F g i dei Diaconi C egae dell’Arcidiocesi di...

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“UMILTÀ, DISINTERESSE E NON AUTOREFERENZIALITÀ” Domenica 15 novembre 2015, festa della Chiesa lo- cale, in Cattedrale, l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha ordinato otto nuovi diaconi permanenti, poi desti- nati come collaboratori pastorali in varie parrocchie. Ecco ampi stralci dell’omelia dell’Arcivescovo. ari amici, ho pensato quale messaggio avrei potuto consegnarvi oggi, giorno della vostra ordinazione al diaconato, e ho scelto nella parola di Dio la Lettera ai Filippesi e il Vangelo del Giudizio finale sulla carità, per- ché sono stati i due testi insieme alle Beatitudini scelti da Papa Fran- cesco pochi giorni fa al Convegno ecclesiale di Firenze. E desidero pertanto richiamare quanto lui ha detto partendo da questi testi bi- blici. Se il diacono è servo come Cristo, deve possedere i suoi stessi sentimenti. Essi, secondo Paolo, sono l’umiltà, il disin- teresse e non autoreferenzialità. Il primo sentimento è l’umiltà: ciascuno di voi,con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Questo perché Gesù, il Servo di Dio, non ha tenuto per sé l’onore e la gloria della divinità, l’essere come Dio, ma ha umiliato se stesso fino alla morte e alla morte di croce. Qui c’è la tentazione tutta umana di pensare al diaconato come ad ogni altro ministero nella Chiesa, come fonte di potere e non di servizio, di forza e non di debolezza, di influenza e dignità riconosciuta non di abbassamento e svuotamento di se stesso e dell’or- goglio, che fa capolino quando si è immessi in uno stato clericale consi- derato superiore a quello battesi- male comune a tutti. Superiore sì, ma nel servire e nel prendere l’ultimo posto, non il primo che ti fa apparire altro perché sei sull’altare, vesti abiti diversi e magari anche sontuosi o comunque da cerimonia solenne. Ri- petete dunque sempre «non nobis domine, non nobis sed nomini tuo da gloriam», perché Lui solo il Signore e la sua gloria va perseguita non la nostra. O meglio anno XXV Num. 1 Febbraio 2016 «Chi vuole essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,43) Mons. Nosiglia: Foglio di Collegamento dei Diaconi dell’Arcidiocesi di Torino

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“UMILTÀ, DISINTERESSE ENON AUTOREFERENZIALITÀ”

Domenica 15 novembre 2015, festa della Chiesa lo-cale, in Cattedrale, l’Arcivescovo mons. Cesare Nosigliaha ordinato otto nuovi diaconi permanenti, poi desti-nati come collaboratori pastorali in varie parrocchie.Ecco ampi stralci dell’omelia dell’Arcivescovo.

ari amici, ho pensato quale messaggio avrei potutoconsegnarvi oggi, giorno della vostra ordinazione aldiaconato, e ho scelto nella parola di Dio la Lettera aiFilippesi e il Vangelo del Giudizio finale sulla carità, per-ché sono stati i due testi insiemealle Beatitudini scelti da Papa Fran-cesco pochi giorni fa al Convegnoecclesiale di Firenze. E desideropertanto richiamare quanto lui hadetto partendo da questi testi bi-blici. Se il diacono è servo comeCristo, deve possedere i suoi stessisentimenti. Essi, secondo Paolo, sono l’umiltà, il disin-teresse e non autoreferenzialità.

Il primo sentimento è l’umiltà: ciascuno di voi,contutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso.Questo perché Gesù, il Servo di Dio, non ha tenuto persé l’onore e la gloria della divinità, l’essere come Dio,

ma ha umiliato se stesso fino alla morte e alla morte dicroce. Qui c’è la tentazione tutta umana di pensare aldiaconato come ad ogni altro ministero nella Chiesa,come fonte di potere e non di servizio, di forza e non

di debolezza, di influenza e dignitàriconosciuta non di abbassamento esvuotamento di se stesso e dell’or-goglio, che fa capolino quando si èimmessi in uno stato clericale consi-derato superiore a quello battesi-male comune a tutti.

Superiore sì, ma nel servire e nelprendere l’ultimo posto, non il primo che ti fa apparirealtro perché sei sull’altare, vesti abiti diversi e magarianche sontuosi o comunque da cerimonia solenne. Ri-petete dunque sempre «non nobis domine, non nobissed nomini tuo da gloriam», perché Lui solo il Signoree la sua gloria va perseguita non la nostra. O meglio

anno XXV Num. 1 Febbraio 2016

«Chi vuole essere il primo tra voi sarà

il servo di tutti»(Mc 10,43)

Mons. Nosiglia:

FogliodiCollegamentodei Diaconi

dell’Arcidiocesi di Torino

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dobbiamo sì perseguire la gloria, quella della croceche è poi quella che ha perseguito e raggiunto Gesùcrocifisso. (...)

Un altro sentimento di Gesù da vivere e imitare èquello del disinteresse. Dice Paolo: «Ciascuno non cer-chi il proprio interesse ma anche quello degli altri». E ilPapa commenta: più che l’interesse dobbiamo cercarela felicità di chi ci sta accanto. Non dobbiamo essere au-toreferenziali e riferire tutto a noi stessi. Quando siamocontenti di noi stessi, allora non c’è più posto per Dio.È facile appoggiarsi alle norme, alle strutture, ai mezzi,ai programmi, alle iniziative pastorali - come si dice - edimenticare la persona in quanto tale. Porre al primoposto le cose anche utili e necessarie senza prima acco-gliere e guardare negli occhi coloro che vogliamo invi-tare. Mi pare che cadiamo nella sindrome di quei serviche vanno a chiamare gli invitati alla nozze del figlio delpadrone e nessuno di loro vuole venire. (...)

