euronote n.74

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Cofinanziato dall’Unione europea nell’ambito del programma “Europe for Citizens” 2007-2013 Bimestrale n° 74 - novembre 2012 Realizzato da CGIL-CISL-UIL Lombardia e dall’Associazione per l’Incontro delle Culture in Europa (APICE) 74 2012 E D I T O R I A L E Europrotesta Le politiche di austerity adottate negli ultimi anni dall’Unione europea e dai suoi Stati membri nel tentativo di risanare le finanze pubbliche hanno paralizzato l’economia reale e messo in forte discussione il cosiddetto modello sociale europeo, con gravi con- seguenze sulle condizioni socio-economiche e sui diritti di milioni di cittadini dell’Ue. Da qui nasce e si diffonde un malcontento generale che attraversa ormai tutti i Paesi dell’Ue e che si è manifestato chiaramente lo scorso 14 novembre, quando si è svolta la prima vera mobilitazione europea (a cui dedichiamo l’inserto di questo numero) che, su iniziativa della Confederazione europea dei sindacati (Ces), ha coinvolto milioni di persone in scioperi, manifestazioni e altre iniziative di protesta avvenute contempora- neamente e sulla base di una piattaforma comune. «L’Europa ha un debito sociale, non solo monetario. La promessa di una rapida ri- presa è stata vana e oggi oltre 25 milioni di europei sono senza lavoro con punte di disoccupazione giovanile che in alcuni Paesi superano il 50%. Le misure di austerità adottate stanno trascinando l’Europa in una stagnazione economica, anzi in reces- sione, e lungi dal ristabilire la fiducia servono solo a peggiorare gli squilibri e le in- giustizie» hanno denunciato i sindacati europei, secondo i quali la recessione può es- sere arrestata solo se i vin- coli di bilancio sono allen- tati e gli squilibri eliminati, «al fine di realizzare una crescita economica soste- nibile e la coesione sociale nel rispetto dei valori sanci- ti dalla Carta dei diritti fon- damentali». Si è così giunti a un pas- saggio fondamentale per la costruzione europea, perché riguarda la visione di un’U- nione europea che se con- tinua a essere concentrata prevalentemente sulle que- stioni economico-finanziarie non avrà un gran futuro. Lo dimostrano le divisioni poli- tiche degli ultimi mesi, con i L’Ue a marcia indietro 2 Resta debole l’economia europea 3 Continua a crescere la disoccupazione 4 Il punto sulla strategia Europa 2020 6 L’Ue vuole “ripensare l’istruzione” 7 Capacità di innovazione delle regioni europee 8 INSERTO EUROPA SOCIALE Mobilitazione sindacale europea contro l’austerità I-VIII Salvaguardare le risorse idriche 9 Obiettivo 40% per le donne ai vertici aziendali 10 Acquisizioni di cittadinanza nei Paesi dell’Ue 12 Come cambia il consumo di droghe in Europa 14 Flash 16 S O M M A R I O segue a pagina 2 I N F O R M A Z I O N E S O C I A L E E U R O P E A

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informazione sociale europea

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Cofinanziato dall’Unione europea nell’ambito del programma “Europe for Citizens” 2007-2013

Bimestrale n° 74 - novembre 2012

Realizzato da CGIL-CISL-UIL Lombardia e dall’Associazione per l’Incontro delle Culture in Europa (APICE)

74 2012

E D I T O R I A L E

EuroprotestaLe politiche di austerity adottate negli ultimi anni dall’Unione europea e dai suoi Stati membri nel tentativo di risanare le finanze pubbliche hanno paralizzato l’economia reale e messo in forte discussione il cosiddetto modello sociale europeo, con gravi con-seguenze sulle condizioni socio-economiche e sui diritti di milioni di cittadini dell’Ue. Da qui nasce e si diffonde un malcontento generale che attraversa ormai tutti i Paesi dell’Ue e che si è manifestato chiaramente lo scorso 14 novembre, quando si è svolta la prima vera mobilitazione europea (a cui dedichiamo l’inserto di questo numero) che, su iniziativa della Confederazione europea dei sindacati (Ces), ha coinvolto milioni di persone in scioperi, manifestazioni e altre iniziative di protesta avvenute contempora-neamente e sulla base di una piattaforma comune.«L’Europa ha un debito sociale, non solo monetario. La promessa di una rapida ri-presa è stata vana e oggi oltre 25 milioni di europei sono senza lavoro con punte di disoccupazione giovanile che in alcuni Paesi superano il 50%. Le misure di austerità adottate stanno trascinando l’Europa in una stagnazione economica, anzi in reces-sione, e lungi dal ristabilire la fiducia servono solo a peggiorare gli squilibri e le in-giustizie» hanno denunciato i sindacati europei, secondo i quali la recessione può es-sere arrestata solo se i vin-coli di bilancio sono allen-tati e gli squilibri eliminati, «al fine di realizzare una crescita economica soste-nibile e la coesione sociale nel rispetto dei valori sanci-ti dalla Carta dei diritti fon-damentali».Si è così giunti a un pas-saggio fondamentale per la costruzione europea, perché riguarda la visione di un’U-nione europea che se con-tinua a essere concentrata prevalentemente sulle que-stioni economico-finanziarie non avrà un gran futuro. Lo dimostrano le divisioni poli-tiche degli ultimi mesi, con i

L’Ue a marcia indietro 2

Resta debole l’economia europea 3

Continua a crescere la disoccupazione 4

Il punto sulla strategia Europa 2020 6

L’Ue vuole “ripensare l’istruzione” 7

Capacità di innovazione delle regioni europee 8

INSERTOEuROpa SOcIalE

Mobilitazione sindacale europea contro l’austerità

I-VIII

Salvaguardare le risorse idriche 9

Obiettivo 40% per le donne ai vertici aziendali 10

Acquisizioni di cittadinanza nei Paesi dell’Ue 12

Come cambia il consumo di droghe in Europa 14

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segue a pagina 2

I N F O R M A Z I O N E S O C I A L E E U R O P E A

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governi europei che di fronte alle difficol-tà della crisi hanno dimostrato scarsa uni-tà e solidarietà proprio sulla materia che ha di fatto rappresentato finora l’unico collante dell’Unione. Ma lo dimostra an-che e soprattutto la crescente insofferen-za sociale: se non saranno date risposte politiche certe e segnali chiari alle istanze avanzate dai cittadini e dalle varie orga-nizzazioni sociali la fiducia nel progetto europeo è destinata a svanire e le tensioni sociali ad aumentare.«Dobbiamo cambiare rotta immedia-tamente perché la situazione sociale è urgente» ha dichiarato la responsabile della Confederazione europea dei sin-dacati, Bernadette Segol. Già, ma verso quale direzione? Senza una reale Unione europea, politica, economica, sociale, ve-ramente democratica e partecipativa, sarà impossibile fare sintesi su valori condi-visi e scegliere una direzione unica, più probabile è la frammentazione e l’affer-mazione dei particolarismi a scapito della solidarietà e della coesione sociale. I sindacati europei, che in questa fase hanno il merito di intercettare e canaliz-zare quote importanti di protesta sociale, ritengono che il cambio di direzione deb-ba essere in linea con tre pilastri fonda-mentali del progetto sociale: «Il dialogo e la contrattazione collettiva, la governance economica per la crescita sostenibile e l’occupazione, la giustizia sociale, fiscale ed economica». Ricordando che l’Unione europea ha il mandato di perseguire «lo sviluppo soste-nibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e la stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mer-cato, mirando alla piena occupazione, al progresso sociale, a un elevato livello di protezione e miglioramento della qualità dell’ambiente», la Confederazione euro-pea dei sindacati esorta l’Unione europea a concentrarsi su politiche che migliori-no le condizioni di vita e di lavoro, sulla qualità dell’occupazione, su retribuzioni eque, sulla parità di trattamento, su un dialogo sociale efficace, sui diritti umani e sindacali, su servizi pubblici di qualità e sulla tutela sociale (compresi sanità e pensioni eque e sostenibili) nonché su una politica industriale volta a favorire una giusta transizione verso un modello di sviluppo sostenibile. Per questo i sindacati europei propongo-no che sia stipulato un Patto sociale per l’Europa, che permetta di attuare queste politiche e quindi di dare fiducia ai cit-tadini in un futuro comune.

Un quadro sociale aggravato da una cre-scente povertà: 116 milioni di persone a rischio povertà nell’UE, 40 milioni in sta-to di grave indigenza e con i bambini tra i più colpiti (il 27% rispetto al 23% della popolazione nel suo complesso).Rispetto a questo quadro a tinte fosche, le ultime previsioni economiche europee a breve termine non consentono mol-te speranze: dopo una contrazione del Prodotto interno lordo (Pil) nel 2012, ci aspetta qualche fremito di crescita nel 2013, stimato nella zona euro ad appena lo 0,1%, anche se con variazioni sensi-bili da un Paese all’altro, per salire poco sopra l’1% nel 2014: previsioni che non fanno sperare in una riduzione della di-soccupazione. Andrà probabilmente peggio in Italia, con una crescita negativa nel 2013 del-lo 0,5% e una sua ripresa sotto l’1% nel 2014. Crescerà invece il debito pubbli-co avviato nel 2013 verso il 128% sul Pil, con una previsione di riduzione nel 2014 sotto il 127%, con costi sempre più elevati per gli interessi da pagare, che oggi si aggirano attorno agli 80 miliardi di euro all’anno, sempre che lo “spread” non riparta verso l’alto.A fronte di questa situazione difficile, l’Europa stenta a trovare intese politiche e si assiste a tensioni tra i principali Paesi dell’Ue, con il Regno Unito che rema con-tro tutto e tutti, compresa l’unione banca-ria alla quale non aderisce, la Germania paralizzata dalle elezioni del settembre prossimo e la Francia sempre molto gelo-sa della sua pretesa sovranità e con visio-ni politiche lontane da quelle degli altri governi europei.L’Italia, ormai in pieno periodo elettorale, con i partiti in affanno e incerte prospet-tive di futura stabilità politica, è sotto la lente dei mercati e allarma i nostri part-ner europei alla vigilia di un Consiglio europeo a dicembre chiamato a decisioni importanti sul futuro dell’Ue. Che è an-che quello dei cittadini italiani, che non vogliono finire come Grecia e Spagna e sperano ancora che l’Italia sia della par-tita, prima che sia troppo tardi.

(Franco Chittolina)

Non si erano ancora spenti gli entusiasmi europei, probabilmente eccessivi, per la vittoria di Obama su Romney nelle ele-zioni presidenziali Usa che la cronaca economica e sociale ha richiamato tutti alla realtà.Gli Usa sono stati minacciati dalle agenzie di rating di vedersi declassa-ta l’affidabilità del loro enorme debito pubblico esposto a un difficile salvatag-gio affidato alla riduzione della spesa e alla leva fiscale. L’Unione europea è alle prese con le previsioni economiche ancora negative per il 2013, mezza Gre-cia in piazza contro l’ennesimo piano di rigore, una mobilitazione sindacale di dimensione europea, la Merkel che pre-vede altri cinque anni per uscire dalla crisi, Draghi che ricorda alla Germania che potrebbe finire vittima del contagio finanziario, il Regno Unito e altri Paesi, tra i quali la Germania, che ostacolano la costruzione dell’unione bancaria e bloccano le procedure in corso del bi-lancio europeo, fino a opporsi agli aiuti dell’Ue per le zone terremotate italiane dell’Emilia.Quanto basta per ritrovare l’Europa dei due passi avanti e uno indietro, quella che da ormai quattro anni galleggia su una crisi alla quale risponde con il solo rigore e, quello che è anche peggio, ri-dando fiato a divisioni ed egoismi di cui proprio non si avverte il bisogno.Anche perché la crisi economica si sta av-vitando su una crisi sociale che innesca crisi politiche a catena, come sappiamo bene in Italia.La disoccupazione in Europa conti-nua a crescere: a fine ottobre era salita all’11,6% nell’eurozona rispetto al 10,3% dello stesso periodo del 2011, mantenen-dosi invece attorno al 5% in Austria, Ger-mania e Olanda, schizzando oltre il 25% in Spagna e Grecia e in aumento in Italia dal 10,4% nel 2012 al previsto 11,8% nel 2014.Per non parlare della disoccupazione gio-vanile al 23,3% nella zona euro, ma con un’oscillazione che va dall’8% in Germa-nia al 35,1% in Italia (con un aumento di cinque punti nell’ultimo anno), fino a tassi attorno al 55% in Grecia e Spagna.

