EVOLUZIONE DEL MOSAICO A cura di Linda Grigis

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EVOLUZIONE DEL MOSAICO

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EVOLUZIONE DEL MOSAICO

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A cura di Linda Grigis
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Il mosaico nasce con intenti pratici più che estetici: argilla smaltata o ciottoli venivano impiegati per ricoprire e proteggere i muri o i pavimenti in terra battuta.

Con il termine mosaico si intende la tecnica artistica e decorativa con la quale vengono creati motivi geometrici o figurativi accostando piccoli pezzi di

materiale lapideo e vitreo. Questo tipo di decorazione si adatta soprattutto a grandi superfici come pavimenti, pareti, volte, e riveste talvolta sculture e oggetti

tridimensionali. Il termine indica anche l’opera prodotta con tale tecnica.

I mosaici più antichi si diffusero nel mondo orientale tra il IV e il III millennio a.C. e migliorarono nell’età classica con i greci, è però con i romani che la

decorazione musiva ottiene mosaici di grande raffiaìnatezza, continuando il suo sviluppo tecnico nell’arte bizantina. In antichità il mosaico era realizzato

accostando piccoli ciottoli o elementi cuneiformi in terracotta policroma per creare dei motivi geometrici, nel periodo greco e romano le tessere assumono la

forma regolare di piccoli cubetti in marmo e pietra, mentre nel periodo ellenistico fanno comparsa le tessere vitree, specialmente in area mediterranea.

Risalgono al 3000 a.C. le prime decorazioni a coni di argilla dalla base smaltata di diversi colori, impiegate dai Sumeri per proteggere la muratura in mattoni

crudi.

Nel II millennio a.C., in area minoico-micenea, si iniziò ad usare, in alternativa all'uso dei tappeti, una pavimentazione a ciottoli che dava maggiore resistenza al

calpestio e rendeva il pavimento stesso impermeabile, che si ritrova anche in Grecia nel V secolo a.C..

Stendardo di Ur, 2600a.C., Londra, British Museum

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A partire dal IV secolo a.C., vengono utilizzati cubetti di marmo, onice e pietre varie, che hanno maggiore precisione dei ciottoli, fino ad arrivare,

nel III secolo a.C., all'introduzione di tessere tagliate.

MOSAICO ROMANO

Le prime testimonianze di mosaico a tessere a Roma si datano attorno la fine del III secolo a.C., per impermeabilizzare il pavimento di terra battuta.

Successivamente, con l'espansione in Grecia e in Egitto, si espanderà un interesse per la ricerca estetica e la raffinatezza delle composizioni.

Inizialmente le maestranze provenivano dalla Grecia e portavano con sé tecniche di lavorazione e soggetti dal repertorio musivo ellenistico, ma il

mosaico romano diventerà poi indipendente, diffondendosi in tutto l'impero: si preferiscono temi figurativi per lo più stereotipati, ma soprattutto

motivi geometrici, arabeschi e vegetazione stilizzata.In epoca greco-romana, ogni artista artigiano apparteneva ad una squadra, con una funzione

specifica:

Il pictor imaginarius era il creatore che tracciava il disegno sul cartone e ne suggeriva i relativi colori.

Il pictor parietarius riportava il disegno dal cartone sulla superficie da rivestire, ingrandendolo in proporzione allo spazio da decorare.

Il calcis coctor e il pavimentarius erano semplici manovali il primo era l’addetto alla fabbricazione della calce mentre il secondo si occupava degli

strati atti a preparare il piano su cui comporre il mosaico.

Il tessellarius realizzava i fondi e le parti più semplici del mosaico.

Il musaearius era il maestro mosaicista che eseguiva le parti figurative e quelle più complesse del mosaico inserendo le tessere nella malta con

varie inclinazioni.

Le superfici destinate ad accogliere un mosaico sono preliminarmente ricoperte con tre strati di intonaco. Sul primo strato, composto da una miscela di calce, sabbia

e mattoni sbriciolati, viene steso un rivestimento fatto di stucco, sabbia, paglia, di spessore variabile da 1,25 cm a 5 cm, a sua volta destinato a essere ricoperto da

una miscela di calce e polvere di marmo. Questo ultimo impasto viene posato poco per volta, a seconda della parte di decorazione che l’artista vuole realizzare

nell’arco della giornata: sulla sua superficie ancora umida è riportato il disegno del motivo decorativo, sul quale vengono applicate le tessere.

Il mosaico parietale nasce alla fine della Repubblica, verso il I secolo a.C., nelle cosiddette “Grotte delle Muse”, costruzioni scavate nella roccia, interrate o artificiali,

dove l'elemento principale è una sorgente o una fontana: si rende perciò necessario un rivestimento resistente all'umidità anche sulle pareti. A Pompei ed Ercolano

era utilizzato anche per rivestire le esedre, nicchie di grandi dimensioni, semicircolari o talvolta poligonali, spesso ornate con una fontana.

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Fontana con tessere policrome, I secolo, Casa della piccola fontana, Pompei

Filosofi dell’Accademia, Museo Archeologico di Napoli

Alessandro Magno e Dario III nella battaglia di Isso del 333 a.C. sito in origine nella Casa del Fauno a Pompei.

Fregio con maschere, I stile, particolare, Casa del Fauno, Pompei, Museo Archeologico di Napoli

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IL MOSAICO BIZANTINO

L’arte del mosaico ha un forte periodo di sviluppo durante l’impero

bizantino, le opere più antiche risalgono al V e Vi secolo d. C. rinvenute

nei pressi di Costantinopoli.

Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, dal IV secolo i mosaici

bizantini arrivarono anche in Italia, grazie alla riconquista di Bisanzio

ordinata da Giustiniano I , le espressioni più emblematiche le possiamo

ritrovare a Ravenna, nei cicli del Mausoleo di galla Placidia,

Sant’Apollinare Nuovo, San Vitale e Sant’Apllinare in Classe. L’influenza di

Bisanzio si fece sentire soprattutto a Venezia, dove l’arte musiva trovò la

sua massima espressione soprattutto nella Basilica di San Marco, il cui

interno è interamente rivestito di mosaici risalenti a periodi diversi. La

ricca produzione a Venezia è testimoniata dalla presenza in città, oltre

che di vere e proprie botteghe di mosaicisti, anche di maestri vetrai

specializzati nella fabbricazione di tessere.

