quattru ossa la mugghieri; / e la fami lu circava / cu li cartidi l'usceri./ 4. Sette figghi e la mugghieri, / ottu vucchi ed ottu panzi, / elu cori un camiuni / carricatu di dugghianzi. / 5. Nni lu Belgiu, nveci,ora / travagghiava jornu e notti; / a la mogghi ci scriveva: … 6. Cu lisordi chi ricivi / compra roba e li linzola, / e li scarpi pi li figghi / piputiri jri a scola. / 7. Li mineri di lu Belgiu, / li mineri di carbuni: /sunnu niri niri niri / comu sangu di draguni. /...... 14. Doppu un annu dipatiri / finalmenti si dicisi: / «Mogghi mia, pigghia la roba, / venitinni astu paisi». / 15. E parteru matri e figghi, / salutaru Mazzarinu; / liparenti pi d'appressu / ci facevanu fistinu. / 16. Na valiggia di cartuni /cu la corda pi traversu; ….. quannu fu supra lu trenu, / nun sapevas'era ncelu... / si tuccavà lu tirrenu. / 19. Lu paisi di luntanu / oraacchiana e ora scinni; / e lu trenu ca vulava / senza ali e senza pinni. /20. Ogni tantu si firmava / pi nfurnari passaggeri: / emigrantisurfarara, / figghi, patri e li muggheri. / 21. Patri e matri si prisentanu, /li fa amici la svintura: / l'emigranti na famigghia / fannu dintra lavittura. / 22. «Lu me nomu? Rosa Scordu»./ «Lu paisi? Mazzarinu». /«Unni jiti ?». «Unni jiamu? / Unni voli lu distinu!». / … 24. Quannuvinni la nuttata / doppu Villa San Giuvanni / una radiu tascabili /addiverti nichi e granni. / 25. Tutti sentinu la radiu, / l'havi nmanun'emigranti; / i carusi un hannu sonnu, / fannu l'occhi granni tanti. / 26.Rosa Scordu ascuta e penza, / cu lusapi chi va a trova.../ n'àtra genti enazioni, / una storia tutta nova..... 28. E la radiu tascabili / sona musicadi ballu; / un discursu di ministru; / un minutu d'intervallu. / 29. Poidetti li nutizii, / era quasi menzannotti: / sunnu l'ultimi nutizii / li nutiziidi la notti. / La radio trasmette: / «Ultime notizie della notte. / Unagrave sciagura si è verificata / in Belgio nel distretto minerario / diCharleroi. /. Per cause non ancora note / una esplosione ha sconvolto /uno dei livelli della / miniera di Marcinelle. / Il numero delle vittime è /assai elevato ». / 30. Ci fu un lampu di spaventu / chi siccò lu ciatu atutti; / Rosa Scordu sbarra l'occhi, / focu e lacrimi s'agghiutti. / Laradio continua a trasmettere: / «I primi cadaveri riportati / allasuperficie dalle squadre di soccorso / appartengono a nostri

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connazionali / emigrati dalla Sicilia. / Ecco il primo elenco / dellevittime. / Natale Fatta, di Riesi provincia di Caltanissetta / FrancescoTilotta, di Villarosa provincia di Enna / Alfio Calabrò, di Agrigento /Salvatore Scordu... ». /31. Un trimotu: «Me maritu! / me maritu!» gridae chianci, / e li vuci sangu e focu / dintra l'occhi comu lanci. / 32. Cu namani e centu vucchi, / addumata comu torcia, / si lamenta e l'ugnaaffunna / ntra li carni e si li scorcia. …....

Partenza per Marcinelle. Ministero Affari Esteri

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Da “Marcinelle” dei Terra e Anima

Partimmo dal paese / con la valigia e la paura / in cerca, in cerca difortuna... / Il viaggio fu assai duro, / ma più dura è la fame, / la fame difuturo...

Così mentre il gas / ci bruciava i polmoni / pensammo ai sogni, allesperanze, / alle illusioni, a quella nostalgia / di chi lascia il suo paese, /per un piatto di futuro senza pretese...

Scena da “il Cammino della speranza”, film di Pietro Germi

Da articolo su La Repubblica 07/08/2014 di Claudio Giua

Errori umani, misure di sicurezza ridotte al minimo. Nelle viscere dellaterra si moriva cercando di estrarre carbone, zolfo e altri minerali. Unlavoro da emigranti (spesso italiani). Le cronache del tempo,raccontano sempre il dolore delle mogli e delle madri, la forza dellanatura che si abbatte sull'uomo. Mai le cause vere ….

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Le principali tragedie in miniera che hanno coinvolto emigranti italiani

Monongah (USA), 1907: 171 italiani morti,Dawson (USA), 1913: 146 italiani morti,Marcinelle (B), 1956: 136 italiani morti

Tra le urla ed il buiol'aria densa e pesante

ci sembrò un bel posto anche l'inferno di Dante...

(da Marcinelle dei Terra e Anima)

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