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L’Ue a marcia indietro

C O S T R U Z I O N E E U R O P E A

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dai Paesi dell’Ue e ampiamente contestate in tutta Europa per le loro gravi conseguenze sociali (vedi l’inserto di questo numero) non ri-escono a risollevare l’economia, anzi, proba-bilmente aggravano la situazione dei Paesi in maggiori difficoltà. Così la Grecia fa registrare un calo del Pil del 7,2% nel terzo trimestre dell’anno, che porta la contrazione della sua economia al 22% in cinque anni. Ma anche l’Italia non va certo bene: nel terzo trimestre 2012 il Pil è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% nei confronti

Recessione o stagnazione che sia, quel che è certo è che l’economia dell’Ue non da segni di ripesa significativi. Secondo le stime di Euro-stat, considerando le variazioni di crescita del Pil tra il secondo e il terzo trimestre dell’anno la zona euro ha fatto segnare un -0,1% e l’inte-ra Unione europea un +0,1%, cioè una situa-zione sostanzialmente stabile; ma se si prende in considerazione lo stesso periodo dell’anno precedente, allora si rileva una crescita ancor più negativa rispettivamente di -0,6% e -0,4%.Dunque, le politiche di rigore adottate finora

2012 74

Resta debolel’economia europea

E C O N O M I A

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dello stesso periodo del 2011, un attenua-mento rispetto al -0,8% del primo trimestre e al -0,7% del secondo, ma si tratta comunque del quinto trimestre consecutivo di calo. E poi Portogallo (-3,4% su base annua), Cipro (-2,3%), Spagna e Ungheria (-1,6%), Re-pubblica Ceca (-1,5%), Paesi Bassi (-1,4%), Finlandia e Romania (-0,8%), Belgio (-0,3%) tutti con segno negativo, ma anche gli altri Stati membri si discostano poco dalla crescita zero tranne i Paesi Baltici e la Slovacchia.Un’economia che resta debole dunque, so-prattutto nell’eurozona nonostante sia soste-nuta dalle misure della Banca centrale euro-pea (Bce) e malgrado il miglioramento del clima di fiducia sui mercati. È la stessa Bce, nel suo bollettino mensile di novembre, a di-chiarare che anche «per l’anno prossimo ci si attende una crescita debole», sottolineando che le stime di crescita nell’eurozona fino al 2014 sono state riviste al ribasso dagli econo-misti delle istituzioni private a al rialzo quelle sulla disoccupazione.

ANDAMENTO DELLA CRESCITA DEL PILVariazioni percentuali rispetto al trimestre precedente Variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente

2011 2012 2011 2012Q4 Q1 Q2 Q3 Q4 Q1 Q2 Q3

Zona euro -0,3 0,0 -0,2 -0,1 0,6 0,0 -0,4 -0,6 uE27 -0,3 0,0 -0,2 0,1 0,8 0,1 -0,3 -0,4 Belgio -0,1 0,2 -0,5 0,0 0,9 0,4 -0,3 -0,3 Bulgaria 0,1 0,0 0,3 0,1 0,9 0,5 0,5 0,5 Rep. ceca -0,2 -0,6 -0,2 -0,3 0,6 -0,5 -1,0 -1,5 Danimarca -0,3 0,4 -0,4 : 0,1 0,3 -0,6 : Germania -0,1 0,5 0,3 0,2 1,9 1,2 1,0 0,9 Estonia 0,8 0,4 0,6 1,7 6,1 3,8 2,9 3,4 Irlanda 0,6 -0,7 0,0 : 2,9 1,5 -0,5 : Grecia : : : : -7,9 -6,7 -6,3 -7,2 Spagna -0,5 -0,4 -0,4 -0,3 0,0 -0,7 -1,4 -1,6 Francia 0,0 0,0 -0,1 0,2 1,1 0,2 0,1 0,1 Italia -0,7 -0,8 -0,7 -0,2 -0,5 -1,4 -2,4 -2,4 cipro -0,3 -0,6 -0,9 -0,5 -0,8 -1,7 -2,5 -2,3 lettonia 1,0 1,2 1,3 1,7 5,9 5,6 4,8 5,3 lituania 1,0 0,3 0,6 1,3 5,6 4,2 3,2 3,3 lussemburgo -0,4 0,1 0,4 : 0,2 0,1 0,8 : ungheria 0,1 -1,1 -0,4 -0,2 1,2 -1,3 -1,4 -1,6 Malta -0,7 -0,3 1,3 : -0,5 -1,0 0,9 : paesi Bassi -0,7 0,1 0,1 -1,1 -0,4 -1,0 -0,4 -1,4 austria 0,1 0,3 0,1 -0,1 1,1 0,7 0,4 0,4 polonia 0,9 0,6 0,4 : 4,2 3,6 2,5 : portogallo -1,4 -0,1 -1,1 -0,8 -3,0 -2,3 -3,2 -3,4 Romania -0,2 -0,2 0,1 -0,5 2,3 0,9 1,1 -0,8 Slovenia -1,1 0,0 -1,0 : -1,0 -0,7 -2,2 : Slovacchia 0,8 0,5 0,6 0,6 3,2 2,9 2,6 2,5 Finlandia -0,8 0,8 -1,1 0,3 0,9 1,9 0,1 -0,8 Svezia -1,1 0,7 0,7 : 1,2 1,4 1,3 : Regno unito -0,4 -0,3 -0,4 1,0 0,7 -0,1 -0,5 0,0 Islanda 3,6 0,3 -6,5 : 3,3 3,3 1,4 : Norvegia 0,5 1,5 1,2 : 1,8 4,2 4,8 : Svizzera 0,4 0,5 -0,1 : 0,9 1,2 0,6 : Stati Uniti 1,0 0,5 0,3 0,5 2,0 2,4 2,1 2,3 Giappone -0,3 1,3 0,1 -0,9 -0,6 2,7 3,4 0,2

: dato non disponibile Fonte: Eurostat, 15 novembre 2012

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4 74 2012

di disoccupazione registrato nell’intera Unione europea è stato del 10,6%, men-tre era del 9,8% un anno prima, e anco-ra maggiore è stato l’incremento del già più elevato tasso di disoccupazione della zona euro, passato dal 10,3% del settem-bre 2011 all’11,6% del settembre 2012.Tra gli Stati membri, i tassi di disoccu-pazione più bassi sono stati registrati in Austria (4,4%), Lussemburgo (5,2%),

La disoccupazione continua a crescere in Europa e il numero delle persone senza lavoro ha raggiunto 25.751.000 nell’U-nione europea, delle quali 18.490.000 nei Paesi dell’euro. Colpisce l’incremen-to verificatosi anche nell’ultimo anno, con un aumento di oltre 2 milioni di di-soccupati dal settembre 2011.Secondo le stime fornite da Eurostat il 31 ottobre scorso, a settembre il tasso

Continua a crescere la disoccupazione

L A v O R OGermania e Paesi Bassi (entrambi 5,4%), mentre i più alti sono stati quelli di Spa-gna (25,8%) e Grecia (25,1% nel mese di luglio 2012).Rispetto a un anno fa, il tasso di disoc-cupazione è aumentato in 20 Stati mem-bri ed è diminuito in sette. Le maggio-ri diminuzioni sono state osservate in Lituania (dal 14,7% al 12,9%), Estonia (dall’11,4% al 10% tra agosto 2011 e agosto 2012) e Lettonia (dal 17% al 15,9% tra il secondo trimestre del 2011 e quello del 2012). Gli incrementi più rilevanti sono invece stati registrati in Grecia (dal 17,8% al 25,1% tra luglio 2011 e luglio 2012), a Cipro (dall’8,5% al 12,2%), in Spagna (dal 22,4% al 25,8%) e Portogallo (dal 13,1% al 15,7%).Per quanto riguarda le differenze di ge-nere, tra settembre 2011 e settembre

TASSO DI DISOCCUPAZIONE NELL’UE (%)Set 2011 Mar 2012 apr 2012 Mag2012 Giu 2012 lug 2012 ago 2012 Set 2012

aE17 10,3 11,0 11,2 11,3 11,4 11,5 11,5 11,6

uE27 9,8 10,3 10,3 10,4 10,5 10,5 10,6 10,6

BE 7,3 7,2 7,3 7,4 7,4 7,5 7,4 7,4

BG 11,2 12,1 12,1 12,2 12,4 12,5 12,4 12,4

cZ 6,5 6,8 6,8 6,8 6,8 6,8 6,8 6,8

DK 7,5 7,7 7,8 8,0 8,1 8,1 8,1 :

DE 5,8 5,6 5,6 5,5 5,5 5,5 5,4 5,4

EE 11,4 10,6 10,0 10,0 10,0 10,1 10,0 :

IE 14,6 14,8 14,7 14,7 14,7 14,9 15,0 15,1

El 17,8 22,1 23,1 23,9 24,8 25,1 : :

ES 22,4 24,1 24,4 24,8 25,0 25,3 25,5 25,8

FR 9,6 10,1 10,1 10,3 10,4 10,6 10,7 10,8

IT 8,8 10,3 10,5 10,5 10,6 10,6 10,6 10,8

cY 8,5 10,7 11,2 11,6 11,5 11,9 11,8 12,2

lV 17,0 15,4 15,9 15,9 15,9 : : :

lT 14,7 13,6 13,4 13,3 13,2 13,2 13,0 12,9

lu 4,9 5,0 5,0 5,1 5,1 5,2 5,2 5,2

Hu 10,9 11,1 11,1 11,0 10,8 10,7 10,6 :

MT 6,3 6,1 6,2 6,5 6,7 6,6 6,6 6,4

Nl 4,5 5,0 5,2 5,1 5,1 5,3 5,3 5,4

aT 4,0 4,2 4,1 4,3 4,5 4,6 4,5 4,4

pl 9,8 9,9 10,0 10,0 10,0 10,0 10,1 10,1

pT 13,1 15,1 15,4 15,5 15,7 15,7 15,8 15,7

RO 7,7 7,2 7,1 7,1 7,3 7,0 7,1 7,1

SI 8,3 8,1 8,3 8,5 8,5 8,4 8,4 8,4

SK 13,6 13,7 13,7 13,8 13,9 14,0 14,1 13,9

FI 7,7 7,5 7,6 7,6 7,6 7,6 7,9 7,9

SE 7,2 7,3 7,4 7,8 7,6 7,5 7,8 7,8

uK 8,2 8,1 7,9 7,9 7,9 7,9 : :

IS 7,0 6,4 6,3 6,3 6,3 6,3 6,3 6,3

NO 3,2 3,0 3,0 3,0 3,1 3,0 : :

USA 9,0 8,2 8,1 8,2 8,2 8,3 8,2 7,8

JAP 4,2 4,5 4,6 4,4 4,3 4,3 4,2 4,2

: dato non disponibile Fonte: Eurostat, 31 ottobre 2012

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52012 74

2012 il tasso di disoccupazione per gli uomini è aumentato dal 10,1% all’11,5% nella zona euro e dal 9,7% al 10,6% nell’Ue-27, mentre il tasso di disoccu-pazione femminile è salito dal 10,6% all’11,8% nella zona euro e dal 9,9% al 10,7% nell’intera Unione europea.Resta particolarmente grave la situazio-ne occupazionale dei giovani di età in-feriore ai 25 anni, con 5,52 milioni di