Il problema che qui si pone - l’ho già detto più volte,ma lo ripeto anche oggi a voi e a tutti - è che le nostreparrocchie si svuotano sempre più di giovani e di sa-cerdoti. Le strutture restano sempre le stesse e, magari,ne costruiamo di nuove, illudendoci che il nuovo ora-torio si riempirà di ragazzi e giovani. I vuoti lasciatidagli invitati il padrone della parabola delle nozze liriempie subito tutti con i più poveri. Bene: non saràdunque l’ora che anche noi riempiamo i vuoti lasciatida tanti che non frequentano più le nostre comunità,con quelli che in genere non abitano le nostre realtà,vengono a prendere qualche cosa di cui pure hannobisogno, ma la loro casa non è la casa del Signore o ilocali adiacenti, ma sono la strada, i dormitori doveconvivono con tanti altri come loro, mentre noi ce nestiamo tranquilli a guardare la televisione a casa, dasoli o con la nostra famiglia, in una casa accogliente,riscaldata non solo di calore artificiale, ma umano?

Che cosa significa, dunque, ricercare l’interessedegli altri, la loro felicità? Vuol dire incaricare qualchevolontario a fare quello che dovremmo fare noi perprimi? Noi vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati -dico - e anche famiglie cristiane?

Ringrazio il Signore cari amici che ben 180 famiglie(e stanno ancora aumentando) hanno aderito all’invitodi aprire la loro casa a un rifugiato per condividerequanto di più prezioso ha: una famiglia, la casa,la frater-nità, l’accoglienza. (...)

E veniamo al Vangelo del Giudizio. Il Papa ha detto:possiamo immaginare che queste parole di Gesù ven-gano un giorno pronunciate per ciascuno di noi. Checosa ci dirà dunque? Venite benedetti, perché avevofame e mi avete dato da mangiare, assetato e mi avetedato da bere, nudo e mi avete vestito, straniero e miavete accolto, malato e carcerato e siete venuti a tro-varmi... Oppure ci giudicherà severamente, dicendo chenon lo abbiamo riconosciuto e accolto quando era affa-mato, assetato, nudo, o straniero, malato o carcerato?Si tratta di opere e non di belle parole, di cose concretee non di pie intenzioni da predicare agli altri.(...)

Ecco dunque la conclusione che dobbiamo fare no-stra: lavorare per una Chiesa inquieta, non tanto per-ché la gente la segue meno o perché ha meno preti omeno potere o risorse, ma inquieta perché vedendo itanti poveri che la pressano non riesce a dare a cia-scuno una risposta appropriata alle sue necessità, in-quieta perché si lascia inquietare dal Vangelo edall’uomo solo e sofferente, inquieta perché fa troppecose inutili che sembrano indispensabili per la pasto-rale e trascura il primato di Dio, della preghiera e del-l’accompagnamento delle persone che necessitanodella carezza di una madre più che della sentenzaanche giusta di un giudice. Una Chiesa gioiosa e beataperché è povera con i poveri, mite e umile con gliumili, ultima con gli ultimi, piccola con i piccoli, mise-ricordiosa con chi attende la sua tenerezza, operatricedi giustizia e di pace, magari anche rifiutata a causa delnome di Gesù e del Vangelo, ma proprio per questocontenta di subire la stessa sorte del suo Signore.

Questa è la Chiesa che anche voi, cari diaconi, conle vostre spose e famiglie siete chiamati a sostenere,riformare e servire e di cui da oggi dovete sentirvi an-cora più parte viva e responsabile.

Oggi il nostro cuore è turbato dalla strage di Parigie alta si eleva la preghiera a Dio(...). Continuiamo dun-que a operare per un mondo dove la cultura dell’in-contro e non dello scarto si impone e dove, contro laviolenza e la morte, non risponde con violenza e morte,ma sa vincere ogni male, anche il più ingiusto e deva-stante, con l’amore, la riconciliazione, il saper pagareun prezzo alto anche di persona come ha fatto Gesù, imartiri e tanti innocenti nel corso della storia cristianadi tutti i tempi e anche oggi.

Sì, siamo certi che il bene e l’Amore di Dio accoltoe vissuto giorno per giorno nel dovere e nelle respon-sabilità quotidiane di ciascuno vincerà ogni male e saràpiù forte di ogni apparente sua sconfitta. Di questosiamo chiamati ad essere testimoni e promotori nellamentalità e nella cultura della gente, intessendo unarete di prossimità, di servizio e di accoglienza versotutti testimoniando così la forza della Pasqua del Ri-sorto, che niente e nessuno potrà mai impedire di im-porsi nella storia.

Chiediamo a Maria la serva fedele e gioiosa del Si-gnore di sostenerci in questo nostro impegnativo maentusiasmante ministero.

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EMANUELE

BOERO

EEccomi: Emanuele Giuseppe Maria (trenomi impegnativi, dono dei miei genitoribuonanima) nato il 12 agosto a Torino, eresidente nella parrocchia Sacro Cuore diGesù in Savonera-Collegno. Nell’Unitàpastorale 39 (quinto da sinistra nella fotodi famiglia).Qualche talento: puntuale, preciso, affi-

dabile, ordinato, capace di progettare e diprogrammare ogni cosa minuziosamente.Molti limiti: introverso, silenzioso, smemo-rato, schivo.