La maniera bizantina è derivata dall’immigrazione di maestranze

provenienti da Costantinopoli, e nello stesso tempo molti artisti veneziani

si trasferirono a Roma. Tra le chiese decorate a mosaico vi sono Santa

Maria in Trastevere, San Paolo fuori le Mura, San Giovanni in Laterano e

santa Maria Maggiore, mentre i mosaici figurativi bizantini degli edifici

religiosi di Costantinopoli sono andati in gran parte distrutti durante il

periodo dell’iconoclastia tra il VIII e il IX secolo.

Sia a Ravenna che a Costantinopoli sono molto usate tessere vetrose

colorate e con oro zecchino, lo stile delle figure bizantine è caratteristico

sembrano immobili, e non hanno un vero e proprio appoggio per i

piedi, tanto che i personaggi sembrano galleggiare sullo sfondo dorato,

simbolo della luce di Dio. Interno di San Vitale, particolare abside, 546 d.C. Ravenna

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IL MOSAICO MEDIEVALE

Nell'arte romanica il mosaico non ha ruolo dominante per motivi economici e gli si preferisce l'affresco. Le

decorazioni sono comunque influenzate dall'arte bizantina, soprattutto per quanto riguarda i rivestimenti

musivi. È interessante l'introduzione di vetri meno scintillanti per giocare con le variazioni luminose

prodotte dall'alternarsi di elementi più o meno lucidi. Accanto ai frammenti di vetro, venivano impiegati

pietre colorate, la malachite per tessere verdi, il lapislazzuli per i blu, marmo o madreperla per i grigi e i

bianchi, mentre per gli incarnati si usavano le pietre naturali.

In questo periodo il mosaico pavimentale viene maggiormente usato rispetto a quello parietale. Rispetto al

parietale il pavimentale presenta notevoli differenze per quanto riguarda i materiali usati, spesso reperiti

localmente oppure di reimpiego. In epoca romanica è evidente la continuità con il Tardo antico che

lentamente si modifica con il gusto nuovo medievale, nuove caratteristiche si fanno strada come l’utilizzo di

tre o quattro colori dominanti, sia nel fondo sia nella bordura del pavimento. La collocazione delle

immagini per terra obbliga e favorisce al tempo stesso una lettura più vicina e personale, rispetto ai

mosaici in parete e in volta, la conoscenza del mosaico pavimentale presuppone una seriazione temporale

e si svolge man mano che ci si inoltra nell’edificio, per questo motivo viene riservata maggiore attenzione

nelle zone di passaggio e nel presbiterio. I soggetti preferiti sono episodi della Bibbia; le allegorie per

spiegare ai fedeli concetti astratti; favole e gesta cavalleresche, che alludono comunque alla vittoria di

Cristo sul peccato e la morte e alla lotta contro il male e che incitano il cristiano a difendere la fede anche

con le armi. Si assiste anche al recupero della mitologia classica, come exemplum morale della cultura

cristiana.In alcuni casi risulta evidente che la decorazione musiva pavimentale si confronta con gli

ornamenti dei tappeti, i mosaici romanici inoltre spesso si sovrappongono o si integrano a interventi di età

precedente.

Pavimento in opus sectile, Chiesa SS. Maria e Donato, 1140, Murano

Pavimento musivo, cattedrale di Otranto, 1163

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IL MOSAICO DAL RINASCIMENTO AL NEOCLASSICO

Nel Rinascimento il mosaico non è più mezzo creativo autonomo ma diventa virtuosismo: l'unico

interesse è per l'apparente eternità del materiale musivo per rendere immortale l'opera pittorica, tanto

che il Ghirlandaio considera il mosaico come vera pittura per l'eternità e il Vasari loda i mosaicisti che

imitano la pittura la punto di ingannare lo spettatore. Nel XIV secolo il mosaico viene utilizzato anche

come supporto di opere scultoree: si veda il fregio del cardinale Riccardo Annibaldi realizzato da Arnolfo

di Cambio, in cui il mosaico dà maggior risalto ai bassorilievi. Questa scelta viene ripresa da Donatello

per la cantoria del Duomo di Firenze, nel 1439.

A Roma si diffonde la moda di finti mosaici affrescati: negli affreschi di Pinturicchio della Stanza della

Fontana del Palazzo Colomba si trovano delle finte quadrettature che danno l'illusione di un mosaico.

Nel periodo del manierismo si diffonde una nuova tecnica di mosaico, che ebbe un notevole successo

fino al periodo rococò: si tratta del mosaico in ciottoli o con altri elementi naturali, quali conchiglie, rocce

spugnose, stalattiti, stalagmiti e pietre semipreziose, talvolta integrate da pitture e sculture. Queste

fantasiose realizzazioni ebbero origine a Firenze e si diffusero in tutta Europa. In epoca manierista e

barocca il mosaico diventa quindi un'arte definitivamente subordinata all'architettura e alla pittura: nel

primo caso è utilizzato come rivestimento pavimentale, con preferenze per l'opus sectile e la palladiana;

nel secondo caso viene preferito solo per la sua maggiore durata nel tempo e resistenza alle intemperie

trova soprattutto sulle facciate.

Nel periodo neoclassico il mosaico, sebbene fosse stata un'importante forma d'arte della classicità, venne

quasi completamente dismesso, soprattutto per l'influenza delle Accademie di Belle Arti che ormai

avevano canonizzato gli insegnamenti sulle arti maggiori di pittura, scultura e architettura. Fu solo nel

romantico che tornarono in auge tecniche artistiche riprese dal mondo medievale, tra le quali le vetrate,

l'intaglio, la tarsia lignea e, appunto, il mosaico. Nell'Ottocento si elaborano tecniche più rapide e meno

costose: nasce il metodo per ribaltamento, ideato da Giandomenico Facchina, che consiste nel

realizzare il mosaico su un foglio di carta, a rovescio, per poi collocarlo in sito. vanno a discapito del

risultato finale: la superficie liscia del prodotto finito manca della vibrazione luministica dei mosaici

antichi.