DISOCCUPAZIONE NELL’UE TRA GIOVANI, UOMINI E DONNE (%)Giovani (under 25) uomini Donne

Set11 lug12 ago12 Set12 Set11 lug12 ago12 Set12 Set11 lug12 ago12 Set12

aE17 21,0 23,0 23,0 23,3 10,1 11,3 11,3 11,5 10,6 11,7 11,7 11,8

uE27 21,7 22,6 22,7 22,8 9,7 10,5 10,5 10,6 9,9 10,6 10,6 10,7

BE 19,3 18,2 18,2 18,0 7,2 7,3 7,3 7,3 7,3 7,7 7,6 7,4

BG 23,8 29,7 29,3 29,7 12,2 14,1 14,0 13,9 10,0 10,7 10,7 10,8

cZ 18,0 19,0 18,8 19,3 5,6 5,8 5,8 5,8 7,6 8,1 8,1 8,1

DK 14,6 14,4 14,4 : 7,5 7,8 7,7 : 7,8 8,3 8,5 :

DE 8,3 8,1 8,0 8,0 6,0 5,7 5,7 5,6 5,5 5,2 5,1 5,1

EE 26,0 22,0 20,2 : 11,9 10,9 10,7 : 11,1 9,3 9,4 :

IE 29,0 33,9 34,4 34,5 17,5 18,0 18,2 18,0 11,2 10,9 11,1 11,4

El 46,5 55,6 : : 16,4 22,3 : : 22,4 29,0 : :

ES 47,8 53,5 53,8 54,2 22,0 25,2 25,3 25,6 22,9 25,5 25,8 26,1

FR 22,2 24,9 25,3 25,7 9,1 10,3 10,4 10,5 10,2 10,9 11,0 11,0

IT 30,4 34,4 33,9 35,1 7,9 9,6 9,7 10,1 10,2 11,9 11,8 11,8

cY 22,9 29,3 29,3 29,3 8,8 12,5 12,2 12,6 8,3 11,2 11,4 11,8

lV 31,8 29,0 : : 17,7 17,2 : : 13,7 14,6 : :

lT 31,4 26,7 26,4 26,0 16,9 15,0 14,9 14,9 12,4 11,3 11,1 11,0

lu 17,9 18,5 18,4 18,6 4,2 4,6 4,6 4,6 5,9 5,8 5,9 5,9

Hu 26,8 28,9 29,0 : 11,0 11,0 11,0 : 11,1 10,3 10,2 :

MT 13,8 16,3 16,5 16,2 5,9 6,5 6,4 6,3 7,0 6,6 6,8 6,6

Nl 8,0 9,2 9,4 9,7 4,5 5,3 5,3 5,4 4,6 5,2 5,2 5,4

aT 7,5 9,3 9,9 9,9 3,9 4,6 4,5 4,4 4,2 4,5 4,4 4,5

pl 26,3 25,7 26,0 26,5 9,0 9,3 9,4 9,5 10,9 10,9 10,9 10,9

pT 31,4 36,3 35,7 35,1 12,9 15,8 15,9 15,9 13,4 15,5 15,7 15,6

RO 23,8 23 : : 8,2 7,6 7,5 7,6 7,0 6,3 6,4 6,6

SI 15,6 17,2 17,2 17,2 8,2 7,8 7,7 7,8 8,4 9,2 9,2 9,2

SK 33,4 30,6 30,2 28,4 13,5 13,6 13,8 13,7 13,7 14,5 14,4 14,1

FI 20,0 17,8 18,8 18,9 8,4 8,3 8,4 8,5 6,9 7,0 7,2 7,3

SE 22,4 22,8 25,6 23,4 7,4 7,9 8,2 7,8 7,0 7,1 7,5 7,9

uK 22,1 20,4 : : 9,0 8,4 : : 7,5 7,3 : :

IS 14,9 12,9 13,0 13,1 7,4 6,6 6,5 6,5 6,5 5,9 6,0 6,1

NO 9,1 8,0 : : 3,5 3,5 : : 3,1 2,5 : :

USA 17,3 16,4 16,8 15,5 9,4 8,4 8,3 8,0 8,6 8,1 7,8 7,5

JAP 7,3 8,2 8,0 7,0 4,5 4,5 4,5 4,4 3,8 4,1 3,7 3,8

: dato non disponibile Fonte: Eurostat, 31 ottobre 2012

IL NUMERO DEI DISOCCUPATI IN EUROPA (IN MILIONI)

Set 2011 Mar 2012 apr 2012 Mag 2012 Giu 2012 lug 2012 ago 2012 Set 2012

Zona euro 16,316 17,469 17,719 17,911 18,133 18,275 18,344 18,490

uE27 23,606 24,753 24,952 25,172 25,423 25,499 25,582 25,751

Zona euro (giovani) 3,218 3,397 3,418 3,436 3,429 3,445 3,444 3,493

uE 27 (giovani) 5,356 5,523 5,519 5,536 5,499 5,463 5,477 5,520

Fonte: Eurostat, 31 ottobre 2012

ragazzi e ragazze disoccupati nell’Ue-27 di cui 3,49 milioni nella zona euro a set-tembre 2012. Rispetto a un anno prima la disoccupazione giovanile è aumentata di 164.000 unità nell’Ue e di 275.000 nella zona euro. Il tasso di disoccupazio-ne giovanile è così salito nel settembre 2012 al 22,8% nell’Ue-27 e al 23,3% nell’area dell’euro, rispetto al 21,7% e al 21% rispettivamente di un anno prima. I

tassi più bassi di disoccupazione giova-nile si registrano in Germania (8%), Pae-si Bassi (9,7%) e Austria (9,9%), mentre i più elevati riguardano la Grecia (55,6% nel luglio 2012) e la Spagna (54,2%), seguiti da Italia e Portogallo (entrambi al di sopra del 35%).

Fonte e inFormazioni:http://epp.eurostat.ec.europa.eu

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6 74 2012

emissioni sono diminuite costantemente dal 1990, con un forte calo nel periodo 2008-2010 (corrispondente alla crisi economica), per una diminuzione complessiva del 15% nel 2010 rispetto al 1990.Rispetto alle energie rinnovabili, l’obiettivo da raggiungere entro il 2020 è una quota del 20% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia dell’Ue: tale quota è cresciuta costantemente, passando dall’8,1% del 2004 al 12,5% del 2010.L’efficienza energetica prevede un obietti-vo 2020 per l’Ue di un consumo di energia primaria pari a 1474 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep), livello passato da 1560 Mtep nel 1990 a 1650 Mtep nel 2010.

Abbandono scolasticoIl quarto obiettivo chiave della strategia Eu-ropa 2020 riguarda una diminuzione dell’ab-bandono scolastico e un aumento del nume-

L’Ufficio statistico dell’Ue, Eurostat, lo scorso ottobre ha pubblicato uno studio di moni-toraggio della strategia Europa 2020, adot-tata dal Consiglio europeo nel giugno 2010 per il raggiungimento entro il 2020 di una economia intelligente, sostenibile e inclusiva con alti livelli di coesione sociale, occupazio-ne e produttività. Gli obiettivi della strate-gia riguardano cinque ambiti principali che sono: occupazione, ricerca e sviluppo, cam-biamento climatico ed energia, istruzione, povertà ed esclusione sociale. Tali obiettivi sono monitorati in base ad alcuni indicatori primari che Eurostat aggiorna costantemen-te sia a livello di Unione europea che dei vari Stati membri.

Tasso di occupazioneIl primo obiettivo chiave della strategia Eu-ropa 2020 è quello di aumentare l’occupa-zione. L’obiettivo da raggiungere entro il 2020 è un tasso di occupazione del 75% nell’Ue tra le persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Questo tasso è passato dal 66,6% del 2000 al 70,3% del 2008, per poi scendere al 68,6% nel 2011 in seguito alla crisi economica.

Ricerca e sviluppoIl secondo obiettivo fondamentale è quello di aumentare gli investimenti nella ricerca e sviluppo (R&S). L’obiettivo da raggiungere nell’Ue entro il 2020 è una quota del 3% del Pil investito in R&S. Tale quota è cresciuta dall’1,86% del 2000 al 2% del 2010.

Cambiamento climatico ed energiaIl terzo obiettivo chiave si riferisce ai cam-biamenti climatici e all’energia, con tre ele-menti principali: una riduzione delle emis-sioni di gas a effetto serra, un aumento della quota delle fonti energetiche rinnovabili sul consumo finale di energia e un aumento in termini di efficienza energetica.Per le emissioni di gas a effetto serra, l’o-biettivo dell’Ue per il 2020 è una riduzione del 20% rispetto al livello del 1990. Queste

Il punto sulla strategia Europa 2020

C R E S C I T A E O C C U P A Z I O N Ero di persone che hanno completato l’istru-zione terziaria.Per l’abbandono scolastico, l’obiettivo dell’Ue per il 2020 è quello di ridurre al di sotto del 10% la quota della popolazione di età 18-24 anni con al massimo un’istruzio-ne secondaria inferiore e non attualmente in istruzione o formazione: tale quota è di-minuita costantemente dal 17,6% del 2000 al 13,5% del 2011.Per l’istruzione superiore, invece, l’obietti-vo 2020 è di aumentare al 40% o più la percentuale di coloro che, di età 30-34anni, completano l’istruzione terziaria: anche questa quota è aumentata costantemente dal 22,4% del 2000 al 34,6% del 2011.

Povertà ed esclusione socialeIl quinto obiettivo prioritario della strategia è la riduzione della povertà, che comprende la povertà monetaria, la deprivazione mate-riale e la mancanza di accesso al mercato del lavoro. L’obiettivo per il 2020 è quello di ridurre di 20 milioni il numero di per-sone a rischio di povertà o di esclusione sociale nei Paesi dell’Ue, vale a dire coloro che sono colpiti da almeno una delle tre dimensioni della povertà. Questo numero è diminuito da 123,9 milioni del 2005 a 113,8 milioni nel 2009, ma poi è risalito a 115,7 milioni nel 2010.

Indicatori Europa 2020 2005 2009 2010 2011 Obiettivo

Occupazione Tasso di occupazione (% della popolazione 20-64 anni)

68,0 69,0 68,6 68,6 75

Ricerca e sviluppo

Spesa interna lorda per R&D (% del PIL) 1,83 2,01 2,00 : 3

cambiamento climatico ed energia

Emissioni gas serra (1990=100) 92 83 85 : 80

Quota di energie rinnovabili suconsumo finale di energia (%)

8,5 11,7 12,5 : 20

Consumo energia primaria(milioni di tonnellate equivalenti di petrolio)

1.704 1.596 1.647 : 1.474

Istruzione

Abbandono prematuro di istruzione e formazione (% della popolazione 18-24 anni)

15,8 14,4 14,1 13,5 < 10

Livello di istruzione terziaria (% della popolazione 30-34 anni)

28,0 32,2 33,5 34,6 ≥ 40

povertà ed esclusione sociale

Persone a rischio povertà o esclusione sociale (milioni)

123,9 113,8 115,7 : meno20 milioni

Persone a rischio povertà o esclusione sociale (% della popolazione totale)

25,6 23,1 23,4 :

Persone che vivono in famiglie con intensità lavorativa molto bassa (%)

10,3 9,0 10,0 :

Persone a rischio povertà dopo i trasferimenti sociali (%)

16,4 16,3 16,4 :

Persone con grave deprivazione materiale (%)

10,7 8,1 8,1 :