Sono felicemente sposato con Marian-gela (quarta da sinistra), che mi sopporta emi ama da 37 anni: cinque di fidanzamentoe 32 di matrimonio. Una vita gioiosa epiena d’amore, grazie al grande dono cheDio mi ha riservato nella stupenda personadi mia moglie. Un dono di Dio d’inesti-

mabile valore, Lui che è l’Amore è statomolto generoso con me!Abbiamo tre figli. Il primo: Francesco,

nel 1987, laureato in Economia, felice de-coratore per tutti, premuroso educatoreprofessionale e volontario in parrocchia,innamorato di Chiara (sesta da sinistra), inun cammino di discernimento sull’amore,affidabile, serio, preciso alla noia, puntuale,autonomo, insomma un bravo figlio, ca-pace di meritare fiducia! (settimo da sini-stra). La seconda: Giulia, nata nel 1992,laureanda in Scienze della FormazionePrimaria, educatrice volontaria in parroc-chia, organizzata, autorevole, (seconda dasinistra), innamorata di Mauro (primo dasinistra), anche lei in cammino versol’Amore. La terza: Giorgia, nel 1998, al IVanno di liceo scientifico, scout a Druento,creativa, affidabile, leader positiva, non an-cora avviata verso una vocazione precisa.Ma ha tanta voglia di vivere e di parteci-pare: ha seguito il cammino di formazionediaconale con i genitori e ancora oggi fre-quenta gli aspiranti diaconi come anima-trice dei piccoli. (terza da sinistra).Dopo il diploma di ragioniere conse-

guito nel lontano 1976 e dopo il tentativofallito presso la facoltà di Pedagogia, ho in-trapreso l’attività lavorativa presso l’Unitalsidi Torino. Dal 1993 il mio lavoro non è vi-cino a casa: da 23 anni sono pendolare fraTorino e Lourdes, dove ho la mia occupa-zione. Infatti, lavoro a Lourdes, dove coor-

dino i pellegrinaggi e le attività dell’Uni-talsi. Se qualcuno desiderasse fare un viag-gio spericolato di 900 km, ecco adisposizione ogni settimana dell’announ’auto per un pellegrinaggio alla Grotta!La mia vocazione diaconale è un altro

dono esagerato di Dio Amore! Mai l’avreipensato sino a qualche anno fa. Poi ungiorno, dimenticando e mettendo da partele subdole soddisfazioni professionali, ec-comi a bussare alla porta del don GiuseppeTuninetti. La risposta di Dio è stata sovrab-bondante, immensamente più grande dellemie attese. Cinque anni di timida scopertadell’Amore.Tra le mie particolarità, aggiungo un

passato scout trentennale e l’impegno nellapastorale giovanile in parrocchia; sono do-natore di sangue, autista spericolato (100mila km annui) ed amante della montagnae della natura.Le mie attese: essere accolto da voi, fra-

telli diaconi, per apprendere da voi e convoi la carità, la preghiera, l’annuncio e percamminare con voi verso l’Amore.

BENVENUTO ai nuovi diaconi

PAOLO

BORDINO

HHo 62 anni, sono sposato da 40 con Sil-vana, siamo genitori di Chiara (34 anni,sposata con Maurizio) e siamo nonni diMarta e Filippo, il dono più bello che Diopoteva donarci. Da sempre abitiamo a Pi-scina (Torino) e di conseguenza, abbiamosempre fatto parte della parrocchia S.Grato vescovo. Lavoro in proprio, come ar-tigiano: ho un laboratorio di trasforma-zione carni avicunicole. Proveniamo da

famiglie cristiane che ci hanno trasmesso ivalori della fede con l’esempio e la testi-monianza. Nella nostra vita matrimonialeabbiamo incontrato tante difficoltà a livellolavorativo e famigliare. La malattia dei no-stri genitori ci ha messo alla prova subito,segnando e condizionando in modo pro-fondo le nostre scelte nella quotidianità,ma abbiamo sempre avuto la certezza cheGesù non ci avrebbe mai abbandonato.

È stato nominato collaboratore pastorale nella parrocchia Sacro Cuore di Gesù in Collegno-Savonera

È stato nominato collaboratore pastorale nella parrocchia S. Grato Vescovo in Piscina

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Fin da ragazzo sono sempre stato attivoin parrocchia, non solo partecipando allecelebrazioni, ma offrendo tutto ciò che sa-pevo e potevo fare. Ho sempre collaboratonella preparazione dei campi estivi e adEstate ragazzi, che la parrocchia organizza

da 25 anni, perché ho sempre creduto chesia importante per i ragazzi sperimentarela gioia di crescere insieme, di fare amiciziae di pregare con l’aiuto di persone gene-rose e piene d’entusiasmo. Faccio parte delcoro parrocchiale: pregare cantando è perme espressione di gioia da trasmettere aglialtri per ringraziare Dio di tutto ciò che cida. Dal 1991 sono ministro straordinariodella Comunione. Portare l’Eucaristia aimalati nelle loro case e condividere le lorogioie e i loro dolori, mi ha aiutato a sen-tirmi più vicino a Cristo e in comunionecon la Chiesa. La mia scelta è stata la conseguenza di

uno stile di vita che ha sempre avuto al suocentro il servizio al Signore nei fratelli. Erada tanto che sentivo questa chiamata, maun po’ per il lavoro che mi impegnavatroppo e un po’ perché la mia famiglia nonappoggiava pienamente questa scelta, ho

sempre tergiversato. Per Silvana, all’inizio,era una cosa troppo grande per noi; poi,con l’incoraggiamento di un caro amico,Fratello delle Scuole Cristiane, lei ha capitoche il diaconato rendeva la coppia e la fa-miglia più salda e se questo era ciò che ilSignore voleva per noi, ce l’avremmo fatta.E così, affidandoci a Maria, donna che hadato il suo “si” senza condizioni, ho iniziatoil percorso di formazione. Sono stati cinqueanni molto impegnativi e faticosi: a volte èstato difficile conciliare famiglia, lavoro estudio; se la famiglia non mi avesse soste-nuto e collaborato, non avrei portato a ter-mine questo cammino. Aver raggiunto questo traguardo è per

me una grande gioia. Con l’aiuto del Si-gnore mi impegno a vivere questa missionecon coraggio, umiltà e generosità. Spero dinon deludere Lui, che mi ha voluto cosìbene e che ha posto in me tanta fiducia.