Duomo di Monreale, Palermo,Cristo Pantocratore

S. Marco, 1545, Basilica di S. Marco, Venezia

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IL MOSAICO CONTEMPORANEO

Il mosaico contemporaneo è una forma d’arte autonoma, ha preso una fisionomia sua propria, ha trovato un suo linguaggio e una sua

espressione.

Il Novecento è il secolo che segna la rinascita del mosaico, in seguito alle esperienze di Impressionismo e Divisionismo, con cui ha in comune il

frazionamento del colore, con l'avvicinamento a Espressionismo e Astrattismo per la semplificazione della forma e alla netta scansione cromatica, ma

soprattutto grazie alla nascita del Liberty e dell'Art Déco, che lo solleveranno dal ruolo di arte secondaria. In particolare, si ricordano Antoni Gaudì e

Gustav Klimt per l'uso innovativo di questa tecnica ormai millenaria.

Il periodo compreso fra gli anni ‘40 e i ’50 è caratterizzato dalla fase interpretativa. Il mosaicista opera sotto la direzione artistica del pittore e opera sotto la

direzione artistica del pittore e il mosaico che produce è la riproduzione, la più fedele possibile, del dipinto. Il mosaicista, conosce perfettamente le

proprietà e le possibilità della sua materia, ha sperimentato di non potere ottenere con marmi e smalti un’opera fedele al dipinto, coniando un nuovo

termine significativo: interpretazione.

Il mosaicista da vita ad un nuovo tipo di mosaico che egli stesso elabora diventando l’interprete dell’opera pittorica. Nel decennio fra il ’50 e il ’60 è il

pittore ad interpretare il mosaico ed è lui che riduce e rende ‘musiva’ la propria sensibilità, la propria coscienza pittorica, e l’opera che egli produce è già a

livello musivo. Il prodotto che si otterrà sarà ancora un dipinto ma già studiato in funzione della futura trasformazione e dovrà contenere i limiti e le

potenzialità della tecnica musiva.

Nasce la nuova figura del mosaicista-pittore, un artista che ha dimestichezza con il materiale musivo e pittorico, in gradi di comporre validamente il

cartone ed il mosaico.

Intorno agli anni ‘60-’70 si apre una fase caratterizzata da una conoscenza più approfondita dell’antico; una maggiore crescita culturale ha indotto i

mosaicisti a porsi interrogativi e a modificare il loro modo di procedere. Per il mosaico si scopre che il bizantino non è l’unico modello, ma esistono più

modi di fare mosaico ed estremamente differenziati e validi: il mosaico greco, romano, teodoriciano, medioevale, cosmatesco; ma il mosaico è un modo

di essere, di far convivere modelli diversi; si scopre che è misura, composizione.

Con l’approfondita conoscenza dei materiali e la coscienza assoluta della mancanza di modelli, il mosaicista inizia a lavorare dentro il mosaico, pensando

solo al mosaico in termini progettuali in altre parole s’indirizza alla definizione di un segno musivo.

Negli anni ’70-’80 si pivilegia il mosaico come sistema di significazione, il mosaico come pelle, come pelle ornamentale, come superficie. Il mosaico

moderno trova una sua dimensione che è quella del linguaggio musivo.

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La tessera è la parola di questo linguaggio, la tessera è l’elemento

individuale, la tessera lavorata è una sintesi di un’esperienza, di conoscenze

ed è quindi l’espressione; si scopre che la tessera ha un rapporto di

continuità con l’insieme e che è la sua forma a determinare il mosaico. La

tessera è un modulo e come tale può essere riprodotta in dimensione

diverse. Si è scoperta per il mosaico una grammatica nuova, arricchita dalla

conoscenza storica e dall’esperienza.

Consapevoli di questa nuova grammatica i mosaicisti chiedono una loro

autonomia , possibile proprio perché è stato abbandonato il mosaico come

comunicazione ed è stato abbandonato il mosaico come significazione ed

espressione. La tecnica di composizione è cambiata, dal metodo diretto su

stucco provvisorio, si è passati al metodo diretto su stucco definitivo; si lavora

su cemento perché il mosaico procede d’istinto.

Il pittore diventa lui stesso mosaicista per operare insieme al mosaicista. Nel

momento dell’operatività i due artisti sono esattamente sullo stesso piano e

dal punto di vista esecutivo si può parlare di completa collaborazione.

Nei tempi passati la produzione era costante nella formula e non richiedeva

nuove tecniche, di materiali e leganti diversi dai tradizionali; nell’ultimo

ventennio il mosaico pretende nuovi materiali, nuovi leganti ed una sua

tecnologia. Si utilizzano smalti trasparenti, i materiali plastici, i materiali

poveri, la costruzione di materiali eterogenei, i leganti misti e le resine

sintetiche vengono legittimate da questa diversa concezione.

Il mosaico come linguaggio, con una sua grammatica interna e quindi

autonomo deve essere studiato a fondo compreso in tutte le fasi della sua

evoluzione.

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GENERI DELL’ARTE MUSIVAIl materiale, la forma e la grandezza delle pietre tagliate sono gli elementi fondamentali atti a differenziare i generi di mosaico

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OPUS SIGNINUM

OPUS TESSELLATUM

OPUS VERMICULATUM

OPUS SECTILE

TARSIE - OPUS SECTILE - OPUS INTERASSILE

OPUS LAPIDEATUM

SCUTULATA PAVIMENTA

OPUS ALEXANDRINUM - OPUS MUSIVUM

ÉMBLEMA

OPUS INCERTUM - OPUS RETICULATUM

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OPUS SIGNINUM

Era l’antica pavimentazione a base di coccio pesto e calce nella quale si

inserivano tessere molto distanziate per formare semplici disegni

geometrici. Era usato soprattutto nelle nelle regioni delle colonie greche e

a Roma in epoca repubblicana, aveva, tessere bianche o nere disposte a

croce oppure poche tessere seminate o alternate a frammenti di terracotta

o allineate.

