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Settimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino ANNO XIII - N. 35 FOGGIA 02.11.2006 AGENZIA GENERALE FRASCELLA Foggia e provincia Corso Vittorio Emanuele, 108 - Foggia Tel. e Fax 0881.772564-0881.709879 E-mail: [email protected] Via della Vite, 5 - 00187 Roma Tel. 06.6792501 - Fax 06.69799763 E-mail: [email protected] AGENZIA GENERALE FRASCELLA Roma-Piazza di Spagna 1,30 La forte recrudescen- za di fatti di sangue che in questi ultimi giorni ha insanguinato la città di Napoli ha portato alla ri- balta della cronaca na- zionale l’urgenza di argi- nare un fenomeno, quel- lo della criminalità, che sembra non avere più ri- spetto di niente e di nes- suno. È una vera e propria guerra a tutto campo. Famiglie malavitose in contrapposizione tra di loro per il controllo dei territori e dei vari traffi- ci illeciti, onesti lavora- tori che sul lavoro tro- vano la morte, vendet- te trasversali. Non si sa che cosa fare. È di que- sti giorni la proposta del ministro Mastella di in- viare l’esercito a Napo- li per fronteggiare il di- lagare della criminalità: tanti i pareri che si sono intrecciati, in seguito al- la proposta del guardasi- gilli. Il problema sta assu- mendo anche una forte connotazione politica, come c’era da aspettar- si, a nostro parere non basterà inviare i soldati per risolverlo. O c’è un risveglio del- le coscienze, o si inizia un processo di educa- zione ai vari livelli, altri- menti Napoli e lì dove questi episodi sono or- mai all’ordine del gior- no non troveranno mai una soluzione definitiva. Non è sufficiente inviare dei soldati per un certo periodo, illudendosi di aver fronte ad una grave emergenza sociale. Biso- gna educare i giovani, le famiglie ai valori veri ed autentici della vita. Non possiamo più assistere passivamente alla lettu- ra dei bollettini di guer- ra che quotidianamente i mezzi della comunica- zione sociale ci presen- tano. Ci stiamo abituan- do troppo a senti- re queste notizie che ormai non ci scalfi- scono più. Ognuno nel proprio piccolo deve in- carnare logiche di pa- ce e di giustizia e sicu- ramente le cose andran- no meglio. Sembrerebbe una ricetta semplicisti- ca, ma non lo è. Diamoci da fare per bo- nificare il tessuto sociale e per creare spazi di vivi- bilità per tutti. Il Direttore

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Settimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

ANNO XIII - N. 35 FOGGIA 02.11.2006

AGENZIA GENERALE

FRASCELLAFoggia e provincia

Corso Vittorio Emanuele, 108 - FoggiaTel. e Fax 0881.772564-0881.709879

E-mail: [email protected]

Via della Vite, 5 - 00187 RomaTel. 06.6792501 - Fax 06.69799763

E-mail: [email protected]

AGENZIA GENERALE

FRASCELLARoma-Piazza di Spagna

1,30

La forte recrudescen-za di fatti di sangue che in questi ultimi giorni ha insanguinato la città di Napoli ha portato alla ri-balta della cronaca na-zionale l’urgenza di argi-nare un fenomeno, quel-lo della criminalità, che sembra non avere più ri-spetto di niente e di nes-suno. È una vera e propria guerra a tutto campo. Famiglie malavitose in contrapposizione tra di loro per il controllo dei territori e dei vari traffi-ci illeciti, onesti lavora-tori che sul lavoro tro-vano la morte, vendet-te trasversali. Non si sa

che cosa fare. È di que-sti giorni la proposta del ministro Mastella di in-viare l’esercito a Napo-li per fronteggiare il di-lagare della criminalità: tanti i pareri che si sono intrecciati, in seguito al-la proposta del guardasi-gilli. Il problema sta assu-mendo anche una forte connotazione politica, come c’era da aspettar-si, a nostro parere non basterà inviare i soldati per risolverlo. O c’è un risveglio del-le coscienze, o si inizia un processo di educa-zione ai vari livelli, altri-menti Napoli e lì dove

questi episodi sono or-mai all’ordine del gior-no non troveranno mai una soluzione definitiva. Non è sufficiente inviare dei soldati per un certo periodo, illudendosi di aver fronte ad una grave emergenza sociale. Biso-gna educare i giovani, le famiglie ai valori veri ed autentici della vita. Non possiamo più assistere passivamente alla lettu-ra dei bollettini di guer-ra che quotidianamente i mezzi della comunica-zione sociale ci presen-tano. Ci stiamo abituan-do troppo a senti-re queste notizie

che ormai non ci scalfi-scono più. Ognuno nel proprio piccolo deve in-carnare logiche di pa-ce e di giustizia e sicu-ramente le cose andran-no meglio. Sembrerebbe una ricetta semplicisti-ca, ma non lo è. Diamoci da fare per bo-nificare il tessuto sociale e per creare spazi di vivi-bilità per tutti.

Il Direttore

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2 Voce di Popolo

Da ragazzi abbiamo letto Har-riet Beecher-Stowe (nella fo-to) e ci hanno impressionato le condizioni di vita del pove-ro zio Tom, protagonista del più importante bestseller dell’Ot-tocento. Crescendo, abbiamo continuato a stupirci leggendo le miserie dei ghetti nei romanzi di Caldwell o vedendo nei film americani le discriminazioni ai danni dei neri. Ci chiedevamo con ingenuo candore come fos-se possibile trattare esseri uma-ni come bestie, soltanto a causa del colore della pelle.

Le “attenzioni” differenziate continuano anche ai giorni no-stri, ma per fortuna vengono at-tivati anche idonei strumenti di tutela. Nel 1997 una verten-za giudiziaria riguardante alcu-ni casi di discriminazione raz-ziale alla Texaco si concluse col pagamento di 176 milioni di dol-lari, che sono saliti addirittura a 192,5 milioni nel 2000 per la Co-ca-Cola (record assoluto fino ad allora), rea di aver trattato i di-pendenti neri in modo ingiusto

e di averli retribuiti meno dei bianchi. La sentenza è stata in-novativa anche perché ha isti-tuito una commissione che vigi-la sull’attività della società a tu-tela delle etnie e perché (parti-colare non irrilevante) è forma-ta da sette membri esterni alla società.

E da noi?Negli anni del boom econo-

mico la discriminazione è en-trata in Italia (e tra gente con la stessa pelle). Tanti nostri con-terranei hanno invaso Torino attratti dal miraggio dell’indu-stria automobilistica, determi-nando problemi di accoglienza e ricettività, “risolti” con cartel-li ad hoc: “Fittasi, ma non a me-ridionali”. Gli italiani del nord avevano smesso di stupirsi per le discriminazioni.

Da alcuni anni, nel silenzio generale, molti imprenditori agricoli meridionali (e non so-lo) maltrattano lavoratori sta-gionali extracomunitari privi di permessi di soggiorno. In que-sto modo anche gli italiani del

sud hanno smesso di stupirsi, sperimentando come sia facile esercitarsi a fare le anime bel-le quando i problemi sono lon-tani e come ci trasformiamo in aguzzini quando dobbiamo con-frontarci con una realtà vicina e concreta.

Il bubbone è scoppiato que-sta estate con l’inchiesta de L’Espresso che ci ha sbattuto brutalmente in prima pagina.

La posizione della Chiesa sul-l’argomento non lascia spazio a sofismi interpretativi: “Le isti-tuzioni dei Paesi ospiti devono vigilare accuratamente affin-ché non si diffonda la tentazio-ne di sfruttare la manodopera straniera, privandola dei diritti garantiti ai lavoratori naziona-li, che devono essere assicura-ti a tutti senza discriminazioni” (Compendio della Dottrina So-

ciale della Chiesa, 298). Avrem-mo bisogno di un anno sabbati-co che ci aiutasse a recuperare il senso della libertà, del lavoro, della solidarietà. Vigilare accu-

ratamente, tentazione di sfrut-

tare: quanta strada c’è da per-correre!

Dov’è finito il mito degli “Ita-liani, brava gente”?

Per la verità, seri dubbi li ave-va avanzati già nel 1931 Knud Holmboe, giornalista danese, che aveva pubblicato Incontro

nel deserto, occupandosi, tra l’altro, del trattamento riserva-to dagli italiani agli indigeni du-rante le guerre coloniali. Con-fessiamo che a quel mito ci era-vamo affezionati e ora che, do-po 75 anni, Longanesi ha pub-blicato il testo in italiano, sco-priamo con amarezza che forse non siamo stati diversi dagli al-tri europei colonizzatori.

La medicina… neraMa, per tornare ai giorni no-

stri, ecco un episodio sconcer-tante. A Taranto viene chiama-ta l’ambulanza per soccorrere un paziente. Il mezzo arriva ra-pidamente a domicilio, ma ri-parte subito dopo senza il ma-lato, perché qualcuno di fami-glia aveva “ricusato” la dotto-ressa di servizio nell’ambulan-za: era nera!

Regolarmente laureata in me-dicina, aveva anche due specia-lizzazioni, lavorava da alcuni anni in Italia, ma ha dovuto in-goiare con dignità il rospo del-l’umiliazione. Non ci sono refe-renze e curricula che possano schiarire una pelle irrimediabil-mente nera.

C’è sempre un ulteriore sud, anche oltre il sud più profondo. Ogni commento è superfluo, vi-sto che il pozzo della stupidità umana è senza fondo. Di fronte a certi episodi si rimane allibi-ti, ma lo storico Carlo M. Cipol-la ci aveva avvertito: “gli stupidi sono pericolosi e funesti perché le persone ragionevoli trovano difficile immaginare un com-portamento stupido”.

Ci auguriamo che il pazien-te non abbia avuto conseguen-ze spiacevoli per l’impedito soccorso, ma proviamo a porci qualche domanda a latere.

Era davvero importante l’in-tervento medico? Evidentemen-te no, perché altrimenti il fami-liare tanto zelante a telefonare avrebbe poi accettato il soccor-so… nero. E se non era così ne-cessario, avrebbe telefonato se avesse dovuto pagare di tasca propria l’intervento o almeno un ticket? Episodi di questo ge-nere uccidono la sanità pubbli-ca e possono comportare l’in-troduzione di ticket o compar-tecipazioni varie, con buona pa-ce della solidarietà e del welfa-

re. Parafrasando una espressio-ne estremista di qualche anno fa, potremmo dire che finiremo col pagare tutto e caro e solo allora capiremo il valore di ciò che avevamo e che avremo per-duto. Lo stupido avrà colpito ancora, perché, sempre secon-do la semplificazione del prof. Cipolla, trattasi di persona che “causa un danno a un’altra per-sona o gruppo di persone sen-za nel contempo realizzare al-cun vantaggio per sé o addirit-tura subendo una perdita”.

Coerenza svizzeraMa, tornando alla discrimi-

nazione, c’è chi ha idee mol-to chiare e coerenti. In Sviz-zera, nello scorso mese di set-

tembre, una larga maggioranza (67,8%) ha approvato con refe-rendum una legge che tra l’al-tro limita l’immigrazione di cit-tadini extracomunitari ai lavori qualificati.

È vero che la massiccia “im-portazione” negli USA di inge-gneri informatici provenienti dall’India ha fatto la fortuna di Silicon Valley, ma la Svizzera è altro rispetto agli Stati Uniti e poi … gli extracomunitari so-no brutti, sporchi e cattivi. Può anche andar bene che arrivino in Svizzera a scopare le strade, a pulire i bagni, a fare gli sguat-teri in cucina o a lavorare in mi-niera, ma che pretendano pure di essere in tanti ad accedere ai lavori qualificati è certamente una sfrontata provocazione.

Est modus in rebus!

L e t t e r e & Te s t i m o n i a n z e

Storie di ordinaria discriminazione

Voce di PopoloSettimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

anno XIII n. 35 del 2 novembre 2006

Direttore responsabileAntonio Menichella

Hanno collaboratoAntonella Caggese, Damiano Bordasco, Stefano Caprio, Antonio Daniele,Enzo D’Errico, Francesca Di Gioia, Francesco Galiano, Letizia Lorusso, Giovanni Monaco, Vito Procaccini, Valerio Quirino, Giustina Ruggiero, Francesco Sansone, Ricciotti Saurino, Emilia Tegon.

Editore: NED S.r.LDirezione, redazione e amministrazionevia Oberdan, 13 - 71100 - FoggiaTel./Fax 0881.72.31.25e-mail: [email protected]

Progettazione grafica e Stampa:Grafiche Grilli srl

La collaborazione è volontaria e gratuita. Articoli e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

Chiuso in redazione il 31.10.2006

Questioni remote ma di drammatica attualità

È UN VIRUS CONTAGIOSO E RESISTENTE AI TENTATIVI DI TERAPIA

[ Vito Procaccini ]

Il G.R.I.S. gruppo di ricer-ca informazione socio religio-sa, organizza presso la par-rocchia San Giuseppe Arti-giano, un percorso a livello diocesano di conoscenza sui nuovi movimenti religiosi, per aiutare a prevenire even-tuali adesioni settarie.

Gli incontri si terranno alle ore 16,00 nei giorni:

4 novembre; 18 novembre;

2 dicembre; 16 dicembre

Chi fosse interessato a far

parte del gruppo diocesano

G.R.I.S. può contattare:

cell. 329.38.29.086;

e-mail:

[email protected]

Don Daniele d’Ecclesia

Arcidiocesi di Foggia-BovinoG.R.I.S.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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3N. 35 del 2 novembre 2006

La consapevolezza dell’im-portanza di giungere ad un rin-vigorimento della religiosità po-polare.

È questa la ragione alla base della convocazione del I Con-

gresso Internazionale di

Confraternite consacrate al-l’invocazione delle Vergini Pa-trone (dal 5 all’8 dicembre in Spagna). Si tratta di un’iniziati-va della Confraternita Peniten-ziale di Nostra Signora di Be-goña, patrona di Bilbao, e della Confraternita di Nostra Signo-ra della Virgen Blanca, di Vito-ria: entrambe le città ospitano il grande incontro, volto a raffor-zare il messaggio cristiano nella promozione della devozione al-la Madonna. In particolare, sco-po dell’appuntamento è quel-lo di mantenere il contenuto

religioso delle feste patro-

nali nella convivenza con altre religioni e all’interno di una so-cietà non confessionale come quella dell’Europa del XXI se-colo.

I promotori “rappresenta-no confraternite molto inquie-te, in costante rinnovamen-to, che hanno una grande ba-se sociale” e cercano di porta-re il loro modo di vivere “ad al-tre confraternite”, di “creare un forum di opinione, di dialo-go, di aiuto tra alcune confra-ternite ed altre”, ha spiegato il direttore del Congresso – Car-

los García Llata, decano del-la Facoltà di Teologia di Vito-ria nel contesto della presenta-

zione dell’iniziativa. “Rinvigori-re la religiosità popolare, il suo significato e il suo valore nella nostra società” è “il fine di que-sto congresso”, e qui trovano posto le confraternite, ha sot-tolineato il teologo salesiano.Si tratta di un elemento chia-ve, perché “la religiosità popo-lare è molto importante”: “dal punto di vista della religiosità – spiega –, il linguaggio simbo-

lico è importantissimo” perché “esprime modi di vita, aneliti, comprensione del mondo, della persona, speranze, inquietudini, comprensione del dolore e del-la gioia”. “La religiosità popola-re ha la sua legittimità”, ma ha bisogno di una revisione perma-nente – ha avvertito –: “se la re-ligiosità popolare perde le sue radici” “diventa una cosa folclo-ristica, semplicemente cultura-le, una cosa reiterativa che dà identità sociologica ad un po-

polo”, “qualcosa che può essere ‘feticistico’, ‘magico’”. Per que-sto “richiede sempre una revi-sione”, “un apporto critico, un apporto di dialogo”, “una spie-gazione costante”: “un ruolo proprio delle confraternite”, ha sottolineato.

Nella presentazione di que-sto I Congresso Internazionale, Joseba Rodríguez – tesoriere della Confraternita di Begoña – ha quindi detto: “Le feste pa-tronali manterranno il loro spi-rito cristiano finché esisteranno le confraternite”. Queste, in ori-gine, “sono associazioni di laici, con una finalità in primo luogo devozionale, ma anche con un fine di carità: compiere opere di carità nel contesto della Chiesa, aiutare i più deboli”, ha detto il Direttore dell’incontro. “In defi-nitiva, la confraternita è un mo-vimento all’interno della Chiesa cattolica”.

C h i e s a U n i v e r s a l e e I t a l i a n a

Chiesa italianaIl Papa e i giovani

[ Don Stefano Caprio ]

Benedetto XVI ha annuncia-to la sua partecipazione all’in-

contro dei giovani cattolici

italiani nella città di Loreto,

nel settembre 2007. I giova-ni italiani si incontreranno il 29 agosto per tre giorni di condivi-sione, accolti in 32 diocesi del-la Romagna, delle Marche, del-l’Umbria e dell’Abruzzo. Ogni realtà locale, in proporzione al-la propria grandezza, ospiterà i gruppi delle altre regioni italia-ne, attraverso momenti di pre-ghiera, ma anche di festa e di conoscenza del territorio.