PAOLO

DE MARTINO

PPrima di tutto desidero dirvi il miograzie! Ogni vocazione non nasce percaso: è frutto di una pianta, generata graziea un seme buono, un campo fertile, colti-vatori premurosi. Il seme lo dona il Si-gnore; il campo fertile è stato per me lafamiglia, la parrocchia e la comunità pasto-rale; e tra i coltivatori ci sono molti di voi,che anzitutto con la preghiera mi avete so-stenuto in questi anni di cammino.Nella mia città, Salerno, ho trascorso i

miei primi 18 anni. Sin da piccolo ho fre-quentato ogni giorno l’oratorio salesiano.Don Bosco ha rappresentato e rappresentauna presenza significativa nella mia famigliae nella mia vita. È don Bosco che mi ha fattogustare la presenza di Dio, tanto che anni faho compreso che non potevo più tenerlatutta per me, ma dovevo donarla agli altri.Nella parrocchia di Trofarello ho cono-

sciuto Valeria, che è diventata mia moglie.Nella vita insieme a lei, 16 anni, la presenzadel Signore è stata sempre un punto im-

portante di riferimento e la sua Parola“lampada dei nostri passi e luce sul nostrocammino”. Il Signore ci ha benedetti do-nandoci due figli meravigliosi: Chiara (14anni) e Samuele (8 anni).Tutta la famiglia è stata coinvolta dalla

chiamata di Dio e tutti abbiamo potutocoglierne la Grazia, che ha fatto crescerein noi l’amore per la Chiesa. Per grazia enon per merito ricevo in dono il diaco-nato. La comunità di Trofarello ci è statavicina, in modo discreto nella preghiera enella benevolenza nell’accettare le nostreassenze, e presente in massa nei momentichiave del cammino.Ora sono giunto alla fine di un cam-

mino, e all’inizio di uno nuovo. Sono statianni di riscoperta di una spiritualità in-tensa, ritmata da momenti di preghiera,meditazione, riflessione. Anni vissuti contanti compagni di strada, provenienti daesperienze di vita diverse ma accomunatidalla volontà di verificare una “chiamata aservizio” e di maturare in essa. Anni ac-compagnati da figure esemplari di diaconipermanenti che con semplicità e dedizioneci hanno seguiti mese dopo mese. Anni cu-stoditi da don Giuseppe, don Piero, donAldo, don Claudio, don Michele e da altrisacerdoti che con vari ruoli hanno accom-

pagnato i nostri momenti di gioia e le no-stre difficoltà, in un prezioso lavoro di di-scernimento. Anni in cui mia moglie ed imiei figli hanno pazientemente e genero-samente accompagnato il mio cammino,che in vari modi ha inciso sui nostri ritmidi vita.Adesso si apre per me una nuova fase

della mia vita (44 anni non sono troppi percambiare!) e la scommessa è di reinventareil mio essere testimone dell’amore di Gesùattraverso nuove modalità, che valorizzinoinsieme l’essere marito e padre. Spero quindiche la pianticella possa crescere bene, ali-mentata da un buon terreno e accompa-gnata (soprattutto con la preghiera) da tanticoltivatori premurosi. I frutti, che grazie allapotenza dello Spirito Santo matureranno si-curamente, ricompenseranno ciascuno dinoi e saranno dono per tutti coloro ai quali,dopo l’ordinazione diaconale, sarò destinatoper l’esercizio del ministero.A Maria affidiamo il nuovo cammino e

chiediamo per la sua intercessione di viverele parole che lei disse a Cana: “Fate quelloche Gesù vi dirà!”.

È stato nominato collaboratore pastorale nella parrocchia Santi Quirico e Giulitta in Trofarello

e collabora con le parrocchie dell’Unità Pastorale

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EMILIO

DE SANTIS

SSono nato a Torino il 23 maggio 1952 e

mi sono sposato con Lucia Amour il 21 lu-glio 1979, nella parrocchia di Gesù Naza-reno. Ci conoscevamo già dai tempi delliceo: lei era appena laureata in Medicina, iodovevo completare gli studi in Medicina: unadecisione che poteva sembrare strana, ma dicui vado orgoglioso perché ha espresso lanostra fiducia nel futuro al di là di troppepianificazioni che finiscono per essere freni.Oggi sia io, sia mia moglie lavoriamo: leicome medico di Medicina Generale ed iocome Fisiatra, impegnato nella cura delle di-sabilità più gravi. Un lavoro impegnativo, maricco di rapporti umani.Entrambi non proveniamo da famiglie

impegnate in ambito ecclesiale; però, da su-bito condividevamo l’importanza di un ri-ferimento di fede per la nostra vita personalee per la allora nascente famiglia. Dopo il ma-trimonio, abbiamo frequentato questa par-rocchia. La dimensione coniugale ci erasembrata prioritaria nella nostra situazionespecifica: il progetto del Signore su di noinon poteva prescindere da questa nuova re-altà ed è in questo ambito che abbiamo ap-profondito la nostra chiamata personale. Dasubito, quindi, abbiamo aderito alle iniziativeparrocchiali per le giovani coppie e poi allaesperienza di spiritualità coniugale nel-l’Equipes Notre-Dame, di cui facciamo an-