: Dato non disponibile Fonte: Eurostat, 1 ottobre 2012

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Modernizzare l’insegnamentoSecondo la Commissione europea, «per assi-curare che l’istruzione risponda meglio ai bi-sogni degli studenti e del mercato del lavoro si devono adattare e modernizzare le strategie docimologiche». Così, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic) e di risorse educative aperte (Oer) dovrebbe essere esteso a tutti i contesti apprenditivi, mentre gli insegnanti devono aggiornare le loro abilità mediante una formazione costante. La strategia sollecita inoltre gli Stati membri a consolidare i legami tra l’istruzione e il mondo del lavoro, a portare l’impresa nelle aule sco-lastiche e a dare ai giovani un’idea di cos’è il mondo del lavoro attraverso un apprendimen-to basato sul lavoro. I ministri dell’Istruzione dell’Ue sono inoltre incoraggiati a intensificare la loro cooperazio-ne in materia di apprendimento sul lavoro a livello nazionale ed europeo.Tra le altre misure proposte vi sono un nuovo parametro di riferimento per l’apprendimento delle lingue, linee guida sulla valutazione e sul-lo sviluppo dell’educazione all’imprenditoria e un’analisi d’impatto a livello di Ue sull’uso delle Tic e delle Oer nell’istruzione per prepa-rare la via a una nuova iniziativa prevista per il 2013, intitolata “Aprire l’istruzione” e volta

Nell’Unione europea il tasso medio di disoc-cupazione giovanile è vicino al 23%, ma allo stesso tempo ci sono più di 2 milioni di posti di lavoro vacanti che non vengono occupati. «L’Europa ha bisogno di un ripensamento radicale del modo in cui i sistemi d’istruzio-ne e formazione possono impartire le abilità di cui ha bisogno il mercato del lavoro. La sfida non potrebbe essere maggiore visto il contesto di diffusa austerità e di tagli dei bi-lanci dell’istruzione» sostiene la Commissio-ne europea, che a tal fine ha presentato una nuova strategia denominata “Ripensare l’i-struzione” per incoraggiare gli Stati membri ad adottare un’azione immediata in modo da assicurare che i giovani sviluppino le abi-lità e le competenze necessarie al mercato del lavoro e a raggiungere i loro obiettivi di crescita e occupazione.La nuova strategia sollecita un importante cambiamento d’impostazione nel campo dell’istruzione, «che darà maggiore rilievo ai “risultati apprenditivi”, cioè le conoscen-ze, le abilità e le competenze che gli studenti acquisiscono. Aver passato del tempo in un sistema scolastico non basta più. Bisogna migliorare in modo significativo le abilità di base in tema di lettura, scrittura e matemati-ca, sviluppare o rafforzare le abilità impren-ditoriali e lo spirito d’iniziativa» dichiarano gli estensori della proposta.

L’Ue vuole “ripensare l’istruzione”

C R E S C I T A E O C C U P A Z I O N Ea massimizzare le potenzialità delle Tic in un contesto di apprendimento.

Perché una nuova strategia«Le abilità sono la chiave della produttività e l’Europa deve rispondere adeguatamente all’au-mento – constatabile su scala mondiale – della qualità dell’istruzione e dell’offerta di abilità» sostiene la Commissione, ricordando che se-condo le previsioni nel 2020 più di un terzo dei posti di lavoro nell’Ue richiederà qualifiche di livello terziario e soltanto il 18% corrisponderà a lavori che richiedono una bassa qualifica. Inoltre, alcuni dati del contesto europeo citati dalla Commissione spiegano il perché dell’i-niziativa. Attualmente 73 milioni di cittadini europei, circa il 25% degli adulti, possiedono un livello d’istruzione basso. Circa il 20% dei quindicenni non ha abilità adeguate in tema di lettura e scrittura e in cinque Paesi più del 25% ha scarso rendimento nella lettura (Bulgaria 41%, Romania 40%, Malta 36%, Austria 27,5% e Lussemburgo 26%). In diversi Stati membri la dispersione scolastica rimane a livelli «inac-cettabilmente elevati»: ad esempio, in Spagna si situa al 26,5% e in Portogallo al 23,2%, mentre l’obiettivo dell’Ue è di scendere sotto il 10%. Meno del 9% degli adulti partecipa all’appren-dimento permanente, rispetto a un obiettivo dell’Ue fissato al 15%.Secondo Androulla Vassiliou, commissaria europea per Istruzione, Cultura, Multilingui-smo e Gioventù, «l’Europa ritornerà a una crescita sostenuta soltanto se produrrà per-sone altamente qualificate e versatili in grado di contribuire all’innovazione e all’imprendi-toria. A tal fine è essenziale un investimen-to efficiente e mirato, ma è chiaro che non raggiungeremo i nostri obiettivi riducendo i bilanci destinati all’istruzione».

• Si deve porre un accento più forte sullo sviluppo delle abilità trasversali e delle abilità di base a tutti i livelli.• Un nuovo parametro di riferimento per l’apprendimento delle lingue straniere: entro il 2020 almeno il 50% dei quindicenni dovrebbe conoscere una prima lingua straniera (rispetto al 42% di oggi) e almeno il 75% dovrebbe studiare una seconda lingua straniera (rispetto al 61% di oggi).• Occorrono investimenti per costituire sistemi d’istruzione e formazione professionali di eccellenza mondiale e innalzare i livelli dell’apprendi-mento sul lavoro.• Gli Stati membri devono migliorare il riconoscimento delle qualifiche e delle abilità, comprese quelle ottenute al di fuori del sistema formale d’istruzione e formazione.• Si devono sfruttare appieno le tecnologie, in particolare Internet. Le scuole, le università e le istituzioni d’istruzione e formazione devono am-pliare l’accesso all’istruzione facendo uso delle risorse educative aperte.• Queste riforme devono essere supportate da insegnanti adeguatamente formati, motivati e dotati di spirito imprenditoriale.• I finanziamenti devono essere adeguatamente mirati per massimizzare il ritorno sugli investimenti. Occorre un dibattito sia a livello nazionale che di Ue in tema di finanziamento dell’istruzione, specialmente per quanto concerne l’istruzione professionale e l’istruzione superiore.• È essenziale un approccio di partenariato. Occorrono finanziamenti sia pubblici che privati per promuovere l’innovazione e aumentare la ferti-lizzazione incrociata tra il mondo universitario e le imprese.FONTE E INFORMaZIONI: http://ec.europa.eu/education/news/rethinking_en.htm

COME RIPENSARE L’ISTRUZIONE: PUNTI CHIAVE DELLA STRATEGIA UE

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di brevetti, nonché la commercializza-zione di prodotti innovativi e l’occupa-zione in produzioni di alta tecnologia e servizi ad alta intensità di conoscenza. Le regioni a innovazione “moderata” e “modesta” hanno invece una struttura di innovazione meno equilibrata. In particolare, soffrono di un’attività di innovazione relativamente bassa delle Pmi e molto bassa in ricerca e sviluppo. Inoltre, in queste regioni la collabora-zione in materia di innovazione tra le imprese e tra queste e le amministrazio-ni pubbliche è molto al di sotto della media europea. Il risultato è un numero relativamente basso di brevetti e pro-dotti tecnologici e non tecnologici in-novativi in queste regioni.

Le regioni delle capitali spesso leader nazionaliQuasi tutte le regioni delle capitali eu-ropee analizzate sono leader nazionali per l’innovazione. In alcuni Stati mem-bri le regioni delle capitali svolgono un ruolo eccezionale con prestazioni di innovazione decisamente migliori rispetto al livello medio nazionale: è il caso di Repubblica Ceca e Portogallo, entrambi Paesi “innovatori moderati”, dove le regioni delle rispettive capitali Praga e Lisbona appartengono invece al gruppo dei “leader di innovazione” europei.Nei Paesi identificati come “innovatori moderati” dal Quadro di valutazione europeo, le regioni più innovative sono in genere quelle delle capitali: Praha in Repubblica Ceca, Attiki in Grecia, Bratislavský kraj in Slovacchia, Közép-Magyarország (regione della capitale Budapest) in Ungheria, Mazowieckie (Varsavia) in Polonia e Lisboa in Por-togallo. Allo stesso modo, la regione a “modesta” innovazione Bucuresti-Ilfov della capitale rumena Bucarest è molto più innovativa rispetto a qualsiasi altra regione del Paese.

Risultati stabili, ma emergono alcuni leaderLe performance regionali sono rimaste relativamente stabili dal 2007, così la maggior parte delle regioni euro-pee sembra mantenere il potenziale di innovazione e di attività. Tuttavia, si rilevano evidenti movimenti mi-

cezione di una ciascuno sono appunto “innovatori moderati”. La situazione è simile in Romania e Bulgaria, dove la maggior parte o tutte le regioni appar-tengono al gruppo degli “innovatori modesti”.

Le regioni più innovativeLe regioni più innovative dell’Ue sono generalmente quelle dei Paesi più in-novativi: Svezia, Danimarca, Germania e Finlandia. In Germania, 12 regioni su 16 sono “leader dell’innovazione”, in Finlandia 3 regioni su 5 e in Svezia 5 su 8. Solo in Danimarca la maggior parte delle regioni appartiene al grup-po dei “seguaci dell’innovazione” e 2 su 5 sono “leader dell’innovazione”, compresa la regione della capitale Co-penaghen. La diversità di innovazione regionale è invece molto bassa in Svizzera, Paese non Ue, che secondo il Quadro valu-tativo della Commissione europea su-pera tutti gli Stati membri dell’Unione europea: tutte le regioni svizzere, tran-ne una, sono infatti “leader dell’inno-vazione”.

Punti di forza e di debolezza per l’innovazioneLe regioni analizzate mostrano diversi punti di forza e di debolezza nella loro capacità d’innovazione. Così come tra i “leader” e i “seguaci” di innovazione nazionali, la maggior parte dei “leader” e “seguaci” regionali presenta un siste-ma equilibrato di innovazione, il che significa che fa rilevare un punteggio elevato in un certo numero di indica-tori diversi, come spese per ricerca e sviluppo (R&D) di soggetti pubblici e privati, attività innovative delle piccole e medie imprese (Pmi), collaborazione tra pubblico e privato nella ricerca e nell’innovazione, lo sviluppo di inno-vazioni tecnologiche e non, il numero

L’innovazione è uno dei principali mo-tori della crescita economica e dell’oc-cupazione, per questo è monitorata dal-la Commissione europea che all’inizio di novembre ha presentato un Quadro di valutazione comparativa delle re-gioni europee in materia, che prende in esame la capacità innovativa di 190 regioni dei Paesi dell’Unione europea nonché della Croazia, della Norvegia e della Svizzera.Questo Quadro di valutazione regiona-le per l’innovazione 2012 classifica le regioni europee in gruppi determinati dalle prestazioni messe in atto in ma-teria di innovazione: ci sono 41 regio-ni nel primo gruppo definito “leader dell’innovazione”, 58 le regioni che appartengono al secondo gruppo dei “seguaci dell’innovazione”, 39 regioni sono invece “innovatori moderati” e 52 regioni sono nell’ultimo gruppo deno-minato degli “innovatori modesti”.

Variazioni più a livello regionale che nazionaleI risultati mostrano che vi è una no-tevole diversità nel campo dell’innova-zione regionale, non solo tra i vari Pa-esi europei ma anche all’interno degli stessi. La maggior parte dei Paesi pre-senta infatti regioni con diversi livelli di capacità di innovazione. Gli esem-pi più evidenti riguardano la Francia e il Portogallo: in entrambi i Paesi le performance delle regioni (compresi i territori d’oltremare) variano da livelli di “leader dell’innovazione” a quelli di “innovatori modesti”. Altri Paesi con ampie variazioni in ter-mini di prestazioni regionali sono Re-pubblica Ceca, Finlandia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia e Regno Unito: tutti hanno almeno una regione in tre diversi gruppi di prestazioni di innovazione. I Paesi invece più omoge-nei a livello regionale sono i “moderati innovatori” Grecia, Ungheria, Polonia e Slovacchia, dove tutte le regioni a ec-

Capacità di innovazione delle regioni europee

I N N O v A Z I O N E

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degli obiettivi in materia di contabilità delle acque e di efficienza idrica e che siano elabo-rati degli standard per il riutilizzo delle acque.Il Piano non indica un’unica soluzione uni-versale, ma propone piuttosto una serie di strumenti con cui gli Stati membri possono migliorare la gestione idrica a livello naziona-le, regionale o a livello di bacini idrografici.Nel documento in oggetto si evidenzia che la preservazione delle acque non ha implicazioni soltanto sul piano della protezione dell’ambien-te, della salute e del benessere, ma che ha un impatto anche in termini di crescita economica e prosperità. La preservazione consentirebbe di sfruttare appieno il potenziale di sviluppo dell’industria delle acque dell’Ue e garantire la prosperità dei settori economici che dipendono dalla disponibilità di acqua con un determinato livello di qualità, sostenendo pertanto la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro.