La sera di venerdì 31 agosto i gruppi si completeranno con l’arrivo degli altri partecipan-ti, in vista della giornata di sa-bato, dedicata al pellegrinaggio. Al mattino, ogni diocesi si riu-nirà con il proprio vescovo nel-la località di alloggio (in chiese, piazze, stadi...), per celebrare un momento di preghiera. Nel pomeriggio, invece, spazio al cammino e alla riflessione per arrivare poi nella grande spia-nata di Montorso, vicino a Lo-reto, lo stesso luogo dove Gio-vanni Paolo II incontrò i giovani nel 1995 e i membri dell’Azione Cattolica nel 2004. Dopo aver recitato l’Angelus domenica 29 ottobre – davanti ai fedeli riu-niti in piazza San Pietro in Vati-cano –, il Papa ha rivolto un sa-luto speciale ai “giovani delega-ti delle Regioni italiane, riuniti in questi giorni a Roma per l’at-tuazione del progetto triennale della Chiesa italiana denomina-to ‘Agorà dei giovani’”. “Cari amici – ha detto loro –, benedi-co il vostro cammino e vi atten-do numerosi al grande incontro dei giovani italiani in program-ma per l’1 e 2 settembre 2007 a Loreto”. “Presso quell’amato

Santuario mariano vivremo in-sieme un momento di grazia, nella gioia della fede e nella pro-spettiva della missione, anche in preparazione alla Giornata

Mondiale della Gioventù di

Sydney nel 2008”, ha aggiun-to. È stato nel marzo scorso che il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italia-na ha approvato la proposta di un percorso nazionale di par-ticolare attenzione per il mon-do giovanile: l’“Agorà dei giova-ni italiani” L’iniziativa è volta a favorire la realizzazione di que-sto itinerario promuovendo un nuovo impulso della pastorale giovanile e il maggior coinvol-gimento delle nuove generazio-ni nella missione della Chiesa e nel cammino della Chiesa spe-cificamente in Italia.

Il primo anno pastorale (2006-2007), dedicato all’“ascolto del mondo giovanile”, si orienta al-l’incontro nazionale di Loreto. Il secondo, quello della “dimen-sione interpersonale dell’evan-gelizzazione”, avrà il suo mo-mento centrale nella Giorna-ta Mondiale della Gioventù – a cui ha fatto riferimento il San-to Padre –, perché dà ai giova-ni la possibilità di approfondi-re il mandato missionario in un contesto culturale e socia-le molto vivo. L’anno pastora-le 2008-2009 verrà dedicato al-la “dimensione culturale e so-ciale dell’evangelizzazione”, per affrontare le questioni di una te-stimonianza cristiana, persona-le e comunitaria, esercitata ne-gli orizzonti delle grandi que-stioni culturali e sociali. Tutto questo itinerario si concluderà con un evento che verrà vissu-to simultaneamente in ogni dio-cesi italiana.

Chiesa UniversaleCongresso delle Confraternite

Chiesa UniversaleCrescita del Cristianesimo CarismaticoI pentecostali ed altri mo-

vimenti carismatici sono tra i settori del Cristianesimo in più forte crescita. Questo è quanto emerge da uno studio reso no-

to il 5 ottobre scorso su 10 na-zioni e pubblicato dal Pew Fo-rum on Religion and Public Li-fe, un istituto di ricerca con se-de a Washington, D.C.

Secondo questo rapporto, quasi un quarto dei circa 2 mi-liardi di cristiani apparterreb-be ai pentecostali e a gruppi ca-rismatici, la cui fede si incen-tra sul ruolo attivo dello Spirito Santo nella vita quotidiana.

Lo studio è basato su sondag-

gi casuali effettuati negli Stati Uniti, in Brasile, Cile e Guate-mala, in Kenya, Nigeria e Sud Africa e in India, Filippine e Co-rea del Sud. Le conclusioni di questo lavoro confermano che i pronostici sul recesso della re-ligione sono errati, commen-ta Luis Lugo, Direttore del Pew Forum on Religion and Public Life, nella prefazione: “L’idea di una secolarizzazione e di una società post-religiosa ha cedu-to il passo rispetto ad un nuo-

vo riconoscimento dell’in-

fluenza della religione nella vita sociale e politica delle per-sone”.

Un esempio emblematico so-no i pentecostali. Nati appena un secolo fa, oggi sono secon-di soltanto ai cattolici, in termi-ni di numero di fedeli, osserva Lugo.

In America Latina, oggi ci so-no circa tre pentecostali ogni quattro protestanti, secondo il World Christian Database. Il concetto di carismatico è tut-tavia assai elastico. Molte del-le persone che rientrano in que-sta categoria sono protestanti, cattoliche oppure ortodosse; si definiscono come carismatiche ma rimangono nell’ambito delle loro rispettive Chiese.

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4 Voce di Popolo

Domenica 29 Ottobre, nel cor-so di una Solenne Concelebra-zione Eucaristica, S.E. Mons. Francesco Pio Tamburrino ha nominato padre Luigi Lauriola parroco della comunità parroc-chiale di Sant’Antonio da Pado-va in Foggia. Così com’era acca-duto nei giorni scorsi per le par-rocchie francescane di Gesù e Maria e san Pasquale Baylon, anche per la comunità di San-t’Antonio, il Capitolo provincia-le dei Frati Minori ha deciso di nominare un nuovo parroco.

Nel corso dei riti di introdu-zione, il provinciale dei Frati Minori padre Pietro Carfagna ha presentato ai fedeli la figu-ra di padre Luigi ed ha augurato al nuovo pastore di condurre la comunità verso la santità: “an-

che per la comunità parroc-

chiale di Sant’Antonio è sta-

to nominato un nuovo parroco

ed ancora una volta si tratta di

un ritorno dopo quelli di padre

Michele Perruggini nella chie-

sa ‘Gesù e Maria’ e di padre

Armando Gravina presso san

Pasquale. Padre Luigi Laurio-

la, infatti è già stato per 15 an-

ni, dal 1985 al 2000, parroco

di questa comunità; negli ul-

timi sei anni egli ha svolto il

suo incarico presso la chiesa

di Sant’Antonio in Campobas-

so ed è stato responsabile della

Commisione francescana “Pa-

ce e Creato”. Sono certo che con

l’esperienza acquisita in que-

sti anni, padre Luigi ripren-

derà a servire con amore e de-

dizione il popolo che oggi il Ve-

scovo gli affiderà. Egli potrà

disporre di ottimi collabora-

tori, quali padre Antonio Gel-

somino, che svolgerà l’incarico

di vice parroco, e Padre Paoli-

no Castrillo. In questi anni di

preparazione all’VIII Centena-

rio dell’Ordine francescano,

che verrà celebrato nel 2009, la

provincia assicura la sua vici-

nanza a padre Luigi. A lui af-

fidiamo questa ricca comuni-

tà di fedeli e tutti i gruppi par-

rocchiali, il Terz’Ordine fran-

cescano, la Gi.Fra., i gruppi

neocatecumenali, e le suore sa-

lesiane dell’Istituto san Filip-

po Smaldone”.

L’Omelia di mons. TamburrinoDurante l’omelia, l’Arcivesco-

vo Mons. Tamburrino si è sof-fermato sulla lettura del brano evangelico del cieco guarito (Mc 10,46-52): “Nel brano del Vange-

lo, abbiamo letto il racconto di

Gesù che, mentre stava recan-

dosi a Gerusalemme per vivere

la sua Passione, si ferma a Ge-

rico per guarire un cieco. La

folla che accoglieva Gesù cer-

cava di far tacere il cieco Bar-

timeo che invocava a gran vo-

ce Gesù, ritenendolo indiscre-

to. Ma Gesù lo fece avvicinare

a sé poiché il cieco lo aveva ri-

conosciuto come Messia e Fi-

glio di Davide. Bartimeo ave-

va posto tutta la sua fiducia in

Gesù, nella sua potenza divina

e la sua preghiera nasce dalla

fede nel Signore. Dopo il mira-

colo, il cieco non torna a casa

sua, ma segue Gesù, diventan-

do un suo discepolo”.Poi Mons. Tamburino ha sot-

tolineato la vocazione che ogni cristiano riceve nel Battesi-mo, sacramento che ci dona la vista e che ci illumina: “que-

sto episodio evangelico è mol-

to ricorrente nelle prime comu-

nità di discepoli e nella Chie-

sa nascente perché è il simbolo

di ciò che avviene ad ogni cri-

stiano. Noi recuperiamo la ‘vi-

sta’ nel Sacramento del Battesi-

mo e diventiamo figli della Lu-

ce. Il Battesimo era chiamato

nell’antichità ‘Illuminazione’

perché la Luce divina arriva

al cristiano nel sacramento”. L’Arcivescovo ha successiva-mente evidenziato come senza la luce del Vangelo, l’uomo per-da la ragione e si senta disorien-tato: “gli uomini che non credo-

no, non ricevono questa illumi-

nazione e prendono molti ab-

bagli. In questi giorni ho senti-

to affermare che la scienza è la

luce essenziale. Ciò è falso per-

ché la scienza rivela quello che

Dio ha creato. Oggi si pretende

di essere padroni della vita de-

gli altri e della propria e spesso

ci capita di assistere a casi di

aborto o al dibattito ricorren-

te sul tema dell’eutanasia. Noi

non siamo padroni di decidere

se vivere e quando vivere. Noi

siamo tutti illuminati nei Sa-

cramenti che riceviamo e nella

Parola che ascoltiamo e solo la

Luce del Signore mostra le co-

se in maniera giusta. Alimen-

tiamo la nostra lampada della

fede: la messa domenicale deve

essere un desiderio dell’anima

perchè il cristiano senza la do-

menica non può vivere”.Infine Mons. Tamburrino ha

mostrato ai presenti come il mi-racolo del cieco guarito, il do-no della Luce divina, avvenga nel ministero della Chiesa e nel-l’opera dei parroci: “il miracolo

del cieco avviene ancora oggi,

grazie alla Chiesa ed ai suoi

ministeri: il sacerdote compie

gli stessi gesti di Gesù per il-

luminarci. Egli agisce in per-

sona di Cristo per donarci la

sua luce. Il parroco è il mini-

stro della Chiesa ed ha il com-

pito di aiutare a far crescere la

comunità nella fede e per por-

tare l’annuncio del Vangelo a

chi non crede. Questo è un do-

no che si rinnova! Il sacerdo-

te è il continuatore dell’ope-

ra di Cristo e guarisce le feri-

te dell’umanità come ha fatto

il Messia. È lui che ci dona la

medicina di Cristo. Egli dona

sé stesso per costruire la co-

munità. Oggi, Padre Luigi, io

ti auguro di continuare ad il-

luminare nella fede questa co-

munità e ti consegno non so-

lo gli arredi liturgici ed i mu-

ri di questa chiesa, ma le per-

sone, gli anziani, i malati, i

poveri, le famiglie, la gente di

questa comunità affinché nella

tua opera essi ricevano la Lu-

ce di Dio”.

L a Vo c e d e l P a s t o r e

Il cristiano… un miracolatoA Sant’Antonio da Padova è ritornato padre Luigi Lauriola

[ Francesco Sansone ]

UNA SANTA MESSA CELEBRATA DA MONS. TAMBURRINO HA SANCITO L’INGRESSO DEL NUOVO PARROCO DELLA COMUNITÀ DI VIA SMALDONE

Agenda dell’Arcivescovo3 - 9 novembre 2006

03/11 Alle ore 18,00 presso l’Opera Pia Scillitani, Convegno “A 125anni dalla sua fondazione a servizio della città”.

04/11 Alle ore 18,30 amministra le Cresime a S. Giuseppe in SanMarco in Lamis.

05/11 Alle ore 18,00 S. Messa in onore di S. Filippo Smaldone,presso la parrocchia di S. Antonio di Padova in Foggia.

06/11 Alle ore 17,30 momento di preghiera presso la sede dioce-sana dell’Ordo Virginum.

07/11 Alle ore 10,30 all’Inaugurazione dell’Anno Accademico2006-2007 dell’Università degli Studi di Foggia, presso l’AulaMagna della Facoltà di Economia (Via Caggese).

A cura della segreteria del vescovo tel. 0881.72.33.81

Curia Metropolitana di Foggia-Bovino

Ufficio Incarico in Re MatrimonialiL’incontro di aggiornamento e formazione

sulla pratica prematrimoniale del 15 settem-bre scorso ha visto la partecipazione nume-rosa di parroci e collaboratori laici, al di là di ogni più rosea aspettativa.

Ci rendiamo conto che è mancato un mo-mento di dialogo e approfondimento delle varie tematiche introdotte, data la ristrettez-za del tempo disponibile. Da più parti è giun-ta la richiesta di un secondo incontro rivolto

principalmente a coloro che non hanno potu-to partecipare al precedente ma anche a co-loro che vorranno approfondire ulteriormen-te alcuni aspetti problematici.

L’appuntamento è quindi fissato per vener-dì 10 novembre alle ore 10,30 presso la Curia Arcivescovile.

Il responsabile

Don Michele Di Nunzio

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5N. 35 del 2 novembre 2006

Un incontro presso il Cenaco-lo di Santa Chiara a San Giovan-ni Rotondo è stata la prima tap-pa voluta dalla Conferenza Epi-scopale Pugliese per dare ini-zio alle attività dell’anno pasto-rale 2006-2007. Un percorso di formazione per i presbiteri pu-gliesi che ha visto la nostra Me-tropolia proprio il riferimento di partenza per questo percorso che si concluderà nel marzo del 2007 a Lecce.

Nella giornata intensa di stu-dio si è riflettuto sul tema “Par-roci e parrocchie dal volto mis-sionario”. A porgere un salu-to di benvenuto S.E. Mons. Do-menico D’Ambrosio, arcivesco-vo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo che ha ac-colto nella splendida cornice del cenacolo i numerosi pre-sbiteri accorsi da ogni parte del territorio provinciale e regio-nale. Buona la risposta anche

del clero diocesano che si è ri-trovato puntuale all’appunta-mento. Dopo i saluti di mons. D’Ambrosio si è passati alla pri-ma relazione tenuta da Mons. Michele Seccia, Vescovo di Te-ramo-Atri, dal titolo “Servitori della missione in una comunità responsabile. Il ruolo del par-roco nel rinnovamento missio-nario della parrocchia, in Pu-glia”. Una lunga relazione che è partita proprio dal commen-

to puntuale del titolo 12 del do-cumento della Cei “Il volto mis-sionario delle parrocchie” e da una profonda analisi della figu-ra e dell’operato dei parroci og-gi: “In questi decenni i sacerdo-ti hanno visto il moltiplicarsi dei loro impegni. Cio è spesso avvenuto senza che venisse ri-pensato in modo globale e coe-rente il loro servizio al Vange-lo. Spesso perciò sono affianca-ti da una molteplicità di impe-gni che tolgono loro la pacatez-za necessaria per svolgere con frutto il proprio ministero e cu-rare convenientemente la pro-pria vita spirituale”. È quindi da evitare, secondo Mons. Sec-cia, “l’attivismo esasperato, ai sacerdoti non devono manca-re spazi da dedicare all’interio-rità e alle relazioni umane, oc-corrono inoltre più momenti di vita comune e di fraternità tra i presbiteri.

Tanti gli spunti introdotti dal relatore come quello dell’uni-

versalità del ministero del sa-cerdozio, la corresponsabilità per i limiti della missione sa-cerdotale e la vocazione mis-sionaria, vera traccia dell’in-contro che deve essere presen-te nella vita dei presbiteri affin-ché ricordino che il proprio ruo-lo è quello di “diventare servito-ri a servizio della missione”. In-fine Mons. Seccia ha richiama-to all’attenzione dei presenti l’importanza della trasparenza, della coerenza nell’agire e del-la costanza nel portare avanti un progetto pastorale parten-do dalla celebrazione della San-ta Messa: “La prima e più eleva-ta forma di catechesi”.

Un ultimo richiamo è sta-to fatto riecheggiando le paro-le del Vescovo di Lucera Mons. Paolicelli ed è suonato come un monito per tutti: “Non pochi che fanno molto ma molti che fanno poco”, affinché si speri-menti una condivisione alta e una comunione allargata.

V i t a d i D i o c e s i

Parroci in missione

Nuovo parroco a Borgo CelanoFa il suo ingresso Padre Francesco Taronna

[ Francesca Di Gioia ]

A S. Giovanni Rotondo l’inaugurazione dell’anno pastorale pugliese

La comunità parrocchiale della B.M.V. di Lourdes di Bor-go Celano ha vissuto, merco-ledì 1 novembre, un importan-te momento di fede attorno all’arcivescovo Francesco Pio Tamburrino che, durante una solenne celebrazione eucari-stica, ha immesso nell’ufficio di parroco Padre Francesco Taronna. La comunità par-rocchiale di Borgo Celano è stata retta, fin ai primi di set-tembre, da Padre Urbano De Colellis nominato dai supe-riori dell’ordine francescano dei frati minori, guardiano del convento di S. Maria delle Grazie in Manfredonia.

Padre Francesco Taronna è nato a Monte S. Angelo, dopo gli studi liceali a S. Matteo e, quelli ecclesiastici a Biccari, si è laureato in lettere clas-siche a Napoli. Ha insegna-to in vari istituti scolastici, ri-coprendo nello stesso tempo l’ufficio di parroco in diverse realtà diocesane. Padre Fran-cesco è già stato parroco del-la comunità del piccolo Bor-go dal 1962 al 1972. In questi 34 anni di lontananza, Padre Francesco, ha trovato una co-munità radicalmente cam-biata. Il Borgo si è accresciu-to di nuove abitazioni e anche di numerosi alberghi e ristor-nanti. Padre Francesco affer-ma che ha lasciato un picco-lo nucleo di comunità di 200 anime, oggi ne ha ritrovati cir-ca 500, formati essenzialmen-

te dagli abitanti del Viale S. Ri-ta e dai residenti delle villette verso S. Giovanni.

La vita del Borgo è difficile soprattutto nei mesi inverna-li per la mancanza di struttu-re di servizi e anche ricreativi per i giovani e ragazzi. La par-rocchia quindi, ci dice Padre Francesco, si trova ad esse-re un centro catalizzatore per tutti gli abitanti di Borgo Cela-no. Padre Francesco continua a raccontarci della vita par-rocchiale che è diversa dal-le altre. Infatti, Borgo Celano nei mesi estivi è meta di villeg-gianti che risiedono per gode-re dell’aria buona che si respi-ra. La stessa chiesa diventa in-sufficiente per accoglierli tut-ti. Nei progetti del nuovo par-roco c’è anche l’ampliamento dell’aula liturgica e una mag-giore attenzione alla realtà parrocchiale. Dal primo giove-dì di novembre e per una vol-ta a settimana, la celebrazione feriale sarà fatta nella scuo-la elementare di Viale S. Ri-ta per poter permettere ai re-sidenti di quella zona la parte-cipazione alla vita parrocchia-le. Inoltre padre Francesco ha intenzione di incontrare tutti i genitori dei ragazzi delle scuo-le materne ed elementari per capire quali sono i motivi che li spingono ad iscrivere i pro-pri figli negli istituti di S. Gio-vanni e di S. Marco, rischian-do così di far chiudere l’unica scuola del Borgo.