cora parte. Subito dopo il completamentodegli studi, è arrivato il primo figlio, Enrico,e a distanza di tre anni Alessandro e quindiGiorgio. Gravidanze difficili, piene di rischi. Ho sempre pensato che quando qual-

cuno bussa, bisogna aprire e quindi ab-biamo dato la nostra disponibilità persvariati servizi nelle Equipes Notre-Dame,da ultimo anche nel settore giovanile. In-tanto, nella nostra coppia era maturata lasensibilità verso l’adozione. L’avere già trefigli naturali rendeva di fatto impraticabilel’adozione nazionale, quindi ci siamo rivoltia quella internazionale. Trovammo incom-prensioni e difficoltà: era difficilmente com-presa dagli operatori la motivazioneall’adozione di una coppia con “ben” trefigli naturali. Quando stavamo per rinun-ciare, il consigliere del nostro gruppo del-l’Equipe Giovani ci mise in contatto con leSuore Poverelle del beato Palazzolo di Ber-gamo: trovammo accoglienza e calore. In-sieme con i tre figlioli, andammo in Africa,e così nella nostra famiglia arrivò la piccolaIsabella, una bimbetta spaurita e tenerissimae cinque anni dopo anche Salimata. L’espe-rienza adottiva, una vera maternità e pater-nità, aveva portato pienezza e gioia nellafamiglia, così che ci è sembrato naturalecondividerla impegnandoci per un po’ dianni come rappresentanti per il Piemonte

di una associazioneaccreditata per leadozioni internazio-nali. La mia famigliacomprende, quindi,cinque figli, oramaigrandi, che con leloro diversità portanotanta ricchezza: sonotutti ancora in casa,ma penso che primapoi qualcuno lasceràil nido e spiccherà ilvolo.

Per alcuni anni ho frequentato la Co-munità Monastica di Montecroce, a San Va-leriano, vicino a Cumiana, con la qualemantengo ancora frequenti contatti: lì hoimparato a gustare la Parola attraverso laLectio Divina. Negli anni, la frequenza nellaparrocchia è continuata: sia io che mia mo-glie ci siamo impegnati nel Consiglio Par-rocchiale. Da anni ormai mi occupo dianimazione di un gruppo del “Vangelonelle Case”, un’esperienza bellissima dicalda fraterna condivisione di quanto la Pa-rola può fare.Dopo cinque anni, concluso il percorso

diaconale, mi sento spesso fare la domanda:come mai? Perché? Non penso di poteredare una risposta sintetica che possa com-prendere tutto. In una lettura a posteriorimi sembra che tante esperienze abbiano in-fluito per maturare la decisione di iniziareil cammino: le Equipes Notre-Dame, laparrocchia, l’esperienza professionale, la fa-miglia numerosa. Quando ho iniziato, nonero più giovanissimo e questo mi ha inter-rogato: forse queste esperienze erano neces-sarie. Un momento importante è stato ilpassaggio da aspirante a candidato, forse ilSignore voleva servirsi di me in questomodo, e Lucia aveva affidato a Maria il miocammino. Con mia moglie ho condiviso letante tappe della mia vita, siamo “cresciuti”insieme. Il Signore l’ha messa al mio fianco,mi ha sostenuto e incoraggiato in questocammino e so che mi sarà vicina sempre.

Okwuchukwu KENNETH

ILONWA

SSono nato 54 anni fa a Ibadan, in Nige-ria, e sono sposato con Asomugha Eunice,nata 43 anni fa in Nigeria. Sono arrivato inItalia negli anni Ottanta, per motivi di stu-dio. Ho vissuto i miei primi anni in Italia a

Perugia, dove mi sono diplomato come Pe-rito grafico; poi, mi sono trasferito a Torinoper proseguire i miei studi universitari e nel1990 mi sono laureato al Politecnico, inScienze della Stampa. Dopo la laurea, ho la-

È stato nominato collaboratore pastorale nella parrocchia Gesù Nazareno in Torino

È stato nominato collaboratore pastoralenella parrocchia S. Lorenzo Martire in Venaria Reale - Altessano

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vorato come freelance nel campo graficoe poi in un’azienda di logistica per circa 15anni. In questi anni, ho scoperto la pas-sione per l’insegnamento: inizialmentecome part-time e poi full-time, come do-cente di lingua inglese madrelingua nelleagenzie formative.Nato in una famiglia cattolica, l’idea

della Chiesa è stata sempre viva in me sinda bambino, ma senza approfondimento.Io e Eunice ci siamo sposati in Nigeria il31 dicembre 1994 e poi, con il ricongiun-gimento famigliare, lei arrivata in Italiadopo la sua laurea in Scienze della Ali-mentazione. Il nostro primo figlio Kelvinè nato a Chivasso nel 1999, la seconda fi-glia Adaeze è nata a Houston (Texas, Usa)nel 2003 e la terza figlia Katherine è nataa Chivasso nel 2007. Abbiamo vissuto aChivasso per otto anni e poi a Villareggiaper sette anni, nella diocesi d’Ivrea. Cisiamo trasferiti a Venaria nel 2013, nellacasa parrocchiale di San Lorenzo Martire,dove abitiamo tutt’ora. Come servizio inparrocchia noi seguiamo il gruppo dei fi-

danzati, il gruppo famiglia e la prepara-zione per battesimi. Sono anche membrodel Consiglio Pastorale Parrocchiale.