La tecnica era impiegata alle origini della decorazione pavimentale ad

ornare i "letti" di cocciopesto (particolare conglomerato di cui erano

specialiste le maestranze dell'antica città laziale di Segni). La decorazione si

otteneva sistemando in sequenza nel cocciopesto tesserine di marmo o

ciottolini solo lungo i contorni o la traccia di un disegno.

Le tessere erano assai distanziate fra loro ed erano disposte secondo

"grafismi", semplici tracce geometriche.

L'evoluzione di questa tecnica, che tendeva a definire solo il contorno di

una raffigurazione, portò probabilmente alla individuazione dei decori per

"sagome" o "silhouette" e quindi al mosaico italico in bianco e nero.

L'esaltazione della grafica, della forza di un semplice segno era dunque

assai nota al mondo romano.

Questa tecnica viene proposta in vari esempi nelle collezioni di produzione

industriale e probabilmente necessita di ulteriori approfondimenti, vista la

sua forza espressiva.

Casa dei misteri, Pompei

Morgantina – Sicilia

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OPUS TESSELLATUM

Si hanno varie interpretazioni su questo genere di mosaico. L’Opus Tesselatum è l’opera musiva pavimentale formata di cubetti o tessellae, di dimensioni abbastanza grandi, a volte fino a 2 cm di lato. Il materiale usato era la roccia, il marmo e qualche volta il cotto.L’Opus Tesselatum era usato per bordure, fondi e disegni geometrici. Le figure geometriche quali il triangolo, il quadrato, il quadrato a lati inflissi, il rombo, la losanga, l’esagono, l’ottagono, la stella, il cerchio, il segmento di cerchio, la pelta, la foglia amigdaloide, composte con tessere cubiche, appaiono ravvicinate o intrecciate fra loro in composizioni che vanno dal più semplice alle più complesse.Gli Antichi distinguevano il mosaico realizzato con tessellae (pietrucce regolari di forma quadrata) per lo più destinati ai pavimenti, dai mosaici eseguiti per le decorazioni centrali (emblemata), in genere più complesse, e per le pareti, eseguiti con tessere più piccole e di forme diverse, adattate alla sinuosità dei contorni, idonee per le ombreggiature. Tessellata o lithostrata erano dunque i pavimenti, eseguiti da maestranze (i tessellari) certamente meno abili dei "musivari".L'opus tessellatum appare come un reticolo geometrico, compatto e regolare, derivante dalla forma precisa e costante della tessera stessa.Nella produzione di mosaico sono raggruppati in questa sezione i prodotti eseguiti con tecnica per lo più industriale, ottenuti con la semplice sistemazione in un reticolo regolare di tessere di formato omogeneo.Si ottengono cosi fogli di tessere di colori omogenei, montati su di un supporto di carta traforata, adatti per rivestire e pavimentare ampie superfici o per eseguire il "fondo" su cui far emergere una parte decorata, un emblema, un fregio.Con la tecnica della sistemazione nel reticolo geometrico di tessere regolari è possibile ottenere decorazioni, fregi e greche, adatti allo schema rigidamente cartesiano, mediante il semplice contrasto di colore di diverse pietre o marmi.Questi decori, che definiremo... "elementari" sono stati quindi inclusi egualmente nella sezione "opus tessellatum".

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OPUS VERMICULATUM

Si trova nelle parte più delicate della composizione e l’artista usava tessere

piccole o addirittura minutissime con infinità varietà di colore che

permettevano tutte le possibili sfumature e passaggi di colore.

L’opus vermiculatum si può ammirare nelle più ville romane dove si

contano fino a 63 tessere per cm quadrato e più tardi nelle più preziose

immagini cristiane e nelle icone a mosaico.

La tecnica è applicata al mosaico più complesso, prevedendo l'impiego di

tessere minuscole e tagliate con grande precisione, capaci di seguire i

contorni di figure elaborate, di rappresentare le ombreggiature, i panneggi

e le espressioni dei volti delle figure.

Essa è riferibile soprattutto agli "emblemata" e ai mosaici parietali; per il

mondo romano rappresentò il massimo della capacità espressiva in

un'opera musiva. Si può considerare l'opus vermiculatum come un opus

musivum più complesso e dettagliato, dove il virtuosismo e l'abilità del

maestro sono caratteristiche esecutive indispensabili.

Sotto questo nome vanno annoverati i mosaici di produzione più

propriamente "artistica", di alti valori espressivi e di particolare virtù

esecutiva. In opus vermiculatum sono tutti i pannelli figurati; le decorazioni

vegetali e floreali di grande complessità.

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OPUS SECTILE

I pavimenti di questo genere di mosaico sono rivestiti con piastrelle romboidali, triangolari, quadrate, esagonali o allungate. Le forme geometriche sono in porfido, serpentino o in marmi antichi di specie diversa. I marmi tagliate in forme geometriche di varia grandezza, completavano pavimenti o pareti dando notevoli effetti policromi. Nella tecnica di questo stile è possibile usare anche la roccia molto dura di origine vulcanica perché i singoli pezzi che compongono il disegno sono di maggiori dimensioni rispetto alle tessere. Le lastre che compongono l’opus sectile sono pietre durissime provenienti dall’Egitto e dal deserto orientale fra il Nilo e il Mar Rosso.Assai impiegata per i pavimenti, questa tecnica non è propriamente catalogabile fra le tecniche musive in quanto impiega marmi e pietre tagliati ad incastro (sectilis), secondo disegni geometrici (rombi, quadrati, triangoli, losanghe) e di dimensioni ben più ampie delle tessere. Il taglio è effettuato secondo una sagoma precisa, che consente incastri predeterminati o del disegno.Spesso nei disegni di pavimenti questa tecnica è stata impiegata frammista a brani di mosaici e l'abbinamento produce esiti interessanti ed armonici.L'opus sectile può dunque dirsi a metà fra il mosaico e l'intarsio. Essa fu impiegata con grande maestria nei meravigliosi pavimenti di S. Marco a Venezia e in molte altre chiese del Medioevo.I prodotti industriali raggruppati in questa sezione sono frutto di una rivisitazione di molti esempi pavimentali eseguiti con tale tecnica, adattati alle problematiche produttive industriali.I risultati sono comunque altamente suggestivi e stimolanti anche per nuove forme di impiego, come ad esempio le ipotesi di larghe pregiate tessiture continue, inframmezzate da pannelli decorativi e contornate da fregi. Essa è considerata una delle tecniche di pavimentazione più raffinate e prestigiose, sia per i materiali utilizzati (marmi tra i più rari) che per la difficoltà di realizzazione. Le pavimentazioni in opus sectile decorano sia strutture pubbliche che gli ambienti privati più suntuosi ed erano a volte utilizzate anche come evidente segno di agiatezza dalle classi sociali elevate. Sebbene le prime tracce di questa tecnica si trovano in Egitto e in Asia minore, è nell'epoca romana che trova impiego e diffusione. La tecnica verrà utilizzata per tutto l'impero romano, largo impiego lo si trova anche nelle basiliche Bizantine.