PRIMA TAPPA DEL PERCORSO DI FORMAZIONE PER PRESBITERI CHE SEGNERÀ LE VARIE METROPOLIE PUGLIESI

[ Antonio Daniele ]

Padre Francesco ha contat-tato i dirigenti scolastici per assicurare il collegamento di Borgo Celano con le scuole li-mitrofe attraverso un servi-zio scuolabus per la raccol-ta dei ragazzi. Padre France-sco termina il nostro incon-tro sottolineando la posizio-ne strategica della comunità parrocchiale di Borgo Cela-no che la vede vicino al San-tuario francescano di S. Mat-teo e al Santuario di S. Gio-vanni Rotondo con la santità del frate cappuccino S. Pio da Pietrelcina.

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6 Voce di PopoloV i t a d i D i o c e s i

Al di là dell’alternanza

FOTOGRAFIA DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA

È stato presentato la settima-na scorsa l’annuale dossier sul fenomeno migratorio in Italia, stilato da Caritas Italiana in col-laborazione con la Fondazione Migrantes. Una vera e propria raccolta di dati statistici e di analisi socio-economiche che ben presentano l’universo de-gli immigrati regolarmente pre-senti nel nostro Paese, valutan-do di anno in anno le variazio-ni del fenomeno e conoscendo sempre più a fondo una vasta comunità eterogenea e sempre più consistente che è ogni anno più italiana.

Questa una prima panorami-ca di una nuova Italia. Il nume-ro degli immigrati regolari in Italia ha quasi raggiunto quel-lo degli emigrati italiani nel re-sto del mondo: secondo la sti-ma del dossier Caritas/Migran-tes sono 3.035.000 alla fine del 2005, dato che fa collocare l’Ita-lia accanto ai grandi Paesi euro-pei di immigrazione: Germania (7.287.980), Spagna (3.371.394), Francia (3.263.186) e Gran Bre-tagna (2.857.000). Sono circa 240.000 in più rispetto alla fine del 2004 e si valuta che negli an-ni il trend di crescita andrà ad

aumentare in maniera sempre più rilevante: se si tiene con-to del deficit demografico ita-liano e della pressione dei pae-si di origine, è realistico stima-re l’impatto in entrata in alme-no 300 mila unità all’anno.

Ogni 10 stranieri, 5 sono eu-ropei, 2 africani, 2 asiatici e uno americano; gli immigrati prove-nienti dall’Europa dell’Est sono circa 1 milione: i principali grup-pi sono, tra gli extracomunitari, quello albanese e ucraino; tra i comunitari, quello polacco; tra gli Stati che si accingono ad en-trare nella UE, quello romeno che è tra l’latro in assoluto il più numeroso. Tra i continenti, per l’Africa il primo gruppo è quello marocchino, per l’Asia il cinese e il filippino, per l’America il pe-ruviano e lo statunitense.

Per quanto riguarda l’inse-diamento territoriale nel nostro Paese, l’incidenza degli immi-grati sulla popolazione italiana è del 5,2%, con un immigrato ogni 19 residenti; essi sono distribui-ti in maniera abbastanza dif-ferenziata, giustificata soprat-tutto dalla domanda di lavoro: Nord 59,5%, Centro 27%, Meri-dione 13,5%. Roma e Milano de-

tengono rispettivamente l’11,4% e il 10,9% degli immigrati. Sul versante demografico, se l’Italia è un Paese che vede diminuire progressivamente il proprio tas-so di natalità a fronte, quindi di un progressivo aumento della popolazione anziana, gli immi-grati contrubuiscono a mante-nere giovane il nostro Paese: il 70%, infatti, è nella fascia d’età 15-44 anni (solo il 47,5% degli italiani si colloca in quella fa-scia). Le donne immigrate, pre-senti nella stessa misura degli uomini, sono più feconde delle italiane con una media di 2,4 fi-gli a donna: nel 2005 hanno da-to alla luce 52.000 bambini che hanno inciso del 10% circa sul-le nuove nascite. Oggi i minori in Italia sono 586.000, ovvero un quinto dell’intero universo stra-niero, un numero raddoppiato negli ultimi 5 anni.

È nel mercato del lavoro che gli immigrati esercitano il peso maggiore: un lavoratore su die-ci è nato in un Paese extra UE: nel 2005 sono stati assunti per la prima volta nel mercato del lavoro italiano 173.000 nuovi lavoratori immigrati nei setto-ri dell’agricoltura (9,2%), indu-stria (27,4%) e servizi alle im-prese (16,1%), alle costruzio-ni (13,6%), agli alberghi e risto-ranti (11,9% ), alle attività do-mestiche (10,2%) e all’agricoltu-ra (9,2%).

Gli immigrati, così come av-viene in tutta Europa, anche in Italia guadagnano di meno, co-me testimoniala banca dati del-l’INPS: le loro retribuzioni sono pari alla metà di quelle degli ita-liani per uno stesso lavoro.

Ci sono differenze anche in base al sesso, al luogo e al tipo di lavoro; la regolarità, quindi, non basta per la tutela dei pro-pri diritti. Aspetti positivi, inve-ce, si registrano nell’evoluzio-ne della normativa e delle poli-tiche in tema di immigrazione, che nonostante alcune caren-ze, sembra aver compiuto passi in avanti. Gli immigrati, rispet-to alla loro situazione in Italia, hanno un atteggiamento reali-stico ma anche moto positivo:

questi, anche in situazioni di di-sagio, tentano di integrarsi e di vivere bene in Italia: 8 si 10 af-fermano di aver migliorato la propria vita a seguito dell’arri-vo in Italia.

Deficitarie, invece, sono le condizioni di inserimento e di partecipazione: 6 immigrati su 10 vorrebbero il diritto al vo-to, mentre per 1 su 5 la mag-giore preoccupazione consi-ste nel trovare casa e un lavo-ro: la priorità di questa esigen-za trova riscontro anche nelle rilevazioni del Centri d’Ascolto Caritas, sollecitati in 6 casi su 10 per questioni di reddito e in 3 su 10 per esigenze abitative. Le carenze riguardano anche la loro condizione sociali: nel 2005 sono stati segnalati all’Uf-ficio Nazionale Antidiscrimina-zioni Razziali (Unar) 867 casi di discriminazione, concentra-ti soprattutto nel Centro-Nord. Il 40% degli italiani ritiene che

gli immigrati siano fonte di cri-minalità: un pregiudizio preoc-cupante anche se meno diffu-so rispetto ad altri Paesi euro-pei. Tra le circa 550.00 denun-ce del 2004 fatte contro perso-ne note, il 21% sono contro cit-tadini stranieri.

Sul piano normativo, infine, rispetto ad altri Stati UE è anco-ra poco quello che è stato fatto per i rifugiati e i richiedenti asi-lo: nel 2005 risulta che su 9.346 domande pervenute, ne sono state riconosciute 5.266 e i rifu-giati insediatisi sono complessi-vamente circa 20.000.

Per una più completa anali-si della realtà degli immigrati e della loro condizione nel nostro Paese, la panoramica del feno-meno migratorio in Italia, deve necessariamente essere calata su una realtà più circoscritta, su un piano regionale e locale, ap-profondimento che faremo nei prossimi numeri.

XVI Rapporto Caritas-Fondazione Migrantes sull’immigrazione in Italia[ Antonella Caggese ]

L’inaugurazione del Corso avrà luogo giovedì 9 novembre alle ore 18.00 presso l’Ordine dei Me-dici di Foggia; conclusione e con-segna dei “Pass” il 16 dicembre.

Il calendario fissato per il mese di novembre nei successivi giorni 14, 16, 21, 23, 28 e 30 e a dicem-bre nei giorni 5 e 7, per conclu-dere con gli esami colloquio nei giorni 11 e 12 dicembre e la con-segna dei Pass ai tirocinanti e ai nuovi soci A.V.O. nel corso della

S. Messa nella Chiesa di San Gio-vanni di Dio agli “OO.RR.” sabato 16 dicembre.

Responsabile del corso è Pa-squale di Gennaro. Gli interes-sati possono rivolgersi alla se-greteria dell’AVO di Foggia, ubi-cata al plesso pediatrico presso gli “Ospedali Riuniti” in viale Pin-to (sopra il market) tutti i gior-ni tranne il sabato, dalle ore 10.30 alle 12.30 o telefonando al nume-ro 0881 732501.

A.V.O. 18° Corso di formazione per volontari ospedalieri

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7

Anno Pastorale 2006-2007Da poche settimane presso

la Parrocchia di San Pio X è iniziato il nuovo anno pastora-

le 2006-2007. Sono tante le ini-ziative e gli impegni che atten-dono la comunità. In modo par-ticolare, tenendo conto di quan-to il nostro Vescovo ha chiesto alla diocesi, soprattutto nella sua ultima lettera pastorale: «Anoi è stata mandata questa pa-rola di salvezza» (At 13,26), de-dicheremo la nostra attenzione alla Parola di Dio. L’anno pa-storale che è appena incomin-ciato, infatti, sarà dedicato alla Parola di Dio e in particolare al Vangelo di Luca.

Il Consiglio Pastorale Par-rocchiale, lo scorso 5 settem-bre, ha elaborato una serie di iniziative che aiuteranno a vi-vere intensamente il rappor-to con la Parola di Dio. Non un rapporto scolastico o nozioni-stico, ma esperienziale. Non basta conoscere la Parola di Dio soltanto con l’intelletto, bi-sogna che essa diventi «chiave interpretativa» della nostra vi-ta. Alla lettura, allo studio de-ve seguire un confronto quoti-diano ed autentico, affinché la Parola di Dio determini cam-biamenti veri e novità nei no-stri stili di vita.

Tra le proposte spicca quel-la della consegna del Vangelo

di Luca in tutte le famiglie del-la parrocchia. Il Vangelo che verrà consegnato rappresente-rà l’occasione propizia, per co-minciare o per continuare ad avvicinare tanti fratelli e sorel-le alla Parola. È il segno della presenza viva e operante del-la comunità che in questo mo-do vuole riscoprire il suo esse-

re missionaria, grazie ai tan-ti volontari che hanno dato la loro disponibilità per portare il Vangelo di Luca nelle famiglie. Si tratta di un servizio umile, ma al tempo stesso prezioso. Questa iniziativa vuole esse-re anche un’esperienza prope-deutica alla missione popola-

re, animata dai laici della par-rocchia, che si terrà nell’anno

pastorale 2009-2010. Sarà un anno di particolare grazia, per-ché proprio nel 2010 la comuni-tà celebrerà il 50o anniversa-

rio della sua fondazione.Oltre a questa iniziativa, ogni

settimana, il giovedì, si tiene la lectio divina sui testi della li-turgia domenicale; nei mesi di gennaio e febbraio 2007 terre-mo in parrocchia un corso di

formazione per quanti vivo-no il ministero del lettorato sia nella forma di ministero istitui-to sia come ministero di fatto. Il corso sarà aperto a tutti co-loro che vorranno conoscere la Parola di Dio proclamata nella liturgia. Nella parrocchia, mol-to probabilmente ci sarà la pos-sibilità di ospitare anche una Mostra Biblica. Questo appun-tamento sarà utile per avvici-nare tanti, piccoli e grandi, al-la Sacra Scrittura.

L’anno si concluderà con la 3a Settimana Biblica che sa-rà celebrata nel mese di mag-gio in occasione dell’anniver-sario della Dedicazione della chiesa.

Sono tanti gli appuntamen-ti per ritrovarci intorno alla Parola. Bisogna coglierli co-me dono di Dio da non sciupa-re o sottovalutare. In ogni fa-miglia deve regnare la presen-za di Dio, attraverso la sua Pa-rola. Più spazio alla sua Paro-

la e meno alle tante parole de-gli uomini che spesso suonano vuote ed insignificanti, se non addirittura deleterie e perico-lose.

La Festa di accoglienzaUna domenica veramente di-

versa quella vissuta dai genito-ri e dai bambini e ragazzi del-l’iniziazione cristiana. La 1a Fe-sta di accoglienza ha rappre-sentato, infatti, una gradita no-vità che ha permesso di comin-ciare l’anno catechistico in mo-do allegro, ma soprattutto fa-miliare.

La partecipazione è stata a dir poco straordinaria e per due ore genitori e bambini han-no fatto una bella esperienza di Chiesa. Alle 16.15, si è co-minciato con un breve momen-to di preghiera. La chiesa era già piena di gente. Don Anto-nio, durante l’omelia, ha ricor-dato l’importanza di fare espe-rienza di Gesù Cristo: “non un Cristo studiato a tavolino, letto sui libri, ma sperimentato nel-la vita di ogni giorno”. Anche la partecipazione dei catechi-sti è stata molto nutrita. Nella parrocchia si contano 49 cate-chisti per l’iniziazione cristia-na, tutti desiderosi di incontra-re Cristo e di trasmetterlo an-che agli altri.

Dopo la preghiera iniziale i bambini, insieme ai loro ca-techisti e ad alcune ragazze che ogni anno animano i gio-chi estivi, hanno ballato, can-tato, giocato, fatto festa. I geni-tori, intanto, con Don Antonio e la responsabile dei catechi-sti Anna Bozzi, in chiesa riaf-fermavano l’insostituibile ruo-lo che la famiglia ha nell’edu-cazione di fede dei propri figli. Dopo questo incontro, i genito-ri hanno raggiunto i propri figli nel cortile e insieme con loro hanno continuato a fare festa. Intanto, cominciava ad imbru-nire. Bisognava tornare a ca-sa. Tanti chiedevano di rima-nere per continuare a divertir-si. Non era, però, ancora finita. Alcune catechiste hanno rega-lato tante caramelle a genitori, bambini, ragazzi e a quanti in-tanto erano accorsi numerosis-simi. Un vero e proprio assalto. Adesso era finita davvero que-sta giornata indimenticabile.

P a r r o c c h i e e V i t a A s s o c i a t i v a

La Parrocchia di San Pio X si appresta a vivere un intenso anno pastorale

Spazio alla Parola

N. 35 del 2 novembre 2006

IL VANGELO DI LUCA SARÀ DISTRIBUITO IN TUTTE LE CASE

A FoggiaDue incontri il 27 ottobre

scorso hanno segnato i fe-steggiamenti per rievocare lo storico incontro avvenu-to nel 1986 promosso dall’al-lora pontefice Giovanni Pao-lo II ad Assisi. Nella basilica di Assisi il Santo Padre riuscì infatti a riunire i più impor-tanti esponenti delle religioni mondiali per pregare e auspi-care la pace a tutti i livelli. Da lì nacque l’espressione “Spiri-to di Assisi”, ossia quel respi-ro che dal 27 ottobre del 1986 profonde una visione diversa del mondo. Il primo incontro proprio dal titolo evocativo, “20° Anniversario dello Spiri-to di Assisi”, è stato organiz-zato dalla chiesa di Sant’An-tonio da Padova. Oltre al con-certo per la pace e ad una ve-glia di preghiera per il dialo-go tra le religioni, il culmine delle manifestazioni è stato un incontro con Giorgio Gril-lini, terziario francescano, re-sponsabile nazionale Giusti-zia e Pace.

Il secondo voluto dal nuovo parroco di Gesù e Maria pa-dre Michele Perruggini ha vi-sto un momento di preghiera comunitaria e uno scambio di testimonianze e dono di una boccettina d’olio benedetto alla luce del falò vissuto co-me momento di fraternità nel cortile della Chiesa, men-tre scorrevano le immagini di quel 27 ottobre del 1986.

A LuceraAnno di ventennali religio-

si questo 2006 che sta già ce-lebrando la canonizzazione del Padre Maestro San Fran-cesco Antonio Fasani con una serie di eventi e manife-stazioni.

Per rievocare quello “spi-rito” e quella giornata, anche la diocesi di Lucera-Troia ha organizzato proprio per ve-nerdì 27 un incontro nel san-tuario di San Francesco do-ve alle 21 si terrà una veglia di preghiera per la Pace.

Il vescovo, Monsignor Francesco Zerrillo, ha in-detto un’intera giornata di preghiera e digiuno che sa-rà animata dalle tre famiglie francescane della diocesi: i Minori di Biccari, i Cappuc-cini di San Marco La Catola e i Conventuali di Lucera. I partecipanti si sono raduna-ti in Piazza Duomo e si sono diretti con una piccola mar-cia della Pace verso la chiesa di San Francesco dove la ve-glia è stata presieduta dallo stesso Monsignor Zerrillo.

[ Francesca Di Gioia ]

Grandi feste in Metropolia per il ventennale

dell’incontro di Assisi

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8 Voce di Popolo

Uno dei temi più interessanti e più urgenti da affrontare circa la pastora-le familiare è quello che riguarda la di-mensione morale della trasmissione della vita. È una dimensione interes-sante, anche se complessa della teolo-gia morale e pastorale, se non altro per il numero ampio di questioni da tratta-re. Appartengono a questa sfera la tra-smissione della vita, la sua difesa, la cura della sterilità, la procreazione re-sponsabile.