La gioia della famiglia e le difficoltàdella vita che l’accompagnano ha fatto sen-tire la presenza di Dio nella mia vita. La vitanella comunità cristiana era nata negli anniNovanta a Torino, quando l’Ufficio Mi-grantes ci ha chiamati a formare un gruppoecumenico di preghiera, in maggioranza di

lingua inglese e di nazionalità nigeriana,dove tutt’ora sono uno dei coordinatori. Lamia vocazione nel servire gli altri è nata inquesto gruppo e sempre in questo gruppoè nata la proposta nell’intraprendere ilcammino diaconale. Non smetterò mai diringraziare due persone meravigliose chemi hanno incoraggiato: padre FrancescoDiscepoli e suora Maresa Sabena, entrambiMissionari della Consolata.Sono stati cinque anni molto impe-

gnativi e faticosi, ma spiritualmente ricchi.Anni di tribolazioni e di prove, iniziatecon la perdita del lavoro e i disagi che nesono conseguiti; infine il dolore la mortedi due delle mie sorelle, nell’arco di seimesi: sorelle che mi hanno sostenuto mo-ralmente durante questo cammino, mapurtroppo non hanno potuto partecipareall’ordinazione, che era il loro sogno. Manon smetterò mai di ringraziare il Signoreper essere sempre presente nella mia vita ein quella della mia famiglia. Una famigliache nonostante le prove, non ha maismesso di sperare per il meglio.

ALESSIO

PAVARALLO

EE se fossi chiamato a servire il Signoreda sposato, ma in modo particolare? Questala domanda che sin dalle scuole medie at-traversava la mia mente. Quesito che ri-cordo di aver condiviso con don Serafino,ora missionario salesiano in Bolivia, che perla contentezza decise di scendere i diecipiani di casa mia a piedi: allora non necomprendevo il motivo; ma ora, eccomi!Sono nato a Torino nel 1974, nel quar-

tiere di Mirafiori Nord, dove la città finivae iniziavano i campi che in inverno si po-polavano di mucche al pascolo, giusto al dilà della strada. I miei primi passi nella fede,sulle orme dei miei genitori, coincidonocon la partecipazione al gruppo scout nelTO34, dove il mio dialogo col Signorepassava attraverso il contatto con la naturae il creato. Lasciati gli scout, inizia il mioitinerario tra tante associazioni: l’AzioneCattolica, i Gen, i campi di lavoro in Alba-nia e Bosnia con la Lega Missionaria Stu-denti, per poi trovare dimora nellaComunità di Vita Cristiana assistita daipadri Gesuiti. Proprio nella CVX il miocuore si apre al Signore, l'amore di Diotrova un riflesso terreno in mia moglie

Marcella e il mio cammino diventa la no-stra strada; l'itinerario di fede individualecresce e diviene sostegno di coppia e poi,con i figli Marta e Pietro, di famiglia.I Gesuiti ci hanno continuato ad ac-

compagnare; gli esercizi spirituali per fa-miglia, che coinvolgono anche i figli, sonostati sostegno nel discernimento per capirequale chiamata fosse più urgente e neces-saria. Il sogno di creare una comunità di fa-miglie con altre coppie della CVX non siè mai concretizzato, ma il Signore ci ha in-dicato passo dopo passo la strada del dia-conato. Migranti fra varie parrocchie,abbiamo cercato di scoprire la realtà par-rocchiale a Pozzo Strada, dove due parrocispeciali ci hanno fatto camminare insiemealla comunità in cui, da poco, avevano ini-ziato il loro ministero.La mia vita nel servizio è stata varia, un

po' come il mio cammino di fede. Ricordocon piacere i ragazzini down del Cepim oi bambini del catechismo della parrocchiaPiergiorgio Frassati, da poco fondata e congrande “fame” di catechisti. Il passaggio perme fondamentale nel servizio è stata, però,la partecipazione ai campi di lavoro in Al-

bania e Bosnia con la Lega Missionaria Stu-denti: il cento per uno l'ho scoperto nel ri-torno alla speranza di famiglie perseguitatedurante il comunismo o spezzate dall'odioetnico. Certo, l'avventura era parallela al ser-vizio, e i campi avevano anche un non soche di esotismo; proprio per questo il miocaro papà, tipo concreto e pratico, che oggimi vede dal cielo, non comprendeva perchédovessi andare così lontano per aiutare ilprossimo! Quelle esperienze hanno susci-tato in me il desiderio del servizio civile in-ternazionale, ma da laureato in storia pocosarei servito in Africa o in terra di missione,e allora mi sono inserito nell'Ufficio Pasto-rale Migranti della nostra diocesi, sco-prendo che anche stando molto vicino sipuò servire i più lontani.Accanto al cammino di fede, i miei

studi, sempre sostenuti dai miei genitori,

È stato nominato collaboratore pastoralenella parrocchia Natività di Maria Vergine in Torino - Pozzo Strada

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S

sono stati scelte libere e controcorrente chemi hanno portato a desiderare il “Sociale”,prima, e la laurea in Storia dopo. Già nel1993 era un azzardo optare per un percorsoletterario, piuttosto che scientifico, con i ri-schi di una difficile ricollocazione dopo lalaurea, ma mi sono sempre aperto a qualsiasistrada lavorativa: da addetto agli scaffali inun supermercato al servizio di assistenzadella Tim; dall’accoglienza all'Ufficio Pasto-rale Migranti, alla selezione del personale in

una multinazionale interinale. Sino ad oggi:sono bibliotecario a San Salvario e allaBarca. Per me, il lavoro è stato un importateluogo di apprendimento e di crescita: anchelì l'incontro con l'altro è anzitutto il Signoreche mi viene a trovare.In tutti questi anni ho ricevuto così

tanto da Dio, attraverso chi mi è stato alfianco, che mi sembra sempre poco ciò chepotrò restituire agli altri. Perciò l'unica pa-rola che mi sento di ripetere è: eccomi!