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TARSIE - OPUS SECTILE - OPUS INTERASSILE

Le tarsie si possono dividere in ‘opus sectile’ e in ‘opus interassile’ per due

diverse tecniche esecutive:

- l’opus sectile, adoperato nelle pavimentazioni, è costituito di lastre di

marmo di varie forme, ma di uguale spessore, affiancate le une dalle

altre su letto di legante generalmente costituito di malta aerea e

pozzolana.

- l’opus interassile, usato più spesso nelle pareti, era formato da un'unica

lastra di marmo, generalmente di colore bianco, di spessore da 4 a 8 cm,

sulla quale si formavano incavi mediante uno scalpello. Le lastre di marmi

policromi che vi si inserivano avevano una spessore di circa 1 cm e si

facevano aderire con un impasto caldo di polvere di marmo e colofonia.

Nell’ opus interassile erano lasciati in rilievo i bordi e molte parti della

lastra di base. I marmi poi venivano lucidati con sottili lamine di piombo

per dare maggiore risalto ai colori.

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OPUS LAPIUDUM

Più conosciuta come "opus saxeum" è la tecnica adoperata per paramenti

murari a ciottoli.

L'aspetto della superficie di queste murature è assai vicino a quello del

"pietrame a secco", dove gli interstizi fra i sassi restano quasi privi di malta,

assai profondi e scavati.

Pur non essendo riferibile direttamente a tecniche musive, è stata tratta

ispirazione da questo tipo costruttivo (fra l'altro di non largo impiego e non

sempre catalogato sotto questo nome) per catalogare tutti i mosaici in cui

le tessere siano state trattate con un particolare procedimento di "erosione".

L'erosione dei margini della tessera, infatti, le conferisce la rotondità e il

volume del ciottolo, del sasso. La tecnica produttiva, con una lavorazione

particolare, a volte anche lunga, finisce per sostituire la naturale azione del

vento e dell'acqua.

A questo trattamento possono essere sottoposti sia i mosaici su fogli per

tessiture omogenee (a tessere regolari) che fregi e decori musivi, cosi come

anche gli intarsi marmorei (opus sectile).

L'effetto finale è quello di una superficie invecchiata dal tempo e capace

cosi di stimolare emozioni particolari ed antiche suggestioni.

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SCUTULATA PAVIMENTA

Sono i pavimenti con inserti di pietra, roccia o marmo di varia grandezza,

forma e colore in un fondo battuto o di coccio pesto signino oppure di

tessere bianche allungate o di tessere quadrate nere o bianche. Questo

genere d’arte musiva, si fa accezione per i signini, sono certamente fra i

pavimenti più antichi che sii conoscano, numerosi a Pompei, ercolano, a

Roma e dintorni.

Rappresenta la tecnica di posa dei mosaici di "fondo" nella quale tessere di

eguale colore e dimensione erano inframmezzate a tessere diverse per

colore e dimensione. Di solito queste tessere erano di forma vagamente

romboidale da cui il nome (scutula = losanga).

Anche in questo caso, come nell'opus incertum, l'effetto particolare è

leggibile solo in grandi superfici che venivano come "punteggiate" dalle

scutule.

La tecnica non fu largamente impiegata se non per pavimenti di non alto

valore artistico.

A questa tecnica ci si ispira per nuove sperimentazioni e ricerche.

Ragguagliando la tessitura omogenea ad un mastice o collante di fondo,

l'effetto "punteggiato" è stato ricercato sistemando casualmente e con

ampi interstizi tessere disomogenee ed irregolari (come le scutule). Queste

tessere vengono posate in opera e stuccate con malta speciale; levigando

in opera il tutto si ottiene l'effetto.

E' d'altro canto evidente come l'opus scutulatum rappresenti solo la fonte

di ispirazione di tale tecnica che ha invece forti affinità col più noto

pavimento alla "veneziana". Rispetto ad esso si ottiene il vantaggio di non

dover ricorrere a maestranze altamente specializzate per la posa.

Casa dei Grifi – Roma ca. 90 a.c.

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OPUS ALEXANDRINUM

Simile all’opus sectile, è una tarsia marmorea usata nel Medio Evo dai

marmorari e dai Cosmateschi. Era eseguita con materiali molto duri e

materiali tenaci quali il porfido rosso dell’Egitto e il serpentino verde di

Grecia.

OPUS MUSIVUM

Opus musivum più spesso indica il mosaico di pareti e volte in tessere,

prevalentemente, di pasta vitrea.

Tecnica decorativa impiegata per le volte e le pareti, per decorazioni e

figure più complesse ed impegnative che quelle pavimentali.

Il maestro che la impiegava (musivarius) era corrisposto, presso gli antichi

Romani, con paga più alta rispetto a quelli che eseguivano i pavimenti

(tessellari).