Esiste un intimo rapporto tra la ses-sualità e la persona umana, del quale la trasmissione della vita è la più nobile espressione, perché ad essa è ordina-ta. La Congregazione per l’Educazio-ne Cattolica ha dedicato un documen-to al tema della formazione alla relazio-ne sessuale nel quale è scritto che “La sessualità è una componente fonda-mentale della personalità, un suo mo-do di essere, di manifestarsi, di comu-nicare con gli altri, di sentire, di espri-mere e di vivere l’amore umano. La ses-sualità caratterizza l’uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, impron-tando ogni loro espressione” (Orienta-menti educativi sull’amore umano. Li-neamenti di educazione sessuale, 4). La sessualità umana ha un significato interpersonale, in quanto l’io maschile e quello femminile entrano tra loro in relazione per formare il noi; in tal mo-do essa attua il suo bisogno di uscire dalla propria solitudine, di comunica-re con gli altri, di ritrovarsi negli altri: dove tale bisogno è insieme frutto e se-gno della povertà e della ricchezza del-la persona, chiamata inscindilmente ad amare ed essere amata, a donare e a ri-cevere. La più importante dimensione della sessualità è, dunque, quella della donazione. La dinamica specifica del-l’uomo è quella di donarsi, così come ricorda il Concilio Vaticano II: “in ter-

ra [l’uomo] è la sola creatura che Iddio abbia voluto per sé stessa “ e che non può ritrovarsi pienamente se non attra-verso il dono sincero di sé” (Gaudium

et spes, 24). È questo il tema che Gio-vanni Paolo II ha ampiamente svilup-pato nelle sue catechesi del mercoledì, parlando “del significato sponsale” del corpo”, ha ribadito che l’uomo è perso-na perché è capace di cogliersi come dono e di realizzarsi liberamente come donazione di sé all’altro.

Il procreare è una esperienza tipica-mente umana, che insieme rivela e rea-lizza l’uomo. L’uomo è aperto a Dio, per-tanto il procreare umano coinvolge la persona nella sua relazione con Dio. La capacità procreativa dell’uomo e della donna è loro donata in ordine alla loro collaborazione con Dio nel dono della vita a una nuova persona. . Nel compi-to di trasmettere la vita, leggiamo nella Humanae vitae, la coppia non può pro-cedere a proprio arbitrio, ma deve con-formare il loro agire all’intenzione crea-trice di Dio, espressa nella stessa natu-ra del matrimonio e dei suoi atti.

Il procreare umano rimanda ogget-tivamente al mistero originario della creazione, di cui è il riflesso reale e in qualche modo la continuazione. In tal senso l’interpretazione del procreare umano passa attraverso l’interpretazio-ne del mistero stesso della creazione. Questa è mistero di donazione, di do-nazione d’amore: il salto dal non esse-re all’essere, dal non avere vita ad ave-re una vita, è originato e motivato dal-l’amore donante di Dio. Attraverso le parole bibliche: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era una cosa molto buo-na, noi possiamo vedere il motivo divi-no della creazione, quasi la sorgente da cui scaturisce. La creazione significa donazione, più precisamente una do-nazione fondamentale nella quale una nuova vita nasce dal nulla. È in questo l’obiettivo rimando alla creazione che risiede la possibilità, quindi l’urgenza che il procreare umano sia il frutto e il segno dell’amore di Dio, dell’amore che si dona.

Si parla di pro-creazione nel senso che gli sposi non sono autonomi ma relativi, non sono padroni, ma mini-stri: sono, infatti, chiamati a coopera-re con Dio Creatore e Padre nella do-nazione della vita umana. In un certo senso possiamo parlare ci con -crea-zione. Un testo del Concilio Vaticano II risulta particolarmente illuminante: “I coniugi, con fortezza d’animo, sia-no disposti a cooperare con l’amore di Dio e del Salvatore che attraverso di loro continuamente dilata e arricchi-sce la sua famiglia. I coniugi sappiano di essere cooperatori dell’amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nell’uf-ficio di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato come missione loro propria (Gaudium

et spes, 50).

Famiglia e Vita[ Fra Francesco Galiano ]

[ Don Ricciotti Saurino ]

Burocrazia

La Parola della Domenica

XXXI Domenica T.O.Anno B 5.11.2006

Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mc 12,28-34

“Non sei lontano dal regno di Dio”

Possibile che manchi sempre qualco-sa per assaporare il gusto di varcare le mura del regno di Dio? Quando sembra che esso sia a portata di mano, te lo ve-di sfuggire come un miraggio… come una meta che si allontana ‘comicamen-te’ mentre gli vai incontro.

Siamo forse caduti anche qui nella burocrazia dei nostri uffici, che ci fa gi-rare come trottole da uno sportello al-l’altro e, dopo che abbiamo fatto la fi-la, ci dice che manca ancora una mar-ca da bollo, un timbro, una firma, un do-cumento?

Manca sempre una cosa sola, sem-bra niente, ma è proprio quella che non fa scattare la serratura della porta d’ac-cesso e ci trattiene, esausti, alle porte della Gerusalemme.

Burocrazia …anche celeste? Fanno bene allora quelli che si preoc-

cupano di accumulare certificati di Sa-cramenti ricevuti, carte intestate e tim-bri altisonanti arricchiti da titoli e stem-mi vari?

Ma è proprio vero che abbiamo a che fare con un Dio esigente che a volte ignora il nostro limite e pretende più di quanto un uomo possa dare?

La cosa sorprendente è che spesso ci lascia in una incertezza disarmante, per-ché non sappiamo cosa voglia o perché quello che richiede è tanto semplice che è sfuggito alla nostra raccolta della do-cumentazione…

Al giovane ricco, che osservava i co-mandamenti già dalla giovinezza, Gesù dice di vendere tutto e seguirlo. Non ba-sta più il decalogo ‘spuntato’ con soddi-sfazione in ogni sua espressione, è tra-montato il tempo nel quale era sufficien-te seguire la legge… ora c’è altro!

Allo scriba, istruito nelle cose religio-se, che conosce bene la legge e le sue prescrizioni, che comprende l’importan-

za dell’amore di Dio e del prossimo, Ge-sù, ancora una volta, dice che gli man-ca qualcosa, e lo dice in modo da dar-gli l’impressione di essere arrivato… ma non ancora!

“…Non sei lontano…!”Non gli manca la conoscenza, il sa-

pere, né manca la consapevolezza del-l’importanza dei due comandamenti fon-damentali per un buon israelita, manca invece un passaggio importante e indi-spensabile che non può essere più igno-rato dal momento dell’Incarnazione…

… quello di un Dio che si è fatto pros-simo e nostro fratello in Gesù!

Una commistione umana e divina che non può essere più sconosciuta, una fu-sione di cielo e terra come l’amalgama che contiene l’uno e l’altra, la lega nuo-va che impreziosisce la terra senza svi-lire il cielo.

Questa ormai è la strada maestra e l’autenticazione necessaria per il visto del permesso di soggiorno tra le aureo-le.

Il segreto è proprio nel mettere in-sieme i due comandamenti, quello del-l’amore di Dio ‘con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza’ e quello dell’amore del prossimo.

Metterli insieme non significa solo da-re loro la stessa importanza, lo stesso valore, la stessa attenzione, come già faceva il buon Israelita, ma fonderli in modo che l’uno diventi espressione del-l’altro, il secondo realizzazione e concre-tizzazione del primo e il primo orienta-mento del secondo.

Ma siamo ancora alla soglia del Re-gno… e non ‘dentro’ fino a quando non scopriamo e individuiamo la Via e la Por-ta che è Gesù stesso.

È Lui, cielo, che avvicina a noi il Re-gno… è Lui, terra, che porta l’umani-tà nel Regno… è Lui, amore totale, che rende pieno il nostro… è Lui, fratello, che accoglie nella familiarità divina…

Fino a quando, cioè, non uniremo il nostro amore al Suo perché diventi tan-to grande da potersi dire finalmente ‘con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza’ e fino a quando non ame-remo il prossimo come Lui lo ha ama-to, saremo sempre vicini… e non anco-ra ‘dentro’ il Regno.

Sessualità, persona umana e trasmissione della vita

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9N. 35 del 2 novembre 2006

Sono molte nella sacra Scrittura i rife-rimenti al perdono cristiano. Nell’Antico Testamento e nella tradizione giudaica la parola ebraica utilizzata maggiormen-te (46 volte) che viene tradotta con per-donare, è salach. Essa si riferisce a Dio che rimette il peccato della gente. Altri due termini kapar e nasa, si riferiscono al perdono nell’estensione del suo signi-ficato di condonare un debito, di copri-re il peccato, nasconderlo, cancellarlo o espiarlo.

Il pentimento genuino del peccato-re per il peccato commesso e la volon-tà di migliorare la propria condotta sono precondizioni necessarie sia per il per-dono divino che interpersonale. In par-ticolare, nel perdono interpersonale, la vittima dell’offesa ha il dovere di accet-tare il pentimento sincero dell’offensore ed è chiamato a non nutrire risentimen-to nei suoi confronti. La tradizione ebrai-ca sembra ridurre il perdono ad un do-vere morale; essa sembra focalizzare la propria attenzione sui comportamenti manifesti del perdono e nutre la speran-za che il cambiamento intimo a livello di sentimenti alla fine scaturisca di conse-guenza.

Nella rivelazione neotestamentaria il perdono assume maggiore importanza,

profondità ed estensione. Nella prospet-tiva cristiana infatti il cambiamento del-l’atteggiamento interiore di chi perdona riveste un ruolo decisamente più rilevan-te rispetto a quello appena visto. Possia-mo infatti leggere nel Vangelo di Matteo, a conclusione della parabola del servo spietato: “Così anche il Padre celeste fa-rà di ciascuno di voi, se non perdonere-te di cuore al vostro fratello” (Mt 18, 35). Nel Nuovo Testamento, la parola greca tradotta con perdonare, che ricorre 45 volte, di cui 41 solo nei Vangeli è aphi-

temi. Essa sta a significare che i peccati sono rimessi e che l’armonia tra Dio e la persona peccatrice è ristabilita. I mezzi di questa remissione del peccato sono il pentimento (come nell’AT e l’accettazio-ne del sacrificio di Cristo e la sua risur-rezione a nuova vita. Troviamo poi altre tre parole con significato più esteso: cha-

rizomai, mostrarsi benevolo; apoluo, li-berare e rinunciare a giudizi e compor-tamenti negativi verso chi ci ha offeso; eagape, amore fraterno, caritatevole e in-condizionato.

Una interessante differenza rispetto al perdono presentato nell’Antico e Nuo-vo Testamento, riguarda l’immagine sim-bolica con la quale viene raffigurato Dio che perdona. L’Antico Testamento predi-

lige infatti il simbolismo nuziale, laddove invece il Nuovo utilizza quello paterno. Così ad es. il profeta Osea accosta l’infe-deltà e il tradimento di Israele al suo Dio all’immagine della sposa che si è prosti-tuita e coperta di vergogna andando die-tro ai suoi amanti, mentre Dio, sposo che resta sempre fedele, cerca con il suo amore di ricondurla a sé, la perdona ac-cogliendola e reintegrandola nella condi-zione precedente al suo abbandono: Per-ciò, ecco, l’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le rende-rò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza .

Il perdono ha un ruolo centrale nell’in-segnamento di Gesù di Nazareth e anche se non si tratta di atteggiamenti esclu-sivamente cristiani, l’insistenza sul bi-sogno di occuparsi degli altri e l’impor-tanza attribuita ad esso nel Nuovo Te-stamento gli conferiscono un carattere specificatamente cristiano; inoltre egli ha attuato una vera e propria rivoluzio-ne rispetto ai valori presenti a quel tem-po, una rivoluzione che da allora non ha smesso di sconvolgere l’animo umano. Il perdono predicato e praticato da Gesù si presenta come una vera e propria ri-voluzione dell’epoca. Prima d’allora, in-fatti, i rapporti erano regolati dalla “leg-ge del taglione”, una prescrizione socia-le che aveva accompagnato la sedimen-tazione del popolo di Israele e che stabi-liva una proporzione tra l’atto commesso dall’aggressore e la sua punizione. Ge-sù capovolge totalmente questa prospet-tiva e afferma: “Avete inteso che fu det-

to: Occhio per occhio e dente per dente;

ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; a chi ti vuol chia-mare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti co-stringerà di fare un miglio, tu fanne con lui due” (Mt 5, 38-41).

Uno degli aspetti più importanti del perdono cristiano riguarda il fatto che Gesù ha più volte esplicitamente colle-gato il perdono divino a quello umano. Detto semplicemente “Dio perdona se noi perdoniamo”. Gesù, inoltre ha indi-cato la necessità del perdonare gli altri prima dell’accostamento alla preghiera e del compimento di qualsiasi gesto di culto, poiché se ciò non avviene, la no-

stra preghiera e la nostra offerta non ri-sultano gradite a Dio: “Quando vi met-tete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anvhe il pa-dre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati” (Mc 11,25); e ancora: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratell ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono davan-ti all’altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5, 23-24). Quest’ultima citazio-ne del Vangelo di Matteo indica inoltre che questa disposizione contempla non solo il caso in cui il credente debba per-donare il suo offensore, ma anche quel-lo in cui egli stesso ha bisogno di essere perdonato per il male che ha fatto: “il tuo fratello ha qualcosa contro di te”.

Per quanto qui affermato, si ritiene quindi spesso essere costretti a compie-re un gesto di perdono per poter esse-re perdonati da Dio; sembra quasi che il Vangelo stabilisca una consequenziali-tà tra il perdono che l’uomo dà all’uomo e il perdono che l’uomo riceve da Dio. La stessa preghiera con la quale Gesù in persona ci insegna a rivolgerci al Padre sembra dare clamorosamente suppor-to a questo pensiero ”rimetti a noi i no-stri debiti come noi li rimettiamo ai no-stri debitori” (Mt 6, 12). Fortunatamente le cose non stanno così; sarebbe infatti un grave errore che il perdono di Dio sia condizionato dai “poveri” perdoni uma-ni, un errore alimentato anche da una buona dose di presunzione. La dinami-ca del perdono cristiano no è perdona-re per essere perdonati, ma essere per-donati per poter perdonare. Infatti, co-me molti studiosi ritengono che essere perdonati da Dio sia una condizione pre-via per poter perdonare. Se l’uomo si ri-fiuta di perdonare il prossimo, non può fare esperienza dell’amore e del perdo-no, non perché Dio smetta di perdonarlo – questo sarebbe impossibile – ma per-ché è lui che si chiude a questo amore di Dio. Ricevere il perdono divino è quindi la condizione che permette al cuore del-l’uomo di aprirsi per perdonare e qundi l’amore umano è la conseguenza del no-stro essere perdonati da Dio; è per que-sto il Suo perdono si pone come model-lo da imitare, è Lui che ci ha perdona-ti per primo.

Approfondimenti[ Fra Francesco Galiano ]

Il perdono nellaSacra Scrittura

Il mese appena concluso ci invita a ri-flettere sulla figura di Santa Teresina di Li-sieux patrona delle missioni la cui arca con le spoglie è stata esposta negli scorsi gior-ni a San Giovanni Rotondo nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Alla sua figura è stato dedicato un triduo di preghiera e noi proponiamo alcune riflessioni tratte dalla sua autobiografia.

Dall’autobiografia

di santa Teresa di Gesù Bambino

“Siccome le mie immense aspirazioni

erano per me un martirio, mi rivolsi al-

le lettere di san Paolo, per trovarvi final-

mente una risposta. Gli occhi mi cadde-

ro per caso sui capitoli 12 e 13 della pri-

ma lettera ai Corinzi. Continuai nella let-

tura e non mi perdetti d’animo. Trovai co-

sì una frase che mi diede sollievo: “Aspi-

rate ai carismi più grandi. E io vi mo-

strerò una via migliore di tutte” [1 Cor

12,31]. L’Apostolo infatti dichiara che an-

che i carismi migliori sono un nulla sen-

za la carità, e che questa medesima cari-

tà è la via più perfetta che conduce con si-

curezza a Dio. Avevo trovato finalmente la

pace. Considerando il corpo mistico della

Chiesa, non mi ritrovavo in nessuna del-

le membra che san Paolo aveva descritto,

o meglio, volevo vedermi in tutte. La cari-

tà mi offrì il cardine della mia vocazione.

Compresi che la Chiesa ha un corpo com-

posto di varie membra, ma che in questo

corpo non può mancare il membro neces-

sario e più nobile. Capii che solo l’amo-

re spinge all’azione le membra della Chie-

sa e che, spento questo amore, gli apostoli

non avrebbero più annunziato il vangelo,

i martiri non avrebbero più versato il loro

sangue. Allora con somma gioia ed esta-

si dell’animo gridai: O Gesù, mio amore,

ho trovato finalmente la mia vocazione. La

mia vocazione è l’amore. Sì, ho trovato il

mio posto nella Chiesa, e questo posto me

lo hai dato tu, o mio Dio. Nel cuore del-

la Chiesa, mia madre, io sarò l’amore ed

in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si

tradurrà in realtà”.

Santa Teresina di LisieuxProtettrice dei missionari

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10 Voce di Popolo

Novembre, cimiteri, lumini, fiori. L’as-sociazione di queste immagini è istintiva e si inserisce in quel bagaglio di rituali-tà di cui è intessuta la trama della nostra esistenza.

Della ritualità siamo al tempo stesso vittime e protagonisti. Vittime, perché lamentiamo la massiccia partecipazio-ne collettiva che, consumandosi in tem-pi fissi, crea problemi alla stessa pratica-bilità del rito, come l’ingovernabilità del traffico o la lievitazione ingiustificata dei prezzi. Ma siamo anche protagonisti per-tinaci, perché nonostante i disagi creati dalla concentrazione delle manifestazio-ni in certi periodi dell’anno, ci ostiniamo a frequentarle, prevalendo in noi l’istinto dell’intruppamento, della normalità nella quale, considerandoci parte del tutto, ci sentiamo rassicurati.

Occorre però evitare che la manifesta-zione collettiva si trasformi in vuota ri-tualità e smarrisca nel tempo il significa-to più denso, perché siamo distratti dal-la folla, prigionieri dell’ansia di assolvere un dovere. Indagini demoscopiche rive-lano che è in calo la frequenza nei cimite-ri. Se ne potrebbe dedurre che sia in atto un processo di trasformazione del dove-re in scelta; è una evoluzione che non va condannata in sé e che va anzi incorag-giata, purché si traduca in consapevolez-za, in assunzione di responsabilità.