Prossime tappeL’attuazione delle proposte presentate nel Piano si baserà sulla strategia comune di at-tuazione prevista dalla direttiva quadro sulle acque e sarà fondata su un processo aperto e partecipativo che coinvolgerà gli Stati mem-bri, le organizzazioni non governative e le imprese. L’orizzonte temporale del Piano è strettamente correlato alla strategia Euro-pa 2020 e, in particolare, alla tabella di mar-cia verso un Europa efficiente nell’impiego delle risorse, di cui il Piano costituisce la tappa relativa all’acqua. Le analisi su cui esso si basa riguardano tuttavia un periodo più lungo, che si estende fino al 2050, e proba-bilmente fungeranno da riferimento per la politica idrica dell’Ue nel lungo termine.Va ricordato che nel 2000 la direttiva quadro sulle acque ha stabilito una base giuridica per proteggere e ripristinare acque pulite in tutta Europa e per garantirne un uso sostenibile a lungo termine. L’obiettivo generale della diret-tiva quadro è il raggiungimento di un buono stato di tutte le acque, compresi laghi, fiumi, torrenti e falde acquifere, entro il 2015. Fonte e inFormazioni:http://ec.europa.eu/environment/index_it.htm

La Commissione europea ha pubblicato un Piano per la salvaguardia delle risorse idri-che europee, con l’obiettivo strategico di ga-rantire che la disponibilità di acqua di buona qualità sia sufficiente a soddisfare le esigenze dei cittadini, dell’economia e dell’ambiente.Nonostante i miglioramenti registrati negli ulti-mi anni, le acque dell’Ue non godono di buona salute. La disponibilità di quantità sufficienti di risorse idriche è altrettanto preoccupante, os-serva la Commissione, perché la scarsità d’ac-qua si sta diffondendo in tutta Europa e troppi Stati membri sono colpiti sempre più spesso da alluvioni e altri fenomeni estremi.L’esecutivo europeo invita quindi a intensi-ficare gli sforzi per poter affrontare sfide già note e future, tra cui l’inquinamento delle acque, l’estrazione idrica per la produzione agricola ed energetica, l’uso del suolo e l’im-patto dei cambiamenti climatici. È pertanto necessario adottare misure più stringenti che consentano all’Ue di proteggere le risorse idriche e che rendano più efficiente lo sfrut-tamento sia di queste che di altre risorse.

Una strategia operativaAl fine di raggiungere l’obiettivo di un buono stato delle acque entro il 2015, come già stabilito nella direttiva quadro sulle acque, il Piano propo-ne un approccio strategico basato su tre pilastri:• migliorare l’attuazione della politica idri-ca dell’Ue sfruttando tutte le opportunità date nel quadro della legislazione in vigore. Ad esempio, aumentando la diffusione del-le misure di ritenzione naturale delle acque, come il ripristino di zone umide e pianure alluvionali o un’applicazione più efficace del cosiddetto principio del “chi inquina paga” ricorrendo alla misurazione del consumo di acqua, a una tariffazione delle acque e a una migliore analisi economica;• integrare maggiormente gli obiettivi di politi-ca idrica in altri settori strategici correlati, come l’agricoltura, la pesca, le energie rinnovabili, i trasporti e i Fondi di coesione e strutturali;• colmare le attuali lacune, in particolare in merito agli strumenti necessari per incremen-tare l’efficienza idrica. A tale proposito il Pia-no prevede che gli Stati membri stabiliscano

Salvaguardare le risorse idriche

A M b I E N T Egliorativi. Il numero di regioni “lea-der dell’innovazione” è aumentato di 7 unità tra il 2007 e il 2011. Quattro regioni hanno migliorato le loro pre-stazioni passando dai gruppi di inno-vatori “moderati” o “modesti” a quel-lo di “seguaci dell’innovazione”. Otto regioni mostrano un continuo miglio-ramento delle loro capacità d’innova-zione nel corso dei tre Quadri di valu-tazione effettuati finora (2007, 2009, 2012): la tedesca Niedersachsen, le francesi Bassin Parisien e Ouest, le ita-liane Calabria e Sardegna, la polacca Mazowieckie, la portoghese Lisboa e la regione svizzera del Ticino.

Regioni leader con buon accesso alle sovvenzioni dell’UeLa maggior parte delle regioni a inno-vazione “moderata” e “modesta” riesce a malapena a utilizzare i fondi del Pro-gramma quadro dell’Ue, mentre solita-mente si tratta di grandi consumatori di Fondi strutturali per l’innovazione aziendale. Diverse regioni “leader dell’innovazio-ne”, invece, hanno successo nell’attrarre le sovvenzioni nell’ambito del Program-ma quadro di ricerca e sviluppo: oltre il 90% dei principali beneficiari di questi fondi è rappresentato da leader regio-nali per l’innovazione. Il Quadro di valutazione regionale per l’innovazione 2012 dimostra che in que-sta fase non vi è un collegamento diret-to tra mancanza di capacità innovativa e uso dei fondi comunitari: ad esempio, alcune delle regioni più dinamiche e in miglioramento come Bassin Parisien e Ouest sono utenti marginali di fondi comunitari; allo stesso tempo, invece, in Calabria, Sardegna e Mazowieckie il costante aumento delle prestazioni di innovazione è avvenuto durante il periodo di maggiore utilizzo dei fondi comunitari.

Fonte e inFormazioni: http://ec.europa.eu/enterprise/poli-cies/innovation/policy/regional-inno-vation/index_en.htm

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sesso sotto-rappresentato. L’obiettivo di raggiungere almeno il 40% di espo-nenti del sesso sotto-rappresentato per gli incarichi non esecutivi deve essere raggiunto entro il 2020, ma le imprese pubbliche, sulle quali gli Stati mem-bri esercitano un’influenza dominan-te, avranno a disposizione due anni di meno, fino al 2018. La proposta dovreb-be applicarsi a circa 5000 società quo-tate nell’Unione europea, mentre non si applicherà alle piccole e medie imprese (società con un organico inferiore a 250 dipendenti e un fatturato mondiale non superiore a 50 milioni di euro) né alle società non quotate.

La Commissione europea ha presentato il 14 novembre scorso un’iniziativa per infrangere il «soffitto di cristallo» che continua a ostacolare l’ascesa di donne di talento ai vertici delle principali im-prese europee. La proposta legislativa dell’esecutivo dell’Ue mira a raggiunge-re un obiettivo del 40% di donne tra gli amministratori senza incarichi ese-cutivi nelle società quotate, tranne nelle piccole e medie imprese. Attualmente, infatti, i consigli sono quasi totalmen-te maschili: l’85% degli amministratori senza incarichi esecutivi e il 91,1% di quelli con incarichi esecutivi sono uo-mini, mentre alle donne restano, rispet-tivamente, il 15% e l’8,9%.Nonostante l’intenso dibattito pubblico e alcune iniziative volontarie a livello na-zionale ed europeo, negli ultimi anni non si sono registrati cambiamenti significa-tivi: dal 2003 il numero di donne negli organi direttivi delle aziende è aumentato in media appena dello 0,6% all’anno.Per questo motivo la Commissione ha proposto un atto legislativo diretto ad accelerare i progressi verso un maggio-re equilibrio tra uomini e donne nei consigli delle società europee. La pro-posta risponde agli inviti del Parlamen-to europeo, che ha chiesto a più riprese, a maggioranza assoluta, misure legisla-tive sull’uguaglianza tra donne e uomi-ni negli organi decisionali delle imprese (risoluzioni del 6 luglio 2011 e del 13 marzo 2012).La direttiva proposta stabilisce un obiettivo del «40% di persone del sesso sotto-rappresentato tra gli amministra-tori senza incarichi esecutivi delle so-cietà quotate in Borsa». Le aziende che non presentano questa soglia del 40% tra gli amministratori non esecutivi sa-ranno tenute a procedere alle nomine per tali posti sulla base di un’analisi comparativa delle qualifiche di ciascun candidato, applicando criteri chiari, univoci e formulati in modo neutro dal punto di vista del genere. A parità di qualifiche, si dovrà dare la priorità al

Obiettivo 40% per le donne ai vertici aziendali

P A R I O P P O R T U N I T à«Da più di cinquant’anni l’Unione eu-ropea promuove con successo l’ugua-glianza tra donne e uomini, ma in un solo settore non ha registrato alcun progresso: gli organi direttivi delle imprese. L’esempio di Paesi come il Belgio, la Francia e l’Italia, che recen-temente hanno adottato misure legisla-tive e ora cominciano a constatare dei miglioramenti, dimostra con chiarezza che un intervento normativo limitato nel tempo può cambiare veramente la situazione. La proposta della Commis-sione farà in modo che nella procedura di selezione degli amministratori senza incarichi esecutivi sia data la preferen-za alle candidate, purché siano sotto-rappresentate rispetto agli uomini ed ugualmente qualificate» ha dichiarato Viviane Reding, vicepresidente della Commissione europea e commissaria per la Giustizia, aggiungendo: «Sono grata ai numerosi membri del Parla-mento europeo che non hanno mai smesso di combattere per questa causa e mi hanno fornito un aiuto prezioso per presentare la proposta».

DONNE CON E SENZA INCARICHI ESECUTIVI NEI CONSIGLI DELLE SOCIETà (GENNAIO 2012)

paeseEsecutivi% donne

Non esecutivi% donne

Donne cEOs(amm. delegato)

uE-27 8,9 15,0 2,7aT 2,2 11,2 0,0BE 3,7 11,7 0,0BG 14,8 15,1 6,7cY 8,2 3,3 5,6cZ 4,7 15,4 0,0DK 11,0 16,1 5,6EE 13,9 6,7 0,0FI 14,9 27,9 0,0FR 3,3 24,2 0,0DE 4,2 15,6 0,0El 5,8 8,1 0,0Hu 1,4 5,4 0,0IE 6,8 9,4 0,0IT 0,8 7,1 0,0lV 21,4 25,9 3,2lT 13,3 17,5 7,7lu 0,0 7,2 0,0MT 11,1 2,7 5,3Nl 8,8 18,8 10,0pl 8,2 11,8 0,0pT 7,6 5,4 0,0RO 30,6 10,5 9,0SK 13,5 13,5 10,0SI 19,7 15,9 0,0ES 2,6 13,1 2,9SE 4,0 26,5 3,8uK 6,5 18,7 6,0

Fonte: http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/gender-decision-making/database/index_en.htm

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Le qualifiche e il merito rimarranno i requisiti fondamentali per lavorare in un consiglio. La direttiva stabilisce un’armonizzazione minima dei requisiti inerenti al governo societario: le deci-sioni di nomina dovranno basarsi su criteri obiettivi in materia di qualifiche. Saranno introdotte garanzie interne per escludere promozioni incondizionate e automatiche del sesso sotto-rappresen-tato. In linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea sull’azione positiva, a parità di qualificazioni sarà accordata una preferenza a persone del sesso sotto-rappresentato, a meno che una valutazione obiettiva, che prenda in considerazione tutti i crite-ri relativi alla persona dei candidati, faccia propendere per un candidato dell’altro sesso. Gli Stati membri che hanno già in funzione un sistema ef-ficace potranno mantenerlo purché sia altrettanto efficiente quanto il sistema proposto nel conseguire l’obiettivo di una presenza del 40% del sesso sotto-rappresentato tra gli amministratori senza incarichi esecutivi entro il 2020.