VALTER

SERENA

Sono queste parole che mi hanno soste-nuto e accompagnato, in questi cinque annidi cammino vocazionale, come aspirantediacono. Sono parole che assumono un si-gnificato caratterizzante nella figura deldiacono, e allo stesso tempo, sintetizzanociò che il ministero diaconale rappresentanella Chiesa. Il Diacono è chiamato ad es-sere “immagine di Cristo Servo”, che “nonè venuto per farsi servire, ma per servire edare la vita”.La storia della mia vita è una tra le tante

che si possono ascoltare. Sono nato a Fa-vria, ho 55 anni e da 31, cioè dal giornodel mio matrimonio con Anna, risiedo aPrascorsano e posso dire di sentirmi “pra-scorsanese” a tutti gli effetti. Poi, un lavoroche ti impegna per gran parte della gior-nata, le attività in parrocchia, e la gioia diavere due figli, Sabrina e Federico, chehanno allietato la nostra vita famigliare digiovani sposi. Una fede, che vede la mia vitadi giovane adolescente, indifferente e lon-tano da ogni ambiente ecclesiale: una fedeche ha bisogno di essere riscoperta, accom-pagnata, ma soprattutto “testimoniata” dachi ti sta accanto.L’anno in cui ho prestato il servizio mi-

litare, è stato forse il tempo della vera con-

versione: l’incontro con un cappellano mi-litare, alcuni compagni della caserma, ilgruppo di preghiera che si era formato... IlSignore chiama sempre attraverso vie im-pensabili e misteriose. Un’altra tappa im-portante della mia storia è l’ incontro conAnna: gli anni del fidanzamento, i sogni, iprogetti per un futuro insieme e finalmenteil matrimonio, nel 1984.Gli anni che seguono sono densi e ric-

chi di esperienze, vissute con la consapevo-lezza di essere parte di un “progetto” piùgrande dei nostri desideri e aspettative. Av-venimenti lieti: il dono grande di essere ge-nitori, la nostra vita di sposi cristiani, ilvedere realizzati un po’ quello che erano inostri sogni; ma non mancano anche mo-menti di fatica dovuti alla malattia e a luttidi persone a noi molto care e vicine.Una fede che matura insieme al nostro

matrimonio, che prende forma e consape-volezza! La parrocchia che diventa il luogoprivilegiato di quella fede testimoniata, at-traverso l’impegno pastorale nei gruppi fa-miglia parrocchiale e zonale, e la catechesibattesimale ai genitori che richiedono il sa-cramento per i loro figli.Ma il Signore è sempre pronto a scuo-

terci dai nostri torpori, dalle nostre certezzee tranquillità mondane: cichiede sempre di rimet-terci in gioco! Anche ser-vendosi di un parroco, ilSignore ci chiama, cichiede di iniziare unnuovo cammino, attra-verso vie impensabili emisteriose: il diaconatopermanente. Una realtà

ecclesiale che non conoscevo pienamente,ma che lasciava intravedere una reale possi-bilità, di essere con tutto me stesso, quel“grazie” per tutti i doni ricevuti, per quel-l’amore totale, gratuito e immeritato che ilSignore mi stava regalandoCosì, il 25 settembre del 2010, giorno

dei miei cinquant’anni, ho iniziato il per-corso formativo e di discernimento, che èstato non soltanto studio, ma un esperienzaformativa piú globale, che ha coinvoltoanche la famiglia, soprattutto mia moglieAnna. Corposi programmi di studio, ritiridomenicali e week-end di formazione, set-timane residenziali estive sono state espe-rienze che ci hanno offerto preziose einnumerevoli possibilità di dialogo, cono-scenza reciproca e crescita personale, siacome coppia, sia all’interno della comunitàdiaconale che intanto si era venuta a creare. Domenica 15 novembre, l’Arcivescovo

ha imposto le mani su noi otto diaconi per-manenti. Ringrazio il Signore per la suachiamata, nonostante la mia inadeguatezzae la mia fragilità. Mi affido con abbandonofiliale a Lui e alla Vergine Maria, l’umileserva di Dio, modello di santità, di carità edi Grazia, perché sia lei ad indicarmi il sen-tiero da percorrere in questo nuovo mini-stero che il Signore mi sta chiamando avivere nella sua Chiesa.

È stato nominato collaboratore pastoralenella parrocchie di Prascorsano e di San Colombano Belmonte

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MATTEO

SUOZZO

HHo 40 anni, sono sposato da 14 con Elisa

e abbiamo 3 figlie: Chiara (13), Giulia (10)e Miriam (3). Appartengo alla parrocchia S.Cosma e Damiano di Borgaro Torinese,dove risiedo. Nasco in un’ umile famigliaoperaia, ho due sorelle maggiori. Lavorocome elettricista in un’azienda.È difficile spiegare come è maturata

l’idea di dover intraprendere un camminovocazionale di questo genere. In passato, hoavuto difficoltà di fede: se penso che a scuolanon volevo neppure frequentare l’ora di re-ligione, mi verrebbe da dire che questa èsenza dubbio “grazia ricevuta”. Il mioprimo accostamento alla fede è avvenutoquando ho conosciuto l’amore: mia moglie,all’epoca fidanzata, quando eravamo en-trambi diciottenni. Quello è stato il primosegnale a far risvegliare qualcosa che forseavevo già dentro, ma mai approfondito. Ilcammino di conversione è stato lungo enon è ancora terminato.Elisa è stata senza dubbio la persona che