Accade sovente, invece, che la “libera-zione” dalle tradizioni si manifesti come semplice atto di libertà a cui non fa segui-to l’elaborazione di un pensiero-altro, di un’alternativa di vita quale risultante da un processo di riflessione. Questo pro-cesso sarebbe un toccasana che si adat-terebbe bene sia a chi si lascia indirizza-re nel flusso della tradizione, sia per chi rivendica una propria autonomia di com-portamento. Nel primo caso servirà a ri-scoprire le ragioni profonde del modo di agire, quelle sepolte sotto la coltre delle abitudini; per gli altri servirà a delineare una propria fisionomia, una vera autono-mia di pensiero che superi da un lato la tentazione dell’originalità fine a se stes-

sa, e dall’altro eviti la deriva di una con-testazione che diventa, a sua volta, ano-nimo comportamento di massa.

I simboli novembriniL’argomento novembrino è certamen-

te di quelli che dovrebbero meglio sti-molare la riflessione, perché il tema del-la morte è radicato in tutte le culture e at-traversa tutti i tempi, essendo connatu-rato all’uomo nella sua complessità fisi-ca e morale. Per rendercene conto basta pensare ai simboli del crisantemo, del ci-presso o alle decorazioni, spiraliformi.

Alle nostre latitudini il crisantemo è fiore che sboccia agli inizi dell’autunno, ma non è fuori luogo ricordare che il suo nome cinese richiama al significato di at-tesa, sosta per riflettere. Inoltre, al tem-po dell’antico taoismo, dal crisantemo si estraeva il jihtsing (essenza solare), una sorta di droga che si reputava donasse l’immortalità.

Il cipresso, sempreverde, ha un legno durissimo, resistente ai tarli e all’umidi-tà; fronteggia la morte con la sua longe-vità (400-500 anni) ed è per questo asso-ciato all’eternità, alla fiducia nell’aldilà. Hohberg, letterato tedesco del XVII se-colo, così lo descrive poeticamente:

Il legno del cipresso è tenace e dura

a lungo.

Sembra che sfidi la morte.

Chi si prepara alla morte nello spi-

rito di Dio,

conduce saggiamente la propria na-

vicella nella giusta vita”. Anche le decorazioni grafiche che or-

nano le tombe dei defunti sono dense di significato. Sono le spirali che nei cer-chi avvolgenti simboleggiano lo svilup-po della vita, che poi giunge nel centro all’involuzione, alla fine. È l’idea del di-venire e del morire e dell’ineluttabilità di questo processo. Dietro i simboli citati si cela dunque una densità di significati, si sintetizza un profluvio di esperienze con-sumate in tutto il mondo dai nostri anti-chi progenitori e che sarebbe un errore ignorare. È terreno scivoloso quello del simbolo, perché confina con l’allegoria, il mito, l’analogia, categorie che interseca-no discipline diverse come l’antropolo-gia, la semiotica, la letteratura, la psico-logia. È tuttavia un percorso memoriale da tentare, perché – per dirla con Gada-mer – la memoria è un “tratto essenzia-le dell’essere finito e storico dell’uomo”, ed è anche tempo ormai di “sdoganare” il simbolo da quella forma di sottocultura nella quale spesso viene confinato.

Ma occorre anche evitare l’eccesso opposto della criptologia, della ricerca esasperata di significati occulti in ogni cosa, anche quando tali significati sono costruiti su accostamenti arditi.

Il “Simbolo degli apostoli”Il Cristianesimo ha punteggiato la sua

liturgia con frequenti richiami alla morte e alla rigenerazione. Si veda la simbolo-gia dell’immersione battesimale nell’ac-qua e della emersione, segno di rinasci-ta. L’imposizione delle ceneri ricorda una lezione di humilitas piuttosto ostica per l’homo technologicus, che si ritiene or-gogliosamente autosufficiente. La stessa eucaristia celebra la morte di Cristo per la redenzione dell’umanità.

Occorre però che per tutte queste ma-nifestazioni venga sempre sottolineata (anche con la dovuta enfasi) la forte va-lenza simbolica che ci faccia andare ol-tre il sensibile, oltre quello che accade qui e ora, superando il grigiore della ripe-titività e mettendoci in collegamento co-stante col senso profondo, con ciò che è sottinteso e che deve emergere.

Non è un caso che il nostro Credo sia anche denominato Simbolo degli apo-

stoli, come patto religioso. È questo il si-gnificato del simbolo, che etimologica-mente (sumballein) collega, mette insie-me e che nel mondo classico si ricondu-ceva alla tessera hospitalitatis. Si tratta-va di un anello che veniva spezzato e da-to a due famiglie diverse e che era utiliz-zato per farsi riconoscere e testimonia-re l’accoglienza data e ricevuta. Al giorno

d’oggi lamentiamo la frattura tra vita e morte. Quest’ultima, relegata negli ospe-dali e affidata ad estranei specialisti (me-dici e impresari di pompe funebri) non è più considerata come il naturale epilo-go della vita, ma quasi come un sopru-so, una violenza ingiustificata. Stentiamo a capirla e la confiniamo nel ricettacolo delle cose che rifiutiamo, che nascondia-mo e di cui non amiamo neppure parlare. Abbiamo smarrito la nostra parte di anel-lo e non troviamo più l’ospitalità che vor-remmo, non riusciamo più a collegare la vita con la morte.

Socrate, invece, ci insegna a costrui-re questo collegamento quando dà valo-re alla morte riaffermando il valore della vita; una vita spesa da uomo giusto, con-scio delle proprie scelte e che gli consen-te di affrontare con serenità la morte, ac-cettando persino una sentenza iniqua di condanna. In questo modo supera l’an-goscia della morte che coglie chi affron-ta l’ultimo passo individualmente, nella solitudine.

Céline, al tempo nostro, ne sintetizza lapidariamente il senso quando sostiene che “essere soli è esercizio alla morte”.

Una visione pessimista per la quale oc-corre trovare rimedi. Occorre riflettere, nella fiducia che possiamo farcela, per-ché abbiamo i mezzi idonei nella forza del pensiero, nella luce della fede.

[ Vito Procaccini ]

Novembre e i suoi simboliLIBERARE LE MANIFESTAZIONI DALLA RITUALITÀ PER RECUPERARNE LA VALENZA SIMBOLICA

Per la commemorazione dei defunti, cosa facciamo, perché lo facciamo

F o c u s

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11N. 35 del 2 novembre 2006

Lo stato di purificazionee lo scambio delle preghiereLa commemorazione dei de-

funti, dovuta all’iniziativa del-l’abate di Cluny, S. Odilone, nel 998, non era del tutto nuova nel-la Chiesa, poiché, ovunque si celebrava la festa di tutti i Santi, il giorno successivo era dedica-to alla memoria di tutti i defun-ti. Queste tradizioni erano parti-colarmente diffuse tra le popo-lazione celtiche, come ancora si vede dalle consuetudini della fe-sta di Halloween, che mischia-no cristianesimo e paganesimo; il fatto che un migliaio di mo-nasteri benedettini dipendesse-ro da Cluny ha favorito l’ampio diffondersi della commemora-zione in molte parti dell’Europa settentrionale. Poi anche a Ro-ma, nel 1311, venne sancita uf-ficialmente la memoria dei de-funti. Il privilegio delle tre Mes-se al 2 novembre, accordato al-la sola Spagna nel 1748, fu este-so alla Chiesa universale da Be-nedetto XV nel 1915. Si è volu-ta così sottolineare una grande verità, che ha il suo fondamen-to nella Rivelazione: l’esisten-

za della Chiesa della puri-

ficazione, posta in uno sta-

to intermedio tra la Chiesa

trionfante e quella militan-

te. Stato intermedio ma tempo-raneo, “dove l’umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno”, secondo l’efficace im-magine dantesca. Nella prima lettera ai Corinti S. Paolo usa l’immagine di un edificio in co-struzione. Nella teologia classi-ca del Purgatorio, la Chiesa rac-comanda a Dio i fedeli defunti perché li sollevi dalle pene ne-cessarie alla purificazione e li accolga prontamente nella Sua gloria; a questo consegue un “ri-torno” vantaggioso a chi è an-cora pellegrinante sulla terra, in quanto le anime liberate dai tor-menti esprimono la loro gratitu-dine intercedendo presso Dio in favore di chi le ha aiutate con la preghiera. Come piamente si crede, Dio stesso fa loro cono-scere le preghiere che innalzia-mo per loro, affinchè anch’essi preghino per noi.

La Risurrezione e il Corpo di CristoPapa Giovanni Paolo II scris-

se nel 1988 una lettera per ricor-dare il millenario dell’istituzio-ne della commemorazione dei defunti, indirizzata al vescovo francese di Autun, che conserva anche il titolo di abate di Cluny. In quell’occasione il Papa ricor-dava che al di là delle espressio-ni medievali, che ponevano l’ac-cento sull’aspetto “penale” del purgatorio, in questa occasione “la Chiesa celebra nella gioia

la comunione dei santi e la

salvezza degli uomini”, con-templando prima di tutto “il mi-stero della risurrezione di Cri-

sto che, mediante la sua croce, ha ottenuto per noi la salvezza e la vita eterna”. Il Papa infat-ti sottolinea che “credere nella risurrezione della carne signifi-ca riconoscere che vi è un fine ultimo, una finalità per ogni

vita umana, che “soddisfa tal-mente il desiderio dell’uomo da non lasciare nulla da desiderare al di fuori di essa”, come affer-ma S. Tommaso d’Aquino. È la tensione a questa finalità ultima che permette di proiettarsi aldi-là della barriera della morte, in-tuendo la possibilità di rendere piena ed efficace la conversio-ne iniziata nell’esistenza tem-porale, grazie alla preghiera e ai sacramenti. Questo ci permette di sperimentare una particolare comunione tra vivi e defunti, in quanto “il corpo mistico di Cri-sto è in attesa della sua unità, al termine della storia, quando tut-te le membra saranno nella bea-titudine perfetta e Dio sarà tut-to in tutti”.

La purificazione viene co-sì compresa come una possibi-lità di crescita nella grazia, più che un doloroso obbligo a as-solvere; il “purgatorio” non è in-fatti definito né definibile, al di là delle espressioni tradiziona-li che lo descrivono come un “luogo” o un “tempo” a cui so-no associate delle azioni di fati-ca o sofferenza, come se fosse una specie di “tortura divina”. È una necessità di fede, un bi-sogno di pienezza e di liberazio-ne, che si raggiunge attraverso l’apertura a una comunione to-tale; se la morte incombe come inevitabile, la salvezza ci viene offerta come mistero di libertà e di amore.

Fare memoria per vivere il presenteScopo della commemorazio-

ne di tutti i defunti in passa-to era dunque quello di suffra-gare i morti; di qui le Messe, la novena, l’ottavario, le preghie-re al cimitero. Questo scopo na-turalmente rimane; ma oggi ne avvertiamo un altro altrettanto urgente: creare nel corso del-l’anno un’occasione per pensa-re religiosamente, cioè con fe-de e speranza, alla propria mor-

te. Spezzare la congiura del si-lenzio riguardo a essa, per pren-dere maggiormente coscien-

za del significato della vita

stessa. Come ancora insegna Giovanni Paolo II, “la contem-plazione della vita degli uomi-ni che hanno seguito Cristo ci sprona a condurre un’esistenza cristiana bella e retta, che ci ren-de “degni di quel regno di Dio” (2 Ts 1,5). Siamo pertanto chia-mati alla “vigilanza soprannatu-rale”, per prepararci ogni gior-no alla vita eterna. Come sotto-lineava il cardinale John Henry Newman, “dobbiamo non solo credere, ma anche vegliare; non solo amare, ma anche vegliare; non solo obbedire, ma anche vegliare... È possibile che la vi-gilanza sia la prova stessa in cui si riconosce il cristiano”. La vi-gilanza, raccomandata intensa-mente dalla liturgia dell’Avven-to che si apre poco dopo il ri-cordo dei defunti, è l’atteggia-mento della fede attiva, che non si accontenta di ripetere mecca-nicamente gesti rituali o di rin-chiudersi nel circolo vizioso dei propositi e dei rimpianti, ma si rigenera nella tensione escato-logica che fa vivere ogni istante come se fosse l’ultimo, come se fosse la vigilia del ritorno del Si-gnore, l’arrivo dello sposo atte-so dalle vergini sagge (Mt 25,1-13). In particolare, la memoria dei defunti ci sprona a speri-mentare ogni giorno il miraco-

lo della misericordia di Dio, che non lascia gli uomini in balia al-la disperazione e al nulla, ma apre le Sue braccia in un impe-to di amore paterno, soprattut-to nel momento del ritorno al-la Sua casa (Lc 15,21). Così an-che noi, in vista i questo abbrac-cio, ci accorgiamo del bisogno di amore di ogni uomo, soprat-tutto dei più piccoli, in cui si ri-flette il volto stesso del Padre (Mt 25,31-46).

Vincere la paura della morteIl giorno dei defunti ci lascia

quindi, insieme alla gioia della comunione festosa di tutti i san-ti, un grande messaggio di gioia per la vita di tutti i giorni: ogni

paura è superata, ogni minac-cia è vinta. Si può vivere guar-dando con speranza al futuro, senza l’angoscia di perdere ciò che siamo e ciò che abbiamo, senza perdere neanche l’affet-to delle persone care. Secondo le parole dell’apostolo “La mor-te è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglio-ne?” (1Cor 15,55). Solo chi ha piena coscienza delle dimensio-ni vere dell’esistenza può sfug-gire al terrore del nulla, della mancanza di significato: ricor-dando i defunti, chiediamo a lo-ro di accompagnarci e sostener-ci in questo cammino di cono-scenza e di amore.

Voce di PopoloVia Oberdan, 13 71100 Foggia

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F o c u s

Giorno dei defunti:Memoria e Purificazione

ALCUNE RIFLESSIONI TEOLOGICHE SUL SIGNIFICATO DELLA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI

[ Don Stefano Caprio ]

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12 Voce di Popolo

La Chiesa del “purgatorio” di FoggiaLa chiesa di Maria Santis-

sima della Misericordia detta comunemente la “Chiesa dei Morti” è stata voluta da un gruppo di cittadini foggiani come citato in un atto ufficia-le datato al 23 settembre 1643 e conservato nell’Archivio storico diocesano di Foggia. Nel documento si chiedeva la concessione del suolo per una Chiesa a suffragio delle Anime del Purgatorio. L’edificio fu eretto probabilmente entro il 1645, come testimonia la data incisa sulla lapide marmorea posta al centro del pavimento della navata, e terminato nel 1650 dopo un ampliamento dello spazio liturgico. All’inter-

no campeggia l’altare maggiore di marmi policromi commissio-nato dalla Confraternita dei Morti con delibera del 26 giu-gno 1633 ad Antonio Fontana e suo nipote Lorenzo della fa-miglia di marmorari Fontana di Lucca operanti a Napoli, men-tre le statue di marmo bianco poste nelle nicchie furono la-vorate da Pietro Ghetti e dallo scultore napoletano Lorenzo Vaccaro e rappresentano San Michele Arcangelo e l’Angelo Custode. Il paliotto d’altare di scuola napoletana, simile a quello visibile al Santuario di Montevergine, era incastonato nelle tarsie di fregi ornamentali e raffigurava la Madonna della Misericordia nell’atto di con-fortare le anime dei confratelli.

Alle pareti erano esposti le tele del ciclo delle quattordici opere di Misericordia, sette corporali e sette spirituali realizzate da Benedetto Brunetti, firmate e datate al 1677. Le tele furono donate alla chiesa da altrettan-te famiglie gentilizie foggiane che vollero così contribuire con questo ciclo alla decorazio-ne dell’aula, facendo apporre in bella vista in basso al centro della composizione lo stemma della famiglia di committenza.

La chiesa ospitava la Con-gregazione dei Morti, sorta co-me Pia Unione con decreto del-la Curia vescovile di Troia il 26 agosto del 1643, ed in seguito fusa con quella dei Bianchi do-po la demolizione del comples-so conventuale di Sant’Anto-nio Abate, loro sede. Quest’ul-tima era sorta per confortare le anime dei condannati a morte e accompagnarli al patibolo, se-guire poi il feretro e seppellirli presso il cimitero della Chiesa.

All’indomani del catastrofi-co terremoto che colpì la città di Foggia nel 1731, l’edificio fu gravemente danneggiato e i la-vori di ripristino sono testimo-niati dalla targa apposta imme-diatamente al di sopra del por-tale sulla facciata della chie-sa e vi si legge la scritta incisa: “A Dio Ottimo Massimo, que-

sto tempio è stato restaurato

nell’anno 1731 dell’era cristia-

na, dopo le rovine procurate

dal terremoto, e dedicato al-

la Grande Vergine Madre del-

la Misericordia ed alle anime

del Purgatorio”.Attualmente è difficile rico-

struire la storia che hanno su-bito i beni custoditi nella chie-sa, si sa che la seicentesca pa-la d’altare è stata trafugata, e che le tele delle Opere di Mise-ricordia sono conservate alcu-

ne presso la Chiesa della San-tissima Annunziata di Foggia e altre affidate in deposito presso la Curia Arcivescovile. Le tele malamente ridipinte e ritagliate mostrano una evidente altera-zione della superficie pittorica che ne cela caratteristiche cro-matiche e formali degne di tor-nare al lustro originario.

In loco dovrebbero essere an-cora visibili le due statue mar-moree del Vaccaro e una tavo-la raffigurante un “Ecce homo” attribuito alla scuola del pittore Guido Reni, oltre al magnifico soffitto ligneo a cassettoni di-pinti e stuccati.