Progressi lenti e azioni frammentateNelle principali imprese europee sol-tanto un amministratore su 7 (il 13,7%) è donna. Il miglioramento rispetto all’11,8% registrato nel 2010 è troppo scarso: di questo passo, ci vorrebbero ancora circa 40 anni solo per avvicinarsi all’equilibrio di genere ai vertici delle aziende (entrambi i sessi rappresentati per almeno il 40%).Di conseguenza, vari Stati membri han-no iniziato a introdurre diversi tipi di leggi per i consigli delle società. Undi-ci Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Dani-marca, Finlandia, Grecia, Austria e Slo-venia) hanno adottato strumenti giuri-dici per promuovere la parità di genere negli organi direttivi delle imprese. In otto di questi Paesi, la normativa adot-tata copre le imprese pubbliche. Ma altri undici Paesi dell’Ue non hanno introdotto né misure di autoregolamen-tazione, né misure legislative. Questo approccio giuridicamente frammentato rischia di ostacolare il funzionamento del mercato interno europeo, in quanto la presenza di norme di diritto socie-tario diverse e sanzioni diverse in caso di mancato rispetto dell’equilibrio di genere può creare complicazioni per le aziende ed esercitare un effetto deter-rente sugli investimenti transfrontalieri. Ecco perché la proposta della Commis-sione cerca di fissare un quadro norma-tivo a livello europeo per queste azioni positive.

Elementi principali della propostaLa proposta di direttiva stabilisce un obiettivo minimo del 40% di persone del sesso sotto-rappresentato tra i mem-bri senza incarichi esecutivi dei consigli delle società europee quotate, da rag-giungere entro il 2020 o, per le imprese pubbliche quotate, entro il 2018.La proposta comprende inoltre, come misura complementare, una “quota di flessibilità”, cioè l’obbligo per ogni so-cietà quotata in borsa di fissarsi obiet-tivi di autoregolamentazione da rag-giungere entro il 2020 (o il 2018 nel caso di imprese pubbliche) per quanto riguarda la presenza di entrambi i sessi tra gli amministratori esecutivi. Le im-prese dovranno riferire ogni anno sui progressi compiuti.

Gli Stati membri restano inoltre liberi di introdurre misure che vadano al di là del sistema proposto.Gli Stati membri dovranno stabili-re sanzioni adeguate e dissuasive per le società che violeranno la direttiva.C’è poi un aspetto di sussidiarietà e proporzionalità della proposta: l’obiet-tivo del 40% si applica alle società quo-tate, per la loro importanza economica e la loro elevata visibilità, e non alle piccole e medie imprese. Tale obietti-vo riguarda soprattutto i posti di am-ministratore senza incarichi esecuti-vi. Secondo i principi di una migliore regolamentazione, la direttiva è intesa come una misura temporanea, destinata a scadere nel 2028. «La misura è diretta a introdurre rapidamente la parità tra donne e uomini negli organi direttivi delle aziende europee. Non sarà quin-di più necessaria una volta conseguiti progressi in questo settore» ha aggiunto la vicepresidente Reding.

Fonte e inFormazioni:http://ec.europa.eu/justice/gender- equality/index_it.htm

PERCENTUALE DI DONNE AI VERTICI DELLE PRINCIPALI AZIENDE qUOTATE IN bORSA  2010  2011  2012 uE-27 11,8 13,6 13,7BE 10,5 10,9 10,7BG 11,2 15,2 15,6cZ 12,2 15,9 15,4DK 17,7 16,3 16,1DE 12,6 15,2 15,6EE 7,0 6,7 6,7IE 8,4 8,8 8,7El 6,2 6,5 7,4ES 9,5 11,1 11,5FR 12,3 21,6 22,3IT 4,5 5,9 6,1cY 4,0 4,6 4,4lV 23,5 26,6 25,9lT 13,1 14,0 14,5lu 3,5 5,6 5,7Hu 13,6 5,3 5,3MT 2,4 2,3 3,0Nl 14,9 17,8 18,5aT 8,7 11,1 11,2pl 11,6 11,8 11,8pT 5,4 5,9 6,0RO 21,3 10,4 10,3SI 9,8 14,2 15,3SK 21,6 14,6 13,5FI 25,9 26,5 27,1SE 26,4 24,7 25,2uK 13,3 16,3 15,6

Fonte: http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/gender-decision-making/database/index_en.htm

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pea da parte di cittadini residenti nell’Ue ma nati in Paesi terzi.Precisamente sono state 810.500 le per-sone che nel 2010 hanno acquisito la cittadinanza di uno dei 27 Stati membri dell’Ue, con il Regno Unito al primo po-

Gli Stati membri dell’Unione europea hanno concesso la cittadinanza a circa 810.000 persone nel corso del 2010, se-condo quanto rilevato da Eurostat che ha pubblicato uno studio dedicato appunto all’acquisizione della cittadinanza euro-

Acquisizioni di cittadinanza nei Paesi dell’Ue

I M M I g R A Z I O N Esto per numero di cittadinanze concesse (195.000), seguito da Francia (143.000), Spagna (124.000) e Germania (105.000), Paesi che insieme rappresentano il 70% di tutte le cittadinanze concesse dagli Stati membri dell’Ue. Rispetto al 2009, il numero di acquisizio-ni nell’Ue è aumentato del 4% nel 2010, principalmente a causa di un aumento del numero di cittadinanze concesse dal-la Spagna.I nuovi cittadini dell’Ue che hanno ac-quisito la cittadinanza nel corso del 2010 provengono principalmente dall’Africa (29% del numero totale di cittadinanze acquisite) e dall’Asia (23%), in misura minore da altri Paesi europei non-Ue e da Nord e Sud America (entrambe le aree con il 19% delle cittadinanze acquisite), mentre percentuali decisamente più bas-

ACqUISIZIONI DI CITTADINANZA NELL’UE NEL 2010Numero totale di cittadinanze acquisite (in migliaia) cittadinanze acquisite per

2009 2010 1.000 abitanti 100 residenti stranieriuE27 776,1 810,5 1,6 2,4

Belgio 32,8 34,6 3,2 3,1

Bulgaria 9,2 0,9 0,1 :

Rep. ceca 1,1 1,1 0,1 0,3

Danimarca 6,9 4,0 0,7 2,1

Germania 96,1 104,6 1,3 1,3

Estonia 1,7 1,2 0,9 0,8

Irlanda 4,5 6,4 1,4 1,0

Grecia 17,0 9,4 0,8 1,8

Spagna 79,6 123,7 2,7 1,4

Francia 135,8 143,3 2,2 3,6

Italia 59,4 65,9 1,1 1,4

cipro 4,1 1,9 2,4 3,1

lettonia 3,2 3,7 1,6 0,8

lituania 0,2 0,2 0,1 0,5

lussemburgo 4,0 4,3 8,6 1,9

ungheria 5,8 6,1 0,6 2,9

Malta 0,8 0,9 2,3 4,5

paesi Bassi 29,8 26,3 1,6 4,0

austria 8,0 6,1 0,7 0,9

polonia 2,5 2,9 0,1 5,0

portogallo 25,6 21,8 2,0 5,6

Romania 9,4 : : :

Slovenia 1,8 1,8 0,9 2,2

Slovacchia 0,3 0,2 0,0 0,4

Finlandia 3,4 4,3 0,8 2,2

Svezia 29,5 32,5 3,5 4,9

Regno unito 203,6 194,8 3,1 4,6

Islanda 0,7 0,5 1,4 3,4

Liechtenstein 0,1 0,1 2,6 :

Norvegia 11,4 11,6 2,4 3,5

Svizzera 43,4 39,3 5,0 2,5

Croazia 5,3 3,3 0,7 :

Macedonia 0,8 1,2 0,6 :

Turchia 8,1 9,5 0,1 :

: Dato non disponibileFonte: Eurostat, 16 novembre 2012

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i tassi più elevati sono stati registrati in Portogallo (5,6 cittadinanze concesse per 100 stranieri residenti), Polonia (5%), Svezia (4,9%), Regno Unito (4,6%) e Malta (4,5%); le percentuali più basse sono invece state rilevate in Repubblica Ceca (0,3%), Slovacchia (0,4%) e Litua-nia (0,5%). In media, a livello di Unione europea nel 2010 sono state concesse 2,4 cittadinanze ogni 100 stranieri residenti.Considerando invece i Paesi di origine delle persone che hanno ottenuto la cit-tadinanza di uno Stato membro dell’Ue nel 2010, il gruppo più numeroso è stato quello dei cittadini del Marocco (67.000 persone), seguito da quelli di Tur-chia (49.900), Ecuador (45.200), India (34.700) e Colombia (27.500). Tra gli Stati membri con il più alto nu-mero di cittadinanze acquisite, i principali

se hanno riguardato persone nate in un altro Stato membro dell’Ue (9%) e in Oceania (1%).Per quanto riguarda il numero di citta-dinanze concesse in rapporto alla po-polazione complessiva di ogni Paese, il maggior numero di cittadinanze concesse per 1000 abitanti si è registrato in Lus-semburgo (8,6 cittadinanze concesse per 1000 abitanti), Svezia (3,5‰), Belgio (3,2‰) e Regno Unito (3,1‰). Dodici Stati membri hanno erogato meno di una cittadinanza per 1000 abitanti. In media, a livello di Unione europea nel 2010 sono state concesse 1,6 cittadinanze ogni 1000 abitanti.Il numero di cittadinanze concesse può anche essere correlato al numero di stra-nieri residenti in ogni Stato membro dell’Ue. Secondo questa correlazione

gruppi nel Regno Unito sono stati gli in-diani (15% del totale delle cittadinanze acquisite) e i pakistani (11%), in Francia i marocchini (19% del totale delle citta-dinanze acquisite) e gli algerini (15%), in Spagna gli ecuadoriani (35%) e I co-lombiani (19%) e in Germania i turchi (25%).In alcuni Stati membri, poi, la gran par-te delle cittadinanze è stata concessa ai cittadini originari di un solo Paese. Così, gli Stati membri con la più alta concentra-zione “etnica” delle cittadinanze concesse nel 2010 sono stati l’Ungheria (65% delle cittadinanze concesse a persone nate in Romania) e la Grecia (65% a persone dell’Albania).