Dio mi ha posto dinnanzi per iniziare ad in-terrogarmi sulla mia esistenza. Lei frequen-tava la chiesa: lei e i suoi genitori avevanoavuto un’esperienza importante nel movi-mento neocatecumenale. Anche noi ab-biamo frequentato questo movimento perun anno e mezzo circa, sospinto da Elisa eun po’ dalla curiosità. Frequentammo cosìla parrocchia S. Francesco da Paola e cono-scemmo tante persone e sacerdoti che di-vennero presto un punto di riferimentoimportante. È stato uno “strumento” effi-cace per avvicinarmi alla Parola di Dio. Nelfrattempo, mi accostai entusiasta alla storiadi un grande santo della chiesa, S. Francescodi Assisi; nel contempo, maturò il desideriodi frequentare la mia parrocchia di apparte-nenza dell’epoca, S. Giacomo di Grugliasco.In seguito ho avvertito il desiderio di cresi-marmi. Partecipai al corso per cresime nellaparrocchia di Gesù Salvatore, alla Falchera

(era la parrocchia di Elisa). Qui conobbi deisacerdoti testimoni visibili dell’Amore diCristo con loro ho imparato tanto. Quattroanni più tardi celebrammo il nostro matri-monio il 13 maggio 2001, in onore alla Ma-donna di Fatima. Un mese più tardi ad Assisiil Signore ci fece il dono della vita, e sco-primmo di diventare genitori della piccolaChiara, così chiamata in onore alla Santa.Le grandi responsabilità a cui non ero

abituato, il lavoro che, ringraziando Dio nonè mai mancato ma da sempre preoccupato,mi fecero vacillare spiritualmente. Facevofatica a frequentare la chiesa e il mio rap-porto con il Signore si era fossilizzato. Nelfrattempo ci trasferimmo a Borgaro, doveattualmente abitiamo. Nel 2005, arrivò Giu-lia: una grande gioia. E tra tante difficoltà,pian piano imparai a convivere con i moltiproblemi. Presi coscienza di dover fare unpunto della situazione: dove mi trovavo?dove volevo andare? Il Signore non tardò adarmi una risposta, nuovamente attraversomia moglie. Facemmo un pellegrinaggio inun santuario mariano, d’inverno: ad uncerto punto, mi trovai da solo a percorrerela Via Crucis, il freddo mi penetrava, inco-minciai a lacrimare, il Signore mi fece sen-tire piccolo ma tanto amato. Ecco la rispostaalle mie tante domande. Ricominciammo afrequentare nuovamente la chiesa e ad an-dare a Messa nella nostra parrocchia. Da lì apoco, incominciammo a frequentare igruppi famiglia. Nasceva in me il desideriodi approfondire la mia piccolissima fede.Avevo sentito parlare del diaconato, ma nonlo conoscevo abbastanza; così mi feci aiutaree consigliare dall’allora parroco donOsvaldo; da lì a poco mi recai da don Giu-seppe Tuninetti per un sereno colloquio.Ciò che in realtà mi aveva profondamentecolpito fu “il servizio”. Io ero andato lì pro-babilmente per accrescere le mie cono-scenze e mi veniva presentato Cristo servo

per amore. Decidemmo, con il consensodella famiglia, di iniziare questo cammino.Durante gli studi, nel 2012, per completarela gioia che passo dopo passo il Signore cifaceva gustare, nacque anche Miriam.Devo ringraziare il Signore per avermi

dato questa grande grazia di crescere e ma-turare dal punto di vista umano e spiritualee di essere in costante tensione verso la con-versione. Devo ringraziare anche tutti co-loro che mi sono stati vicino in questopercorso, i formatori, punto di riferimentoimportante. Ringrazio, poi, tutte le tantepersone che Dio ha posto dinanzi alla miastrada e i sacerdoti che ho avuto la grazia diconoscere. Da ognuno ho potuto cogliere laricchezza delle diversità che la Provvidenzaha elargito.Eccomi, sono arrivato al un punto di “ri-

partenza”, di un progetto più grande di medel quale sono consapevole di non esseredegno, ma per grazia ricevuta sono trasfor-mato in una piccolissima pedina che pregadi essere in comunione con Dio e con lachiesa per poter servire i miei fratelli. Qua-lunque cosa deciderà per noi il Signore vor-remo dire in umiltà che siamo soltanto serviinutili. Ho la certezza di non essere solo per-ché il Signore mi sta accanto da sempre eha posto al mio fianco una moglie meravi-gliosa e tre figlie straordinarie. Shalom!

Foglio di collegamento dei Diaconidell’Arcidiocesi di Torino - Stampatopro-manuscripto - Anno XXV - numero1 - Febbraio 2016. Coordinatore: Lo-renzo Bortolin. Hanno collaborato:Emanuele Boero, Paolo Bordino,Paolo De Martino, Emilio De Santis,Fulvio Gazzi, Lodovico Giarlotto, Ken-neth Ilonwa, Alessio Pavarallo, ValterSerena e Matteo Suozzo. Segreteria:Curia Arcivescovile, via Val della Torre3, 10149 Torino; tel. 011-5156211. Vi-deoimpaginazione: Studio Pattern,Torino. Stampa: Foehn snc.

È stato nominato collaboratore pastoralenella parrocchia Santi Cosma e Damiano in Borgaro Torinese