La Chiesa della Madonna delle Grazie (della Buona morte) di BovinoBovino fa parte dei “Cento

borghi più belli d’Italia”, ed il suo piccolo centro storico è un delizioso snodarsi di viuzze, scorci e piazze inattese: la Chie-sa della Madonna delle Grazie e della Buona Morte si trova pro-prio in una di quelle piazzette. In questa chiesa officia la Con-grega omonima e si conserva il corpo di San Celestino Martire, la cui festività ricorre annual-mente la seconda domenica di ottobre. È realizzata in stile neoclassico anche se, della co-struzione originaria non rima-ne che il campanile; l’interno si presenta più accattivante della facciata ottocentesca, grazie al-la presenza di una serie di tele risalenti agli anni quaranta del 1700. Queste tele sono state di recente oggetto di restauro; vi sono raffigurate complesse sce-ne tratte da temi sacri attinenti per lo più al trapasso terreno. Si possono ammirare un’origi-nale “Morte di San Giuseppe”, una splendida Santa Caterina d’Alessandria, una rappresen-tazione della Sacra Famiglia, del Martirio di San Gennaro, una raccolta Visione di San Ni-cola, una Madonna delle Gra-zie, una tragica Deposizione, ed una Madonna, Padre Eterno ed Arcangeli. Come illustra il Priore della Congrega Pasqua-le Lombardi, cui fanno capo le attività che si svolgono nella cosiddetta “Chiesa dei Morti”, la chiesa risulta incerta quanto ad origini e datazione; certo è che vi si conserva una lapide

funeraria risalente al 1673 de-dicata al Duca di Bovino. Non è ancora stato pubblicato uno studio rigoroso sulla storia di questa chiesa, che sicuramen-te potrebbe rappresentare un terreno fertile, per quanti vo-lessero approfondirne la cono-scenza del patrimonio artistico e del vissuto storico-sociale della comunità religiosa bovi-nese. Evidente è l’intento che doveva averne accompagnato l’edificazione e la dedicazione. I simboli della morte sono raf-figurati ovunque. Il richiamo alle anime del Purgatorio, il cui culto era fortissimo fino al Concilio e a cui ancora oggi si dedicano in questa chiesa le antichissime Preci del Settena-rio alla ricorrenza dei Defunti, è anch’esso un tema portante dell’iconografia sacra di questo monumento. È estremamente realistico supporre che la chie-sa fosse nata, a spese dei nobili e dei notabili del paese, con lo scopo di servire alle celebra-zioni in suffragio dei propri defunti, e di costituire un luogo di degna e ricercata sepoltura per gli abbienti confratelli: le funzioni svolte in pratica da un cappella cimiteriale. Intorno al-l’Ottocento però la chiesa esce dal ristretto ambito funzionale per il quale sembra essere nata: ne è riprova il documento pa-pale, emanato nel 1800, con il quale il Santo Padre concedeva il corpo di un centurione roma-no convertito alla fede cristia-na e per questo martirizzato, estratto dalle catacombe di San Callisto a Roma, ed inviato alla Confraternita di Bovino col no-me di San Celestino. La chiesa della Buona Morte potè dunque gloriarsi del prestigio legato al possesso non solo di una sacra reliquia, ma dell’intero corpo di un Martire: San Celestino ripo-sa ancora nella teca originale in cui fu donato.

Ogni anno, in questi giorni, in occasione della ricorrenza dei defunti, la Chiesa dei Morti

fa da scenario alle celebrazioni che vi si dedicano a Bovino: il culmine di questi riti si ha il 2 novembre, quando tra i canti in latino della Prece si scende in una suggestiva processione nella cripta della chiesa, dove riposano ancora visibili i resti dei confratelli.

P r i m o P i a n o[ Francesca Di Gioia e Letizia Lorusso ]

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Ad aeternis gaudiisDue importanti esempi di architettura religiosa in memoria dei defunti

VIAGGIO ALLE RADICI DELLA STORIA DELLE CHIESE “DEI MORTI” A FOGGIA E A BOVINO

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13N. 35 del 2 novembre 2006

Dire la speranza è un eserci-zio storico, un compito e un ri-schio della libertà. La speranza del cristiano è una persona, ha il volto del Crocifisso risorto, è la forza propulsiva della Pasqua, ci mette in contatto con il Cri-sto vivo e presente nella parola annunciata, nell’eucaristia cele-brata, nella comunità che testi-monia, nelle attese del mondo. La parola “speranza” non appar-tiene solo alla lingua cristiana, ma anche al linguaggio umano di ogni tempo. Esprime una sete radicata nel cuore di ogni uomo e nelle aspirazioni di ogni popo-lo. Primo atteggiamento spiri-tuale e pastorale riguarda la cu-stodia gelosa della “differenza” della speranza cristiana per il credente e la Chiesa. Incontrare il Crocifisso risorto è l’esperien-za originaria che nutre il creden-te e che alimenta le comunità cristiane nel tempo.

I due percorsi più innovativi con cui le diocesi italiane hanno cercato “di tradurre in italiano il concilio”, e cioè la riforma litur-gica e il rinnovamento catechi-stico, richiedono una ripresa

creativa perché diventino una costante nella vita delle comu-nità e siano proposti ai giova-ni come un bene non scontato, ma d’inestimabile forza per lo splendore della vita cristiana.

All’inizio del Novecento Nietz-sche rimproverava ai cristiani di non essere testimoni della novi-tà sconvolgente della vita risor-ta, e il secolo appena trascorso ne è stato purtroppo come la tri-ste conferma. Sulla soglia del nuovo Millennio, papa Benedet-to continua a dirci con insisten-za che prima di dire dei no, dob-biamo comunicare e testimonia-re al mondo una visione positi-va dell’uomo. I Padri della Chie-sa la chiamavano “divinizzazio-ne”. Con estrema audacia pre-sentavano la vita cristiana come la partecipazione alla vita stessa di Dio, già presente nell’esisten-za battesimale e nella comuni-tà eucaristica. Questa visione è stata la sorgente della testimo-nianza dei martiri, dei monaci e dei missionari – tra cui moltissi-mi laici – che hanno attraversa-to e costruito l’Europa del pri-mo millennio.

Abbiamo bisogno di speran-za, soprattutto per quanto ri-guarda la questione antropo-

logica. Nel tempo della tecno-logia e della scienza, nel conte-sto culturale di una concezione antropologica – come ha detto il card. Ratzinger nel suo inter-vento sull’Europa il giorno pri-ma della morte di Giovanni Pao-lo II – guidata dal “saper fare”, più che da un “fare sapiente”,

è necessaria una nuova capaci-tà di generare l’“uomo nuovo”. Un pensiero antropologico cri-stiano, cioè una filosofia/peda-gogia dell’uomo e una teologia della storia, troverà la sua for-za di irradiazione culturale solo se partirà e ritornerà continua-mente all’esperienza quotidiana delle persone.

Nella sola Costituzione Lu-

men Gentium, il Concilio men-ziona la 1 Pt ben 14 volte. È il filo d’oro con cui è intessuto il capitolo sul popolo di Dio. La Chiesa italiana di questi anni ha deciso di privilegiare e coltivare in modo nuovo e creativo la ca-ratteristica “popolare” del cat-tolicesimo italiano. “Popolari-tà” del cristianesimo non signi-fica la scelta di basso profilo di un “cristianesimo minimo”, ma la sfida che la tradizione tutta italiana di una fede presente sul territorio sia capace di rianima-re la vita quotidiana delle perso-ne, di illuminare le diverse sta-gioni dell’esistenza, di essere si-gnificativa negli ambienti del la-voro e del tempo libero, di pla-smare le forme culturali della coscienza civile e degli orien-tamenti ideali del paese. Popo-larità del cristianesimo è allora la scelta della «misura alta del-la vita cristiana ordinaria» (No-

vo Millennio Ineunte, 31).Per questo il Convegno ha bi-

sogno di interrogarsi non tan-to sul posto dei laici nella Chie-sa, ma sui modi con cui tutte le vocazioni, i ministeri e le mis-sioni della Chiesa costruiscono la comunità credente come se-gno vivo del Vangelo per il mon-do. Non si tratta di amministra-re una faticosa distribuzione dei compiti o di regolare ruoli che possono diventare conflittuali tra di loro. La relazione tra pa-stori e laici, tra religiosi e mis-sionari, tra parrocchie e movi-menti ecclesiali può aprirsi a una nuova stagione di confron-to e di convergenza. Al tempo della puntigliosa ricerca e affer-mazione della propria identità deve seguire uno sforzo corale dove ciascuno cerca di scorgere sul volto degli altri ciò che man-ca alla propria vocazione. La vo-cazione laicale raccomanda la

cura della formazione, il ricono-scimento dei doni di ciascuno, la creazione di nuovi ministeri, la responsabilità che deve esse-re richiesta e riconosciuta, l’au-tonomia per l’impegno nel mon-do, nella professione, nel terzia-rio, nella pólis, nell’agone poli-tico, negli spazi culturali, nella missione ad gentes.

Si profila al nostro orizzonte un tempo dove la Chiesa o sa-rà la comunità dei molti carismi, servizi e missioni, o non esiste-rà semplicemente. Dico questo non solo in riferimento al pro-blema urgente e, in alcune re-gioni d’Italia, drammatico della scarsità del clero e dell’aumento della sua età media. Questa sa-rebbe ancora una visione fun-zionale dei carismi e del com-pito dei laici nella Chiesa e nel mondo. È il Vangelo stesso che esige un annuncio nella cora-le diversità e complementari-tà di carismi e missioni. Il lai-co deve stare attento al perico-lo della burocrazia ecclesiastica e, al contrario, deve promuove-re la corrente viva della pastora-le d’insieme, della lettura dei se-gni nuovi della vita della Chiesa, dell’animazione di progetti pro-fetici, anche se parziali, della ca-pacità di abitare i linguaggi del-la cultura, della socialità, della

cittadinanza, soprattutto pres-so le nuove generazioni. Pen-so a una Chiesa abitata da per-sone che faranno uscire il laica-to dall’essere semplice collabo-ratore dell’apostolato gerarchi-co per diventare corresponsabi-le di una comune passione evan-gelica. Oggi non è più possibile pensare e praticare un rinnova-mento dei modi della vita cri-stiana nelle chiese locali non so-lo senza i laici, ma urgentemen-te con i laici.

Uno degli aspetti più apprez-zati della Traccia è stato certa-mente l’inusuale formulazione dei cinque ambiti a tema qui a Verona. Con ciò si è voluto rom-pere la consueta articolazione dei momenti con cui si è soli-ti immaginare la missione del-la Chiesa nel mondo. La rappre-sentazione diffusa delle funzioni della pastorale (annuncio, cele-brazione, carità, missione, pre-senza sociale, lavoro, turismo, migrantes, ecc.) ha sovente pre-so nella pratica un andamento molto settoriale e autoreferen-ziale. La speranza è certamen-te oggi un bene fragile e arduo. I testimoni della fede, i santi cri-stiani, sono stati uomini e don-ne di speranza, perché si sono lasciati lievitare dal soffio dello Spirito.

S p e c i a l e Ve r o n a[ Michele Quintana ]

Laici, un alfabeto della vita per testimoniare la speranza

La “differenza” della speranza cristiana e l’apertura al mondo come necessità

ALCUNI BRANI DELLA RELAZIONE TEOLOGICO-PASTORALE AL CONVEGNO DI VERONA

Don Franco Giulio Bram-

billa, nato a Missaglia (Lc) nel 1949, insegna Cristologia e Antropologia Teologica nel-la Facoltà Teologica dell’Ita-lia Settentrionale di cui è an-che Preside. Unico sacerdo-te tra i 9 relatori, oltre ai due cardinali dell’introito e della conclusione, la sua relazione è da considerare il vero “cor-po” del Convegno, tutta pro-tesa nello sforzo di “tradur-re il Concilio in italiano”. Sul canovaccio offerto dalla 1 Pt ha ripreso alcune tematiche già trattate la sera preceden-te da Tettamanzi, in partico-lare quella sul laicato. Mentre

pronunciava il discorso ha raccontato che la sera prima il suo vescovo è andato nella sua camera e gli ha detto: “mi raccomando, parla dei laici”. - “Ecco fatto!”.

La relazione originale

era quasi 7 volte più lun-

ga. Quindi, come le sinte-

si che appariranno nelle

prossime settimane, sa-

ranno necessariamente

delle “scelte” redaziona-

li. Relazioni complete e

molto altro materiale del

Convegno di Verona sono

sul sito: www.convegnove-rona.it

M. Q.

Don Franco Giulio BrambillaBreve biografia

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14 Voce di PopoloS a n M a r c o i n L a m i s

È stata scelta, ancora una volta, la vil-la comunale come location ideale per la Festa del Ciao che i ragazzi dell’Azione Cattolica di Sant’Antonio Abate e San-ta Maria delle Grazie hanno fatto dome-nica 29 ottobre a conclusione del mese dell’accoglienza per un nuovo anno so-ciale. Il cammino dell’ACR di quest’an-no è nel segno della novità: non una no-vità sulle cose belle e nuove da fare, ma quella sempre avvincente della sequela a Gesù e della sua Parola. Il brano biblico di riferimento è quello della Trasfigura-zione sul Monte Tabor. La luce che ab-baglia i discepoli è un anticipo della con-templazione della Pasqua. Anche i ragaz-zi dell’ACR, dopo l’esperienza con Gesù, devono poter dire: “E’ bello per noi sta-re qui”. La mattinata si è aperta con una celebrazione eucaristica nella Chiesa di Sant’Antonio Abate, dove i ragazzi han-no chiesto a tutta la loro comunità di pregare e far festa con loro. Nella villa comunale centinaia di persone si sono riunite intorno a loro che, attraverso l’in-no e i canti “istituzionali” dell’ACR, han-no manifestato il loro desiderio di vive-re l’amicizia con una Persona Vera che è

Gesù. Durante la festa, vari gruppi han-

no lavorato per creare delle piccole ope-re d’arti che una commissione “esperta” ha poi visionato. I piccoli del primo grup-po hanno realizzato, attraverso un puzz-le, lo stupore della bellezza con la natu-ra, disegnando un albero fiorito. I ragaz-zi del secondo gruppo hanno voluto es-sere loro stessi delle opere d’arti cam-biando la fisionomia delle opere famose con il loro volto. Quelli delle scuole me-die, hanno voluto realizzare con il pro-prio corpo i capolavori dell’arte (dipin-ti famosi come la Gioconda) e della na-tura (sole, fiori e farfalle) per dire a tutti che ognuno, essendo una creatura, è un capolavoro agli occhi di DIO.

Oggi i ragazzi sono alla ricerca di una bellezza che la società sa offrire solo come surrogato di quella vera e men-tre sono alla ricerca facilmente dimen-ticano che loro stessi sono la vera bel-lezza che il Signore ha pensato. La gra-tuità di un’amicizia, di rapporti veri e sa-ni con i loro coetanei, della donazione di una parte di se per gli altri, è la bellezza che non conosce usura, che non abba-glia e poi li lascia tramortiti. Gli educato-ri, nel loro cammino di formazione, sa-ranno per primi chiamati a sperimenta-re la bellezza attraverso la verità. Educa-re alla bellezza e alla ricerca del vero che in essa si nasconde, significa educare al-la gioia della vita che vale la pena viver-la intensamente sui passi tracciati dal Si-gnore. Allora il cammino che i ragazzi saranno chiamati a fare, l’hanno cantato a squarciagola attraverso le parole del-l’inno di quest’anno: “io mi sento proprio come un’opera d’arte al 100% originale. Fatta da un Maestro che più grande non c’è, molto meglio di Picasso e Van Gogh. Non sono i muscoli e neanche i cosmeti-ci che ci fanno belli, ma un sorriso vero, limpido e sincero”.

Bello, vero?!Si è svolta giovedì 27 ottobre, la pri-

ma assemblea dei soci dell’associazione Mosaico onlus di San Marco in Lamis. Ad aprire i lavori è stato il presidente Matteo Tancredi che ha illustrato il pro-gramma dell’associazione per i prossimi mesi invernali. L’associazione Mosaico è costituita da persone diversamente abi-li e non. La sede, situata in via Monte Ze-bio, è il luogo di ritrovo per chi vuole im-pegnarsi in diverse attività e vivere insie-me dei momenti di fraternità. In questo periodo i soci sono impegnati nelle atti-vità di gioco a dama e un corso di com-

puter. Inoltre, come per gli altri anni, i soci diversamente abili allestiranno per il periodo natalizio un mercatino d’ope-re fatte a mano in questi mesi autunnali. L’associazione Mosaico è un punto di ri-ferimento per tutte le famiglie con por-tatori di handicap, perché oltre alla se-de, che è un punto essenziale per la lo-ro socializzazione, possono trovare de-gli esperti per il disbrigo di pratiche bu-rocratiche. L’associazione si propone al-la comunità cittadina come un’occasio-ne per discutere dei problemi dei porta-

tori di handicap. Negli anni passati sono stati fatti anche dei convegni e delle fe-ste per parlare di sport nel diversamen-te abile e per far capire a tutti che loro ci sono e che vogliono sentirsi parte inte-grante della città.

Il presidente Matteo Tancredi par-la dell’associazione e ci spiega che le finalità sono quelle di intervenire nel-l’area socio-sanitaria, con riferimento alle problematiche dei portatori di han-dicap, della salute mentale, delle tossi-codipendenze e dell’alcolismo, attraver-so delle iniziative rivolte alla promozio-ne d’attività di prevenzione, educazio-ne sanitaria, qualità della vita e reinse-rimento socio- culturale. Inoltre, l’asso-ciazione collabora con gli enti pubblici e privati, con associazioni di volontariato presenti sul territorio e con alcune par-rocchie, al fine di promuovere la realiz-zazione di un’autentica solidarietà tra gli uomini. Attraverso la collaborazione di altre associazioni, come gli scout, alcu-ne persone sono accompagnate ogni do-menica alla messa festiva.