Fonte e inFormazioni:http://epp.eurostat.ec.europa.eu

PRINCIPALI GRUPPI DI ACqUISIZIONE DI CITTADINANZA NEI PAESI UE NEL 2010Gruppo principale Secondo gruppo principale Terzo gruppo principale Quarto Gruppo principale

precedente cittadino di % precedente cittadino di % precedente cittadino di % precedente cittadino di %Eu27 Marocco 8,3 Turchia 6,2 Ecuador 5,6 India 4,3

BE Marocco 21,3 Italia 8,2 Turchia 8,0 Russia 4,7

BG Macedonia 49,4 Moldova 17,4 Russia 8,9 Serbia 7,0

cZ Ucraina 36,1 Slovacchia 12,9 Russia 6,8 Polonia 5,8

DK Iraq 14,3 Afghanistan 12,4 apolide 7,0 Turchia 6,1

DE Turchia 25,1 Iraq 5,0 Russia 4,0 Polonia 3,7

EE Riconosciuti non cittadini* 91,2 Russia 6,3 Ucraina 1,4 Bielorussia 0,3

IE Nigeria 15,8 Filippine 9,9 India 6,9 Sud Africa 5,4

El Albania 64,5 Georgia 8,1 Russia 6,5 Armenia 2,1

ES Ecuador 34,8 Colombia 19,4 Marocco 8,7 Perù 6,7

FR Marocco 19,3 Algeria 14,6 Tunisia 5,9 Turchia 5,9

IT Marocco 17,2 Albania 13,8 Romania 7,1 Perù 3,4

cY Grecia 18,6 Regno Unito 11,7 Sud Africa 11,6 Russia 9,9

lV Riconosciuti non cittadini* 96,1 Russia 1,8 Ucraina 0,9 Bielorussia 0,3

lT apolidi 52,5 Russia 20,4 Ucraina 9,9 Bielorussia 7,2

lu Portogallo 31,3 Italia 15,4 Francia 7,9 Germania 7,7

Hu Romania 64,7 Serbia & Montenegro 11,8 Ucraina 10,6 Bielorussia 2,0

MT Australia 43,6 Regno Unito 10,7 Canada 5,8 Stati Uniti 5,3

Nl Marocco 22,1 Turchia 19,0 Suriname 3,7 Cina 1,9

aT Bosnia & Herzegovina 20,8 Turchia 15,3 Serbia 13,5 Croazia 7,4

pl Ucraina 33,9 Bielorussia 14,3 Russia 7,3 Armenia 3,5

pT Brasile 18,4 Capo Verde 18,3 Moldova 12,3 Angola 9,0

RO : : : :

SI Bosnia & Herzegovina 30,7 Serbia 11,5 Italia 11,2 Macedonia 10,7

SK Serbia 23,8 Republica Ceca 18,8 Ucraina 18,4 Vietnam 6,3

FI Russia 44,4 Estonia 5,6 Iran 3,2 Turchia 3,0

SE Iraq 13,5 Finlandia 9,2 Polonia 4,6 Thailandia 4,4

uK India 15,1 Pakistan 11,3 Filippine 4,8 Bangladesh 4,1

IS Filippine 14,9 Polonia 11,1 Vietnam 8,7 Thailandia 6,2

LI Svizzera 37,9 Austria 14,7 Germania 10,5 Turchia 10,5

NO Somalia 12,9 Iraq 11,4 Afghanistan 9,0 Russia 5,8

CH Serbia 17,4 Italia 10,5 Germania 9,2 Portogallo 5,6

HR Bosnia & Herzegovina 38,4 Australia 8,4 Serbia 6,9 Argentina 5,9

MK Serbia 30,6 Albania 25,1 Turchia 4,0 Croazia 3,8

* La maggior parte di queste persone erano cittadini della ex Unione Sovietica. Un riconosciuto “non cittadino” è una persona che non è né un cittadino del Paese dichia-rante né di qualsiasi altro Paese, e che ha stabilito legami con il Paese di riferimento che comprendono alcuni ma non tutti i diritti e gli obblighi della piena cittadinanzaFonte: Eurostat, 16 novembre 2012

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del numero di reati connessi all’eroina osservati nel 2009 è proseguito nel 2010, e anche gli ultimi dati relativi ai sequestri segnalano una riduzione generale dell’of-ferta di eroina.Tutti questi elementi costituiscono un quadro piuttosto chiaro, sottolineato dall’Osservatorio europeo: «È in corso un cambiamento nei modelli di consumo di droga in Europa». Alcuni Paesi riferisco-no che altri oppioidi, diversi dall’eroina, sono attualmente segnalati come prin-cipale droga problematica da un’elevata percentuale di pazienti che entrano in terapia (soprattutto fentanil e buprenor-fina, oppioidi sintetici). Nel contempo, in alcuni Paesi è stato osservato che i consu-matori problematici di stupefacenti assu-mono sostanze diverse dagli oppioidi nei periodi di carenza di eroina: catinoni per via parenterale (Ungheria) e amfetamine (Ungheria, Lettonia), nonché un maggio-re uso di benzodiazepine e altri farmaci (Irlanda, Slovenia).L’Oedt stima che, fra i pazienti che si sot-topongono per la prima volta a una tera-pia, la percentuale del consumo di eroina per via parenterale è diminuita a circa un terzo (38%) nel 2009 da oltre la metà (58%) nel decennio precedente.

Segnali di declino per la cocainaNegli ultimi dieci anni la cocaina si è af-fermata come la sostanza stimolante ille-cita più consumata in Europa, sebbene la maggior parte dei consumatori si trovi in un numero ristretto di Paesi occidentali dell’Ue. Circa 15,5 milioni di europei (di età compresa tra 15 e 64 anni) hanno pro-vato la cocaina una volta nella vita e circa 4 milioni l’hanno consumata nell’ultimo anno. «Sebbene il consumo di cocaina continui a rappresentare una parte impor-tante del problema delle droghe stimo-lanti, i dati di oggi confermano però che la sua popolarità e l’immagine di “droga di status” potrebbe essere in declino» affermano gli autori della Relazione

Crollo del consumo di eroina, diminuzio-ne di quello di cocaina, consumo e pro-duzione intensiva di cannabis e boom di nuove droghe: sono queste le tendenze del fenomeno delle droghe in Europa rilevate dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Oedt-Emcdda) dell’Ue, che in novembre ha pubblicato la sua Relazione annuale 2012.

Eroina “fuori moda”«Possiamo dirigerci verso una nuova era in cui l’eroina avrà un ruolo meno centra-le nel fenomeno della droga in Europa» scrivono i ricercatori dell’Osservatorio europeo rilevando che, pur rimanendo la causa principale delle patologie e dei decessi correlati all’assunzione di droghe all’interno dell’Unione europea, il consu-mo di eroina è in calo nella maggior parte dei Paesi europei: «Si riscontra sempre più che in alcune parti dell’Europa di oggi le nuove iniziazioni al consumo di eroina sono diminuite, la disponibilità della sostanza stupefacente è diminuita e, recentemente, alcuni Paesi ne hanno spe-rimentato l’acuta scarsità» si legge nella Relazione.Oggi, oltre la metà degli 1,4 milioni di consumatori regolari di oppioidi nell’Ue e in Norvegia (per lo più consumatori di eroina) ha accesso alle terapie sostitutive per la dipendenza da oppioidi. Ma si sta registrando un deciso calo delle iniziazio-ni per eroina: in tutta Europa, il numero di coloro che accedono per la prima volta a una terapia specialistica per il consumo di eroina è sceso da 51.000 nel 2005 a 46.000 nel 2010; calo evidente, tra l’altro, nei Paesi caratterizzati da lunghe epide-mie di eroina come l’Italia, il Portogallo e il Regno Unito. I nuovi dati mostrano anche una lieve diminuzione dei deces-si correlati a oppioidi negli Stati membri dell’Ue e in Norvegia, passati da circa 7600 nel 2009 a 7000 nel 2010. Inoltre, gli indicatori di mercato sugge-riscono che l’eroina è sempre meno di-sponibile per le strade d’Europa: il calo

Come cambia il consumo di droghe in Europa

D R O g h Edell’Osservatorio europeo. A tale propo-sito segnali positivi giungono soprattutto dai Paesi con maggiore prevalenza: Da-nimarca, Irlanda, Spagna, Italia e Regno Unito, i cinque Paesi dell’Ue con i più alti livelli di consumo, riferiscono un certo calo nell’ultimo anno tra i giovani adulti (15-34 anni), a conferma di una tendenza osservata anche in Canada e negli Stati Uniti. La riduzione del consumo, nota l’O-edt, può essere spiegata da una maggiore consapevolezza da parte dei potenziali consumatori, delle conseguenze negative dell’uso di cocaina, mentre la ridotta qua-lità della cocaina (minore purezza) può anche indurre alcuni consumatori a pas-sare ad altri stimolanti (l’indice dell’Oedt sulla purezza media della cocaina nell’Ue segnala una diminuzione del 22% negli ultimi cinque anni).La Relazione mostra che il numero di se-questri di cocaina in Europa continua a scendere e anche i quantitativi di cocaina sequestrati sono in declino. Inoltre, il fatto che un numero inferiore di consumatori di droga acceda al trattamento per i problemi legati al consumo di cocaina, conferma il calo della sua popolarità.

Grande consumo e produzione di cannabisL’Europa, grande consumatore di canna-bis, è oggi anche un importante produt-tore di questa sostanza stupefacente che è la più comune e diffusa nel suo territorio. La Relazione descrive un notevole cambia-mento nel mercato europeo della canna-bis, con una tendenza generale verso la “sostituzione delle importazioni” (prodot-ti di cannabis importati sostituiti da quelli coltivati all’interno dei confini europei). Ventinove Paesi sui 30 che trasmettono dati all’Oedt documentano la coltivazione di foglie di cannabis (marijuana); in due terzi di questi Paesi, il consumo di can-nabis è ora dominato da prodotti a base di erbe e l’altro terzo da resina importata (hashish). Circa 80,5 milioni di europei (15-64 anni) hanno provato una volta la cannabis e cir-ca 23 milioni di europei ne hanno fatto uso nell’ultimo anno. Gli ultimi dati eu-ropei confermano la tendenza generale di stabilizzazione o calo del consumo di can-nabis relativo agli ultimi anni fra i giovani adulti (15-34 anni). L’ultimo progetto di indagine europea nelle scuole su alcol e altre droghe (Espad, del 2011) ha rilevato che, nella metà dei 26 Paesi che trasmet-tono dati, fra gli studenti (15-16 anni) è

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alcuni indicatori starebbe infiltrando ulte-riormente il mercato. «Agli occhi del con-sumatore queste droghe possono essere, in certa misura, prodotti intercambiabili, per i quali la disponibilità, il prezzo e la purezza influenzano fortemente la scelta dei consumatori originando un mercato estremamente volatile» spiegano i ricerca-tori dell’Oedt. La Relazione descrive inol-tre come i consumatori possono spesso non essere a conoscenza di ciò che stanno effettivamente acquistando.Esistono infine le vere e proprie “nuove droghe”, cioè sconosciute in precedenza, che continuano a essere notificate nell’Ue al ritmo di circa una a settimana. Un tota-le di 49 nuove sostanze psicoattive è stato notificato ufficialmente per la prima volta nel 2011 attraverso il sistema di allerta ra-pido dell’Ue (Ews): dato che rappresenta il maggior numero di sostanze mai regi-strato in un solo anno, in aumento rispetto alle 41 sostanze segnalate nel 2010 e alle 24 segnalate nel 2009. E i dati preliminari per il 2012 non mostrano segni di declino, con oltre 50 sostanze già rilevate.I due principali gruppi di nuove droghe monitorate dal sistema di allerta rapido sono i catinoni sintetici (ad es. il mefedro-ne o l’mdpv, che possono simulare gli ef-fetti della cocaina) e i cannabinoidi sinteti-ci (che si trovano, ad esempio, nei prodotti “Spice”). Particolarmente degno di nota nel 2011 è stato il crescente numero e la maggiore varietà delle sostanze notificate. Tutte le nuove droghe notificate lo scorso anno, e quelle notificate finora nel 2012, sono droghe sintetiche.Unitamente all’aumento della varietà di

stato riscontrato un andamento stabile del consumo una tantum di cannabis, mentre nella restante metà esistono tendenze di-vergenti: 9 Paesi hanno mostrato un au-mento significativo, il più spiccato dei qua-li è riferito da Francia, Lettonia, Ungheria e Polonia, mentre 4 Paesi hanno segnalato riduzioni (Danimarca, Malta, Slovacchia, Regno Unito). «Destano preoccupazioni i circa 3 milioni di europei (15-64 anni) che continuano a consumare su base giornaliera, cioè circa l’1% della popolazione adulta europea» affermano gli autori della Relazione, se-condo i quali «qualsiasi ottimismo circa i livelli costanti di consumo deve essere mi-tigato dal fatto che questa droga rimane un importante problema di salute pubbli-ca: circa il 25% dei pazienti che iniziano la terapia afferma che la cannabis costituisce la loro principale droga problematica».