Quasi tutte le opere citate nei brevi a tratti storici precedenti erano

realizzate in opus musivum; esse comunicano tutta la loro espressività

proprio mediante la tecnica esecutiva, che era raffinata, capace di

valorizzare le figure stesse, disponendo le tessere secondo andamenti

studiati ed inclinazioni atte anche alla rifrazione della luce, variando le loro

dimensioni a secondo dei tratti e delle superfici da campire.

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ÉMBLEMA

I diversi generi di mosaico, opus sectile, tesselatum e

vermiculatum, venivano avvicinati ottenendo magnifici effetti. Al

centro dei mosaici parietali e pavimentali delle costruzioni più

ricche veniva inserito un quadretto portatile: l’émblema

appunto. Il quadretto mostrava tesserine minutissime composte

in modo mirabile entro i bordi rilevati di una cassetta di

terracotta. Si ritiene che gli émblema fossero eseguiti in

laboratorio specializzati per la vasta gamma di colori dei loro

marmi e per la loro perfetta fattura, unite da collanti eccellenti.

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OPUS INCERTUM

Opera incerta, decritta da Vitruvio come sovrapposizione o affiancamento

di elementi giacenti in piano, è stata datata dalla seconda metà del II

secolo a.C. all’inizio del I secolo a.C. Le tessere, in questa antica tecnica,

sono tagliate e disposte in modo casuale; l'alternarsi di forme irregolari, di colori e riflessi differenti e non omogenei, suggeriscono l'impiego di

questo tipo di posa per "sfondi" particolari. Non molto impiegato, ''l'opus

incertum" può considerarsi un'alternativa dell'opus tessellatum, idoneo a

ricoprire grandi superfici di pavimento o come sfondo per l'inserimento di

altre figure eseguite in opus musivum.

Questa denominazione è riferita ad un tipo particolare di tessitura nella

quale sono impiegate tessere di diversa dimensione.

OPUS RETICULATUM

La tecnica non è altro che un tesselatum inclinato a 45°. Anch'essa fu

adoperata per grandi superfici omogenee di pavimentazioni o di parti di

fondo ad altri decori; trae chiaramente spunto da una tessitura largamente

usata dagli antichi romani nelle "opus" murarie, costituita da conci di pietra

(per lo più tufo) di forma piramidale a base quadrata, col vertice infisso nel

corpo della muratura e la base, a formare il parametro, con i Iati inclinati a

45°.

L'inclinazione della tessitura nei campi rivestiti a mosaico era scelta dal

maestro per conseguire particolari effetti, specie a determinare il contrasto

con altre zone.La sezione denominata con questo nome raggruppa alcuni esempi

elementari "di fondi".

La tecnica della inclinazione a 45° sui fogli di carta traforata ha rivelato

comunque una grandissima utilità, come variante del tessellatum, in

quanto consente l'incastro dei margini dei fogli con una resa migliore a

posa ultimata, dove non sarà più possibile distinguere i fogli originali della

composizione

OPUS INCERTUM

OPUS RETICULATUM

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TECNICHE DEL MOSAICO

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MATERIALE

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MATERIALE LAPIDEO

I materiali lapidei sono stati utilizzati, fin dall’antichità,

prevalentemente per la realizzazione di mosaici pavimentali, in

quanto oltre ad essere resistenti all’usura e agli agenti

atmosferici, si prestano ad essere levigati e lucidati, operazione

indispensabile per far risaltare le tinte altrimenti opache. Talvolta

esso è stato utilizzato anche per i mosaici parietali. Gran parte

della produzione musiva più antica, fino al 1° sec. d.C., ha

utilizzato quasi esclusivamente lapidei locali, impiegando speso

rocce comuni. Solo in epoca imperiale con il diffondersi del

gusto per lo sfarzo, fu avviata l’importazione di sempre maggiori

quantità di materiali pregiati. Con la caduta dell’impero e la

conseguente cessazione dell’attività estrattiva ( dal medioevo al

XIX sec.), i lapidei continuarono ad essere impiegati grazie alla

spoliazione dei templi, terme e esaurita, per questo oggi si è

soliti chiamare il materiale lapideo impiegato in epoca greco-

romana “marmo antico”, comprendendo in esso tutte le pietre

ornamentali e da costruzione a prescindere dalla loro

composizione geologica. Le rocce sono aggregati dello stesso

minerale o di minerali diversi che si prestano in ammassi rilevanti

sulla superficie o all’interno della crosta terrestre.

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MATERIALE VETROSO

La tessera a pasta vitrea, impropriamente definite smalti,

vengono prevalentemente utilizzate nei mosaici parietali, a

differenza di quelle di marmo, che si utilizzano in quelli

pavimentali. Le paste vitree fecero la loro prima comparsa nel

IV sec. a.C. nel bacino mesopotamico dell’Egitto ed i

particolare ad Alessandria e nel I sec. a.C. Roma ne acquisì la

tecnica estendendola a tutto l’Impero. Furono però i Greci per

primi ad utilizzare le tessere di vetro quando le tonalità dei

marmi risultavano troppo ristrette. L’impiego di tessere vitree

nel mosaico scaturì dall’esigenza di avere a disposizione di una

gamma cromatica più vasta e di un materiale più leggero e

quindi più adatto al rivestimento delle volte.

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GLI SMALTI

Con il termine smalto s’intende il rivestimento vetroso applicato alle

ceramiche. I mosaicisti estendono il termine alle paste vitree da cui si

ottengono le tessere. Queste paste sono il risultato della fusione e del

successivo raffreddamento di una miscela di silice, fondenti e , per

colorare, ossidi metallici. La qualità delle materie prime impiegate, il loro

giusto dosaggio e il corretto raffreddamento del composto determinano la

proprietà di non scheggiarsi al taglio, di mantenere inalterati il colore e la

brillantezza nel tempo, di non presentare bollicine e striature sulla

superficie. La pasta vitrea opaca colorata è composta per il 70% da silice,

sabbia purissima nella quale la presenza di impurità di ferro non deve

superare il 2%, e la restante parte di sostanze vetrificanti, fondenti,

stabilizzanti, affinanti, fluidificanti, coloranti e opacizzanti. Infatti la

temperatura di fusione del vetro si aggira sui 1700°C., ma aggiungendo

all’impasto le sostanze chiamate fondenti, costituite carbonato di potassio o

di sodio, o più spesso da ossido di piombo, si riesce ad abbassare la

temperatura di fusione intorno ai 1300°-1400° C. La presenza di fondente

rende la pasta più lavorabile ma al tempo stesso riduce la resistenza dello

smalto all’attacco dell’umidità; per questo si rende necessaria l’aggiunta

dello stabilizzante che ha la funzione di ridurre al minimo questi fenomeni.