Tra i sogni nel cassetto che i dirigen-ti dell’associazione Mosaico nutrono, c’è quello di creare un ufficio-handicap, di un sito internet per la raccolta e la di-vulgazione di informazioni riguardan-ti le finalità del mondo delle persone di-versamente abili, degli enti e associazio-ni pubbliche e private, laiche e religio-se che trattano queste problematiche; diffondendo informazioni e una cultura d’accettazione ed integrazione delle per-sone con handicap, intendendo la diver-sità come un valore.

L’associazione, è un posto in cui si compie un piccolo miracolo, le person-de “abili” hanno da imparare da persone che la società a volte ritiene che debba-no stare ai margini.

Un mosaico di solidarietà[ Antonio Daniele ]

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15N. 35 del 2 novembre 2006

Ultima tappa della “Not-te bianca dei ricercatori” quel-la tenutasi mercoledì scorso in un Teatro del Fuoco gremito di presenze. In scena un gruppo di giovani ricercatori e dottorandi foggiani del dipartimento i for-tuna dell’Antico della Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Foggia seguiti dall’abi-le regia di Pino Casolaro. Il la-boratorio “Echo” così è chiama-to questo gruppo di ricerca tea-trale sperimentale si è cimen-tato sui testi di Plinio il giova-ne, nipote del più famoso Pli-nio detto il Vecchio autore del trattato in 37 volumi del “Natu-ralis historia”, rielaborati per la rappresentazione dalla dott.ssa Mariella Stella.

Le drammatiche vicende vis-sute dai pompeiani nei giorni del 24 e 26 agosto del 79 d.C., sono narrate attraverso la vo-ce della sorella di Plinio, Giu-lia che racconta con toni enfati-

ci e con dettagli strazianti quel-le tragiche ore. Ad interpretare Giulia una attrice d’eccezione, l’assessore comunale alle Bor-gate Fiammetta Fanizza, ricer-catrice di Lettere, tramutata-si per l’occasione nei panni di una brillante matrona del tem-po e abbigliata all’uso roma-no con trucco e capigliatura in stile. Nei panni di Plinio il Vec-chio è venuto a mancare all’ulti-mo momento e per cause di for-za maggiore proprio il direttore del dipartimento il professore Giovanni Cipriani, a sostituito brillantemente padre Massimo Montagano, già direttore di sce-na dell’opera stessa. Ad inter-pretare invece il ruolo di Plinio il giovane, Luca Gargiulo, cono-sciuto ai lettori di “Voce di Po-polo” come firma storica del no-stro settimanale ed ormai com-pletamente assorbito dalla car-riera universitaria. Nonostan-te i calzari romani e un abitino

un po’ succinto la prova anche per lui può considerarsi supera-ta cum laude.

A fare da sfondo al dramma svoltosi sul proscenio, una serie di voci dei testimoni dal “dietro le quinte” che hanno reso più in-tense le sottolineature declama-te da Giulia. Tra le note di me-rito della serata vanno menzio-nati l’introduzione e gli inter-mezzi che hanno elevato il to-no della prova universitaria. In-nanzitutto le dolci note del sas-sofonista jazz Vittorino Curci che hanno accompagnato i ver-si letti dall’attore slavo Dragan Mraovic e poi le riflessioni del critico letterario Raffaele Nigro sui risvolti negativi del progres-so scientifico e delle moderne catastrofi ambientali e per fini-re la testimonianza di un vulca-nologo che ha raccontato la sua esperienza di lavoro e di vita a contatto con questi giganti del-la terra.

Vo c i d i P a l a z z o[ Francesca Di Gioia ]

All’Università si muore di scienzaTRA I DOTTORANDI IN SCENA ANCHE IL NOSTRO COLLABORATORE LUCA GARGIULO

Mercoledì 25 ottobre al Teatro del Fuoco c’è stata una rappresentazione teatrale sulla drammatica eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

A quattro anni dal terremoto del novembre del 2002 qualcosa si muove a Casalnuovo Montero-taro. Nel paese più colpito della provincia di Foggia sono diversi, infatti, i cantieri aperti per la mes-sa in sicurezza dei numerosi pa-lazzi lesionati a seguito del terri-bile sisma che colpì il Molise e la parte più a Nordovest della Capi-tanata. Sono state circa 750 le or-dinanze di sgombero nel picco-lo comune che conta attualmen-te 1500 abitanti. Il terremoto, in-fatti, ha inciso anche duramente sul tessuto sociale di Casalnuo-vo: 400 persone, tutte residenti e di età superiore a 65 anni sono an-date via dal paese e si sono ricon-giunti, per la maggior parte dei ca-si, ai figli che abitano da anni nel-le regioni settentrionali. Ad oggi sono oltre 10milioni gli euro stan-ziati e disponibili e che rappre-sentano appena il 20% delle risor-se per chiudere definitivamente la fase di emergenza. Non se la pas-sano meglio i comuni di Carlan-tino e Celenza Valfortore, colpi-ti duramente dal sisma di quattro anni fa. Nel primo, infatti, il sin-daco Vito Guerrera, ha afferma-to che se non ci saranno proroghe dello stato di emergenza sarà la fi-ne: “Siamo ancora alla fase inizia-le della ricostruzione – ha aggiun-to il primo cittadino di Carlantino - e la proroga è indispensabile al-meno per il 2007”. Secondo Fran-cesco Santoro, sindaco di Celen-

Terremoto 2002, qualcosa sta cambiando[ Damiano Bordasco ]

za Valfortore, a quattro anni dal terremoto la ricostruzione va a ri-lento: “Mancano i fondi per com-pletare gli interventi progettati. Sembra che il governo abbia di-menticato che le scosse hanno provocato numerosi danni anche in Capitanata”. Lo scorso 31 otto-bre, in occasione del quarto an-niversario si è svolta nella chie-sa Parrocchiale dei santi Pietro, Paolo e Nicolò di Casalnuovo, la messa in memoria di quel terribi-le terremoto. Nel pomeriggio si è tenuto, invece, un incontro con le Autorità civili e militari nella pa-lestra della scuola media “Fer-rucci” di via Armando Diaz. So-no intervenuti, tra gli altri, il nu-mero uno della protezione civile, Guido Bertolaso, e dell’assessore regionale ai Lavori pubblici, Ono-frio Introna.

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16 Voce di Popolo

Il progetto di RFI prevede in-

vestimenti per oltre 5 miliardi

di euro, e il dimezzamento dei

tempi di percorrenza per rag-

giungere Napoli.

“Un progetto enorme e simile, per impatto sociale ed economi-co, alla creazione dell’Acquedot-to Pugliese”. Così il presidente della Regione Nichi Vendola ha definito il del potenziamento del collegamento ferroviario tra Ba-ri e Napoli, presentato lunedì mattina a Benevento. L’interven-to prevede complessivamente circa 5 miliardi e 300 milioni di euro di investimenti per 146 Km di linea e 15 stazioni, con realiz-zazioni progressive delle tratte tra il 2010 e il 2020. Il potenzia-mento della linea consentirà un aumento di 15 mila passeggeri e 6 mila tonnellate di merce tra-sportate al giorno. Notevoli sa-ranno gli impatti anche sulla so-stenibilità ambientale: l’aumen-to dei viaggiatori farà diminui-re il numero delle auto in circo-lazione, e quindi l’inquinamento atmosferico. Si prevedono, ad esempio, ogni 90mila tonnella-te all’anno in meno di emissioni di anidride carbonica e 300 ton-nellate in meno di ossidi di azo-

to. Infine, aumenteranno anche i servizi di trasporto ferroviario si prevedono 54 treni al giorno (44 in più di oggi) sulle lunghe per-correnze e 144 treni al giorno (118 in più di oggi) sui collega-menti tra Napoli, Benevento, Ca-serta e Foggia. Anche per le mer-ci verranno incrementati i servi-zi sulla Napoli /Bari/ Bologna, si passerà dagli attuali 8 a 20 tre-ni al giorno. Il punto forte della nuova linea ferroviaria sarà la di-minuzione dei tempi di percor-renza. Per la tratta Napoli – Ba-ri si passerà da 3 ore e 40 minu-ti a circa 2 ore, Roma - Bari da 4 ore e 30 minuti a circa 3 ore e 30 minuti. Lunedì scorso, a Bene-vento, si è discusso dei proble-mi legati alla tratta campana del-la linea. Di quella pugliese se ne parlerà a Foggia il 20 novembre prossimo. All’ordine del gior-no, naturalmente, anche il fa-moso baffo, cioè lo snodo ferro-viario che bypasserà la stazione centrale del capoluogo. Nei pia-ni di RFI una piattaforma logisti-ca all’altezza di Borgo Incorona-ta, nodo strategico per il passag-gio delle merci. I treni passegge-ri, invece, continueranno a so-stare in piazzale Vittorio Vene-to. All’incontro erano presenti, per il nostro territorio, il vicesin-daco del capoluogo Sabino Co-langelo e l’assessore provincia-le ai trasporti Antonello Summa. Decisa la posizione di Colange-lo, secondo il quale “ i treni pas-seggeri dovranno assolutamente transitare dalla stazione di Fog-gia”. Più pragmatico l’assessore Summa, interessato soprattut-to a dimezzare i tempi per rag-giungere Napoli. All’incontro del 20 novembre a Foggia dovrebbe partecipare il Ministro delle In-frastrutture Antonio Di Pietro.

Vo c i d i P a l a z z o[ Enzo D’Errico ]

Alta velocità a FoggiaBrevi dai paesi della provincia

Un ricco patrimonio del tessuto sociale

Si è svolto martedì 17 otto-bre, nello splendido scenario del Palazzo Badiale di S. Mar-co in Lamis, il primo incontro delle associazioni e movimenti di volontariato presenti nel ter-ritorio. A promuovere l’incon-tro è stato l’assessore all’asso-ciazionismo Pino Villani. Al-l’incontro è intervenuto anche il Sindaco della città avv. Mi-chelangelo Lombardi che ha chiesto alle associazioni di es-sere presenti nel tessuto socia-le per contrastare il degrado ci-vile e morale. Inoltre il sindaco ha affermato che è intenzione dell’amministrazione comuna-le di camminare insieme e di collaborare alle diverse inizia-tive con nuove forme d’espres-sioni e fantasia. L’avv. Lom-bardi ha inoltre affermato che le associazioni devono guar-dare all’amministrazione, non solo per avere dei contributi, ma anche per interagire sul-la vita della città. L’intenzio-ne dell’amministrazione comu-nale è quella di rendere quali-ficata la presenza dei volontari e del loro impegno. Inoltre l’as-sessore Villani ha lanciato per il 2007 la giornata dell’associa-zionismo e del volontariato co-me momento di festa e di rifles-sione. Tra le tante associazioni presenti a S. Marco, all’incon-tro sono intervenuti i Coltiva-tori Diretti, L’Avis, S.O.S. S.M. 27 protezione civile, Mosaico superamento handicap, Comi-tato permanente Via Crucis vi-vente, For ever gruppo musica-le, Oratorio Chiesa Madre CSI, Fajarama ciclismo, Azione Cat-

tolica SS. Annunziata, Diamante mini basket, Sammarco Pallavo-lo, Associazione Carabinieri in congedo, Lions club, Unitre uni-versità per le tre età, Swing club educazione al ballo, circolo Da-ma, Azione Cattolica di S. Anto-nio Abate e S. Maria delle Gra-zie, Lotta ai Tumori. I rappresen-tanti delle associazioni hanno suggerito la necessità d’incon-trarsi e di conoscersi meglio an-che per evitare gli spiacevoli in-convenienti derivanti dalla con-comitanza d’alcune iniziative. Si è fatto notare la necessità di spazi e di locali soprattutto per il periodo invernale, chiedendo all’assessore Villani di farsi por-tavoce nell’amministrazione co-munale per realizzare nel merca-to coperto, nel pieno centro cit-tadino, un luogo per eventi al co-perto.

I rappresentanti delle associa-zioni chiedono maggiore coin-volgimento nella vita della cit-tà, portando il loro contributo di servizio gratuito e la loro espe-rienza nel campo sociale. Gli strumenti amministrativi, che lo statuto comunale prevede per il coinvolgimento della società ci-vile, devono essere attivati per poter permettere a quanti servo-no la città, attraverso le associa-zioni, di intervenire nelle scelte amministrative del consiglio co-munale.

Stagione cinematograficaa Sant’Agata di Puglia

Un modo per vivacizzare la sobria dimensione invernale del paese, arricchendola con van-taggi spesso esclusivi dei gran-di centri? A Sant’Agata di Puglia l’opportunità l’ha cercata e tro-

vata l’Amministrazione Comu-nale nell’ambito della propria programmazione e promozione di attività culturali e ricreative.

L’idea è quella di favorire proiezioni cinematografiche presso la struttura polivalente del Teatro Comunale.

Torna, allora, a Sant’Agata di Puglia, quella magia che soprat-tutto negli anni sessanta ha rap-presentato nei piccoli paesi di provincia uno dei pochi svaghi possibili, quando sulle note di qualche bella colonna sonora e coinvolgenti immagini in bian-co e nero si vivevano amori fan-tastici e utopie di grandi viaggi. La valida ed interessante inizia-tiva, promossa dal Comune al fi-ne di incoraggiare un importan-te momento di svago e intrat-tenimento, si realizzerà a San-t’Agata di Puglia dalle prossime settimane, e per tutta la stagio-ne invernale, attraverso la com-petente e qualificata collabora-zione del “Circuito Cinema Cico-lella” di Foggia.

Il ricco programma della ras-segna cinematografica preve-de dieci proiezioni da realizzar-si nei vari fine settimana in date da stabilirsi.

Il cinema che rivive, dunque, facendo vivere, nello stesso tem-po, momenti che certamente fa-voriranno anche occasioni di so-cializzazione per giovani ed an-ziani. Un’occasione, questa offer-ta dal Comune, che sicuramente in molti quest’inverno apprez-zaranno non solo a Sant’Agata, ma anche dai paesi limitrofi, co-gliendo così l’opportunità di go-dere della visione un buon film senza doversi spostare, come di solito avviene, nel capoluogo.

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17N. 35 del 2 novembre 2006 C u l t u r a e S p e t t a c o l o[ Giustina Ruggiero ]

È stata restaurata grazie a un ban-do per il restauro di opere pittoriche emanato dalla Fondazione Banca del Monte “Domenico Siniscalco Ceci, vincitrice assieme alla grande tela della Madonna Incoronata e Santi di Sant’Agata, di cui abbiamo già parla-to, del bando 2005.

È La Vergine in gloria, dipinto ad olio su tela, di autore ignoto, del XVIII secolo, e si trova nella chiesa di San Tommaso a Foggia, nel salone dell’Ar-ciconfraternita di San Biagio, Vescovo e martire; le sue dimensioni 2,10 me-tri per 1,50.

È stata consegnata a fine luglio do-po un restauro conservativo che si è protratto più del previsto per alcune complicazioni sorte durante i lavori.

La restauratrice è Loredana Mastro-martino, foggiana, Scuola di Restauro a Salerno, in cui fino al 2005 ha inse-gnato integrazione pittorica, titolare della Magnificart, ditta di conserva-zione e restauro con sede a Salerno e a Foggia, tra poco concluderà un per-corso formativo di tutto rispetto con una laurea in Beni Culturali all’Uni-versità di Fisciano.

“Come spesso avviene nelle inda-gini che sono solo di tipo visivo sulle opere da restaurare – ci ha spiegato la Mastromartino - anche per La Vergi-

ne in Gloria abbiamo presupposto al-cuni interventi trovandoci in seguito di fronte a delle complicazioni. Il pro-blema principale era dato dalla ver-nice ossidata che dava al quadro una colorazione giallognola. Rimossa que-sta, si sono presentate varie ridipin-ture. La figura in gran parte ridipinta è risultata proprio la Vergine, che ha mantenuto dell’originale solo mani e piedi”.

La protagonista del quadro, la Ma-donna, dopo la ripulitura ha mostrato anche una bruciatura al centro della figura, probabilmente causata dai ceri devozionali che tanti danni hanno ar-recato ai dipinti, a cominciare dall’an-nerimento da nerofumo.

Proprio l’incendio, spiega la restau-ratrice, deve essere stata la causa della ridipintura ottocentesca che ha squili-brato stilisticamente l’opera. Angeli e cherubini che affollano lo spazio in-torno alla Madonna sono di gran lun-ga di livello stilistico superiore, men-tre la Vergine risulta un po’ piatta.

“Un’altra particolarità - aggiunge la Mastromartino - si è presentata nel-lo smontaggio. La tela è risultata ta-

gliata per essere adattata alla corni-ce che non è originale, ma che ormai accompagna il dipinto ed è tutt’uno con esso”.

Sotto l’alta sorveglianza della So-vrintendenza (che decide sulle tecni-che, colori e vernici) è stata effettua-ta una reintegrazione pittorica, in pie-na tutela del dipinto che presentava anche varie cadute di colore e alcune toppe sul verso.

La Vergine in Gloria si trova in una delle chiese più antiche di Foggia e si-curamente diventerà una tappa nel percorso di conoscenza della città.

“Non sopporto chi dice che a Fog-gia non c’è niente. Il problema sono stati negli anni i poltici che non han-no aiutato la città a mettere in luce le sue risorse e le sue ricchezze. Foggia

ha chiese bellissime, e la bellezza co-mincia dalla pietra, materiale stupen-do della Puglia architettonica. Le ope-re ci sono e devono essere valorizza-te”. Sarà l’amore per la città d’origine, sarà la competenza che fa guardare e vedere l’arte e la bellezza dove moltis-simi non vedono niente.

Fatto sta che la Mastromartino, che sta lavorando al restauro (sem-pre promosso dalla Fondazione) di due delle quattordici tele delle ope-re di Misericordia databili al 1600 provenienti dalla chiesa del Purgato-rio, pensa al recupero, alla difesa, al-la tutela, necessari ed essenziali, del-le opere d’arte e per questo fine invo-ca la nascita, o rinascita, del Museo Diocesano che darebbe gran lustro alla città di Foggia.