Il mercato complesso delle nuove drogheL’Europa si trova poi ad affrontare un mercato di sostanze stimolanti sempre più complesso, costituito da un’ampia varietà di polveri e pillole. Sebbene la cocaina, l’ecstasy e le amfetamine continuino a essere i principali protagonisti sulla sce-na delle sostanze stimolanti, esse devono però competere con un numero crescen-te di droghe sintetiche emergenti, come ad esempio i catinoni – uno dei maggiori gruppi di nuove droghe attualmente se-gnalate in Europa. Anche altri stimolanti sono tuttavia attualmente sotto esame, per esempio la metanfetamina, che secondo

nuove droghe, l’Oedt rileva l’aumento di sostanze chimiche psicoattive meno note contenute in prodotti venduti come “dro-ghe legali”. Sebbene i livelli di uso com-plessivo di queste droghe restino relati-vamente bassi, esiste la possibilità di un maggior interesse all’uso tra alcuni grup-pi. Un’indagine svolta da Eurobarometro nel 2011 sul comportamento dei giovani rispetto alle droghe ha calcolato che, in media, il 5% dei giovani intervistati (15-24 anni) ha riferito di aver usato “droghe legali” a un certo punto della propria vita, sebbene i livelli varino da Paese a Paese.Anche per questo aumentano sensibilmen-te le vendite on-line di cosiddette “droghe legali”: uno studio condotto dall’Oedt nel 2012 sui negozi on-line di “droghe lega-li” ha individuato un numero record di 693 negozi che vendono presumibilmen-te prodotti psicoattivi ai Paesi dell’Ue, in forte aumento rispetto ai 170 del gennaio 2010. Sebbene a guidare la classifica delle dieci “droghe legali” offerte più frequen-temente on-line siano tre prodotti naturali (il kratom, la salvia e i funghi allucinoge-ni), le altre sette sostanze sono sintetiche (soprattutto catinoni sintetici quali 4-mec, mdpv). La Relazione osserva che «fino ad oggi, i destinatari della maggior parte delle nuove droghe sono stati gli utilizzatori di stupefacenti ad uso ricreativo. Tuttavia, in alcuni Paesi gli utilizzatori problematici di droghe stanno consumando anche nuove droghe e in certi casi per via parenterale in tempi di penuria di eroina».

Fonte e inFormazioni:www.emcdda.europa.eu

In tutta Europa si stanno elaborando misure per ridurre la domanda di nuove droghe e la loro fornitura, così la Relazione 2012 dell’Oedt descrive come diversi Paesi hanno risposto con «innovative modifiche alla loro legislazione o alle politiche di applicazione». La tendenza principale sem-bra concentrarsi sulle sanzioni per la fornitura piuttosto che per l’uso.Irlanda (2010), Romania (2011) e Austria (2012) hanno introdotto il nuovo diritto penale che sanziona la distribuzione, la vendita o la pubblicità non autorizzate di nuove sostanze psicoattive. Altri Paesi hanno modificato le leggi esistenti per rafforzare o accelerare le procedure di controllo delle droghe. La Polonia (2010), ad esempio, ha modificato la sua legge antidroga per proibire la distribuzione di nuove sostanze, mentre l’Un-gheria (2010) e la Finlandia (2011) hanno istituito commissioni di valutazione del rischio per informare il processo decisionale. Nel 2011 e 2012, rispettivamente, il Regno Unito e l’Ungheria hanno approvato nuove procedure, diventando gli ultimi Paesi a introdurre “controlli temporanei” su una sostanza, in attesa di un esame più approfondito dei danni associati alla droga in questione e di una decisione sulle sanzioni permanenti. Negli ultimi anni, le leggi antidroga di diversi Paesi hanno introdotto i controlli su famiglie di sostanze chimiche (controlli generici) piuttosto che su singole sostanze. Nuovi sviluppi in questo settore sono segnalati da: Lussemburgo (2009, cannabinoidi sintetici); Italia (2011, cannabinoidi sintetici e catinoni); Cipro (2011, cannabinoidi sintetici, catinoni, fenetilamine), Danimarca (2012, cannabinoidi sintetici, catinoni, fenetilamine, triptamine) e Francia (2012, catinoni). Le leggi antidroga, però, non sono l’unico mezzo utilizzato per affrontare le sfide poste da queste nuove sostanze. I Paesi stanno anche ricor-rendo alle loro leggi sulla sicurezza dei farmaci e dei consumatori, ad esempio, per affrontare il problema. Norme di sicurezza dei consumatori che richiedono che la merce in vendita sia accuratamente etichettata in relazione all’uso previsto sono state invocate per confiscare i prodotti “Spice” in Italia, e il mefedrone etichettato come “sali da bagno” e “alimento vegetale” nel Regno Unito.FONTE E INFORMaZIONI: www.emcdda.europa.eu

STRATEGIE CONTRO LA MINACCIA DELLE DROGHE EMERGENTI

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Euronote - progetto di consolida-mento di una strumentazione co-mune d’informazione europea

Bimestrale n. 74 - novembre 2012 (ottantanovesimo numero dall’avvio del progetto pilota sull’informazione sociale europea).Registrazione n. 1366 del 18.11.1998 presso il tribunale di Monza.

DIRETTORE: Enrico Panero.EDITORE/PROPRIETÀ: Cisl Lombar-dia, Via G. Vida 10 - Milano.REDAZIONE: Davide Caseri, Franco Chittolina, Miriam Ferrari, Fabio Ghel-fi, Enrico Panero.HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Stefano Frassetto.REALIZZATO DA: Cgil-Cisl-Uil Lom-bardia e Associazione per l’Incontro

delle Culture in Europa (APICE).Cgil Lombardia, Viale Marelli 497, 20099 Sesto San Giovanni (MI), tel. 02 262541 - fax 02 2480944, www.cgil.lombardia.itCisl Lombardia, Via G. Vida 10, Milano, tel. e fax 02 89355203, www.lombardia.cisl.it Uil Lombardia, Viale Marelli 497, 20099 Sesto San Giovanni (MI),

tel. 02 262491 - fax 02 2485766, www.uil.it/uil_lombardia/APICE - Via Principe Tommaso 37, 10125 Torino, tel. 011 3822139, [email protected], www.apiceuropa.euSEGRETERIA: [email protected] GRAFICO E IMPAGINA-ZIONE: Luca Imerito.Questo numero è stato chiuso in redazione il 22/11/2012.

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Terremoto dell’Emilia-Romagna: stanziati i fondi dell’UeDurante i negoziati sul bilancio 2013 dell’Ue gli Stati membri, su forte pressione del Parlamento europeo, hanno raggiunto l’accor-do per finanziare (nell’ambito del bilancio 2012) gli aiuti per le vittime del terremoto verificatosi nel maggio scorso in Emilia-Ro-magna. L’Ue contribuisce quindi stanziando 670 milioni di euro per la ricostruzione, decisione prima rinviata per le controversie tra Commissione e Parlamento da un lato e Consiglio dall’altro: non era chiaro da dove si sarebbe dovuto attingere per tali fondi.Le autorità italiane hanno stimato in oltre 13 miliardi di euro i danni diretti totali. Tale importo rappresenta lo 0,86% del Reddito nazionale lordo italiano e, va sottolineato, eccede di quasi quattro volte la soglia applicabile all’Italia nel 2012 per la mobilitazione del Fondo di solidarietà.

La futura Uem deve essere democraticaIl trasferimento di poteri a livello di Ue per rafforzare l’Unio-ne economica e monetaria (Uem) deve essere bilanciato da un maggior controllo democratico, ha affermato il Parlamento eu-ropeo in una risoluzione in cui si sottolinea che per avere una Uem completa sono necessarie modifiche ai trattati, pur essendo possibile avanzare in questa direzione già con le procedure in vigore. I deputati suggeriscono inoltre ai Paesi membri dell’Uem di adottare un “Patto sociale” per andare incontro alle esigenze occupazionali dell’Ue.Il testo evidenzia la necessità di garantire il controllo democratico su una serie di attori, in molti casi a livello europeo, ma anche attraverso un rafforzamento degli attori nazionali: i Parlamenti dei Paesi membri dovrebbero avere maggiori poteri di controllo. L’Eu-roparlamento chiede poi alla Commissione di presentare proposte legislative in linea con i trattati attuali e di elencare le proposte già in corso che non devono essere ritardate dalle discussioni sui cambiamenti istituzionali di lungo termine.Nuove proposte legislative, che sarebbero adottabili secondo le regole attuali, includono: un maggior coordinamento fiscale attra-verso il meccanismo della cooperazione rafforzata, un patto sociale per integrare meglio politiche per l’occupazione e problematiche sociali, nuove regole per migliorare il funzionamento del semestre europeo e un sistema per dare all’Ue un bilancio esclusivamente basato su risorse proprie. Infine, i deputati chiedono che il Fondo salva-Stati e il Fiscal Compact siano integrati nei trattati appena possibile, sottraendoli cosi al gioco intergovernativo.Fonte e inFormazioni: http://www.europarl.europa.eu

F L A S h

Le numerose e diffuse attività di ristrutturazione aziendale in corso in tutta l’Unione europea hanno avuto conseguenze rilevanti sui mercati del lavoro europei anche in termini occupazionali: nel 2012 si sono registrati 5 milioni di posti di lavoro in meno in Europa rispetto al 2008, molti dei quali sono andati perduti con il licenziamento di dipendenti in seguito a una ristruttu-razione. Tra il 2008 e il 2012 le ristrutturazioni hanno colpito soprattutto il settore manifatturiero, che ha perso circa 4 milioni di posti di lavoro, e quello delle costruzioni con 3 milioni di posti in meno.È quanto riferisce il Rapporto 2012 dell’European Restructuring Monitor (Erm, Osservatorio sulla ristrutturazione in Europa) di Eurofond, l’Agenzia europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Lo studio esamina quali dipendenti abbiano perso il proprio posto di lavoro agli inizi della recente crisi economica, quali abbiano trovato un nuovo impiego e come tali eventi (la perdita del lavoro e la successiva rioccupazione) ab-biano influito sulla loro situazione personale e sul grado di soddisfazione in merito alle proprie condizioni di vita. Il Rapporto considera inoltre le riper-cussioni sulle condizioni lavorative dei dipendenti che continuano a lavorare nell’impresa ristrutturata.Mentre le perdite di posti di lavoro a seguito di ristrutturazioni sono calate rispetto ai livelli elevati registrati all’inizio della crisi economica, in generale l’Erm continua a rilevare più casi di perdita d’impiego rispetto alla creazione di posti di lavoro. Il Rapporto evidenzia che i dipendenti maggiormente a rischio di perdere il proprio impiego sono anche quelli che più difficilmente ne troveranno uno nuovo: si tratta di persone che presentano solitamente bassi livelli d’istru-zione, appartenenza a una minoranza, provenienza estera, seri problemi di salute e basso stato occupazionale. Questa, osservano gli autori del Rap-porto, «è una chiara indicazione che le istituzioni non sono sufficientemente dotate di mezzi e le politiche non sono state sviluppate in modo adeguato a garantire che il modello di flexicurity esterno non si traduca in effetti ne-gativi in termini di distribuzione del lavoro. Tale situazione evidenzia inoltre che una politica attiva del mercato del lavoro in materia di ristrutturazione dovrebbe concentrarsi sulle esigenze dei gruppi svantaggiati e vulnerabili».Si registrano poi evidenti differenze tra i vari Paesi nella portata delle ristrut-turazioni segnalate, con i dipendenti dei Paesi nordici Danimarca, Finlandia e Svezia che riferiscono il livello più elevato di ristrutturazione del posto di lavoro (55-62%), mentre i livelli più bassi sono stati registrati in alcuni Stati membri orientali (Polonia e Bulgaria) e meridionali (Italia, Spagna e Grecia).L’analisi conferma anche l’esistenza di un nesso tra la ristrutturazione e una maggiore intensità del lavoro, combinata con una minore sicurezza del posto di lavoro. I dipendenti sottoposti a ristrutturazione, soprattut-to gli operai, sono risultati più a rischio di ritrovarsi a svolgere mansioni altamente faticose. È inoltre più probabile che presentino una maggiore esposizione a rischi psicosociali sul posto di lavoro, livelli superiori di distur-bi psicosomatici e assenteismo.FONTE E INFORMaZIONI: http://www.eurofound.europa.eu

CONSEGUENZE DELLE RISTRUTTURAZIONI AZIENDALI