Nella composizione del vetro si devono inoltre aggiungere gli opacizzanti

per rendere la massa vetrosa non lucida , in genere essi sono composti da

ossidi metallici.

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STRUMENTI

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STRUMENTI

La martellina e il tagliolo sono due

semplici strumenti per la realizzazione

del mosaico. La martellina è un

martello ricurvo di acciaio a doppio

taglio. La sua funzione è di colpire la

materia. Il tagliolo è una piccola scure

montata su di un pezzo di legno. Il

legno garantisce stabilità alla lama e la

sua altezza consente di tagliare

comodamente. La martellina e il

tagliolo sono in ferro quando devono

tagliare le pietre, hanno invece

l’estremità rinforzate da carburo di

tugsteno se devono troncare gli smalti.

Le tenaglie sono necessarie per rifinire

e correggere il taglio e per ridurre le

tessere in piccoli frammenti.

martellina e tagliolo

tenaglia

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PROGETTO

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DALLA TEXTURE ALLA FORMA

Il progetto ha inizio dalle texture. Attraverso questo gesto si sensibilizza la superficie, creando dei fenomeni visivi di rarefazione e di addensamento.

Il rilievo della superficie che noi andiamo, in un certo senso, a ricalcare si trasforma in un disegno grafico particolare ed espressivo. La texture è caratterizzata da un gioco infinito di

linee che intrecciandosi formano una tessitura. Per trovare uno sviluppo formale dobbiamo ingrandire la texture fino a rendere visibile la forma degli elementi che la compongono.

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EVOLUZIONE DELLA FORMA ATTRAVERSO LA SEZIONE AUREA

Nel tentativo di trovare un ordine dentro il disordine, Hartung si è appoggiato alla regola della Sezione Aurea; a questo proposito afferma: “Sono stato sempre alla ricerca di principi,

leggi alchemiche che potessero rovesciare il ritmo, i movimenti, i colori, compiere la trasformazione del disordine apparente, con il solo fine di convertirlo in un movimento perfetto, e

così creare ordine nel disordine, ordine attraverso il disordine. Volevo sentirmi partecipe delle forze che reggono la natura. Volevo tradurre in forme, in immagini, i principi della

materia che pur sembrando disordinati e arbitrari, sono in verità retti da una volontà che li rende armonici e ordinati Mi accanivo a svelare i misteri, di cui analizzavo tutte le

possibilità ]. La Sezione Aurea è una ricerca di armonia, e di un giusto equilibrio. Esiste un’unica misura che preserva l’unità del tutto: quella, appunto della Sezione Aurea . Avevo la

sensazione di partecipare alle forze che reggono la natura […]. Nessuno ancora aveva pensato di applicare le regole della Sezione Aurea alla scelta e alla composizione dei colori, dei

volumi, dello spazio. Io ne ero come ossessionato: contavo, dividevo, moltiplicavo […]. Ero sempre alla ricerca di una legge, di una regola aurea: alchimista del ritmo, del movimento

del colore. Se sono rimasto così a lungo fedele alla Sezione Aurea è perché essa soddisfa il mio bisogno di regola: regola che presiede a quel che faccio . Non credo che sia vincolante

cercare sempre e ovunque la Sezione Aurea, ma credo che rimanga una opportuna regola di partenza: una regola di forma, e anche una regola morale”.

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COSTRUZIONE GEOMETRICA DELLA SEZIONE AUREA

La sezione aurea può essere costruita geometricamente, con riga

e compasso, su qualsiasi segmento AB, ed è possibile agire in due

modi:

1. dividere il segmento dato le proporzioni media ed

estrema

2. creare dal medesimo un segmento in proporzione

media ed estrema

Nel primo caso una possibile divisione del segmento ci è indicata

da Euclide alla Prop. 30, libro VI, tuttavia esiste un modo molto

più semplice:dato un segmento AB, si traccia la perpendicolare in

B di lunghezza CB, pari a AB/2, si traccia poi l'ipotenusa AC del

triangolo rettangolo così disegnato e su di essa si segna il punto

E, ove passa la circonferenza di centro C e raggio CB. Si riporta

ora il segno con raggio AE su AB definendo il segmento AE'

medio proporzionale rispetto ad AB e E'B.

Per il secondo caso invece si procede diversamente, utilizzando di

fondo lo stesso metodo attraverso cui si ottiene un rettangolo

aureo. Dato un segmento AB si traccia la perpendicolare DB di

lunghezza pari ad AB; da questo punto, quindi, si trova il punto

medio C del segmento interessato e puntandovi, con apertura

pari all'ipotenusa CD, si riporta la lunghezza sul prosieguo del

segmento, trovando così BD', per il quale AB rappresenta il medio

proporzionale rispetto alla loro somma AD'.

primo caso

secondo caso

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STILIZZAZIONE FORMALE

Il rettangolo aureo scelto viene stilizzato per ottenere una forma semplice per sviluppare il mosaico

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STILIZZAZIONE FORMALE DEFINITIVA

la stiilizzazione prosegue finchè raggiunge un giusto equilibri all’interno dell rettangolo aureo.

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EVOLUZIONE DEL RETTANGOLO AUREO

In questa fase del progetto si elabora il rettangolo aureo, definito in tutti i particolari formali, evolvendolo cercando di trovare varie soluzioni esecutive.