Angeli e cherubini in via ArpiLA RESTAURATRICE LOREDANA MASTROMARTINO AUSPICA

LA TUTELA DELLE OPERE D’ARTE DELLA CITTÀ E INVOCA IL MUSEO DIOCESANO

Nella chiesa di San Tommaso a Foggia tornata dopo il restauro la Vergine in gloria, dipinto del XVIII secolo

Dal 30 ottobre al 7 novembre in mo-

stra micromolluschi, pesci e conchi-

glie alla Fondazione Siniscalco Ceci

di Via Arpi

Per la prima volta nelle sale della Fon-dazione BdM di via Arpi, 152 protagoni-sta è la natura. Lunedì 30 ottobre, alle ore 18,00, nella Sala Rosa del Vento è stata inaugurata la mostra “I Tesori del Mare”, a cura del dott. Giuseppe Martucci, bio-logo (37 anni di analisi cliniche in ospe-dale), consigliere nazionale della Società Italiana di Malacologia, che ha sede a Mi-lano presso l’Acquario Civico e segreteria organizzativa a Napoli.

“Onore e vanto a persone come Bepi Martucci – ha detto il presidente Andretta – che attraverso il collezionismo lanciano un messaggio di sprovincializzazione, con i contatti, i confronti, le relazioni intessu-te con l’Italia e con il mondo”. Due anni fa Martucci era a Vigo, in Galizia, al Conve-gno Internazionale di Malacologia.

Il dott. Martucci che coniuga nell’inte-resse verso le creature del mare studio competente e passione, ha colleziona-to da sempre conchiglie, molluschi e pe-sci. La maggior parte della sua collezione è stata da lui donata al Museo di Scien-ze Naturali di Foggia, per il quale auspica sale aperte e affollate di ragazzi e adulti,

I Tesori del marerammaricandosi invece di vederle chiu-se e vuote.

Questa mostra permetterà ai foggiani fino al 7 novembre di ammirare sia mi-cromolluschi “da studio”, sia le meravi-gliose cipree e coni dalle suggestive for-me e dagli splendidi colori. Hanno sup-portato Martucci, permettendo l’esposi-zione di una notevole varietà e ricchezza di pezzi, i collezionisti Nicola D’Intrano e Sergio Duraccio. Esempio di amichevole e fattiva sinergia la collaborazione di al-tri “appassionati” (in altri campi ma chi si appassiona è positivo ovunque) Ciro Ini-gorbaf, Lucio Fasullo, Emanuele Magiste-ro, l’arch. Paolo Corvino e il Gruppo Na-turalistico Dauno. In linea con gli intenti della Fondazione di promozione e divul-gazione della cultura, la mostra ha un’im-postazione scientifica ma è rivolta anche e soprattutto a un pubblico di non addet-ti, che rimarranno affascinati dalle specie più appariscenti. “Vogliamo appassionare sempre più persone a queste meraviglie della Natura – ha detto Martucci -. In Pu-glia, regione circondata dal mare, ci sono solo 20 iscritti alla Società Italiana di Ma-lacologia, uno solo a Foggia”.

Pannelli illustrativi sull’utilizzo nella storia, nell’arte e nella cucina delle con-chiglie, schede scientifiche e cartellini identificativi, una bacheca per le specie locali (cannolicchi, cozze, murici ecc…) saranno utili per un discorso didattico ed estetico rivolto sia agli adulti che ai più piccoli.

La mostra avrà i seguenti orari: 10,00-13,00/17,00-20,00

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18 Voce di PopoloS p o r t

Motomondiale:Rossi beffato da una caduta

Il 29 ottobre a Valencia (Spagna), Nicky Hayden si è laureato campione del mondo della classe MotoGP. Non c’è l’ha fatta in-vece il nostro Valentino Rossi a conquista-re il titolo iridato sebbene avesse otto pun-ti in più rispetto al pilota statunitense frut-to soprattutto delle cinque vittorie stagionali rispetto alle due del suo diretto antagonista.

Hayden ha avuto il merito di essere co-stante riuscendo quasi sempre a conclude-re a punti le gare del mondiale, punti che poi si sono rivelati decisivi. Più sfortunata inve-ce la stagione del pilota italiano. In realtà, Hayden stava anche rischiando di perderlo questo mondiale per colpa del suo compa-gno di squadra Pedrosa che sul circuito spa-

gnolo dell’Estoril due settimane fa l’ha ur-tato facendolo scivolare. Valentino fallisce quindi l’appuntamento con il suo ottavo tito-lo mondiale: cade al quarto giro finendo sul-la sabbia, tenta la rimonta ma, questa volta, l’impresa non gli riesce. Gara vinta dunque dalla Ducati, che si è aggiudicata così la sua quarta vittoria dell’anno, con il pilota Bayliss chiamato a rimpiazzare Sete Gibernau.

Valentino dimostra il suo stile, la sua sportività anche a fine gara; la stretta di ma-no con il rivale per il titolo dimostra il rag-giungimento di una maturità che solo un ve-ro campione può possedere.

Hayden certo non ha destato particolari emozioni con le sue vittorie adottando una guida senza rischi, Rossi, invece, ha fatto dell’imprevedibilità e della sua guida spre-giudicata il suo cavallo di battaglia per fare spettacolo e dare un po’ di emozione ai tanti tifosi che lo seguono. Per i suoi fans… l’ap-puntamento con il mondiale è solo rinviato.

[ Valerio Quirino ]

La cronaca di venerdìIn una fresca serata, di fronte a circa

6.000 spettatori, il Foggia di Cuoghi esce indenne dalla temibile trasferta umbra contro il Perugia. Davanti alle telecame-re di Rai sat, le due squadre si sono af-frontate a viso aperto rischiando di vin-cere e perdere entrambe. In settimana, il tecnico rossonero aveva dichiarato che la sua intenzione sarebbe stata quella di portare un punto dallo stadio Renato Cu-ri di Perugia e la missione, seppur con qualche difficoltà iniziale, gli è riuscita.

Nel primo tempo, parte bene il Foggia che al 12° colpisce il palo Chiaretti, Dal-l’Acqua arriva sulla palla ma non ci cre-de e non ribadisce in rete. Al 20°, i grifo-ni in vantaggio: cross del giovane Guada-lupi (appena 19 anni) per Rubino che de-via in porta, Marruocco compie il mira-colo ma la palla resta pericolosamente in area, uno sfortunato Ingrosso non con-trolla e la palla si ritrova davanti al bom-ber biancorosso Mazzeo che realizza la sua sesta rete stagionale.

Il Foggia va in tilt per dieci minuti dove subisce più del dovuto, poi si riorganiz-za e passa alla ricerca del pareggio in di-verse occasioni, che però fallisce, come Dall’Acqua su punizione o Salgado che dribbla tutti tranne il portiere e la palla viene respinta da quest’ultimo.

Nell’intervallo, Cuoghi suona la carica e nella ripresa il Foggia scende in campo più concentrato schiacciando i padroni di casa nella loro metà campo e renden-dosi pericoloso prima con il cileno Salga-do e poi con Mounard; alla fine i corner

saranno 7 a 4 per il Foggia, mentre i tiri totali 11 a 5 sempre per il Foggia.

Cuoghi gioca il tutto per tutto gettan-do nella mischia Princivalli, Shala e Co-lombaretti al posto di Giordano, Ingros-so e Dall’Acqua; la partita cambia volto ed il Foggia giunge al pareggio: Mounard si allarga sulla fascia sinistra, arriva al li-mite e crossa ma la palla tocca la mano di Taurino, per l’arbitro Zanardo di Co-negliano è rigore; sul dischetto si presen-ta Salgado che spiazza il portiere man-dando in estasi i circa 600 tifosi rossone-ri giunti al Curi e realizzando la sua quar-ta rete dall’inizio del torneo.

Il Foggia cerca di vincere ma in con-tropiede rischia anche di perdere ed alla fine le due squadre, esauste per una par-tita combattuta, si accontentano del pa-ri. Dunque, un pareggio che non va af-fatto sottovalutato, ottenuto contro una delle rivali alla vittoria finale che consen-te al Foggia di mantenere un più sette sui punti dello stesso Perugia, e di restare ancora imbattuto dall’inizio del torneo.

La squadra è sulla strada giusta, l’im-pressione è che quando questo Foggia gi-rerà al 100%, per le avversarie sarà vera-mente difficile competere.

Il prossimo avversarioLa decima giornata della serie C1/b ve-

de di scena allo Zaccheria il Manfredonia come prossimo avversario del Foggia.

Nello scorso torneo, il derby con i cu-gini sipontini del girone di andata finì in parità; quest’anno, Foggia e Manfredonia hanno obiettivi diversi: un campionato di

vertice per i primi, una tranquilla salvez-za per i secondi.

I biancocelesti, dopo un difficile av-vio di stagione, ora stazionano nella par-te centrale della classifica con 12 punti e sono reduci dalla vittoria interna ottenu-ta ai danni della quotata Ternana.

La rosa è composta da gente esperta: la porta è ormai da diverse stagioni dife-sa da Sassanelli; in difesa, trovano spa-zio Calabro, l’ex Brindisino Tronchera e Di Giosa; a centrocampo, accanto all’ex rossonero Umberto Brutto vi è l’estro di Walter Piccioni, la solidità di Machado e la fantasia del brasiliano Togni; in attac-co, il duo Vadacca-De Paula.

Tuttavia, Trinchera, Calabro e De Pau-la dovrebbero saltare la trasferta dello Zaccheria. Inoltre in settimana, è giun-ta una tegola amara per la società capi-tanata dal presidente Riccardi, infatti il giocatore Machado, quest’anno al Rimi-ni ma ancora di proprietà del Manfredo-nia, ha rimediato una frattura che lo ter-rà lontano dai campi di gioco per diversi mesi; una autentica iattura consideran-do il fatto che questo giocatore, essendo ambito da clubs prestigiosi (anche stra-nieri), avrebbe potuto far incassare di-versi soldi nelle casse della sociètà.

Previsti oltre 500 tifosi sipontini al se-guito della propria squadra per quel-la che sarà il secondo derby consecuti-vo tra le due compagini daune; un derby del quale l’intera Capitanata deve gioire e che deve essere preso come occasione per rilanciare definitivamente questa tor-mentata terra.

All’inseguimento del Ravenna

Passati in svantaggio, i rossoneri pareggiano con un calcio di rigore del cileno Salgado

IL PROSSIMO TURNO VEDRÀ DI SCENA ALLO ZACCHERIA IL DERBY CON I CUGINI DEL MANFREDONIA

Classifica Serie C1 Girone B

Posizione Squadra Punti

1° Ravenna 20

2° Foggia 19

3° Avellino* 16

4° Cavese 16

5° Lanciano 15

6° Salernitana 15

7° Gallipoli 14

8° Teramo 14

9° Taranto 13

10° Manfredonia 12

11° Perugia 12

12° Juve Stabia 11

13° Sambenedettese 11

14° Ternana 9

15° San Marino 8

16° Ancona 5

17° Martina 5

18° Giulianova 1

* due punti di penalizzazione

10a giornata

Ancona – Gallipoli

Avellino – Salernitana

Cavese – San Marino

Foggia – Manfredonia

Juve Stabia – Perugia

Lanciano – Martina

Taranto – Giulianova

Teramo – Sambenedettese

Ternana – Ravenna

Brevi di sport dal mondo

Foto di Luigi Genzano

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19N. 35 del 2 novembre 2006

La vita e i ministeri di don Pistillo“Oggi celebriamo la vittoria

di Cristo nell’evento della sua risurrezione. Don Michele Pi-stillo, nella sua lunga giornata terrena di ben 88 anni, ha incro-ciato continuamente le parole e le certezze che Cristo Gesù ha affidato ai suoi discepoli. Le no-tizie biografiche, che ora rife-risco schematicamente, fanno pensare ad un ministero sacer-dotale continuamente sollecita-to dalla “beata speranza” della vita futura, da lui predicata co-stantemente ai fedeli affidati al-le sue cure pastorali.

Nato a Stornarella il 2 gen-naio 1918, fu ordinato sacer-dote da Mons. Vittorio Consi-gliere, Vescovo di Ascoli Satria-no e Cerignola, l’8 agosto 1943.

Svolse l’ufficio di parroco al suo paese natale, poi a Storna-ra e infine nella chiesa matrice di Orta Nova. Il 5 giugno 1960 Mons. Mario di Lieto, succes-sore di Mons. Donato Pafundi, con lettera ufficiale, approvan-do “ad experimentum” l’Unio-ne Amici di Lourdes, la affidava alla direzione spirituale di don Michele Pistillo. Qualche an-no dopo don Pistillo si trasfe-rì a Foggia, dove ricoprì gli in-carichi di Vice Parroco a S. Ste-fano, Segretario dell’Ufficio Pa-storale diocesano, Delegato per l’Ecumenismo, Rettore della chiesa di S. Agostino, Cappel-lano dell’Istituto Canossiano in Via Gioberti, Direttore dell’Uf-ficio per le Comunicazioni So-ciali, Vice Direttore della Bi-blioteca e Archivio diocesani,

direttore dell’Ufficio Stampa. Era iscritto all’albo dei giornali-sti e ha curato numerosi servi-zi per Avvenire, per l’Osservato-re Romano e per la stampa dio-cesana e locale.. Fu Segretario di Mons. De Giorgi e, per poco tempo, anche di Mons. Casale. Negli ultimi anni, prima dell’in-fortunio subito a causa di un in-cidente stradale, è stato colla-boratore parrocchiale nella par-rocchia della Madonna del Ro-sario. E qui, oggi, riceve il com-miato dei suoi familiari e della sua diocesi”.

La redazione del settimana-

le “Voce di Popolo” e la Comu-

nità diocesana tutta si unisce

al dolore di quanti lo conobbe-

ro e dei parenti che ne piango-

no la triste assenza.

Il 30 ottobre, presso la chiesa della Beata Maria Vergine del Rosario,si sono celebrate le esequie di don Michele Pistillo

AUGURI DI BUON ONOMASTICOSabato 4 novembre

a don Carlos Garcia

a mons. Carlo Domenico Franco Canonico del Capitolo Concattedrale di Bovino e Vicario parrocchiale della Concattedrale e di San Pietro di Bovino.

Lunedì 6 novembre

a mons. Leonardo Cendamo Parroco della Parrocchia di San Giovanni Battista di Foggia.

AUGURI DI BUON COMPLEANNO

a don Pasquale InfanteNato il 5 novembre 1964Parroco della Parrocchia San Francesco Saverio di Foggia.

LIETIEVENTI

“Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore”

RIPORTIAMO UN PASSAGGIO DELL’OMELIA TENUTA DALL’ARCIVESCOVO MONS. FRANCESCO PIO TAMBURRINO

Nei giorni scorsi la notizia della fusione per incorporazio-ne della Banca del Monte nella Banca Campana aveva suscitato allarme per quello che qualcuno aveva definito uno “scippo per il territorio”. L’operazione ave-va anche ventilato un presun-to coinvolgimento della Fonda-zione Banca del Monte “Dome-nico Siniscalco Ceci”, che sareb-be destinata a scomparire.

A seguito di queste notizie, il Consiglio di amministrazione della Fondazione ha convocato una conferenza stampa nel cor-so della quale il presidente, avv. Francesco Andretta, ancora una volta ha invitato tutti a non fare confusione tra la banca e la fon-dazione, che sono ormai due en-tità distinte.

Sul fronte bancario si pre-cisa che sia la Banca del Mon-te che la Banca Campana sono controllate dalla Banca Popola-re dell’Emilia Romagna (BPER); l’operazione di incorporazione rientra nel quadro dei riasset-ti societari che riguardano an-che altre controllate (Banche

di Lanciano, Matera, Crotone) e che vengono incoraggiati dalle autorità monetarie per fronteg-giare meglio la concorrenza na-zionale e internazionale.

Sull’altro fronte, in ottempe-ranza alla legge istitutiva che ob-bligava la Fondazione a vendere il proprio pacchetto a partner

professionalmente qualificati, il CdA deliberò nel 2005 la cessio-ne alla BPER delle proprie azio-ni, pari al 37% della Banca del Monte, ricevendone in cambio obbligazioni al 3,75% della stes-sa banca, che dopo tre anni so-no convertibili in azioni. Nel 2008 la Fondazione potrebbe dunque divenire azionista della BPER. La Fondazione, dun-que, rimane saldamente ancora-ta alla città, non sottrae risorse, anzi le aumenta in favore del ter-ritorio, come dimostrano le atti-vità del corrente anno e quelle programmate. Oltre agli incon-tri di carattere culturale pres-so la sede, si tratta delle ambu-lanze (non donate, ma assegna-te in base a concorso-proget-to), dei restauri di opere d’arte,

della Chiesa dei Morti e di Por-ta Grande e, recentissimo, l’ac-cordo (in corso di perfeziona-mento e di significativo impatto sociale) per assumere in como-dato il complesso dell’ex carce-re di Sant’Eligio. È una superfi-cie di ben 1.800 mq che, gradual-mente ristrutturata, sarà adibita a mensa per i poveri e successi-vamente anche a dormitorio per i senzatetto.

È, come si vede, un ventaglio di attività per le quali la Fonda-zione è severamente impegnata, nella certezza di assolvere ade-guatamente gli impegni istitu-zionali e confermare la sua fun-zione nel contesto cittadino.

Nell’incontro con la stampa si è parlato dunque solo di puntua-lizzazioni su compiti e ruoli, sen-za vis polemica nei confronti di chicchessia. Siamo tanto avvez-zi ad entrare in “polemica” che spesso ne dimentichiamo la ra-dice etimologica, dal greco pole-

mos, guerra.Occorre invece costruire sen-

za guerreggiare, e non è cosa da poco…

[ Vito Procaccini ]

La Fondazione Banca del Monte ribadisce in una conferenza stampa la diversità tra Banca e Fondazione

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