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EVOLUZIONE DEL RETTANGOLO AUREO STUDIANDOLO NELLA SPIRALE AUREA

Sebbene l'universo frattale sia stato scoperto in chiave moderna da Benoit B. Mandelbrot, nel

1975, la sua storia appartiene alle conoscenze esoteriche dell'antico Egitto e pertanto, alla filosofia

orfica e pitagorica.

Già dai tempi arcaici dell'antico Egitto, infatti , si assumeva l'organicismo della Natura  e le sue

leggi numeriche come fattori essenziali che preesistono a tutti gli eventi, i quali seguono sempre il

medesimo divenire.

Non ci deve certo stupire se l'uomo, consapevolmente o no, riveli una certa propensione per

l'utilizzazione della sezione aurea, che applica nella sua produzione artistica.

Nell'arte figurativa e nell'architettura. i concetto di Harmonia e delle sue leggi numeriche hanno

governato fin dalle civiltà arcaiche sia attraverso la Sezione aurea. sia attraverso i processi di

concrescimento di tipo spiralico, meglio conosciuti come serie di Fibonacci.

Cosiffatte proporzioni sono la base delle piramidi egizie, come del tempio greco, del duomo

romano e delle cattedrali gotiche. (***)

Tra i primi utilizzatori di questo rapporto ci furono sicura mente i Greci. 

In un'anfora greca (IV-III secolo a.C.) il diametro maggiore sta al diametro del collo come

1:0,618; il listello all'altezza dei manici divide l'altezza totale in una proporzione aurea, che si

riduce anche nel rapporto tra la fascia decorata a figure e la parte superiore del vaso. 

Anche nell'architettura la sezione aurea è stata applicata sin dai tempi più antichi. Il rapporto tra

lunghezza e larghezza nei templi greci era di preferenza 1:0,618 e il timpano era costruito come

un triangolo isoscele avente un angolo al vertice di 108°.

La sezione aurea è anche stata usata ampliamente in pittura, in molti quadri, soprattutto dal

Rinascimento, questa proporzione veniva usata moltissime volte all'interno dell'opera. Si dice, ad

esempio, che nella rappresentazione di un panorama l'orizzonte deve dividere l'altezza del

quadro secondo la sezione aurea per ottenere un risultato più soddisfacente.

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INTERPRETAZIONE DEL RETTANGOLO AUREO ATTRAVERSO LA SPIRALE AUREA

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STUDIO DELLE TESSERE

Le tessere, parola tecnica che indica le piccole parti di

smalti, di pietre naturali o di altro materiale decorativo,

giocano un ruolo importantissimo per ciò che il

mosaicista-pittore vuole esprimere.

La loro forma, la loro grandezza, il colore, il materiale di

cui sono composte ed infine la loro disposizione ed

inclinazione, possono dare infinite possibilità di

espressione. Nei mosaici pittorici moderni si è

abbandonata la forma convenzionale quadrata o

rettangolare e secondo l’esigenza della pittura o del

disegno, le tessere corrispondono a tocchi di colore e

pennellate, il fondo partecipa con zone di luce o di

ombra alla composizione.

Le tessere possono essere di ogni forma e dimensione,

lisce, ruvide, lavorate, sfacettate e sono poste nel fondo

determinando inclinazioni e accostamenti, il fondo può,

a sua volta, essere piatto o a rilievo.

Le tessere possono essere accostate o tanto distanziate

da lasciare scoperto molta parte dello fondo che, a sua

volta, può essere lavorato o colorato. Le tessere

vengono disposte in ritmi studiati e voluti dall’artista;

tessere uguali in ritmi differenti danno effetti

completamenti diversi.

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LA POSA

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METODO INDIRETTO

Il mosaico viene preparato in laboratorio, con le

tessere capovolte incollate con la colla di farina su

fogli di carta o tela: è adatto per superfici piane,

come pavimenti e rivestimenti di piscine, poiché le

tessere risulteranno sullo stesso livello e avranno la

stessa angolazione. Pregio di questa tecnica è il

risultato di superfici perfettamente piane, la velocità

d'esecuzione e, quindi, l'economicità. Se il mosaico

sarà di grandi dimensioni, la superficie verrà

scomposta in parti più piccole e maneggevoli, con

il perimetro che segue la decorazione o comunque

con contorni frastagliati per mimetizzare meglio i

giunti. Il mosaico o le sue sezioni vengono

collocate sullo strato di malta o legante ancora

fresco e poi battuto con un apposito strumento

chiamato "batti", fino a che il legante non sia

penetrato attraverso tutti gli interstizi fra le tessere. A

questo punto si può asportare la carta e portare

così alla luce il mosaico finito.

nelle fotografie sono fotografate le

varie fasi di lavoro del metodo

indiretto: viene riportato il disegno

su carta quasi trasparente (fig.1-2),

quest’ultimo verrà applicato su di un

supporto rigido mettendo il foglio

ricalcato al contrario (fig.3).

fig. 1 fig. 2

fig. 3

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METODO DIRETTO

È il metodo migliore: viene eseguito in situ, nelle condizioni

di luce nelle quali l'opera verrà vista, importante soprattutto

per l'effetto dell'oro. È possibile anche la prefabbricazione su

pannelli in cemento armato spessi 2 cm, rinforzati da rete

metallica; il mosaico viene eseguito in laboratorio e montato

con grappe di ottone.

Il metodo diretto permette di poter scegliere la forma, il

colore e l’inclinazione in rapporto allo spazio in cui viene

realizzato il mosaico e soprattutto, in base alla luminostà

dell’ambiente. Le tessere vengono tagliate alla misura

desiderata con l'ausilio della martellina e del tagliolo, oppure

con una pinza speciale, quindi inserite nel legante per circa

2/3 del loro spessore, con le mani o con le pinzette in caso

di dimensioni ridotte. L'orientamento varia a seconda della

pressione esercitata e degli effetti di luce desiderati, specie

nei fondi oro, in cui l'inclinazione arriva ai 45°. Questo

procedimento crea una superficie irregolare, caratteristica

dei mosaici più antichi, difficilmente riproducibile con il

metodo indiretto, che presenta una superficie liscia e

uniforme.

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BIBLIOGRAFIA

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